La
corona della gloria
di
Shalna
Capitolo
V
L'assedio
INTRODUZIONE
Da quello che ho scritto fin ora risulta chiaro come nonostante Xena
sia morta, ella è sempre presente nella storia e rimane il riferimento
principale per tutti i personaggi.
Inoltre, ho cercato di mettere in risalto il fatto che tra Xena, Gabrielle
ed Ares ci sia stato una sorta di triangolo amoroso.
RIASSUNTO
La galea è andata a fuoco perciò Gabrielle, Virgil e Selina
sono stati trasportati nel tempio di Ares ad Atene. I tre si dirigeranno
al porto per partire, ma una terribile minaccia li attende e li costringerà
a rimanere in città.
Il confronto tra Ares e Gabrielle si farà sempre più acceso,
poiché i dialoghi tra loro saranno sempre più profondi
ed intimi. É probabile che sarà il fuoco della battaglia
a farli unire al di là delle remore, delle barriere e dei risentimenti.
Afrodite cercherà di dare una spinta al destino per far avvicinare
suo fratello e la sua migliore amica. Peccato, che a farne le spese
sarà Virgil, che si troverà in una situazione davvero
imbarazzante, ma in fondo anche piacevole. Sangue, ironie e baci.
Per commenti e critiche: mars2@tele2.it
Il sole faceva brillare
i capelli castani di Virgil che rilucevano di riflessi biondi; l’espressione
del suo volto era tutt’altro che serena, a dir poco tormentata.
Non sopportava che le cose non gli fossero chiare e la sua voce era
agitata, quando disse:
”Non capisco perché Ares ci abbia riportati indietro fino
ad Atene, in questo tempio! ” Esclamò indignato rivolgendosi
verso la facciata ornata con alte colonne.
Quell'edificio era famoso perché era stato smontato e trasportato
dal luogo dove si trovava, all’interno dell’Agorà.
Tutto ciò era stato fatto su ordine dell'imperatore Augusto;
per rendere omaggio alla divinità di Ares/Marte, che con la guerra
portava lustro e potere a Roma.
”Perché non ci ha portati in Egitto e ha preferito trasferirci
così lontani dalla nostra meta? Non capisco proprio...”
Gabrielle gli rispose calma: “Il motivo non lo conosco, ma è
chiaro che io non mi lascerò condizionare da questo. Andremo
al porto e partiremo con la prima nave che salpa per l’Egitto.”
Aveva ripreso le forze: si era chiusa in se stessa così bene,
che era sicura che avrebbe potuto resistere a qualunque provocazione
che il dio le avrebbe rivolto. Nonostante l’esperienza della notte
precedente, si costringeva a non porre fiducia in lui. Mentre camminava
con i compagni di viaggio sul molo del porto del Pireo, stava pensando
che la domanda di Virgil era più che legittima: se davvero Ares
aveva intenzione di aiutarla, perché mai li aveva condotti ad
Atene, così lontani dalla loro destinazione?
La guerriera sussurrò a Virgil: “Il Dio della Guerra è
sempre lo stesso! Il fatto che ci abbia salvati non significa che si
possa avere fiducia in lui. Gli è sempre piaciuto voltare faccia:
lo diverte!”
“Salve, stavate parlando di me? ” Chiese Ares, apparendo
in un lampo di luce azzurra. Si porse davanti ai tre compagni con un
sorriso smagliante, scuotendo il capo e allargando le braccia; sembrava
l’attore principale di uno di quei mimi farseschi, che andavano
tanto di moda in quel periodo.
“Perché ci hai trasportati qui?” La bionda guerriera
era aggressiva. La guardò ironico alzando un sopracciglio; non
c’era da stupirsi se si comportava a quel modo, era tornata semplicemente
in posizione di difesa.
“Gabrielle,
potremmo parlare in privato: ho una comunicazione importante da farti.”
La donna gli lanciò un’occhiataccia, ma disse rivolta agli
altri: ” Non preoccupatevi, tornerò tra poco. ”
I due si allontanarono e lei fu la prima a cominciare incalzante: “Allora,
vuoi spiegarmi che cosa significa tutto questo?”
“Gab, cosa c’è? Perché sei così irata
verso di me? L’ultima volta che ci siamo visti eri di tutt’altro
avviso. Mi pare anche di averti salvato la vita e tu, se bene ricordo,
avevi anche apprezzato il gesto…”
Ella strinse il pugno.
“Ero in uno
stato di shock e in fin di vita!”
L’altro la tirò per una spalla costringendola a fermarsi
in un vicolo. La fissò con intensità negli occhi e con
un’espressione risoluta le intimò di fare silenzio.
“Siete in pericolo tutti e tre! Anzi, ti dirò di più:
con la vostra presenza state esponendo tutta la città ad un grosso
rischio.”
“Cosa stai dicendo?”
L'altra diete uno strattone facendo per allontanarsi, invece lui la
prese per un polso.
“Stammi ad ascoltare! È vero quello che ti dico!”
“Perché stai facendo tutto questo?”
"'Questo' cosa?”
Divenne rossa in viso, mentre cercava di liberarsi.
”Come cosa? Dimmi la verità, è stata Xena a chiederti
di aiutarmi anzi di proteggermi? Vi siete incontrati a mia insaputa
prima della fine? Rispondi!”
Egli mosse il capo corvino da un lato, schiuse le labbra e, per un lungo
istante, non disse nulla. Non era molto sorpreso che lei avesse intuito
che la Principessa Guerriera gli aveva fatto quella richiesta. Sapeva
anche che Gabrielle era anche profondamente orgogliosa, e un suo assenso
alla domanda l’avrebbe sdegnata, ma non poteva mentirle.
“Sì, è vero e allora? Non posso negarlo.- Era duro
in volto e si mise a braccia conserte- Lei mi ha chiesto di proteggerti.
Ora lo sai.”
Il dio non aveva neanche terminato la frase, che l’altra irritata
con passo veloce si era già allontanata. Le comparì di
fronte, ma non aveva più l’espressione truce di appena
un attimo prima. Bensì, quando sussurrò appena: -Gabrielle!-
egli risultò molto dolce, sia nel tono che nell’atteggiamento;
al punto che lei non potette fare a meno di fermarsi.
“Non andare! Io non ho intenzioni malvagie. Voglio solo adempiere
ad una promessa con onore. Per me è molto importante, se non
lo facessi starei male con me stesso.”
Gli si rivolse ancora aggressiva con gli occhi in fiamme.
“Mi riesce difficile crederti attanagliato dai rimorsi. Lo stai
facendo per Xena?”
“Sì, ma non è solo per questo…” Pareva
imbarazzato.
Qualcosa dentro la donna cominciò a sciogliersi, e un’inconscia
speranza misteriosa si formò nel suo animo.
“Ti fa onore, sempre se sei sincero, assolvere a questo impegno
che ti sei preso. Io però, non voglio dipendere da nessuno, tanto
meno da te! So badare a me stessa.”
La trattenne saldamente per le spalle, quasi con violenza.
“In seguito ti prometto lascerò che tu te la cavi da sola,
ma adesso non puoi! Questo nemico è potente perciò dovete
rifugiarvi di nuovo all’interno delle mura e far chiudere tutte
le porte: parlate con il governatore romano e avvertitelo che dal mare
giungerà un attacco. ”
Lo fissò spalancando gli occhi come se fosse pazzo.
Visto che rimaneva incredula, si agitò: ”Ti assicuro che
è vero! Fai quello che ti dico! So che con la Principessa Guerriera
avete molte volte difeso le città dagli assedi. Sono convinto
che sai bene come fare. Quindi parla con Gaio Vero Nasone, ti assicuro
che è un ottimo politico e un buon comandante in caso di battaglia.
Digli queste cose a mio nome: ti crederà.”
“Ma cosa sta succedendo?”
Gli urlò la guerriera in faccia con le vene del collo che le
pulsavano.
“Non c’è tempo per le spiegazioni, credimi, vai e
fai quello che ti ho detto di fare!”
Stava facendo per materializzarsi altrove, quando lo afferrò
per la casacca con entrambe le mani per trattenerlo e lo costrinse a
guardarla in viso: “Parla, che cosa sta succedendo?” Gabrielle
aveva perso il controllo.
Ares aveva uno sguardo deciso e di fuoco, quando le rispose con un inusuale
tono autoritario: “Fa quello che ti ho ordinato; prepara la città
all’assedio, un esercito immondo attaccherà stanotte poco
dopo il tramonto. Prima che il sole cali, verrò da te e parleremo
più a lungo.”
Sparì in un lampo azzurro, sfuggendole.
Era rimasta impressionata da quel suo comportamento tanto risoluto.
Ecco, aveva appena parlato con il Dio della Guerra, quello stesso che
era venuto da lei quella notte sul ponte della nave. Se era ricorso
ad una tale decisione, voleva dire che il pericolo doveva essere reale
e grave. Per questo motivo gli credette pienamente e non osò
disobbedire al suo comando. Avvertiti Virgil e Selina, che stupiti la
seguirono presso il governatore, si preparò ad affrontare l’assedio.
Gabrielle era seduta
sulle alte mura di Atene; gli arcieri erano già tutti schierati,
mentre le sentinelle che scrutavano l’orizzonte e il mare camminavano
su e giù operose.
Aveva indosso il suo solito completo in stile amazzone in pelle conciata,
inoltre, in un secondo momento avrebbe aggiunto al suo abbigliamento
una corazza di cuoio, simile a quella dei legionari romani. Insieme
alle sue armi usuali, aveva scelto anche una piccola spada da portare
sulle spalle.
Guardava il cielo e la vasta distesa salmastra che, di riflesso, cominciava
a tingersi di rosso come il sangue; pensò che era da tanto che
non vedeva un tramonto così splendido. Poteva davvero essere
l’annuncio di una cruenta battaglia?
“Salve, Gab!”
Ares si materializzò
seduto accanto a lei.
“Atene è una bella città e mi è sempre piaciuta;
è un posto laborioso, culla di tutte le arti! Peccato, che i
suoi soldati non siano mai stati un granché! Roma, da questo
punto di vista, mi ha dato molte più soddisfazioni. Le ere cambiano,
ma gli uomini avranno sempre bisogno dei guerrieri se non altro per
difendersi…”
“Fai il filosofo stasera?” Chiese Gabrielle senza guardarlo
e continuando a fissare l’orizzonte.
“Credi io non sappia cosa sia la guerra? Cosa sia la strage? Ho
assistito a più battaglie io che qualunque mortale! Eppure, attraverso
la mia esperienza umana il punto di vista si è ribaltato, e ho
visto…”
Lei si voltò verso di lui, interrogativa, osservando il suo profilo
perfetto.
“Cosa?” Era ansiosa di sapere la risposta.
“So di aver compiuto molte azioni insensate e malvagie in passato;
è stata Xena e… a farmi capire questo con le sue opere
e la sua fierezza. ”
Il fatto era che io traevo potere dalle imprese che gli umani compivano
in mio nome: era esaltante!” Ares parlava molto lentamente, scandendo
le parole una per una con attenzione, come se ci tenesse particolarmente
ad essere compreso.
Quando mi sono ritrovato ad essere un semplice uomo, ho cominciato a
capire che cosa fosse il dolore, che cosa fosse la condanna del genere
umano: l’incapacità di vedere al di là del proprio
naso.
Le gente non ha la seconda vista non può sapere, che ne so, che
a dieci miglia da qui il suo nemico si sta preparando per ucciderlo.
Oppure, che da qualche altra parte, mentre è impegnato in combattimento
per conto di qualche signore della guerra, per un qualunque motivo per
lui poco importante, sua moglie o sua figlia viene violenta dai banditi.
Ella urla il suo nome disperatamente, anche se è consapevole
che lui non potrà mai sentirla. E se anche costui potesse udirla,
non potrebbe mai occorrere in tempo…”
Era assai sorpresa e spalancò gli occhi, ma non osò interromperlo.
L’altro, invece, li aveva chiusi assorto, cercando di ricordarsi
più intensamente di quel periodo.
“Vivere senza sapere quasi nulla è una condanna. Adesso,
ammiro il coraggio degli uomini in grado di condurre la propria esistenza
e combattere, nonostante che siano oppressi da questa condizione di
estrema incertezza. Eppure, anche loro in grado di ergersi a guerrieri,
ad eroi come Xena, come… -e questa volta pur esitando, lo disse:-
come te, Gabrielle!”
Egli aveva scandito il suo nome con particolare enfasi ed ella non si
era persa una sillaba pronunciata da quelle labbra tanto sensuali.
La donna si chiese perché le stesse confessando quelle sue riflessioni
tanto intime e personali. Non riusciva a dubitare che quelli non fossero
davvero i suoi pensieri.
Si girò a fissarla con uno sguardo così limpido, che i
suoi occhi che riflettevano gli ultimi raggi del sole, erano a tal punto
schiariti da assumere un colore verdastro. Tuttavia, che si ricordava,
le iridi di Ares erano state sempre scure.
La poetessa ebbe
una fitta alla bocca dello stomaco e abbassò il capo.
Provò nel petto una strana emozione.
“Perché
mi dici queste cose? Credevo che la guerra, la morte e le violenze sulle
donne fossero cose che tu gradissi oltre misura!”
Lei dovette alzarsi. Non riusciva più a rimanergli accanto senza
sentirsi turbata: cosa stava succedendole?
Lui a sua volta si mise in piedi e le fu di fronte. Le sorrise lievemente
bieco.
“Perché
tu sei l’unica persona vivente in questi tristi giorni, su questo
vasto eppure vuoto mondo, che mi conosce davvero e che sia in grado
di capirmi! Cosa credi che sia facile ammettere anche con me stesso
queste cose? Xena non c’è più, e non saprei proprio
a chi dirle…”
L'altra annuì
continuando a non guardarlo in viso. Con una risata nervosa ribatté
in tono stizzito e carico di sarcasmo:
”Ah, certo,
io sono la piccola Gabrielle, assistente-confidente-sostituta della
Principessa Guerriera!”
Il dio si rese conto di averla in quel modo offesa:
“Non scherzare,
sai che in questo momento sono sincero più di quanto mi sia lecito!”
Aveva mosso tutti i lineamenti del suo bel volto scavato, mentre affermava
questo. Infine, con un cipiglio piuttosto deciso la afferrò per
il polso e avvicinò il suo viso a quello di lei:
“Vorrei che
tu capissi perché agisco diversamente e quanto rimorso ho nei
confronti del mio tumultuoso passato. Ho fatto cose orribili; non parlo
certamente del periodo recente, diciamo in questi anni in cui tu e la
Principessa Guerriera siete entrate nella mia orbita. Non mi sono comportato
bene, ma certamente prima ero molto peggiore. Al tempo degli eroi e
nel periodo della guerra di Troia, per intenderci, ho sterminato e ho
fatto trucidare fino all’inverosimile…”
Lo fissò
inorridita e diete uno strattone, affinché la liberasse dalla
stretta. Quando la lasciò, sconcertata si girò di spalle.
“Non devi guardarmi a quel modo, io non sono più quello!”
Lui aveva alzato le braccia muscolose per posarle sulle spalle di lei,
ma esitava a farlo. Perché una simile fanciulletta lo metteva
tanto in difficoltà e perché si stava aprendo così
in sua presenza? Gabrielle era troppo idealista per capirlo: solo colei
che era ormai scomparsa avrebbe potuto. Nonostante ciò, un fiume
di parole scaturirono dalla sua anima impetuosa:
”Io non voglio più essere quello! Ci sono già abbastanza
'angeli caduti' che tormentano gli uomini al punto che ultimamente anche
io, li sto trovando alquanto fastidiosi. Perché dovrei continuare
a comportarmi come loro?”
La donna era sorpresa a dismisura e, sentiva nei confronti di Ares una
sensazione che aveva già provato in passato.
“Gab… se agissi di nuovo in modo crudele o insensato, vedrei
gli occhi di ghiaccio di Xena critici su di me. Come potrei sopportare
ancora la sua disapprovazione? Per troppo tempo, quando ella era in
vita, l’ho fatta soffrire, egoisticamente, alle volte solo per
attirare la sua attenzione! Io non conoscevo altri modi. E anche con
te, non mi sono comportato bene.”
Infine, Ares le posò le sue grandi mani allungate sulle spalle
nude; non gli importava se l’altra avrebbe reagito cacciandolo
in malo modo, perché egli aveva bisogno di quel semplice contatto.
Stettero immobili per dei lunghissimi istanti a fissare insieme il tramonto,
finché la donna alzata la testa lentamente si girò verso
il dio, avvicinandosi.
Perché adesso lui le sembrava molto più alto di quanto
le fosse mai apparso prima?
“Io non so
se crederti. Questo tuo mutamento è così strano…”
Ecco, cosa era quella sensazione! Era la stessa che aveva provato nei
confronti della compagna, nei primi giorni in cui l’aveva imparata
a conoscere.
Le prime volte,
in cui percorrevano insieme strade polverose o sentieri in mezzo ai
boschi, l'aveva vista tanto oppressa dai rimorsi del proprio passato,
eppure cambiata.
Hercules l’aveva trasformata mediante l’Amore e ciò
che ella aveva capito non poteva più permetterle di condurre
la sua esistenza in modo selvaggio, come in precedenza; perché
l’unica cosa che aveva sempre cercato tormentosamente e che potesse
saziarle il cuore era l’Amore.
E se Ares per mezzo dell'Amore per la Principessa Guerriera poteva essere
definitivamente cambiato?
Alzò lo sguardo per chiederglielo, ma non ne ebbe il coraggio.
Cosa avrebbe fatto ora? E perché le parlava a quel modo?
Le pareva terribilmente strano vederlo sempre più simile a Xena.
Gabrielle si allontanò da lui: ”Se hai terminato, potresti
darmi quelle informazioni che mi dicevi sull’assedio?”
Si meravigliò di se stessa; perché era tanto crudele nei
suoi confronti? Perché lo stava trattando a quel modo? Forse,
che l’antico risentimento non l’avesse ancora lasciata?
O forse era che aveva paura di questo nuovo e straordinario Ares, che
sentiva nonostante tutto vicino, perché era l’unico a poterla
capire e che stava patendo il suo stesso dolore?
In fondo, era il solo che la conoscesse davvero, dopo la sua compagna.
Virgil non era al corrente che di una parte della sua vita; non sapeva
nulla delle innumerevoli avventure che aveva vissuto, se non attraverso
racconti rielaborati, né di come aveva sofferto per crescere
e diventare una guerriera. Se anche il Dio della Guerra era stato dalla
parte sbagliata, nonostante ciò, sapeva ogni cosa di lei…
Lui dal canto suo non batté ciglio per il comportamento dell’orgogliosa
Capelli d’Oro, e riprese il suo ruolo.
”Dunque, l’altra volta ti sarai accorta da te che quegli
esseri che vi hanno attaccati non erano propriamente umani. Ebbene,
erano degli morti-viventi che manovrati da quel mago, votato agli incantesimi
di negromanzia, che io ho ucciso, agivano come marionette sotto il suo
volere.“
L'altra pensò che egli in pochi istanti era tornato ad essere
il solito egocentrico.
“Purtroppo, costui era alleato con un altro Negromante, che con
un esercito abbastanza numeroso, si sta dirigendo da queste parti con
delle navi. Quest’ultimo è potente: si serve della magia
nera e di demoni, o meglio, loro si servono di lui. Nel mese scorso
ha inviato spie in ogni dove per cercarti. Si vede che ultimamente,
gli devono essere arrivate buone informazioni, perché tra poco
sarà qui! È disposto a tutto, a quanto pare, per avere
te e il Chakram!”
Gabrielle sentì un brivido passarle lungo la schiena.
“Sai perché?”
“No, non ne sono sicuro. Quindi, è meglio che io non riveli
nulla! Conto sulla valida legione romana e sul fatto che tu hai esperienza
con gli assedi. Come vedi, ti ho dato i mezzi per difenderti da sola…
e questo è tutto!”
Rise fragorosamente, mostrando i denti bianchi e puntando entrambi gli
indici verso di lei. Il dio aveva concluso ed era in procinto di materializzarsi
altrove.
La giovane fece due rapidi passi verso Ares. Aveva gli occhi stretti
per la difficoltà che le provocava dire quelle parole, che fino
a quel momento, non era stata in grado di pronunciare dinnanzi a lui.
“…No, aspetta, non andare! Io volevo dirti che non avresti
dovuto guarirmi: io stavo comunque morendo da guerriera!”
L’altro divenne serio:
”Mettiamola
così, per il fatto che non hai ancora tramandato le conoscenze
di Xena, mi è parso ovvio che servissi ancora su questa terra.
Oltre a ciò, dovresti prima arrivare alla perfezione a cui è
arrivata lei e, poi, morire in battaglia!”
La donna prese un respiro ed esclamò all’improvviso, stringendo
i pugni:
”Ti ringrazio per avermi salvata!”
Era riuscita a dirglielo.
Gabrielle abbassò il capo, e la frangia bionda le coprì
lo sguardo.
Lui annui con le labbra strette, fece due passi indietro, allargò
le braccia alzando le sopracciglia:
“Bene, allora divertiti!”
Ella teneva ancora la testa giù, mentre l’altro spariva
in un lampo di luce azzurra con un sorrisetto di malcelata soddisfazione
sulle labbra.
Afrodite era giunta
presso la riva del mare su di un’isola tra le tante dell’Egeo.
Lo vide lì suo figlio, mentre giocava con la sua prole e la moglie
Psiche.
“Ciao, Cupido!”
“Nonna!” Urlarono i tre bambini andandosi ad aggrappare
alle vesti della dea.
“Oh, come mi fa sentire vecchia sentirmi chiamare in questo modo!”
Esclamò sorridendo con le fossette, e accarezzando dolcemente
le teste dei piccoli nipoti.
“Salve, madre…”
La salutò lo splendido Cupido, che appariva con fattezze virili:
nulla aveva a che vedere con il piccolo putto delle rappresentazioni
artistiche.
“Perché ti sei ritirato qui? Mi ci è voluto un po’
per trovarti.”
“Gli uomini non hanno più bisogno di me, se la cavano egregiamente
da soli: il potere degli dei è finito.”
“Lo so, ma ci sono due persone a te care che avrebbero bisogno
di un tuo lieve aiuto!”
“Non osservo più le vicende umane. Non mi interessa!”
Afrodite si liberò gentilmente dai nipoti e si diresse verso
il figlio, prendendolo per una spalla.
“Certe volte per la tua durezza somigli proprio a tuo padre Ares!
Ascoltami, è per Gabrielle, era tua amica, ti ricordi?”
“Sì, ma è passato tanto tempo. So che è morta
Xena: la poetessa deve star patendo un dolore inconsolabile, mi dispiace.”
“Allora, non è vero che non guardi più le vicende
umane?”
“Non come una volta!” Ribattè Cupido duramente con
gli occhi azzurri in fiamme ed accigliato.
“Sono qui per lei. Ho un piano per aiutarla, che tu dovresti aiutarmi
ad eseguire, con le tue frecce che hanno una durata temporanea.”
“Non faccio più queste cose… madre!”
“Ti prego! -Disse la dea con un’espressione molto convincente-
lascia che ti spieghi la situazione, sono sicura che acconsentirai.”
Poco dopo che il
sole era calato; esattamente come aveva detto il Dio della Guerra, delle
navi con delle vele nere furono scorte all’orizzonte. L’allarme
fu dato mediante un corno, ma fortunatamente la popolazione formata
da donne, bambini e anziani era stata sistemata all’interno delle
mura.
Gli arcieri avevano incoccato le frecce sugli archi, dal momento che
avevano visto un nugolo di terribili esseri, che dalle navi come uno
sciame nero, si stavano rigettando nel porto dirigendosi verso la città.
Questi avanzavano marciando con andatura innaturalmente veloce per dei
non-morti.
Erano tanti e dalle stive alcuni stavano scaricando delle macchine d’assedio,
che tiravano su carri con delle funi.
“Hanno delle catapulte e delle torri mobili! Presto, andate a
caricare le nostre e date fuoco ai proiettili prima di lanciarli!”
Urlava Gabrielle rivolta ai soldati.
Lo scontro si faceva sempre più concitato, quando ella affacciandoisi
per rendersi conto della situazione, fu colta dal desiderio di agire.
La guerriera aveva intenzione di guidare un piccolo drappello di soldati
fuori delle mura per andare a cercare il Negromante, che comandava quell’immondo
esercito.
Non sapeva se vi sarebbe riuscita, ma doveva tentare.
La notte era calata.
“Allora, Virgil, siamo intesi? Io esco dalla ‘posterula’
segreta ai piedi delle mura e tu la chiudi bene dall’interno.
Voglio dare solo una breve occhiata; appena mi trovo in difficoltà
torno indietro, ti faccio dei segnali con la torcia e tu mi apri la
piccola porta. Va bene?”
Il figlio di Joxer (Corilo) vestito con una corazza simile a quella
dei legionari romani per essere più difeso, annui serio.
“A quel punto, se lo ritengo opportuno, uscirai assieme a me per
darmi i rinforzi con un altro gruppo di soldati. È chiaro?”
“Sì, ci puoi contare.”
Lui si era appostato su di una torre, dopo che la guerriera era uscita,
per osservare meglio la situazione; da lì avrebbe meglio visto
il segnale e sarebbe scattato con più celerità per eseguire
l’ordine.
Gabrielle con il suo piccolo drappello, veloce e lesta, si era già
fatta strada tra i non-morti, falciando quelli che le intralciavano
la strada.
Un arciere incoccò una freccia d’oro sul suo splendido
arco.
Virgil era intento ad osservare la guerriera che si muoveva con determinazione
tra i nemici. Era teso come una corda di violino; era in pena per la
donna che amava, perciò non si accorse dell’inaspettato
dardo che, veloce come un fulmine, gli trapassò la schiena, andando
a conficcarsi nel cuore.
Egli all’improvviso avvertì soltanto un formicolio ad una
spalla, girò la testa e mosse una mano a quell’altezza,
ma non vi trovò nulla. I suoi begli occhi, però, si spostarono
sulle persone sottostanti. Tra queste il suo sguardo si posò
e si fermò sulla bionda Selina, che insieme con altre donne stava
prestando i primi soccorsi ad alcuni feriti.
Non seppe bene quello che accadde da quell’istante in poi, né
che cosa fece e perchè lo fece. In un battito di ciglia, si dimenticò
dell’assedio, dell'amata e di qualunque altra cosa esistente sulla
terra che non fosse la bionda e procace Selina.
Si precipitò giù per le scale della torre e in breve fu
di fronte a lei.
La fanciulla vestiva una veste azzurra pieghettata, che lasciava scoperto
il piedino calzante un elegante saldalo. Era china perchè stava
dando da bere ad un ferito, quando alzandosi vide di fronte a lei Virgil
con il fiatone e con lo sguardo in fiamme.
“È successo qualcosa alla zia?”
L’altro si limitò a scuotere la testa. Togliensosi l’elmo
e poggiandolo a terra, la prese fulmineamente per la vita sospingendola
contro il muro. Dopo averle lanciato un'occhiata folle, le appoggiò
le labbra alle sue premendo con una certa decisione. Lei non poté
liberarsi da quella stretta, poiché egli aveva un torace massiccio
e delle braccia forti. La fanciulla all’inizio si oppose, ma poi
si lasciò andare a quel bacio che era giunto inaspettato, ma
non per questo non meno desiderato…
Gabrielle era in
difficoltà; aveva abbattuto molti nemici immondi, ma non riusciva
a capire dove fosse il Negromante che li comandava. Aveva intenzione
di riuscire a penetrare nelle ultime fila, dove sospettava che fosse
realmente il suo nemico principale. Prima, però, doveva andare
a cercare rinforzi. Gridò la ritirata a quei pochi uomini che
le erano rimasti come scorta, e giunta di fronte alla ‘posterula’
accese la torcia che aveva lasciato lì accanto per fare il segnale
convenuto.
Virgil aveva preso
Selina in braccio, mentre lei continuava a baciarlo affondando le dita
nei capelli castani di lui. Senza aggiungere una parola, il ragazzo
aprì con un calcio la porta di una stalla appartata, vi entrò
e si dettero ai giochi d’amore sulla morbida paglia.
Ella nonostante all’inizio si fosse opposta a quelle prorompenti
effusioni, dopo poco non aveva fatto nessuna resistenza; poiché
dal momento in cui era salita sulla galea, si era presa una cotta per
il bel poeta-guerriero. Selina, che aveva poco più di vent’anni,
non aveva fatto capire nulla al poeta di quelli che erano stati i suoi
desideri, perché era fin troppo grata a sua zia per poterla contrastare.
Dal canto suo,tuttavia, non era stata capace di frenarsi, nel momento
in cui le era capitata l’occasione di poter passare un momento
così intenso proprio con lui. Virgil era un ragazzo affascinante,
e Gabrielle pareva dargli poca importanza, ultimamente.
Non era un’ingenua; era stata allevata in un Harem, dove era stata
capace di diventare la favorita, e perciò era per nulla ignorante
dei fatti intimi che accadono tra uomini e donne. Per questi motivi,
non si stava comportando da inesperta tra le braccia di Virgil: non
ci mise molto a togliere la corazza a lui, rapito completamente da lei…
Cupido, il Dio dell’Amore
figlio di Afrodite, teneva ancora il suo arco in mano, mentre sospeso
in aria rendendosi tutt’uno con la notte assisteva alla battaglia
e all’esito della propria freccia su Virgil.
Il bellissimo biondo alato sorrideva sardonico; certo, gli procurava
ancora una certa soddisfazione usare i suoi poteri. Il dio ripose l’arco
in spalla; i suoi lineamenti scavati e il fisico aitante ricordavano
quelli di suo padre, mentre i capelli chiari e gli occhi erano quelli
di sua madre. Si disse, che se ne sarebbe stato ancora un po’
ad osservare, se davvero sarebbe accaduto quello che la dea gli aveva
detto…
“Virgil!”
Urlava Gabrielle sotto alle mura, mentre vedeva cadere uno ad uno, i
soldati della sua scorta sotto i colpi nemici.
“Virgil!” Continuava a chiamarlo, mentre sapeva che le rimanevano
solo due uomini al suo fianco. Lanciava il Chakram per falciare i nemici
più rapidamente, ma erano in troppi: aveva bisogno assoluto di
rinforzi. Dove era andato?
Non aveva più fiato in gola e aveva incominciato a prendere a
spallate la potricina segreta ; ma non riusciva ad aprirla, perchè
era stata sbarrata bene dall’interno per non permettere ai nemici
di entrare.
Cosa stava succedendo? Si fidava di lui. Forse gli era accaduto qualcosa:
e se era stato colpito e ferito?
“Cosa c’è? Sei in difficoltà per caso?”
Le chiese Ares materializzandosi dietro di lei e dando un pugno a uno
di quegli esseri immondi.
“Ancora tu! Vattene, non mi disturbare: questa è la mia
battaglia!”
Gli disse, mentre stava con le gambe divaricate e leggermente piegate,
brandendo la sua corta spada in tutte le direzioni.
“Non sei nella posizione migliore, sei circondata, Gab. Non credo
che durerai a lungo qui da sola…”
“Non aggiungere una parola! Presto, arriverà Virgil.”
E si girò verso di lui indignata.
“Presto? Quando sarai morta?”
Ella gridò forte, mentre mozzava il braccio di un nemico.
“Se proprio vuoi renderti utile vai a chiamarlo, forse è
successo qualcosa!”
Il dio con la mano sull’elsa della spada fremeva per estrarla,
seguendola rispose contrariato ed ironico: ”Certo, Signorina-Orgogliosa,
mentre tu sarai trucidata da tutti questi morti-viventi… Credi
che io possa perdermi uno spettacolo simile?”
“Se questo è il mio destino... Tu, potresti stare tranquillamente
a guardare: non lo hai già fatto in passato?”
“Certo, ma lo sai che sai essere davvero odiosa?” Detto
questo, incrociate le braccia, si materializzò altrove.
Gabrielle continuava a lottare pur essendo consapevole che le sarebbero
venute meno le forze, prima o poi, perché i nemici erano in troppi
e lei, per quanto abile, da sola non avrebbe resistito. Sperò
che Virgil sarebbe arrivato con i rinforzi. Riponeva fiducia in lui
e non era tipo da deluderla. No, non l’avrebbe mai abbandonata.
Alle sue spalle riapparve Ares, che con la spada in pugno, cominciò
ad abbattere quegli immondi esseri.
“Cosa sei venuto a fare?”Sbottò Gabrielle.
“Sei in difficoltà e il tuo affascinante poeta non verrà;
al momento è sotto un incantesimo che non può essere sciolto
subito.”
“Cosa vuol dire?”
“Lascia stare,
gioca in squadra con me oggi!”
La invitò
con un sorriso bieco.
“No!” Fu la risposta secca della guerriera.
“Dammi retta! Non hai scelta.” Insistette l’altro
abbattendo tre avversari.
“Avanziamo, è inutile rimanere qui; io ti copro le spalle
e tu cerchi il Negromante che comanda quest’esercito. Trovalo
e uccidilo, vedrai che l’assedio finirà all’istante.
So che era questo il tuo piano. Avanti, giochiamo insieme per questa
volta!”
“Non capisci? Non posso accettare il tuo aiuto: Xena non lo avrebbe
mai fatto.”
Si era avvicinato ed ora i due erano spalle contro spalle, circondati
dai nemici.
“La tua compagna, Gab, non c’è più! Oggi non
verrà a salvarti. Non la vedrai arrivare saltando in mezzo a
tutti questi immondi esseri, non sopraggiungerà in tuo appoggio
e in tua difesa mai più!”
La guerriera che aveva i corti capelli bagnati per il sudore, dopo aver
udito quelle parole, poggiò la schiena a quella massiccia e sicura
di Ares. Si morse il labbro inferiore, e chiuse gli occhi per un lungo
istante reclinando il capo all'indietro, mentre continuava a stringere
l’elsa della spada tra le mani.
-Xena! Ho paura senza di te…- Sussultò il suo cuore, e
gocce salate di pianto le scendevano sul volto.
Ares sorrise impercepibilmente, quando sentì che lei si era appoggiata
a lui. Oh! La sua piccola, orgogliosa, Capelli d’Oro.
Lacrime che cadono
su di un campo di battaglia.
“Lascia perdere
queste chicchere e agisci; non appena ti do il segnale, scatta verso
destra e troverai il Negromante.”
Non seppe bene il
perché; ma saldo era il polso del dio che agitava la spada abbattendo
con colpi decisi e precisi i nemici e, la sua voce autoritaria, in mezzo
a quel massacro, le infusero coraggio.
Fu forse per questi motivi che obbedì senza obiettare, quando
le diete il segnale per scattare.
Correva veloce, mentre le ciocche bionde dei suoi capelli le ondeggiavano
intorno alla testa e al viso.
La seguiva per coprirle le spalle e con palle di fuoco falciava gli
avversari.
Lei si faceva strada con nuova energia, mentre l'altro convinto di non
essere scorto combatteva con fine perizia.
Quando ebbero attraversato quasi tutte le fila di quell’esercito
Gabrielle, quasi senza più fiato, scorse su di un cavallo nero
un uomo con un elmo dalla forma appuntita. Sì, sentì che
era quello il Negromante.
La rabbia, alimentata dal suo inesauribile senso di giustizia, le fece
percorrere gli ultimi passi verso il nemico; con un salto acrobatico
era salita in groppa all'animale dietro di lui e gli aveva gia puntato
il Chakram al collo.
Costui reagì in fretta e si liberò da quella stretta mortale.
I due erano già a terra per affrontarsi.
Quando le due spade si incrociarono il Negromante le rivolse la parola:
“Tu sei la compagna della Principessa Guerriera, giusto?”
“Sì, sono io e tu chi sei e cosa vuoi?”
“Il mio nome è Kethon, sono uno dei più grandi maghi
egizi e ti stavo cercando.”
“Io non voglio avere niente a che fare con te.” Sentenziò,
avendo intuito che il mago aveva soltanto delle intenzioni malvagie.
Gabrielle si muoveva come una leonessa con la preda, decisa e determinata.
Resistette agli attacchi del nemico e fulminea, dopo poco, lo bloccò
a terra; aveva usato la mossa che la compagna le aveva insegnato, quella
che impediva l’afflusso di sangue al cervello.
Il nemico aveva con il collo che cominciava a gonfiarsi, il sangue gli
scorreva già dal naso.
“Morirai tra pochi secondi... se non mi dici che cosa vuoi da
me: perché hai messo a repentaglio la vita di così tante
persone per i tuoi motivi?”
Egli in quel modo era impossibilitato di usare i suoi incantesimi e
fu costretto a parlare, anche se nonostante la sua posizione di svantaggio,
era ancora abbastanza arrogante.
“Io ho una
proposta da farti: posso far tornare in vita Xena, ma tu devi darmi
le sue ceneri e il Chakram. Dove le hai nascoste? Oppure consegnamele,
perché io non sono riuscito a trovarle, sembra che siano protette
da un incantesimo così potente che i miei occhi non riescono
a vederle!”
Lei allargò
la bocca e gli occhi sbigottita. Il cuore cominciò a batterle
all’impazzata, la sua amata tornare in vita, poter essere di nuovo
con lei: che cosa meravigliosa sarebbe stata!
Xena viva...
Mentre Gabrielle
affrontava il Negromante, Ares si era occupato di tenere lontani i non-morti
in modo che non potessero avvicinarsi al loro padrone per aiutarlo.
La guerriera, in poche frazioni di secondi, realizzò che non
era possibile quello che il Negromante le stava proponendo, la mente
le andò alle parole di Eve, e a ciò che le aveva detto
il Dio della Guerra riguardo alla Corona della Gloria. Xena aveva raggiunto
un premio, la redenzione e la pace. Lei stessa le aveva dichiarato di
non voler tornare indietro, quando avrebbe voluto gettare le sue ceneri
nella ‘Fonte della Vita’.
Era un inganno, il più dolce dei sotterfugi.
Le parve impossibile la realizzazione di una cosa simile. Era più
probabile che il mago fosse in grado di riprodurre attraverso le ceneri
il corpo di Xena, magari simile nell’aspetto, con le sue capacità,
ma senza dubbio vincolata ad essere sua servitrice. L’ipotesi
peggiore, che le venne in mente nell’istante successivo, le riempi
l’anima di un’ira profonda; al punto che non solo non ripristinò
l’afflusso del sangue a Kethon, ma presa la spada con entrambe
le mani, con una forza inaspettata gli mozzò la testa con un
sol colpo.
Gabrielle non era mai stata un’impulsiva. Nonostante ciò,
solo il pensiero che quell’ essere maligno votato alla magia demoniaca
potesse strappare addirittura il vero Spirito della Principessa Guerriera
dal suo stato di beatitudine, per condurla di nuovo sulla terra come
sua schiava, l’aveva orripilata.
Afferrata la testa di capelli lunghi e intrecciati del Negromante con
la sinistra, la alzò in aria come un trofeo, in segno di vittoria,
con un urlo di trionfo amazzone. Lei, con la schiena ritta e lo sguardo
duro, sembrava fiera come un grosso felino, che dopo una difficile caccia,
trasporta la sua preda in bocca.
Ares non si era perso un istante della conclusione del combattimento;
si era girato incrociando il di lei sguardo, mentre i non-morti cadevano
tutti nello stesso istante a terra come marionette vuote. Quegli esseri
erano vincolati direttamente con il mago, perciò la sua morte
equivaleva allo scioglimento di qualunque incantesimo.
L’assedio era terminato.
Lui era in sollucchero per quella visione: era così bella e gloriosa!
La parte di se stesso che adorava la lotta, il campo di battaglia e
il massacro esultò nel vedere la sua piccola Capelli d’Oro
con in mano la testa del nemico abbattuto.
Il suo lato oscuro era deliziato; il Dio della Guerra era al limite
della resistenza, era troppo quella visione. Troppo…
Ares con due scatti fu di fronte a Gabrielle; l’altra non ebbe
neanche modo di capire quello che stava succedendo, quando lui si chinò
e, fulmineamente, la baciò.
Lei lasciò cadere a terra il capo del nemico, dal quale gocciolava
copiosamente il rosso liquido vitale; mentre l'altro, presale la nuca
nella sua grande mano atta alla spada, continuava a premere le labbra
sulle sue spingendola contro di sé. La donna che era dapprima
restia, poi, schiuse la bocca e con la mano sporca ancora di sangue
lo afferrò per i corti capelli corvini, rispondendo con impeto
al bacio. Il suo fuoco… il dolore… Quanto dolore, sangue
e morte ancora?
La sua fiamma brucia tutto…
Le labbra di lui erano così carnose e forti; sentiva chiaramente
i peli dei suoi baffi scuri…
Fu Ares a staccarsi
per primo. Che cosa aveva fatto? Come aveva potuto?
L’altra ripresasi dall’estasi, riaprì gli occhi,
si rese immediatamente conto di quello che era successo e si sentì
paralizzata. Era come se tutto il calore dal suo corpo le fosse stato
portato via, tanto da sentire freddo. Si toccò la bocca con le
dita, inorridendosi di se stessa.
Il dio si era già allontanato di due passi, si sentiva stordito
e, così in difficoltà! Come poteva una fanciulla tale
ridurlo a quel modo?
La fissò con occhi pieni di compassione, si considerò
un mostro per quello che aveva fatto: cosa avrebbe detto Xena? Come
lo avrebbe giudicato? E cosa avrebbe pensato adesso Gabrielle di lui?
Proprio ora, che era riuscito guadagnarsi un po’ della sua fiducia?
“Mi dispiace.”-Disse sincero, dopo un lunghissimo istante
di silenzio tenendo strettamente con la mano l’elsa della sua
spada- Ma eri troppo bella, esaltata dalla vittoria: una guerriera degna
di essere baciata da un dio!
Non ne ho potuto
fare a meno, sono debole riguardo a queste cose: è la mia natura…”
E in un lampo di luce azzurra ed argento si trasferì altrove.
Lei, con le ginocchia tremanti per via della tensione accumulata, si
lasciò cadere stremata nella polvere.
Nella notte divenuta silenziosa, la guerriera batté i pugni a
terra:
“Ares, Ares… Cosa ci sta accadendo? Xena, perdonami!
-Perché ci
hai lasciati soli?
Parlami, dimmi perché?
Cosa devo fare ora?-
Muovendosi come
un automa tornò alla città. Si sentiva come svuotata;
tutte le convinzioni, che avevano sorretto la sua vita fino a quel momento,
l’avevano abbandonata.
Non udiva nemmeno le urla esultanti della folla dei cittadini, che aprendole
la grossa porta principale, le era venuta incontro. Il governatore si
congratulò; ma ella era in uno stato di apatia totale, le era
passato anche di testa il pensiero di andare a cercare Virgil, di sapere
che cosa gli era accaduto e perché non era sceso in battaglia
al suo fianco.
Cupido, sospeso sulla città, aveva visto ogni cosa. Sua madre
aveva ragione; era bastato spingere Gabrielle ed Ares a combattere insieme
per fare in modo che l’attrazione, già presente tra loro,
si facesse prepotentemente largo e li avvicinasse. Il biondo alato era
consapevole, anche, che l’Amore tra due opposti poteva crescere
e bruciare alto. Ma allo stesso tempo, se preso nella maniera sbagliata,
poteva distruggerli entrambi; per il fatto che, in passato, avevano
amato la stessa persona, la situazione era delicata.
Anche Afrodite aveva osservato tutto, apparsa ad un certo punto accanto
a suo figlio; stranamente la dea, di solito tanto loquace, non aveva
detto niente. Era rimasta muta e si era fatta cupa. Aveva creduto che
non si trattasse di qualcosa di così pericoloso, quello che poteva
esserci tra suo fratello e la sua amica, e si sentì in colpa
per avere forzato la situazione.
Gabrielle si era
addormentata spossata in una bellissima stanza che il governatore romano
le aveva assegnato.
Il mattino seguente
Virgil le si presentò alla porta; ormai l’incantesimo di
Cupido era svanito, perciò in imbarazzo le raccontò ogni
cosa.
“La colpa è di Afrodite. Perché ci ha fatto questo?”
Non dette modo al poeta di replicare e di corsa uscì dalla stanza.
Voleva incontrare la dea e sgridarla a dovere. Invece, quando fu fuori
nell’agorà, le gambe la portarono dritta nel tempio del
Dio della Guerra. Era con lui che voleva parlare, in realtà.
“Fatti vedere!”
Lui apparve davanti
alla statua di culto che riproduceva il suo aspetto.
“Salve, Gab! Come si dice in questi casi: 'Tutto è bene,
quel che finisce bene'. Il Negromante è stato sconfitto, ormai."
Osservò ironico, muovendo il bel capo e facendo dondolare il
pendente dell'orecchino..
“No, non è finita ancora.”
“Cosa? Sei venuta qui, per quello… Io ti ho chiesto scusa,
ma se vuoi batterti con me, va bene io sono pronto!”
E si mise in posizione d'attacco, con le gambe divaricate e prendendo
la spada in mano.
Si avvicinò al dio, scosse il capo e mesta poggiò la propria
mano sulla sua per invitarlo ad abbassare l’arma. Egli la ripose
nel fodero al fianco e guardola negli occhi con uno sguardo molto umano,
le disse con un tono caldo:
“Cosa c’è allora? C’è qualcosa che debbo
sapere e non so?”
Gabrielle abbassò lo sguardo verde-azzurro sotto la frangia bionda.
“Beh… il Negromante mi aveva detto che se avesse trovato
le ceneri di Xena le avrebbe usate per farla tornare in vita; insomma,
in poche parole, nel migliore dei casi, avrebbe costruito un sorta di
automa a lei somigliante.”
“E…?” Chiese lui attento, mentre lo sguardo gli si
faceva cupo, perché pensava a quegli oscuri piani.
“… Se tu non avessi fatto un prodigio per proteggere con
una specie di blocco quelle ceneri, senza che nessuno te lo chiedesse,
io mi sarei trovata di fronte ad un’ orribile riproduzione della
mia compagna e il dolore mi avrebbe lacerata: non avrei potuto sopportarlo!”
Urlò quell’ultima frase la guerriera, quasi piangendo e,
alzò gli occhi ristretti per l’indignazione, fissandolo.
Ares reclinò il capo da un lato con la lingua fra i denti sul
punto di parlare, ma fu l’altra a continuare.
“Per questo io sono venuta qui, per ringraziare te. Insomma è
merito tuo se questo non è potuto accadere…”
Lui non volle farla andare avanti, la vedeva troppo in imbarazzo; chissà
quale sforzo le costava superare il suo orgoglio, rivolgersi a quel
modo proprio a lui, e annuì serio:
“Va bene, va bene, non aggiungere altro! Io, quando avete seppellito
le ceneri della nostra Xena ad Anfipoli, ho pensato che una lunghissima
serie di pazzi squilibrati le avrebbe volute. Per questo ho creato una
barriera protettiva, che potesse respingere ogni tipo di tentativo di
individuarle…”
Il dio non potette terminare la frase, perché Gabrielle, alzandosi
in punta di piedi, gli aveva già gettato le braccia al collo.
“Schh… Stai zitto, per questa volta.” Gli sussurrò
nell’orecchio.
"Avevo capito che eri stato tu, hai fatto la cosa giusta. Non avrei
sostenuto di trovarmi di fronte ad una bambola uguale a lei, e che ciò
che rimane di Xena fosse stato violato.”
L'altro strinse le braccia intorno al busto della donna, cercando di
non sprecare quel momento, in cui lla fierezza lasciava spazio a un
attimo di tenerezza.
Poco dopo, ella si divincolò dal suo abbraccio che si stava facendo
fin troppo intimo.
“Oh, mi dispiace, non dovevo; ma il pericolo passato è
stato troppo per me, mi ha resa vulnerabile. Non succederà più
d’ora in avanti.”
La osservava sornione. Non voleva farle del male, né forzare
la situazione, ma se tra loro le cose fossero avvenute…
Maledizione, si doveva controllare! Se avesse obbedito al proprio istinto
di fuoco, sarebbe accaduto l’irreparabile e lo avrebbe odiato
a vita. Non voleva perdere il rispetto che aveva guadagnato agli occhi
di Gabrielle.
La colpa era tutta di quell’intrigante di Afrodite, se loro si
trovavano in quella situazione così seccante.
“Bene, ora devo andare! Credo che non ci vedremo più tanto
spesso. Ricordati che io voglio cavarmela da sola!” Esclamò
richiudendosi in se stessa nuovamente.
La guerriera si era girata dirigendosi verso l’uscita del tempio.
Si accorse che le guance le bruciavano; perché di fronte a lui
si sentiva così, come una ragazzina di fronte al ragazzo di cui
è cotta? Forse, perché l’aveva baciata a quel modo,
facendole provare un’emozione tale che nessun uomo le aveva mai
dato? Perché quel bacio improvviso le era piaciuto più
di quanto volesse ammettere con se stessa?
Se si fosse girata a guardarlo di nuovo, avrebbe voluto assaggiare il
suo sapore e dimenticare che la compagna era morta, fondendosi nel suo
Fuoco. Avrebbe potuto dimenticare in quella maniera tutto il dolore?
-No. -intimò a se stessa- il Dio della Guerra può distruggermi.
Non posso!-
E se, invece, voglio questo, annientarmi?
Ma certo, c’era ancora il buon Virgil che la amava da sempre ad
aspettarla: il dolce, rassicurante poeta. Potremmo ritirarci in campagna
a riempire pergamene di versi, no?
L’ultimo passo verso la porta… Santo Cielo! Perchè
non la fermava?
Ares, figlio di una Baccante, bloccami e prendimi! Voglio dimenticare
tutto in te, che stai diventando sempre più simile a Xena.
Lui non la fermò, avrebbe voluto, ma si dominò e trasferitosi
sull’Olimpo, in preda all’ira contro sua sorella, la chiamò
ripetutamente, ma senza ottenere risposta. Cominciò a prendere
a calci gli oggetti sparsi per il palazzo degli déi: spaccava
i mobili, lacerava tende e gli arazzi che piacevano tanto ad Atena.
Nella furia si diceva :-Oh Gabrielle, non posso! Io non voglio farti
del male. Sei fragile in questo momento ed è probabile che tu
mi voglia solo, perché la disperazione ti sta consumando dentro,
ma poi? Oh, piccola mia! Come potrei? Sapendo che mi desideri, perché
adesso ti appaio tanto simile alla Xena che avevi conosciuto tanti anni
fa?-
ANTICIPAZIONI
Gabrielle si vedrà costretta rimanere ad Atene, perché
la prossima nave per l’Egitto partirà tra dieci giorni.
Virgil, geloso, avrà un acceso dialogo con lei.
La guerriera così stanca e confusa, coglierà l’occasione
per rilassarsi e fare un bagno in una splendida vasca. Peccato! (o per
fortuna!) Che Ares si sia deciso proprio in quel momento a parlare con
lei; si materializzerà nella stanza, perché avrà
una proposta da farle.
RINGRAZIAMENTI
Colgo l’occasione, per ringraziare coloro che hanno recensito
fin ora con giudizi molto positivi, che mi hanno spronata a continuare
a scrivere con sempre maggiore entusiasmo: Aletheangel, Jenny76, Tiger
eyes e Faith81. Ringrazio quest'ultima in particolare modo, perché
ha paragonato Gabrielle ad una leonessa e questa osservazione mi è
parsa così azzeccata da averla aggiunta in questo capitolo.
CURIOSITÁ
MIMI: sorta di commedie che nell’antichità erano perlopiù
di carattere comico e popolaresco. Gli attori non indossavano la maschera
perché era importante l’uso della mimica facciale; l’unico
genere in cui potevano recitare anche le donne.
FIGLIA
DI ARES: nella mitologia greca Ares, salvò una delle sue figlie
da un violentatore, che poi uccise. Per questo motivo fu processato
nell’Areopago di Atene dagli dei, ma ne uscì assolto.
POSTERULA:
porticina segreta che nelle mura antiche che serviva per prendere i
nemici alla sprovvista durante gli assedi, oppure per un’eventuale
fuga.
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