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I giorni dell’amore e della gloria

Di IPPOLITA

PARTE V


I personaggi di Xena E Olimpia appartengono alla Universal, non intendo infrangere alcun diritto d’autore e non sto scrivendo a fine di lucro. Desidero soltanto scrivere per

il piacere di narrare una storia d’amore. Se qualcuno vuole comunicare con me in modo gentile e intelligente può farlo a arielet@virgilio.it

L’ARRIVO.

Il treno si era fermato in piena campagna. Ormai si era fatto quasi buio. Un nitrito ruppe il silenzio. I bambini si avvicinarono al finestrino incuriositi, anche Angelica si volse a guardare: uno splendido cavallo bianco trotterellava graziosamente al fianco del convoglio, un giovane vestito di nero lo cavalcava fieramente. I viaggiatori li salutarono con simpatia, il giovane rispose allegramente. All’improvviso si sentì un fracasso infernale al di sopra delle teste, un areoplano apparve dal nulla, subito iniziò

a mitragliare verso la pianura, il bianco cavallo galoppò lontano per mettersi in salvo,

tutti nel vagone si piegarono al suolo soltanto Angelica non riuscì a staccare lo sguardo dall’atroce spettacolo che le si presentò: i colpi raggiunsero le due inermi creature

che scomparvero in un lampo accecante e rossiccio. Il treno si rimise in moto. Nessuno

riuscì più a parlare. I piccoli Natalie e Daniele si accucciarono con la loro mamma, Vanessa rimase con gli occhi chiusi soffocando un singhiozzo, anche Angelica chiuse gli occhi, in quell’istante un oscuro presagio la fece tremare.

Alla stazione di Montesangioioso un uomo di mezza età, di altezza media, snello, viso arguto incorniciato da una corta barbetta scura, baffi dello stesso colore, occhi neri brillanti, capelli brizzolati, vestito con una certa classe, guardava continuamente il suo orologio, il treno proveniente da Roma era in ritardo, voci parlavano di un bombardamento sulla linea ferroviaria, l’uomo era sulle spine. Un fischio prolungato spezzò il silenzio. Il convoglio entrò nella stazione, si arrestò con un grandioso stridio sul primo binario, ne esistevano soltanto tre, proveniva da Roma. I pochi passeggeri rimasti cominciarono a scendere, fra questi Angelica e i suoi bambini.

"Coniglio Pasquale!" Angelica sentì una voce maschile gentile dall’accento siciliano, dietro di sé, si girò di scatto e si trovò faccia a faccia con il viso dell’uomo . La donna non disse niente. "Scusate, riprese Pasquale, non siete voi la professoressa Angelica Biancaspina Sereni?" I bambini lo guardavano a bocca aperta. "Oh sì, sì-rispose lei-cercando di prendere i bagagli mentre dal trasportino cominciavano a provenire sinistri miagolii di disagio. Vanessa

nel frattempo era scesa mentre sua madre le andava incontro, salutò affettuosamente Angelica e i bambini e sparì nella notte.

Pasquale guardava preoccupato la gabbietta:-"Che tenete là dentro professoressa?"

-Non preoccupatevi è soltanto il nostro gatto!- "Si chiama Achille, è un grande!" Affermò perentoriamente la piccola Natalie, Daniele annuì."Ah sì? Per me va bene, abbiamo giusto bisogno di lui, i topi ci divorano tutte le provviste, anzi, tutto il paese è stato invaso da quelle bestiacce!"-Passarono alcuni militari tedeschi marciando rumorosamente coi loro stivaloni, Angelica li guardò preoccupata. "Non temete, le disse Pasquale, mentre ormai stavano uscendo dalla stazione- non ci stanno infastidendo, almeno fino ad oggi". In quel momento arrivò di corsa un ragazzo, biondo, capelli ondulati, magro e scattante, pantaloncini corti, camicia celeste-"oh, ecco mio figlio Tonino. Vieni qua, aiutami a mettere i bagagli nell’auto!" Tonino non si fece pregare, rapidamente ubbidì al padre mentre la madre e i figli si sistemavano in macchina. Finalmente la piccola comitiva lasciò la stazione. L’automobile filò velocemente verso il centro. Angelica guardava dal finestrino la città addormentata: sotto i rari lampioni le stradine apparivano deserte e scure, le finestre e i balconi chiusi non lasciavano trasparire alcun filo di luce, i negozi serrati, sui muri c’erano attaccati manifesti con la faccia grossa e il mascellone di Mussolini o carte scritte con l’alfabeto

gotico, certamente avvisi del comando tedesco, ma a parte ciò l’atmosfera sembrava quella di una città tranquilla, forse irreale. Tonino per tutto il tragitto non aveva avuto occhi che per Natalie: così bionda, seria, graziosa, gli sembrò la persona più bella che avesse mai incontrata, anche lei di tanto in tanto gli scagliava qualche distratta occhiatina. Pasquale parlava della loro prossima sistemazione. Per il momento avrebbero potuto alloggiare da lui, attiguo al suo appartamento, separate solo da una porta interna e da un corridoio, teneva tre stanze molto grandi, una cucina abitabile e un bagno confortevole, insomma l’ideale per chi, come loro, non aveva appoggi o punti di riferimento nel paese.

Arrivarono alla piazza principale del paese, la passarono in fretta:-"Qui, disse Pasquale con la sua voce melodiosa - le cose sono molto strane, per esempio questa piazza ha cambiato nome tre volte in vent’anni: prima si chiamava Piazza Roma, poi è diventata Piazza della Vittoria e adesso è Piazza del Littorio e chissà ancora..." Si capiva che era un uomo gioviale e loquace e che stava cercando di accogliere la famigliola nella maniera più rassicurante possibile, Angelica gliene fu grata, aveva provato un’immediata simpatia per lui, ciò la fece sentire più serena. Si sistemarono nella nuova abitazione che la giovane trovò semplice ma pulita e dignitosa. Pasquale si congedò mettendosi

comunque a loro disposizione. Achille uscì dal trasportino come un leone affamato, da gatto da combattimento sentì subito la presenza dei topi, ma prima bevve un poco di latte caldo che premurosamente Pasquale aveva portato per i bambini. Angelica si sdraiò sul lettone, i piccoli Natalie e Daniele le si strinsero vicini, sentivano tutti e tre il bisogno del calore reciproco. Nel silenzio risuonò la voce dolce di Daniele:" Mamy perché hanno ucciso quel cavaliere?" La madre non riuscì a dirgli niente, lo strinse al suo cuore accarezzandogli i capelli. Non c’era risposta. si addormentarono , soltanto Achille rimase a vegliare.

Anna si girò sul grande letto matrimoniale, trovò la mano di Valerio, la sfiorò, l’uomo si scosse e l’abbracciò:"Non riesci a prendere sonno?" "Tu vuoi dormire?" Valerio sorrise compiaciuto, a distanza di tanti anni il desiderio tra i due coniugi era ancora

vivo e ardente, lei era tanto bella e sensuale che non le si poteva dire di no, sì era un uomo davvero fortunato. Le loro labbra si avvicinarono, un lungo bacio unì le loro bocche, fecero l’amore dandosi reciproco piacere anche se Anna aveva cercato l’abbraccio del marito più per bisogno di calore umano e tenerezza che per slancio concupiscente, si sentiva così strana, così smarrita ultimamente, forse così sola.




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