La
corona della gloria
di
Shalna
Capitolo
VI
L'ultimo
inganno di Xena
INTRUZIONE
Questo capitolo, all’inizio molto romantico e quasi erotico, mi
è scivolato di mano diventando verso la conclusione piuttosto
horror.
Attenzione: ci sono delle scene abbastanza forti nelle parti finali.
COPPIE
Ares-Gabrielle; Eve-Virgil;
RIASSUNTO
Gabrielle ha uno scontro con Virgil: la situazione è ormai chiara
tra loro due.
La donna per rilassarsi si fa un bagno in una grossa vasca, mentre nel
frattempo arriva Ares. Il dio non è giunto lì con intenzioni
maliziose, ma la situazione inaspettatamente sfugge di mano ad entrambi.
Un nuovo pericolo incombe sulla bionda guerriera ed Eve ritorna per
avvertirla.
Chi avrebbe mai immaginato, che tra Eve e Virgil ci fosse stato in precedenza
una relazione di cui nessuno ha saputo, poi interrotta?
Il guerriero è abbattuto a causa di Gab: la ‘seguace numero
uno di Elì’ (Bel-Ur) saprà consolarlo?
Ares, dopo aver scaricato
in vari campi di battaglia la sua furia distruttrice, mimetizzandosi
tra i soldati, si era recato su di un’alta montagna innevata.
Non si sentiva affatto placato, non riusciva proprio a trovare calma.
Si era lasciato cadere piuttosto scompostamente in mezzo alla gelida
neve; per lui non erano un problema né lo sferzante vento, né
i fiocchi che venivano giù copiosamente, perché non sentiva
il freddo.
“Che vergogna!”-disse a se stesso- “il grande Dio
della Guerra, buttato pateticamente lì, per che cosa poi, per
le emozioni provocatigli da una fanciulla!”
No, non era più una fanciulla, era una donna ormai da tanto tempo!
Quando aveva cominciato ad apprezzarla…quale era stato il momento
esatto? E più importante: per quale motivo aveva smesso di odiarla?
Capelli d’Oro, quell’irritante grillo parlante, quella ragazzina
sempre appiccicata alle costole di Xena…quando aveva smesso di
essere tale ai suoi occhi?
Lui
era sempre stato fiero delle sue forze, del suo nascosto Potere del
Fuoco; quello che gli era sempre piaciuto, era che avrebbe potuto far
poltiglia di ogni nemico e sapere che questo, ne era perfettamente inconsapevole.
Aveva sempre goduto della nascosta consapevolezza di possedere un immenso
potere, che però non avrebbe mai usato, che non poteva usare.
Era troppo divertente giocare con gli uomini, con il suo fratellastro
Hercules, e con Xena…
Finché il gioco non si era fatto troppo duro, anche per lui…
Proprio per colui che ne era l’astuto, ironico provocatore…lui
che con sonore risate derideva tutti… gli uomini e gli dei!
Probabilmente, però quello che gli era successo era che dopo
aver ripreso la sua divinità, non aveva smesso di essere umano.
Già era proprio così…
Aveva finto di essere tornato l’Ares di un tempo, ma non era vero!
Aveva mentito a tutti, ma anche a se stesso.
Aveva un impellente impulso spesso, di fare qualcosa per gli altri;
sentiva i loro pensieri, i loro bisogni, il loro dolore! Che strazio
alle volte, essere costretto ad agire sotto quello slancio, per lui
misterioso, che spesso lo vinceva.
Nessuno, per fortuna ne era venuto a conoscenza tranne Xena.
Oh, lei…cosa direbbe? Cosa farebbe?
Ti prego, perdonami! Ma credo proprio che ad un certo punto io abbia
cominciato ad amare non solo te, ma anche la tua compagna.
Anche questa è una colpa?
Ares
non seppe come, ma venne colto da una terribile sonnolenza. Nel dormiveglia
vide apparire, avvolta in un bianco alone, Xena.
“Sei proprio tu! Oh, sei bellissima!” Esclamò lui.
Ella era avvolta in una candida veste bianca e sul capo aveva una corona
intrecciata di freschi fiori: non era più un essere del mondo
materiale.
Le sue labbra non parvero muoversi, ma lui udì direttamente nella
mente la sua voce.
“Ares…ma io lo sapevo, che tu amavi anche Gabrielle. Amare,
incondizionatamente, non è mai una colpa!”
“Io le farò del male! Io non sono come te: io sono un essere
orribile. Aspetta! Come, lo sapevi?”
Ella annuì con il capo, le sorrisero le labbra e gli occhi.
“Certo…ricorda, caro, che l’amore non è morto
con me! Amare, non è mai sbagliato! Fallo sempre, fino in fondo,
fino alla fine!
Lui cercò di allungare le mani verso di lei per afferrarla, per
tre volte, ma lei se era già andata.
Era rimasto un po’ stordito, ma era convinto che lei fosse venuta
davvero da lui a fargli visita, perché dentro di sé sentiva
una grande gioia. Allora, spinto da entusiasmo e da una nuova speranza
prese una decisione.
“Gabrielle apri, sono venuto a parlarti!” Virgil stava rumorosamente
bussando alla porta della camera della guerriera, piuttosto agitato.
Lei si apprestò ad aprire e lui entrò nella sua stanza
bruscamente.
Lei chiuse accuratamente dietro di loro, mentre lui incalzava: “Finalmente,
mi dirai quello che voglio sapere! Non sopporto le situazioni poco chiare!”
Lei gli stava di fronte, incapace di rispondergli.
“Allora, Gabrielle, cosa ti sta succedendo?”
“Cosa c’è? Virgil…io non so di cosa stai parlando!”
Rispose lei, fingendo non curanza.
“Guardami in faccia e dimmi: quello che c’è stato
tra noi nei giorni scorsi, quei baci, quelle emozioni, per te non sono
significati nulla?”
Lui l’aveva presa per la vita e l’aveva tratta al petto.
Lei alzò lo sguardo, timidamente, non voleva ferirlo: “Sono
accadute tante cose; è meglio che tra noi non avvengano più
certe effusioni. Non sono in grado di avere una relazione in questo
momento.”
La donna gli era scivolata dalle braccia, mentre il giovane uomo castano
aveva chiuso i suoi onesti occhi verdi. Era evidente che era stato ferito
da quelle parole.
“Tu!”-le disse puntando il dito- ”ti stai prendendo
gioco della mia intelligenza!” Urlò lui inaspettatamente
serio ed aggressivo.
Lei si difese con poca convinzione dicendo: “Non hai rispetto
per il dolore?”
Lui scosse il capo e con uno sguardo di sfida disse: “Non mi hai
ancora raccontato come hai sconfitto il Negromante! Non ti scomodare
a dirmelo! Mi sono informato. I soldati che erano sulle mura mi hanno
detto di aver visto come è andata! E sì, il Dio della
guerra è sceso in battaglia al tuo fianco! Non è così?
Lei deglutì a fatica annuendo: sapeva quello che Virgil stava
per dirle. Cercò di difendersi lo stesso:
“Non ho avuto scelta, dal momento che tu non c’eri! Non
puoi rimproverarmi per questo! È stato necessario e non si ripeterà
mai più!”
“Credi, che sia colpa mia se Afrodite mi ha fatto scagliare una
frecciata Cupido? Dovresti parlare con la tua amica e chiederle: perché?”
“Già…la colpa è sua! E…”
Gabrielle stava astutamente per cambiare discorso, ma lui incalzò.
“Il punto è: tu ed Ares!
“Io ed Ares, cosa?”
Lei avrebbe voluto sprofondare negli abissi del placido mare, che poteva
vedere dalla finestra aperta. E se Virgil aveva capito tutto, che cosa
avrebbe fatto?
“Credi che io sia uno sciocco, vero? Quando è cominciata
fra voi due, prima o dopo che Xena morisse? Da quanto tempo siete amanti?”
L’ira di un uomo geloso e ferito, può arrivare a vedere
cose che non ci sono, o che non sono ancora esistenti.
Gabrielle perse il lume della ragione, offesa, gli diete un bel pugno
destro al viso.
L’uomo ne rimase stordito, perchè gli aveva fatto male
veramente. Si massaggiava la mascella, mentre la guardava con occhi
pieni di sorpresa ed astio.
Lei gli ringhiò contro:
“Come ti permetti di dire una cosa simile?”
“Allora,
perché questa mattina, invece di parlare con me, sei corsa nel
suo tempio?”
“Lui
ha…”
“Rispondimi!”
Lei non aveva mai visto il mite poeta così furibondo, tranne
il giorno in cui Eve gli aveva ucciso il padre.
“Tra me e lui non c’è quello che tu credi! Lo ammetto
che in questi giorni mi è stato vicino! Ma ti assicuro lo ha
fatto senza secondi fini, ne sono certa: agisce così per il rispetto
che portava verso Xena!”
“Stai
parlando di Ares! Come puoi fidarti, dopo tutti gli intrighi e gli inganni
in cui vi ha coinvolte in passato! Proprio con quel…avrei preferito
accanto a te un qualunque altro uomo, ed avere un altro rivale, ma non
lui! Non ti riconosco più, non so più chi tu sei!”
“Non
è come pensi!” Si difendeva la donna.
“Ah
no, credi che io non abbia visto il tuo sguardo luminoso, e quasi trionfante,
quando sei uscita da quella stanza, dopo che lui ti aveva guarita. Quella
luce nei tuoi occhi, era per lui, non era per me!”
La
guerriera era sconvolta per il fatto che lui era stato in grado di leggerle
dentro a quel modo.
Stava esagerando: la stava facendo sentire una sgualdrina senza ritegno.
Non era così, che stavano le cose.
“Smettila Virgil, basta!”
L’uomo
si avvide che lei era davvero provata da quello scontro verbale e si
addolcì.
Le prese le mani, dicendole: “Ti chiedo perdono, mi dispiace!
Io mi sto comportando in questa maniera, perché ti amo! Provo
questo sentimento, per te dal primo momento in cui mio padre mi raccontò
della bionda poetessa di Potidea. Ti amo fin da bambino; averti vista
reale e vivente accanto a me è stata la realizzazione di un sogno!
Sono stato così fortunato, in fondo! Quanti al mondo possono
dire di avere conosciuto l’eroina dei propri sogni?
Lei aveva abbassato il viso commossa, ma non piangeva.
“Lo so, sono un uomo infantile, lascia solo che io possa rimanerti
accanto. Sappi, che se mi vuoi, io ti aspetterò.”
“Adesso, ti prego di allontanarti…!” Aggiunse lei
con tristezza.
Lui si avvicinò all’uscita e disse con uno dei suoi sorrisi
allegri: “Pare che questo sentimento per te, sia parte dell’eredità
che mio padre mi ha lasciato! Lo sai tu eri, anche il suo sogno!”
Lei, dopo essersi seduta sul letto, gli rispose con un cenno del capo.
Gli occhi di Virgil dal taglio preciso, si restrinsero e ridivennero
torvi: “Non vorrei che tu in preda ad un dolore grande, come quello
che hai, commettessi degli errori! Uno di questi potrebbe essere quello
di cadere nelle morbide reti di un seduttore esperto come Ares: lui
non ha scrupoli! Non voglio che costui sporchi la tua candida anima…!”
Lei lo interruppe bruscamente: “Ti stai sbagliando!”
“Spero che sia la verità, mia dolce Gabby, specialmente
per te!”
Egli si avvicinò di nuovo, con pochi lunghi passi fu di fronte
a lei, si chinò e le baciò la fronte bianca. Lei non protestò
per quel gesto sincero. Dopo di ciò, il guerriero con le spalle
basse uscì dalla stanza.
Era il tardo pomeriggio, quando Gabrielle con l’aiuto di alcune
serve per mezzo di catini di legno, riempì la splendida vasca
dai bordi d’oro, che era presente nella sua stanza. Aveva intenzione
di farsi un bagno rilassante, dopotutto quello che le era successo ne
aveva proprio bisogno.
Volle rimanere sola e dopo aver aggiunto all’acqua delle essenze
profumate, vi si immerse.
Pensò a Virgil, al fatto che lui le piaceva molto, sia perché
era un uomo molto avvenente, sia perché aveva un animo nobile.
Eppure, non sentiva per lui così tanto trasporto da volerlo come
compagno…
Non sarebbe stata poi una cosa tanto sbagliata, se il poeta avesse rivolto
davvero la propria attenzione verso Selina.
C’era un altro pensiero che si faceva prepotentemente strada nella
mente, rivolto a colui che era causa principale del litigio con il figlio
di Joxer (Corilo).
Non avrebbe dovuto più incontrarlo; perché lui era certamente
un pericolo per lei, nonostante questa consapevolezza, non riusciva
a levarselo dalla testa. Sapeva che lui sulle mura non le aveva mentito,
che le aveva detto la verità,
Non poteva, in ogni caso, fidarsi di lui.
Chiuse gli occhi avvolta dai fumi del vapore.
Perché non si era accorta prima di Ares?
No, non era vero, certo che lo aveva notato anche prima; fin dal primo
momento, il suo animo sensibile era stato colpito dall’esuberante
dio malvagio.
Lo aveva sempre osservato attentamente da lontano, schifata alle volte,
ma per lo più incuriosita. Era una ragazzina, ma era affascinata
da lui così oscuro, bellissimo e dall’ambiguo rapporto
di amore ed odio, che aveva con Xena,.
Giustificava la compagna, questo lo sapeva per certo, anche quando scambiava
appassionate effusioni con il Dio della Guerra.
Alla Principessa Guerriera piaceva Ares e lei le permetteva quelle ‘scappatelle’,
perché era comprensibile che lui era irresistibilmente fuori
del comune, anche se perfido.
Le volte in cui gli si era trovata accanto per vari motivi aveva finto,
specialmente con se stessa, di non sentire anche lei nei suoi confronti
quella sottile attrazione, che lui era in grado di esercitare.
Era arrivata ad odiarlo perfino, nel momento in cui aveva sospettato
che lui e Xena avevano avuto un rapporto completo. Probabilmente era
stata quella volta di qualche mese prima, quando se ne era andata a
trovare sua sorella malata.
Nel momento in cui era tornata aveva notato un cambiamento in lei...
Ormai tutto ciò apparteneva al passato, perciò era inutile
provare ancora quella gelosia.
Era lo stesso irritata, e guardando la schiuma si rese conto che quella
vasca era troppo vuota; si sentiva sola, in passato aveva sempre diviso
il momento del bagno con la compagna e adesso…
Ares
non riusciva a togliersi dalla mente le spalle di Gabrielle, mentre
lei usciva dal suo tempio. Era quasi sicuro che lei lo desiderasse,
quanto lui agognava il contatto con quel suo piccolo corpo caldo.
Eppure, anche se stava andando da lei non aveva intenzione di provocarla,
voleva comportarsi nel modo più corretto possibile, anche perché
aveva motivo importante di cui parlarle: una proposta che avrebbe potuto
cambiare per sempre la vita di entrambi e forse, anche quella del resto
dell’umanità.
Con
questi pensieri il dio apparve di fronte a Gabrielle immersa in acqua.
“Oh, scusami!”Esclamò lui e con uno scatto, girandosi
di spalle.
Lei era sorpresa, ma non era per niente indignata; non seppe perché,
ma fece un ampio sorriso rivolto a lui, anche se non poteva vederla
e chiese:
“Certo, che non ti smentisci mai, arrivi sempre nel momento meno
opportuno! È accaduto qualcosa?”
Lui alquanto nervoso, facendosi forza per non voltarsi, rispose: “No,
sono venuto per parlarti di una cosa piuttosto seria, ma sarebbe meglio
che ti vestissi!”
“Sto troppo bene qui, era da tanto che non mi concedevo un momento
di relax del genere; sarebbe un vero peccato sprecarlo, la vasca è
abbastanza grande, perché non ti svesti e vieni anche tu?”
Lei rideva con una risata cristallina ed ironica: accidenti, come era
piacevole provocarlo!
Lui si girò e la guardò direttamente negli occhi con un
cipiglio oscuro: “Oh, divertente davvero! Non sono venuto qua
per farmi prendere in giro da te, Capelli d’Oro! Se sei in vena
di scherzi, me ne vado!”
Lei smise immediatamente di ridere e con uno sguardo di sfida uscì
dall’acqua, sotto gli occhi di lui, e si avvolse in un asciugamano
di puro lino.
Il dio non aveva battuto ciglio, nonostante l’evidente provocazione
alla quale lei lo aveva sottoposto.
Lei gli fu di fronte: “Perché sei venuto?”
Lui serio rispose: ” Per parlarti di una proposta importante che
ho da farti!”
Gabrielle era stranamente felice di vederlo; aveva creduto che conclusasi
la storia con il Negromante, non lo avrebbe mai più avuto occasione
di incontrarlo, invece era lì.
“Io volevo dirti…!”
“Cosa? Non sarà qualcosa di imbarazzante, vero? In tal
caso…”
Lui scosse il capo, irrigidì la mascella e disse: “C’è
una missione per te!”
“Ci sono delle persone in pericolo?”
Gli occhi di Ares divennero limpidi, colmi di sincerità: “No,
non è per altri che sono qui, bensì per me stesso! Io
voglio chiederti se tu vuoi farmi…da ‘consigliera’,
cioè quello che per tanti anni hai fatto per Xena!”
“Cosa?” Gabrielle aveva spalancato la bocca e gli occhi.
“Sì, insomma devi fare con me quello che sei brava a fare!
Sai che sono cambiato e vorrei mettere a disposizione le mie capacità,
per aiutare coloro che sono più deboli. Insegnare alle nuove
generazioni di guerrieri a non farsi sopraffare! Insomma tutto ciò
che faceva la Principessa Guerriera con te! Lei ha avuto il suo Grillo
Parlante senza il quale probabilmente spesso, non sarebbe riuscita a
compiere la scelta giusta, in tal caso: perché anche io non potrei
averlo?”
Lui
era visibilmente imbarazzato; lei non lo aveva mai visto così
a disagio, chiederle una cosa del genere, doveva essergli costata un
grandissimo sforzo di volontà.
Spiazzata riuscì rispondergli solo: ”Devo pensarci!”
Lui continuò sorridendo e gesticolando concitatamente con le
mani: “Lo so la cosa può sembrare strana detta da me, ma
è una proposta onesta, non ci sono secondi fini!”
La donna annuiva, ancora alquanto spaesata: “Ti credo; in questo
periodo mi hai mostrato delle cose di te che avevi sempre tenute nascoste,
una di questa è quel duplice potere con cui mi hai guarita, il
Potere del Fuoco!”
Lui voleva spiegarsi meglio, ma lei gli mise la mano sulle labbra carnose
per invitarlo gentilmente a fare silenzio: “Nonostante è
evidente che tu agisci diversamente da prima, sono lo stesso molto confusa!”
Lei tolse lentamente le dita dalla bocca di lui, girando gli occhi sulle
fiammelle delle candele che bruciavano lente intorno alla vasca, riempiendo
la stanza di una lieve fragranza di verbena.
“Lascia, che io ci rifletta su!”
Aveva sussurrato appena lei.
Ares era rimasto incantato da Gabrielle; il modo in cui gli aveva rivolto
quelle ultime parole e quel gesto semplice, ma allo stesso tempo così
intimo, avevano risvegliato in lui quel desiderio che era riuscito ricacciare
in fondo a sé stesso. Oltre a ciò si sentiva così
solo: non voleva andarsene!
Lui era impetuoso ed impulsivo per natura; si disse che era venuto il
suo turno di farle uno scherzo, perciò poco dopo, sorridendo
malizioso esclamò: ”Beh Gab, hai ragione l’acqua
non mi sembra così tanto male, mentre tu rifletti, potrei anche
accettare il gentile invito che mi avevi rivolto!”
Lui detto questo, con uno schiocco di dita si svestì completamente.
Nudo, fatti due passi entrò nell’acqua, sotto lo sguardo
esterrefatto della donna che si strinse addosso l’asciugamano.
Cielo, come era bello! Era come uno di quei bronzi dalle perfette proporzioni,
che uscivano dalle officine attiche. Lei aveva sempre immaginato che
lui fosse così, ma vederlo era un’altra cosa…
“Ma cosa stai facendo?” Urlò lei.
Lui per nulla turbato da quella reazione imbarazzata, si era seduto
nella vasca con le lunghe braccia appoggiate comodamente ai bordi.
“Hai proprio ragione”- disse giocoso, con tutti i lineamenti
del viso in moto- “Vieni pure, non vorrei che tu dicessi in giro,
che un’altra colpa del Dio della Guerra è quella di aver
interrotto il tuo bagno!” Detto ciò le fece l’occhietto.
Lei si era girata gli disse: “Smettila! O non prenderò
in considerazione la tua proposta neanche per un istante!” Accidenti
a lui! Il suo corpo cominciava a bruciarle per il desiderio, se andava
avanti a quel modo poteva farla impazzire.
Lui, avendo compreso di aver esagerato, uscì dall’acqua
e mirabilmente asciutto con uno schiocco di dita, si era già
rivestito soltanto dei pantaloni di pelle nera.
Gabrielle cercando di mascherare l’evidente disagio, gli intimò:
“Sarebbe meglio che tu te ne vada, non voglio avere nulla a che
fare ‘con quel vecchio Ares farfallone’!”
“Cosa?” -Sbottò lui alzato un sopracciglio scuro,
mentre le era già arrivato alle spalle- “Questo è
troppo, io ho una reputazione da mantenere, nessuna donna può
resistermi se mi metto d’impegno, neanche tu…”
Lui le cinse la vita con le braccia muscolose e la strinse forte contro
il proprio torso nudo; con stupore si accorse che lei tremava, ma che
non si opponeva, che anzi aveva chiuso gli occhi, e che aveva abbandonato
la nuca sul suo petto. Lui a sua volta, premette il mento e la guancia
alla testa bionda di lei.
“Hai ancora una piccola ferita sulla spalla, te la sei procurata
durate l’assedio, vero? “le sussurrò lui con un tono
di voce particolarmente calda e complice.
Lei, che sembrava incantata, annuì appena, quando lui, facendole
sentite il contatto con la sua barba ruvida e con le labbra sul collo,
bisbigliò: “Lascia che io la curi…”
La sua mano grande e dalle dita allungate si spostò fino a poggiarsi
delicatamente, sulla brutta cicatrice non ancora rimarginata.
Dal suo palmo si sprigionò un’energia rossa e crescente
che si allargò, avvolgendo l’intero corpo di lei. La donna
sentì una forte calore nel baricentro del proprio corpo, al punto
che si fece scappare un sospiro di piacere, schiudendo la bocca.
“Ares…” – gli sussurrò lei; entrambi
i loro corpi furono avvolti come da lingue di fuoco rosse e gialle,
che non bruciavano, ma che esaltavano.
La mano di lui salì fino a posarsi sul collo di lei, accarezzandoglielo.
Quello che stava provando era talmente sublime, che ebbe paura di lui,
dell’incredibile attrazione che provava per il dio. Chi era costui,
in fondo?
Con uno straordinario sforzo di volontà Gabrielle si liberò
da quell’abbraccio, che stava diventando troppo voluttuoso. Si
girò e con un calcio alla bocca dello stomaco lo allontanò.
Ansimante in posizione di difesa, lo guardò accigliata con gli
occhi stretti: “Perché? Che cosa mi stai facendo? Esci
dalla mia stanza!”
Lui era stordito. Non avrebbe voluto agire in quel modo; né mostrarsi
così…si era lasciato andare senza nemmeno accorgersene.
“Non fraintendermi non era mia intenzione farti del male! Io non…”Si
difendeva lui.
“Stai giocando sporco…come al tuo solito! Non usare più
i tuoi poteri su di me e vestiti!
Lui stava ancora a torso nudo, con tutti i muscoli e l’invitante
petto bruno in bella mostra. Lei si allontanò, cercando di non
guardarlo più.
“Gab, volevo soltanto…essere gentile!”
“Smettila, su questo punto sei rimasto tale e quale a prima!”
Si girò lei con uno scatto e con il dito alzato gli intimò:
”Vai via!”
Lei gli piaceva sempre di più; come lo tentava con quell’espressione
offesa e da finta santarellina in volto, era sicuro che se anche l’avesse
presa d’impeto e portata nel letto con tutta la forza, non solo
non si sarebbe opposta, ma le sarebbe anche piaciuto. Il suo istinto
di predatore non falliva mai…
Maledizione! Non voleva rovinare tutto, desiderava più di ogni
altra cosa la fiducia di lei.
Una parte di Gabrielle sibilava: stupida! Sei una donna adulta ormai,
digli che lo vuoi, che non desideri altro da giorni! Chiedigli di fondersi
con te: solo così entrambi, troverete la pace!
Prendilo, bacialo, affonda la tua bocca nella sua e dagli battaglia!
Dopo aver a lungo combattuto, concediti a lui; in questo modo lo vincerai,
lo renderai docile, sì, sottometti il superbo Dio della Guerra!
Non sarebbe una cosa piacevole vedere il suo capo corvino piegato sotto
i tuoi comandi?
Per tanti anni ci ha perseguitato, adesso che è debole puoi prenderti
la rivincita, rendilo il tuo dolce schiavo!
No, non era giusto, non voleva, desiderava rispettarlo, perché
come uomo era molto vulnerabile per via della perdita di Xena. E se
si interessava a lei solo perché lei gli pareva adesso, tanto
simile alla compagna?
“Ok,
vado!”Disse lui girandosi e facendo per andarsene, ma aggiunse
alzando il capo serio: ”Però la mia proposta non ha secondi
fini: non include, come dire, degli extra. Se tu accetti, ti do la mia
parola che manterrei le distanze, se è questo che desideri.”
I loro sguardi si incrociarono di nuovo. Lei vide un uomo sincero sul
suo volto, bello come non mai, e suoi occhi, ancora una volta umani,
la imploravano:”Non scacciarmi!”
Il desiderio prese inesorabilmente il sopravvento, si perse e non pensò
più a nulla; non le importava più di niente, neanche del
fatto che lui avrebbe potuto ingannarla.
Mentre gli correva incontro per non lasciarlo andare, le sembrò
di provare una sensazione inebriante di libertà, ma anche di
terrore, come se stesse cadendo nel vuoto per sempre…
In breve gli fu di fronte.
Lui la guardò interrogativo con le labbra schiuse e la fronte
corrugata: “Cos’è vuoi prendermi di nuovo a calci?”
Le chiese con ironia.
Lei aveva alzato il mento, con le guance arrossate per l’emozione
gli disse: “Ares, ti prego…”
“Lo so, lo so, me ne sto andando!”Sbottò lui torvo.
Era
già avvolto da un a luce azzurra, quando lei continuò:”
…toccami, prendimi, fallo adesso o non riuscirò più
a chiedertelo!”
La
luminescenza era scomparsa intorno a lui.
Ares ubbidì senza fiatare all’ordine della sua Capelli
d’Oro, e abbassata fulmineamente la testa da un lato, la baciò.
Lei si era alzata in punta di piedi e gli aveva afferrato la nuca affondando
le dita nei setosi capelli corvini, mentre rispondeva al bacio. Lui
stringeva il corpicino di lei, premendolo contro il torace.
I baci che si scambiavano erano profondi, e la forza che mettevano nello
stringesi era pari a quella che usavano sul campo di battaglia. Da quando
tempo giaceva in loro quel desiderio, che era uscito fuori, così
vivo all’improvviso?
Lui l’aveva sollevata e sospinta contro il muro, mentre le succhiava
le labbra con passione, nell’impeto l’asciugamano dal corpo
di lei era scivolato a terra.
Sentire il contatto diretto della propria pelle con quella di lui ruvida,
le stava per far perdere totalmente il controllo…
Gabrielle gli accarezzava il petto, i muscoli delle braccia avidamente,
mentre le mani di Ares scendevano e salivano sulla sua morbida schiena
chiara …
Lui ancora si frenava, non si azzardava a tentare altro, se avesse dato
retta al suo istinto di fuoco…
Lei conosce il mio dolore…
Lui conosce il mio dolore…
È l’unico che sa…
È l’unica che sa…
Alla
porta si sentì rumorosamente bussare.
L’incantesimo era stato interrotto.
Lui aveva rimesso giù lei, anche se erano ancora abbracciati,
si girarono sgomenti verso la porta.
Gabrielle si chiese immediatamente: ma che diavolo sto facendo nuda,
tra le braccia di Ares?
Ricorda! Ares il loro nemico, quello che aveva cercato di ucciderti,
(ma poi aveva volutamente esitato), quello che aveva infilzato Elì:
il perfido D-i-o d-e-l-l-a G-u-e-r-r-a!
“Aprì,
sono Virgil e qui con me c’è Eve è venuta proprio
per parlarti di una questione molto importante ed urgente!”
“Sì,
ora arrivo sto facendo il bagno, aspettate mi metto qualcosa…!
Lei scivolò via dalle braccia di lui e raccolto l’asciugamano,
gli si rivolse sibilando fra i denti:
“Vattene!
Vai via: è uno sbaglio!”
Lui la guardò furioso: Ti vergogni dei tuoi amici, vero? Cosa
penseranno della dolce e pura Gabby, adesso? Ti rispondo io - continuò
lui con una smorfia- diranno: “è diventata l’amante
di quel farabutto di Ares, ci hai delusi!” Hai paura del loro
giudizio, vero?”
Lei
gli dette una manata sul torace per allontanarlo aggressiva: quelle
sue parole l’avevano urtata.
“Non centrano niente i miei amici!Non è una cosa giusta
quella che stavo per fare con te prima, né ora e né mai!”
Lui divenne terribile in volto.
“Vattene e…non tornare da me mai più!”Lei era
seria, ma qualcosa nel petto le si contorse dolosamente, quando lui
con uno sguardo oscuro e carico di risentimento sparì in un lampo
azzurro.
Mentre
con lunghi e lenti passi andava ad aprire la porta, la sua mente le
ripeteva incessantemente: “Mai più…Sei sicura di
non volerlo vedere mai più? Questa volta lo hai offeso davvero,
non tornerà! Non ti apparirà di nuovo di fronte!
Pensa al lato positivo: non sentirai più la sua odiosa risata…
la sua ironica, fragorosa risata, che tutto sapeva alleggerire, anche
le situazioni più drammatiche!”
Il
delicato viso di Eve, contornato da una massa soffice di capelli, appariva
preoccupato. La profetessa guardava Gabrielle e vedeva in lei dei terribili
tormenti.
Virgil, dopo aver salutato le donne con affetto, le aveva lasciate sole.
“Sono
qui per parlarti di una terribile minaccia che grava su di te, Elì(Bel-Ur)
mi è apparso e quello che mi ha detto mi ha costretta a venire
immediatamente da te. Devo ammettere che Afrodite è stata davvero
gentile; mi sono rivolta a lei per un celere trasporto, non ha esitato,
quando ha saputo che si trattava di te!”
“Non
tornerà più…che cosa ho fatto? Il suo rispetto per
Xena dove era andato a finire?
Perdonami Xena, ma forse soltanto lui potrebbe lenire questa pena…”
“Ehi! Gabrielle, ma mi ascolti? Cosa hai, ti è accaduto
qualcosa?”
La guerriera la guardò con gli occhi spalancati: “Io…ho
avuto una discussione molto accesa con Ar…Virgil! Sì, certo
con Virgil…”
Una mezza-verità, era meglio di una menzogna totale.
La donna si sforzò di sorridere rassicurante.
“Qualunque
cosa sia -disse Eve prendendole le mani- adesso, devi scacciarla dalla
mente e dare a me la tua attenzione!”
Ares si era materializzato sull’Olimpo.
“Stupida donna!”
Aveva strepitato, frantumando con dei calci delle statue d’oro
nella sala delle cerimonie.
Si sentiva ferito; lui si era recato da lei con tutta la sincerità
di cui era capace, e quello era stato il riconoscimento!
“Vattene!” -Gli aveva intimato con due occhi talmente disgustati,
che lui aveva sentito una fitta dentro.
Ma adesso, se l’era proprio cercata, non sarebbe più andato
da lei! Non era mica il suo zerbino!
Pensava
a queste cose, quando qualcosa gli trapassò la mente, ebbe una
sensazione orribile!
Solo un certo tipo di entità, a lui molto familiari, erano in
grado di provocargli una tale sgradevole oppressione…
Era come sentire dei tamburi martellargli nelle orecchie…
Era come una scossa elettrica; la schiena gli si irrigidì e lo
sguardo gli si fece vuoto…non riusciva a vederlo, né ad
individuarlo, maledizione!
Oh no! Non un pericolo su Gabrielle…
Corse all’impazzata verso il tripode, che si trovava vicino al
trono, e passò una mano inanellata sull’acqua e si formarono
delle immagini. Vide che Gabrielle ed Eve stavano parlando, schioccò
le dita e poté sentire anche i loro discorsi.
Virgil, era seduto in uno dei giardini del palazzo, era alquanto malinconico.
La bellezza della natura non gli dava alcun conforto; era assorto nei
suoi pensieri, quando Eve gli arrivò alle spalle.
Lei, vedendolo così terribilmente abbattuto, gli aveva posato
una mano sulla spalla dolcemente: ormai era avvezza a consolare le anime
in pena.
“Come stai?”
“Eve…scusa, non ti ho sentita arrivare”
Proprio
in quel momento era sopraggiunta Selina, che aveva portato in un cestino
qualcosa da mangiare per Virgil, era passata l’ora di cena e lui
non si era fatto vedere nella sala comune, perciò si era preoccupata.
Purtroppo lui l’aveva evitata, dopo quanto era accaduto tra loro
durante l’assedio. Lei voleva cercare di parlargli, di dirgli
che le piaceva davvero…
Però, quando aveva visto la figlia di Xena con lui, aveva preferito
allontanarsi provando una sottile gelosia.
Eve
prese una mano a Virgil: ” Stai male per Gabrielle?”
“Sì, sai che sentimenti provo per lei, pareva che mi avesse
accettato, invece non mi vuole…”Abbassò gli occhi
e guardò lateralmente un po’ imbarazzato. Si sentiva vulnerabile
di fronte alla profetessa; quando aveva il nome di Livia gli aveva ucciso
il padre, ma poi era cambiata e gli aveva chiesto perdono. In seguito,
in un momento in cui entrambi erano presi da sconforto, era accaduto
che si erano avvicinati troppo…
All’inizio avrebbe voluto ucciderla per vendicarsi; invece poi,
avendola vista cambiata e sinceramente pentita, l’aveva perdonata.
Non sapeva neanche lui, perché dopo erano stati misteriosamente
attratti, l’uno dall’altra. In ogni modo, erano riusciti
a tirarsi fuori da quella situazione, prima che fosse troppo tardi.
“Lei
non può capirti in questo momento. Ha troppe cose sulle sue spalle,
adesso poi è sopraggiunto un altro grosso pericolo, quando credeva
che fosse tutto finito.”
L’uomo parve svegliarsi dal letargo, quando impetuoso, prese la
profetessa per la spalle scuotendola: “Che cosa la minaccia, forse
Ares? Dimmelo!”
La donna rimase sorpresa di come l’odore e il contatto con lui
la turbassero ancora tanto.
“No, è un pericolo ben peggiore. Devi sapere che il mandante
dei due Negromanti non era altro che il Daeva, Dahak! Sai chi è?”
Le pupille di Virgil si dilatarono a dismisura e inalò furiosamente
dalle narici, prima di rispondere: “Sì, una sorta di divinità
dei tempi antichi, conosciuto prima che gli dei fossero, ai tempi dei
Giganti, poi sparito. So che tentò di tornare a dominare il mondo
attraverso sua figlia, e da altri nipoti…
Violò la pura Gabrielle, facendola macchiare, con un inganno,
del sangue di un assassinio. In quel modo potette renderla incinta della
sua figlia demoniaca. Quello che mi ha sempre colpito di questo fatto,
è il bisogno di costui per entrare nel mondo di corpi in cui
impossessarsi e da manovrare.
Eve, è davvero tornato?”
“Sì, Elì (Bel-Ur) mi ha detto che potrà attaccare
ancora Gabrielle da un momento all’altro, ma che non sa come e
quando avverrà, perché il demone è molto potente,
e si protegge da chi vuole leggere in lui le sue intenzioni.”
“E
lei come l’ha presa?”
“Mi
ha solo pregata di lasciarla sola!” Esclamò la profetessa
scuotendo il capo.
“Sono
preoccupato! Vado da lei, ha bisogno forse…”
Eve
lo trattenne afferrandogli un braccio muscoloso con entrambe le mani:
“No, è confusa…lasciale stare! E tu hai bisogno di
staccartene!”
L’uomo si fermò guardando negli occhi onesti di lei: “Io
devo aiutarla…”
“No, non adesso! Vieni, saliamo e ceniamo insieme. Abbiamo bisogno
di mantenere la calma e di conservare le energie: agitarsi non serve.”
Le parole della profetessa lo convinsero; fu così persuasiva
e rassicurante, che lui senza fiatare la seguì nelle cucine.
Una serva diete loro alcune vivande, le trasportarono e si andarono
a sedere nel giardino per consumarle.
L’uomo notò che la giovane donna era divenuta molto aggraziata
nei movimenti e la sua calma, dovuta alla consapevolezza dell’esistenza
di qualcosa di più alto ed importante della misera vita umana,
gli diedero una sensazione di pacata serenità.
Ella era bella, come quel giorno in cui l’aveva baciata.
Il suo viso e il suo corpo parevano emettere una lieve luminosità
e una dolce freschezza.
La donna notò che lui la stava osservando, e mentre una lieve
brezza scompigliava i capelli di entrambi, lei si ricordò che
era passato molto tempo, da quando non aveva avuto più un uomo.
Il suo ultimo amante vero e proprio era stato Ares.
La donna dentro di lei si era ridestata soltanto qualche tempo prima,
quando lei e Virgil si erano confessati le pene che avevano nel cuore
e si erano abbracciati.
Ella aveva sentito tra le braccia del poeta, che lui avrebbe potuto
comprenderla perchè era persona sincera, rassicurante, pulita.
Nonostante ciò, dopo qualche appassionata effusione aveva deciso
di allontanarlo gentilmente. La ferita che il suo primo amante le aveva
inferto, le doleva ancora e le impediva di stare con altri…
Non aveva dato a vedere a nessuno questo, neanche a sua madre, che lui
l’aveva ferita al punto da non desiderare nessun altro uomo accanto.
Il credo di Elì non le impediva di amare un uomo, però
lei era la prescelta e in quanto tale, riteneva opportuno dedicare tutta
sé stessa alla predicazione e alla comunità.
Fu
con questi pensieri nel cuore, che dopo aver terminato la cena frugale,
si era congedata da Virgil con la scusa di dover andare a riposare.
Non voleva cedere alla tentazione.
Al poeta era balenata l’idea che avrebbe potuto anche abbandonarsi
all’oblio, tra le braccia di quella dolcissima creatura, che alle
volte gli sembrava quasi ultraterrena…
Soffocò tutto.
Mentre Eve pensando al poeta, camminava in lungo corridoio illuminato
solo da delle torce rade, le si parò di fronte Ares.
“Salve, da quanto tempo…” Le disse lui con tono di
voce piuttosto arrogante, con braccia muscolose conserte.
Le scorse un brivido lungo la schiena, ma cercò di non darlo
a vedere e gli rispose come avrebbe fatto Livia:
”Cosa vuoi?”
“Vorrei che tu mi dicessi tutto ciò che sai su Dahak!”
Suonava come un ordine.
Lui la sovrastava in tutta la sua scura ed alta figura.
“Come, non sai già abbastanza; immagino che come al tuo
solito, avrai origliato la conversazione?”
Lui la guardò bieco: ”Cosa altro sai? Ci sono delle altre
cose riguardo alla tua visione, che hai volutamente omesso di dire a
Gabrielle!”
Lei si sentì in trappola. Ares era abile; tanto era bravo nel
simulare le cose, tanto era bravo a comprendere, quando gli altri le
nascondevano.
“Perché vuoi saperlo per allearti con quel demone di Dahak,
come facesti molti anni fa?”
“No, Eve, non è così , io non mi sottometterei mai
a lui, adesso per nessun motivo! Io devo avere quelle informazioni per…”
Non voleva mostrarle che era assai preoccupato per la sua piccola Gabrielle.
La profetessa, però glielo lesse negli occhi scuri, che si erano
ristretti: lo sguardo da truce che era, si era fatto limpido.
“Ares, che cosa hai?” Gli chiese tutto ad un tratto addolcendo
la voce.
Lui stava per rispondergli, ma girò gli occhi in molte direzioni
e aggiunse solo: “Spostiamoci di qui! Preferirei parlare con te
da un’altra parte!”
Il tono della voce del dio aveva assunto un timbro diverso.
Lei accettò perché aveva deciso, vista l’occasione,
una volta per tutte di confessargli il risentimento che aveva nei suoi
confronti. Sentiva che era venuto il momento opportuno e che lui era
diverso, disponibile.
Avevano salito delle scale e si erano fermati in alto, su di una balconata.
Lei
lo guardò con il vecchio sguardo deciso di Livia; se voleva che
per sempre la parte negativa dentro di lei svanisse completamente, doveva
chiudere tutti i conti con il passato.
“Ascoltami bene, ti dirò il resto di ciò che mi
ha detto Elì (Bel-UR), però prima, tu dovrai ascoltare
me senza replicare!” Gli intimò lei con pugno alzato.
Lui annuì serio, quasi aspettandosi un attacco.
“Avevo deciso con me stessa –cominciò lei camminandogli
intorno, con le braccia dietro la schiena, nel modo che era solita fare,
quando interrogava un prigioniero nemico- di non pensare più
al passato del quale sono stata mondata con l’acqua…”
Nella mente di Eve tornarono gli strepiti della battaglia: le trombe
che suonavano l’assalto e il trionfo, le sue legioni alle quali
lei stava in testa a cavallo, il vento nei capelli e l’odore del
sangue, il fuoco sulle mura e nei villaggi…
Ella scosse il capo per scrollarsi quella visione e continuò:
“Quando ho cominciato a marciare con le truppe, ero solo una ragazzina…
Fu allora che tu mi apparisti di fronte bello come una statua, ed oscuro:
mi sembrasti assoluto. Io non sapevo la verità, che cosa eri
davvero…
Mi facesti da mentore, mi insegnasti a combattere, ma io quella capacità
l’avevo già innata dentro, tu fosti solo abile a saperla
estrarre, a forgiarla…come una spada”
Lui la guardava attento con l’indice sulle labbra.
“Non ti incolpo per la violenza che ho compiuto. In fondo ero
consapevole di quello che facevo, anche se tu pensavi di maneggiarmi
a tuo piacimento, io godevo della conquista, dei nemici abbattuti…
Io non sapevo che cosa fosse l’Amore…nessuno me lo aveva
insegnato, per me tu eri l’unico ‘padre’ che avessi
mai avuto e poi…tu mi hai presa Ares; ero una fanciulla ingenua
in fondo, che non avrebbe saputo distinguere tra un innamorato ed un
amante…”
La donna si fermò davanti a lui e abbassò gli occhi fieri:
“Quando mi sono resa conto che cosa mi avevi fatto, che non mi
avevi mai amata e che avevi amato solo Xena, mia madre, io mi sono sentita
morire…”
La donna si morse il labbro, non avrebbe dovuto dirlo…adesso lui
si sarebbe preso gioco di lei, ma continuò: “Tu, mi avevi
usata come un oggetto, come una delle tante! Quanto ti ho odiato per
questo! Questa ferita non mi permette di amare un altro uomo! Capisci?
È inutile che io te lo dica! Tu non puoi capire!”
Urlò quest’ultima frase con entrambi i pugni alzati e stretti.
Ares inaspettatamente le afferrò il sottile polso, e con l’altra
le prese il mento con infinita tenerezza, invitandola ad alzare il capo
verso di lui.
“Ti chiedo perdono, Eve! Non sapevo quello che facevo…mi
dispiace di averti tolto la tua purezza!”
Lei era rimasta pietrificata; quel momento era davvero prezioso, mai
avrebbe immaginato di vedere tanta Verità negli occhi del Dio
della Guerra.
“Sei sincero…lo sento! Anche il tuo cuore di ghiaccio è
stato toccato dalla mano di Elì (BelUr)?”
“Io, non lo so questo. So solo che adesso amo e soffro come gli
uomini! E non mi piace…”
A lei scappò un mezzo sorriso per la battuta.
“Il peggio è che non sto scherzando!”
Esclamò lui, con la sua consueta ironia.
“So, Eve che queste mi parole non potranno cancellare il passato
e quello che ti ho fatto. Sono sicuro, che nonostante ciò ti
aiuteranno ad andare avanti e trovarti un’altra persona, sicuramente
migliore di me!”
“Certo…che se mia madre, ha potuto anche questo, è
davvero ancora più meritevole di quella corona che porta…”
Affermò la donna, ancora sorpresa, preparandosi ad onorare il
patto, raccontandogli della parte mancante della visione.
All’improvviso
però, Ares venne colto da un brivido agghiacciante. Lei lo vide
cambiare espressione, la serenità dal suo volto disparve e profonde
rughe gli solcarono la fronte.
“No…come
ha fatto ad ingannarmi, è già da Gabrielle! Dannato!”
Il
dio senza dare altra spiegazione disparve in una luce azzurra.
Poco dopo riapparve di fronte ad un’esterrefatta Eve.
“Cosa succede?”
“Non riesco a materializzarmi nella stanza di Gabrielle: una barriera
mi ha respinto!”
“Con lei c’è Dahak?”
“Sì, forse è tardi…”
“No, so che puoi farcela! Corri! Guarda, La stanza è quella
finestra laggiù, cerca di arrivarci a piedi!
“CORRI!” Gli urlò la donna con grinta, battendogli
una mano su di una spalla.
Lui non se lo fece ripetere due volte e fulmineamente saltando sul cornicione,
si mosse veloce sui tetti, quasi scivolando nell’aria.
“Elì, ti prego aiutalo…per questa volta! Fa che arrivi
in tempo!”
Pregò la profetessa congiungendo le mani.
Pochi
minuti prima.
Gabrielle
cercava di prendere tempo, sperando di capire che cosa dovesse fare,
ma lo sconforto aveva già invaso il suo cuore di fronte a Dahak.
Si era manifestato all’improvviso; da un alone vaporoso proveniente
dalla vasca si era formata una figura inquietante ed incappucciata,
che pian piano aveva preso corpo. Costui aveva raggiunto la donna, che
era seduta assorta vicino alla finestra.
Dahak, era un demone proveniente da epoche remote intrappolato nel limbo,
voleva assolutamente tornare nel mondo reale. Vi aveva tentato molte
volte; una di queste era stato il tentativo di far nascere sua figlia,
da una donna pura come la poetessa-guerriera.
Quando ella era ancora una giovane ingenua, l’aveva indotta a
macchiarsi del sangue del suo prima vittima, per poi misticamente possederla.
Per Gab quella era stata una vera e propria violenza carnale, dalla
quale aveva concepito una figlia, che innaturalmente veloce era cresciuta
nel suo ventre, e dopo essere nata, era divenuta adulta in poco tempo.
L’aveva chiamata “Hope” (Speranza), era malvagia e
ben presto si era manifestata in tutta la sua perfidia…
Avevano cercato di eliminarla più volte, penosamente…
Adesso che non c’era più Xena ad aiutarla, come avrebbe
fatto? Era sola ad affrontarlo.
“Come sei arrivato qui?”
Gli chiese lei stando attenta a tenersi lontana dallo spettro.
“Sei stata tu stessa, mia diletta, ero nascosto nel Negromante
e tu uccidendolo mi hai reso capace di entrare ancora nel mondo.”
“L’assedio e tutto il resto erano delle trappole!”
Ringhiò la guerriera.
“Io ho manovrato i Negromanti facendo balenare davanti i loro
occhi la possibilità di appropriarsi della Principessa Guerriera,
ma era solo una scusa per spingerli verso di te!”
La voce cupa del demone la stava facendo paralizzare, stava afferrando
il Chacram, ma lui
disse: “Le tue armi contro di me non servono. E poi hai allontanato
tutti i tuoi amici, nessuno sospetterà niente, nessuno verrà
a soccorrerti. Ho aspettato, per manifestarmi a te, il momento opportuno.”
Le tremarono le gambe.
La mente di Gab corse ad Ares: lo aveva trattato troppo male, cacciandolo
in malo modo, neanche lui sarebbe sopraggiunto in suo aiuto. Non avrebbe
potuto contare su di lui.
Era sola. Chiuse gli occhi intuendo le intenzioni del demone.
“Sì, mia bellissima fanciulla, hai capito bene: io ancora
bisogno di un corpo per portare il mio comando sulla terra. Perciò
desidero di unirmi di nuovo a te, per aver una nuova progenie, e questa
volta andrà tutto come dico io.”
Delle catene di fuoco le apparvero ai polsi; fu legata e sospesa in
aria. Le catene le ferivano le pelle e il sangue scendeva sul pavimento
di lussuoso marmo, goccia a goccia.
Il dolore cade, goccia a goccia…
Gabrielle era stata resa impotente: quell’empio demone stava di
nuovo per farle violenza…
Una tenera colomba era migliore prelibatezza per un essere come quello…
Xena dove sei?
Come farò a sopravvivere, dopo questo?
Aiutami…
Ares
era arrivato davanti alla finestra, ma la barriera alzata da Dahak non
gli permetteva ancora di entrare.
Non ebbe tempo per i convenevoli, non poteva esitare ancora; il suo
sguardo diventò terribile e un fuoco gli avvolse l’intero
corpo e con una mano lanciò una palla di energia verso la finestra,
che si frantumò.
Appena fu entrato non gli piacque quello che vide: Gabrielle era già
tutta avvolta nell’aurea demoniaca.
Spalancò gli occhi: forse…era già troppo tardi!
Con due balzi era di fronte a Dahak, e deciso gli intimò:
“Lasciala e vattene! Io sono il Dio della Guerra, il vero Portatore
del Fuoco: ti ordino di andartene o sarò costretto a battermi
con te!”
La risata gracchiante del demone risuonò ovunque.
“Tu, lurido servo, cosa vuoi? Come potrei temerti, non sei più
utile ai miei piani, sei solo un incapace!”
Ares rise bieco: ” Poveretto, ti sbagli, non sai di quello che
sono capace!”
Intorno al dio l’alone rosso divenne formato da lingue di fuoco
ardenti, il suo sguardo mutò ancora più aggressivo e cominciò
ad intonare con voce baritonale un canto arcano.
Era
stato da adolescente che aveva scoperto di avere il Potere del Fuoco;
se ne era andato da solo nel deserto in segreto. Aveva provato ad irradiarlo;
dopo poco accanto a lui era apparso suo padre Zeus che si era soffermato
ad osservarlo, e quando entrambi si erano accorti che si trattava di
qualcosa che poteva risultare micidiale, il Re degli Dei gli aveva fatto
un lungo discorso.
Suo padre gli aveva fatto giurare solennemente, che mai egli avrebbe
fatto uso di quell’immenso potere. Gli era concesso di condurre
la guerra nel mondo degli uomini, combattere lui stesso, ma senza mai
ricorrere a quel grosso potenziale nascosto.
Gli aveva intimato che era qualcosa di difficile da padroneggiare, e
che se lo avesse adoperato, era probabile che avrebbe potuto anche annientare
se stesso.
Erano
trascorsi secoli da quel giorno…
Ares
aveva a lungo pensato al modo di controllare quella sua capacità
e ci era arrivato. Il suono era alla base di tutto l’Universo,
al punto che alcune parole avevano la capacità di plasmare la
materia. Aveva trascorso centinaia di anni ad accumulare quella conoscenza
ed ora…
“Benvenuto,
sulla Terra Dahak, te la sei voluta ora sarai dannato per sempre!”
L’urlo di Ares avrebbe spaccato i timpani di un uomo comune.
Anche il demone cominciò ad intonare un occulto canto.
Il tempo parve fermarsi tutto intorno, mentre le due enormi forze energetiche
si fronteggiavano.
“Sono solo, non c’è nessuno al mio fianco,
Avanti fatti avanti, codardo!”
Cantò
il dio della Guerra, mentre il demone imbestialito si avventava su lui.
Gabrielle
pur resa inerme, poteva seguire ogni cosa… e venne colta da una
nausea terrificante, perché il canto di Dahak era orribile. Le
parole blasfeme e irripetibili, le suscitavano dentro un orrore abissale,
era come precipitare in pozzo nero…
Ciò che Ares cantava, con voce particolarmente intonata, era
incomprensibile alle sue orecchie; pronunciava versi in una lingua che
non conosceva, i suoni che uscivano acuti e gravi, sembravano far aumentare
quel fuoco che emanava.
Che
linguaggio era quello?
A quale epoca remota apparteneva?
Il demone parve ad un certo punto avere un cedimento, indebolirsi, lei
sentiva che quella stretta che la avvolgeva la stava lasciando.
Il Potere del Fuoco, venne amplificato nel momento in cui lui afferrò
la spada e usatala come conduttore, la conficcò nel petto dello
spettro.
Dopo che ciò accadde, Dahak venne risucchiato all’interno
di un buco nello spazio-tempo e disparve.
Gabrielle giaceva a terra stravolta. Il demone era riuscito penetrarle
in parte dentro, prima che Ares arrivasse.
Il dio si precipitò su di lei, la sollevò e la ripose
sul letto a baldacchino. L’atmosfera era tesa, mentre lui la scuoteva
concitatamente, per farla riprendere.
“Svegliati…apri gli occhi!”
Era davvero preoccupato; se Dahak era riuscito ad installare di nuovo
il suo seme dentro di lei, probabilmente la donna avrebbe dato alla
luce un altro figlio demoniaco.
Lui chinato su di lei aveva un’espressione del viso talmente avvilita,
da sembrare un semplice essere umano in pena.
Come poteva essere lo stesso di pochi istanti prima?
Lei aprì gli occhi ancora in preda a fortissimi tremori, perchè
stava male. Afferrò il braccio di lui affondandogli le unghie
nelle carni.
“Ascoltami, so che dentro di te la tua energia, e quella negativa
che è stata introdotta stanno lottando. Chiudi gli occhi e segui
la mia voce…
Puoi espellere l’energia demoniaca tu stessa…
Devi credere di poterlo fare…
Pensa alle tue convinzioni più profonde,
Abbandona l’Oscurità e vola verso il cielo…”
Lei
riaprì gli occhi restringendoli.
Lui si abbassò su di lei quasi a sfiorale le labbra con le labbra.
“Non guardarmi così interrogativa: ti prego fidati di me!”
“Ares…non ce la faccio; sono caduta nel silenzio dell’oscurità
di nuovo!”
“No, segui le mie parole…abbi speranza! Devi ridurre quell’energia
in qualcosa di materiale in modo da poterlo espellere: devi farlo prima
che si installi del tutto!”
Lei sudava copiosamente per via della sofferenza fisica e morale che
stava sopportando.
“Io non sono una divinità: non sono capace di fare nulla
del genere!”
Urlò lei.
Lui si alzò in piedi con un sopracciglio alzato: “Maledizione!
So che puoi farlo! Ti prego, solo per questa volta, fidati di me!”
La implorò quasi lui, riavvicinandosi a lei, e sussurrandole
questo in un orecchio.
“Pensa con me a qualcosa di molto repellente…Respira con
me, lentamente”
“Cosa dici..!?”Gracchiò lei paonazza in viso, ma
ancora caparbia.
“Fallo e basta!” Comandò lui risoluto.
Lei regolarizzò il proprio respiro sforzandosi: “Rettile..”
“Bene, rendi vivente questo pensiero, dagli corpo, dagli forma.
Pensa intensamente al colore verde: plasmalo!”
“Lo vedi?” Le chiese lui imperioso.
“Sì”
“Allora, buttalo fuori con tutte le forze che hai!” Le ordinò
il dio.
Ella venne colta da orrendi tremori, che diventarono delle convulsioni,
si contorse tremendamente su se stessa. Dopo di che gridò e piegatasi
in avanti rigurgitò dalla bocca la carcassa di un rettile grosso
e raggomitolato, così deforme da non avere nulla di eguale sulla
terra.
Il viso di lui si illuminò: “Brava, bravissima! Ci sei
riuscita, è tutto fatto; per questa volta niente bambino demoniaco!
Contenta?”
Gabrielle, che era tutta sporca di una bava appiccicosa, cominciò
a piangere sommessamente, anche se si sentiva sollevata e avrebbe voluto
sorridere a quella battuta, ma non le riuscì.
Il dio fece apparire un velo e glielo porse per potersi pulire.
“Come ti senti?”
Lei non gli rispose e la vide fissare quell’essere morto che aveva
espulso, lui allora aprendo una mano lo disintegrò.
“Ares…” Gli sussurrò lei con gli occhi carichi
di riconoscenza verso di lui.
Lui le mise una mano sulla guancia, guardandola: “Dopo…adesso
stanno arrivando i tuoi fedeli compagni.”
“Volevo solo chiederti scusa, perché ti ho cacciato in
quel modo dalla mia stanza. Dopotutto sei venuto lo stesso qui ad aiutarmi,
non eri obbligato…”
Lei gli aveva preso una mano dalle dita allungate, stringendola forte
tra le sue.
Lui sorrise bieco con delle rughe, che si formavano intorno alla bocca
e agli occhi: ”Bhe, sai avevo un conto in sospeso con quell’essere,
e poi…anche tu hai fatto la tua parte! “
“Ma se…”
Osservò lei con gli occhi pieni di lacrime.
Lui le mise un dito sulle labbra: “Non lo dire neanche per scherzo…”
Adesso devi solo pensare a rimetterti, e continuare la tua vita. Sono
sicuro che sarà tutto più facile e finalmente potrai liberarti
della mia presenza ingombrante.”
Lui si scostò da lei alzandosi in piedi.
“Ares…”-lo chiamò ancora con un tono di voce
dolcissima, sentiva di non volerlo perdere.-“E quella proposta
che mi hai fatto? Ricordi, io devo darti ancora una risposta! Io voglio
che…”
“Non adesso, sei ancora sotto shock; non vorrei che mi rispondessi
in modo positivo, solo perché ti senti in debito con me! -Esclamò
lui con tutti i lineamenti in movimento.-“No, ne riparleremo tra
qualche giorno, quando sarai più lucida. Stanno arrivando…”
Con uno schiocco di dita lui aprì la porta.
Infatti, poco dopo Virgil e Eve si precipitarono nella stanza, fino
al capezzale della loro amica.
“Stai bene?” Le chiese la profetessa stringendola a sé.
“Sì, è andato tutto bene…”
“Sia ringraziato Elì!” esclamò l’altra.
“Deve essere stata un’esperienza terribile! Dobbiamo fare
uscire Gab da questo luogo, non è salutare per lei rimanere qui!
C’è un’atmosfera ancora impregnata della presenza
del male”
Scioltasi dall’abbraccio, Eve si rivolse al Dio della Guerra con
un’espressione stupita: “Come ci sei riuscito?”
Ares stava a braccia conserte in disparte, appoggiato addosso al muro.
Lui era così potente? Non lo avrebbe mai creduto.
Quello che sapeva per certo era che soltanto che un’energia positiva,
che purifica, poteva scacciare un’energia negativa come quella
di Dahak.
Abbassò lo sguardo verde; sapeva che lui non glielo avrebbe mai
rivelato, dopotutto l’importante era che fosse andato tutto per
il giusto verso.
CONTINUA…
ANTICIPAZIONI
Gabrielle è rimasta molto sconvolta per quello che è accaduto,
ma Ares le starà accanto.
Sarà inevitabile per i due unirsi quasi disperatamente, per poter
continuare a vivere…
Non sarà facile come sembra…
RINGRAZIAMENTI
Ringrazio coloro che hanno recensito la mia storia con attenzione e
slancio, in particolare Akuma, la dolcissima Jenny76, kim93, Faith81
(hai visto, sono riuscita ad aggiornare: spero ti piaccia questo capitolo!)
NOTA
Per scrivere l’ultima scena mi sono basata su racconti reali fatti
da alcuni preti esorcisti. Pare, infatti, che nel momento in cui una
vittima viene liberata da una demone, espella dalla bocca, materializzandoli,
degli oggetti, ad esempio dei fagottini (se si tratta di una maledizione
impartita da un mago o da una strega), oppure delle pelli di rettile…
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