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I giorni dell’amore e della gloria

Di IPPOLITA

XVI capitolo

PASSIONI TRA SOGNI, INCUBI E REALTA’.

"Gli amanti che passano la vita insieme non sanno dire che cosa vogliono l’uno dall’altro.

Non si può certo credere che solo per il commercio dei piaceri della carne essi provano

una passione così ardente a essere insieme. E’ allora evidente che l’anima di ciascuno vuole altra cosa che non è capace di dire, e perciò la esprime con vaghi presagi, come divinando

da uno fondo enigmatico e buio." (PLATONE- Il Convivio.)

Pioggia. L’acqua penetra nei vestiti, nelle ossa, scivola sopra la sua testa, i capelli biondi

appiccicati alla fronte, ma lei continua a camminare nella foresta, gli alberi di cenere la circondano d’ogni parte, nessun rumore sotto i suoi piedi: lei ha paura, vorrebbe essere lontana, vorrebbe accanto l’unica persona che può scacciare i suoi timori, la sola che ama,

che amerà sempre, ma non c’è e lei la sta cercando e continua, continua ad andare avanti.

""Non girarti, non girarti", ecco il ritornello che sente nella sua mente....

Il suono della sveglia la fece balzare sul letto di colpo mentre il cuore le correva nel petto impazzito, Angelica si asciugò il sudore freddo che l’invadeva tutta, ecco, dopo tanti anni era ritornato: Il sogno della pioggia.

Nell’ospedale Anna aveva riunito i suoi collaboratori per fare il punto della situazione. Marco

espose i fatti: era stato trovato un grosso magazzino di viveri e oggetti di prima necessità nella campagna circostante, questi erano stati divisi tra la popolazione bisognosa del paese, inoltre i furti di medicine sembravano per il momento essersi arrestati, ma la loro pedina principale, l’infermiere Galeazzo Sorciano era morto, lo avevano trovato sulla spiaggia e pare che al momento del trapasso avesse fatto il pieno d’alcool e di morfina. Restavano degli interrogativi inquietanti: si era ucciso lui o qualcuno aveva provveduto a toglierselo dai piedi

perché ormai era soltanto un testimone scomodo? Il maresciallo Rapagnetti stava indagando

ma nessuno di loro aveva fiducia in una risposta sicura e definitiva.Anna era convinta che i colpevoli andavano cercati nell’entourage di Mayer quando non fosse lui stesso il mandante. Akiko Yoscimoto richiamò l’attenzione sulla sorte dei bambini ospiti delle suore

di Nostra Signora degl’innocenti, altri ne erano arrivati, erano quasi tutti dell’Europa dell’Est, figli di oppositori del regime nazista o di sventurati rei soltanto d’appartenere al popolo ebraico, occorreva metterli al sicuro e farlo al più presto. Anna rispose con un mezzo sorriso, bisognava aspettare la primavera e intanto giocare d’astuzia con i "cari alleati". Marco chiese di Renato, la sua assenza gli sembrava strana.

Magda stava supina ad occhi chiusi, una mano sfiorò il suo bel viso assopito, fuori la sera scendeva rapidamente con tutta la sua fredda oscurità dicembrina. "Dormi?" chiese la voce maschile trepidante. La donna si strinse a Renato, un bacio appassionato unì i due amanti.

Il giovane si staccò dolcemente e fissò Magda, occhi negli occhi. "Ma tu mi ami davvero?"

"Renato ancora questa domanda? E poi...non te lo sto dimostrando abbastanza". "Non parlo

del sesso-mormorò il ragazzo- intendo il cuore, mi vuoi anche con il cuore? Perché a volte sei così strana, così..."- "Distante?" finì lei canzonandolo un poco. "E’ vero-ammise Magda-

a volte qualcosa mi trascina via dalla realtà, qualcosa che ormai fa parte del mio passato"

"Ma ancora ti tormenta, forse il mio amore non è abbastanza forte per aiutarti a liberartene".

La voce di Renato suonò accorata. La donna presa da un genuino impeto di calda tenerezza

lo abbracciò e lo tenne a lungo stretto a sé. Il desiderio tornò a divampare, i due si amarono ancora. L’oscurità ormai aveva invaso tutta la città.
Rapagnetti stava cenando con il padre, il maresciallo dei carabinieri, Ottavio, padre e figlio mangiavano in silenzio ognuno preso dai suoi pensieri. Ad un tratto suonò il campanello dell’ingresso. Ernesto si precipitò ad aprire, erano i suoi compagni di classe: Felice Coniglio, Alessandra Sanzio e Augusto Lazzaroni. Ottavio sembrò molto lieto di vederli, il suo ragazzo aveva passato un lungo periodo d’isolamento ma adesso, ritornava ad avere fiducia in se stesso e il merito era, in gran parte della nuova insegnante di lettere, quella ragazza aveva trovato la chiave giusta per aprire i cuori dei suoi studenti. "Fra poco

ci sarà il coprifuoco- disse Felice-mentre i suoi grandi occhi scuri assunsero un’aria preoccupata- ma, visto che oggi non sei venuto a scuola dovevamo proprio darti questa bella

notizia!" Prima che Ernesto potesse replicare Alessandra gli spiegò che la professoressa Biancaspina Sereni aveva accettato l’incarico di preparare insieme a loro la festa di Capodanno, avrebbero dovuto scegliere le musiche da eseguire, i numeri di varietà eccetera,

Augusto era eccitatissimo, anche i genitori avrebbero potuto partecipare! Ernesto sembrava entusiasta e Ottavio pensava già al suo Sketch umoristico del tipo:"Vieni avanti cretino!" In coppia con il brigadiere Ficuzza, chissà che successo! Dopo avrebbero dovuto impegnarsi

allo stremo, la preside, la Salimbeni Teodora pretendeva una recita di fine d’anno epocale.

"Che opera intendete rappresentare quest’anno?" Chiese con interesse Ottavio. "La professoressa Sereni ci ha fatto diverse proposte, commedie di Plauto o tragici greci." "Ci vorrebbe qualcosa per tirare su il morale". "O una rappresentazione che ci mostri una via per resistere a questa guerra e a queste tirannidi!" rispose Felice con gli occhi brillanti di energia e di sdegno.Alessandra lo guardò con passione, sentiva che soltanto con lui avrebbe potuto sentirsi completa, era lui la sua anima gemella.

I PENSIERI DI ANNA.

Anna era nella stalla accanto ad Hercules, lo stava accudendo con affetto, mentre gli parlava come a un vecchio amico:"Sai, mio caro, che è tutto il giorno che ho un desiderio?-il cavallo

fece un buffo movimento con la testa- sì, a te lo posso dire, mi piacerebbe rivedere Angelica, non sarebbe un’amica simpatica per noi due? Il fatto è che sono sempre così occupata. Mi piacerebbe parlare con lei di tante cose, è così speciale, quegli occhi poi...sono intensi, luminosi...ma dove li avrò mai visti?" In verità si chiedeva cosa volesse da quella giovane, da tanto tempo ormai non provava questo strana urgenza d’incontrare qualcuno.

I PENSIERI DI VALERIO.

L’uomo camminava svelto per le vie di Roma. Si sentiva stranamente euforico, forse ritrovarsi nella sua città dopo tanto tempo evocava in lui un senso potente di libertà, era quello il suo destino: dominare il mondo. Trasse un grosso respiro, la realtà della sua condizione attuale gli apparì immediata facendo sembrare grottesche e ridicole le sue aspirazioni: in un buco di provincia, ecco dove era caduto, avrebbe potuto conseguire una brillante carriera diplomatica o una ben più consistente avventura politica, invece, l’inettitudine del padre, il conte Filippo Sanzio, ben più abile con le donne, i cavalli e il tavolo da gioco che con gli esponenti del potere e il suo romanticismo giovanile, gli avevano procurato soltanto simpatia

e scarsa considerazione del suo valore, nessuno di quelli che contavano lo avevano preso

sul serio. Inutile, era inutile prendersela tanto. Comunque la speranza d’affermare il suo talento politico non lo aveva abbandonato del tutto, la guerra sarebbe finita e allora i suoi meriti sarebbero stati finalmente riconosciuti. Camminando si guardava intorno, dappertutto erano affissi avvisi e manifesti in lingua tedesca, le facce di Mussolini e Hitler stavano appiccicate sui muri, visi duri, severi, facce da condottieri o facce da...-"Ahò, ma che muso da jettatore che c’ha sto tedesco", la voce di un una donna lo fece trasalire, era una popolana

robusta, con il viso rotondo e intelligente che stava parlando con un’altra signora, magra questa, brunetta e scocciata:"Faccia da Jettatore? Ma è proprio un brutto ceffo, lui e tutti sti

crucchi che ce girano attorno!" Valerio sogghignò, ecco qualcuno che andrebbe d’accordo con Anna. Era giunto nel frattempo a destinazione. Il gioielliere lo accolse festosamente, lo conosceva da anni, uno dei suoi migliori clienti il conte Sanzio e che pagava subito senza batter ciglio. Il collier di oro e smeraldi, il pezzo più costoso e pregevole, Valerio si congratulò con se stesso, nemmeno una donna così sobria come Anna sarebbe potuto restare indifferente davanti a un oggetto tanto esageratamente prezioso: l’avrebbe sicuramente riconquistata.

I PENSIERI DI KLAUS


Il giovane si avvolse nell’accappatoio soddisfatto, la doccia calda era ciò che occorreva dopo

tutti quegli esercizi di ginnastica, del resto lui adorava tenersi in forma, era molto orgoglioso del suo bel fisico, guardandosi compiaciuto allo specchio si sentiva veramente molto euforico: per la sera lo aspettava un incontro galante con una bella signora, la moglie di un ufficiale italiano di stanza al sud, la poveretta aveva bisogno di compagnia e lui gliela avrebbe fornita. Guardò fugacemente l’orologio posto sul comodino accanto al letto, le quindici del pomeriggio, adesso avrebbe fatto uno spuntino, non voleva appesantirsi, per

quella serata c’era in prospettiva anche una cenetta intima niente male...le donne italiane, veramente affascinanti, le migliori che avesse incontrato, le più belle e...generose. Si avvicinò, mentre si vestiva, al balcone dalle cui imposte socchiuse si scorgeva la strada sottostante, la sua attenzione fu attirata da una piccola comitiva: una donna bionda che su uno strano triciclo portava a spasso due bambini, un maschietto e una femminuccia. Klaus fissò i suoi occhi con intensità su quel grazioso spettacolo, senza alcun preavviso il cuore gli fece delle capriole nel petto, l’aveva riconosciuta, quella ragazza era Angelica. All’improvviso il suo buonumore si dileguò, persino lo stuzzicante programmino serale gli sembrò privo di mordente, capì che il suo vero desiderio stava altrove, negli occhi verdi di Angelica. Ma in che modo attirare la sua attenzione?Un lieve suono lo scosse dai suoi pensieri, a passo felpato era entrata nella stanza Inge.

UN POMERIGGIO IN RIVA AL MARE.

I bambini erano esultanti, trascorrere un paio di ore giocando vicino al mare era per loro un dono inaspettato, Angelica stese sulla sabbia asciutta un lungo telo verde invitando i suoi figli ad accomodarvisi, ma Nathalie e Daniele volevano soltanto passeggiare e correre inseguendo la bella palla rossa regalo della nonna Ester. "Non allontanatevi, state qui, a portata del mio sguardo o ce ne ritorniamo a casa!" li esortò la mamma in tono perentorio.

"Mamy, dopo facciamo conversazione in Inglese?" chiese la ragazzina-"Tra un’oretta faremo merenda e converseremo come nonna Nathalie" rispose affettuosamente Angelica. Lei si sdraiò su un fianco e iniziò a leggere un libro di poesie: "Le elegie di Duino" di Rainer Maria Rilke. Un fischio prolungato lacerò l’aria, era Tonino che allegramente stava scendendo al

mare per unirsi alla compagnia, per la famigliuola era divenuto ormai l’amico più caro, il compagno inseparabile a cui non si può rinunciare.Ora i bambini facevano merenda: biscotti e pezzetti di marmellata, discutevano animatamente tra loro, scherzavano, ridevano, Angelica si beava al suono di quelle dolci voci. Lontano un cavallo nero trotterellava superbamente bello, il suo cavaliere lo guidava con sicurezza ed eleganza. Daniele aguzzò lo sguardo, rimase a bocca aperta, la visione lo trascinò estasiandolo tanto che anche gli altri furono attratti dalla sua emozione. Anna diresse Hercules con decisione verso la giovane e i ragazzi che la circondavano, qualcosa dentro di lei aveva cominciato a cantare, si sentiva fortunata: finalmente aveva incontrato di nuovo Angelica. Le due donne si salutarono calorosamente, c’era fra di loro una sorta di piacevole timidezza, un imbarazzo lieve testimone discreto dell’intensa emozione reciprocamente provata. "La ringrazio per le magnifiche rose bianche"-attaccò Anna con un tono cordiale abbastanza neutro mentre scendeva da cavallo, l’altra si limitò a sorridere sentendosi vagamente scema, come mai non le venivano le parole, a lei, dotata di un formidabile scilinguagliolo? Daniele le venne in aiuto

facendo un monte di domande sul destriero che, evidentemente lo aveva colpito mentre gli altri due bambini si avvicinarono alla dottoressa per salutarla con simpatia. Anna rivolse un mucchio di complimenti ai ragazzi, il suo occhio esperto li stava rapidamente valutando. "Sono davvero belli e in ottima salute" affermò sorridendo. Angelica disse:-"Dany vuole sempre mangiare in bianco, riso e parmigiano, pasta al burro che soffra di fegato?" La dottoressa la rassicurò, i bambini attraversavano delle fasi in cui prediligevano alcuni sapori rispetto ad altri. Tutti quanti si accomodarono sul telo, Anna si tolse gli stivali trovandoli pieni di sabbia, Angelica la guardava con attenzione, il naso delicato e ben proporzionato, le labbra carnose, gli occhi grandi un po’ tagliati a castagna d’India conferivano a quel volto un’espressione fuor dell’ordinario che le era familiare e insieme struggentemente lontana. "Vedo che ama la compagnia dei poeti" le disse la bella interlocutrice che si era accorta, con piacere, di essere oggetto di contemplazione. La giovane si scosse, accennò a un fugace sorriso:"E’ la compagnia migliore per me, specialmente in questi tempi così oscuri. Vuole che

le legga qualcosa? Questa, per esempio è tra le mie preferite". Anna assentì con un cenno del capo. Angelica lesse con un leggero tremito nella voce:"Chi mai, s’io grido, mi udrà dalle schiere celesti?- E d’improvviso un angelo contro il suo cuore m’afferri,- io svanirei di quel soffio più forte. Che il bello è solo l’inizio del tremendo, che noi sopportiamo ancora ammirati

perché sicuro disdegna di sgretolarci- sono gli angeli tutti tremendi".

"Il bello è solo l’inizio del tremendo"-ripetè Anna-poi aggiunse-è strano, io ho proprio sognato un angelo che mi trafiggeva il cuore con una freccia e...somigliava a te!" Non si era resa conto di averle dato del tu. La ragazza arrossì leggermente, per fortuna fuori non si poteva scorgere lo scompiglio delle sue viscere, alzò i suoi occhi sulla donna, i loro sguardi si fusero per lunghi istanti l’uno nell’altro. "L’Angelo è il simbolo dell’eternità in contrasto con noi che siamo effimeri". Angelica sentì la sua voce come provenire da un luogo remoto. Entrambe avrebbero voluto rimanere insieme ancora a lungo, ma i ragazzi si erano stancati, la sera stava scendendo rapidamente e già l’aria era fredda.

Il ritorno fu divertente, Anna si mise in groppa ad Hercules insieme a Natalie e a Daniele mentre Angelica trasportava sul triciclo Tonino. Arrivati davanti al portone della loro abitazione i bambini scesero malvolentieri dal cavallo e si congedarono affettuosamente dalla loro nuova amica. Separarsi era penoso. "Mi piacerebbe rivederti ancora e presto", Angelica si meravigliò della sua audacia. La dottoressa le lasciò il suo numero di telefono, poi come superando un piccolo dubbio:"Sabato sera ti andrebbe bene? Vorrei portarvi fuori a mangiare qualcosa di buono". Certo, sì, andava benissimo! Si lasciarono così, con la certezza di rivedersi e furono più quieti i loro cuori. Tornati a casa Tonino aveva il viso lungo, adesso anche lui doveva andare a cena con i suoi ma Angelica lo prese per il braccio:"Ti piacciono gli spaghetti alla carbonara?" "Se mi piacciono? Ma ne vado pazzo!" "Bene, allora stasera resti con noi, non ti preoccupare, glielo dico io alla tua mamma". Proprio in quel momento Rosetta si affacciò all’uscio:"Angelica, finalmente ci vediamo, sono tre giorni che ti cerco ma non ti ho mai trovata". Le due amiche si abbracciarono, Tonino ne approfittò per dirle dell’invito di Angelica e di Anna. "Ah, è così, ormai questo signorino si è quasi fatto adottare, ma non esagerare altrimenti tuo padre chi lo sente?" Prima di congedarsi consegnò ad Angelica un telegramma: la donna lo aprì con un certo nervosismo, ma via via che lo leggeva il suo viso si rasserenava, era di suo nonno, il padre di suo padre, il professore Archimede Biancaspina che le annunciava il suo prossimo arrivo per le vacanze di Natale.





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