Nota bene: ho dovuto alterare molte date e
avvenimenti (vedi Shakespeare etc…) a causa di OVVIE incongruenze
cronologiche. Non è di certo colpa mia se la vera Elizabeth
era una tranquilla settantenne quando il buon William iniziava a farsi
conoscere ;-) ad ogni modo abbiate pazienza e perdonatemi, sono costretta
a cancellare circa venti anni dalla storia del mondo. ^__^”
Part One
THE WAY OF THE QUEEN
LONDRA, 15 Settembre 1560
“Inchinatevi, entra la Regina!” i sudditi si piegarono
leggermente in avanti mentre Elizabeth faceva il proprio ingresso
trionfale nell’immenso salone. La regina andò a sistemarsi
sul ricco trono e solo allora la folla si rialzò. I cortigiani
rimasero qualche istante in silenzio, attesero che l’annunciatore
battesse nuovamente l’asta a terra. Johnatan non tardò
a farsi sentire, diede due colpi decisi con la lancia e schiarì
la voce. “Entra a corte Sir Norfalk!” Le porte si aprirono
e un cavaliere varcò la soglia con passo sicuro. Non indossava
l’armatura ma una comoda camicia bianca con le maniche ampie,
dei guanti neri ed un gilet marrone, al lato sinistro del cinturone
teneva saldamente allacciato il fioretto. I pantaloni erano scuri
e molto attillati, risaltavano la prestanza del suo fisico. Ai piedi
calzava degli stivali neri eleganti alti fino alle ginocchia, al petto
aveva appuntata la spilla simbolo del suo potere a palazzo; rappresentava
una rosa dorata che scintillava alla luce del sole. Edward era un
uomo giovane ed affascinante, aveva i capelli neri lunghi raccolti
in una coda, com’era di moda in moda in quegli anni. I suoi
occhi erano in un azzurro ceruleo intenso, il volto limpido e pulito
era delineato da un pizzetto che spiccava sul mento. Egli era il consigliere
personale della regina, il personaggio più rispettato e discusso
di tutta Londra. “Qual buon vento ti porta a corte, Edward?”
“Affari di stato, temo. Mary sta guadagnando fama in Scozia
nonostante la morte del re. In breve riuscirà ad organizzare
un esercito abbastanza forte da fronteggiarci” “La nostra
armata in che condizioni è?” “Ci stiamo preparando
ad una guerra, siamo a buon punto” “In meno di un mese
dobbiamo essere pronti. La Scozia sta diventando troppo potente, dobbiamo
arginare la sua avanzata” Elizabeth era straordinaria: solo
venti anni e già reggeva il regno come un re saggio, giusto
e leale. Lei prendeva le decisioni politiche, e Edward era il braccio
che eseguiva i suoi ordini. Fra i due vigeva una fiducia incondizionata
irrigidita da anni di conoscenza ed amicizia. Si conoscevano fin da
quando erano piccoli, e non vi erano testimonianze che avessero mai
litigato. “Naturalmente” Sir Norfalk fece un profondo
inchino, si voltò ed uscì dal salone. “Consigliere
Ewans, è arrivato il carico di materiale dalle Americhe?”
“I galeoni dovrebbero attraccare domattina, secondo le nostre
stime. Il Capotano Darek ha già inviato un messaggio per annunciare
la propria venuta. Ora, se non sono più necessario, chiedo
di poter tornare alle mie occupazioni. Con permesso…”
“Sì, Ewans. Torna al tuo lavoro.”
La vita a Londra trascorreva piuttosto tranquilla fra gli uomini di
corte; nonostante i suoi ventisette anni Elizabeth era una regina
formidabile, forte e decisa quando c’era da punire un traditore,
equa e giusta verso il popolo, astuta e spietata negli affari politici.
Il regno inglese stava vivendo una nuova rinascita sotto la guida
della giovane regnante; l’economia era in costante crescita,
i viaggi verso il Nuovo Mondo iniziavano a fruttare, la flotta si
era arricchita ed il tenore di vita era accettabile per gran parte
del popolo. Elizabeth aveva fatto erigere quattro teatri e spesso
si recava al “Theatre” per assistere a rappresentazioni
di ogni genere. La regina era sempre ben voluta agli spettacoli, innanzi
tutto perché sapeva apprezzare un’opera pienamente, era
intelligente e molto colta; poi perché era una bella presenza.
Elizabeth era nel fiore degli anni e la sua bellezza era degna di
una Venere. Ella aveva lunghi capelli rossi con intensi riflessi dorati,
sempre perfetti nella consona acconciatura. I suoi occhi erano verdi,
profondi, capaci di scrutare fino in fondo all’animo di chi
osservavano; i lineamenti del volto erano delicati e puliti, gli zigomi
marcati, le gote arrossate ed un solare sorriso sempre acceso. Elizabeth
non era molto alta ma snella, e ben proporzionata. Solo i vestiti
ingrossavano un po’ la figura della regina, valorizzavano la
regalità della donna. Oltre ad un’indiscussa bellezza
ella possedeva un intelletto pari a pochi altri in Europa, adorava
perdersi nella lettura per ore, sapeva parlare il greco antico, il
latino oltre allo spagnolo e all’inglese, aveva ricevuto un’istruzione
eccelsa nella corte di Enrico VIII. Anche se i cattolici l’avevano
sempre definita “la bastarda”, Elizabeth era la più
degna a ricoprire quel posto. Mary aveva provato a reggere il trono,
ma ci aveva guadagnato solamente il nomignolo ‘bloody Mary’
e uno stuolo di oppositori inglesi. Elizabeth l’aveva quindi
costretta a rifugiarsi in Scozia fra i pochi sostenitori che le erano
rimasti. Quasi cinque anni dopo Mary era decisa a riprendersi il trono,
aveva fomentato rivolte lungo i confini occidentali inglesi creando
scompiglio fra gli aristocratici a corte i quali, tanto per cambiare,
avevano di che lamentarsi. Alla regina erano serviti sforzi diplomatici
immani ed ingenti finanziamenti per tenerli buoni, ed infine anche
loro avevano dovuto chinare il capo di fronte all’inossidabile
temperanza e perseveranza della regina. Le armate di Mary erano sempre
più vicine, si stavano muovendo a spirale verso Londra. Per
il momento erano ancora distanti, ma presto sarebbero riusciti ad
accerchiare la città ed allora non ci sarebbe stato più
scampo per il regno inglese. Era necessaria una soluzione urgente,
Edward sapeva come fare. Lui se ne intendeva sicuramente di più
in fatto di guerra.
La regina si trattenne un paio d’ore nella Sala Consiliare;
quando ebbe sentito il parere di tutti si ritirò nelle proprie
stanze. Sobbalzò sorpresa quando vide Edward in piedi di fronte
alla porta del suo studio privato “Oh! Edward! Cosa ci fai qui?”
“Avanti, Elizabeth! Smettila con questa storia. Siamo sole ora”
“Maledizione a te Kira, abbassa la voce! Non si può mai
sapere di questi tempi…” “Ah! Allora è vero!
Preferisci Edward! Potrei esserne gelosa, sai?!” “Non
fare la stupida e vieni dentro. È più comodo nel mio
studio.” Una volta dentro Elizabeth sciolse l’elaborato
fiocco dei capelli e li lasciò ricadere lungo le spalle. Erano
molto lunghi, più di quanto Kira ricordasse. La regina tolse
gli ingombranti e scomodi vestiti regali per indossare qualcosa che
le andasse più a genio; degli abiti maschili. “Non cambierai
mai…” commentò Kira scuotendo il capo “Nemmeno
tu!” replicò l’altra con tono di sfida “Se
non ricordo male sei in debito di qualche lezione di scherma con me…”
“Era quasi un anno fa!” “Colpa mia se te ne vai
sempre in guerra!!” “Oh, e va bene, prendi il fioretto”
Detto ciò le lanciò la spada (che Elizabeth afferrò
al volo) e prese quella appesa al muro. “Vediamo cosa ricordi”
Kira iniziò con qualche semplice stoccata ed un paio di fendenti
che la regina riuscì facilmente a parare. Elizabeth accennò
anche un paio di attacchi ma Kira li evitò rapidamente. “Complimenti,
non hai perso la mano. Hai molto potenziale, lo devo ammettere. Se
avessi iniziato da piccola ora saresti un asso, parola mia!”
“Così mi lusinghi” Kira ridacchiò e portò
un attacco che Elizabeth non riuscì a prevedere, sfiorandole
di un soffio il viso con la lama affilata del fioretto “Ehi!
Guarda che se mi rovini la faccia Edward dovrà patire un bel
po’ per riconquistarsi la fiducia della regina” “Addirittura!
Non posso dare il meglio di me se devo stare attenta a dare solo addosso
al fioretto, piano e senza deturpare il tuo dolce visino…non
è leale!” “Se mi vedono con una ferita si chiederanno
tutti cosa sia successo, come me la sono fatta e inventare una scusa
per un taglio da fioretto sulla guancia sarebbe molto difficile”
“Se proprio dovessi ferirti potremmo tirare in ballo la tua
solita goffaggine; funziona sempre come scusa” “Ha, simpatica!”
detto ciò Elizabeth mosse rapidamente il fioretto e, senza
che Kira potesse far nulla (era infatti placidamente appoggiata con
quasi tutto il peso sulla propria spada), le ferì in malo modo
la mano destra. “Ehi! Non vale! Perché io non posso ferirti
mentre tu hai il diritto di tagliuzzarmi la mano come ti pare?!”
“Io sono la Regina e tu, Sir Edward Norfalk, hai l’ordine
di sottostare al mio volere” “Ti diverti troppo con questa
storia del potere, vero? Ti piace comandarmi a bacchetta” “Non
esagerare, mi diverte solo quando riesco a fartela” “Allora
hai ragione di gioire perché non sono molte le volte in cui
ci riesci” “Ah, fai la simpatica?!” Elizabeth fece
partire un altro fendente che tuttavia Kira parò “Non
m’imbrogli due volte con lo stesso trucco, rassegnati!”
la regina sbuffò seccata e porse il fioretto a Kira “Basta,
sono stufa.” Poi afferrò l’amica per un braccio
e la tirò verso il tavolo. “Non ti permetto di sporcare
i miei preziosi tappeti con il tuo sangue aristocratico!” “Ha!
Ora i tuoi costosissimi tappeti persiani sono più importanti
della mia povera mano squarciata! Ti ringrazio, sei molto generosa!”
“Non fare la permalosa e stai un po’ ferma!” Elizabeth
fasciò alla meno peggio la mano di Kira “Ehi! Maledizione
fai piano, non è come mettere un vestitino ad una bambola nuova!
Mi rovinerai la mano.” “Smettila di lagnarti, ho finito.
Ecco, tanto ci voleva? Hai perso tempo a piagnucolare per niente”
“A fare la melodrammatica sono sempre io la più brava,
non mi batte nessuno! Bè ora è meglio che vada, gli
uomini mi aspettano” “Oh, certo, vattene pure, sì.”
Elizabeth si girò e fece l’offesa; Kira allora la afferrò
per le spalle e le stampò un enorme bacio sul collo “Non
starò via molto, promesso” solo allora Elizabeth si rasserenò
un po’ e la lasciò andare. Quant’era difficile
fare la regina…
LONDRA, 9 maggio 1561
Le truppe armate erano pronte a partire verso Stelth. Sir Norfalk
splendeva alla testa della sua armata, vestito dalla sfolgorante armatura
argentea che riluceva alla luce del sole. Il mantello scarlatto era
agitato dal vento e i suoi lunghi capelli raccolti in una coda si
muovevano senza posa. Tutte le dame cercavano di raccogliersi attorno
a lui colme di ammirazione ma dopo uno sguardo più che eloquente
da parte di Elizabeth se ne ritornarono in disparte, in un angolino
buio della piazza. “Salutate la Regina!” esclamò
improvvisamente Edward, sorprendendo la folla. Tutti i soldati levarono
simultaneamente le armi in aria e gridarono entusiasti. Stavano partendo
per una guerra difficile ma giusta ed ammirevole. Si sentivano già
eroi e molti di loro immaginavano il ritorno dalle proprie donne con
qualche ferita da mostrare, l’armatura lacera e molte avventure
di cui vantarsi. Anche Norfalk alzò in alto la spada e gridò
più forte di tutti. Solo quando egli ebbe riposto nel fodero
lo spadone i suoi uomini lo imitarono. Poi fece muovere il cavallo
e andò fin sotto il balcone cui era affacciata la regina “You
promised” sussurrò Elizabeth triste “I did”
rispose Edward. La regina lanciò un fazzoletto che il cavaliere
afferrò al volo e ripose nel punto più protetto della
propria armatura. Fece inchinare il cavallo e piegò lievemente
il capo; poi, con fare abbattuto, si diresse verso i propri uomini
e partì al galoppo “Avanti, dobbiamo essere a Stelth
entro mercoledì mattina! Non possiamo perdere altro tempo!”
detto ciò si dileguò oltre la piazza seguito da diecimila
uomini forti e determinati, pronti ad eseguire ogni suo ordine. “Torna
presto, mio cavaliere” sussurrò Elizabeth prima di rientrare
a palazzo. Come al solito una guerra si frapponeva fra lei e Kira;
non c’era stato momento da quando Elizabeth era diventata regina
in cui avessero potuto trascorrere del tempo in pace senza che qualche
catastrofe incombesse a dividerle. Kira ed Elizabeth si conoscevano
fin da piccole, solo che a quei tempi Kira si chiamava semplicemente
Edward, e non Kira. Lei era “il figlio” di un aristocratico
che abitava alla corte di Enrico VIII, la madre era morta di parto
così Johnatan dovette crescere da solo il figlio. L’uomo
lo affidò a mastri d’arme più esperti e agli studiosi
più corti che c’erano a Londra, Edward era praticamente
cresciuto assieme ad Elizabeth. L’unico problema era che Johnatan
aveva cresciuto Edward come un uomo, senza curarsi minimamente del
fatto che in realtà fosse una donna. Aveva convinto il figlio
di essere un uomo, gli aveva detto di essere diverso dagli altri ragazzi
perché era speciale, gli aveva proibito di spogliarsi di fronte
ad altre persone, aveva semplicemente fatto finta di niente per il
resto. Fu durante la turbolenta adolescenza di Kira che Elizabeth
iniziò ad avere rapporti più stretti con il giovane.
Ciò non dipendeva dal fatto che, a soli sedici anni, Edward
era già in grado di sconfiggere ogni soldato della guarnigione,
ma dal fatto che con la sua pronunciata emotività e la confusione
che dominava il suo animo le era sembrata un’anima sperduta
degna di essere soccorsa. Così poco a poco Elizabeth iniziò
ad entrare nel mondo di Edward, a capire come pensava, e chi era veramente;
imparò a conoscere Kira e riuscì a dominarla, con la
propria femminilità Elizabeth fu in grado di tirare fuori anche
quella celata e goffa di Kira, ed allora il loro legame divenne indissolubile.
Era stata la regina stessa a darle quel nome segreto, quella parola
che significava tutto e niente. Kira doveva rimanere nascosta dietro
le mentite spoglie di Edward, ma era un prezzo basso da pagare pur
di poter rimanere accanto alla regina, devota come il più umile
dei sudditi. E ora per l’ennesima volta erano divise, alla continua
ricerca una dell’altra attraverso cieli sconosciuti, terre distanti
e orizzonti sperduti. Chissà se sarebbe mai tornata Kira…gli
uomini di Mary erano preparati, ben più numerosi delle armate
inglesi ma soprattutto più motivati e decisi ad avere giustizia
contro un mondo che aveva voltato loro le spalle. Diecimila uomini
contro un esercito rabbioso almeno tre volte superiore erano decisamente
troppo pochi, Elizabeth lo sapeva. Eppure non aveva potuto fare altro
se non mandare il proprio esercito verso il confine occidentale dei
suoi domini per cercare di arginare una violenta rivolta che sembrava
non avere fine. L’odio poteva portare solamente altro odio,
Elizabeth ne era convinta. Nei due anni di reggenza aveva imparato
molte cose sulla vita da regina che suo padre non le aveva spiegato.
Aveva molte responsabilità e compiti cui adempiere, non poteva
concedersi un attimo per sé che piovevano consiglieri disperati
a destra e a manca. Era stato allora che aveva deciso di dare una
svolta all’organizzazione della sua corte: aveva cambiato quasi
tutti i ministri nominati da suo padre, li aveva sostituiti con altri
più capaci scelti da lei personalmente. Fra tutti il primo
ovviamente era Sir Edward Norfalk Leicester, capo supremo delle milizie
nonché Consigliere privato della regina; poi venivano Ewans
McLoyd, il ministro delle finanze; Darek Welthmeer, il generale della
marina; Phillis Lord of Essex, uomo politico di grande esperienza
ed abilità; Sir Stephen Wild, superbo stratega nonché
mediatore fra Edward e Darek (i due infatti si odiavano profondamente,
ed erano in perenne disaccordo); c’era Lord Ian Bell che si
occupava della corte curando i vari settori e badando che tutto fosse
in ordine; Lady Shakti era la curatrice più capace che Elizabeth
avesse mai incontrato e si occupava della salute di tutti i cortigiani
aiutata dai propri collaboratori. Peter Shrine era il capo cuoco del
palazzo reale e coordinava tutti i suoi subordinati, faceva in modo
che tutti avessero di che mangiare. C’era così tanta
gente a corte!
Elizabeth aveva voluto tre mastri filosofi fra i suoi cortigiani,
due dei quali l’avevano personalmente istruita molti anni prima.
Erano il sommo Vince Jafah che proveniva da oriente, Lady Isteth dall’Egitto
e l’ultimo arrivato, Francesco Perugini dall’Italia. I
filosofi sarebbero dovuti servire ai suoi eredi per dare loro un’istruzione
degna del loro rango; i figli di Elizabeth avrebbero dovuto regnare
con equità e giustizia su un’Inghilterra finalmente unificata,
e non era un compito facile. Soprattutto per chi si trovava a dover
affrontare guerre di religione, dissidi vecchi di secoli ormai incolmabili
ed inevitabili ingiustizie. Elizabeth non aveva ancora figli, anche
se segretamente coltivava l’intima speranza di poter diventare
madre un giorno. Era il sogno che non aveva mai rivelato a nessuno,
eppure in cuor suo continuava a sperarci. Di certo l’opportunità
non mancava: quasi tutti i re europei avevano avanzato proposte di
matrimonio, offrendo qualunque cifra o dono come pegno d’amore.
Elizabeth era una donna molto ambita anche fuori dall’Inghilterra,
sia per la sua straordinaria bellezza che per la sua vivace ed insaziabile
intelligenza. “Io sono sposa del mio popolo” continuava
a ripetere insistentemente ogni qualvolta un nuovo pretendente si
faceva avanti. La realtà però era leggermente diversa,
la regina non aveva alcuna intenzione di accettare anche solo una
delle proposte a lei rivolte, ma se lasciava che il re spagnolo, quello
francese o i vari nobili italiani si beccassero a vicenda avrebbe
potuto mantenere salda l’alleanza con tutti e tre gli stati.
Il pretendente più insistente era quello spagnolo; Filippo
continuava a mandarle infuocate lettere d’amore assieme a gioielli
introvabili e merci preziose provenienti dall’America. Edward
si arrabbiava sempre molto quando arrivavano messaggeri spagnoli e
minacciava di rispedirli al mittente a calci nel sedere, ma la fermezza
e la decisione di Elizabeth trattenevano sempre il cavaliere da commettere
delle stragi. Il re francese invece era meno insistente ma più
romantico; le sue lettere erano appassionate e molto sdolcinate, la
regina si intratteneva piacevolmente a leggerle. In un’occasione
fu persino tentata di accettare la sua proposta, ma poi guardò
dritta negli occhi di Edward e si rese conto che non ci sarebbe mai
stato spazio per nessun altro nel suo cuore. Però tenerli tutti
sulle spine ancora un poco le avrebbe fatto sicuramente comodo, era
persino riuscita a convincere Kira che fosse giusto agire a quel modo…eppure
non riusciva a convincere se stessa. Sapeva quanto doveva costare
alla guerriera accettare tutti quei pretendenti che le ronzavano continuamente
attorno ed i ricevimenti che Elizabeth dava in loro onore quando li
ospitava a palazzo (ed erano veramente molte le volte in cui tale
evenienza si verificava). In quei giorni Kira non si staccava di un
millimetro dalla regina e la pedinava costantemente senza darle (apparentemente)
respiro. In realtà ad Elizabeth piacevano quei momenti, poteva
avere sempre Kira vicina e di solito lei era perennemente occupata
con affari di stato, a sedare rivolte, ad istruire gli uomini o semplicemente
a lustrare il proprio fucile.
C’era un altro motivo per cui Elizabeth non si era mai sposata,
ed era di natura ben più seria. I medici erano stati abbastanza
chiari: non poteva avere figli. La notizia l’aveva profondamente
turbata, era infinitamente doloroso e triste dover scoprire a venti
anni di non poter avere figli; convivere con la soffocante verità
di spezzare una dinastia potente per il solo fatto di essere fisicamente
inadatta. Solamente Kira era a conoscenza di quel pesante segreto
e aveva giurato di mantenerlo. Elizabeth si fidava della sua parola.
STELTH, 26 maggio 1561
Le truppe inglesi si stavano scontrando con i ribelli capeggiati da
Mary senza sosta da giorni ormai; la scozzese si era dichiarata Regina
di Scozia e aveva preso il potere sullo stato. Le notizie giungevano
regolari a Londra ed Elizabeth era sempre più preoccupata.
Norfalk però la rassicurava sempre dicendole che gli uomini
si battevano con onore e per il momento i confini reggevano. Eppure
la regina sapeva che Kira le stava nascondendo qualcosa, lo sentiva.
Aveva più volte proposto di scendere in campo al fianco delle
truppe, ma Norfalk aveva categoricamente rifiutato ricordando ad Elizabeth
quanto pericoloso fosse. La regina però non intendeva demordere
e continuava a scrivere. Le lettere al campo arrivavano in pratica
ogni giorno, ed ogni giorno un corriere ripartiva per portare la risposta.
Sembrava che Norfalk fosse più interessato a scrivere lettere
che a occuparsi degli uomini, eppure non era affatto così:
Edward seguiva costantemente l’andamento della battaglia ed
anzi era il primo a gettarsi nella mischia; ma di sera si ritirava
solitario nella propria tenda a scrivere, a notte fonda un messaggero
partiva con il più veloce dei cavalli per portare la preziosa
missiva a Londra. E così via, giornata dopo giornata, notti
insonni passate a rileggere le adorate lettere scritte da Elizabeth
di suo pugno sulla carta gialla, Kira conosceva bene la grafia della
regina. Le nottate passavano troppo velocemente, troppo rapide per
la guerriera che non aveva il tempo di riprendersi. Doveva riposare,
lo sapeva: era esausta ed ogni giorno che passava diventava sempre
più difficile, eppure non poteva fare a meno di rimanere sveglia
gran parte della notte a leggere le missive che Elizabeth le mandava.
Era sempre così quando partiva per una guerra, non sapeva rassegnarsi
all’idea di dover stare lontana dalla propria anima gemella
per tanto tempo, già un giorno era tanto; figurarsi interi
mesi! Man mano che il tempo passava, il suo cuore bramava Elizabeth,
cercava la sua voce in mezzo al campo, i suoi occhi fra i volti estranei,
le sue mani fra le lame lucenti, il suo sorriso fra le facce cupe
e le sue carezze, in mezzo alla battaglia. Doveva essere forte; lì
era un uomo, il più valoroso e temerario dei guerrieri, non
poteva mostrarsi debole. “Serrate le file sulla sinistra o sfonderanno
le difese!” la sua voce tuonò come quella di un leone
in mezzo alla mischia senza lasciar trasparire i sentimenti che dominavano
il cuore di Kira. Ella si buttò sulla sinistra e prese un gruppo
di soldati, li spostò di peso nella posizione in cui dovevano
stare. Gli uomini iniziavano a stancarsi; quella era una guerra difficile,
crudele e logorante, ogni sera le truppe tornavano meste ai propri
accampamenti cercando di curare i feriti e di riposare, in attesa
di ricominciare da capo il giorno seguente. La battaglia però
ebbe un punto di svolta due settimane dopo il suo inizio: per la prima
volta scese in campo il Generale dell’armata scozzese, Norfalk
sbiancò quando la guardò in volto per la prima volta.
Era Mary. Indossava un’armatura pari a quella di Edward per
splendore e resistenza, e brillava in mezzo ai gregari scozzesi. La
regina levò spavalda l’elmo e sciolse la coda che le
fermava i lunghi capelli biondi. Mary fissò i suoi gelidi occhi
cerulei su Norfalk e spronò il cavallo, andò a raggiungerlo
“Ci incontriamo di nuovo” sibilò Kira amareggiata
“Ti è poi guarita la ferita? Sai, mi è dispiaciuto
molto rovinare la tua schiena perfetta con una cicatrice del genere…e
la mia cara cugina come se la cava? Fate ancora quel perverso giochetto
di identità Kira-Edward?” “Qui esiste solo Edward
Norfalk Leicester, e nessun altro” “Eppure passi tutta
la notte a leggere le sdolcinate lettere di Elizabeth. Non è
un comportamento che si addice ad un uomo impavido senza paura come
Edward” “Tu che ne sai?! Non hai mai amato nessuno nella
tua insulsa ed inutile vita!” “A causa tua, che mi hai
sfigurato il volto! Con una faccia del genere nessuno potrà
mai amarmi” dopo aver lanciato un urlo disumano carico di rabbia,
Mary si gettò su Kira ed entrambe caddero dai propri destrieri.
Seguì una convulsa lotta in mezzo alla polvere che il vento
sollevava dal campo di terra battuta. Fu Mary ad avere la meglio,
se ne stava cavalcioni sopra Kira a godersi la vittoria mentre le
teneva ferme le braccia al suolo con una morsa indissolubile. “Com’è
sentirsi impotenti, eh? Cosa si prova ad essere in balia dell’avversario,
senza possibilità di reazione? È una sensazione piuttosto
sgradevole, ho ragione?” Mentre diceva questo iniziò
a sporgersi sempre più in avanti, finché le sue labbra
incontrarono quelle di Kira in un lungo ed appassionato bacio. La
guerriera si divincolò repentinamente dalla presa e ribaltò
Mary facendo leva con le gambe sullo stomaco. “Ti piace stare
sopra? - mormorò la regina divertita - e va bene, come vuoi”
“Smettila!” tuonò Kira completamente fuori di sé
“Ma guarda, ti ho anche ferita…” ribatté
Mary soddisfatta. La guerriera si passò un pollice sulle labbra,
lo guardò: era rosso di sangue. “Ammettilo, non eri mai
stata baciata così!” Kira piegò la testa da un
lato e sputò disgustata. Poi afferrò Mary per il bavero,
la colpì violentemente allo stomaco con un calcio. Ella reagì
sfoderando la propria arma. Kira fece lo stesso, e le due si trovarono
a lottare come leoni inferociti in una gabbia. Attorno a loro lo scontro
era accanito e brutale, gli uomini davano fondo a tutte le proprie
energie senza risparmiarsi; ognuna delle due fazioni tentava disperatamente
di prevalere eppure c’era una situazione di completa parità.
STELTH, 15 giugno 1561
“Cara Elizabeth,
Ti scrivo ora dal campo, perdonami se non ho avuto modo di risponderti
prima ma sono successe molte cose in queste settimane e a stento sono
sopravvissuta. Mary è scesa in campo a guidare la propria armata
e ci sta creando molti più problemi del previsto; ci servono
rinforzi. Io stessa sono rimasta gravemente ferita molti giorni orsono,
ringrazio Dio d’essere ancora qui sana e salva. Di sicuro ora
mi ripeterai che è sciocco rifiutare l’offerta di Darek,
ma non ho intenzione di rivolgermi a lui. I suoi stupidi mozzi possono
fare ben poco in un campo da battaglia solido, senza l’albero
maestro, le scialuppe e tutto il resto. Eppure abbiamo un disperato
bisogno di uomini, non potremo resistere molto se le truppe scozzesi
continuano di questo passo. Ho parlato con i comandanti, sono decisi
a rimanere fino alla fine; anche fino alla morte se necessario. Non
dobbiamo farli passare o sarà la fine per l’Inghilterra.
Quei barbari sarebbero disposti a tutto pur di impadronirsi del tuo
regno, Mary per prima. Temo stia organizzando qualcosa di spaventoso,
lo sento nell’aria. Ho mandato degli uomini in avanscoperta,
non sono tornati.
Tu cosa mi racconti? Come procede la vita a palazzo? Come procedono
i lavori per il nuovo teatro? Se non è già stato trovato
un nome, mi piacerebbe che lo chiamassi “Swan”. È
un nome che mi è venuto in mente la scorsa notte, in sogno.
Potrà sembrarti strano, ma sei stata proprio tu a suggerirmelo.
Ti sogno ogni notte, sogno di incontrarti e di parlare con te, di
sfiorare il tuo morbido viso delicato e di prenderti per mano. Questa
lunga assenza mi sta logorando, spesso sono tentata dalla voglia di
rientrare a Londra e solo il senso del dovere verso la mia patria
e la mia regina mi trattiene ancora qui. Non posso rimanere lontana
da te, il cuore urla disperato dentro al petto il tuo nome, pregando
di vederti comparire oltre quel monte. Sai bene anche tu però
che non posso permetterti di raggiungermi, l’Inghilterra ha
bisogno di una regina come te. Intanto noi qui stringiamo i denti
e continuiamo a lottare. Non possiamo lasciare che Mary passi i confini
o sarà la fine per noi tutti. Io lotterò fino alla morte
per fermare tua cugina, non permetterò mai che ti raggiunga.
Dio solo sa quanto vorrei che questa sporca guerra finisse…
A presto, mia salvezza.
Kira”
Circa due settimane dopo giunsero i rinforzi
tanto agognati da Kira. Elizabeth era riuscita ad ottenere aiuti militari
ed economici (seppur in gran segreto) sia dalla Spagna che dalla Francia.
Senza curarsi degli avvertimenti disperati che Kira continuava a mandarle,
la regina partì alla testa della nuova armata verso Stelth.
Dopo un giorno di viaggio a tappe forzate giunsero nella cittadina.
Ormai era sera inoltrata e l’accampamento era illuminato solamente
dalle torce delle tende. Le sentinelle scattarono in avanti quando
udirono il rumore metallico dei cavalli corazzati che stavano davanti
alle truppe armate. “Chi va là?” gridò uno
dei due “Alleati, apri i cancelli” replicò Elizabeth
“Fatevi vedere, non vi credo sulla fiducia” la regina
allora si fece avanti, mosse il cavallo e si portò sotto la
luce delle lanterne. “Osi dubitare della mia parola?”
nonostante non fossero abituati a vederla in abiti da guerra, i due
guardiani riconobbero immediatamente la propria sovrana. “Vo-vostra
maestà, la prego di perdonarmi!” s’inginocchiarono
entrambi “Aprite i cancelli” ripeté con tono perentorio.
I due guardiani si rialzarono immediatamente ed eseguirono l’ordine.
Non appena le truppe iniziarono a varcare l’ingresso, presero
a gridare “Rinforzi! Sono arrivati i rinforzi!” per avvertire
tutti della bella nuova. I comandanti corsero verso l’ingresso
seguiti da Edward “Cosa…ma che…” il condottiero
rimase interdetto di fronte all’avanzamento dell’armata.
Vide Elizabeth in testa alla cavalleria vestita con una sgargiante
armatura, ed un mantello rosso che sventolava repentino e si divincolava
dal forte vento. Guardò oltre, riconobbe stendardi spagnoli
e francesi. Strano. Chissà come diavolo aveva fatto a portarli
lì…non osava pensarci. Senza nemmeno accorgersene Edward
raggiunse la regina e si inginocchiò di fianco al cavallo.
Elizabeth scese dalla sella e fece alzare il cavaliere “È
bello rivederti” sussurrò guardando dritta nei suoi occhi
azzurri “È-è un onore poterla ospitare nel mio
campo. Il mio esercito ora è ai Vostri ordini” rispose
allora Edward, secondo la formula di rito. Poi prese le mani della
regina e fece per baciarla, ma all’ultimo momento deviò
e le diede un caloroso bacio sulla guancia “Astuta” le
sussurrò Elizabeth all’orecchio “Meno fatti gli
diamo su cui spettegolare, meglio è. Credimi, questi sono come
delle spugne: assorbono tutto e quando li strizzi non trattengono
nulla. Vieni a riposarti, sarai stanca - poi si girò verso
il Comandante in Capo, David - Sistema gli uomini nuovi nelle tende
libere e se non basta fanne costruire delle altre” detto ciò
si dileguò in mezzo alla folla, sempre tenendo Elizabeth saldamente
per mano. Nemmeno un minuto dopo erano entrambi nella grande tenda
riservata unicamente al Generale Maggiore. “Come diavolo ti
è saltato in mente di venire a combattere?! È pericoloso,
te l’avrò detto un centinaio di volte” “Non
mi importa di quanto pericoloso possa essere; il mio destino è
con te e nulla potrà mai impedirmi di starti accanto”
Edward scosse il capo e sedette supino sul proprio giaciglio “Perché
non vuoi capire, Kira? La mia vita è inutile senza la tua presenza,
meglio morire al tuo fianco che sopportare un’intera esistenza
da sola” “Qui non c’è nessuna Kira, ricordalo.
Esiste solo Edward Norfalk Leicester” “Sei…sei così
fredda. Cosa succede?” “La guerra cambia molto il carattere
delle persone, e ora siamo nel mio campo. Non posso mostrarmi debole,
altrimenti perderò la stima dei miei uomini, loro impiegherebbero
meno di due minuti a cacciarmi e scegliersi un nuovo generale”
“Dunque è questa la realtà di un accampamento.
Mangiare o venir mangiati. È molto crudele, ma ricorda una
cosa: anche l’amore cambia le persone” non aggiunse altro,
si avvicinò a Kira e la baciò teneramente “L’amore”
sussurrò la guerriera prima di stringere Elizabeth forte a
sé “Mi sei mancata da morire” aggiunse confortata
dalla piacevole presenza “Anche tu. Promettimi che non partirai
mai più senza di me” “È una promessa che
non posso mantenere, lo sai. È molto tardi, meglio dormire
ora” “A-hem…mi aiuti a levare questa ferraglia?!
Non mi ci trovo per niente a mio agio” Kira era ben più
esperta in fatto di armature e ci mise poco a togliere le varie parti
della corazza partendo da braccia, spalle per poi levare il bustino
“Numi del cielo, ti ringrazio. Penso che non avrei retto un’altra
ora con quella roba addosso!” “sai che sei proprio un
figurino con quella calzamaglia addosso? Davvero, ti dona” “Non
fare la spiritosa! È orribile e mi fa puzzare come una capra”
“Allora ti manderò a dormire con i cavalli!” “Non
oseresti mai! Io sono la regina e tu devi eseguire i miei ordini”
Kira ridacchiò un poco, poi afferrò Elizabeth per i
fianchi e la lanciò di peso sul letto “Dormi” si
limitò a sentenziare prima di infilarsi a sua volta sotto la
coltre di pelli. “Spiegami una cosa: come diavolo hai fatto
ad avere aiuti dalla Francia e dalla Spagna?!” la regina fece
finta di dormire, ma Kira non abboccò “So che sei sveglia.
Rispondi” “Oh-uhm, sai com’è, ho usato le
mie doti innate” “Sarebbe?!?” la guerriera scattò
seduta e fissò perplessa Elizabeth “Li ho illusi un po’,
gli ho fatto gli occhi dolci e gli ho chiesto di mandare un po’
di uomini ad aiutarmi. Tutto qui” Kira socchiuse gli occhi sospettosa
“Sicura?” “Non ti fidi di me?” “No,
non mi fido di Filippo. Quello ha le mani lunghe” la regina
scoppiò in una risata sommessa, spense la candela e tirò
di nuovo Kira sotto le coperte “Ho sonno, se proprio non ti
fidi di me domani istituirò un tribunale di inquisizione. Contenta?”
la donna non rispose, si limitò ad abbracciare forte Elizabeth
prima di addormentarsi.
Il giorno dopo la campana suonò imperterrita all’alba
e gli uomini uscirono dalle tende. C’era chi si lavava il volto
con l’acqua gelida, chi si faceva mettere l’armatura,
chi affilava la propria spada, chi pregava e chi invece controllava
i ferri del proprio cavallo. Tutto era essenziale e ogni singola operazione
veniva eseguita come un rito sacro. Avere qualcosa fuori posto poteva
significare la morte: se il cavallo si azzoppava durante la corsa,
se la spada si spezzava o se l’armatura non reggeva c’era
ben poco da fare. Nella propria tenda Kira era già pronta e
stava aiutando Elizabeth a vestirsi quando un soldato entrò
di soppiatto “Edw…uh…scusatemi, credo di essere
arrivato in un momento poco appropriato” “Nessuno ti ha
mai insegnato ad annunciarti prima di entrare nell’alloggio
di una regina?!” “Vi chiedo infinitamente perdono, Generale.
Non accadrà più, lo prometto” “Sarà
meglio. Avevi per caso qualcosa di importante da comunicarci?”
“Le armate scozzesi stanno avanzando più velocemente
di quanto potessimo immaginare, se non ci muoviamo sfonderanno le
difese” “Arriviamo ora” l’uomo fece un profondo
inchino ed uscì dalla tenda. “Bene, ora trattieni il
respiro” Kira poggiò un piede sulla schiena di Elizabeth
e diede un forte strattone “OW!” “Bene, fatto. Sei
pronta” qualche minuto dopo l’esercito anglo-franco-ispanico
era in marcia. Faceva molto freddo quel giorno, il sole stentava a
farsi vedere oltre le nubi grigie mattutine. “Bene, eccoci qua”
poco più in là giunsero gli uomini scozzesi. Kira scrutò
attentamente le prime file ma non vide Mary “C’è
qualcosa che non va” sentenziò infine “Cosa intendi
dire?” “Elizabeth, vai verso il centro dell’esercito;
non puoi rimanere qui. David, Stephen, Francis, seguitela e proteggetela
ad ogni costo” “No! Fermi, che fate?! K…Edward!
Io non me ne vado! Dì subito ai tuoi uomini di lasciarmi! È
un ordine!” “Qui sono io il capo, ricordalo. Lo faccio
solo per il tuo bene” “Nooo!” Elizabeth continuò
a dimenarsi sul suo cavallo anche quando i tre cavalieri la trascinavano
via “Sono io la regina! Molla subito le mie briglie, disgraziato!”
Loro però non la ascoltarono, si sistemarono in mezzo agli
uomini ed attesero l’inizio della battaglia. Edward era davanti
a tutti, scrutava perplesso le linee nemiche. Si vide un bagliore
attraversale il cielo, oltrepassare entrambi gli eserciti ed andare
a perdersi nella boscaglia. “Un segnale! Voltatevi, era una
trappola! Ci attaccano dai lati!” si udì un urlo proveniente
da oriente. Ovviamente era Mary. Ella aveva diviso il proprio esercito
in tre parti e stava chiudendo a tenaglia le truppe nemiche entro
la stretta valle di Stelth. “Muoversi, muoversi! Non lasciatevi
prendere alle spalle! Chi diavolo vi ha addestrato, un menestrello?!”
Edward correva a destra e a manca impartendo ordini, rimettendo in
asse gli uomini e gridando insulti come un pazzo. Sembrava che gli
uomini non ne volessero sapere di fare il loro dovere, e in più
c’erano gli stranieri che non parlavano inglese, con loro bisognava
andare a gesti o ad intuito. Il condottiero si assicurò che
Elizabeth fosse ben protetta, voltò il cavallo, sguainò
la spada. Mary la attendeva, Kira poteva sentire il suo sguardo gelido
addosso. Un lampo squarciò l’aria, seguito da un rombo
assordante; il cavallo di Edward si imbizzarrì ma il cavaliere
riprese subito il controllo del proprio destriero ed anzi si gettò
contro l’odiata nemica. Mary non attendeva altro: portò
lo sguardo verso il cielo, esultò con uno stridulo urlo di
gioia, spronò l’animale e si lanciò a perdifiato
verso Edward. I due guerrieri si scontrarono in mezzo al caos generale,
ogni schema era saltato, l’anarchia regnava sovrana fra tutti
gli uomini. “Hai portato Elizabeth a combattere. La vuoi forse
uccidere? Non reggerà mezz’ora in questo casino”
“A dire la verità è venuta di sua spontanea volontà;
e non ti angosciare: ho messo tre dei miei uomini migliori a proteggerla”
“E se dovessero fallire?” “Ho insegnato ad Elizabeth
a cavarsela” Mary rise divertita “Mia cugina…che
combatte?! Questa è davvero bella” Lo scontro fra le
due si fece accanito, i cavalli scalciavano mentre giravano uno attorno
all’altro. Edward e Mary lottavano come belve inferocite, le
spade vibravano ai duri colpi sferrati, le lame rimbalzavano con violenza
e le scintille schizzavano da ogni parte. Mary era migliorata molto
dall’ultima volta in cui si era battuta con Kira. La guerriera
ricordava ancora quel nefasto giorno di tre anni prima…
LONDRA, 10 luglio 1958
Mary era regina d’Inghilterra da anni eppure il popolo la chiamava
‘Mary la sanguinaria’, per tutte le stragi che aveva compiuto
e fatto compiere nel breve periodo del suo regno. Tutti acclamavano
Elizabeth come nuova sovrana ma Mary non ne voleva sapere di lasciare
il trono e reprimeva ogni tentativo di ribellione con il sangue. Elizabeth
decise allora di intervenire, costituì una piccola armata capeggiata
da Edward Norfalk e riuscì ad ottenere l’appoggio di
qualche generale reale. Meno di due mesi dopo la ribellione era preparata.
Tutto accadde in una calda serata estiva; l’esercito ribelle
entrò silenziosamente a palazzo scortato dai soldati corrotti
che si trovavano già dentro, gran parte della resistenza fu
liquidata con facilità ma Mary era scaltra, ed accorta: sapeva
ogni cosa. In quella notte prese vita uno scontro feroce a palazzo,
Elizabeth non esitò a mettersi in gioco ma la sua competenza
in fatto di guerra era inesistente e venne a trovarsi nella difficile
situazione di decidere tra perdere la propria vita o sacrificare quella
dei ribelli. Mary era di fronte a lei, le aveva persino proposto di
salvarla in cambio della vita dei rivoltosi ma Elizabeth rifiutò
senza esitazione “Non vincerai mai” sussurrò prima
di chiudere gli occhi, in attesa della morte. Mary aveva già
levato la spada sopra il capo quando Edward si gettò fra le
due e abbracciò forte Elizabeth. il condottiero rimediò
una profonda ferita che segnava la schiena partendo dalla spalla sinistra
fino all’osso sacro, ma non era quello il problema principale:
Mary imbeveva sempre la propria lama di veleno prima di combattere,
quel giorno non aveva di certo fatto un’eccezione. Il medico
di corte aveva cercato di curare Edward ma disse che c’era poco
da fare: con una ferita così vasta e tutto quel veleno il guerriero
sarebbe morto di sicuro. Eppure i giorni passavano, egli rimaneva
aggrappato alla vita e sembrava poco intenzionato a lasciare la presa.
Elizabeth provò a rivolgersi a medici francesi, italiani, greci
ed egiziani; ormai tutti davano Edward per spacciato. La regina non
si diede per vinta, si rivolse ad ogni curatore conosciuto, cercò
in ogni angolo del mondo finché trovò l’unico
alchimista in grado di salvare il guerriero. Si chiamava Shakti e
veniva dalle lontane Indie. Kira però era in condizioni disperate,
continuava a peggiorare di giorno in giorno e da circa una settimana
non riuscivano a svegliarla. Anche Shakti era pessimista in merito
alle possibilità di salvare la guerriera, ma Elizabeth non
voleva darsene una ragione. Le chiese di provare, glielo intimò,
glielo ordinò, la pregò e la implorò di fare
qualcosa. La prima risposta dell’alchimista fu “Posso
solo alleviare le sue sofferenze” secondo Shakti anche nell’irreale
possibilità che Edward si riprendesse da quel terribile avvelenamento,
non avrebbe più potuto riacquistare l’uso delle gambe.
La regina continuava imperterrita lungo la propria strada, senza badare
alle lamentele della guaritrice “Non può morire”
“Ha una quantità spaventosa di veleno in circolo, anche
se è stato levato quasi tutto nelle prime cure prestatigli
una parte di esso era già in circolo e sta lacerando lentamente
gli organi interni di Edward. Non so che tipo sia questa Mary, ma
ha usato un veleno temibile. Si chiama ‘osculum igneum’,
ha un effetto lungo e terribile. Credo che in questo stesso istante
il tuo bell’Edward stia soffrendo pene indicibili. Questo tipo
di veleno è famoso per la febbre altissima che provoca e spasmi
muscolari. Non vorrei essere nei suoi panni per nulla al mondo”
“Mio dio…” “E non è tutto purtroppo;
se lasciato agire indisturbato provoca la paralisi degli arti e la
lesione dei nervi. Ciò significa morte” “Edward
deve vivere, non importa quale sarà il prezzo da pagare. Edward
deve vivere” alla fine Shakti si arrese di fronte all’ostinazione
di Elizabeth e fece tutto ciò che era in suo potere, ma sembrava
che le cure non avessero alcun effetto. “Non posso fare altro,
mi dispiace” sentenziò infine la dottoressa. Elizabeth
sospirò abbattuta, uscì dalla stanza di Edward e si
affacciò al balcone. Il vento era tiepido e lieve in quella
triste sera estiva, i capelli di Elizabeth ondeggiavano malinconici
mentre la regina poggiava sconsolata il capo contro la parete. “Mi
dispiace, Elizabeth. Lo ami molto, vero?” “È tutta
la mia vita. Siamo cresciuti assieme, siamo sempre stati assieme,
non posso vivere senza Edward” “Se fossi venuta subito
probabilmente avrei potuto salvarlo, ma nelle condizioni in cui si
trova…ad ogni modo, è stata fortunata a incontrarti”
“Cosa?!” la regina si girò di scatto, stupita “Potrebbe
cascarci uno stupido cortigiano, io no di certo. Perché avete
creato questa farsa?” Elizabeth si avvicinò al capezzale
di Kira e le prese una mano “È molto difficile, cerca
di capirmi. Certa gente sa essere così ottusa a volte…e
poi a dire il vero Edward è nato prima di Kira. In un certo
senso lei è una mia creazione” “Eppure una soluzione
l’avreste potuta trovare” “Sono una regina, Shakti!
Non ho altro modo di avere Kira al mio fianco se non camuffandola
da uomo. Bene, penso che tu abbia finito qui. Puoi rimanere a palazzo
quanto desideri, oppure puoi ripartire per l’India. Se intendi
lasciare Londra sarò ben felice di mettere a tua disposizione
una scorta e di donarti il cavallo più veloce del mio regno.
Te lo devo” “Avrei un’altra richiesta” “Sarebbe?”
“Voglio rimanere al tuo servizio, sento che questo è
il mio posto” “Come desideri. Ora però lasciaci
sole, te ne prego” Shakti abbozzò un debole inchino ed
uscì dalla stanza prima di richiudere la porta alle proprie
spalle. Elizabeth s’inginocchiò davanti al letto di Kira
e strinse ancora più forte la sua mano “Non puoi morire
Kira. Non ora! Sono diventata regina, vedi? Come avevi tanto sperato.
Ora ho tutto; il potere, la gloria, la fama, ho un popolo che mi rispetta
e mi vuole bene, eppure non posso giungere nemmeno vicina alla felicità.
Due lunghi mesi senza sentire la tua voce, senza le tue mani gentili,
e mi sembra passata una vita. Se puoi ascoltarmi, dovunque tu sia,
ti prego di tornare. Torna da me, mia gioia, mia stella, e ridammi
il sorriso; tu sola che puoi. Mi hai donato la vita…ed ora vieni
a togliermela.” Congiunse le mani in segno di preghiera “Dei
del cielo, voi che state sui vostri troni dorati a guardare le misere
vicende di noi mortali, salvate quest’anima pia che ha donato
tutto per la salvezza di un popolo e concedetele la grazia in merito
al valore e al coraggio che albergano nel suo cuore. Se davvero esistete
lassù e se davvero v’interessate alla mera esistenza
che conduciamo, salvate il mio amore, ridatele il soffio vitale e
fatela tornare da me” la regina continuò a guardare Kira
tutta la notte, sperando che si svegliasse, ma infine cadde addormentata,
vinta dal sonno. Un raggio di luce entrò dalla finestra e illuminò
il letto della guerriera. Una ninfa di luce scese sul capo di Kira
e pose le mani sulla sua fronte. Il suo volto ridiventò roseo,
il pallore che dominava le sue gote fino a quel momento svanì
completamente. Poi la ninfa si dissolse ridendo scherzosa e danzando
al chiaro di luna. Kira fece un enorme respiro, quasi fosse il primo
respiro della sua vita ma continuò a riposare, ne aveva bisogno.
Elizabeth non si svegliò; dormiva beata, poggiata sul ventre
della guerriera. Il giorno seguente Kira si svegliò all’alba,
aprì gli occhi ma subito dovette richiuderli: il sole feriva
in un modo che non ricordava. Dove si trovava? Non riconosceva quella
stanza. Sentì un peso sullo stomaco, fece capolino con il volto
da sotto le coperte e socchiuse gli occhi. Elizabeth le stava dormendo
addosso. Odiava ammetterlo, ma pesava da morire. Era dunque diventata
così debole? L’ultima cosa che poteva ricordare era l’assalto
al palazzo, Elizabeth davanti a Mary e poi…poi…poi il
buio. “Elizabeth…” mormorò.
Fu in quel momento che la regina realizzò quale miracolo era
accaduto. Qualche dio benevolo doveva aver ascoltato la sua preghiera,
Kira era guarita! Da allora tutto era stato diverso, tutto era cambiato,
c’erano stati lunghi anni di pace.
STELTH, 20 giugno 1961
Lo scontro fra Edward e Mary continuava senza esclusione di colpi;
il condottiero era persino riuscito ad abbattere il cavallo della
scozzese ma ella aveva azzerato la temporanea superiorità del
nemico disarcionando l’uomo. I tre cavalieri posti alla difesa
della regina erano ancora al loro posto e non sembravano avere problemi.
La loro unica preoccupazione era tenere ferma Elizabeth, che voleva
a tutti costi buttarsi in mezzo alla mischia e dare una mano. “Devo
riconoscerlo, ti sei ripresa bene. Mi avevano detto cose terribili
sul tuo conto” disse improvvisamente Mary “Oh si, sono
tornata più forte di prima; ma questo non lo devo di certo
a te. Anche tu però hai passato un periodo brutto, vero? Essere
cacciata dall’Inghilterra, venire chiamata ‘vipera scozzese’…non
è molto piacevole, lo ammetto. Ma te le sei meritate tutte
queste disgrazie. Non hai saputo far altro che portare morte e distruzione
nella mia patria” con uno scatto repentino Mary sferrò
un rapido fendente e ferì Kira di striscio sul braccio sinistro.
La guerriera si fermò atterrita “C’era veleno sulla
spada, eh?” “Sai com’è, certe cattive brutte
abitudini sono difficili da perdere…” la regina scozzese
rise soddisfatta ed esplose in un acuto urlo di vittoria. Nell’udirlo
i suoi uomini si unirono al coro, levando le spade al cielo, mentre
le truppe inglesi rimasero attonite “Facciamo ritorno al campo,
abbiamo fatto abbastanza danni oggi!” Mary si voltò sfrontata
ma Kira ebbe una reazione e riuscì a piazzare un fendente sul
fianco sinistro della nemica “Maledetta!” la scozzese
imprecò, si piegò un po’ in avanti, portò
una mano sulla ferita e fuggì più rapidamente che poté
al proprio accampamento. Kira abbozzò un sorriso soddisfatto
prima di cadere in ginocchio, stremata. Non fece in tempo a gemere
per il dolore che Elizabeth era già davanti a lei “Che
cosa è successo? Perché si ritirano?” “Hanno
avuto ciò che volevano” mostrò alla regina la
ferita “Non è una ferita grave” “Forse”
Kira rimontò a cavallo e corse veloce all’accampamento.
“Edward! Aspettami!!” niente da fare. Era già galoppato
via oltre il colle “Che diavolo…”
Una volta giunto a Stelth, Edward si recò spedito nella tenda
della curatrice Shakti “Ho bisogno del tuo aiuto, subito”
“Dimmi” Kira mostrò il braccio ferito all’amica
“Non mi sembra nulla di cui preoccuparsi” “Osculum
igneum” “Numi del cielo! L’ha fatto di nuovo…”
“Mary non ha cambiato stile rispetto tre anni fa. Mi serve l’antidoto.
Ce l’hai?” “Ne ho solo una piccola quantità,
ma non è abbastanza. Dannazione, ne avessi portato dell’altro!”
“Non fa niente. Dammi quello che hai.” “È
una follia! Non puoi uscire di qua come se nulla fosse, continuare
a combattere e sperare che la poca polvere di questa boccetta ti possa
salvare. Così corri incontro alla morte” “Nel caso
non te ne fossi accorta siamo in mezzo ad una battaglia e io sono
il generale. Se si venisse a sapere che sono avvelenata si scatenerebbe
il panico fra i miei uomini e la guerra sarebbe persa. Dammi quella
maledetta polvere e fasciami stretto il braccio. Devo tornare al mio
lavoro” “Se vuoi andare incontro alla morte fai pure,
non sarò complice del tuo suicidio” “Fai come ti
ordino!” gridò, alterata. Shakti fu costretta ad obbedire,
usò tutto il medicamento che aveva e strinse forte una fascia
sulla ferita. “Non servirà a niente” continuava
a ripetere l’alchimista scuotendo il capo “Manda un messaggero
a Londra a prendere la medicina, dovrebbe arrivare in tempo utile”
“Promettimi che per oggi non farai niente e te ne resterai a
riposo tutto il giorno” “Cercherò” “No,
tu lo devi fare e basta! Più ti muovi, più velocemente
il veleno entra in circolo e meno tempo ci rimane” “Se
non eseguo i miei incarichi la gente inizierà ad insospettirsi,
e capiranno. Elizabeth non deve sapere, intese?” “Se tu
fai come niente fosse, morirai presto” “Non sono morta
l’ultima volta, e la quantità di veleno allora maggiore”
“Sei rimasta incosciente per quasi un mese! È un miracolo
che tu sia qui a raccontarla, credimi” Kira incrociò
le braccia dietro al capo sconsolata, si passò le mani fra
i capelli e sospirò “Non puoi chiedermi questo. Dovrà
pur esserci una maledetta medicina che rallenti l’effetto del
veleno” “Posso darti un estratto di mirto giallo, è
l’unica cosa che mi viene in mente. Il suo effetto però
è limitato e ogni volta diminuisce; non prenderne più
di due sorsi al giorno altrimenti non riuscirai più a farne
a meno” “Intendi dire che ne diventerei dipendente?!”
“Esatto. Quella del mirto giallo è una dipendenza dura
da estirpare, credimi” Shakti diede a Kira una bottiglietta
piena di un liquido giallo “Non più di due sorsi”
la ammonì “Capito” la guerriera prese la medicina,
si congedò da Shakti e uscì dall’alloggio. Elizabeth
la stava freneticamente cercando fra gli uomini “Edward, eccoti!
Dove sei finito?! È quasi mezz’ora che ti cerco!”
“Ero in giro a dirigere gli uomini, nulla di speciale”
“Ti sei fatto curare la ferita. È grave?” “No,
niente di grave; non ti preoccupare. Passerà presto”
“Bene, sono felice” Elizabeth sorrise radiosa “Vieni
con me, devo fare il giro del campo per vedere se tutto va bene. Ho
bisogno del tuo aiuto: sei tu quella che parla lingue straniere!”
passarono tutto il pomeriggio fra le truppe, parlarono con i feriti
uno ad uno e sbrigarono le procedure formali per la notte, stabilirono
i turni di guardia, mandarono una squadra a procurare della selvaggina
e si ritirarono nel proprio alloggiamento a cenare. Kira iniziava
a sentirsi affaticata, il veleno faceva effetto. Si passò una
mano sulla fronte, era bollente e sudata “Stai bene? Hai mangiato
pochissimo” “Non ho molta fame, sono stanca. Sarà
meglio che vada a dormire o domani non riuscirò a combinare
niente di bene” Kira prese la boccetta, tolse il tappo e bevve
un po’ del contenuto “Cos’è?” “Un
tonico per rimettermi in forma. Mi farà dormire stanotte”
“Oh, bene, posso averne anche io un po’?” “…bè,
no, è meglio di no.” Detto ciò Kira levò
l’armatura e andò a coricarsi; o almeno ci provò:
il tragitto era più lungo di quanto potesse ricordare…a
metà strada le gambe le cedettero e la guerriera si ritrovò
inginocchiata a terra “Edward! Numi del cielo, stai bene?”
“Sì, sì, sono solo inciampato. Non ti preoccupare”
detto ciò compì la strada che le rimaneva barcollando,
si lasciò cadere esausta sul proprio giaciglio. “Tutto
ciò non mi convince. Mi stai nascondendo qualcosa” “No,
stai tranquilla!” Edward s’infilò sotto le coperte,
si addormentò quasi subito. Elizabeth rimase a fissarlo stupita.
Non capiva cosa poteva essere successo, era ovvio che non stava bene;
eppure non capiva cos’era. Quella ferita, doveva essere per
forza a causa di quella ferita. Da quando era tornata dal campo si
comportava in modo strano e molto stentato. E poi quello strano tonico,
che poteva mai essere? Si avvicinò furtivamente alla bottiglietta
“Non toccare la boccetta” sentenziò Edward nascosto
fra le pelli di orso “Va bene, ho capito” anche Elizabeth
levò faticosamente l’armatura e si gettò sotto
le coltri. Sarebbe stata una lunga nottata, e lo sapeva.
Ciò che Kira non aveva potuto prevedere erano gli effetti del
veleno. La febbre iniziava a salirle, sentiva la pelle bruciare e
le veniva da grattarsi. Respirava a fatica, i polmoni erano come due
rovi, faceva male anche a stare immobili. Provò a muovere un
braccio; inutile: le forze le venivano a mancare del tutto “Sh…Sha…”
mormorò con un filo di voce. Era sola, Elizabeth dormiva profondamente,
non aveva aiuto. Doveva arrangiarsi. Raccolse tutte le forze che le
rimanevano, si mise in piedi ma non riuscì a fare un passo
che tutto iniziò a girare vorticosamente, così Kira
cadde distesa sul tappeto di velluto rosso. Provò a rialzarsi,
era troppo faticoso. Sentì qualcosa muoversi. Era la regina,
doveva essersi svegliata con il rumore del tonfo. “Shak…ti…”
“Kira! Dio, scotti da morire! Perché non mi hai detto
che stavi male?!” “Shakti…” “Ora la
vado a chiamare!” Elizabeth si rialzò e corse via “Hey…mi
lasci qui?” “Misericordia, perdonami!” la regina
ridistese Kira sul letto e corse fino all’alloggio di Shakti.
Un minuto dopo erano tutte e tre riunite nella tenda del generale.
“Sta molto male” disse Elizabeth preoccupata “È
naturale, io gliel’avevo anche detto; ma lei mi ha forse ascoltato?
No!” “Cosa intendi dire?” “La spada di Mary
era intrisa di veleno, e non ho più la medicina per curarla”
“E non mi avete detto niente?!” “Non voleva farti
preoccupare” “Non mi dice mai quel che succede, forse
non si fida di me” “Oh, no, ti sbagli. Le motivazioni
di Kira sono molto diverse, credimi. È molto più complicato
di quanto tu possa credere” “Allora non riesco a capire…”
“Non c’è tempo né bisogno di capire, ora.
La dobbiamo curare. Se domani il generale Edward Norfalk non scenderà
in campo Mary capirà, e allora non ci sarà più
nulla da fare. Purtroppo però mi rimane poco da fare, il veleno
è forte e il messaggero non giungerà prima di domani
pomeriggio.” “Non c’è proprio nulla?”
“No, l’unica medicina gliel’ho già data ma
sembra che non faccia effetto. Possiamo solo abbassare la febbre e
sperare che guarisca da sola” Shakti ed Elizabeth rimasero tutta
la notte a vegliare sulla tormentata dormiveglia di Kira che continuava
ad avere spaventose crisi e a gridare nel sonno. Il giorno seguente
finalmente tornò il messaggero da Londra con la medicina. Poco
importava che fosse già mattina alzata e le truppe fossero
andate a combattere senza il Generale. Elizabeth era andata al posto
di Edward. Non poteva certamente reggere il confronto in battaglia,
ma era una rassicurazione. Avere la Regina in persona dava più
slancio alle truppe. Stephen, Francis e David rimanevano sempre attorno
ad Elizabeth senza mollarla un istante. A loro tre era stato affidato
il comando dell’armata, giacché la regina non era assolutamente
in grado di assolvere a tale compito. Shakti intanto si occupava di
Kira, che sembrava stare un po’ meglio. La febbre era scesa
ma Shakti non riusciva ugualmente a svegliarla. Temeva che potesse
ripiombare nello stato in cui era finita tre anni prima, ed in quel
momento era l’ultima cosa auspicabile. La guaritrice fu distratta
dai propri pensieri bruscamente, il messaggero la chiamò da
fuori la tenda “Entra, entra” l’uomo varcò
l’ingresso ansando vistosamente “Allora, hai portato la
medicina?” “Certo” il soldato fece un leggero inchino,
prese un sacchetto dalla propria bisaccia “Che gli Dei ti assistano,
grazie!” Shakti non perse tempo, preparò una pozione
con la polvere che Daniél le aveva portato e cercò di
farne bere più che poté a Kira. “Puoi andare ora,
grazie” non rimaneva altro da fare che attendere. Un altro paio
d’ore di riposo e la guerriera finalmente si svegliò
“Che…cosa…” “L’hai scampata bella,
amica mia!” “Che ora è?” “Circa le
dieci” “Cosa?! Dove sono tutti? Dov’è Elizabeth?!?”
“Sono andati a combattere, ovvio. Elizabeth era accompagnata
dai tre comandanti, non preoccuparti” “Mi preoccupo eccome!
Se Mary decide di attaccare la regina quei tre, per quanto bravi,
possono fare ben poco. La ucciderà, maledizione!” Kira
balzò in piedi ed iniziò a vestirsi “Non puoi
andare!” “Non ho altre possibilità” “Questa
è la volta buona che ti fai ammazzare, fermati!” “Non
cercare di fermarmi, Shakti. L’Inghilterra ha bisogno di me,
i miei uomini hanno bisogno di me…Elizabeth ha bisogno di me.
Non posso tirarmi indietro” “Non sono mai riuscita a fermarti,
che speranze ho di farlo ora?” “Nessuna, ovvio”
L’armatura era a posto, la spada infilata nel fodero, il cavallo
sellato. “Bene, sono pronta.” Kira cavalcò rapida
verso il campo della battaglia, era impaziente di vedere come procedeva
lo scontro. Era stufa della guerra e, anche se non sapeva ancora come,
intendeva concluderla in quel giorno, in un modo o nell’altro.
Voleva uccidere Mary una volta per tutte, farla finita con quella
storia. Rimase attonita però quando oltrepassò la collina
di Stelth: c’era un caos incredibile sulla pianura, a stento
la guerriera riconosceva i propri uomini da quelli nemici. Prese in
mano la propria arma e si gettò a perdifiato giù dalla
collina. Quando arrivò in mezzo alla battaglia iniziò
ad assestare fendenti in ogni direzione, gettava gli uomini a terra
balzandogli addosso con il cavallo e schiacciandoli sotto il suo peso,
correva rapida in mezzo gli schieramenti con il suo nobile destriero
bianco, si lanciava addosso ai nemici e li falciava senza pietà
con la spada. “Mary!!!” iniziò a gridare come una
pazza, gli occhi rivolti al cielo. “Mary, vieni qui se ti rimane
ancora del coraggio!” improvvisamente Edward si fermò.
Non vedeva Stephen, Francis, David, né Mary ed Elizabeth. Cosa
poteva essere accaduto? “William, vieni qui! Dov’è
Elizabeth?!” “Mio Signore, siete finalmente giunto! Pensavamo
che non sareste venuto a salvarci!” “Spiegati meglio,
cosa diavolo è successo?!?” “Mary…Mary l’ha
presa” “E i tre comandanti?” “Sono stati uccisi
per quel che ne so, Mio Signore” “Maledizione! Dove hanno
portato la regina?” “Mary si è ritirata con alcuni
uomini nella foresta ad occidente” “Bene. Voi tenete duro
qui, tornerò con la testa della vipera scozzese in un piatto
d’argento!” Edward cavalcò via rapido come un fulmine,
il suo volto era una maschera di ira ed odio, a stento si tratteneva
dal gridare come un forsennato. Si diresse nel folto della foresta,
dove era sicuro di trovare Mary con Elizabeth. Ed infatti erano proprio
lì; in una piccola radura che si apriva nel cuore della boscaglia
“Benvenuto, Sir Edward Norfalk. Sono onorata dalla tua presenza,
non ci speravo più sai?” “Maledetta bastarda, lascia
subito andare Elizabeth. Lei non c’entra con questa storia;
è un affare fra me e te” “Oh, quanto ti sbagli.
Mia cugina c’entra eccome: chi ha usurpato il mio posto? Lei.
Chi ha fomentato la rivolta? Sempre lei. Chi sta cercando di cacciarmi
dalla mia patria? Guarda un po’ che caso, Elizabeth. Direi che
c’entra molto” “Sai benissimo che non può
reggere un duello con te, perciò affrontami; poi ne riparliamo”
“Sarebbe troppo facile per me batterti in quegli stati, e non
ci proverei gusto. Anzi no, immagino che ne proverei molto di gusto
ad affondare la mia lama nel tuo petto ancora, ancora ed ancora, fino
a ridurti a brandelli. Ma non è questo lo scontro che desidero.
Torna quando ti sarai ristabilito, ci troverai qui ad aspettarti”
“Senza Elizabeth non me ne vado” “Allora resta nel
mio piccolo ed accogliente campo, sarà una bella sfida sopravvivere
qualche giorno nello stesso accampamento senza ucciderci a vicenda.
A me piacciono le sfide!” Edward rimase con la bocca spalancata,
un’espressione stupita dipinta in volto e la spada in mano ancora
ferma a mezz’aria. Non sapeva che fare, la proposta di Mary
lo colse alla sprovvista ma forse, a pensarci bene, era un modo come
un altro per tenerla d’occhio “E va bene, accetto il tuo
invito. Però Elizabeth viene con me” “Se cercherete
di scappare vi farò uccidere dagli arcieri che ho messo di
guardia sparsi per tutta la foresta” detto ciò ordinò
ai due energumeni che tenevano ferma la regina di liberarla, ed Elizabeth
corse subito dal suo cavaliere “Cosa fai qui?! Non saresti dovuto
venire” bisbigliò quando fu accanto a lui “Monta
in sella e non discutere” Edward fece salire in sella la regina
“È un suicidio, perché hai accettato?” “Così
vediamo com’è fatto il suo campo, quanti uomini le rimangono
e possiamo tenerla d’occhio” “Astuta” Elizabeth
si strinse forte ad Edward “Sono contenta che tu sia qui”
“Sono contento di essere venuto” meno di dieci minuti
dopo erano oltre le mura di Stelth, nell’accampamento scozzese
“Devo mandare una missiva ai miei uomini per avvisarli di questo
cambiamento o verranno a cercarmi e vi uccideranno tutti. Sarebbe
un vero peccato che qualcun altro ti faccia fuori prima di me”
“Non preoccuparti, ho mandato uno dei miei” “Chi
mi assicura che non cercherà di sgozzare le mie sentinelle?”
“Assolutamente nessuno. È questo il bello” Mary
si avvicinò ad un alloggiamento lussuoso sistemato ai margini
del campo “Ecco, questa è la vostra tenda. Cerca di riposare,
mio prode cavaliere” la donna fece un profondo inchino, scoppiò
in una fragorosa risata divertita, lanciò uno sguardo da predatrice
ad Edward e se ne andò per fatti propri “Hey! Edward!
Smettila di guardarle il sedere! Non è affatto divertente”
“Huh? Che?” Elizabeth colpì Edward con una gomitata
allo stomaco ed il cavaliere si piegò leggermente in avanti
“Ow! Smettila di fare sempre la gelosa, Elizabeth! Non le stavo
affatto guardando il sedere” egli entrò nella tenda seguito
da Elizabeth. “Dobbiamo considerarci prigionieri politici?”
“Direi ospiti d’onore, piuttosto. Tutti gli occhi saranno
puntati su di noi nei prossimi giorni” “Oh, bene!”
una volta nell’alloggio Edward levò l’armatura
ed aiutò Elizabeth. Osservò bene il luogo in cui erano
state sistemate “A pensarci, è meglio questo alloggio
del tuo a Stelth. Quasi quasi mi alleo con mia cugina, mi conviene!”
“Traditrice!” Edward la afferrò per la vita e la
gettò di peso sul letto. Elizabeth rimbalzò sul materasso
di piume d’oca ma non fece in tempo a mettersi in piedi che
Kira l’aveva raggiunta. Ella si mosse carponi verso la regina
con una lentezza esasperante “Siamo in campo nemico, ci staranno
spiando tutti. Devo forse ricordartelo?!” “Direi di no”
“Desumo che non te ne importi nulla dunque” “Quanto
sei perspicace oggi…” senza lasciare ad Elizabeth il tempo
di rispondere, Kira si chinò in avanti e posò un leggero
bacio sulle sue labbra. Quanto tempo era passato, quanto le era mancata!
Quanto bisogno aveva di lei… “Ma bene, vedo che vi state
dando da fare!” Kira si voltò di scatto, sorpresa. Mary
se ne stava davanti all’ingresso tutta compiaciuta ad ammirare
la scenetta “Ti diverti tanto perché ti manca, eh?! Ammettilo,
l’astinenza ti sta uccidendo!” rispose Kira con tono provocatorio.
Mary sembrò prendersela molto a quel commento sarcastico, attraversò
la stanza a passo deciso e si avvicinò a Kira “A quanto
pare facciamo pure le spiritose, eh?!” “Mary, cosa vuoi?”
la interruppe Elizabeth che, una volta rialzatasi, si era messa fra
le due “Venivo a farti visita, cara cugina. C’è
forse qualcosa di strano in ciò?” “Sarebbe strano
se tu stessi cercando di metterti in mezzo e, credimi, in questo momento
non ti conviene” “Oh, la mia cara cuginetta tira fuori
le unghie. Strano, sai? Da piccola correvi sempre a nasconderti dietro
la mia gonna, non eri capace di affrontare alcuna difficoltà.
Eh, sì; sei diventata una donna!” “E tu un’assassina!”
“Non venirmi a fare prediche moraliste, tu che hai massacrato
i miei uomini a palazzo tre anni fa!” “Era un’azione
giusta che andava fatta. La morte di pochi per il bene di tutti”
“Naturale, tu devi essere sempre giustificata mentre io sono
la malvagia di turno che uccide solo per il gusto di farlo. Ti sbagli,
Elizabeth! Io sono umana tanto quanto te, ho dei sentimenti e soffro,
proprio come te” “A guardarti non si direbbe” tagliò
corto Elizabeth. “Ora vattene e lasciaci se non hai niente da
importante da dirmi” “Oh, bene allora. Ti darò
qualcosa su cui roderti” Afferrò Kira per il bavero e
la tirò di peso verso di sé; la inchiodò con
un bacio mozzafiato e passionale, mentre faceva correre le mani lungo
il suo corpo. Kira ebbe una reazione infastidita e violenta: la spinse
via con un calcio. Elizabeth però ebbe uno scatto ben più
rabbioso: corse in direzione di Mary, la tirò su di peso e
la schiaffeggiò. Quel gesto, per quanto inoffensivo, gettò
un’ombra di disonore indissolubile sulla scozzese “Non
ti azzardare più a cercare di prenderti qualcosa che mi appartiene
oppure giuro su Dio, ti ucciderò!” Mary incassò
il colpo senza fiatare; anzi, si ricompose, lanciò a Kira un
ultimo bacio provocatorio ed uscì dalla tenda canticchiando
qualcosa simile a “Lei preferisce me, non ci puoi fare niente,
lei preferisce me”. “Non ha intenzione di mollare!”
esclamò Elizabeth irritata. Kira era ancora sbigottita, se
ne stava seduta sul letto con la bocca spalancata. Tutto avrebbe immaginato,
tranne un litigio di gelosia fra le due cugine per il suo amore…ammesso
e non concesso che Mary desiderasse provare cos’è l’amore
-cosa di cui dubitava fortemente…- “Hey! Edward, sei ancora
con noi? L’abbiamo persooooo! Chiamate i soccorsi, tragedia!!”
Elizabeth agitò una mano davanti alla faccia del cavaliere,
senza ottenere alcuna risposta visiva “Credo di non sentirmi
troppo bene” disse per tutta risposta Edward, schifato “Ci
credo, dopo aver baciato una piovra!” Kira si tuffò di
testa nel letto e rimase qualche istante con il volto sommerso dai
cuscini “Sentiamo come stai” Elizabeth rigirò la
guerriera, le passò una mano sulla fronte e sulle guance, l’accarezzò
dolcemente “Sei calda” “Non ho la febbre”
“Si che ce l’hai. Vai a letto, è un ordine”
“Ma non è neanche sera! Stai scherzando” “Niente
affatto. Infilati sotto le coperte e non fare storie. Devi riposare,
se vuoi tornare presto in forma. E penso che l’ospitalità
di Mary non durerà ancora a lungo. Anche se…” “Anche
se cosa?” “Credo che l’ospitalità di mia
cugina nei tuoi confronti sia lungi dal terminare. Sarà ben
felice di tenerti con sé ancora un po’, se possibile”
commentò sarcastica “Non fare la spiritosa! Prima ce
ne andiamo, meglio è. Questo posto non mi piace” in quell’istante
entrò un omuncolo in modo silenzioso e discreto “La…la
vostra cena, signori” doveva avere non più di diciassette
anni, era un giovanotto alto e scheletrico vestito con abiti da cuoco
logori e un po’ sporchi. A fatica reggeva il largo vassoio di
argento su cui erano poggiati due piatti, un paio di bottiglie e due
tazze “Mettila sul tavolo, grazie” “Tu…tu
sei Elizabeth, giusto? E tu il Generale Capo Edward Norfalk”
“Siamo noi” “Non posso crederci!” “Non
siamo mica due divinità, sai? Solo un uomo ed una donna, tutto
qui” “State scherzando?! Seguo le vostre imprese da sempre!
Oh, quanto ho sognato di potervi incontrare, Vostra Maestà!
Dovete sapere che mio padre è inglese, io stesso sono cresciuto
a Londra; ma poi sono stato reclutato nell’esercito scozzese
per volere della mia povera madre vedova. Era l’unico modo per
avere qualche denaro. Eppure non ho mai smesso di sperare in una liberazione
della Scozia. Dovete sconfiggere Mary e portare la pace su tutta l’isola!”
“Piano, giovanotto, piano!” lo interruppe Edward “Sono
pronto a diventare un soldato inglese, Signore! Arruolatemi nel vostro
esercito e sarò il più fedele fra i servitori!”
“Calmati, per carità! Abbiamo tutto il tempo di parlarne
con calma” “Oh no, Mio Signore! Mary mi impedirà
di fare ritorno alla vostra tenda, lei cambia sempre i servitori degli
ospiti” “Non credo che mia cugina riceva molti ospiti,
ho ragione?” “Bè, in effetti hai ragione. Mary
non ha particolare simpatia per le altre persone” “Lo
so. Lei usa gli altri come dei giocattoli, pensa di poterci fare ciò
che vuole e poi gettarli, quando si è stufata. È ora
che questa cosa finisca” Edward annuì pensieroso “Bene,
penso tu ti sia trattenuto qui abbastanza, non ti pare? Se Mary non
ti vede tornare si insospettisce” disse poi, guardando il giovane
negli occhi “Ah, a proposito, qual è il tuo nome?”
“Mi chiamo Matthew Southampton” “Mi ricorderò
di te quando torneremo a sterminarli, Matthew. Ora va’”
disse infine Elizabeth con un candido sorriso dipinto in volto. Il
giovane fece un profondo inchino ed uscì, ma poi tornò
repentinamente indietro “Ah, dimenticavo!!! Non bevete il vino,
Mary ci ha fatto mettere delle piccole dosi di veleno. Vi farebbero
stare male almeno una settimana” “Ti ringrazio”
a quel punto Matthew sgattaiolò via con passo furtivo e sparì
oltre l’ingresso, si confuse fra la gente che girava per l’accampamento
“Che tipino!” esclamò Kira ridendo “Ringrazialo,
piuttosto!” Elizabeth prese la brocca con il vino e lo svuotò
in un angolo. “E non cercare di fregarmi! Ti avevo detto di
startene tranquilla a letto, torna giù! Buona, non ti muovere!”
Elizabeth ributtò Kira giù di peso e badò che
fosse ben coperta, poi tirò il tavolo con il vassoio più
vicino “Fai ‘aaaaah’ ” “Non ci penso
nemmeno! Sarò anche debole, ma di certo stupida no. Posso mangiare
da sola” “ ‘Aaaaaaah’! Da brava, non farmi
arrabbiare. Apri la bocca piano piano che arriva il cavallino!”
“Hey! Non sono scema! Smettila, maledizioneee!” Kira si
distrasse quell’attimo che bastava a Elizabeth per infilarle
il cucchiaio in bocca “Shei shleale però! Thi ho detto
che possho benisshimo manghiare da shola!” “Manda giù
il boccone e stai zitta” Elizabeth riprese in mano il cucchiaio
e ci mise dell’altra carne. A quel punto Kira dovette arrendersi
al giochetto della regina (anche perché aveva una tale fame…),
quando la cena fu terminata Kira fece per alzarsi “Alt! Dove
pensi di andare?! Ferma lì, non muoverti di un passo”
“Hai fatto una nuova legge che mi impedisce di alzarmi dal letto?!
Sono una carcerata forse?” “La carcerata delle mie prigioni
personali” “Allora sarai tu il mio carceriere…getta
le chiavi, prima che qualcuno possa aprire la cella!” scoppiarono
entrambe in una fragorosa risata che sembrò non terminare mai.
Ridevano senza motivo, senza una spiegazione razionale; eppure era
talmente contagiosa quell’euforia che non riuscivano a sottrarvisi.
Kira si fermò improvvisamente per ammirare il volto di Elizabeth
e lo sfiorò con una mano; era così bella quando rideva.
Anche la regina si fece seria “No, non smettere di sorridere.
Te ne prego” sussurrò con un filo di voce. Elizabeth
l’accontentò, le sorrise in un modo così dolce
che la fece vibrare come la corda di un violino. Kira sentiva una
forte emozione correrle giù lungo la schiena e riempirle il
cuore di un caldo tepore, di un placido senso di pace interiore. La
guerriera abbracciò forte Elizabeth “Promettimi che non
smetterai mai di sorridermi così come fai ora, di guardarmi
con quello sguardo incantatore; prometti che non finirai mai di esser
bella come in questo istante e che non ti stancherai di me, che mi
rimarrai sempre accanto e che mi amerai sempre così, guidata
dal tuo romantico cuore di donna” Elizabeth rimase senza fiato
qualche istante, poi rispose “Tutto questo io ora ti prometto.
Tu hai il mio cuore, la mia anima ed il mio corpo; essi ti apparterranno
di diritto fino alla fine del mondo” Kira non ebbe il coraggio
di rispondere. Non trovava parole adatte da dire, tutto le sembrava
così inutile e fuori luogo. Cosa mai aveva lei da offrire come
contropartita ad una posta tanto alta? Il suo rozzo cuore da guerriera,
il suo dolore spezzato di ragazza ed il suo amore; il suo infinito
amore. Il silenzio calò come una soffice coltre sulle due.
Si stava facendo buio, Elizabeth accese una lanterna ad olio e poi
slacciò un po’ la vestaglia da notte. Nonostante tutto
faceva caldo in quel piccolo alloggio, più di quanto potesse
sembrare. Kira era sotto le coperte ma ancora non le riusciva di dormire.
Troppi sentimenti si agitavano nel suo animo semplice e lineare. Era
cresciuta convinta di essere un uomo, aveva reazioni da uomo e si
comportava come un uomo. Non era abituata a provare così tante
emozioni forti tutte assieme, sentiva il cuore batterle a mille. Ciò
che Elizabeth aveva detto era…era meraviglioso, le sue parole
l’avevano colpita dritta al cuore. La guerriera prese un grosso
respiro, chiuse gli occhi e si costrinse a seppellire tutte quelle
emozioni nei recessi più segreti della propria mente. Aveva
bisogno di riposare, eppure più cercava di calmarsi e più
nitida si faceva l’immagine di Elizabeth davanti ai suoi occhi.
Non riusciva ad allontanare quel dolce pensiero dal cuore, e a dire
il vero le stava bene così. Si voltò a guardare l’oggetto
della sua adorazione; Elizabeth era intenta a rimettere in ordine
le proprie cose. Sempre attenta alla pulizia e all’ordine, lei.
“Avanti smettila, è l’accampamento di Mary. Anche
se le lasciamo in disordine tutto non è un problema!”
“Che ci vuoi fare, abitudine” Kira si tirò su sui
gomiti, si sporse oltre il letto, afferrò Elizabeth per la
vita e la tirò a sedere “Basta ora. Sono stanca e con
la luce non riesco a dormire” la regina prese un cuscino e lo
tirò in faccia a Kira “Ecco! Così non ti arriva
la luce negli occhi. Contenta?” Kira si tirò su di scatto
e rimandò l’“arma” da dove era venuta. Elizabeth
socchiuse leggermente gli occhi “Guerra dei cuscini!”
“Non stasera, non stasera” “Uffa, mai una volta
che tu me la dia vinta” “Per favore” disse stancamente
mentre poggiava il capo sul cuscino, esausta. Chiuse gli occhi lentamente
e prese un grosso respiro. Iniziava a sentirsi spossata, per di più
la febbre le stava tornando. Quanto ancora sarebbe durata quella tortura?
Shakti le aveva dato la medicina e la prendeva regolarmente ma sembrava
avere poco effetto. Anche quella notte non avrebbe dormito, lo sapeva.
Eppure doveva riprendersi, andarsene al più presto da quel
luogo ostile e porre fine a quella guerra. Improvvisamente le venne
in mente un’idea geniale: celata dal buio della notte sarebbe
andata nella tenda di Mary, l’avrebbe presa e sarebbe tornata
al proprio accampamento con Elizabeth e Matthew. Sapeva di essere
ancora debole, ma si rendeva conto altresì del grave compito
che le era stato affidato ovvero proteggere e difendere la propria
nazione. A qualsiasi costo. Aspettò ancora del tempo, doveva
essere sicura che tutti stessero dormendo, Mary compresa. Alla fine
si decise a muoversi, uscì silenziosamente dalla tenda e cercò
l’alloggiamento di Mary. Era in cima a una collina, ben protetto
da un nutrito gruppo di guardie “Maledizione” sussurrò
fra sé e sé. Non poteva di certo sconfiggerli tutti!
Le serviva un piano, e in fretta. Kira si guardò attorno preoccupata,
non riusciva a scorgere nulla che la potesse aiutare. Improvvisamente,
vide ciò che faceva al caso suo. Prese una corda ed una torcia,
le usò per incendiare la tenda vicina a quella di Mary; tutte
le guardie ovviamente accorsero per cercare di spegnere l’incendio,
e Kira ne approfittò: corse rapida nell’alloggiamento
della scozzese, la trovò ancora a letto che dormiva, o per
lo meno così pensava Kira. In realtà la regina si era
accorta dello stratagemma e la stava aspettando. Kira prese in mano
la propria spada, si avvicinò con passo cauto e silenzioso.
Era ormai davanti al letto, aveva già portato in alto entrambe
le mani. Mary si alzò di scatto, fermò le braccia della
guerriera e la ribaltò di lato. Kira si rimise subito in piedi,
scattò bruscamente in avanti e colpì Mary alla fronte
con l’elsa della propria spada. La donna ripiombò nel
letto svenuta. Nonostante tutto era stato abbastanza facile, doveva
solo trascinarla fino al cavallo e scappare più veloce possibile
verso Stelth. Si caricò Mary sulle spalle, prese due cavalli
e legò saldamente Mary in sella al destriero. Ritornò
alla propria tenda “Elizabeth! Elizabeth, sveglia! Dobbiamo
andarcene alla svelta da qui” “Cosa succede? Dove dobbiamo…”
“Non c’è tempo! Avanti vieni qui” senza attendere
oltre Kira afferrò Elizabeth e la portò fuori. La issò
sul cavallo “Le mie cose sono ancora dentro!” “Ti
ho detto che non c’è tempo! Presto tutto l’esercito
di Mary ci sarà addosso, dobbiamo fuggire!” Kira montò
sul cavallo dov’era sistemata Mary e le tre si apprestarono
a lasciare l’accampamento “Hey, un attimo! Aspettatemi
per favore! Voglio venire anch’io!” Matthew le raggiunse
galoppando rapido sul proprio cavallo. Mezz’ora dopo erano tutti
sulla via per Stelth.
LONDRA, 7 dicembre 1961
La guerra a Stelth si era conclusa con esito positivo per l’Inghilterra,
l’improvvisa ed inaspettata cattura di Mary aveva messo in fuga
le truppe scozzesi lasciando così il campo libero per l’esercito
inglese. Mary aveva avuto la possibilità di fare ritorno in
Scozia per decisione di Elizabeth ma il suo stesso popolo l’aveva
cacciata dal territorio considerandola una traditrice. A Mary non
era rimasto altro da fare se non cercare asilo presso l’odiata
regina. L’udienza si era svolta in un tranquillo giorno invernale,
Mary si era presentata a Palazzo passando per la “traitor’s
gate”, la porta dei traditori. Una volta giunta al salone principale
dovette prostrarsi dinanzi al trono e fu costretta a dichiarare apertamente
la propria fedeltà alla Corona inglese. Tutte le cariche importanti
erano presenti a tale evento, quelli che un tempo erano stati governati
da Mary si godevano lo spettacolo divertiti, altri invece assistevano
alla scena colmi di sdegno, altri ancora erano del tutto indifferenti
e si trovavano lì per dovere formale. Una volta terminata la
cerimonia, si svolse la votazione in precedenza annunciata fra i membri
del Parlamento per decidere le sorti della regina scozzese. Un terzo
del Parlamento intendeva giustiziarla ma c’erano numerosi sostenitori
che la volevano come regnante assieme alla cugina e quelli che invece
intendevano carcerarla a vita. Mancava solo il giudizio di Elizabeth,
la sua decisione finale. “Desidero far sapere ai membri del
Parlamento e a tutte le altre persone qui riunite che non ci sarà
alcuna pena capitale. L’Inghilterra è un paese civile,
non possiamo continuare a punire i colpevoli con delle esecuzioni
sommarie. Anche coloro che sbagliano devono avere la possibilità
di vivere, pentirsi dei propri errori e migliorare. Coloro che intendono
giustiziare la qui presente Mary di Scozia farebbero meglio a fare
mente locale, si accorgeranno di quanto disonesti possano essere loro
stessi. Se c’è qualcuno fra voi che si reputa talmente
puro ed innocente da poter uccidere senza problemi questa donna si
faccia pure avanti, gli darò io stessa la spada” nessuno
osò fiatare né tantomeno farsi avanti. Elizabeth aveva
come al solito fatto centro, sottomettendo l’intero Parlamento
alla propria volontà “Se non ha intenzione di ucciderla,
cosa ne farà?” esclamò improvvisamente un deputato
“Mary sarà rinchiusa nella Green Tower e sorvegliata
giorno e notte” “Un altro detenuto che dobbiamo mantenere
con le tasse!” esclamò un nobile che si era fatto avanti
“Ci tengo a ricordarle, Lord Eymore, che lei non paga le tasse.
Inutile perciò venire a fare delle prediche. Se vuole avere
un motivo di cui lamentarsi glielo fornisco subito, il suo titolo
nobiliare può essere revocato in ogni istante” l’uomo
chinò il capo, fece qualche passo indietro e tornò a
nascondersi fra la folla; probabilmente se Elizabeth avesse guardato
bene avrebbe visto tutta la vergogna scesa sul suo volto. “La
decisione è presa. Mary sarà confinata nelle prigioni
e sorvegliata costantemente da almeno tre uomini, non le sarà
concesso di uscire dalla propria stanza né di incontrare alcuna
persona” “No! Maledetta, non voglio la tua pietà!
Uccidimi qui, adesso, così la facciamo finita! Preferisco morire
da bastarda che vivere come animale!” “Queste parole non
ti fanno onore, cara cugina. Accetta la tua pena e vivila con serenità
giacché non potresti ottenere grazia maggiore” “Della
tua grazia non me ne faccio nulla! Potete andare a impiccarvi, voi
e la vostra clemenza! Sono nata guerriera e morirò come una
guerriera!” “Obbedirai al mio ordine, che tu lo voglia
o no. Portatela nella torre!” ci volle la forza di cinque guardie
per trascinare Mary nella sua stanza. Lei non ne voleva ovviamente
sapere di obbedire e si dimenava come un animale. Sembrava quasi non
sentisse il peso delle catene che aveva a polsi e caviglie. Alla fine
però gli uomini riuscirono a sbatterla di prepotenza nella
cella. Mary osservò la stanza con occhio guardingo: non era
esattamente come se l’era immaginata! La cella era grande, spaziosa
e molto luminosa; decorata con gli arazzi più pregiati che
si potessero trovare; arredata con mobili di frassino chiarissimo
proveniente dalla Germania; adornata da quadri preziosi e statue antichissime.
A destra capeggiava un’ampia libreria poggiata contro il muro,
doveva contenere almeno cinquanta libri. Davanti alla porta, sulla
parete opposta, si aprivano tre finestre molto alte composte da una
bifora ciascuna, che conferivano una spiccata luminosità alla
stanza. Solo le fine tendine velavano lievemente la luce del sole.
In mezzo alla cella c’era un tavolo con una sedia mentre a destra,
subito dopo la porta, c’era invece una poltrona lussuosa con
le fodere di velluto rosso e le parti lignee ricoperte da una sottile
lamina di oro. A sinistra, infine, c’era il letto a baldacchino
posto vicino ad un enorme armadio colmo di vestiti. Oltre il letto
si apriva una porta discreta, Mary la varcò e si ritrovò
all’interno del bagno; con la toletta, la vasca e tutto ciò
che serviva. “Certo che non si è scordata di niente!”
esclamò sorpresa. Non avrebbe mai immaginato un’accoglienza
simile. Poi però ci pensò su un poco: probabilmente
era un modo astuto e cordiale per Elizabeth di tenerla buona offrendole
una stanza faraonica in cui rinchiuderla senza averla sulla coscienza.
Avrebbe fatto di tutto per renderle la vita impossibile e costringerla
a liberarla o ad ucciderla. Non sopportava di essere chiusa in una
stanzetta come quella a vegetare; il suo spirito era libero, doveva
vivere senza limiti né freni, poter fare ciò che desiderava.
Se Elizabeth continuava ad illudersi di poter cambiare chiunque nel
modo che voleva, bè…le avrebbe fatto passare la voglia!
C’era gran scompiglio a Palazzo per il decreto della regina.
In mezzo al salone stavano Edward e Darek a litigare furiosamente.
“Non possiamo tenerla nella Torre! Io la voglio morta!”
“Maledizione a te, dannato pirata! Sempre pronto a tagliare
qualche gola, vero?! Non imparerai mai!” “E dovremmo salvare
ogni disgraziato che viene presentato alla Corte del Parlamento?!
Sii realistico, Edward! Anche ammesso che la tua teoria venga accettata,
non ci sarebbe lo spazio materiale per detenere tutte quelle carogne”
“Non sto dicendo di salvarli tutti. Mary però è
una pedina importante, lei conosce cose che nessun altro sa. Se tali
informazioni andassero perdute sarebbe una vera e propria rovina per
noi tutti!” “E allora voi due la volete smettere?!”
nel salone ormai rimasto vuoto entrò con passo incerto e zoppicante
Stephen, muovendosi avanti con il suo bastone di legno “È
inutile continuare a litigare: la regina ha deciso, non saremo di
certo noi a farle cambiare idea” “Edward potrebbe, ho
ragione?! Avanti Stephen non fare il finto tonto! Tu la vuoi morta
tanto quanto me. Quella puttana s’è presa la tua gamba
destra ed ha ucciso i due amici più cari che avevi” “Hai
ragione, Darek. Lei ha rovinato la mia esistenza; ma se Elizabeth
ha fatto una decisione io la rispetto. Mi fido di lei, è una
regina giusta e leale. Se compie una scelta ha di sicuro le sue motivazioni”
“Siamo in un regno di smidollati! Uno è il diversivo
sessuale della regina e la asseconda come un cagnolino; l’altro
è un evirato storpio che non sa pensare con la propria testa!
Ma chi me l’ha fatta fare di arruolarmi nella marina! Era meglio
rimanere un pirata!” “Rimangiati subito ciò che
hai detto, lurido furfante!” urlò Elizabeth, che stava
scendendo dall’alta scalinata dell’atrio centrale. “Sei
il Generale della marina, comportati come tale! Non ammetto offese
simili nel mio Palazzo” “Non farmi ridere, Elizabeth!
Io sono il migliore sulla piazza, e tu lo sai. Non mi caccerai perché
riconosci il mio inestimabile valore come marinaio” “Oh,
credi? Chi mi dici di Charles Hawkins e Ryan Raleigh? Sarebbero ben
felici di prendere il tuo posto. Sei ancora qui solo perché
ho bisogno di tenerti buono. Meglio un generale insubordinato che
un pirata nemico. Non darti tante arie perciò, potrei cambiare
idea molto più presto di quanto tu possa immaginare”
Darek ammutolì improvvisamente, chinò il capo. Non si
aspettava una reazione simile da parte della regina. “Allora,
ti è bastata come lezione?!” punzecchiò Edward
“Cuciti il becco, cagnaccio!” ormai i due erano alle strette,
di lì a poco sarebbero volate botte da orbi. Fortunatamente,
però, Stephen si mise fra i due. “Volete smetterla?!
Basta, per Dio! Siete due gentiluomini, non due scaricatori di porto.
Vi prego, cercate di comportarvi in modo degno facendo appello alla
vostra sensibilità di nobili” disse, cercando di placarli
“Non è una rissa quella che cerco” “Sei il
solito bastardo, Edward” Darek girò i tacchi e lasciò
la stanza, offeso. “Non cambierà mai” commentò
Elizabeth scuotendo il capo “Dicevi sul serio quando parlavi
di Hawkins e Raleigh?” fece Edward stupito “Naturalmente.
Penso siano persino superiori a Darek in quanto a strategia marittima,
ma lui ha quel tocco di brutalità selvaggia e di abilità
piratesca che è ineguagliabile” “Dunque siamo costretti
a tenerlo con noi” “Niente affatto. Potrei farlo giustiziare,
o assoldare segretamente un sicario per farlo trucidare…”
“…ma non è nella tua filosofia di vita” concluse
Edward pensoso. “Bene, la lite è sedata. Se Vostra Maestà
lo permette, torno alle mie occupazioni” “Naturalmente”
dopo un breve inchino Stephen lasciò il salone. C’era
molto lavoro.
LONDRA, 15 marzo 1963
La città era in subbuglio da mesi ormai. Nonostante la sua
prolungata prigionia alla Green Tower, Mary continuava a tessere trame
per minare la stabilità al trono di Elizabeth, ma fino a quel
giorno tutti i suoi tentativi erano falliti. La regina scozzese riusciva
in qualche modo ad avere contatti con l’esterno, assoldava sicari
per attentare alla vita di Elizabeth oppure organizzava sommosse popolari
che tuttavia la regina riusciva a sventare, oppure tentava di far
uccidere le guardie che sorvegliavano la cella. Era stato merito dell’abilità
di Edward e dell’astuzia di Elizabeth se ancora non si erano
verificati avvenimenti tragici a Londra. Il popolo acclamava a gran
voce l’eliminazione di Mary ma Elizabeth continuava a non voler
dare l’ordine di esecuzione. Darek era molto contrariato dal
suo comportamento, le intimava prepotentemente di far eseguire la
condanna; ma a nulla servivano i suoi sforzi. Elizabeth era irremovibile,
convinta della propria scelta. E non era il solo problema che affliggeva
l’Inghilterra: oltre alle sommosse di Mary, Elizabeth doveva
respingere le accuse dei cristiani di usurpare il trono ingiustamente,
affrontare il Papa che minacciava una guerra contro la corona inglese
e che aveva posto una ingente taglia sulla testa della regina. Andando
avanti di quel passo Elizabeth si sarebbe presto garantita le inimicizie
e lo scontento del popolo. Fu per questo motivo che decise di indire
un’Assemblea di dibattito Popolare per appianare i dissidi con
i propri sudditi. “Non lo farei fossi in te - l’aveva
ammonita Edward - ci saranno migliaia di persone là sotto,
chiunque potrebbe scoccare un dardo e ucciderti” “Ci sei
tu qui a proteggermi, ho forse torto?” “Elizabeth, non
posso proteggerti da tutti quelli che cercheranno di farti fuori!”
“Ricorda una cosa, Edward: chi in cento battaglie riporta cento
vittorie, non è il più abile in assoluto. Chi non dà
nemmeno battaglia, e sottomette le truppe dell’avversario, è
il più abile in assoluto” “Cosa intendi dire con
ciò?!” “Non prepararti per una guerra, preparati
per una trattativa. Nell’Assemblea Popolare li porterò
tutti dalla mia, dal primo all’ultimo.”. “Sinceramente
non riesco ad essere così ottimista. Sono una guerriera e devo
sempre prevedere ogni possibilità. È molto probabile
che qualcuno ti attacchi domani” “Lo so. Facciamo almeno
che, se ci sarà un attentato, gli anni passati qui non siano
stati vani” “Ma non sei ancora morta! Così esageri…”
Elizabeth si voltò, guardò Edward e sorrise dolcemente
“No. Tu sarai al mio fianco, sono tranquilla.”. In quel
momento Jafah entrò nel salone camminando veloce “Elizabeth,
dov’eri finita?! È mezz’ora che ti cerco!”
“Jafah! Qualche problema?” “Eccome! Rivoltosi da
ogni parte, stanno tutti correndo qui!” “Maledizione!”
“Calmatevi tutti e due! Una soluzione c’è: l’Assemblea
Popolare si farà ora, qui. Mandate a chiamare tutti i ministri,
avvisate il popolo. In mezz’ora voglio che tutto sia pronto”
“Mezz’ora?! È impossibile!” obiettò
Jafah “Nulla è impossibile. Se rimanete lì a guardarmi
come due stupidi è ovvio che non farete mai in tempo. Forza!
Muoversi! Jafah, manda a chiamare gli urlatori e tu, Edward, fai preparare
il salone e allerta le guardie. Io chiamo i membri del parlamento”
tutto si svolse secondo i piani: mezz’ora dopo aveva inizio
l’Assemblea, con la rappresentanza di ogni ceto e presenziata
dalla regina stessa. Sul palco centrale c’erano i ministri,
i consiglieri reali ed Elizabeth; tutto attorno era disposta la folla
in un enorme anello chiassoso e mal assortito con nobili, cortigiani,
contadini, commercianti e proprietari terrieri. Ce n’erano proprio
tanti! “Ordine in aula! Parla la regina” l’annunciatore
batté tre volte l’asta, ognuno dei presenti zittì.
“Siamo qui riuniti per discutere di gravi problemi che affliggono
il nostro Paese. Molti di voi ora sono furiosi e non concordano con
le scelte che sto compiendo, ma dovete sapere che ho le mie ragioni
e…” “La vipera scozzese deve morire!” “Sì,
ha ragione! Lei merita di morire, ha ucciso mio figlio!” “Ed
il mio!” “E mio marito!” “Calmatevi, per favore.
Capisco bene la vostra rabbia, ma non posso ancora compiere un gesto
così importante. Per quanto malvagia, Mary è sempre
mia cugina. Provate a immedesimarvi. Voi lo fareste? Uccidere un proprio
parente, l’unico che vi è rimasto” “Ma Mary
non è una mia parente, quindi non m’interessa!”
“Gli affari di famiglia vanno risolti! O la fate giustiziare
o ci penseremo noi!” “Sì, ha ragione!!” tutta
la folla iniziò a gridare forte, creando grande scompiglio
nel salone “Silenzio! Ho detto silenzio!” gridò
Edward, che si era nel frattempo alzato “Dopo tutti questi anni
di nobile reggenza ancora non avete imparato a conoscere la vostra
Regina? Mi meraviglio di voi, signori! Se compie un’azione ardita
o apparentemente insensata dovreste sapere che sotto c’è
sempre una lunga riflessione. Elizabeth è la regnante più
capace che sia capitata sul trono inglese da secoli, ha stabilito
pace nel nostro paese i voi come la ripagate? Accusandola di tradimento
nell’unica volta in cui tenta di salvare una persona che nonostante
tutto le è ancora cara. Spero che a voi non debba mai capitare
un caso simile, altrimenti che succederebbe? Migliaia di esecuzioni,
famiglie spezzate e molto sangue. È veramente questo che volete?”
“No Edward, ora basta. In fondo questi onesti cittadini hanno
ragione. Mary ha compiuto molte azioni disonorevoli e meschine, ha
ucciso migliaia di persone senza sentirsi minimamente colpevole e
merita la morte al pari di altri criminali comuni. Portatela dentro”
dopo un cenno del braccio Elizabeth tornò a sedersi. Di lì
a poco si sarebbe scatenata una burrasca, lo sapeva. Quattro guardie
entrarono dalla porta a occidente e trascinarono una donna al centro
della sala. Ella era alta, indomita e fiera nel portamento, i suoi
lunghi capelli biondi si agitavano freneticamente ogni qualvolta lei
scuoteva il capo, i suoi gelidi occhi cerulei squadravano ogni singola
persona da capo a piedi divertiti, il suo viso era deformato da una
smorfia di rabbia. Indossava abiti semplici e umili, come quelli di
un cortigiano, era saldamente legata con pesanti catene. Non appena
fu portata dentro si levò un coro di stupore nella sala. Era
stata una mossa astuta da parte di Elizabeth, ma non abbastanza da
farli abboccare. Mary fece un giro completa su se stessa, guardò
bene il volto di ognuno di loro, poi volse gli occhi al cielo ed esplose
in un urlo disumano. Non poteva sopportare i loro sguardi accusatori,
tutti quegli sguardi fissi su di lei. Credevano di essere tanto migliori,
bastardi inglesi?! Che diavolo volevano da lei? Erano così
fieri della propria nazionalità, fieri di essere dall’altra
parte della ringhiera, fieri di non trovarsi nei suoi stati. Conosceva
bene la loro razza; razza di traditori meschini e di ingannatori vigliacchi,
gente capace di vendere la propria madre per denaro. Ed ora erano
tutti lì, tutti pronti a giudicarla, a proclamarla colpevole,
a scaricare addosso a lei tutte le proprie colpe, a far finta che
una volta uccisa la vipera scozzese improvvisamente il mondo sarebbe
stato migliore e che tutti sarebbero stati migliori. Non era giusto!
Che c’entrava lei? Non avevano alcun diritto di fissarla quasi
fosse un mostro! “La vipera scozzese! Uccidiamola!” iniziarono
a gridare tutti quanti in modo confuso “Silenzio!” ribadì
Edward. “Ecco qui davanti a voi la nemica che odiate così
tanto. Vi sembra forse un mostro? Anche se può sembrare tale,
non lo è. Quella che avete di fronte è Mary, figlia
del re Enrico VIII, merita il vostro rispetto tanto quanto me e…”
“Smettila! Non serve a niente difendermi continuando su questa
linea patetica! È ovvio che alla fine decideranno di giustiziarmi,
la tua strenua resistenza è completamente inutile. E voi, luridi
porci schifosi, piantatela di guardarmi come fossi un animale! Vi
credete così migliori di me? Siete solamente un branco di pecorelle
spaurite che gioiscono quando il pastore cattura un lupo!” A
quel punto Darek si alzò dal proprio posto e batté le
mani sul parapetto “Come osi venire nel nostro Parlamento a
offenderci tutti?! Se tua cugina non ha il coraggio di ucciderti,
di certo io non ho paura!” “Vieni allora, non aspetto
altro” il pirata si precipitò giù dalle scale,
sguainò la spada e si avvicinò a Mary “No! Fermo!”
gridò Elizabeth, alzatasi di scatto “Se mai ci sarà
una esecuzione, essa avverrà solamente dopo un regolare processo.
Non possiamo uccidere una persona come animali, o lo diventeremmo
anche noi” “Non mi faccio problemi io! Semmai è
lei che dovrebbe farsi un esame di coscienza e pentirsi del male che
ha commesso” “È colpa vostra! Voi avete distrutto
la mia famiglia, spinto mia madre al suicidio! E pensare che meno
di cinque anni fa reo io la regina! Siete solo viscidi vermi, non
sapete riconoscere una regina degna di tale nome neanche se vi cadesse
sulla testa!” “Questo è troppo! Non intendo ascoltare
anche solo un’altra parola!” Darek corse in direzione
di Mary, alzò la spada con entrambe le mani e fece partire
un colpo terribile dall’alto verso il basso. La donna però
levò le braccia verso l’alto tendendo la catena più
che poteva, così facendo essa si spezzò. Mary non aspettava
altro che un’occasione simile: con un calcio levò a Darek
l’arma di mano e la usò per liberarsi dalle altre catene,
lanciò il fioretto in direzione di Elizabeth. Edward balzò
in avanti fulmineamente, afferrò la spada a mezz’aria
“Edward!” esclamò la regina scattando in piedi.
La punta del fioretto, infatti, era riuscita a colpirlo nonostante
egli avesse dolorosamente tentato di arrestare l’arma afferrando
saldamente la lama. Il cavaliere barcollò indietro e cadde
fra le braccia della regina “Edward!” ripeté lei
“Va…tutto bene” Edward si rimise subito in piedi
ed estrasse l’arma, che si era conficcata tre dita sotto il
cuore. Poco più su ed egli sarebbe morto sicuramente. Elizabeth
si riprese immediatamente dallo spavento, guardò verso la platea
“Fermatela!” niente da fare, Mary era già fuggita
(non prima di aver ridotto Darek ad uno straccio…). “Maledizione,
inseguitela!” gridò Elizabeth. Un manipolo di guardie
si precipitò fuori dal palazzo alla ricerca della fuggitiva.
Elizabeth nel frattempo si era voltata a controllare Edward “Non
ti preoccupare, sto bene” “No invece! Guarda lì,
sanguini!” “Ti ho detto che sto bene!” ringhiò
egli mentre scansava di lato la regina. Il cavaliere girò i
tacchi e, senza dire una parola, lasciò la sala. Elizabeth
lo seguì immediatamente “Ma…la folla è a
dir poco infuriata! Non potete andarvene ora!” protestò
Jafah “Pensateci voi, per la miseria! Sarete ministri per qualcosa!
Dategli una pacca sulla spalla e mandateli a casa” “Ma
ci sarà mezza Londra là sotto! Come diavolo facciamo?!?”
“Inventatevi qualcosa” la regina se ne andò rapidamente
dalla sala, rincorse Edward per i corridoi. “Bene. Dargli una
pacca sulla spalla, eh? Ci metteremo un bel po’ a calmarli tutti…”
Jafah spiegò brevemente la situazione agli altri ministri,
tutti si consultarono alla ricerca di una soluzione “Questi
come minimo ci spennano!” esclamò Phillis of Essex “Come
ha potuto Elizabeth piantarci qui con questa grana immane da risolvere?!”
“Edward è ferito, figuriamoci! - esclamò Darek
con tono ironico - come se non sapessimo tutti cosa diavolo c’è
dietro…” “Certo che non sai proprio cosa fartene
della vita, eh?! Per una volta che qualcuno riesce ad essere felice
arrivi tu a criticare!” “Ma se da quando sono tornati
da Stelth quei due non fanno che tubare come colombi! Non sembra neanche
che Elizabeth sia la regina qui!” “Questo non è
affatto vero! Magari tu non te ne accorgi perché sei sempre
in giro per mare, ma la nostra regina sta dedicando cuore ed anima
al regno” lo interruppe Isteth “La vogliamo smettere di
litigare come dei galli?! Ci stanno guardando tutti…”
i ministri si voltarono verso la folla, dalla platea si levava un
gran frastuono. Alla fine fu Ewans a prendere la parola “Calmatevi,
per favore! Mary verrà catturata al più presto, ma voi
dovete tornare alle vostre case. Cercate di uscire il meno possibile,
può essere pericolosa la situazione per le vie di Londra in
questo momento. I banditori informeranno voi tutti di qualsiasi epilogo”
dopo qualche altro momento di tumulto la folla iniziò ad uscire
dal palazzo. Ognuno correva a chiudersi in casa con la paura dipinta
in volto; quella pazza sanguinaria era in giro chissà dove
e nessuno certamente voleva incontrarla.
“Fermati! Dannazione, fermati un attimo Edward!” Elizabeth
afferrò il cavaliere per una spalla e lo fece voltare. Edward
barcollò, portò una mano sul costato e si appoggiò
al muro “Piano, per favore” “E lo vedi che avevo
ragione?!” “Non posso di certo mostrarmi debole di fronte
a tutte quelle persone! Dopotutto sono il Generale Capo delle forze
armate inglesi; se crollassi per così poco che penserebbe la
gente? Di avere un idiota a difesa delle proprie case. Non mi pare
proprio il caso…” “Certo, ma quella ferita è
veramente grave! Devi farti vedere da Shakti” “Sto bene,
sto bene…” continuava a ripetere Kira con tono quasi ossessivo.
Elizabeth allora la prese per un braccio e la trascinò di peso
nelle proprie stanze “Smettila, ce la faccio benissimo da sola
a camminare” “Tu intanto pensa a non svenirmi in camera
da letto” la regina fece adagiare Kira sul sontuoso letto a
baldacchino, poi fece chiamare Shakti. L’alchimista giunse più
in fretta che poté “Allora, Kira. Ti fa tanto male?”
“Un fioretto mi ha bucato il petto tre dita sotto il cuore ed
è entrato per almeno quattro centimetri, fai un po’ tu!”
Shakti osservò attentamente la ferita, dopo un’accurata
analisi praticò delle medicazioni provvisorie “Allora
dottore, sopravviverò?!” ironizzò Kira “Chi
può dirlo!! Potresti anche morire fra due minuti! No; scherzi
a parte, l’unica cura è riposo assoluto. E per stasera
vedi di startene buona. Non ti devi muovere troppo, capito?”
“Ce l’hai fissa con lo stare ferma, tu. Mai una volta
che possa fare quel che mi pare” Kira incrociò le braccia
dietro la nuca e sbuffò infastidita “Zitta! Tu farai
come dice Shakti, punto e basta” Elizabeth fece l’occhiolino
alla dottoressa, andò a sedersi accanto a Kira “Bene,
sono tranquilla se so che la controlli tu. Mi raccomando, Kira. Ri-po-so.
Intese?” “Sì, sì, intese…” sbuffò
nuovamente la guerriera. La regina allora diede un leggero colpetto
sul petto a Kira, che si contorse in una smorfia di dolore “Bene,
grazie Shakti”. La donna uscì dalla stanza e le lasciò
sole “Bene, bene, bene! A quanto pare non ti puoi muovere, vero?
Vorrà dire che per stanotte rimarrai qui” disse poi Elizabeth
con un sorriso smagliante stampato in faccia “A quanto pare”
“Uffa ma come sei noiosa, non ti va mai bene niente” “No,
non c’entri tu. È Mary che mi preoccupa. Dici che la
troveranno?” “Poco probabile. Sicuramente sarà
fuggita oltre le mura della città e sta cercando una via per
tornare in Scozia. Penso piuttosto che dobbiamo aspettarci un ritorno
di fiamma con il suo piccolo esercito in gonnella” “Bè,
sta diventando un problema. So che è tua cugina, so quanto
tieni a lei, so che non vorresti mai farlo; ma devi avere il coraggio
di saper fare ciò che è giusto per il tuo popolo. La
prossima volta che ne avrai l’occasione, dovrai condannarla
a morte. Non c’è altra via d’uscita, credimi”
Elizabeth sospirò tristemente. “Lei è l’ultimo
ricordo della mia famiglia che mi rimane, capisci? Non posso dare
l’ordine di giustiziarla così, quasi niente fosse. Non
posso e basta” “Lo so, lo so, lo so…ma devi scegliere.
Lei o l’Inghilterra. Per stavolta sei riuscita a tenerli buoni,
ma non ce la farai ancora a lungo. Devi agire. Sii coraggiosa”
“Hai ragione…e va bene, mi hai convinta” disse la
regina con tono mesto ed abbattuto. Kira allora la cinse per le spalle
e la abbracciò forte “Supereremo anche questa difficoltà,
assieme” “Assieme” sussurrò Elizabeth. “Bene,
ora è meglio che tu riposi. Non vorrai trasgredire gli ordini
di Shakti” “Hai intenzione di abbandonarmi qui sola ad
annoiarmi?” “Ho un regno da mandare avanti, ricordi?”
“Mhhhhh” “Vuoi che rimanga ancora un po’ qui,
vero?” “Non puoi lasciarmi da sola” “D’accordo,
rimango ancora un po’, ma poi devo davvero andare. Ci sarà
un casino fuori da quella porta” “E tu allora chiudila
a chiave” Elizabeth rise sorpresa, poi sbarrò gli occhi
e andò a chiudere la porta “Contenta ora?” “Assolutamente”
“Ah, Kira! Sai bene che non puoi avermi tutta per te! Ho molto
lavoro da sbrigare” Kira mormorò qualcosa di incomprensibile,
Elizabeth tornò sui propri passi e si distese sul letto “Cosa?”
“Ho detto che l’Inghilterra può andare avanti da
sola per qualche ora” “Un paio d’ore e riparto”
“Ti farà bene prenderti una pausa, gli ultimi mesi sono
stati pesanti per entrambe” Elizabeth si accoccolò accanto
a Kira, era stanca e voleva dormire. Qualche istante dopo però
scattò in piedi fulminea “Maledetto vestito!” “Ecco
cosa ci si guadagna ad essere regina, una seccatura dopo l’altra!”
la guerriera sorrise divertita “Ha - ha, spiritosa!” Elizabeth
si liberò degli ingombranti abiti che indossava e si infilò
sotto le coperte “Elizabeth!!” protestò Kira “Copriti
e stai buona. Shakti è stata chiara” la guerriera sbuffò
e tirò faticosamente la coperta fin sotto al naso. Elizabeth
poggiò il capo sulla spalla di Kira e l’abbracciò
piano. Il profumo che emanavano i suoi vestiti era come quello di
una rosa, soffice ma pungente allo stesso tempo. Aveva un inspiegabile
effetto distensivo su di lei, riusciva a calmarla come poco altro
al mondo. Ogni cosa di Kira era straordinariamente benefica per lei;
il suo sguardo, i suoi capelli, il modo in cui si muoveva e il sorriso
sgargiante che le nasceva quando la guardava, il dolce suono della
sua voce…Elizabeth si lasciò corteggiare da Morfeo ed
infine cedette al suo armonioso richiamo. Si addormentò, cullata
da dolci pensieri. “Dormi, mia Signora, dormi” Kira posò
un leggero bacio sulla fronte della Regina ed accarezzò i suoi
rilucenti capelli color rame. Anche se aveva cercato di nasconderlo
in tutti i modi era ovvio che non ce la faceva più. Era esausta,
stressata, tormentata da dubbi e sensi di colpa. Negli ultimi mesi
era miracolosamente scampata ad almeno dieci agguati, aveva mantenuto
calmo il popolo, aveva controllato Mary ed aveva mandato avanti la
conquista delle terre nelle Americhe. Erano troppe preoccupazioni
per una sola persona; specialmente per una donna sensibile come Elizabeth.
L’unica cosa che poteva fare per lei era proteggerla fisicamente
e psicologicamente, preservare il suo spirito dagli orrori della vita,
senza mai lasciare che alcuno contaminasse il suo animo puro e gentile.
Elizabeth era la cosa migliore mai capitata all’Inghilterra…e
anche a lei. Con la sua forza di spirito, la sua determinazione, il
suo smisurato coraggio, la sua infinita generosità, il suo
rigido senso di dovere e giustizia, la sua lealtà e la sua
fiducia incondizionata, oltre che con la sua palese e sfolgorante
bellezza, Elizabeth era riuscita dove tutti gli altri avevano fallito.
Aveva fatto breccia fra le sue impenetrabili difese ed aveva colpito
senza pietà, dritta al cuore. Anche se erano passati quasi
venti anni, ricordava perfettamente il momento in cui era entrata
per la prima volta nella sua vita.
Era un caldo pomeriggio estivo, il giovane Edward ancora dodicenne
si era recato a Palazzo assieme al padre, Consigliere del re. Egli
era un giovanotto tutto d’un pezzo, camminava fiero con la schiena
dritta, lo sguardo sempre alto e la mano sinistra saldamente poggiata
sul suo adorato moschetto. I suoi lunghi capelli neri erano acconciati
in una coda elaborata molto simile ad una treccia e legati tramite
un fiocco bianco. Indossava una camicia bianca lunga, un gilet scarlatto
lungo che si apriva in uno spacco sulle gambe, dei pantaloni a tre
quarti rossi, calzini bianchi alti fino alle ginocchia e le scarpette
nuove. Sembrava quasi una libellula, tanto leggiadro era il suo passo.
Tutte le dame di corte si fermavano a osservarlo divertite, lui le
salutava rispettosamente una ad una e proseguiva baldanzoso. “Diventerà
proprio un bell’uomo” aveva commentato più di qualcuna.
Lord Norfalk si trovò a dover discutere di faccende delicate
con il sovrano, e naturalmente Edward era d’impiccio. Fu Enrico
a suggerire che il giovane nobile trascorresse del tempo con la figlia
Elizabeth; naturalmente Norfalk accettò di buon grado. Edward
si recò dunque nel parco ad oriente, dove la principessina
adorava trascorrere il tempo. La vide venirgli incontro da lontano:
era bella, non molto alta ma snella, aveva due splendidi occhi verdi,
lucidi capelli biondi che assumevano tinte ora dorate, ora bronzee
quando il sole li carezzava. Lei si muoveva come un’aggraziata
farfalla, camminava con passo felpato ma rapido, deciso. Indossava
l’abito più splendente che il giovane avesse mai visto…ma
c’era qualcos’altro…il suo sorriso; quel candido
sorriso solare che lo ipnotizzava. Gli ricordava qualcosa, l’aveva
già visto, ma non ricordava né dove, né quando.
“Tu devi essere Edward. Piacere di conoscerti, sono Elizabeth”
Era giunta di fronte a lui e nemmeno se n’era accorto! La principessa
fece un inchino e rimase ad attendere con le gambe flesse, il capo
chinato, le braccia allargate a sostenere la veste. Edward era così
imbambolato che al primo istante non capì; poi batté
la mano sulla fronte e si inchinò a sua volta. “Vi chiedo
di perdonarmi, Principessa. L’onore è mio” rispose,
paonazzo in volto, mentre si esibiva in un goffo baciamano. Poi entrambi
si raddrizzarono ed Elizabeth scoppiò in una risata fragorosa
“Dammi del tu, per favore! Avremo tempo per questi noiosi convenevoli
quando saremo adulti” gli sguardi dei due ragazzi s’incrociarono
per la prima volta, e qualcosa di misterioso si accese nei loro cuori.
Elizabeth era così bella, anche se aveva solo dodici anni.
Era già una piccola ed incantevole regina. “Allora Edward,
cosa ti porta in questa parte del Palazzo?” “Mio-mio padre
è stato convocato dal Re, e non potendomi lasciare da solo
a casa ha deciso di portarmi con sé” “E tua madre?
Lei non bada a te?” “Mia madre purtroppo è morta”
sussurrò Edward con un filo di voce “Oh…scusami,
non volevo. Deve essere stato difficile per te” il ragazzo riuscì
a tirarsi fuori da quell’argomento doloroso sorridendo ed esclamando
“Ma non parliamo di cose tristi! Ti si oscura il viso quando
sei così seria” Elizabeth sorrise debolmente e sedette
sul suo dondolo preferito “Abbiamo qualcosa in comune, sai?
Anche la mia mamma è andata in cielo. Ha dovuto farlo per salvarmi
la vita. Tu te la ricordi tua madre?” “No, perché
non l’ho mai conosciuta” “Nemmeno io, ero troppo
piccola quando è successo” anche Edward andò a
sedersi su dondolo “Oggi è una splendida giornata, non
trovi?” disse il giovane “Già. È raro che
a Londra faccia così caldo. Tutto il creato sembra risvegliarsi
dal suo sonno fatato davanti ai nostri occhi” “Dimmi una
cosa, Elizabeth: sei sempre sola? Insomma, non vedo altri giovani
qui” “A dire il vero no, c’è mia cugina Mary,
ma lei se ne sta sempre ad allenarsi con la spada. Ora però
ci sei tu a tenermi compagnia, non sarò più sola!”
esclamò la regina con un radioso sorriso stampato in volto
“A dire il vero…bè…ecco…non so se…immagino
che non mi lasceranno rimanere con te. In fondo tu sei la principessa,
io invece solo il figlio di un umile cortigiano” “Non
dire sciocchezze! Tuo padre gode di grande stima a Palazzo, soprattutto
da parte del re. Non ti preoccupare, con mio padre ci parlo io e vedrai
che sistemiamo tutto!” Da quel giorno Edward non seppe più
vivere senza Elizabeth, i due si frequentavano assiduamente ed il
loro legame diveniva sempre più solido, finché in un
nefasto giorno Elizabeth scoprì la vera identità di
Edward. Il giovane sembrava più disorientato di Elizabeth “Io,
una donna?! Starai scherzando!” aveva esclamato con il terrore
dipinto in volto. La regina stessa era spaventata a morte: come diavolo
aveva fatto ad innamorarsi di una donna?! Eppure i fatti erano chiari
ed indiscutibili; Edward era e rimaneva una ragazza. Per quasi due
settimane Elizabeth non ne volle sapere di incontrare Edward, e vice
versa. Era calata una pesante cortina di piombo fra i due. Alla fine
però tutti i tasselli andarono al proprio posto. Elizabeth
andò da Edward disperata, non poteva più stare lontana
dalla propria Vita, dal proprio Amore. Non importava che fosse uomo
o donna, doveva raggiungerla e farla sua; sua soltanto. Il resto era
storia.
Kira guardò nuovamente il volto sereno di Elizabeth mentre
dormiva: così calmo e rilassato, come non era da settimane
ormai. Kira scrutò il suo viso, seguendo la sottile linea del
naso, soffermandosi sulle sue gote arrossate, correndo con lo sguardo
lungo le sue morbide labbra per poi salire e guardare gli occhi; quei
due lucenti smeraldi capaci di scavare fino in fondo al suo animo,
che però erano spenti, coperti dalle palpebre. Ogni giorno
rimaneva esterrefatta di fronte alla bellezza del suo viso, ogni volta
era un sorpresa per lei. I richiami del sonno fecero capolino nella
mente di Kira, ed ella si abbandonò alle tentazioni di Morfeo,
stravolta dalla stanchezza.
Kira si svegliò di soprassalto. Sentiva delle voci confuse
attorno a sé, non riusciva a capire. Aprì lentamente
gli occhi: Elizabeth si stava vestendo di tutta fretta e gesticolava
animatamente. Era lei a urlare “Maledizione, è tardi!!
Come ho fatto a dormire così tanto?! Eppure ho appena chiuso
gli occhi!” Kira si voltò debolmente a destra e guardò
l’orologio d’oro poggiato contro il muro. Erano le sei
di sera, il sole era già bello che calato oltre l’orizzonte
“Potresti parlare più piano per favore?” pigolò
la guerriera “Oh, scusa! Non volevo svegliarti, ma è
così tardi, e io devo andare” “Devi proprio?”
“Temo di si. Tu come ti senti?” Kira fece spallucce, offesa,
e si girò. Elizabeth sospirò, sedette sul letto, la
rivoltò verso di sé e le posò una mano sulla
fronte “Hai un po’ di febbre, ma è normale. Ora
mando Shakti a cambiarti le fasciature, tu stai buona qui e non ti
muovere per nessuna ragione, intese?” “E se mi venisse
fame?” “Adesso arriva Shakti e ti faccio portare qualcosa”
“Se dovessi andare al bagno?” “Ti arrangi”
sbuffò Elizabeth “Oh, ti ringrazio, sei molto gentile!”
“Ascoltami bene! Io ora devo uscire e vedere se hanno preso
Mary, ma spero di non stare tanto. Ci rivediamo stasera dopo cena,
ok?” “Hmpf, ok” disse Kira, per niente convinta
“Non tenermi il broncio, per favore. Sai che non sopporto vederti
arrabbiata. Cheeeeese” Elizabeth appoggiò gli indici
sulle guance della guerriera e tirò, contorcendo il suo volto
in un sorriso forzato. Kira afferrò di scatto i polsi della
donna, tirò forte a sé e la baciò appassionatamente
“Prometti che starai tutta la sera con me” Elizabeth riprese
fiato “Whoa, va bene! Se questa è la premessa, ci sto!”
le fece l’occhiolino, finì di rivestirsi ed uscì
dalla stanza. Kira sorrise soddisfatta: in fondo aveva ottenuto ciò
che voleva.
Elizabeth camminava con passo rapido lungo i corridoi del Palazzo
quando Stephen la raggiunse “Vostra Maestà! Vostra Maestà,
aspettatemi per favore!” Elizabeth rallentò “Dimmi,
Stephen” “Le guardie sono tornate qualche minuto fa dalla
ronda” “E allora?” “Non l’hanno trovata,
Mia Regina. Hanno rastrellato l’intera città ma di Mary
non c’è nessuna traccia” “Lo immaginavo;
ma questo per ora non è un problema. Piuttosto dobbiamo preoccuparci
di quando porterà un altro attacco all’Inghilterra. Di
sicuro sarà accolta come una martire in Scozia” “Credete
sul serio? Già una volta è stata cacciata dal proprio
Stato” “Ma essere stata rinchiusa per mesi nella Green
Tower ha fatto di Mary una paladina del cristianesimo, l’intera
Scozia sarà ai suoi piedi. Mia cugina è brava a manipolare
le genti, li sottometterà tutti al proprio volere”
LONDRA, 20 aprile 1565
Erano passati due anni dalla fuga di Mary e la situazione era tornata
quella di prima: la Scozia premeva sulle frontiere inglesi con un
esercito nuovo e più determinato di prima. Mary aveva persino
trovato il tempo di sposarsi con un giovane nobile abbiente, Lord
Darnley. Il popolo era di nuovo in suo favore e la sosteneva in ogni
sua scelta. Elizabeth dovette organizzare un’armata nuova con
l’aiuto di Edward e cercare di difendere i propri domini dagli
attacchi scozzesi. Mary aveva messo radici a Edimburgo e sembrava
ben decisa a non lasciare la reggenza. Aveva imparato dai propri errori,
non li avrebbe ripetuti una seconda volta. Darek era infuriato e continuava
a lanciare lamentele contro Elizabeth “Io l’avevo detto
che dovevamo ammazzarla quella vipera, mai una volta che mi si ascolti!”
“Calmati Darek! Intanto pensiamo a sconfiggere la sua armata,
poi in caso penseremo a cosa farne di lei…” Il pirata
pestò forte i piedi adirato e prese a urlare come un pazzo
“Questo atteggiamento è insensato! Dovremmo rincorrerla
e sterminare tutti i suoi uomini! L’Inghilterra chiede vendetta,
e noi dobbiamo dargliela!” “La vendetta può portare
solo altra vendetta, ricordalo sempre. Se ora noi distruggiamo la
sua armata, ci sarà un numero vastissimo di vedove scozzesi
pronte a gridare le tue stesse frasi. Non è in questo modo
che si pone fine ad una guerra” “Io non voglio porre fine
alla guerra! Voglio solo ammazzare quella vipera scozzese come una
cagna!” “Se continui così mi costringi a cacciarti,
Darek. Non posso avere brutali assassini senza scrupoli nella mia
Corte” “Licenziami pure! Avrai una flotta di pirati pronti
a distruggere tutti i porti nel giro di due settimane!” “Non
ho paura di te, Darek. Sappi che se avessi voluto farti fuori l’avrei
già fatto senza problemi e credimi, molti ti vorrebbero fuori
da Palazzo” “ Ah! Ha tutta l’aria di essere un ricatto”
“Non è un ricatto, ma un consiglio. Adattati al mio modo
di Regnare e resterai; ribellati e verrai eliminato” Darek scosse
il capo contrariato e se ne andò gesticolando come un matto
“Ma brava, hai fatto ammutolire il villoso pirata!” esclamò
una voce da dietro la colonna alla sua sinistra. Elizabeth si fermò
pietrificata, poi sorrise e continuò la propria placida camminata
“Da quant’è che stavi lì dietro?”
“Oh, un po’ di tempo” dall’ombra emerse una
figura imponente e tuttavia snella. “Del resto se non riesco
a risolvere una situazione con la diplomazia, che altro mi rimane
da fare?” “È vero, non sai combattere” “Colpa
tua! Non mi hai mai insegnato come si deve” Edward ridacchiò
fra i baffi e cinse Elizabeth per le spalle con un braccio “Prima
o poi ti insegno, prometto!” “Sì, sì, tu
continui a dire che mi insegnerai a combattere ma dopo quasi dieci
anni ancora sono qui che aspetto!” Edward la superò,
le prese una mano, si inginocchiò con fare solenne di fronte
a lei, chinò il capo e sussurrò con tono truce “Ti
prego di perdonarmi, Mia Signora!” la regina arrossì
vistosamente “Non fare così, maledizione! Sai che mi
metti in imbarazzo” Edward baciò lievemente la sua mano,
solo in seguito si rimise in piedi. Alzò il capo con una lentezza
quasi esasperante e fissò lo sguardo su quello di Elizabeth.
Erano così belli i suoi occhi, così raggiante il suo
sorriso e così maledettamente irresistibili le gote arrossate
che esternavano tutta la sensibilità del suo animo. Elizabeth
sorrise imbarazzata e distolse lo sguardo. Dopo tutti quegli anni
ancora non riusciva a sostenere il suo sguardo intenso ed incantatore.
Strano. Pensava di averci almeno fatto l’abitudine, ma evidentemente
non era così. Edward posò una mano sul volto della regina,
poi il suo gesto si sciolse in un tenero abbraccio “Ci stanno
guardando tutti” mormorò Elizabeth con il capo affondato
fra le vesti del guerriero “Lascia che guardino, se non hanno
nulla di meglio da fare.” Rispose Edward, per nulla infastidito
da tutte le persone che si giravano a guardarli incuriositi “E
se…” “Smettila di parlare” la ammonì
Edward prima di zittirla con un lungo ed infuocato bacio. Elizabeth
allungò un braccio alle proprie spalle e spalancò la
porta con irruenza. Una volta entrati Edward la richiuse dietro di
sé con un calcio. Per fortuna era la stanza da letto della
regina. (non che avesse fatto la benché minima differenza per
loro…) Il volto di Kira si deformò in un ghigno divertito.
Spinse Elizabeth sul letto e balzò sopra di lei. La regina
non ebbe nemmeno il tempo di fiatare che la guerriera la inchiodò
con un bacio mozzafiato; poi Kira discese lungo mento e collo, mentre
con le mani iniziava a sciogliere i lacci del bustino. Elizabeth a
sua volta afferrò la camicia della condottiera, ed allora i
bottoni saltarono praticamente da soli. Kira gettò il bustino
contro l’armadio, guardò per un istante gli occhi di
Elizabeth, poi iniziò a posare delicati baci sul collo, sulle
spalle e sul petto; si avventò con avidità sul ventre,
strinse con decisione i fianchi e percorse tutta la linea del suo
profilo. La regina alzò debolmente le braccia, afferrò
saldamente le bende che Kira legava strette al petto e iniziò
a levarle una dopo l’altra con una calma abissale che sembrò
quasi infastidire l’altra. Ad un certo punto un suono improvviso
squarciò l’aria. Qualcuno bussava alla porta. “Sì,
che c’è?!” gridò Kira adirata “Kira!
Ma sei matta?! Questa è la mia stanza da letto, devo rispondere
io!” bisbigliò la regina, altrettanto innervosita “Tesoro!
Te ne stai lì imbambolata senza dire niente, io che devo fare?!
Rompo il ghiaccio” “Come diavolo fanno a sapere che sono
qui? Sembra che lo facciano apposta a spiarmi!” “Sei la
regina qui, ovvio che tu finisca col trovarti al centro dell’attenzione”
Elizabeth sbuffò “Vostra Maestà, siete voi?”
la regina ribaltò Kira di lato, la fece cadere oltre il letto
“Ow!” “Sì, sono qui. Arrivo adesso! Un attimo,
per favore. Avanti, aiutami a rivestirmi!” bisbigliò
infine. Kira abbottonò la camicia, infilò il gilet e
aiutò Elizabeth a rivestirsi, anche se il suo istinto le diceva
di fare esattamente l’opposto. Strinse forte i lacci, poi si
fece da parte “Mettiti dietro la porta” le sussurrò
Elizabeth a un orecchio; in seguito sistemò i capelli, cercò
di sembrare un minimo decente. Qualcosa però la fece spazientire,
un segno rosso sul collo “Kira! Quante volte te l’ho detto?!
Non puoi! Sono una regina, e sono sposa del mio popolo, immagina che
scompiglio si verrebbe a creare se si scoprisse di noi due”
“Eddai non ti sei nemmeno accorta di quando te l’ho fatto,
poi chi ti dice che i sospetti dovrebbero ricadere su di me?”
“Forse ciò dipende dal fatto che una volta su tre mi
salti addosso in pubblico?” Kira sbuffò e alzò
lo sguardo al cielo, Elizabeth le fece una pernacchia, alzò
il colletto più che poté ed aprì la porta. Finalmente.
Oltre ad essa c’era Stephen. “Mia Regina, state bene?”
“Ehm…sì, perché?” “Ho sentite
delle voci, e voi non aprite la porta…mi sono un po’ preoccupato”
“No, no, è tutto a posto. Avevi qualcosa da dirmi?”
“Bè, sì, ma…chi è Kira?” “Stephen!
Hai qualcosa di importante da dirmi?!” “Oh, giusto! Dunque,
vediamo…Ah! Maledizione, è vero! L’esercito di
Mary ha varcato le frontiere a ovest e sta marciando verso Londra”
Elizabeth si fece improvvisamente seria “È ancora lunga
la strada per Londra. Li fermeremo prima. Ora va’, allerta l’esercito
e riunisci il Parlamento” “Ma non dovrebbe allertarlo
Edward l’esercito?” “VAI!” urlò infine
Elizabeth “Vi raggiungo subito” aggiunse, prima di sbattere
la porta. Stephen scosse il capo e andò ad eseguire i compiti
che gli erano stati affidati. “Diavolo, hai sentito? Mary sta
tornando” Kira era in fermento, tutta occupata a sistemarsi
gli abiti. Elizabeth la afferrò per le spalle, la fermò
“Dico, hai sentito?!” “Sì, maledizione! Se
tua cugina arriva a Londra siamo spacciati” “Appunto.
La dobbiamo assolutamente fermare” Elizabeth aggiustò
il colletto della camicia a Kira ed entrambe uscirono dalla stanza.
Dopo essersi scambiate un fuggevole bacio presero la propria strada:
Kira si affrettò verso la divisione militare, mentre la regina
raggiunse i Ministri nella sede Parlamentare. “Entra la regina!”
annunciò l’usciere. Improvvisamente tutti si zittirono
“Penso che sappiate già il motivo per cui vi ho riuniti
qui; ma se così non fosse lo ripeterò: la Scozia sta
muovendo il proprio esercito verso Londra, ha già passato il
confine ad ovest…” “…entro due mesi sarà
alle porte della nostra città, se non fermiamo l’avanzata
delle armate nemiche” la interruppe Stephen “Per l’appunto.
Dobbiamo agire in fretta se vogliamo evitare la distruzione totale
dell’intero regno. Stavolta Mary non si fermerà di fronte
a nulla” “Dovevamo ucciderla quando ne avevamo l’opportunità!”
Sbottò Darek adirato. Parte del Parlamento era in suo favore,
ma molti altri gli erano contrari. “Non ha alcuna importanza
ora. In questo momento dobbiamo preoccuparci solo del presente, e
del futuro. Rimuginare sul passato non farà svanire magicamente
l’armata scozzese. I dissidi li lasciamo fuori da questa sala”
tutti concordarono con lei, solo Darek rimaneva fisso sulle proprie
lamentele “Se non concordi con il nostro modo di agire allora
vattene; ma sappi che quattro guardie ti condurranno attraverso la
traitor’s gate.” “Meglio essere un traditore che
dover obbedire a dei fantocci!” gridò mentre allargava
le braccia con disappunto. Il pirata uscì dalla sala “Guardie!
Scortate il traditore fuori dal palazzo, privatelo di tutti i suoi
riconoscimenti, e conducetelo alla traitor’s gate!” Ordinò
Elizabeth con tono imperioso. Subito arrivarono quattro uomini armati
che circondarono Darek e lo trascinarono fuori. “Siete solo
un gruppo di vigliacchi senza spina dorsale! Voi avete paura di me,
questa è la verità! Avete paura!!!” continuava
a urlare con voce sempre più forte man mano che si allontanava.
Le guardie lo portarono fino all’ingresso occidentale del Palazzo
dov’era situata la traitor’s gate. Lì tolsero le
medaglie ed i gradi dalla giacca del pirata, lo spinsero verso il
tetro tunnel che lo separava dall’uscita. La traitor’s
gate era una vera e propria sfida: quaranta metri disseminati di insidie
e trappole mortali di ogni genere da cui era praticamente impossibile
uscire vivi. Fino a quel momento nessuno ce l’aveva fatta. Per
un decreto del re, chiunque riuscisse ad uscire da quel passaggio,
avrebbe avuta salva la vita. Darek si fece coraggio, prese un grosso
respiro e corse attraverso il buio più veloce che poté.
Sentì uno scricchiolio sinistro davanti a sé; riuscì
a buttarsi a terra prima che la lama gli mozzasse la testa. Era una
lama che scivolava orizzontalmente con la rapidità di un insetto,
ed altrettanto silenziosa. L’uomo rotolò in avanti e
si rimise in piedi, ma con il piede destro azionò la seconda
trappola: una mezza dozzina di frecce schizzarono verso l’alto
così rapidamente che Darek non riuscì ad evitarle: una
di esse gli trapassò la gamba destra. Il pirata grugnì
dal dolore, in un impeto di rabbia levò il dardo, poi si accovacciò
sofferente. Trenta metri! Ancora così tanto mancava! L’uomo
strinse i denti, si rialzò e proseguì la propria ingloriosa
marcia. La terza trappola scattò che Darek nemmeno se ne accorse,
solo un acuto sibilo lo avvertì dell’imminente pericolo.
Lungo tutte quattro le pareti era disposta una fila di bastoni metallici
appuntiti che si chiusero a raggiera attorno al braccio sinistro dell’uomo.
Darek gridò, poi tirò indietro più che poté.
Il dolore era indescrivibile, il pirata non riuscì a trattenere
un grido disumano, ma le quattro guardie rimasero indifferenti a farsi
gli affari propri. Darek cadde a terra disteso, perse conoscenza per
qualche istante. Si riprese subito, quando guardò davanti notò
che del suo braccio era rimasto poco più di un moncherino.
Allora guardò la griglia di bastoni, con orrore trovò
ciò che gli mancava. Decise tuttavia di non darsi per vinto
e proseguire. Con la mano che gli rimaneva cercò il congegno
che azionava la trappola, quando lo girò i bastoni tornarono
nella propria sede, dentro le mura. Venti metri! Altri venti metri
e sarebbe stato salvo! Darek barcollò avanti con prudenza,
non sapendo da dove sarebbe arrivata la trappola successiva. Man mano
che continuava, le insidie si facevano sempre più pericolose,
sempre più inevitabili, sempre più mortali. Iniziava
a pensare che fosse davvero impossibile uscire da lì. Calpestò
qualcosa di duro, si chinò a guardare: erano gli scheletri
dei disgraziati che l’avevano preceduto. Da quel punto in poi
il pavimento ne era disseminato. Darek continuò imperterrito
la propria avanzata, ma dovette arrestarsi subito: la trappola era
stata attivata. Il pirata sentì il terreno sotto i piedi venirgli
meno, con tutta la forza che gli rimaneva saltò, ma non era
abbastanza. Si ritrovò per metà oltre il baratro, ma
con le gambe a penzoloni nel vuoto. Divenne ancora più difficile
issarsi oltre il buco, con un solo braccio a disposizione. Alla fine
però, dopo un paio di tentativi falliti, egli riuscì
a trascinarsi oltre il dirupo. Riposò un poco, poi si rimise
in piedi. Doveva uscire da lì, radunare il manipolo di pirati
più crudele e spietato che si fosse mai visto in Europa e distruggere
Elizabeth. Quella piccola puttana bastarda non poteva farla franca,
non dopo averlo trattato come una pezza da piede! Meritava di pagarla
molto cara! Spinto dalla forza dell’odio Darek andò avanti,
ma ormai era stremato; il sangue usciva copioso dalle ferite ed il
dolore al braccio sinistro gli invadeva la mente a vampate annebbiandogli
il pensiero, eppure egli non intendeva arrendersi. Aveva un lavoro
da portare a termine, non sarebbero stati venti stupidi metri a fermarlo!
Strinse i denti e proseguì. Mancava poco, così poco!