"Il
mio incontro con Xena"
di
Lady Alexandra Borgia
Il
Tormento e l’ Estasi
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“Quando
il temporale dei sensi raggiunge il proprio culmine nel ventre d’una
nuvola
ecco che il firmamento tace, sbigottito dal rumore della nostra esplosione!
In silenzio giudica, assolve…o condanna.
Scrive il destino degli uomini con le stelle e misura la grandezza
degli eroi con il sole.
Il cielo è il padre di tutti i libri.
Unico testimone delle nascite, degli amori e delle morti! ”
scritto da: Lady Alexandra Borgia
La quiete
prima della tempesta
Il
mio interesse per la mitologia è nato il giorno in cui l’anima,
il cuore e il destino hanno allungato le loro radici in un terreno
chiamato “identità”.
Dove il germoglio sfocia nel frutto, bevendo acqua dal palmo del coltivatore.
***
Il coltivatore aveva l’aspetto di mio nonno: lenti da studioso,
mani da pianista e bocca di poeta. A 9 anni, spensi le candeline sulla
torta ed accolsi il suo regalo con due briciole di luna negli occhi.
Davanti al pacchetto, la mia testa fucinava sogni e ricamava illusioni.
Cosa avvolgevano quei nastrini? Quale tesoro nascondeva quella scatola?
Ahimè….! I poeti di “razza”, coloro che descrivono
l’amore usando l’inchiostro blu e danno alle rose la tinta
del sangue, non regalano ai propri discepoli le bambole alla moda,
né pennarelli colorati o vestitini da principessa.
I poeti sono alberi forgiati dalla cultura, modellati dai versi, accompagnati
dalla musica…e mio nonno si distingueva dalla modernità
grazie al suo spirito antico, legato alla barca del prode Ulisse e
ai fogli del vecchio Omero. “ So che apprezzerai…perché
ami ciò che amo io. Perché io e te siamo simili….”
Ricordo che la sua frase entrò nel mio orecchio, percuotendolo
dolcemente come uno schiaffo. Intorno a me c’erano gli zii,
mamma, papà, mio fratello, i parenti, gli amici…eppure
io vedevo solo il sorriso gentile di mio nonno e mi lasciavo scaldare
dalla veemenza delle sue sillabe. Aprii le mani e per il resto della
serata tenni il libro accanto a me, nascondendolo agli sguardi furtivi
degli altri bambini.
Nessuno doveva portarmelo via. Nessuno doveva strapparmi il tesoro
dalle dita.
Il libro era mio e basta.
Tutto ciò che prendevo dalle mani e dallo sguardo di mio nonno,
m’apparteneva.
Adoravo le storie, più del pane caldo servito in tavola.
Per me, ogni pagina scritta aveva un suo profumo, una sua farcitura,
un suo gusto.
Mi sedevo in poltrona e mi allontanavo dal mondo. Nuotavo con la Sirenetta,
parlavo con Biancaneve, volavo sull’isola di Peter Pan e dettavo
desideri al Genio della Lampada.
Ma quel libro rappresentava la crescita, lo strappo decisivo con la
serenità delle favole.
I fogli giallini avevano attirato la mia attenzione, catalizzandola
a tal punto da farmi dimenticare le matite da disegno. In copertina
troneggiava uno strano esemplare, un uomo barbuto e muscoloso. Il
Padre degli Dei.
Iniziai la lettura la mattina seguente, in un angolo isolato della
casa.
A 9 anni ero troppo piccola per capire le ambizioni sessuali di Zeus,
la gelosia bisbetica di Giunone, la tenacia metallica di Athena, i
baccanali orgiastici di Dionisio o la pazzia delle tre Furie. Leggevo,
leggevo, leggevo…senza pormi domande, evitando gli ostacoli
della ragione e dell’età.
L’universo dei personaggi acquistava forma sul picco di una
montagna: l’Olimpo. Gli abitanti del regno e gli uomini vivevano
separati. I primi camminavano sulle nuvole mentre i secondi passeggiavano
sulla terra. Alla pupilla umana era vietata qualsiasi intrusione:
pena la morte o la cecità eterna. Ma io ero padrona del libro
e superavo l’altura, entravo nei palazzi proibiti, m’incuneavo
tra le colonne di marmo, coglievo fiori dai giardini e trangugiavo
ambrosia dalle fontane.
Dalla mia poltrona, dominavo tutti e restavo viva.
M’innamorai di Venere, poiché artisticamente simboleggiava
l’ideale canonico della bellezza: luminosa, frivola, bionda,
eterea, birichina.
A 7 anni, restai folgorata dal pennello di Botticelli.
La conchiglia bianca, i capelli mossi dal vento, la leggerezza delle
ancelle, la morbidezza dei veli. La matita del pittore aveva colto
l’istante esatto in cui la Dea era sbocciata fra le onde del
mare.
Che apoteosi visiva!
Mi piaceva anche Marte: scuro, virile, superbo, spocchioso, corteggiato
dalle ninfe e idolatrato dalle donne (me compresa). Era l’amante
di colei che partorì la guerra di Troia e poco gl’importava
di recar disturbo al marito legittimo della Dea, Efesto.
Efesto si…il Dio dei fabbri…lo sfigato della famiglia,
la pecora nera del gruppo.
Della serie: la Bella e la Bestia.
Peccato che sull’Olimpo non esistessero i divorzi.
Andai avanti, imperterrita. Gli Dei si unirono ai mortali e i mortali
si affidarono agli eroi: Ercole, Ulisse, Achille, Paride!Arrivavano
a frotte sotto ai miei occhi e sganciavano le loro spade dal fianco
prima ancora che la mia bocca ordinasse di tenerle in custodia.
Arrivarono le regine tormentate, le principesse incatenate, i mostri
marini, i cani a tre teste, i ciclopi. Le paure del genere umano sembravano
infuse in quel libro, mescolate alla gloria degli onnipotenti e alle
debolezze della carne.
Pandora. La donna che liberò i mali, trattenendo nel vaso la
Speranza.
Ma….non era Eva la genitrice del dolore?
Dubbi, troppi dubbi.
Giunsi all’ultimo capitolo in meno di una settimana e il THE
END sigillò la rottura dell’incantesimo. Gli Dei si spostarono
nella biblioteca del soggiorno, in una zona che spesso veniva accarezzata
dall’arancio dei crepuscoli.
Tornarono le favole e a 10 anni conobbi Renzo e Lucia.
Se ci penso…mi viene da piangere. Quei due erano più
sfigati di Efesto.
Solo mio nonno trovava la forza di compatirli.
Io parteggiavo per Don Rodrigo! Piccola si….stupida mai.
Le cose buone si riconoscono a pelle. ^^
Nel 1987, il coltivatore della mia identità volò in
cielo, tra gli angeli.
Mi sentii sola, smarrita, priva del mio bastone vegliardo.
Piangevo, strillavo. Dentro di me, era venuta meno un’arteria,
una vena, un pezzo del corpo. Mi tuffavo nelle letture per poterlo
ritrovare.
“Adorabile
poeta! Chi fu la stella che ti tolse dalla mia vita?
Slacciati dalla sua catena e torna da me.
Insieme mangeremo chicchi di ambrosia e berremo tempeste di poesia!”
Passarono
due anni.
Nel 1989, I Cavalieri dello Zodiaco risvegliarono il mio amore assopito:
divinità forzute contro ragazzi in armatura! Battaglie a suon
di pugni e di cosmo. Stralci di poesia rubati alla nostra letteratura.
Meraviglioso! Il nonno li avrebbe guardati volentieri.
Appresi che l’Olimpo greco corrispondeva al Walhalla delle lande
nordiche e che il “barbone casanova” (Zeus) assomigliava
ad Odino.
C’erano poi i film di papà, i classici della mitologia,
quei prodotti italiani che ora non si fanno più per mancanza
di “imput”.
La Rai li programmava uno dopo l’altro.
Le giornate invernali trascorrevano così, appollaiati in poltrona,
a 30 centimetri dallo schermo. E quando il sole s’inclinava,
annunciando la bruma pomeridiana…ecco che uomini e donne in
carne ed ossa rendevano vive le figure di un libro che mai avevo dimenticato.
E il deja-vou continua.
o
La
voce del Destino
Lo
dico subito, prima che abbiate l’istinto di linciarmi tra le
pagine del sito.
Non vidi “Hercules, the Legendary Journeys” alla sua prima
messa in onda.
L’orario serale mi creava problemi di compatibilità con
la famiglia. A casa, erano i miei genitori a detenere il monopolio
del telecomando ed io centellinavo la tv per mancanza di tempo. La
fedelissima del telefilm era Luciana, la mia amica del cuore, battezzata
“Lucy” per motivi che non hanno nulla a che fare con la
Lowless.
Avete presente il topolino attaccato alla sua fetta di formaggio?
Ebbene, lei mi raccontava le gesta del suo Bronzo di Riace come se
volesse mangiarselo a bocconi.
Il telefono cucinava notizie, la bolletta saliva.
Hercules di quà….Sorbo di là…Deianira su…Giunone
giù….Atalanta al centro…Giove in cielo….Marte
sulla terra.
Tutto nei minimi dettagli.
Lei parlava ed io inquadravo le scene.
Ma….e sottolineo “ma”….ci fu un mattino…un
mattino dolce in cui, alzando la cornetta per la solita chiacchierata,
intuii che la mia vita non sarebbe stata più la stessa.
Fuori il tempo sfoggiava dei pastelli bellissimi.
Dentro casa stava per scoppiare il temporale.
“Cavolo, Mary! Cosa ti sei persa ieri sera!” La voce di
Lucy mi forò il timpano. “ E’apparsa una guerriera
formidabile! Bella, coraggiosa, atletica!!! L’unica che potrebbe
rompere gl’indugi del cuore di Hercules e riscattarlo dalla
morte di Deianira! Oh…! L’avessi vista! Correva sul suo
cavallo e combatteva con una spada enorme!”.
La mia amica narrava, puntando l’enfasi sulle sequenze più
belle, ed io mi piegai all’incantesimo. Volando con la testa
fuori dai binari del reale, vedevo la principessa selvaggia tagliare
in due il mantello del vento, frustare l’aria con un grido e
falciare i prati con gli zoccoli del suo destriero.
“ Dimmi il suo nome!” pregai, coinvolta dall’entusiasmo
di Lucy. Avevo la cornetta attaccata all’orecchio destro e con
la mano sinistra scarabocchiavo un pezzo di carta.
Una luce era baluginata nei miei occhi. Giusto il tempo di un flash
fotografico.
La riconobbi all’istante.
La luce dell’ispirazione artistica.
Violenta e terribile.
Per una scrittrice in astinenza, quella luce significava la vita,
la rinascita. Creavo le mie eroine affidandomi all’istinto,
alla brama, all’orgoglio. Le mie donne, molte lontane dalla
Colmenares delle novelas, piangevano solo quando il dolore si faceva
struggente. I miei uomini erano uomini fino al midollo. I miei cattivi
erano peggio del veleno, divisi in due categorie: i cattivi permanenti
e i cattivi riscattabili.
Lucy recupera il fiato ed esclama : “Xena! Si chiama Xena!”
Il nome mi riporta alla mente il capitombolo di un fulmine. “
Ehehhehe, Mary! Questa è la volta buona che il sesso debole
si prenderà una rivincita con i fiocchi…!”
Io continuo a scarabocchiare. L’inchiostro macchia la carta,
incidendola laddove il solco è diventato più profondo.
“ Spero di poter guardare la prossima puntata….! Uff…i
fratelli sono la mia pena! Sempre con queste trasmissioni calcistiche!
Vorrà dire che li supplicherò…”
Lucy ridacchia sotto ai baffi: “ Non ti conviene supplicare…Ieri,
Xena è uscita di scena…lasciando Hercules solo ed affranto…Poveriiino!”
Poverino chi?!!! Hercules???? Quel semidio che potrebbe fare il modello
da passerella? L’uomo che solleva macigni con un dito e che
ai suoi piedi ha stuoli di fanciulle? Il “tormentato”
di Giunone che ha per padre il “farfallone” Zeus?
Lo scarabocchio si ferma e la penna rimane attaccata fra il pollice
e l’indice. Shock anafilattico? Quasi. “E nooooo! Proprio
ora che avevo deciso di far sentire la mia voce in famiglia???? Che
sfortuna! Accidenti agli sceneggiatori!”
Lei fa una pausa, poi riprende: “Dai, non fare così….!
Vedrai che la produzione la rimetterà in gioco…E’un
personaggio troppo interessante. Rivoluzionario!”
Della serie: aspettiamo un nuovo temporale e teniamoci stretta la
speranza di Pandora.
Amen.
Un
premio alla pazienza
Passano
i giorni, s’intervallano le stagioni, le lancette corrono deteriorando
le batterie del tempo. Alle 14:00 di un pomeriggio targato 1998, il
telefono di casa squilla.
Vado a rispondere.
E’ancora la mia amica.
Ha il respiro concitato, la voce in panne. Non posso osservare il
colore del suo viso per motivi legati alla tecnologia, ma la sua faccia
è davanti a me, riprodotta dallo specchio delle emozioni. Occhi
lucenti e mani che gesticolano fino a grattare l’atmosfera:
Maryyyyyyy!!!! Notizia bombaaaaaaaaaaaaaaa! Su Italia Uno va in onda
Xenaaaaaaaaa! Le hanno dedicato una serieeeeeeeeeeeeee!”
Il grido è lungo, s’infila nella corrente elettrica della
Telecom.
“Come? Cosa? Un telefilm su di lei? Davvero…! Oh, mammina,
non ci credo!” La felicità tiene strette in un pugno
le mie corde vocali. Dò un’occhiata all’orologio.
“ Posso venire da te? Lo guardiamo insieme….”
Lei sfodera un tono minaccioso, il tono di chi sa di avere il coltello
dalla parte del manico: “Eccome! DEVI venire per forza! DEVI
vederla!”
La mia bocca si trasforma in una nave da crociera: “ Ok, Lucy…metti
in frigo due limonate! Sarò lì tra mezz’ora…!”
Voi direte: cosa c’entrano le limonate con Xena? Meglio una
busta di patatine croccanti, di quelle che si sgranocchiano al cinema
o durante la visione d’un bel film!
La risposta è semplice: i limoni sono il mio frutto preferito
e la mamma di Lucy sapeva concentrarne il succo in una bevanda gustosissima,
accompagnata da qualche stilla di latte.
Inverno, primavera, estate o autunno: la limonata magica era adattabile
a tutte le temperature. Il suo sapore ti rinfrescava dal caldo e ti
rigenerava dal freddo.
“Vedrai, Mary…Xena sarà la tua cicatrice, ehhehehh!”
conclude Lucy, allegra.
“Le ferite che ho bastano e avanzano, grazie. Non mi va di collezionare
cicatrici….” brontolo io, a metà fra il timbro
scherzoso e la paturnia mentale.
Stop.
La telefonata finisce, procurandomi un livido invisibile dentro l’anima.
Sono agitata, ho le farfalle nello stomaco, la pressione sanguigna
che rallenta e si velocizza insieme al battito cardiaco. La mia ispirazione
fa capolino nella testa e trabocca in alcuni versi poetici:
“Quando
il temporale dei sensi raggiunge il proprio culmine nel ventre d’una
nuvola
ecco che il firmamento tace, sbigottito dal rumore della nostra esplosione!
In silenzio giudica, assolve…o condanna.
Scrive il Destino degli uomini con le stelle e misura la grandezza
degli eroi con il sole.
Il cielo è il padre di tutti i libri.
Unico testimone delle nascite, degli amori…e delle morti!”
Il
mio cervello è in subbuglio. I pensieri scappano ovunque, sfuggendo
alla briglia dell’intelletto. Mi vesto di fretta, impostando
alla meno peggio i colori del jeans e della maglietta. Ho la febbre
in corpo.
Scendo in strada.
L’aria raggela le ossa.
Non sento i brividi della natura, sento la fame.
Il calore. La curiosità della scoperta.
Le mie dita tremano dalla voglia di scrivere.
Immagino il fuoco che anima i miei occhi e il calore che dilata la
mia retina.
Il vento mi scompiglia i capelli, mi arrossa le guance.
Non importa.
In quel momento assomigliavo al pittore che si lancia all’attacco
della sua musa.
Fra tante eroine, ne aspettavo una in particolare. Una che potesse
cambiare il mio mondo, rivoltarne la piattaforma, superare gli argini
della mia penna e andare oltre me stessa, oltre l’istinto, oltre
la creazione. Avevo bisogno d’incentivi, di un grido barbarico.
Avevo bisogno di un voltaggio interiore che mi esplodesse le vene,
fino a lasciarmi smembrata sul terreno.
Forse Xena sarebbe riuscita a dilaniarmi e a convertire in grandine
la mia tranquillità.
…
La casa di Lucy si trovava a nord della città, in una zona
aperta al traffico. La raggiunsi in quindici minuti, scansando le
auto e superando i marciapiedi con delle falcate in stile Baudiano.
Ore 17:15
Lei mi aspetta sulla porta, beata come una colomba sul suo ramo d’ulivo.
Salgo le scale a due a due e arrivo al terzo piano con il cuore che
m’invade la giugulare.
Non avverto la presenza dei piedi dentro le scarpe.
Ho le ginocchia intirizzite, le mani ghiacciate.
“Ti piacerà, Mary….E’quella giusta, ehheheh…”
Bhè, Lucy cara…che ne dici se nel frattempo mi passi
una coperta così mi scaldo?
Il tuo portone è un frezer, brrr brrr…
Il
Tormento e l’Estasi
Scopo
di un’amicizia è quello di dividersi i compiti.
Io e Lucy ci adoperavamo al meglio per condurre a buon fine i nostri
romanzi. La coppia funzionava alacremente. Lei si occupava dei dialoghi
ed io facevo il resto, trascrivendo le battute e donando ai personaggi
un’identità che li estrapolasse dal mucchio.
In parole povere, “setacciavo” la sceneggiatura e muovevo
uomini, donne, bambini, cattivi e generosi su una scacchiera fatta
di fogli e di penne. Le albe, le notti, le sere e i pomeriggi avevano
il medesimo colore e la medesima ora.
Quando scrivo, il mio essere subisce un’evoluzione. Divento
madre dei miei figli e da loro pretendo la fama, la gloria, l’autonomia.
…
Ore 17:20
Il cuore è al centro della gola.
Batte da lì, anzi…picchia.
Mi siedo a capotavola.
La tv accesa richiama l’attenzione della mia anima distratta.
Distratta si. Dal freddo esterno, dalle sensazioni.
Dai pensieri.
Dalle arterie matte.
Il silenzio delle mura sembra aprire le orecchie ai mobili. Il ticchettio
del mio muscolo cardiaco si propaga ovunque. Vorrei calmarlo, ma il
“danzatore scarlatto” non ubbidisce al cervello perché
è arbitro solo di se stesso e padrone del suo palcoscenico.
Lucy mi offre un bicchierone di limonata: “ Vieni da casa…o
sei andata alla maratona?” mi chiede ridendo.
Allude alle mie guance color peperone e ai capelli spettinati.
Il liquido aspro mi scivola in gola e raggiunge lo stomaco, sanandolo
dalle contrazioni. Piano piano, il rossore s’illividisce e i
pensieri si rimettono in fila. “ Sono venuta di corsa…”
borbotto, tra una sorseggiata e l’altra. “ Volevo essere
puntuale…” C’è una goccia di limonata sul
fondo del bicchiere. La ingoio con avidità. “ Spero che
ne sia valsa la pena…!” aggiungo poi, dando alla frase
un tono battagliero.
Interviene Lucy, versando in una scodella delle patatine appena comprate:
“Se hai fatto la strada di corsa, allora vuol dire che ti fidi
di me.”
…
Ore 17:40
Il sole filtra obliquamente, trapassando la persiana chiusa. Disegna
una falce sul tavolo e proietta un’ombra sullo schermo della
tv.
Abbiamo la luce spenta.
Il tema musicale di Joseph Lo Duca aleggia per la stanza, accompagnando
il balletto segreto del mio cuore.
Mi piace quella melodia.
E’forte, orgogliosa, martellante.
Rievoca immagini lontane.
Ecco l’oceano…la spuma bianca… lo scoglio nero…
il bagliore d’una lama che si alza contro Nettuno!
La melodia cresce, s’intensifica.
Le immagini aumentano.
Il sipario si apre.
E la vedo!
Lei.
La principessa guerriera.
Xena.
Capelli lunghi, sottratti all’ala d’un corvo. Braccia
e gambe modellate dallo scalpello di Pigmalione. Mani curate, femminili.
Guance di porcellana, ambrate dal sole. Occhi simili a coltelli.
Resto rapita, sconvolta.
Con le pupille scannerizzo i suoi movimenti.
La principessa corre, salta, combatte. E’forte come un uomo,
spietata come uno stiletto, pungente come un’ape. L’elsa
della spada sembra acquistare potere all’interno del suo pugno,
il chakram è un macete rotondo che affila qualsiasi cosa tocchi.
Xena lo lancia con precisione e lo fa sibilare nell’aria. Se
il chakram disarma gli avversari e scuoia il tronco delle querce…La
lama della spada scotta la pelle dei barbari, la infilza, la trapassa.
Ne incendia le vene.
Gli uomini cadono giù, simili a birilli, mutilati nell’onore.
Poco distante dalla scena, c’è Olympia, la Gabrielle
americana.
I suoi capelli ricordano il biondo delle messi: dorati sotto il sole,
ramati al tramonto.
E’ diversa da Xena, come diversa può essere l’ombra
dalla luce e la luce dall’ombra.
Nulla le accomuna.
La prima: una virago scura, forte, emblematica, primordiale, caotica.
La seconda: una fata mistica, chiara, luminosa, romantica, delicata.
Entrambe le comunioni rispecchiano il mio essere.
Non posso vivere senza la mia dose di luce e non posso scrivere senza
il mio pasto d’ombra.
Quando le due entità si mescolano nella stessa coppa, nasce
un intruglio pericoloso.
Nasce la passione.
Quella fatta di rose e di spine.
La passione assomiglia ad un fior di montagna che si erge glorioso
in mezzo ad un campo di pietre. Xena e Olympia formano questo: un
liquore prezioso, stillato dal fiore.
“Ti supplico, portami con te…! E insegnami tutto quello
che conosci…” chiede la poetessa alla guerriera, fissandola
con due occhioni speranzosi. Le labbra pallide danno soavità
alla sua richiesta.
La bocca della principessa , invece, è un petalo di sangue.
Xena la scruta, esattamente come una stella , abituata alla sua nicchia
notturna, si trova ad ammirare da vicino la nascita d’un raggio
di sole. C’è prudenza nelle iridi ghiacciate, la saggezza
antica di chi è venuto al mondo con una spada per ventaglio
ed una schiera di nemici per culla.
La guerriera vorrebbe girare le spalle, saltare sul suo cavallo e
abbandonare il villaggio, ma resta lì, sottomessa al proprio
inconscio, bloccata sul suo centimetro di terra.
Non una parola esce dalla sua gola, non una sillaba bagna le sue labbra.
La sua anima è combattuta: rinascere da sola, fra avventure
impervie e clangori di spada…oppure smacchiare la vecchia identità
con l’aiuto d’una ninna nanna gentile? A volte un canto
può riuscire a spegnere il magma e a spezzare in due il vulcano.
E Olympia è un canto d’acqua, la goccia che scende, scende,
scende fino a dividere il metallo e la carne.
Notte e alba si studiano.
Demone e angelo si contemplano.
L’uno cerca di rubare i tesori dell’altro. Gioielli intimi,
necessari a fornire all’uomo la completezza a cui da sempre
aspira.
Piano piano, i muscoli di Xena si rilassano, la lava si raffredda
e la spada cessa di ardere.
Ho il cuore in sospensione, la gola appesa al filo di una patatina.
Lucy è rimasta con i piedi per terra e lo stomaco libero. Mangia
le patatine, distribuendo il rumore del croccante nel silenzio della
stanza.
Beata lei! La mia testa, i miei piedi, il mio corpo, invece, sono
tra Anfipoli e Potidea, i villaggi natii delle protagoniste.
Non riesco a mandar giù la saliva, figuriamoci delle patatine!
Xena sale in groppa ad Argo, poi da un’ultima occhiata alla
ragazza e le cinge i fianchi per issarla dietro di lei. “ I
guai m’inseguono ovunque vada…” La voce della principessa
suona nell’aria come una sinfonia di Wagner.
“Lo so!” dice Olympia sorridendole.
“ E allora perché hai deciso di venire con me?”
domanda l’altra, stupita.
L’angelo sfodera una delle mie frasi magiche: “Perché
le amiche si sostengono a vicenda quando ci sono dei problemi…”
Xena fa spallucce, divertita: “ Se lo dici tu…”
L’episodio termina così, con la musica ed il paesaggio
che accompagnano il fondersi delle due entità.
La luce e l’ombra, ormai, non hanno più confini.
Sono concatenate, incastrate, allacciate.
Il Destino sarà il loro nodo vincolante.
“ E allora? Ci avevo preso, o no?” rimbrotta Lucy spegnendo
la tv, dopo i titoli di coda. Getta le briciole delle patatine nella
spazzatura e m’intima di far presto perché tra una decina
di minuti dovrebbero rientrare i suoi.
“ Ci hai preso si…!Ora mi tocca offrirti una serata in
pizzeria…!” aggiungo io, fissando un punto morto sul tavolo.
All’improvviso…mi è venuto un certo languorino.
Alle 18:50 usciamo di casa.
Ho le ginocchia che tremano di adrenalina, lo stomaco che manda al
cervello la foto di una bella pizza calda.
Xena, Xena, Xena…mi sembrava di aver già visto una principessa
come lei.
Così come mi sembrava di conoscere Olympia, la poetessa greca.
La forza combattiva della prima contro le pergamene della seconda.
Le due armi, seppur diverse, riuscivano a penetrarmi.
Ad Olympia mi sentivo vicina.
Xena, invece, rappresentava il paradosso di me stessa.
La mia rabbia adolescenziale, i dolori e le ferite accumulate erano
dentro quel grido di battaglia, concentrate a tal punto da restare
morte in gola.
Mi sfogavo con i versi, utilizzando la penna ed accumulando l’inchiostro.
Xena.
Ero attirata da lei, calamitata dalla sua forza, dal suo orgoglio.
Potevo scrivere le sue avventure, ma artisticamente non ero pronta.
Come scrittrice dovevo crescere. Lapidare le paure.
Trarre virtù dai complessi adolescenziali.
Ed aspettare lo schiocco di dita del Destino.
Presto o tardi, l’eroina che attendevo sarebbe arrivata a porre
il suo sigillo fra le pagine dei miei quaderni. Nel frattempo, Xena
sarebbe rimasta in me, come un serpente in agguato, nascosto fra i
giacigli dell’anima.
Xena…Olympia.
La loro amicizia crebbe davanti ai nostri occhi, pomeriggio dopo pomeriggio,
battaglia dopo battaglia, stagione dopo stagione.
La bionda di Potidea imbracciò le armi. La bruna di Anfipoli
trovò la redenzione.
Nel 2003, la mia amica ed io abbiamo rotto il legame che ci univa
da quindici anni.
I sogni avevano preso due strade differenti.
Anche le nostre penne erano cambiate.
Lucy aveva perso la voglia di creare, mentre la sottoscritta si nutriva
di creazioni ogni giorno.
Dopo romanzi, poesie, prose e racconti brevi…nel 2004 è
nata il frutto più delizioso del mio terreno: Alexandra, la
figlia illegittima di Isabella la Cattolica. Una guerriera spietata,
sensuale e ribelle che accompagnerà il crudele Cesare Borgia
nella sua conquista italiana.
Scritto da Alexandra Borgia (Marilena Frigiola)
Laterza 5 agosto 2006
Dedicato a coloro che amano leggere, sognare e restare fedeli ai propri
ideali.
Grazie Xandrella.
Pubblicazione avvenuta il 7 agosto 2006 sul sito www.xandrella.com
Sezione: “L’angolo dei fans”.