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I
giorni dellamore e della gloria
Di
IPPOLITA
Wolf guardò il calendario, era il tredici Dicembre, mancavano poco più di undici giorni a Natale e si sentiva euforico: a parte Anna Sanzio, niente e nessuno sembrava poter ostacolare i suoi piani. Sentiva che la città di giorno in giorno diventava sua, proprio come una donna e subito il suo pensiero volò alla bellissima dottoressa, anche lei, un giorno non troppo distante, sarebbe stata sua. Forte di questa certezza si recò nel suo ufficio in preda a una piacevole euforia. Il colonnello Mayer sedette alla sua scrivania e cominciò a mettere ordine nelle sue scartoffie, qualcosa attirò la sua attenzione, una busta color crema vergata da una grafia decisa e rapida, dentro c’era un biglietto, era della dottoressa Sanzio: la risposta al suo invito a cena per il quindici, lesse avidamnete, lei accettava! Bene, Wolf pregustò l’incontro, forse il suo desiderio stava avverandosi prima del previsto. A scuola il pomeriggio sembrava interminabile, Eugenio e Pasquale sembravano avviliti, questo scrutinio per i giudizi del primo trimestre si presentava pieno di contrasti: c’erano due schieramenti contrari, da una parte la collega Adriana Pellicanò, rigorosa e aspra, e dall’altra Angelica Biancaspina seria ma anche aperta verso i problemi dei ragazzi. Paquale uscì un attimo dall’aula e si recò in bidelleria per esortare la signora Lilli a preparare un caffè, qui il signor Cecè si stava cucinando due uova al tegamino. Ma come si fa a pensare sempre a mangiare? Pensò Pasquale, e sentì una strizza al suo stomaco, mamma che fame, si consolò pensando alla cena che gli avrebbe fatto trovare Rosetta, almeno a Montesangioioso la gente poteva sopravvivere e mentalmente ringraziò Anna, quella donna era veramente straordinaria. Ma Pasquale non era l’unico a pensare a lei, anche Angelica non riusciva a togliersela dalla testa, quegli occhi, quel sorriso, quanti giorni mancavano a sabato? Guardò l’orologio, erano le quattro, alle sette di sera doveva andare alla stazione a prendere nonno Archimede che arrivava dalla Sicilia. Anna sapeva di fare un gioco azzardato, aveva accettato l’invito del colonnello Wolf Mayer in piena consapevolezza, ma sarebbe stata l’unica maniera per fargli scoprire le carte, ovviamente non gli avrebbe permesso di sfiorarla nemmeno con un guanto, avrebbe giostrato le sue lusinghe accortamente come era suo costume, sedurre per lei era sempre stato facile, nessuno poteva resisterle. Per un attimo il viso di Angelica le balzò davanti, il proposito di passare una serata conWolf sembrò venirle meno, anzi, addirittura riprovevole ma poi si fece animo, era per una buona causa, conoscere i piani di quell’uomo le avrebbe permesso di poter salvare delle vite innocenti. Alla stazione Angelica, i suoi figli, Pasquale e Tonino si gurdavano intorno attenti, veramente la donna spiava l’arrivo del treno in preda a una grande emozione; erano anni che non vedeva suo nonno, il padre di suo padre, colui che le aveva insegnato a cavalcare, che le aveva raccontato storie meravigliose sul mondo della natura, che le portava i dolcini a letto per colazione e che lei adorava per la sua intelligenza e amorevolezza...il suo mago Merlino. Il fischio della locomotiva lacerò i timpani, subito una piccola folla si assiepò davanti al primo binario e il grosso, nero treno fece il suo ingrsso alla stazione. Uno per uno scesero i passeggeri, i bambini guardavano con gli occhioni spalancati, finchè una voce maschile sonora e armoniosa non gridò un nome, Angelica si girò, un uomo alto, snello ma atletico, con unvestito blu scuro e un cappotto grigio sul braccio sinistro la stava chiamando: lo vide, lo riconobbe e in un attimo corse ad abbracciarlo. Archimede strinse forte a sè la nipote in un lungo, silenzioso abbraccio. Lacrime scendevano copiose dagli occhi dell’uomo, la teneva sul suo cuore felice e incredulo d’averla ritrovata.Finalmente i due riuscirono a parlare:"Nonno hai avuto noie durante il viaggio?" "No, ma in ogni caso io sono ben protetto da Orazio e dal "Feroce Saladino", così dicendo Archimede accennò a due figure ben diverse tra di loro ma, decisamente non comuni: un uomo ben piantato, bruno, dalle spalle ampie e squadrate e accanto a lui un cane, una specie di molosso dallo sguardo serio e per niente rassicurante. Gli astanti sussultarono, in effetti non c’era proprio da scherzare ma Orazio si fece avanti con un atteggiamento pacifico e cordiale, si inchinò davanti ad Angelica come se fosse una principessa e tese la mano a Pasquale con simpatia:_"Orazio Bellavia per servirvi!" esclamò con un forte accento siciliano, quasi allo stesso tempo il cane si era avvicinato ai bambini scodinzolando come un barboncino facendosi accarezzare e godendo delle loro moine. Rassicurati gli animi si raccolsero i bagagli, veramente copiosi, e si ritornò a casa. Il nonno Archimede era un gentiluomo cordiale e comunicativo. Il suo volto era espressivo, l’incedere agile ed austero ma senza inutili compiacenze, da tutta la sua persona emanavano fascino, raffinatezza ed energia che davano un senso di sicurezza e di benessere a tutti coloro che gli stavano intorno. La sua bellezza maschile da giovane era stata notevole ma ancora adesso ,malgrado i suoi settantaquattro anni, si era mantenuta pressochè integra. Aveva portato cibo, vestiario, libri e tanti giocattoli. Angelica ne fece partecipi i suoi amici, l’olio e il vino specialmente, prodotti dalle terre dei Biancaspina, giù, in Sicilia.
Archimede si sistemò nell’ampia stanza accanto alla cucina, Orazio trovò la piccola camera attigua a quella del professore veramente confortevole, quanto al "Feroce Saladino" non lo si riuscì a staccare dalla stanza dei piccoli Nathalie e Daniele di cui si era ormai innamorato, ricambiato naturalmente. L’indomani mattina tutta la scala del condominio era colma di una serie di soavi profumi, caffè, biscotti, pan di Spagna. Orazio si era alzato molto presto e mentre il professore Biancaspina faceva i suoi esercizi Yoga, il buon giovanotto aveva preparato la colazione per tutti. Angelica e i suoi figli stavano ancora a letto quando il nonno entrò nelle loro stanze portando loro un vero bendidio da mangiare. Eugenio La Volpe era ancora in pigiama ma subito gli venne il desiderio di scendere giù, da Angelica. "Io sono già vestita e vado a prendermi il caffè dai Biancaspina" gli disse dispettosamente sua sorella Biancamaria-"Almeno portami due biscotti" le gridò dietro Eugenio frustrato. Magda sentiva quei profumini e indossata una vestaglia si presentò dai vicini, le aprì Angelica che l’accolse con uno splendido sorriso. In breve, a casa Sereni-Biancaspina si raccolsero Pasquale e la consorte Rosetta, ovviamente Tonino non se lo fece dire due volte, Biancamaria, Magda, l’ultimo fu Eugenio. Per tutti Archimede aveva un motto, un complimento, attenzioni, si capiva meglio ora l’origine della simpatia e del fascino di Angelica. Orazio stava nel gruppo con disinvoltura, lui era il maitre, il pasticciere e non lesinava consigli, ricette, modalità di cuocere i cibi nel migliore dei modi. Biancamaria non gli toglieva gli occhi di dosso, quel siciliano vivace e ciarliero le andava proprio a genio.Come sembrava lontana la guerra! Domenica il "Feroce saladino" trotterellava con un certo contegno verso l’edicola dei giornali. La signora Marta lo accolse festosamente:"Ecco, qui c’è "IL Corriere Della Sera", tre copie della "Settimana Enigmistica", "IL TRAVASO","La Rassegna delle Scienze" e "Il Corriere Dei Piccoli"! Certo se tutti leggessero come la tua famiglia io diventerei ricca!" Gli fece una carezza sul testone mentre prendeva le monete nascoste nel cestino che il cane teneva tra le fauci. Saladino si avviò, quindi, verso la macelleria dove ritirò un chilo di salsiccia opportunamente confezionata per non farlo cadere in "tentazione". Era trascorsa una settimana dalla venuta di Archimede e tutti in paese si erano già abituati a vedere quel cagnone fare... la spesa. Il colonnello Wolf Mayer stava guardando sornione la pagina di una rivista scientifica dove stava la foto del professore Archimede Biancaspina e accanto a lui Enrico Fermi, i due uomini sorridevano all’obiettivo con un’aria assorta e preoccupata. "Così non ne sapevate niente?" "No, signor colonnello"- gli rispose il tenente Jungermann- "Non avete dunque la più pallida idea di chi è Archimede Biancaspina?" La sua voce aveva una tinta stridula che allarmò i suoi sottoposti. "Ha lavorato nel team di Fermi e di Maiorana" disse con l’aria di una rivelazione Klaus che era appena entrato nell’ufficio. "Sicuro- è uno scienziato di fama internazionale, un fisico geniale, i suoi studi sulla natura della luce hanno aperto prospettive vertiginose sulla conoscenza dell’unverso"Affermò Mayer. -"Poi, con la scomparsa di Ettore Maiorana e la partenza di Fermi per l’America anche Biancaspina si è ritirato dal mondo accademico" constatò Inge anche se con poca convinzione. Mayer:"Un genio come quello non molla le sue ricerche, semmai si maschera per lavorare indisturbato e noi lo convinceremo a collaborare con noi: l’arma potente che stavano progettando sarà nostra! Klaus Troelscht:-E se si rifiutasse? Mayer-"Troveremo la maniera di essere convincenti!" Ignaro delle oscure trame dei nazisti Archimede si era recato al Liceo per accompagnare Angelica a casa. Quel giorno il freddo pungente gli portava per contrasto il ricordo della luce e del calore della Sicilia. Un asinello un po’ scorticato, una bambina bionda lo accarezza con le lacrime agli occhi, lui la rassicura, nessuno gli farà del male:"Tanino adesso è tuo, nicuzza, ora ce lo portiamo a casa, ormai è il tuo compagno di giochi!" Quante passeggiate si era fatte Angelica su Tanino! L’uomo sorrise, in quell’istante la porta della presidenza si aprì di colpo e Teodora gli cadde quasi addosso. Archimede prese saldamente la donna che si ritrovò abbracciata a quello sconosciuto alto e atletico saldo come una roccia. Dopo un certo imbarazzo Il professore Biancaspina si presentò con signorile semplicità, dal canto suo anche la preside manifestò la sua identità suscitando l’interesse di Archimede. I colleghi salutarono con vera simpatia il nonno di Angelica che si rese conto, ancora una volta, di quanto affetto e stima lei fosse circondata anche in quella piccola città:"Come sempre del resto", pensò l’uomo con orgoglio. A casa la famiglia si riunì davanti a un magnifico piatto di maccheroni al sugo . "E’ davvero una bella donna la tua preside, scommetto che ha un carattere di ferro!" Esordì Archimede sornione. "Teodora piace al nonno!" inaspettatamente si fece sentire la vocina impertinente di Daniele suscitando
le risa allegre dei suoi familiari. Il campanello dell’ingresso
squillò prepotente:"Permesso?" Erano Pasquale ed Eugenio,
solleciti per prendere "un goccio di caffé." Rosetta
si fece avanti insieme a Biancamaria, la scusa era quella di un invito
per il cenone di Natale sempre più prossimo, in realtà
le divorava la curiosità di conoscere meglio Archimede e il suo
pupillo, Orazio.
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