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La corona della gloria di Shalna Capitolo IV Ares, il dio portatore del fuoco INTRODUZIONE Per il titolo mi sono ispirata al verso 27 della tragedia di Sofocle,' l'Edipo re'. Attraverso questo mia modesta fanfiction sto cercando di rispondere a molti interrogativi rimasti in sospeso espliciti e non, presenti nella serie Xena: Warrior Princess RIASSUNTO Gabrielle/Olimpia incontra un terribile nemico, tanto forte che Ares/Marte questa volta sarà costretto ad intervenire e non solo: Ares e Gabrielle non si sono mai sentiti così vicini. Gabrielle non era stata bene nei giorni seguenti; assalita da fastidiose febbri, era stata costretta a starsene coricata nel suo giaciglio. Virgil e Selina erano convinti che si fosse ammalata per via della sofferenza che le procurava la morte di Xena. Dopo molte notti, nelle quali era rimasta insonne, era riuscita a addormentarsi; ma ad un certo punto si era svegliata di soprassalto, perché terribili rumori di battaglia provenivano dal ponte della nave. Dopo un attimo di smarrimento la donna chiamò Virgil e Selina senza ottenere risposta; quindi si alzò, anche se la febbre non l'aveva per nulla lasciata e, soffrendo per le vertigini, si infilò in fretta gli stivali, mise il Chackram alla cintura, prese in mano i Sais e corse di sopra. Quello che vide non le piacque affatto. La galea era in
fiamme e il ponte brulicava di strani pirati armati di torce e frecce,
alle quali era dato fuoco, prima di essere lanciate con delle balestre.
L'equipaggio era stato massacrato e ovunque giacevano i marinai sgozzati
o con ferite sanguinanti. Gabrielle notò con disgusto che il
capitano era stato appeso all'albero maestro con delle funi; aveva gli
occhi fuori dalle orbite e un brutto squarcio al torace. Era morto anche
lui. In questo scenario, tutt' altro che positivo, la guerriera, ansiosamente,
cercava con lo sguardo i compagni. Non ebbe tempo di
pensare perché alcuni di questi le si avventarono contro; ne
abbatté facilmente due o tre con mosse fulminee e precise, usando
i Sais. Aveva, però, cominciato a sudare copiosamente, provando
dentro di sé un'oppressione tale che non prometteva nulla di
buono. Dopo averne steso un altro, cominciò a correre verso la
poppa con la speranza che i suoi compagni fossero lì. Costui aveva i lunghi
capelli scuri raccolti in una crocchia, in mano recava una scimitarra,
mentre al lato nella cintura aveva un bastoncino d'avorio La guerriera sapeva di non essere in forma, ma non poteva cedere al suo ricatto. Percepiva che in lui c'era qualcosa di demoniaco, e non volle tirarsi indietro dal combattere: doveva attaccarlo, eliminarlo e liberare Virgil e Selina. La sua mente corse a Virgil; sapeva che il ragazzo era un buon combattente e il fatto che fosse caduto svenuto sotto i colpi di quell'individuo, la inquietò ulteriormente. Nonostante questi funesti pensieri, come era abituata a fare, ella reagì avventandosi su Kefu con un attacco piuttosto ravvicinato. Questo parava i suoi colpi con maestria; ad un certo punto, però, si sottrasse dallo scontro e chiamando i balestrieri ordinò loro di lanciare frecce su Gab. Lei, con mossa fulminea, tirando uno dei Sais, colpì uno di quelli in pieno petto abbattendolo, l'altro riuscì a trafiggere la guerriera alla coscia con una corta freccia in fiamme. Lei non poté trattenere l'urlo di dolore, ma nello stesso tempo con la mano libera estrasse il dardo, e con l'altro Sai abbatté quello che gliela aveva tirata. I suoi riflessi erano disturbati dalla febbre e non riusciva a combattere al meglio. Non pensò alla ferita, afferrando il Chakram e, tirandolo, colpì altri tre balestrieri. Erano di nuovo soli, l' una contro l'altro, lei e Kefu. Gab, riprendendo
al volo l’arma, si avventò con questa in mano contro il
nemico che parò il colpo con la lama ricurva della scimitarra.
Dopo di ciò, si susseguirono una serie di attacchi e parate,
finché il mago-guerriero, dopo avere mormorato parole incomprensibili
all’avversaria, non la colpì al torace con la spada, contornata
da un’aurea luminosa. Il Negromante estrasse la lama lacerandole ancor più le membra e, subito dopo la infilzò di nuovo nello stesso punto. Ella questa volta reagì, si liberò dalla stretta mortale e con una mossa disperata sfregiò il collo dell’assalitore. Kefu bofonchiò delle altre parole, probabilmente in egizio, facendo alzare un vento tale che lei fu sollevata e sbattuta, dopo poco, a terra come una bambola inerme. Le ferite perdevano sangue e il dolore era grande; nonostante ciò si sollevò sui gomiti caparbia. La guerriera si rialzò, barcollando, e con una forza di volontà che rasentava la pazzia, si disse che se doveva morire, lo avrebbe fatto combattendo. Sì, perché sapeva che quel guerriero, dotato di poteri sovrannaturali, l'aveva colpita a morte e che non aveva più la possibilità di batterlo. Avanzando di nuovo, con passo incerto, verso di lui, sussurrò: "Xena, arrivo, vengo incontro a te! Morirò come sei morta, tu, in battaglia!" Sorrideva lievemente, camminando, mentre le frecce le arrivavano addosso ferendola ancora. Kefu le fu di fronte; si era mosso celermente, mentre ella era scivolata a terra, lui aveva alzato la scimitarra per darle il colpo di grazia. Gabrielle rivide, in pochi istanti, tutta la sua vita e i momenti trascorsi con Xena. Un calcio, però, scaraventò via il Negromante a tre metri di distanza. La guerriera, ormai in ginocchio, aspettava la lama che non arrivò; alzò la testa e vide Ares che la sovrastava. "Ehi! Smettila
di prendertela con le fanciulle! Sono io, il tuo avversario adesso!"
Il modo in cui lui si muoveva era eccezionale: era talmente veloce che pareva scivolasse nell'aria. Aveva sempre combattuto bene, se non altro perché era il Dio della Guerra, ma ora rivelava una fine perizia che non aveva mai mostrato in precedenza. Con una mano colpiva con palle di fuoco i balestrieri, che scoppiavano in fiamme, mentre con l'altra maneggiava la spada, suonando una velocissima e allegra melodia metallica, battendosi con Kefu. Lo scontro formidabile durò meno di un minuto. Ares aveva già conficcato la propria lama all'altezza della bocca dello stomaco del nemico, che cadde a terra in una pozza di sangue. Virgil, nel frattempo, si era svegliato a causa del terribile urlo di battaglia che Ares aveva lanciato; era stato accompagnato, anche, da una specie di onda d'urto simile a quella di un maremoto. Il ragazzo, pur essendo piuttosto malconcio, non si era perso un attimo di quel feroce e fulmineo combattimento. Il poeta era davvero sorpreso, tanto che non poté trattenersi dall'esclamare: “Fantastico!" Il fuoco, che era stato appiccato, stava consumando rapidamente la galea, perciò doveva essere lasciata al più presto. Gabrielle, in uno stato di semi-incoscienza, alzò di nuovo il capo e vide Ares: dietro alle sue spalle, le fiamme si alzavano crescenti. Le vennero in mente delle parole "Ares, il dio portatore del Fuoco". Non si ricordava, tuttavia, dove le aveva lette o sentite. "Gab, devo portarti via di qui." Lei era già
moribonda. L'altro annuì e, ubbidendo a quel desiderio, si trasportò nella stiva e un attimo dopo era già di ritorno con la sacca in spalla. La donna intanto, stremata, era svenuta scompostamente. Il dio si rivolse a Virgil urlando: "Ragazzo, prendi la fanciulla e corri qui. Fai presto, so che puoi farcela!" Il guerriero raccogliendo tutte le forze ubbidì, cercando di evitare il fuoco. Il dio prese in braccio la guerriera e, si rivolse ancora al giovane che gli era arrivato vicino: "Mettimi una mano sulla spalla, ti assicuro che non mordo! Non lasciare per nessun motivo la presa o rimarrai intrappolato in qualche intercapedine dello spazio-tempo. Avanti, ce ne andiamo!" "Gabrielle è morta?" Chiese Virgil confuso e con uno sguardo pieno di terrore. "No, ha perso solo i sensi, ma, se non ci sbrighiamo, perirà sul serio." Dopo aver detto ciò, materializzò tutti in uno posto più sicuro. Da quando la religione di Elì aveva preso il sopravvento sui vecchi culti, i templi degli déi erano sempre più trascurati dai fedeli. Infatti, agli occhi dei presenti, l'interno dell'edificio sacro apparve sporco e danneggiato in varie parti. "Non è molto accogliente, come un tempo, ma ‘la-signorina-tutta-orgoglio’ non avrebbe mai voluto che vi portassi sull'Olimpo." Disse il dio girando il capo corvino, rivolgendo lo sguardo preoccupato verso la sua piccola Capelli d'Oro. Quanto tempo era passato da quando l'aveva chiamata per la prima volta a quel modo con disprezzo? Ai suoi occhi era parsa soltanto una ragazzina petulante e insignificante! Quanto aveva odiato quel grilletto parlante biondo, che suggeriva a Xena sempre la cosa giusta da fare? "La sua reazione non sarà, comunque, delle migliori, quando avrà capito che cosa ho fatto e cosa accadrà tra poco..." Vide che Gabrielle aveva perso molto sangue, tanto che le sue vesti di cuoio nero ne erano tutte impregnate. La distese su di un kline e rivolto a Virgil: "Prendi l'acqua da quel lebéte con un panno, portalo qui, e svegliala. Io devo parlarle: ho bisogno del suo assenso.” Il poeta fece di nuovo quello che gli veniva chiesto; e chinandosi sulla donna, le bagnò le labbra e la fronte con dolce attenzione. "Puoi davvero guarirla? Le divinità non hanno perso il loro potere di guarigione?" "Posso farlo, ma è un po' complesso questo caso e ho bisogno che sia in sensi." Quando la ferita, tossendo, fu rinvenuta, Ares la prese in braccio e fece per condurla in un'altra stanza. "Fermo! Dove la stai portando?" "Ascoltami, Virgil, per il bene di Gabrielle non entrare in questa stanza e non permettere a nessuno di farlo: è importante!" "Sì, sono costretto a fidarmi, se è per è il suo bene." "Io non posso fallire, però è tutto legato alla sua volontà." Chiuse la porta dietro di sé e, poi, la mise su di un elegante letto. "Che cosa è successo? Dove siamo? Dovevi lasciarmi lì a finire il mio combattimento..." Sussurrò la donna . "No, non c'è tempo per discutere, me lo dirai più tardi..." Ares, alzatosi in piedi, si tolse la cintura a cui portava appesa la spada, riponendola ai piedi del letto, e con uno schiocco di dita si tolse la casacca. Il torso nudo del dio appariva perfettamente modellato e virile, mentre si sedeva accanto a Gabrielle. “È per il tuo bene; io ti posso guarire, ma tu devi volerlo. Ti ricordi, quando rinunciai alla mia immortalità e ti sanai insieme ad Eve?" "Sì." Il suo viso cominciava a farsi cereo per via della perdita di sangue, questo stimolò l'altro a fare più in fretta. "Allora avevi una sola ferita alla testa, adesso ne hai molte. Per curarle tutte nello stesso tempo, e più in fretta possibile, io devo avere un contatto più diretto con il tuo corpo." "Che vuoi dire?" Chiese l'altra con un fil di voce, ma ancora caparbia. "Hai freddo, Gab?" "Sì... ne ho tanto..." "Bene, ti riscalderò io... ti darò ‘il Fuoco del Dio della Guerra’. Tu, però, devi essere pronta a riceverlo." "Ma... perché? Io non voglio! Io voglio andare da Xena!" "No, non ora... Ascolta, non basta che io ti imponga le mani. Vedi, hai ferite non solo nel corpo, ma anche nella tua struttura energetica. Quello che ti ha colpito non era un essere umano comune, probabilmente, era un Negromante oltre ad essere un guerriero. Capisci la gravità? La tua situazione è davvero molto compromessa e devo agire più drasticamente del solito." Le prese il viso
bianco tra le sue mani grandi: Gabrielle era incerta, ma qualcosa dentro lei stessa, o qualcosa che veniva da lui, le fece rispondere: "Sì." "Perfetto, allora, fidati di me. Aggrappati a me con tutte le tue forze e assorbi da me tutta l'energia che hai perso. Non avere remore!" Mentre le diceva questo, con le mani agili, le toglieva il corpino che le copriva il seno. Lei bofonchiò qualcosa in senso di protesta, ma le mormorò con dolcezza, rassicurandola: "Ci deve essere un contatto a pelle del mio corpo con il tuo! Ti assicuro che, dopo, potrai darmi un pugno in faccia perché ti ho vista così svestita, appena starai bene!" Sorrise sarcastico. Ares si distese sul petto di lei cercando di non farle male. Parve cadere in uno stato di profonda concentrazione; dopo di che, il suo corpo si era fatto iridescente e lei venne colta da una prima ondata di energia, tanto potente, che per resistere dovette cingergli il collo con entrambe le braccia. Non credeva che lui fosse in grado di emanare ed usare un tale potere. La prima volta che l'aveva guarita non si era accorta quasi di nulla, tranne di un forte calore alla testa, perché era in uno stato di agonia che l'aveva resa semicosciente. Invece, adesso, era tutto diverso; le sue membra, che assorbivano quel potere, erano tutte avvolte da un alone rosso e parevano esultare. Lui all'inizio si
era limitato a starle appoggiato sopra molto discretamente; ma dal momento
che le braccia della donna dal collo, dopo un'altra ondata di energia,
erano passate a stringergli il torace, affondando le unghie nella schiena,
non era stato più in grado di trattenersi e l'aveva avviluppata
in un saldo abbraccio. Si sentiva confortato da quella stretta, ma l'altra questo non avrebbe mai dovuto saperlo. Per lui darle il suo Fuoco non era un prezzo troppo alto da pagare, per sentire quel dolce balsamo consolatorio sul suo dolore, che solo lei poteva dargli. Gabrielle era rimasta così pura; nonostante le vicissitudini alla quale la vita accanto alla compagna l'aveva sottoposta, non si era sporcata pur affrontando molti combattimenti, ed era restata sempre fedele ai propri principi morali. Oh, sì, era probabile che l' avesse sempre ammirata per questo suo modo di essere, estranea alla malizia propria delle donne. Quel tipo di malizia che anche Xena possedeva e che aveva molte volte usato per blandire gli uomini; molto spesso l’aveva usata anche nelle sue missioni volte a giusti fini, e volentieri lo aveva fatto anche con lui. Ed egli ci cadeva sempre in quei giochi di seduzione della sua Principessa Guerriera, voleva caderci, adorava caderci. Certamente, Gabrielle era una donna forte, ma privo era il suo animo dell'ombra della cattiveria. Alla guerriera tornarono in mente quelle parole; sicuramente, erano parte di un verso: -‘Ares, il Dio Portatore del Fuoco’-, udì una voce che le pronunciava, il ritmo che le scandiva era un trimetro giambico: ma, certo, l'Edipo Re! Il bardo sapeva che quell'epiteto erano inteso con un significato di distruzione. Il Fuoco che Ares portava era un rogo di guerra, di morte e di sciagura. Lui dava quel tipo di ‘doni’ agli uomini: fiamme che tutto distruggono violentemente, e dopo il loro passaggio, resta solo la disperazione. Eppure, la forza che stava assorbendo non distruggeva, ma risanava. Quindi, quel Fuoco era duplice: poteva essere usato per annientare, ma anche per guarire. Sì, si disse Gabrielle, quello era un Fuoco in grado di purificare; come quello delle pire funerarie in cui vengono bruciati gli eroi, o i grandi i re, o gli imperatori di ogni tempo, che si crede abbiano trasceso la vita terrena per entrare nella vita Celeste: sì, come era accaduto a Xena. Irradiò l'ultima ondata di energia; ella emise un gemito doloroso, mentre il suo corpo, tutto scosso, aveva ormai le ferite rimarginate. Ares esclamò:
"L'equilibrio è ripristinato; la tua anima è forte!"
Cielo, come lo trovava magnifico! Lo guardava come se non lo avesse mai visto, né conosciuto. Alto, scuro, con corpo vigoroso e con quel viso dai lineamenti scavati… ma era così bello? Perché non se ne era mai resa conto? Forse, perché non aveva mai posto tanta attenzione all'energia maschile, eppure anche la sua compagna la possedeva, in una qualche misura. Certo, solo adesso si accorgeva di quanto lui e Xena fossero simili. Era per questo che, in quel momento, lo vedeva così meraviglioso? Perché le ricordava la compagna? Il dio raccolse la spada e, con uno schiocco di dita, si era già rivestito. Eh, potere sulla materia. Lui stava lì, con la bocca carnosa schiusa, chiedendosi che cosa significasse quell' espressione serafica sul volto di Gabrielle. Che cosa aveva provato? Che cosa poteva provare un essere umano che aveva sentito una parte del potere del suo Fuoco? Che cosa aveva capito in quel breve lasso di tempo? Erano queste le domande che gli passavano nella mente, mentre vedeva che lei, a tentoni, cercava il corpetto per coprirsi il petto, continuando a non distogliere lo sguardo dai suoi occhi. Il dio, forse, più a disagio della donna, perché temeva di essersi scoperto troppo, fu il primo a rompere il silenzio. L'altra era riuscita a vestirsi, quando le disse con la sua consueta ironia: "Va bene, adesso puoi anche colpirmi! -Lui voltò il viso,l indicando con l'indice un punto vicino allo zigomo- Dato che mi sono permesso di spogliarti!" Per il fatto che
era rimasta immobile, l'altro incalzò: La guerriera aveva stretto il pugno, poi, lo aveva riaperto. Sollevando il braccio, l'unica cosa che fece fu quella di prendergli la mano, che indicava il punto dove colpire, e di stringergliela lievemente. Lui girò il volto e la fissò. Voleva cercare di spiegargli la meraviglia che aveva provato, di quello che aveva visto in lui e ringraziarlo. Non fu capace di dirgli nulla di ciò. Riuscì unicamente ad aumentare la stretta. Egli divenne serio, serrando la mascella, e con un cenno del capo, la salutò sparendo in una luce argentea e azzurra. Non doveva toccare Gabrielle, anche se avrebbe voluto. Una lacrima scese sul volto della donna, ma subito se l'asciugò con le dita. No, non poteva e non doveva: lui era pericoloso come diceva la sua compagna... E se, invece, Xena lo aveva visto come lei lo vedeva adesso? E se Xena lo avesse amato? E se Xena avesse amato entrambi? E se di riflesso lei stessa poteva… no, non poteva! Si accorse che il
corsetto era sporco del proprio sangue; perché pensava a quelle
cose, dopo la grave situazione che aveva patito? Certamente, non poteva mostrargli che l'esperienza l'aveva scossa nel profondo. "Virgil, Selina, sto meglio!" Esclamò, sorridendo e avanzando verso di loro. Il ragazzo castano l’ abbracciò immediatamente e le mise una mano sul capo biondo, stringendola al petto. "Oh, Gabby, credevo di averti persa!" Lui chinò la testa per baciare la fronte di lei e, poi, con impeto unì le labbra alle sue, senza darle modo di replicare. Selina si teneva da parte, ancora stordita per l'accaduto, e imbarazzata per il comportamento del poeta. Gabrielle si era scostata da Virgil poco dopo, dicendogli che aveva ancora delle vertigini e si sedette sul kline a testa bassa. Si sentiva così profondamente confusa. Se fosse stato per lei, si sarebbe chiusa in una camera e sarebbe rimasta lì da sola; ma non poteva, perchè doveva delle spiegazioni ai suoi amici. "Chi era quello? Era un mago? Era veramente troppo potente! Chi l'ha inviato?" "Non lo so Virgil, non ne so nulla!" "Ma come? Ares non te ne ha parlato? Lui non sapeva chi fosse o chi lo ha inviato?" La donna scosse il capo. Virgil sospettava che molte cose non gli fossero state dette e, prese a scuoterla per le spalle: "Forse, il dio ti ha fatto qualcosa che non vuoi dirmi? Che cosa è accaduto in quella stanza?" "Niente, è solo che..." Lei non voleva assolutamente che il poeta sapesse quello che aveva provato, quando Ares le aveva passato il suo fuoco, sanandola; allora, cercò di distrarlo con un'altra verità. "Io credo che Xena ed Ares si siano incontrati, poco prima della fine e che lei gli abbia chiesto di, come dire, vegliare su di me." Sorrise bieco: "Questo vuol dire che lui non può darci fastidio. Non è forse un vantaggio?" "Sì, apparentemente lo è, ma per me è piuttosto imbarazzante." "Gabby, tu e Xena avete tirato fuori lui dai guai, quando ne ha avuto bisogno, credo che sia giusto che ora, se può, si renda utile. Non devi essere troppo orgogliosa! In questo momento, sei un po' svantaggiata; ma è comprensibile, dopo tutto quello che ti è accaduto. Vedrai che presto tutto andrà meglio e te la caverai egregiamente da sola." La donna annuì
e si sdraiò, mentre Virgil le si era seduto accanto. "Dimmi…" "Lui questa notte ha combattuto molto bene, contro quel guerriero e contro quei pirati non umani." "Certo, è il Dio della Guerra, è naturale che ..." "No, lasciami continuare. Ha combattuto, stranamente, troppo bene. Io so per certo che Xena lo ha sempre battuto in duello, vero?" "Sì, ma lei era... incredibile, vinceva sempre i suoi nemici." "Permettimi di finire. Quando io ero un fanciullo, Hercules veniva presso la taverna di mio padre, a parlare di te e della Principessa Guerriera. Raccontava anche le sue avventure e diceva sempre che il suo fratellastro era un rammollito, che lo aveva sempre sconfitto abbastanza facilmente e che in fondo non era tanto pericoloso." "No, aspetta: tu conoscevi Herc e Iolao?" "Sì, certo, è stato lo stesso Hercules ad insegnarmi le prime mosse di combattimento. Passava spesso da noi: mio padre era convinto che voi due non foste morte, poiché vi aveva viste mentre eravate condotte via dallo stesso Ares e, inoltre, era stato informato del vostro piano originario da Ottaviano. Per questi motivi faceva delle ricerche e l’eroe ne voleva essere informato. Purtroppo, però, mio padre, per molti anni, non trovò nulla di voi..." "Non avevi mai detto che era stato il Figlio di Giove ad insegnarti a combattere! Quello che mi era ovvio e che non era opera di Joxer (Corilo)..." Rispose l'altra, anche se non capiva dove il poeta con quel discorso volesse arrivare. "Ora, questo non è importante! Quello che voglio mettere in evidenza è che il Dio della Guerra, che io ho visto combattere questa notte, non è lo stesso dei racconti a cui ero abituato. Quello che ho osservato io è un guerriero fortissimo e determinato. Preciso nei movimenti, eppure, veloce… in poche parole formidabile! Per capirci, quell'Ares è superiore ad Hercules, te lo assicuro! Era come se ci fosse un fuoco che lo animasse." Ella sapeva che Virgil era un uomo molto arguto, ma non così tanto! Ci era arrivato vicino... "Io non saprei cosa dire in proposito. Devo andare in camera, non sto ancora bene." L'altro si offrì di dormirle accanto per darle conforto; lei sapeva che il ragazzo non aveva brutte intenzioni, ma rifiutò lo stesso. Selina aveva trovato in un baule delle vesti da donna, le diete alla zia per permetterle di cambiarsi, visto che le suoi abiti erano sporchi ancora di sangue. La bionda fanciulla si era chiesta come mai in un tempio, dove di sovente dovevano recarsi dei guerrieri, c'erano degli abiti femminili. Poco dopo, avendo capito, si diete della sciocca per la sua ingenuità. ANTICIPAZIONI Nel
prossimo capitolo Gabrielle si troverà ad affrontare un assedio;
avrà molte cose da chiarire con Ares, nonostante non voglia ammetterlo,
si sente molto attratta da lui. Il povero Virgil, suo malgrado, rimarrà
invischiato in uno dei piani di Afrodite: ironia e battaglie. |
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