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I
giorni dellamore e della gloria
Di
IPPOLITA TU, ANCORA. "Subito nel petto sbigottisce il mio cuore se io ti vedo solo un istante subito la mia voce si spegne" (SAFFO) All’uscita della scuola si ritrovarono il professor Eugenio la Volpe, ordinario di latino e greco, decano del liceo, sua sorella Biancamaria, docente di matematica, il nostro professore Pasquale Coniglio, che come sappiamo insegnava filosofia, la preside, Teodora Salimbeni Xennakis e infine Angelica. L’ora era tarda, i nostri avevano un grandioso appettito e Angelica li aveva invitati tutti a pranzo, abitavano nello stesso condominio. "Egregio professor Pasquale -esordì Eugenio facendo un lieve inchino- sarà compito suo accompagnarci tutti quanti a casa". Angelica dichiarò che preferiva fare una passeggiata a piedi ma Eugenio ribadì:"Eh, no, mia cara collega, a parte il fatto che noi abbiamo bisogno di te per pranzare ma dopo quello che ti è accaduto ormai devi rassegnarti, sei entrata nella nostra protezione! Glielo dica anche lei, Teodora!"- "E’ giusto- disse la preside- non abbiamo nessuna voglia di perderla!" "Inoltre non è che la cavalleria può sempre accorrere in tuo soccorso!" aggiunse Pasquale. "Cavalleria? Che cavalleria? Quella leggera, quella pesante?" -"Certamente-squittì Biancamaria- Pasquale voleva dire "la cavallerizza"!-"Sì. Il settimo cavalleggeri, ma no, la cavaliera, la dottoressa Sanzio, la degna figliuola della nostra preside"- concluse il professor La Volpe. Pasquale li fece accomodare nella sua automobile, la "Balilla" nuova di zecca di cui andava orgoglioso. Biancamaria si sedette accanto al guidatore e il suo viso tradiva una certa preoccupazione. "Adesso, cara Angelica, disse Teodora- con un lampo d’arguzia nei suoi begli occhi azzurri- assisterà ad una straordinaria metamorfosi, il professore Coniglio da dottor Jekill a mister Hide!"- La giovane sorrise incredula, Pasquale accese il motore facendolo rombare più del dovuto. "Questa macchina si dà delle arie- disse Eugenio con il suo vocione grave, togliendosi gli occhiali dalla montatura dorata- pensa di essere una lamborghini!" Un attimo dopo il veicolo percorreva le strade della cittadina a tutto gas. "Toglietevi dai "Gabbasisi" babbasonazzi, che, sono tutti ubriachi oggi?!" cominciò a strillare Pasquale in perfetto accento catanese,mentre i suoi passeggeri ondeggiavano da una parte all’altra dell’abitacolo. Biancamaria si aggrappava alla maniglia sopra la sua testa esclamando "Gesù mio!" Angelica seduta in mezzo tra Eugenio e Teodora che puntavano la ginocchia contro i sedili anteriori per non sbattere contro i vetri, cominciò a ridere sommessamente. Il professore Coniglio, frattanto scatenato, stava suonando il clakson a tutto spiano continuando a gridare improperie. Accanto alla Balilla lanciatissima stava passando un piccolo gregge di pecore, il montone fu sfiorato dal veicolo, spaventato l’animale lanciò un sonoro lamento:"Levati cornutazzo- lo insultò Pasquale-"Stavolta l’epiteto è pertinente" commentò impassibile Eugenio, mentre il pastore minacciò i passeggeri con il suo vincastro e il cane abbaiava furibondo. "Hai insultato un nobile animale, vergognati!" -esclamò Angelica tra il serio e il faceto. Quel primo pomeriggio il colonnello Mayer si stava pavoneggiando a bordo della sua nuova fantastica automobile, una "Wolkswagen" nera metalizzata giuntagli fresca fresca da Francoforte, la sua città natale, accanto a lui il capitano Troelscht partecipava della sua gioia. "E’ un vero gioiello, mio caro Klaus, me la sono fatta fabbricare con tutti i crismi della modernità!" L’automobile imboccò la stradina che li avrebbe portati al corso principale, lì Wolf intendeva condurre il suo percorso trionfale. Magda guidava spericolatamente il suo side-car rosso fuoco, era tutta sola e in preda a una crisi d’esaltazione:"Largo, largo,fate passare il terrore delle sette strade!" E rideva sfrenatamente. A bordo della Balilla gli animi si erano scaldati, i passeggeri intimavano a Pasquale di rallentare, Biancamaria gridava"Gesù, Gesù, fatemi scendere!" Il guidatore, dal canto suo, si era incaponito ad imitare Tazio Nuvolari ed ecco, proprio davanti sbucare all’improvviso il side-car a tutto sprint, un urlo, ma Pasquale prontamente sterzò a destra giusto per scontrarsi lateralmente con la wolkswagen nera spuntata dal nulla. Wolf per evitare lo scontro si buttò di più alla sua destra colpendo a morte una povera pecora del malcapitato gregge di poco prima. Magda scese dalla moto stravolta, Mayer e Troelscht lividi cominciarono ad inveire in tedesco contro tutti, Pasquale, Angelica e gli altri si accertarono che nessuno si fosse ferito.Angelica si occupò di Biancamaria che ebbe un mancamento. La macchina del colonnello aveva un parafango ammaccato e un fanalino rotto, danni di poco conto ma Wolf gridava in modo esagitato mentre Teodora ed Eugenio cercavano di calmarlo, anche il pastore, Helias, reclamava i suoi danni. In questa babele, inaspettatamente, l’ariete del gregge cominciò a caricare a testa bassa verso l’automobile tedesca prendendone a cornate lo sportello anteriore. Estratta la pistola Wolf gli sparò freddandolo all’istante, allora il cane, un grosso maremmano che fino a quel momento era stato tenuto a bada da un giovanetto, Gigi, figlio di Helias, liberatosi dalla stretta del suo padrone esterefatto, fece un balzo, ma Klaus lo uccise con un colpo di rivoltella. Tutto era accaduto nel giro di pochi minuti. Un silenzio terribile calò sulla scena. Tutti quanti rimasero immobili, raggelati. Helias strinse i suoi occhi chiari, due gelide fessure puntate sui tedeschi, la sua mano grande e ossuta strinse il coltellaccio che portava alla cintura, Angelica subito gli si mise al fianco pronta a intervenire:"Helias!" La voce riportò alla realtà gli attori del dramma. Angelica sussultò, quella voce, era la sua, era Anna. I coniugi Sanzio avanzarono rapidi, Valerio guardò Magda che tra tutti sembrava la più affranta, si sentiva in colpa, in fondo tutto quello scempio era accaduto per causa sua, così disse, il fratello l’abbracciò, quel gesto liberò le tensioni. Gli astanti si animarono: Eugenio aiutò Biancamaria a rientrare in macchina, Anna e sua madre si abbracciarono calorosamente, Pasquale osservò la wolkswagen con attenzione, si sarebbe preoccupato di portare la macchina dal suo meccanico di fiducia che l’avrebbe rimessa a posto in pochi giorni. Valerio si offrì di risarcire i danni al pastore, l’unico che ci aveva rimesso veramente. "Era proprio necessario?" chiese Anna gravemente a Mayer. "Quella bestia mi stava rovinando lo sportello dell’automobile"-rispose Wolf tranquillo mentre fissava con i suoi piccoli occhi scuri il viso sdegnato della donna."Quel cagnaccio stava per azzannarci- esclamò Klaus istericamente- non mi ha lasciato scelta!"- "Forse, ma potevate ferirlo o entrare in macchina- s’intromise a questo punto Angelica furente- invece lo avete ucciso e con soddisfazione ". Klaus la vide, e subito ne fu colpito. Rimase fermo, rapito da quegli occhi, da quella figura, da tutta l’ energia appassionata che la giovane donna emanava. "Andiamo via, non abbiamo più niente da fare qui!" lo richiamò la voce rauca e perentoria di Wolf. Il giovane obbedì a malincuore. Ormai tutto sembrava risolto. Helias non riusciva, però a rassegnarsi:"Mi hanno strappato due amici, due compagni, Gedeone era un vero campione, un ariete di razza, avete visto come è stato coraggioso?- gli altri annuirono-e Zeno, il mio pastore maremmano, un cane generoso, intelligente...come farò senza di lui?" Mentre suo padre diceva queste parole, Gigi, il ragazzo, piangeva silenziosamente. Angelica lo abbracciò cercando di confortarlo. Magda gli disse:"Conosco un allevatore di cani, è un mio amico, ti sceglierai il più bello della cucciolata, è un mio regalo". Eugenio e Pasquale cercarono di rincuorare Helias, nel frattempo, attratti dalla sparatoria, già da un pezzo erano accorsi i carabinieri per verificare le responsabilità dell’accaduto. Valerio offrì una somma generosa al pastore come risarcimento dei danni subìti, Helias accettò solo per intercessione di Anna verso cui nutriva un’autentica venerazione, l’anno prima la dottoressa aveva salvato da morte certa, Leonella, la sua bambina. Angelica e Anna, finalmente riuscirono a scambiare qualche frase. Pur nel trambusto di prima i loro occhi si erano sfiorati diverse volte, sempre una strana emozione si era impadronita di loro: avrebbero voluto corrersi incontro, abbracciarsi, dire l’una all’altra quanto era felice di rivederla, ma la situazione non era certo incoraggiante e poi...felice, di che? "Vedo che ci incontriamo sempre in circostanze piuttosto turbolente"-disse Anna sorridendo-"L’importante è che ci siamo incontrate, cioè ci siamo reincontrate"- si lasciò sfuggire Angelica mentre una vampata la sommergeva di calore e d’imbarazzo, ma avrebbe voluto morire sempre con quel sorriso davanti, quel sorriso che la inondava di dolcezza e di gioia. La dottoressa indugiava con lo sguardo su quegli occhi tanto luminosi e ridenti che la stavano incantando, ma dove, dove aveva visto prima quella ragazza, prima di alcuni giorni fa, PRIMA! "Cara, dobbiamo andare, la mamma ci aspetta." Una calda voce maschile le risvegliò dal loro sogno ad occhi aperti, era Valerio che reclamava i suoi diritti di marito. Anna porse la mano che la giovane strinse prontamente: un contatto rapido ma intenso come una scossa elettrica. Poi Angelica vide
la donna portata via a braccetto da Valerio, per un attimo il suo cuore
sembrò sul punto di fermarsi. |
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