I
personaggi storici più famosi della Grecia Antica
AGATONE
di Atene, poeta tragico greco (seconda metà del V sec. a.C.).
Delle sue opere rimangono alcuni titoli e pochi frammenti. Secondo
Aristotele fu il primo ad utilizzare trama e personaggi di pura invenzione,
in "Anteo" ("Il fiore"), Agatone compare come
interlocutore nel "Simposio" di Platone
ALESSANDRO
Alessandro III Magno, re di Macedonia (356-323 a.C.). Figlio di Filippo
il Macedone e di Olimpiade, ebbe come maestri Leonida, per le arti
militari, Lisimaco per le lettere e Aristotele per le scienze e la
filosofia. Successe al padre nel 336. Nel 334, dopo aver distrutto
Tebe ed assoggettato gli Illiri, assunse il comando supremo dei greci
e invase la Persia. Presso Granico ed Isso riportò due splendide
vittorie, sbaragliando l'esercito persiano e facendo prigionieri i
familiari di Dario (Sisigambi, sua madre, Statira, sua moglie, e tre
figli). Occupò la Siria e la Fenicia, prese Tiro, Gaza, Gerusalemme,
entrò in Egitto, dove venne acclamato liberatore e figlio di
Giove Ammone, primo segno di quel processo di divinizzazione orientaleggiante
con cui egli modificò l'istituto monarchico. Fondò Alessandria.
Lasciato l'Egitto, varcò il Tigri e l'Eufrate e, nel 331, ad
Arbela, vinse le ultime forze dell'esercito persiano. Con queste vittorie
caddero in suo potere Susa, Persepoli, Babilonia, Ectabana, la Media,
la Battriana. Nel 327 si accinse alla conquista dell'India: con un
esercito di 120.000 uomini tra macedoni e persiani, mosse verso la
valle dell'Indo, conquistando sul suo cammino la Sogdiana, la Partia,
l'Ircania e l'Aria. Passato l'Indo, si spinse verso il Gange. Giunto
all'Ifasi, affluente dell'Indo, le milizie si rifiutarono di procedere
oltre ed A. decise per il ritorno. Discesa la valle dell'Indo fino
all'Oceano Indiano, fece costruire una flotta che, guidata dal navarca
Nearco, raggiunse Susa attraverso le ignote acque del Mar Arabico
e del Golfo Persico. Alessandro ed il resto dell'esercito raggiunsero
invece la città per via di Terra, attraverso il deserto iranico,
nel febbraio 324. A. incoraggiò la fusione tra gli elementi
etnici del suo impero, e ne diede esempio sposando in seconde nozze
la persiana Statira, figlia di Dario III. Morì di febbri malariche
nel 323 a.C., a Babilonia, a soli 32 anni, mentre stava per preparare
una spedizione verso l'Occidente. Le memorie, le leggende sulle sue
imprese e della sua morte, furono ben presto narrate da Tolomeo Soter,
Aristobulo di Cassandria, poi da Pompeo Trogo, Diodoro Siculo, Arriano,
Plutarco. Nella cultura orientale, la figura divinizzata di Alessandro
si ritrova addirittura nel Corano. Nel medioevo, le sue avventure
ispirarono poemi epici e cavallereschi francesi e italiani.
ALCIBÌADE
Generale e uomo politico ateniese (450 circa-404 a.C.). Suo padre,
Clinia discendeva dagli Eupatridi, sua madre, Dinomache, dagli Alcmeonidi.
Fu allevato da Pericle, suo cugino, ed istruito da Socrate. Partecipò
alla prima fase della guerra peloponnesiaca combattendo a Pontidea
(432) e Delio (420). Eletto stratego nel 419, contribuì alla
rottura della tregua di Nicia e promosse la spedizione in Sicilia
(415). Sospettato della mutilazione delle erme e di aver profanato
i misteri eleusini, fu richiamato ad Atene, ma preferì la diserzione
al processo. Passò al nemico, consigliando a Sparta le strategie
per sconfiggere Atene e promuovendo l'alleanza con la Persia. Richiamato
dagli Ateniesi in difesa della democrazia (Atene era caduta nelle
mani dell'oligarchia dei Quattrocento), sconfisse gli Spartani ad
Abido ed a Cizico, e nel 407 rientrò ad Atene come trionfatore.
Ma quando il suo luogotenente fu sconfitto a Nozio dalla flotta spartana
di Lisandro, fu privato dei poteri ed andò esule in Frigia,
presso il satrapo Farnabazo, che lo fece uccidere (404).
APOLLODORO
bronzista ateniese (fine V sec.-inizi IV sec. a.C.). Secondo le fonti
(Plinio) fu autore di statue di filosofi e fu detto "l'insensato"
poiché, spinto da desiderio di perfezione, distruggeva le opere
appena ultimate.
Si conosce anche un altro Apollodoro di Atene, (lett.) filologo e
uomo di cultura greco (Atene 180-110 a.C. circa). Autore di una "Cronaca",
opera in quattro libri, in trimetri giambici (dalla guerra di Troia
al 144 a.C.), di una esposizione "Sugli dei" e "Sul
catalogo delle navi dell'Iliade".
APOLLONIO
Apollonio di Perge o Pergèo, matematico greco (Perge 262-180
a.C circa), visse e insegnò ad Alessandria e fu il più
grande matematico dopo Archimede, suo contemporaneo. Scrisse un trattato
in 8 libri sulle coniche in cui dimostrò come l'intersezione
di un piano con un doppio cono concavo dia origine a seconda dei casi
al cerchio, ellisse, parabola, iperbole;
Un altro Apollonio detto Ròdio, fu poeta epico nativo di Alessandria
(295-230 a.C. circa), si trasferì a Rodi (di qui l'appellativo
di Ròdio) in seguito a un'accesa polemica col maestro Callimaco.
Compose Le Argonautiche, poema in quattro libri, narrante le imprese
degli argonauti e la vicenda d'amore di Medea e Giasone (terzo libro),
imitata da Virgilio nel IV libro dell'Eneide, nel racconto della quale
A. dimostrò notevoli capacità come poeta e come psicologo.
Il poema rappresenta un compromesso fra tradizione omerica e nuovo
gusto alessandrino, ed unico poema epico greco rimastoci per intero
tra Omero e l'età imperiale romana.
ARCHELAO
di Priene, scultore greco, figlio di Apollonio (II-I sec. a.C). Autore
di un rilievo sulla vita di Omero.
Si conosce anche Archelao, figlio di Perdicca II e re di Macedonia,
durante il regno (413-399 a.C.) contribuì al progresso della
Macedonia: costruì strade, riformò l'esercito e introdusse
la cultura greca, ricevendo nel suo palazzo personaggi come i poeti
Agatone, Euripide e il pittore Zeusi.
C’era anche Archelao, generale di Mitridate, soprannominato
il Cappadoce, fu vinto da Silla a Cheronea e a Orcomeno (86 a.C.),
in seguito trattò con lui la pace di Dardano. Accusato di tradimento
da Mitridate passò dalla parte dei romani.
Un altro Archelao, era figlio e successore di Erode il Grande (23
a.C.-18 d.C.), ricevette da Augusto il titolo di etnarca di Giudea,
Samaria, Idumea. A causa della sua crudeltà fu esiliato in
Gallia (6 d.C.).
ARCHIMEDE
Archimede, (Siracusa 287-212 a.C.) è considerato il più
grande matematico e fisico dell'antichità, fu ucciso da un
soldato romano durante l'assedio posto da Appio Claudio e da Claudio
Marcello a Siracusa alla cui difesa egli aveva contribuito con macchine
di sua ideazione. Il calcolo del volume della sfera fu una delle sue
invenzioni più geniali, e tra le sue scoperte ricordiamo: le
regole di quadratura e di cubatura del cilindro e del cono, la proprietà
delle spirali, il principio idrostatico. Inventò parecchie
macchine, tra le quali una chiamata coclea o vite di Archimede per
attingere acqua dal fondo di una nave, gli specchi ustori e varie
altre macchine da guerra. Lasciò alcune opere di grande importanza,
quasi tutte perdute.
ARISTIDE
Aristide, celebre generale e statista ateniese soprannominato il Giusto,
figlio di Lisimaco (540-468 a.C.). Fu uno dei dieci strateghi ateniesi
nella battaglia di Maratona (490); arconte nel 489-488, fu ostracizzato
nel 482 perché si opponeva agli armamenti navali proposti da
Temistocle. Richiamato in patria (480), si riappacificò con
il rivale. Combatté a Salamina e a Platea.
ARISTOFANE
Il maggiore dei poeti greci della commedia antica (Atene ca 455-ca
385 a.C.). Esordì molto giovane con la commedia I banchettanti.
In seguito compose oltre 40 commedie con intenti politici e morali
flagellando con viva arguzia i vizi dei suoi tempi. Ce ne sono pervenute
intere 11 tra cui Gli Acarnesi (425 a.C.), contro la guerra; e Gli
uccelli (414), storia di due ateniesi che, stanchi della vita ad Atene,
fondano una città tra gli uccelli;
BIONE
d'Abdera, matematico greco, vissuto intorno al III sec. a.C. Discepolo
di Democrito, fu il primo ad affermare che in certe regioni le notti
e i giorni durano sei mesi.
CABRIA
generale ateniese (Chio 357 a.C.), eccellente stratega, aiutò
Serse a resistere all'attacco di Agesilao nel 378 e, due anni dopo,
sconfisse la flotta peloponnesiaca a Nasso. Al servizio di Taco, re
dell'Egitto, sconfisse la flotta persiana nel 361, ma morì
durante l'assedio nel porto di Chio.
CALLIPPO
Callippo, avventuriero ateniese del IV sec. a.C. Dopo essere stato
compagno di Dione nella lotta contro Dionisio di Siracusa, si schierò
contro di lui e fu a capo dei congiurati che lo assassinarono.
CALLISTENE
(IV sec. a.C.) generale ateniese, sconfisse Perdicca, re di Macedonia,
ma venne ucciso per aver concluso una pace poco vantaggiosa.
CIMONE
Cimone, generale e uomo politico ateniese (510-449 a.C.), figlio di
Milziade (v.). Fu stratego con Aristide nel 478, al tempo della Guerra
persiana. Nel 468 vinse la flotta nemica all'Eurimedonte, distrusse
la flotta fenicia, occupò il Chersoneso e sottomise Taso che
si era ribellato (462). Esiliato perché considerato filospartano,
fu richiamato dopo dieci anni in patria (451). Concluse l'armistizio
con Sparta e riprese la lotta contro i Persiani. Morì (forse
di peste) durante l'assedio di Cizio, nella primavera del 449.
CLIZIA
artista dell'Attica (Vl secolo a.C.) che dipinse il celebre vaso François,
capolavoro della ceramica greca, trovato in una tomba presso Chiusi
nel 1844, attualmente al Museo archeologico di Firenze.
CRATETE
Cratete di Atene (metà del V secolo a.C.), poeta comico della
commedia antica. Lodato da Aristotele nella sua "Poetica",
ci restano dieci titoli ed alcuni frammenti. Nella commedia "Le
Bestie" descrive il contrasto tra la vita raffinata e quella
semplice secondo natura, vi fa parlare gli animali i quali esortano
gli uomini a divenire vegetariani.
CRATINO
(550 circa-422 a.C. circa) poeta comico greco, autore di una ventina
di commedie satiriche, vivacissime, di cui ci sono pervenuti alcuni
frammenti: "Archilochi", "Fuggitive", "Odissei",
"Chironi", "Pluti" e "La Damigiana"
in risposta alla commedia "Le Nuvole" di Aristotele, il
quale lo accusava di essere divenuto un ubriacone: in essa il poeta,
accusato dalla moglie Commedia di tradirla con Ebbrezza, si difende
con un'apologia delle virtù ispiratrici del vino.
CRISIPPO
Crisippo, (IV secolo a.C.) medico greco, maestro di Erasistrato, si
dedicò allo studio delle proprietà delle erbe medicamentose.
CRITONE
ricco Ateniese discepolo e amico di Socrate, a cui offrì invano
i mezzi per fuggire dal carcere. Al suo nome è intitolato un
dialogo di Platone, composto verso il 395 a.C.
DEMETRIO
Demetrio I Poliorcete, re di Macedonia (336-283 a.C.), figlio di Antigono
Monoftalmo. Combatté contro Cipro e Atene e riuscì ad
ottenere il controllo sull'Attica, la Beozia e parte del Peloponneso.
Conquistata la Macedonia, si fece proclamare re nel 294 a.C. Le sue
ambizioni egemoniche erano senza fine: tentò di conquistare
l'Asia, ma Seleuco lo sconfisse e lo tenne prigioniero fino alla morte.
DEMÒSTENE
Demòstene, militare ateniese (-Siracusa 413 a.C.) Vinse i pelopponesiaci
a Olpe, impedendo la loro espansione nell'Etolia e nell'Acarnania;
combatté contro gli spartani e partecipò all'assedio
di Siracusa, dove fu sconfitto e condannato a morte.
Un altro Demostene, oratore e uomo politico greco (Atene 384-Calauria
322 a.C.). Si narra che egli fosse balbuziente e che con durissima
disciplina avesse vinto questo difetto e conquistato con un lungo
studio tutti i segreti dell'arte oratoria. Intentò la prima
causa a 18 anni, contro Afabo, il tutore che gli aveva dilapidato
le ricchezze di famiglia. Si dedicò a studi storici e divenne
logografo. Nel 355 incominciò la sua carriera di oratore politico,
allorché la libertà della democratica Atene fu gravemente
minacciata dalle mire imperialiste e unificatrici di Filippo II di
Macedonia. Di questi fu irriducibile avversario e pronunciò
contro di lui le tre orazioni dette "Filippiche" e le tre
dette "Olintiache", quando Filippo minacciò la città
di Olinto. Per questa sua nobile tenacia nel difendere gli ideali
della libertà e della democrazia, nel 336 Ctesifonte propose
al popolo di onorare D. offrendogli una corona d'oro, ma questa proposta
diede occasione all'oratore Eschine, avversario di D. e fautore del
partito macedonie, di accusare Ctesifonte, del quale Demostene si
assunse la difesa pronunciando, nel 330, la celebre orazione "Per
la corona", modello insuperato di oratoria giudiziaria e politica.
Accusato di aver ricevuto danaro da Arpalo, tesoriere del Re di Persia,
fu al centro del grosso scandalo messo in piedi dal partito macedone:
subì un processo e fu condannato. Esule, vagò per la
Grecia e l'Asia e tornò in patria soltanto dopo la morte di
Alessandro Magno. Dopo la sconfitta di Crannone subita dai greci,
D. fuggì; inseguito, per non cadere nelle mani dei nemici,
preferì darsi la morte col veleno nel tempio di Posidone a
Calauria. Di lui ci sono pervenute 61 orazioni.
DIONE
uomo politico siracusano (Siracusa 409-354 a.C.). Imparentato con
Dionigi il Vecchio, ne divenne consigliere. Fu esiliato da Dionigi
il Giovane e fuggì in Grecia. Approfittando dell'assenza di
Dionigi, rientrò a Siracusa con la forza, sostenuto dagli accademici.
Instaurò nella città un regime dittatoriale. Fu vittima
di una congiura.
ERMOCREONTE
architetto greco che operò intorno al sec. III a.C. Realizzò
l'Altare dei Giganti nei pressi del tempio di Apollo a Parion, monumento
che fu riprodotto sulle monete della città.
ERMODORO
di Salamina architetto greco, attivo a Roma tra la fine del sec. II
e l'inizio del sec. I a.C. Secondo le testimonianze di diversi autori
latini, avrebbe costruito i cantieri navali in Campo Marzio, il tempio
di Marte al Circo Flaminio e il tempio di Giove Sartore, primo tempio
in marmo costruito a Roma.
ERÒDOTO
Eròdoto, storico greco di Alicarnasso (Asia Minore 484-425
a.C.). Derivò dalla sua origine greco-caria i molteplici interessi
del suo spirito universale e li approfondì nei viaggi di ricerca
in Asia Minore, Medio Oriente, Egitto, Grecia continentale e Magna
Grecia. Agli intenti geografici ed etnologici dei logografi ionici,
unì uno spirito acutamente indagatore, che fece di lui il "padre
della storia". Si propose di raggiungere la verità e di
celebrare "le imprese grandi e mirabili". Le sue "Storie",
divise dai grammatici alessandrini in 9 libri intitolati alle 9 Muse,
trattano nella I parte (libri I-V, 27) le vicende della Lidia e la
conquista degli Imperi orientali da parte della Persia, poi, probabilmente
dopo il soggiorno in Atene, Erodoto concentrò il suo interesse
sul conflitto tra Persia e Grecia fino alla presa di Sesto (478 a.C.),
con la quale termina la guerra difensiva degli Elleni (V, 28-IX).
Come storico si preoccupò di essere informato e imparziale.
Vide negli avvenimenti umani l'attuarsi di una legge superiore, punitrice
di ogni eccesso, in base alla quale non deve essere punita la potenza
per se stessa, ma la prepotenza, che necessariamente ne deriva: così
si spiegano le tragiche vicende di Creso, Cambise, Policrate, il crollo
dello stesso Impero persiano per la folle violenza di Dario e di Serse.
Secondo Erodoto non è possibile sfuggire al proprio destino:
da questa convinzione il filosofo trasse un'amara considerazione intorno
all'esistenza.
ÈSCHILO
Èschilo, poeta tragico greco (Eleusi 525-456 a.C.). Partecipò
alle guerre persiane e fu a Maratona, Salamina, Platea, tanto che
Aristofane vide in lui il rappresentante della generazione che, col
trionfo sui Persiani, pose le basi alla libertà dello Stato
ateniese. Si recò poi in Sicilia, alla Corte del tiranno Gerone.
Nel 468 tornò ad Atene, ma dieci anni dopo ripartì per
la Sicilia e passò gli ultimi anni della sua vita a Gela. Gli
furono attribuiti 90 drammi; se ne conservano 7 e frammenti di alcuni
altri. Il mito, che egli accoglie dalla poesia epica, acquista nelle
sue opere valore di una raffigurazione ideale, che assomma le contraddizioni
dell'umana esistenza e dello stesso mondo divino. Proprio da questa
esperienza dolorosa, portata alla più alta espressione drammatica,
nascono per gli uomini la consapevolezza del destino e l'ammaestramento.
E. introdusse un secondo attore e fece del dialogo il vero protagonista
del dramma. Predilesse la forma della trilogia legata: infatti, ponendo
come presupposto la solidarietà, nella colpa come nella punizione,
dei membri di una medesima famiglia, il poeta della giustizia divina
era in grado di cogliere, nello svolgersi del tempo, quel trionfo
della giusta vendetta che non poteva esaurirsi nell'ambito di una
sola generazione. Questa tragica catena di delitti e di punizione
viene interrotta solo dalla bontà di una divinità pacificatrice.
Così nella "Orestea" ("Agamennone", "Coefore",
"Eumenidi"), unica trilogia superstite, le antiche colpe
delle due dinastie dei Pelopidi e dei Tindaridi si assommano nella
persona di Oreste, il quale, mentre uccidendo la madre adempie a un
volere divino che impone la vendetta del padre ucciso, ne viola un
altro che vuole rispetto per i genitori: solo la grazia celeste può
liberarlo dalla stretta esasperante. Analoghi contrasti si notano
in tutte le altre tragedie ("Danaidi"; "Persiani";
"I Sette a Tebe"; "Prometeo incatenato"). A questa
drammatica concezione del nostro tragico destino, corrispose la grandiosità
della rappresentazione scenica, atta a colpire l'immaginazione, mentre
queste passioni sovrumane, tutte protese verso la loro meta, si esprimono
in un linguaggio immaginoso e ardito, da cui traspare il vigore di
un'alta fantasia creatrice.
ÈSCHINE
Èschine, oratore e uomo politico (Atene 390 ca-Samo 314 a.C.).
Contemporaneo e antagonista di Demostene, fu avverso ai Macedoni nella
prima giovinezza, ma dopo aver partecipato a una ambasceria presso
il re Filippo (346) cambiò le sue opinioni in proposito e,
tornato ad Atene, divenne capo del partito filomacedone. Accusato
da Demostene di corruzione poiché aveva accettato il dono che
tradizionalmente veniva offerto da Filippo agli ambasciatori (che
invece Demostene aveva a sua volta rifiutato, dimostrando così
la propria disapprovazione nei confronti della politica macedone),
fu processato (343). Assolto, tentò di vendicarsi di Demostene
accusando Ctesifonte quando questi propose (337) di offrire una corona
d'oro al grande oratore del partito democratico. Il processo si celebrò
soltanto nel 330 ed E. vi ebbe la peggio, sebbene pronunciasse un'orazione
tutt'altro che priva di argomenti. Fu costretto a pagare un'ammenda
e andò in volontario esilio. Pare che a Rodi, dove si recò
in un primo momento, abbia fondato una scuola di retorica.
ESIODO
(lett.) poeta greco nato ad Ascra in Beozia (VIII sec. a.C.). Della
sua esistenza è nota solo la contesa col fratello Perse per
l'eredità paterna (movente individuale al successivo approfondimento
del concetto universale di giustizia), e la vittoria riportata a Calcide
di Eubea in una gara poetica. Con Esiodo il soggettivismo e lo spirito
didascalico penetrano nella poesia greca. Gli antichi gli attribuirono,
oltre la Teogonia, Le opere e i giorni e le Eoie, anche molte altre
opere di carattere epico o didascalico che sono creazione della scuola
esiodea (come Lo Scudo e le perdute: Ornitomantia; i Precetti di Chirone;
la Astronomia; la Melampodia; l' Egimio e altre). Nella Teogonia possiamo
scorgere un primo tentativo, che precede quello dei filosofi ionici,
d'imporre un ordine razionale alla molteplicità del divenire.
A partire dagli elementi primordiali: la Terra, il Caos, l'Amore,
attraverso una serie di rapporti genealogici, si viene a sancire il
nuovo ordinamento del mondo, sotto la giusta signoria di Zeus, che
segna la conciliazione tra le antiche divinità preelleniche,
ancor vive fra i contadini della Beozia, e le più recenti divinità
olimpiche: questa è la verità di cui Esiodo si proclama
banditore. Tale norma di giustizia, che Esiodo svela nel mondo divino,
si impone come unica salvaguardia del diritto, anche nella vita umana,
mentre la violenza è la legge delle fiere selvagge. Per attuare
questa norma, nelle Opere e i giorni, la sua opera poeticamente più
significativa, Esiodo proclama una nuova virtù: quella del
lavoro campestre.
EUCLIDE
2) Euclide, matematico greco del III sec. a.C., vissuto ad Alessandria,
dove fondò una scuola. Ci restano varie sue opere, di cui la
più importante sono gli "Elementi", in 13 libri,
dove tratta della geometria piana, dell'aritmetica, della geometria
solida, servendosi di alcuni postulati comunemente accettati per dedurre
numerosi teoremi. Ricordiamo inoltre "I dati", "Della
divisione delle figure", "I Fenomeni", un trattato
di ottica.
Teoremi di Euclide, teoremi di geometria elementare, enunciati da
Euclide e relativi al triangolo rettangolo: (1) il quadrato costruito
su un cateto è equivalente al rettangolo che ha per lati l'ipotenusa
e la proiezione del cateto sull'ipotenusa; (2) il quadrato costruito
sull'altezza relativa all'ipotenusa è equivalente al rettangolo
che ha per lati le proiezioni dei cateti sull'ipotenusa.
Postulato di Euclide, quinto postulato degli "Elementi",
assioma su cui è basata l'intera geometria euclidea e che afferma
che per ogni punto di un piano si può condurre una sola retta
parallela ad una retta data non passante per il punto.
EURIPIDE
Euripide, (lett.) poeta tragico greco (Salamina 484-480 a.C.-Pella
406 a.C.). Condusse vita meditativa e di studio (fu uno dei primi
a possedere una biblioteca), lontano da ogni attività politica.
Tuttavia le sue tragedie, scritte in gran parte durante la guerra
del Peloponneso, rispecchiano a volte problematiche estremamente attuali
(p. es. la famiglia, la società, la condizione della donna
e degli schiavi, l'efficacia delle diverse forme di governo, gli orrori
della guerra). Staccandosi dalla fede tradizionale, E. immette sulla
scena la critica razionalistica del mito, l'indagine filosofica e,
a volte, la disputa sofistica. Si può forse avvertire in lui
l'aspirazione verso un più profondo senso del divino. Predilige
le passioni più ardenti, la descrizione dell'amore concepito
come malattia funesta, gli imprevisti mutamenti di scena, i riconoscimenti,
le situazioni patetiche che preannunciano il dramma psicologico borghese
dell'età alessandrina. Le sue innovazioni tecniche consistono
nel prologo narrativo, nel deus ex machina introdotto per concludere
una situazione troppo intricata, la diminuita importanza del coro,
che spesso si dilunga in divagazioni lirico estetiche. Scrisse 92
drammi, di cui ci sono pervenuti un dramma satiresco ("Il Ciclope")
e 17 tragedie. Le tragedie che ci rimangono, sono: "Alcesti",
"Medea", "Ippolito", "Ecuba", "Andromaca",
"Heracles", "Elettra", "Gli Eraclidi",
"Le supplici", "Le Troiane", "Le Fenicie",
"Ifigenia aurica", "Elena", "Ione",
"Oreste", "Le baccanti", "Ifigenia in Aulide".
FIDIA
Fidia, il più grande scultore della Grecia, l'espressione più
completa e più alta del mondo ellenico. Nato ad Atene agli
inizi del V sec., fu scolaro di Egia, scultore del Peloponneso, e
sentí anche l'influsso del sommo Polignoto. Con ogni probabilità,
in gioventú fu anche pittore, certo fu espertissimo in tutte
le tecniche: marmo, bronzo, tecnica crisoelefantina, cesello e intarsio.
Al primo periodo della sua attività appartengono le due statue
di Athena: quella di Pellene in Acaia e la Areia di Platea. Tra il
465 e il 460 ebbe l'incarico di eseguire per Delfi un gruppo votivo
dedicato agli eroi di Maratona. Dal 452 al 448, nella pienezza della
maturità, scolpì il primo capolavoro: lo Zeus di Olimpia,
in quella particolare tecnica detta crisoelefantina, che proveniva
da tipi arcaici e voleva in avorio le parti ignude, e in lamina d'oro
le vesti, la barba e i capelli. La figura di Zeus, che in piedi sarebbe
stata alta 15 metri, era rappresentata seduta su un trono. Ma il genio
del sommo Ateniese rifulse in tutto il suo splendore nella grande
statua di Athena Parthenos e nei marmi del Partenone. La dea, alta
quasi 12 metri, era raffigurata in piedi, paludata di chitone dorico
con elmo a triplice cimiero, la mano destra reggente una minuscola
Nike, la sinistra poggiata sullo scudo. Mirabile simbolo, splendente
d'oro e di avorio, della città di Atene nel tempo della sua
maggiore potenza civile, militare, artistica. Oltre a questa, era
famosa una statua della dea detta Promachos, colossale, tutta in bronzo,
posta sull'Acropoli quasi a guardia della città. I marmi del
Partenone erano formati da 92 metope a rilievo giunte purtroppo a
noi mutile, frammentarie, corrose in seguito allo scoppio di una polveriera
posta nell'interno del Partenone stesso (1687). Se Fidia non fu l'esecutore
materiale di tutti i rilievi del Partenone, è certo che dal
suo genio scaturí l'idea della grandiosa composizione. Di Fidia
è sicuramente il bellissimo fregio che circonda la cella dei
Tempio, dove si snoda la processione delle feste Panatenaiche. Ignota
è la fine di Fidia. Perseguitato alla morte di Pericle, suo
grande amico, dovette fuggire da Atene. Alcuni credono riparasse a
Elide, altri lo dicono morto avvelenato nel 431 a.C.
IPPOCRATE
1) Ippocrate di Coo, il più grande medico dell'antichità,
detto il padre della medicina (460-370 a.C.). Egli per primo distinse
la medicina dalla tradizione sacerdotale e la fondò sulla ricerca
scientifica e sulla osservazione. I suoi numerosi scritti e quelli
degli alunni furono raccolti nel Corpus hippocraticum. che fu il trattato
più diffuso nell'antichità e nel Medio evo. I suoi Aforismi
in particolare furono considerati come dogmi fino al sec. XVIII. Il
giuramento ippocratico è una formula di giuramento che i suoi
discepoli e poi tutti i medici fino al secolo scorso pronunciavano
al momento della laurea, promettendo di esercitare la professione
con assoluta moralità, di difendere il segreto professionale,
ecc.; con esso si apre il Corpus hippocraticum.
MILZIADE
Milziade II, stratego (Atene 550 a.C. circa-489 a.C. circa), figlio
di Cimone e nipote di Milziade il Vecchio, tiranno del Chersoneso
ereditò il governo da giovane. Nel 515 domò la rivolta
in Tracia e due anni dopo seguì Dario I re dei Persiani nella
spedizione contro gli Sciiti. Occupò le isole di Lemno e di
Imbro approfittando della rivolta delle città della Ionia.
Dopo la sconfitta degli Ioni fu costretto ad abbandonare il principato
e a tornare ad Atene dove fu processato perché accusato di
aver instaurato una tirannia. Assolto, fu nominato stratego. Nel 490
a.C. sconfisse i Persiani a Maratona, ma non riuscì poi a domare
la ribellione di alcune isole alleatesi ai Persiani tra cui Paro.
Al ritorno in patria fu accusato di tradimento e condannato ad una
ammenda che, non potendo pagare, lo costrinse al carcere dove morì
poco dopo per le ferite che aveva subito in guerra.
MIRO
poetessa greca (IV-III sec. a.C.). Scrisse un inno a Poseidone e alcune
invettive che anticipano quelle ellenistiche di Euforione e di Valerio
Catone. Delle sue opere sono giunti a noi solo pochi frammenti.
MUSEO
poeta greco del IV secolo d.C., autore del piccolo poema "Ero
e Leandro".
OMÈRO
il più illustre poeta epico in lingua greca, il primo di cui
ci siano pervenute le opere e uno dei maggiori di ogni età.
Insieme ai due grandi poemi Iliade e Odissea, una più tarda
tradizione greca gli attribuiva molte altre opere: gli Inni omerici,
la Batracomiomachia, ecc. Le vicende della sua vita erano scarsamente
note anche agli antichi e leggendarie. Le biografie tramandateci sono
tarde, fabulose e contraddittorie. Sebbene gli scrittori più
antichi, fra essi Pindaro e Semonide di Amorgo, concordemente lo dicano
jonico e nato in Chio o a Smirne, più tardi, come ci informa
un noto distico dell'Antologia Palaina, molte città si contesero
l'onore di avergli dato i natali: Smirne, Chio, Colofone, Itaca, Pilo,
Argo, Atene; secondo una variante, invece di Itaca, Cyme. La tradizione
lo dice cieco. La moderna indagine critica ci porta a ritenere che
egli fu verosimilmente dell'Asia Minore, di Smirne o dell'isola di
Chio che le è davanti, che fu un poeta di Corte e che probabilmente
visse per qualche tempo alla Corte di un Eneade e che l'attività
poetica si svolse fra la seconda metà del sec. VIII e gli inizi
del VII. A queste conclusioni, sia pure scarne, si è giunti
oggi dopo tutti i travagli della cosiddetta «questione omerica»,
della lunga disputa cioè, non ancora conclusa, sulla personalità
storica di Omero e su gli autori o l'autore e il modo di redazione
dell'Iliade e dell'Odissea. La sua grande abilità narrativa
si avvale di strumenti quali una lingua ionica ricca di lessico e
duttile di forme, e il verso esametro che fluidamente si adatta ai
diversi stati d'animo descritti. Di grande fantasia che spazia dal
mare alla terra, dall'Olimpo all'Oltretomba, modella paesaggi e personaggi
che vivono le più diverse avventure guerresche, politiche,
idilliche; sensibile al mondo della natura e a tutte le sue creature
animate e inanimate, alla sorte e alle vicende della vita che viene
colta nei suoi aspetti più vari e reconditi. Suggestiva è
la naturalezza con cui il divino si mescola all'umano e al fantastico.
Grande fu il successo di questo poeta fin dal VII sec. a.C., considerato
maestro e creatore di ogni forma di poesia; forte e prepotente l'influsso
che esercitò su lirici e tragediografi, su filosofi e pedagogisti.
PAUSANIA
1) Pausania, principe spartano morto circa nel 468 a.C. Nel 478 conquistò
Bisanzio e parte dell'isola di Cipro a capo della flotta greca. Ma
il suo governo autoritario e il sospetto che gravava su di lui di
avere una intesa segreta con i Persiani, crearono il malcontento tra
gli alleati. Uscito incolume dal processo, si insediò con le
sue truppe come sovrano a Bisanzio, da dove sarà poi cacciato.
Tentò con i Persiani di fomentare una rivolta di iloti, ma,
scoperto, fu murato e lasciato morire nel tempio di Atena Calcieco.
C’è anche Pausania, re di Sparta (nato nel 445). Nel
405-404 contribuì all'assedio di Atene e in seguito favorì,
contro Lisandro, il rientro di Trasibulo e dei democratici. Inviato
in Beozia, dopo la morte di Lisandro si ritirò dal combattimento
e venne per questo accusato. Fuggì a Tegea.
PERIANDRO
DI CORINTO
Periandro di Corinto, uno dei Sette Savi, tiranno di Corinto (627
a.C.-585 a.C.) figlio di Cipselo. Proseguì la politica del
padre e sotto di lui Corinto raggiunse il massimo splendore: fondò
Potidea, Apollonia ed Epidammo ed ebbe rapporti amichevoli con Atene,
Mileto, Lesbo e l'Egitto. Inoltre favorì la classe artigianale
e facilitò il commercio, ma non ottenne le simpatie della classe
contadina. Protesse gli artisti e arricchì Corinto di numerosi
monumenti.
PERICLE
Pericle, politico ateniese (493 a.C.-Atene 429 a.C.). Improntò
di sè la politica, l'arte, i costumi e le istituzioni del V
sec. a.C., che fu appunto chiamato secolo di Pericle Figlio del nobile
Santippo, simpatizzò per le classi popolari e perciò
divenne avversario di Cimone, il maggior rappresentante dei conservatori
e fautori di una politica filospartana. Pericle si affiancò
al democratico Efialte e, alla caduta di Cimone, instaurò la
democrazia in Atene (461). Dopo l'uccisione di Efialte Pericle, rimasto
il solo capo, attuò vaste riforme economiche e sociali a favore
della popolazione meno ricca; istituì la paga eliastica, forma
di sussidio per i bisognosi, e limitò il potere dell'Areopago,
roccaforte della ricca borghesia. Favorevole alla guerra del Peloponneso,
fu certo nelle sue intenzioni estendere il predominio ateniese su
tutta la Grecia, non senza tentare nello stesso tempo di eliminare
la potenza persiana. In quest'ultimo tentativo spinse l'esercito ateniese
in Egitto, ma la spedizione si concluse in un grave insuccesso (452)
che non contribuì certo a rafforzare la posizione di P. Venne
allora richiamato Cimone che concluse subito con Sparta, vittoriosa
nel 547 a Tanagra, una tregua di 5 anni, e riprese la guerra contro
la Persia, ma morì prematuramente. P. concluse la pace anche
con la Persia assicurando in tal modo la posizione di Atene; in seguito
si dedicò all'attuazione di quelle sublimi opere d'arte, i
cui lavori diresse personalmente, destinate a essere considerate nei
secoli come insuperabili capolavori. Sorsero così il Partenone
e la statua crisoelefantina di Atena; Fidia, Protagora e Anassagora
furono da lui protetti e Atene raggiunse il massimo splendore. Fu
saggio amministratore della pubblica economia gestita sempre in favore
del popolo e delle belle arti. La sua politica estera non conseguì
brillanti risultati a causa degli enormi ostacoli frapposti dalla
classe conservatrice, la quale non mancò di intrigare con gli
avversari di Atene pur di liberarsi dell'audace democratico. Morì
di peste.
PINDARO
Pindaro, poeta lirico greco. Nacque a Cinocefale, villaggio presso
Tebe, durante la 65° Olimpiade (520-517 a.C.). Visse alcuni anni
in Sicilia (478-474) poi ad Argo dove morì nel 438. Educato
in un austero ambiente religioso e tradizionalista, si formò
dapprima presso il flautista Scopellino e le poetesse Mirtide e Corinna,
in seguito ad Atene presso Lasao d'Ermione e di Agatocle. Fu attivo
alle corti di Siracusa, Agrigento e Cirene, in Tessaglia e in Macedonia.
Fervido ammiratore del passato, durante le guerre persiane mantenne
un atteggiamento distaccato, quasi indiffferente, ma più tardi
cantò Atene come "baluardo della Grecia". É
il più conosciuto dei poeti antichi perchè di lui ci
sono pervenuti, oltre a numerosi frammenti, 4 libri di componimenti
interi, gli "Epinici", scritti per i vincitori dei giochi
panellenici. La sua opera poetica, assai vasta, fu raccolta e pubblicata
da Aristofane di Bisanzio che la divise, secondo la materia, in 17
libri: 11 di canti liturgici (così divisi: un libro di Inni
in lode degli dei, 1 di Peani, 2 di Ditirambi, 2 di Prosodi, 2 di
Parteni, 1 di Carmi dafneforici, 2 di Iporchemi); 6 di canti profani
(1 di Encomi, 1 di Treni, 4 di Epinici). Di essa sono giunti a noi
interi i quattro libri degli "Epinici": "Odi olimpiche",
"Pitiche", "Nemee" e "Istmiche", caratterizzati
da un tono costantemente elevato, da repentini ed imprevedibili passaggi
(voli pindarici) e dalla compresenza di attualità (in riferimento
ai vincitori dei giochi) e di mito. La poesia di P., veramente grandissima,
nasce in un clima religioso estremamente rarefatto. Il suo mondo morale
è il mondo eterno e universale del mito, il mondo delle pure
sostanze, non quello delle contingenze e dei particolari.
PISISTRATO
Pisistrato, tiranno ateniese, figlio di Ippocrate, vissuto nel sec.
VI a.C.(561-560 a.C.-528-527 a.C.). Si coprì di gloria combattendo
contro i Megaresi, i quali furono costretti a riconsegnare Salamina
e a cedere il porto di Nisea. Tornato in patria occupò l'Acropoli
e si impadronì del potere con l'appoggio dei braccianti e dei
piccoli contadini. Il favore generale che gliene derivò e le
sue non comuni capacità politiche gli permisero di annullare
l'opposizione degli aristocratici, dopo che questi l'avevano costretto
all'esilio con un Colpo di Stato. Ritornò infatti ad Atene
nel 546 e la governò fino alla morte adottando una linea politica
equilibrata e progressista che promosse il benessere e il prestigio
di Atene. Favorì la distribuzione di terre, lo sfruttamento
delle miniere del Pangeo e la colonizzazione dell'Ellesponto. Abbellì
la città e specialmente l'Acropoli, potenziò la flotta
ed incrementò i commerci, protesse la cultura avviando Atene
a divenire il centro culturale della Grecia. Nella tradizione storiografica
la sua figura è lodata come quella di un tiranno saggio e rispettoso
delle istituzioni. Gli successe il figlio Ippia.
PLATONE
Platone, poeta comico vissuto in Atene nel V-IV sec. a.C. Trattò
motivi tipici della commedia antica, come la satira politica ("Cleofonte",
"Pisandro", ecc.) e la parodia mitologica ("Faone",
"Menelao", ecc.) e temi di interesse sociale ("I sofisti").
POLICRATE
tiranno di Samo (circa 540 a.C.-522 a.C.). Arricchitosi con la pirateria,
nel 540 si impadronì del potere con i fratelli Pantagnoto e
Silosonte. Eliminati questi, rimase unico tiranno (535). Costituì
un esercito mercenario che mantenne a spese dei commercianti, degli
artigiani e delle classi più povere alle quali offrì
occupazione nella costruzione di opere publiche o nell'esercito stesso.
Stroncò ogni opposizione dei nobili e dei contadini affermando
il proprio potere anche sulle isole vicine e sulle città costiere.
Creò infatti una potente flotta che, con la pirateria, si impose
nell'Egeo. Si alleò con Ligdami di Nasso e con Arcesilao III
di Cirene. Alleato dapprima anche con il faraone Ahmose contro la
Persia, mutò poi posizione e inviò ai persiani una flotta
in aiuto per invadere l'Egitto. Gli equipaggi, formati da oppositori
politici, con l'appoggio di Sparta si volsero ad assediare Samo ma
senza successo poiché P. riuscì a corrompere gli spartani.
Policrate fu ucciso a tradimento dal satrapo persiano Orete. Tiranno
crudele, astuto e senza scrupoli, Policrate tuttavia si circondò
di una corte raffinata e geniale formata da poeti, artisti e scienziati.
Arricchì Samo di grandiose costruzioni come il tempio di Hera,
un acquedotto sotterraneo, la cinta muraria, il porto militare, ecc.
SAFFO
(secc. VII-VI a.C.) celebre poetessa greca di Lesbo, vissuta a Mitilene,
si dedicò all'educazione di fanciulle aristocratiche, alle
quali insegnava la poesia, la musica e la danza. Platone, Alceo, Strabone
e altri la descrissero bella e casta cosi che non si sa come sia nata
la leggenda della sua bruttezza e del suo disperato amore per Faone,
mentre la tradizione dei suoi vizi e dei suoi amori con le donne di
Lesbo fu creata dai commediografi attici. Delle sue poesie, non restano
che due odi, 4-5 poesie con qualche lacuna e molti frammenti. La poesia
di Saffo, tutta rivolta all'amore e alla bellezza, è delicatissima
nelle immagini e ardente pur nella semplicità e dolcezza del
verso.
SENOFONTE
Senofonte, letterato e uomo d'armi greco (Atene 430circa-353 a.C.).
Di famiglia aristocratica, fu forse allievo di Socrate. Partecipò
alla spedizione di Ciro contro il fratello Artaserse II, re di Persia:
morto Ciro nella battaglia di Cunassa, S. guidò la famosa ritirata
dei 10.000 greci, che egli narrerà in una delle sue opere più
famose, le "Anabasi". Esiliato da Atene, passò al
servizio di Sparta, cui rimase sempre fedele: partecipò alla
campagna dello spartano Agesilao contro Farnabazo e nel 394 combatté
tra gli Spartani contro i suoi compatrioti, ritirandosi poi in un
podere a Scillunte (v.), nell'Elide. Tra le opere storiche, accanto
alle "Anabasi", sono da ricordare le "Elleniche"
(storia della Grecia dalla fine del libro di Tucidide alla battaglia
di Mantinea), "La costituzione degli spartani" e la "Ciropedia",
che esprimono i suoi ideali politici e morali. Oltre ad una serie
di scritti minori di argomento tecnico fra i quali ricordiamo l' "Ipparco",
l' "Equitazione" e le "Entrate dello stato ateniese",
è da menzionare il gruppo di scritti volti ad esaltare e difendere
la figura di Socrate, suo maestro: l' "Apologia", i "Memorabili",
l' "Economico" e il "Simposio".
SOFOCLE
Sofocle, poeta tragico greco (Colono 497-496-Atene 406 a.C.). Figlio
di Sofilo, fu discepolo di Lampro, dal quale imparò la musica
e la danza; nel 480 guidò il coro di efebi che cantò
il peana per la vittoria di Salamina; nel 468 partecipò a un
concorso per una tragedia e vinse, contro Eschilo, col Trittolemo;
nel 443 ebbe la carica di tesoriere della Confederazione attica, nel
441 fu stratego (con Pericle) nella spedizione contro Samo, morì
poco dopo Euripide. Secondo una leggenda, poco prima della morte,
il figlio, per farlo interdire, lo aveva accusato di imbecillità,
ma, in tribunale, S. ottenne l'assoluzione recitando ai giudici un
coro dell' "Edipo a Colono". Compose oltre 120 opere, delle
quali giunsero a noi 7 tragedie intere ("Aiace", "Antigone",
una delle più belle, "Edipo re", che è stata
giudicata la migliore tragedia antica, "Elettra", "Le
Trachinie", "Filottete", "Edipo a Colono"),
un dramma satiresco ("I cercatori di tracce") e circa mille
frammenti. S. introdusse nella tecnica della tragedia alcune modifiche:
portò a tre (da due) il numero degli attori; scrisse e presentò
drammi indipendenti (non collegati in trilogie come aveva fatto Eschilo);
poté arricchire il dialogo e sviluppare l'azione drammatica;
aumentò il numero dei coreuti da 12 a 15; perfezionò
l'apparato scenico. Anch'egli trasse dal mito la materia della sua
tragedia: ma già il mito per S. è meno alto e fermo
in una ieratica contemplazione religiosa, meno immerso nell'orrore
incomprensibile e disumano delle volontà supreme dei fati e
degli dèi, come era in Eschilo; il senso dell'uomo ha incrinato
in lui il senso del nume e perciò i suoi personaggi sono mossi
dalla forza interna, umana delle passioni, e caratteri, umanamente
opposti, creano il dramma, ma sono, però, eroi, e ancora legati,
più o meno intimamente, al mito.
SOLONE
Solone, è un nome che viene usato in senso ironico o spregiativo,
per indicare un giudice o legislatore di grande saggezza.
Il vero Solone, era legislatore d'Atene e poeta (639-559 a.C.). Pose
le basi della costituzione timocratica da lui detta costituzione di
Solone, per cui la popolazione fu divisa in 4 classi, secondo criteri
di censo, presi sulla base della proprietà fondiaria di ciascun
cittadino; istituì, a fianco dell'Areopago, un consiglio di
400 membri (100 per tribù). Compose diverse poesie (5000 versi.
ma ne restano solo 280, in dialetto ionico) una ("Salamina"),
giovanile, per eccitare gli Ateniesi alla riconquista di Salamina,
poi "Esortazioni", ecc.; la sua poesia, di carattere gnomico,
esalta i valori della giustizia. Vuole la leggenda che S. sia morto
esule a Cipro, dopo l'avvento dei Pisistratidi. Fu annoverato fra
i sette sapienti e protagonista di varie leggende.
TEMÍSTOCLE
Temístocle, uomo politico e condottiero ateniese (525-459 a.C.).
Arconte nel 493-92, creò un partito democratico avverso ad
Aristide e promosse la costruzione di una potente flotta da guerra,
la fortificazione del Pireo e di Atene stessa. Nel 480 riportò
sui Persiani la famosa vittoria navale di Salamina ma nel 470 gli
fu inflitto l'ostracismo perché aveva voluto organizzare contro
Sparta i democratici del Peloponneso. Bersagliato anche da altre accuse,
andò errando da un luogo all'altro finché non si rifugiò
presso Artaserse I re dei Persiani e finì con lo stabilirsi
a Magnesia sul Meandro, dove morì. Secondo una leggenda si
sarebbe ucciso per non combattere contro la patria.