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La corona della gloria di Shalna Potete vedere la 'video sigla' della mia fanfiction qui Accetto commenti e critiche; inviateli a mars2@tele2.it CAPITOLO II UN' EPIGRAFE PER XENA NOMI DEI PERSONAGGI E RUOLI Ho cercato,
dove possibile, di lasciare tutti i nomi originali: RIASSUNTO Gabrielle
inizia a riprendersi e a guardare con occhio diverso Ares, che le pare
visibilmente cambiato, anche se continua a non fidarsi di lui. Afrodite
va a visitare la bionda guerriera; la Dea dell'Amore comincia a farsi
"strane idee" sul rapporto della sua migliore amica e suo
fratello. L'urna di Xena viene sepolta ad Anfipoli con la sentita commozione
dei presenti, che l'hanno amata ed ammirata. Gabrielle si svegliò solo il mattino seguente, e ci mise un po' per realizzare dove effettivamente si trovasse. Lo scricchiolio delle assi della nave, unito al leggero dondolio dovuto al movimento del mare, la riportò alla cruda realtà. Quel sonno era stato certamente ristoratore; l'aveva fatta cadere in un oblio, dove era scivolata nel nulla, ma il ricordo della morte di Xena si era fatto subito largo. Rimaneva supina a guardare il soffitto ligneo; non cera nulla da fare, si sentiva ancora profondamente triste e non aveva voglia di alzarsi. Voltò la testa per accettarsi che l'urna fosse ancora lì accanto. Solo adesso ricordava che era stato Ares a deporvela, quando l'aveva sdraiata nel suo giaciglio e l'aveva addormentata usando uno dei suoi prodigi. Vedeva i ricordi della sera precedente in maniera molto confusa, e rimproverò aspramente se stessa per essersi fatta vedere tanto vulnerabile da lui. Era probabile che, in seguito, il dio avrebbe giocato a suo vantaggio quella carta; ma era meglio non pensarci. Quando finalmente si tirò su a sedere sul busto, si accorse di avere addosso una coperta nera... no, non era una coperta, era un manto. Nella mente di Gabrielle si formò la sua alta figura che, la sera precedente, lo indossava sulle spalle con il cappuccio calato sul volto. La donna ne afferrò un lembo tra le mani e, tastandolo, ne sentì la consistenza; sembrava essere fatto di seta, ma era più resistente, inoltre era lucido e morbido. Quindi, l'aveva coperta con il suo mantello, quando l'aveva messa a dormire e, non solo, mentre piangeva l'aveva stretta a sé; no, anzi, pensò con terrore che era stata lei a stringersi a lui! Come aveva potuto fare una cosa del genere? Che cosa avrebbe pensato e detto Xena del suo comportamento? In fondo, Ares era pur sempre stato il loro vecchio nemico! Una volta addirittura, le aveva puntato la spada al collo ed era così irato nei suoi confronti che stava per ucciderla, se non fosse arrivata la compagna a salvarla! Ripiegò il manto nervosamente, lo mise nella sacca per togliere da davanti ai suoi occhi la prova di ciò che le provocava vergogna. Al più presto lo avrebbe restituito al suo nefando proprietario. Prese la brocca e si lavò il viso versando l'acqua in un catino. Le parole di Ares l'avevano scossa, perchè con esse erano morte le ultime speranze di rivedere la compagna e, di riportarla in vita, magari, in qualche modo prodigioso. Allo stesso tempo, però, quei discorsi l'avevano fatta ritornare bruscamente alla realtà: era davvero necessario che lei accettasse quella morte. Ricordava che il dio aveva parlato ad un certo punto alla Corona della Gloria. Si chiese a che cosa lui faceva riferimento dicendo che la Principessa Guerriera l’aveva raggiunta: era un oggetto materiale o qualcosa di ultraterreno? Si prefissò di chiedere a lui stesso spiegazioni riguardo a questo, se lo avesse rivisto. In realtà, non sapeva se fosse un bene o no sperare di rincontrarlo. Si aggiustò il Chakram al fianco -anche quello Ares aveva raccolto e si era preoccupato di conficcarlo in un asse vicino al giaciglio- e salì sul ponte della galea. La brezza marina le spettinò i capelli della frangia, mentre il calore del sole le riscaldava piacevolmente la pelle. Andò dal capitano: "Buongiorno, quando manca ancora alla prossima sosta? " "Ci riforniremo tra tre giorni, se tutto va bene… " Rispose l'altro con voce atona. "Sì, non ho fretta alcuna." Non aveva molti rapporti con l'equipaggio; nei suoi trascorsi viaggi faceva facilmente amicizia e le piaceva ascoltare i racconti di mare, ma in questa traversata parlava il meno possibile: i marinai, dal canto loro, si facevano i propri affari. Quando si appoggiò sulla balaustra della nave per guardare il mare, le apparve accanto Afrodite. "Come stai, Gabby? " L'alta dea, abbigliata di una veste rosa e pieghettata, le aveva posato le lunghe mani sulle spalle. Gabrielle cercava di mascherare la tristezza che la lacerava dentro: "Un poco meglio, Dite." "Senti, perché non vieni con me a farti un bel bagno rilassante? Ci sono delle terme eccezionali poco distanti da qui. Ti prometto che dopo ti riporto sulla galea." Sorrise muovendo i riccioli biondi. "No, mi dispiace, ma non ne ho voglia. Perdonami, io..." La poetessa scosse il capo. "Non preoccuparti. Lo so, ci ho solo provato!" La dea imbronciata la trasse a sé, ricambiando l'abbraccio dell'amica. "Sono talmente preoccupata per te, vorrei fare qualcosa per aiutarti. Inoltre, sono anche impensierita per Ares: ti sembrerà strano, ma lui è così cambiato! Spero che la morte di Xena non lo faccia scivolare nell'insanità mentale! " La guerriera la guardò interrogativa: " Perché dici questo? Che comportamenti ha?" Afrodite si mise una mano sulla fronte, quando con voce concitata disse: "Non è triste; ma è diventato più serio, sia in quello che fa, sia nelle parole: mi sembra rivestito di una dignità che lo rende..." Inaspettatamente, fu Gabrielle a continuare quella frase: "... Nobile, riflessivo e profondo nei discorsi; i suoi occhi esprimono umanità, ma allo stesso tempo un solo suo sguardo è in grado di convincere e comandare. E non solo questo..." Mordendosi il labbro inferiore si sforzava di trovare i termini adatti: " Lui è, per quel poco che mi è parso di vedere, molto più bello di quanto lo sia stato mai; emana una forza che, adesso, pare davvero il Dio della Guerra come se, prima, ne fosse stato solo la caricatura." Si portò
una mano alle bocca. Era quello che pensava di Ares? Era quella l'impressione
che ne aveva avuto la sera precedente? Afrodite rimase molto sorpresa con le mani ai fianchi. Un istante dopo, ripresasi, finse non curanza e leggermente provocatoria: "Gabby, non avevi mai detto che lo trovavi bello?" "Io non ho detto questo!" "Sì, che l'hai detto!" "Io intendevo... che ieri sera, quando è venuto da me, l'ho trovato diverso..." Confusa si girò prendendosi la faccia tra le mani: accidenti, era stata quella la vera impressione che aveva avuto di lui? Poiché era voltata non poté vedere il sorrisetto malizioso, che era apparso sulla bocca della bella dea. "Questo suo cambiamento è comunque sospetto, non trovi?" "Sì, ma, conoscendolo, potrebbe comunque fingere una nuovo atteggiamento, spinto da scopi che noi non conosciamo…" Parve riprendere sicurezza da questa propria affermazione: sì, lui non poteva cambiare così facilmente. Insomma, 'il lupo muta il pelo, ma non il vizio' e cose simili. Afrodite fissò per un lungo istante l'amica, voleva aggiungere qualcosa di diverso, ma scuotendo il capo, disse solo: "Io non saprei; io non me ne intendo di guerre, battaglie e complotti! Comunque, cambiando argomento, volevo chiederti se sei sicura di volere andare in Egitto, visto che non stai ancora bene." "Sì, cercano ‘una fanciulla con un Chakram'. Hanno bisogno di quello che sono diventata cioè l'Erede di Xena. Sto provando a farmi forza, devo portare avanti quello che facevo con lei, anche se sono sola." "Sei cocciuta come al solito e questo è un fatto positivo! Bene, io devo andare, mi chiamano altrove. Se hai bisogno fatti sentire!" "Sì, ciao…" Quando l'amica fu svanita, Gabrielle poté smettere di fingere. Lo strazio per la morte compagna le logorava ancora il cuore. Inoltre, non avrebbe mai avuto il coraggio di mostrarlo alla dea e di dirle che la sera prima, se non ci fosse stato Ares, probabilmente si sarebbe gettata nel mare. Verso il tardo pomeriggio il Dio della Guerra si materializzò davanti a Gabrielle, che se ne stava seduta sul suo giaciglio a guardare il vuoto. "Salve!" Alzò una mano in segno di saluto. Lui indossava il suo solito completo di cuoio nero: casacca aperta a 'v ', pantaloni di pelle e spada alla cintura. In tutto e per tutto sembrava il vecchio, ironico e malefico Ares. "Cosa vuoi da me!?" Lui sorrise: "Di sicuro da Xena hai assimilato anche le sue buone maniere." Schiuse le labbra per aggiungere qualcosa, ma parve cambiare idea e stette un po' a fissarla: "Nulla, Gab, davvero! Volevo solo accertarmi che tu stessi meglio e che tu abbia appreso quello che ti ho detto ieri." "Riguardo a cosa?" Chiese circospetta. "Riguardo a quale rilevanza abbia la conquista della Corona della Gloria per un guerriero; come sia importante che tu continui a perseguire con valore le tue battaglie e, specialmente, adesso, ha priorità quella contro il tuo stesso dolore." Ella parve irritata da quella risposta. Pensò che dietro a quelle parole ci fosse il tentativo di blandirla, perciò, alzandosi in piedi, gli puntò il dito contro: " Sai, non funzionano più i tuoi giochetti mentali con me, e comunque non farlo perché..." La sua voce era diventa concitata e stridula. "Perché?" L'altro face una finta espressione di stupore. "Perché io non cederò e... cose simili!" Lui scoppiò
a ridere per qualche istante, ma poi si trattenne e portò le
dita al mento. Lo guardò negli occhi. Si accorse nel suo sguardo erano comparse compassione e un velato senso di colpa; era lo stesso che le aveva rivolto, quel giorno, un attimo dopo che aveva infilzato con la spada il profeta. La donna si calmò. "Cosa vuoi, allora?" Gabrielle si trovò
a pensare che Elì era stato in grado di conquistare, con il suo
messaggio di Sacrificio e di Amore, anche il suo carnefice. Probabilmente
era stato seguendo quell'esempio che Ares, il Dio della Guerra, aveva
sacrificato se stesso e la sua superba divinità per salvare Xena,
lei ed Eve da morte certa, mettendosi contro sua sorella Athena. "Forse, ma, sai com'è, da te ci si potrebbe aspettare di tutto!" Lui la schernì, ancora, mostrando i grossi denti bianchi e prendendola per il mento: "Ehi! Sei troppo bassa per essere la consorte del Dio della Guerra! Che figura ci farei? Immagina che gli uomini ci facciano delle statue o che io mi debba presentare con te in qualche occasione ufficiale, guarda che differenza di altezza!" E alzò il palmo sulla testa bionda, indicando la notevole disuguaglianza fra loro due, al che, lei indispettita, gli diete una manata sul torace per allontanarlo. "Sei sempre il solito imbecille!" L'altro sghignazzava, mentre lei si chiedeva chi fosse venuto a trovarla la sera precedente sul ponte della galea. Non le sembrava affatto che fosse lo stesso, quel dio che le aveva portato conforto con quelle sue parole profonde e vere. No, non voleva avere niente a che fare con il vecchio Ares. Quando lui smise e si fu ricomposto, riferendosi al discorso che poco prima aveva lasciato in sospeso, inaspettatamente disse: "Quel giorno ti offrii l'immortalità degli déi e con essa parte del potere, ma io oggi non lo rifarei." Gabrielle alzò la testa nuovamente per guardarlo negli occhi e vide che il suo sguardo era di nuovo limpido e profondo. “Che cosa stai cercando di dirmi con questo?" "Quello che io sono è un peso e una condanna; questo non poter morire io non lo darei a un'altra persona, perché è troppo duro da sopportare. " "Lo dici, adesso, perché stai soffrendo per Xena: non la pensavi in questo modo un po' di tempo fa riguardo al tuo potere, il Potere degli déi!" Esclamò la donna con una punta dell'antico risentimento. Egli girò
la testa di capelli corvini da un lato e trattenne a stento la rabbia. Era stupita di quanto il dolore rendesse umano Ares. Era con un essere umano che stava parlando, non con il Dio della Guerra che era venuto da lei la sera precedente. Ecco, cos'erano quelle 'stranezze' alle quali si riferiva Afrodite. Certo, era come se fosse diviso in due; da una parte il nuovo dio pieno di dignità e di nobiltà, dall'altra l'uomo che aveva amato una donna, ormai perduta, e che non ne era stato abbastanza corrisposto. "Ares..." Gli sussurrò. L'altro restando con viso girato strinse il pugno, imponendo a se stesso che non doveva cedere: non doveva dirle quello che provava realmente, né nulla di quello che negli ultimi istanti la Principessa Guerriera gli aveva rivelato e di ciò che gli aveva chiesto. Non poteva dare degli altri motivi di dispiacere alla poetessa. Eppure avrebbe voluto urlarle spudoratamente in faccia: "Stupida ragazzina mortale! Lei ha amato anche me e me lo ha dichiarato! Sono stato importante per Xena, come lo sei stata tu...e ci siamo uniti, cosa che lei non ha avuto il coraggio di confessarti." Però non le svelò nulla dei suoi pensieri, che gli erano dettati dalla parte di se stesso che rappresentava l'uomo geloso. Doveva comportarsi da dio con la piccola guerriera bionda, proteggerla come gli era stato chiesto, e non rinvangare il passato. "Dimentica quello che ho detto! Sappi solo che io non posso farti più del male, ma non chiedermi il perché.” Face un gesto con la mano, per sottolineare che la cosa doveva essere sminuita. "So che amavi Xena e che quest'ultima... beh... non ha ricambiato come avresti voluto tu, i tuoi sentimenti. Però io comprendo quello che provi, perché è la stessa cosa che io provo..." Non terminò la frase, perché le lacrime stavano già riaffiorando. Ares si sentì ribollire il sangue, quella frase: "Xena non ha ricambiato i tuoi sentimenti" aveva urtato nuovamente la sua parte umana. Gab non aveva mai capito il rapporto che legava lui e Xena, non era una semplice attrazione fisica, o una cosa squallida... "Io penso che lei ti abbia cambiato. L'ho capito ieri sera, e se lei ha potuto tanto, vuol dire che lo ha voluto fortemente. Tu la amavi di un amore tanto puro che il tuo cuore di ghiaccio si è sciolto." Lo guardava con lo sguardo verde chiaro che rasentavano l'azzurro, in un modo tanto intenso che lui, rimasto con la bocca schiusa, si sentì compreso. Forse, che le loro anime che stavano patendo lo stesso dolore, potessero comunicare? Si era aperto un canale di collegamento tra loro, altrimenti, Gabrielle non avrebbe potuto conoscere le parole che la stessa Principessa Guerriera gli aveva rivolto. Lei, senza rendersene conto, poteva leggere dentro di lui! Smise di essere irato con la donna e, inaspettatamente, le sorrise gentile: "Questo è quello che è accaduto, sì, lo ammetto." L'altra si sedette di nuovo sul giaciglio abbassando il capo, perché si sentiva scossa per via degli occhi di Ares su di lei. Il suo sguardo era così penetrante, che la stordiva. Era così strano sentirsi in sintonia con lui. Era quello che la compagna provava, quando era con Ares? Ciò per cui l'aveva rimproverata in passato? Lui si piegò sulle ginocchia di fronte a lei prendendole il mento con due dita, in modo diverso da prima, quando aveva intenzioni canzonatorie, le alzò la testa costringendola a guardarlo in viso: "Ascolta, io credo che tu dovresti, non solo, portare avanti quello che ti ha dato la tua compagna, ma anche trasmettere questi insegnamenti. Prenditi un'allieva, ma che dico, più di una! -esclamò lui con nuovo entusiasmo- Come lei fece con te, dopo ti sentirai meno sola e quello che la Principessa Guerriera è stata verrà trasmesso alle nuove generazioni. Sono sicuro, anche, che per te sarà tutto più facile." Gabrielle non credeva alle sue orecchie e lo fissò a lungo prima di rispondergli. "Se queste
parole non venissero dalla tua bocca direi che mi danno una nuova speranza
e conforto. Vagamente ci avevo pensato anch'io, ma... "Ora ti riconosco!" Si alzò in piedi, mentre lei lo seguiva con lo sguardo. "Aspetta non è che mi dici questo perché io mi prenda delle allieve carine che, poi, tu possa tormentare?" Sbottò Gabrielle sorridendo all'improvviso . "Cosa vai a pensare?" Rise lui sornione."No, non credo proprio!" Ares cambiò repentinamente argomento: "Sento che in giro c'è qualcosa che non va... un'entità, che non riesco a definire. Inoltre, tu sei l'Erede di Xena e i malvagi potenti saranno attratti da te, inesorabilmente, e non perché sei attraente!" "Cosa vuoi dire?” “ Che i nemici, che dovrai affrontare in futuro, saranno di ben maggiore potenza di quelli che hai fronteggiato fino ad oggi." "Sì, lo so, ma fino ad oggi mi sembra che ce la siamo, sempre, cavata brillantemente!" "Appunto, ce la siamo… Ora sei sola." Gabrielle abbassò il capo, sentiva che ancora una volta in quella serata, Ares aveva ragione. La mattina seguente era salita sul ponte della nave e aveva cominciato a praticare qualche esercizio; era da giorni che non aveva voglia di allenarsi, e una guerriera non si poteva permettere che i propri muscoli perdessero tonicità. All'improvviso due mani le chiusero gli occhi. Gabrielle stava per scattare, perché era abituata a stare sempre all'erta ed ad agire velocemente, quando riconobbe la voce cinguettante di Dite. "Non muoverti! Ho una bella sorpresa per te!" L'altra stette al gioco e si fece sospingere dove l'amica la conduceva. "Adesso puoi guardare: sorpresa!" Ella vide formarsi davanti a sé tre sagome familiari. La dea aveva trasportato sulla nave Virgil, Eve e Selina (Sarah), la nipote di Gabrielle. "Avevo visto che eri troppo depressa, così ho pensato che ti avrebbe fatto piacere ricevere le loro visite e parlare con loro di Xena. Così non sarai sola!" Afrodite, con le mani ai fianchi, si compiacque del proprio operato, quando osservò Gabrielle lanciarsi tra le braccia degli amici. Eve, la figlia della
Principessa Guerriera, si sciolse dall'abbraccio per prima. "Io so che sta bene, e che ha compiuto un'impresa degna di lei." "Eve! Mi dispiace non ho potuto far niente!" Riuscì solo ad esclamare l’interlocutrice cingendola con le braccia bianche nuovamente. "No, non preoccuparti per me, io comprendo il motivo per cui l'ha fatto. Se fosse necessario anche io mi sacrificherei seguendo il suo esempio. Il dolore, non posso negarlo, c'è lo stesso, ma sopporterò. Lo devo fare per la mia comunità, i Fedeli di Elì (Bel Ur). Non mi è permesso di abbandonare la mia missione." Virgil posò una mano sulla spalla di Gabrielle. "Ti vedo troppo abbattuta, fatti coraggio, ti prego! Io comprendo pienamente quello che provi. Io ho perso mio padre; lui, per quanto ciò può sembrare buffo, per me era un eroe, perché mi aveva insegnato ciò che è giusto e sbagliato. Per te perdere Xena deve essere stato altrettanto straziante... lei e tu, nei racconti di mio padre eravate inseparabili.” "Grazie..."
Virgil non sembrava affatto il figlio di Joxer. Pareva che dai suoi genitori avesse preso le parti migliori: il buon cuore di Joxer e la bellezza di Meg (Melania). Era un giovane alto e castano con un fisico ben allenato, ed era abile nella lotta con la spada; Gabrielle si era sempre chiesta dove avesse appreso le arti del combattimento così bene. Certo era che non era stato suo padre, visto che in quello era totalmente incapace. Inoltre, la guerriera di Virgil ammirava l'intelligenza acuta e l'interesse che aveva per la scrittura. L’uomo abbracciò Gabrielle, mentre Eve le chiedeva di ascoltarla. L' interpellata si girò a guardarla, con ancora la testa appoggiata sul petto di Virgil che la teneva strettamente a sé. "Nella visione mia madre mi ha chiesto di condurre le sue ceneri ad Anfipoli, la sua città di origine, dove riposano sua madre e suo fratello Linceo. Mi ha detto che l'urna è stata affidata a te, prendila, perché io desidero compiere la sua volontà!" "Io però sono diretta in Egitto e, per andare ad Anfipoli, dovrei scendere su di un'isola trovare una nave che mi porti lì. Io..." Nella titubanza di lei c'era di più della necessità di arrivare a destinazione, bensì il pensiero di doversi separare per sempre dalle ceneri di Xena. No, non voleva staccarsene. Afrodite, che aveva seguito conversazione, intervenne: "Ragazzi, non preoccupatevi per questo: ci penso io! Vi posso portare tutti ad Anfipoli in un batter di ciglia! Dopo Gabrielle potrà tornare alla sua galea e Eve alla sua comunità." Tutti furono d'accordo, neanche la poetessa si oppose, anche se di solito era restia ad acconsentire ai prodigi degli déi. Era una situazione eccezionale e si potevano ammettere mezzi eccezionali. Il gruppo fu trasportato, a coppie di due per volta, in quella città dove erano vissuti i familiari della Principessa Guerriera. Fuori delle mura le epigrafi funerarie, che ricordavano i defunti, erano disseminate ovunque, ma non fu difficile trovare quelle che portavano una dedica l’una per Linceo e l’altra per Cyrene: erano poste non molto lontane tra loro. Sulla stele di Linceo, in alto, c'era un di un cavaliere armato di lancia, che sovrastava i nemici caduti a terra sotto gli zoccoli del suo cavallo. "Eve, indica il punto dove vuoi che l'urna di Xena sia sepolta." "Qui, tra la nonna e sua fratello, non troppo distante da nessuno dei due." Indicò il punto con il suo braccio sottile. Virgil si offrì di andare cercare una pala; pensava che ne avrebbe trovata facilmente una, in una delle fattorie poco distanti da lì. Dopo pochi minuti, il ragazzo era già di ritorno e di buona lena si mise a scavare nel punto suggerito. Quando la fossa fu pronta, Eve prese l'urna dalle mani di Gabrielle e ve la depose con delicatezza. "Devi dire tu qualcosa per tua madre, sei la più adatta!" La profetessa abbassò per un attimo il capo per raccogliere i pensieri e poi alzando il bel viso dai lineamenti delicati, congiunse le mani al petto: "Madre, io non ho potuto vivere per molto tempo con te come avrei voluto, ma so che sei stata una persona straordinaria, per quel poco che ho potuto vedere. So che ora vivi nell'Eterna Luce; il Non-Luogo in cui tutti vorrebbero arrivare, al quale tutti gli eroi e i grandi uomini aspirano. Seguiremo il tuo esempio… Oh, grande guerriera! Ci mancherai tanto..." Eve cominciò di nuovo a piangere, nonostante che la sua fede fosse incrollabile; lo sconforto in quel momento, aveva preso il sopravvento. La guerriera la afferrò per la vita, e l’altra poggiò la testa dai capelli mossi e soffici sulla spalla di lei. Non si erano accorti che anche Ares si era materializzato dietro di loro; era rimasto silenzioso accanto ad Afrodite, finché, mossi alcuni passi in avanti, non fu accanto a Gabrielle, mentre Virgil era intendo a ricoprire l'urna buttandoci la terra sopra con la pala. "Cosa vuoi scrivere sull' epigrafe per Xena?" Lei si girò verso di lui, che indossava un manto nero e aveva il capo coperto: era vestito a lutto. Quasi che, per motivi di rispetto, nascondesse la sua prorompente bellezza maschile. Ares aveva già fatto apparire una stele di pregiato marmo pantelico bianco, con in alto un delicatissimo rilievo, in cui la Principessa Guerriera era rappresentata nelle sue fattezze migliori a cavallo di Argo e con la spada stretta nel pugno. La donna fissava assorta le sue labbra contornate dalla barba scura, l'unica cosa che il cappuccio lasciava intravedere del suo viso. Poi, avvicinandosi di più, alzò la testa verso di lui e gli sussurrò delle parole che gli altri non udirono. Poco dopo il dio scolpì nella pietra, con un gesto della mano, in belle ed alte lettere, i versi che la poetessa di Potidea gli aveva suggerito, in modo che tutti le potessero leggerle. Il silenzio era calato su di loro: si udivano soltanto i tuoni dell'imminente temporale. All’improvviso cominciò a piovere, ma nessuno di loro aveva intenzione di lasciare la propria posizione. Se ne stavano tutti lì, ritti a fissare l'iscrizione e a parlare ognuno di loro, nella propria interiorità, alla defunta. Fu Afrodite ad interrompere l'incanto nel quale tutti i presenti erano caduti: "Bisogna andare, venite accanto a me: vi porto via!" Gabrielle, Eve, Virgil e la muta Selina obbedirono meccanicamente alla dea, ancora assorti. Quando furono di nuovo sulla galea alla luce di un caldo sole, Eve si rivolse ai presenti: "Mi è parso di vedere un'aquila tra le nubi ad Anfipoli: voi l'avete notata?" Non ottenne risposta. Gabrielle si sentiva più abbattuta di prima perché si era dovuta separare dall'urna della compagna; le aveva dato conforto, averla con sé. Si ripeteva che era stato necessario, ma non riusciva ancora a darsi pace. La dea, che aveva osservato il rinnovato sconforto della sua migliore amica, si sentì in colpa, perchè non era quello il risultato che avrebbe voluto ottenere. Virgil si rivolse alla poetessa: "Io resto qui con te. Sono convinto che, adesso, hai davvero bisogno di qualcuno che ti stia vicino. Non puoi più fare da sola questo viaggio, sei troppo angosciata. Ti prego, non rifiutare!" La donna lo fissò per un breve istante e in segno di assenso annuì soltanto. Eve, che pareva aver assunto uno sguardo vuoto, tirò da parte Gabrielle con la scusa di doverla salutare, prima di far ritorno alla sua comunità. “Io sto per parlarti di alcune rivelazioni personali di cui, per ora, preferirei tu non parlassi agli altri. Nella mia visione mia madre era all’interno una luce intensa e sul capo aveva una corona metallica avvolta da fiori multicolore. Era bellissima...non è più di questo mondo e non potrà più tornare a farne parte...ne è troppo al di sopra, capisci?" L’altra le
mise le mani sulle spalle, agitata. La profetessa era
meravigliata: "No, ti parrà strano, ma è stato Ares a raccontarmi di questo oggetto, se così si può chiamare.” "Cosa può sapere lui di una cosa del genere? Quel vecchio furfante non può conoscerne il significato!" "E quale è?" "Ti ricordi quando ho deciso di staccarmi da voi? Le amazzoni volevano di nuovo farmi del male e tu hai combattuto con Varia? "Certo." "Ebbene, quando ero in prigionia, mentre stavo pregando è apparso Elì e mi ha detto: chi sarà meritevole, riceverà 'la Corona della Gloria che non appassisce' dalle mani degli Arcangeli per Volere del Supremo." Gabrielle la guardava con gli occhi sgranati, mentre l’altra continuava: "Io non avevo capito che cosa volesse dire e, ancora adesso, ho dei dubbi, ma da quando ho visto mia madre, beh… ho cominciato a comprendere. Ti confesso che suppongo che la questione abbia dei significati molto più complessi di quello che appare." La poetessa non sapeva perché, ma si sentì sollevata, dopo aver udito quelle parole, ma allo stesso tempo quel senso di mistero la rese inquieta. Eve, dopo avere promesso a Gabrielle che si sarebbero riviste per parlare con più calma e lucidità, salutò tutti e per mezzo di Afrodite tornò dalla sua comunità a Roma. Selina, che era stata in silenzio fino a quel momento, si rivolse a sua zia: "Mi scuso per mia madre che non è potuta venire: non se la sentiva. Queste cose sono troppo per lei, sai, non è forte come te. Io volevo esserci: ero troppo grata a te e a Xena per avermi liberata dalla schiavitù dell' harem di Kurkhan, ed è anche per questo che ti chiedo di permettermi di venire con te…” "Sì, va bene, ma non dovresti lasciare sola tua madre troppo a lungo." Afrodite era già
di ritorno. La dea la guardava
preoccupata. "Sì." "Ah, ho anche pensato di fare un incantesimo all'equipaggio della galea per far accettare Virgil e Selina, come se fossero saliti con te fin dall'inzio, va bene?" Gabrielle annuì. "Ma come non
mi rimproveri? Dicevi sempre che i miei incantesimi facevano soltanto
danni!" La dea si materializzò sull' Olimpo nella sala principale. Vi trovò suo fratello Ares assorto, ancora vestito con il manto scuro e il cappuccio calato sul viso. Si meravigliò di trovarlo così perfettamente seduto composto, con le braccia muscolose poste sui braccioli, rivestito di un'aura di dignità che non gli aveva mai visto. Solitamente, su quel trono si sedeva piuttosto sconvenientemente come un ragazzino poco educato. “Hai fatto bene a portarle i suoi amici. È davvero un fatto positivo che Virgil e sua nipote viaggino con lei." Gli si avvicinò: "Credi sul serio, che io abbia fatto una cosa giusta?" "Sì, sono sicuro che le gioverà la presenza del Virgil. Lui ha sempre avuto un debole per lei, ma era stato abbastanza intelligente da intuire che doveva allontanarsi, perché Xena sarebbe stata un ostacolo insormontabile per i suoi sentimenti. Penso che, ora, senza più alcun impedimento, si farà avanti con Capelli d'Oro e staranno bene... insieme." "Non sembra che tu lo pensi sul serio, fratello!" Si accomodò su di un bracciolo; lo guardò con gli occhi azzurri innaturali; scoprendogli il capo, gli accarezzò dolcemente una guancia. "Stai soffrendo, vero? È strano, per gli dèi, provare dei sentimenti così sgradevoli. È per questo che sei cambiato, per via di questo dolore?" "Il fatto è, sorella, che io ho capito molte cose in seguito agli ultimi avvenimenti che mi hanno indotto a non volere essere più quello che sono stato. Voglio mostrarmi per quello che sono veramente." "Xena ti ha cambiato! Quello che però non capisco è questo interessamento che hai per la felicità amorosa di Gabrielle." Afrodite sorrise con una smorfia sarcastica rivolta ad Ares. "Non è una cosa tragicomica? Che il figlio di Joxer (Corilo) possa realizzare il sogno del padre di una vita accanto alla guerriera-poetessa. Le vicende umane sono così buffe, talmente strane alle volte e, misteriose..." Fece finta di non aver colto la frecciata dispettosa che l'altra gli aveva inviato. Si mise una mano sotto il mento; aveva lo sguardo assorto che guardava lontano. "Ti prego! Non vorrai rubarmi il mestiere… Questo è compito mio: occuparmi delle stranezze degli amori umani, e poi..." Ares dentro di sé si ripeteva: -Voglio che Gab stia lontana da me; la devo proteggere ed aiutare, cercando di farlo con discrezione per non urtare il suo orgoglio, come mi ha chiesto Xena. Non posso, non devo, avvicinarmi troppo a lei o le farò del male e questo lo devo evitare assolutamente." "Fratello, lo so cosa pensi. Cosa credi che io sia stupida? Non vedo, forse, questo tuo nuovo interessamento per Gabrielle e come anche lei comincia a guardarti in modo diverso? Lei stessa ha ammesso con me di trovarti cambiato." La dea si morse il labbro, stava infatti per confessargli che l’amica le aveva rivelato, tra le altre cose, anche di trovarlo bellissimo. Questo per i suoi canoni aveva un solo significato: nessuna donna noterebbe che un uomo è bello, se non comincia ad essere attratta da lui sul piano fisico. Nonostante, fossero quelli i suoi pensieri, la dea non rivelò niente altro delle parole che le erano state confidate. "Dite, Dite! Allora che cosa dovrei fare secondo te? Fare un po' il galante con lei, come al mio solito, e poi dirle: “Gabby, mettiamoci insieme! Siamo infelici tutti e due per lo stesso motivo, vedrai che in questo modo ci consoleremo a vicenda!" Aveva esclamato queste parole muovendo concitatamente tutti i lineamenti del volto. Si alzò dal trono e l'altra si sentì scuotere da una sensazione sgradevole, perché vide che lui aveva assunto un'espressione terribile. "Va bene, hai ragione! Per adesso è ovvio che non potete, ma con il tempo... Lascia che io ti dica quello che penso io: secondo me quella sarebbe la soluzione migliore per entrambi. Infatti, più andrete avanti, più il dolore per la perdita della donna che avete amato non se ne andrà; sì, forti come siete, ve lo caccerete dentro e continuerete a vivere, ma vi logorerà e vi renderà aridi tutti e due. Sono convinta che l'unico modo perché questo non avvenga è unirvi." "Basta! Hai già detto abbastanza!- Sbottò mostrandosi furioso con una profonda ruga che gli solcava la fronte –Tu, e le tue idee insane! Io non posso toccare Gabrielle, anche se passasse del tempo, perchè io le farei del male. Ho promesso alla sua compagna di proteggerla e sarà quello che farò! Soltanto questo…" Gridò, puntando un dito verso la sorella, che aveva messo su un grazioso broncio. "Bene, fa quello che vuoi! Ma la mia opinione rimane questa. Io non farei mai del male a lei: è l'unica amica che io abbia. Comunque, io sono la Dea dell'Amore e sappi...- disse lei battendosi il petto- che io non mi sbaglio! Io non capisco niente di battaglie, ma sono consapevole del tipo di Amore completo può nascere tra due opposti. Lo so che hai amato la Principessa Guerriera, ma ella era troppo uguale a te o, forse, non era semplicemente destino per voi due stare insieme. Io aggiungo solo, che se tu vorrai, potremo parlare in seguito di quest'argomento, perché sono sicura che si ripresenterà l'occasione. Non riuscirai a staccarti facilmente da Gabrielle, perché lei è tutto ciò che ti rimane di Xena!" Affermò questo urlando con voce stridula. Ares si avvicinò minaccioso e stava quasi per afferrarla, ma Afrodite era già sparita in una nuvola rosa brillante. Nei giorni successivi la bionda Selina prese lezioni di combattimento con Virgil e Gabrielle. La ragazza si rivelava, agli occhi dei suoi insegnanti, molto portata all'uso della spada. La galea aveva fatto una sosta per rifornirsi nell'isola di Nasso; i tre ne avevano approfittato per scendere e farsi un giro al mercato. Fu davanti ad un banco dove erano in bella mostra stili di buona foggia, penne d'oca e pergamene, che Virgil rubò un bacio a Gabrielle, mentre Selina si provava delle stoffe da un venditore più avanti. Alla guerriera il poeta era sempre piaciuto, ma aveva sempre soffocato tutto. Lui sapeva baciarla con molta tenerezza ed era schietto e sincero; era sempre allegro, nel suo animo non aveva ombre ed era pieno di entusiasmo nelle azioni.... non come Ares, che alle volte, aveva quello sguardo così oscuro e aggressivo che... un momento! Ma perché li stava confrontando? Scacciò quei pensieri e si strinse a Virgil, perché si sentiva triste. Ripreso il viaggio, trascorsero la serata molto piacevolmente sul ponte della galea sotto le stelle a leggere ognuno i propri versi, mentre l'altra fanciulla seduta con loro li ascoltava. La voce di Virgil era così rassicurante, calma e la sua risata talmente argentina. Gab, però, non volle condividere con lui il suo giaciglio quella notte. Dentro di lei qualcosa stava cambiando, anche se il dolore, per la morte dell'amata Xena, non la lasciava ancora. CONTINUA… ANTICIPAZIONI |
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