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AMAZZONE AL CAPOLINEA

di Antonio Capezzera

La ricerca di redenzione permea l' intera vicenda di Xena e sembra aver trovato una adeguata soluzione nel finale laddove, come noto ,la nostra eroina decide di restare tra i morti, abbandonando per sempre la sua esperienza di vita mortale accanto alla sua compagna,perchè questa è la decisione più giusta, quella che le permette di ottenere la pace interiore tanto agognata. Decisione rispettabile ma molto,molto opinabile. Nel tentativo di vederci più chiaro si è indagata la tradizione del mito amazzonico,che ha suggerito una spiegazione antropologica. Nonostante non si sia mai definita tale, Xena è un' amazzone o,quanto meno ,riflette perfettamente l' immagine che di essa si possiede nel comune immaginario,ossia quella di una donna non solo completamente autosufficiente rispetto all' uomo ma pari ad esso,o addirittura superiore, dal punto di vista della forza fisica e della abilità militare. Queste caratteristiche si evincono costantemente dal mito che, pure, sembra soffocarle,quasi offenderle,nel corso degli accadimenti:infatti, le amazzoni vengono sempre sconfitte dagli eroi,rigorosamente uomini,sebbene lottino per punirne l' arroganza e perseguire una certa logica di giustizia e,se qualche vittoria conseguirono, la mancata sopravvivenza al fluire del tempo di testi che dovevano parlarne,come l' "Amazonis",del poeta di eta' augustea Domizio Marso, ce le rende sconosciute. La spiegazione a tali esiti del mito si ravvisa nei termini in cui la società occidentale orientale si è definita nel corso dei secoli,ovvero nella sua caratteristica piu' saliente:la centralità e il dominio dell' uomo (maschio ).L' esistenza di forme sociali matriarcali,attestata dall'archeologia e suffragata dallo stesso mito amazzonico,dunque, non è assolutamente accettata dalla nostra società maschile che si definisce civile di contro a quelle altre "incivili". In questa logica,Teseo,Bellerofonte,Ercole non sono percepiti vili briganti,arrivisti senza scrupoli e spietati assassini,bensi' difensori del probo contro l'improbo, i fregi del Partenone celebrano in Teseo vincitore e in Antiope ed Ippolita cadute il trionfo della civiltà sulla barbarie e una figura come Xena non poteva avere altra sorte che quella capitatale. Ma,al di là di questa possibile spiegazione,merita di riflessione il messaggio che scaturisce dal finale. Gli innumerevoli combattimenti,che vediamosostenuti da Xena e dalla sua compagna contro i malvagi di turno,sono nulla rispetto a quello di gran lunga più terribile che ha luogo nella dimensione accorata della interiorità della guerriera. Il fantasma della Xena malvagia,infatti,ovvero il suo lato oscuro,mai completamente annientato,insidia,senza esclusione di colpi e senza un attimo di tregua,la nuova donna nata dalla resipiscenza e dalla condanna delle proprie colpe. Nel finale vediamo finalmente risolto questo conflitto che conferisce una forte dose di umanità al personaggi e lo rende meravigliosamente drammatico. Tratta in inganno dal fantasma di Akemi,che troppo tardi la informa del fatto che,liberando gli spiriti di Higuchi dalla morsa del signore della terra oscura,dovrà per sempre restare morta per consentire loro il perpetuo stato di grazia,Xena si trova adover accettare una situazione apparentemente impostale. Quando,però,dal capo reciso di Hodoschi le anime recuperano la libertà e la stessa Akemi le rivolge quelle parole desiderate da una vita “Hai redento te stessa!”,la nostra eroina si accomiata da lei con la formula”Và in pace,Akemi,ci incontreremo di nuovo,un giorno.” Se è intenzione e suo dovere restare in quella nuova forma di puro spirito, perchemmai parla ad Akemi come se si congedasse da lei per molto,molto tempo ancora?Inoltre la giustificazione,Olimpia,non sembra in questi termini ,sufficiente,dal momento che,a causa del suo grado di maturazione,la giovane donna non ha più bisogno di Xena ,né da viva né da morta,e l’ ombra della guerriera,non a caso,svanisce nella declinante luce vespertina e,almeno originariamente,nella placida atmosfera della nave fendente le onde del mare del ritorno. Pertanto,dovremmo piuttosto credere che ,salutando Akemi in quel modo,Xena abbia intenzione di recuperare la sua vita mortale e la sua relazione fisica con Olimpia e che gli obblighi cui è stata informata dalla fanciulla giapponese non siano poi così vincolanti. Pure,sappiamo come va a finire. Dunque,cosa succede a questa principessa guerriera indecisa e stranamente irriconoscibile?Semplicemente,quel contrasto tragico della sua interiorità sferra i colpi finali in un duello appassionato e all’ ultimo sangue. Nel momento in cui Akemi palesa a Xena la disposizione fino ad allora taciuta e si addolora del proprio silenzio e del dolore che sa di procurare all’amica,quest’ultima pensa che convenga agire come detto,ma non crede che questo sia giusto. La parte oscura di Xena prende il sopravvento,ma la sua parte migliore non è stata completamente ammutita. La sentiamo in quel dubbio espresso il”forse”nella frase conclusiva della conversazione(E,forse,liberando quelle anime,ci redimeremo tutti).Successivamente,l’incontro con Olimpia presso la sorgente della forza rappresenta una nuova fase del conflitto dell’anima. Olimpia ha mantenuto la promessa e il suo bacio provvidenziale rinvigorisce lo spirito della guerriera fiaccato dai colpi di Hodoschi. Ritrovando la sua compagna e osservandone la caparbietà,quanto mai ostinata,di portare a compimento la propria missione,Xena ritrova anche la vittoria di quella parte di sé che l’amore di Olimpia ha saputo scoprire e portare alla luce. Adesso vuole rivivere,non importa a quale prezzo,ed è questo che,con buona probabilità,significa la frase ultima rivolta ad Akemi.L’ennesimo miracolo di un amore straordinario. Ma anche l’ultimo tuttavia se, poco tempo trascorre,e nuovamente il lato sinistro di Xena primeggia .Ed esso vince definitivamente il conflitto;tra i singhiozzi e le lacrime di Olimpia,la Xena a noi nota può dire solamente queste parole”Non immagini quanto vorrei lasciartelo fare!”. Poi tace per sempre,non siamo più in grado di riconoscerla. Mi vengono in mente le eroine del teatro euripideo,tormentate dagli spiriti contrastanti del cuore e caratterizzate da una capacità di sopportare le infamie della sorte con una gravezza composta e dignitosa. Olimpia è Ecuba,Xena Medea,antiche come quelle e come quelle moderne,meravigliosamente belle le une,meravigliosamente belle le altre. Soltanto,veramente stizzisce,e sarebbe cosa davvero amara,se,per redimersi delle proprie colpe,l’uomo dovesse abbandonare ciò che ha di più caro,la vita e ciò che essa riserva. Che senso ha la redenzione nella morte?.





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