Hazel
by
Route66
(prima
parte)
I
personaggi di Xena e Gabrielle sono di proprietà della MCA/Universal
Pictures, pertanto non intendo infrangere nessun Copiright.
Questo racconto è opera della fantasia. Nomi, personaggi, luoghi
e avvenimenti sono prodotto della mia immaginazione o, se reali, sono
utilizzati in modo fittizio. Ogni riferimento a fatti o persone viventi
o scomparse è del tutto casuale.
Potete scrivermi a questo indirizzo: us.route66@hotmail.it
“E’
con me stesso che ho cominciato
e quando sarà tutto finito
sarò tutto quello che resterà di me” (Bruce Lee)
Dry Tortugas - 103 km ovest di Key West
-“Accidenti…questa volta ha superato le aspettative…”,
disse tra sé e sé il ragazzo, sbirciando il cronometro.
Una grande bolla d’aria gorgogliò sul pelo dell’acqua
della piscina.
-“Ehi! Grandiosa! H-hai f-fatto un ot-ottimo tempo…”,
balbettò porgendo un asciugamano alla donna che riemergeva.
-“E’ str-strabiliante! Guarda qui! 40 secondi in più
di re-resistenza rispetto alla v-volta s-scorsa!”, continuò
standole alle calcagna.
-“Mmm”, fu l’unica risposta che ebbe.
La donna si passò il telo tra i capelli.
-“Ehi Mac, ti p-porto un asciugamano più g-grande?”
-“No”
-“Vuoi q-qualcosa da bere?”
-“No”
-“Allora ti va un s-sandwich?!”
-“No”
-“Vuoi i tuoi abiti?”
-“No”, ribadì entrando in casa e ignorando il giovane.
-“O-ok…allora v-vado a ricontrollare tu-tutta la tua attrezzatura
e p-preparo i dati sul p-portatile…”, disse infine alzando
un po’ il tono di voce, restando sulla portafinestra.
Ma l’unico rumore che sentì fu il tonfo della porta del
bagno. Il giovane sospirò.
Una risatina lo fece voltare verso il grande ombrellone di paglia
sul bordo piscina.
-“Vedo che ormai siete grandi amici”.
Il ragazzo raggiunse l’uomo sdraiato all’ombra.
-“E’ in-incredibile! Ma fa s-sempre così?”
-“Hmm…no, non sempre”, disse sorseggiando il suo
mojito.
-“Gliene porto un altro signore?”
-“Chiamami solo Colin, ok? No, grazie”
-“Non so c-come comportarmi con lei…sb-sbaglio qualcosa?”.
Colin rise.
-“E’ la stessa domanda che si sono posti tutti gli uomini
che ha avuto!”.
Diede una sonora pacca sulla schiena del giovane. Vide il ragazzo
perdere fiato.
-“E’ sempre così lei, non preoccuparti…”,
fece un altro sorso, “Inizia a farlo quando non ti risponderà
più”.
Lo fissò serio negli occhi. Il giovane sbiancò, con
lo sguardo impaurito.
Poi Colin scoppiò a ridere rumorosamente. Il ragazzo sospirò.
-“Ora va a preparare l’attrezzatura. Partiamo fra 45 minuti”.
15 km est dalla costa
-“La
vedi?”, chiese Colin sporgendosi sulla spalla del giovane.
-“S-solo un attimo…”.
Il ragazzo picchiettò alcuni tasti sul portatile.
-“Ecco, ci s-siamo. Ce l’ho”
-“Ottimo lavoro”, disse, dandogli una pacca. “Dimmi
la sua posizione”
-“Si sta sp-spostando r-rapidamente verso lo yacht…è
q-quasi arrivata. Ecco, v-vedi? Questo p-puntino intermittente sul
r-radar è lei”
-“Perfetto. Fra poco dovremmo avere anche il contatto radio.
Aspettiamo che si sganci da quella diavoleria”.
Speriamo che non ci siano squali in giro, pensò Mac mentre
era sott’acqua, agganciata a quella tartaruga meccanica ideata
da Josh. Aveva una muta integrale con un piccolo respiratore. Si lasciò
trasportare senza fatica fino alla carena dello yacht. Una volta arrivata
lì avrebbe dovuto aspettare qualche minuto in apnea, il fievole
getto d’ossigeno ridotto al minimo. Un altro piccolo, insignificante,
dettaglio che Josh avrebbe dovuto perfezionare.
-“Beh, per essere un p-prototipo è già un gr-grande
r-risultato”, aveva detto sorridendo, qualche giorno fa.
In breve vide lo scafo bianco della barca. Lo fiancheggiò,
accostandosi. Spense il motore, si sganciò dalla finta tartaruga
e si portò le piccole ventose magnetiche ai polsi e alle caviglie
attaccandosi allo scafo.
-“Ok. Ora devo solo aspettare”, pensò.
-“B-bene, è arrivata. Si è ap-appena agganciata”
-“Come sono i parametri?”
-“T-tutto regolare”
-“Attiva il contatto radio”.
Josh schiacciò alcuni tasti. Un brusio ruppe il silenzio.
-“Dammi l’audio, forza”, disse Colin.
-“Ecco…d-dovrebbe esserci…”, continuò
a muovere le sue agili dita su comandi incomprensibili. Poi ci fu
un sibilo e infine si sentirono delle sonore risate.
-“Accidenti! Sembra che ci sia un vero festino su quello yacht!”
-“G-già!”
-“Bene. Vediamo se hanno notato la nostra Mac o sono troppo
brilli per stare in guardia”
-“M-mi aggancio al loro s-sistema di telecamere”.
Dopo qualche istante comparvero delle immagini in bianco e nero.
-“L’ossigeno è quasi finito…non resisterà
molto. Dobbiamo darle il via”.
Rimasero ancora qualche secondo in ascolto. Gli uomini sullo yacht
continuavano a ridere e scherzare. Poi uno di loro sobbalzò.
-“Abbiamo qualcosa sul radar!”
-“Accidenti!”, disse Colin, “Se la scoprono è
finita”.
Rimasero in attesa, sudando freddo.
-“Ah ah ah! No! E’ solo una stupida testuggine! Le piacerà
il nostro bolide!”.
Colin e Josh sospirarono.
-“Ci è mancato poco. Ok. Dalle il segnale”.
Josh schiacciò un piccolo bottone rosso.
Mac notò con piacere che il suo orologio da polso lampeggiava.
Era il via libera.
Emerse da sotto, respirando finalmente a pieni polmoni. Si liberò
delle calamite e sparò il cavetto d’acciaio dalla pistola
che portava alla cintura. Una volta agganciato saldamente al parapetto
cominciò a salire.
Si ritrovò a poppa. Un paio di coppie erano stese per terra,
ubriache e addormentate fra decine di bottiglie. Si mosse silenziosa
tra gli ostacoli fino a giungere vicino alla porta della cabina. Rimase
piatta contro il muro, in attesa. Pochi secondi dopo un uomo comparve
sulla soglia, fumando, fradicio di alcool e barcollante. In un istante
un bastone da golf lo atterrò.
-“Che ci faranno mai con uno di questo su uno yacht!”,
disse tra sé Mac, alzando le spalle, ed entrò.
Scese sotto coperta con fare furtivo. Le prime due cabine erano vuote.
Camminò lungo il corridoio. Segni visibili di festeggiamenti
erano sparsi ovunque: vestiti, bottiglie di champagne e alcolici vari,
bicchieri….
Mac fece scivolare il coltello legato al polpaccio nel palmo della
sua mano, strisciando piatta contro la parete. Arrivò alla
cabina di prua dove c’era il salotto e più oltre il posto
comando. Una mezza dozzina di persone era addormentata un po’ovunque,
stordita dai fumi dell’alcool.
La donna avanzò. Raccolse una bottiglia da terra e la esaminò.
-“Hmm…niente male. Si trattano bene…”, disse
piano.
Si avviò verso la piccola zona cottura, cominciando a frugare
nei mobili. Un sorriso furbo le comparve sulle labbra.
-“Carino…ce n’è a volontà e per tutti
i gusti…”.
Passò a ispezionare la zona dei divani e dei mobili bar, facendo
attenzione a non svegliare nessuno.
-“Accidenti, ce ne saranno quintali…si saranno riempiti
perfino le scarpe”.
Un uomo ancora stordito si svegliò di colpo.
-“Ehi, chi diavolo sei tu?”, chiese biascicando.
Mac lo guardò ironica.
-“La donna delle pulizie”, disse assestandogli un calcio.
E’ meglio sbrigarsi, pensò infine. Raggiunse il posto
di comando. Frugò ancora qualche secondo tra le varie scartoffie,
infine trovò quello che cercava. Lo mostrò alla telecamera
e se lo infilò nella muta.
-“L’ha p-preso”, disse Josh.
-“Ho visto. Dalle ancora qualche minuto, poi mandale il gommone”,
disse Colin soddisfatto.
Josh annuì.
Mac si affrettò verso l’uscita. D’improvviso si
sentì puntare una pistola alla tempia. Si fermò.
-“Se fossi in te non andrei così di fretta”, disse
l’uomo che la tratteneva.
La donna sorrise.
-“Se fossi in te non punterei una pistola su qualcuno che non
conosci”.
Con uno scatto rapido, gli arrivò una gomitata nello stomaco.
L’uomo si piegò in due per il dolore e Mac gli afferrò
la testa, spezzandogli il collo in un istante. Il corpo cadde inerme
al suolo.
Nel frattempo sulla porta era comparso un altro uomo, che aveva assistito
alla scena.
Mac lo fissò.
-“Vuoi finire come il tuo amico?”.
Il giovane scosse la testa impaurito.
-“Bene”. Lo afferrò, trascinandolo fuori. “Chi
è il capo qui?”.
Il giovane indicò un tizio mezzo svestito, addormentato accanto
ad una donna.
-“Ok. Ora aiutami a trovare un po’ di corde”, gli
sorrise.
-“Eccoti il tuo plico”, disse Mac gettando il fascicolo
sul tavolo davanti a Colin e sfilandosi la muta.
-“Ti ringrazio. Davvero ottimo lavoro. La guardia costiera ha
appena ricevuto una telefonata anonima per segnalare uno yacht carico
di droga ancorato a pochi chilometri dalla baia.”, sorrise.
-“Che schifo. Ce ne saranno stati chili e chili. Ce n’era
tanta da far nevicare per un mese nel Sonora”.
In quel momento sopraggiunse Josh.
-“O-ottimo lavoro! B-bravissima! Ti- ti porto l’accappatoio!”,
disse esuberante.
-“No, smettila di tormentarmi!”, rispose seccata la donna.
Il giovane rimase qualche secondo in silenzio.
-“O-ok…”, e andò via.
Colin la fissò.
-“Che c’è?”
-“Sai, dovresti essere un po’ più gentile con lui.
E’ il nostro aiutante, è un bravo ragazzo e vuole rendersi
utile. Tu lo tratti peggio di un cane”
-“Si, hai ragione, ma ultimamente non sopporto nessuno! E poi
odio quel suo balbettare!”.
Ci fu una pausa.
-“Ti ho visto quando eri sullo yacht….quando hai ucciso
quell’uomo.”
-“E allora?”
-“Allora potevi non farlo. L’avevi già messo fuori
gioco. Invece gli hai spezzato il collo”.
Mac si bloccò, prima di mandare giù d’un fiato
il bicchiere di scotch.
-“Grazie tante per il referto autoptico”
-“Mac che ti prende? In un'altra occasione non avresti reagito
così. Sono preoccupato”
-“Ehi, stanne fuori ok? Lasciami in pace”.
Buttò giù il liquore e andò via.
VIENNA – 2 giorni dopo
L’uomo
era seduto alla grande scrivania della stanza, in penombra, assorto
nei suoi pensieri, quando bussarono alla porta.
-“Avanti”, disse ritornando al presente.
-“C’è il Capitano Zane”, lo avvertì
un giovane.
-“Fallo passare”.
Il militare entrò, salutando l’uomo con i suoi tipici
modi austeri. La porta si richiuse.
-“Benvenuto Capitano Zane. Ha il rapporto?”
-“Certamente”.
Si avvicinò alla scrivania, posandovi dei fogli accuratamente
rilegati.
L’uomo li afferrò, cominciando a sfogliarli.
-“Bene. Che può dirmi?”.
Il Capitano tacque qualche istante.
-“Abbiamo perso altri due caporali.”, si fissarono negli
occhi, “Il sergente maggiore ha già ricevuto ordini di
reclutare alt….”
-“Hmm…di male in peggio”, lo interruppe.
Il militare si sentì mortificato.
L’uomo si massaggiò le tempie, respirando a fondo. Sentiva
tutto il peso delle responsabilità sulle sue spalle. Eppure
in quel momento i problemi dell’organizzazione gli procuravano
un’insolita irritazione dopo gli eventi della mattina.
Voleva solo che il capitano uscisse al più presto da quella
stanza.
-“Avvii il protocollo Icarus e chiuda la faccenda.”, disse
al militare, ponendo fine all’argomento.
Il Capitano annuì, restando in attesa del congedo. Vide l’uomo
ritornare assorto ai suoi pensieri, come se volesse dirgli ancora
qualcosa. Notò le sue dita tamburellare sull’ampia scrivania
e pensò che il suo capo dovesse avere più preoccupazioni
di quante riuscisse a gestirne.
L’uomo ripensò alla mattina; le immagini scorsero velocemente
nella sua testa… Non era stato facile per lui dire addio ad
un caro amico. Poi la tristezza svanì. Le dita smisero di tamburellare.
Aprì un cassetto della scrivania e tirò fuori un fascicolo.
-“Rintracciate questa donna”, disse poi.
Il Capitano Zane guardò la foto perplesso.
-“Scovatela ovunque sia. E portatela da me”, concluse
risoluto.
MIAMI
– qualche giorno dopo
-“Se
continui a tremare dubito fortemente che mirerai nel punto giusto”,
disse Mac spazientita.
-“L-lo so, m-ma…”. Josh si asciugò il sudore
dalla fronte.
-“E tieni aperti gli occhi, accidenti! La pistola non spara
da sola!”
-“C’è un s-sole ac-accecante”
-“Santo Cielo!”, sbuffò Mac.
In quel momento sopraggiunse Colin.
-“Allora, come procede la lezione?”
-“Magnificamente! Tra due giorni potrà entrare nella
SWAT!”, ironizzò la donna.
Colin le lanciò un’occhiata, poi disse:
-“Ok, facciamo un po’ di pausa. Josh prenditi qualche
ora di libertà, ragazzo”
-“G-grazie”, posò l’arma, sollevato di aver
concluso almeno per quel giorno. Sorrise e uscì.
Mac si avviò verso il frigo. Prese una birra e si gettò
sul divano.
-“Ti crea problemi insegnarli a usare una di queste?”,
chiese Colin riponendo la pistola nella fondina.
-“Il punto semmai è un altro: lui è solo un supporto
tecnico. E’ una perdita di tempo ed energie”
-“Sai bene che in caso di necessità deve saper sparare.
Nella maggior parte dei casi lui lavora sul campo con noi”.
La donna si limitò a fare un sorso di birra.
-“Mac…come va? Hai più avuto notizie…?”
-“Non ricominciare per favore. Sto bene.”.
Colin alzò le braccia in segno di resa.
-“Ok. Solo, non dovresti bere ad ogni ora della giornata…”.
La donna lo fulminò con lo sguardo.
-“Non mi hai più detto cosa conteneva di importante quel
plico che ho recuperato per te”, chiese Mac cambiando argomento.
-“Oh, nulla di interessante…una piccola precauzione per
essere più tranquillo”, disse vago.
Mac alzò le sopracciglia, lasciando cadere il discorso.
In quell’istante bussarono alla porta. Colin guardò l’amica,
in attesa.
-“Ho capito. Vado io”.
Dopo poco un gruppo di uomini fece irruzione nella stanza.
-“Ehi, che modi!”, disse Colin seguendoli.
Mac scattò in piedi.
-“E’ lei Mackenzie Gavin?”
-“Chi diavolo siete?”, disse, tenendo una mano dietro
la schiena, sulla pistola.
-“Abbiamo un messaggio da riferirle”
-“La voglia di comunicare al giorno d’oggi è diventata
spaventosamente irruenta”
-“Posi l’arma signorina. I miei uomini qui sono ben armati,
ma non abbiamo intenzioni ostili”
-“Beh, sembra il contrario”
-“Ci perdoni, ma non abbiamo tempo per i convenevoli”.
Mac e Colin si scambiarono uno sguardo perplesso.
-“Una persona ci manda a riferirle un messaggio. Deve venire
con noi, adesso.”
-“Mi dispiace ma non prendo ordini da qualcuno che non conosco”
-“Forse ora la penserà diversamente”, disse il
Capitano, porgendole un biglietto.
Mac lo afferrò, lo lesse, poi guardò Colin.
VIENNA – molte ore dopo
Mac
e Colin furono introdotti dal Capitano Zane nella penombra di quello
che a prima vista sembrava un castello.
-“Perché ci ha bendati?”, chiese Colin.
-“Mi rammarica usare questi modi, ma ho ricevuto espliciti ordini
dall’alto”.
-“Hmm…un uomo di Dio, dunque”, disse ironica Mac,
“Dove siamo?”, aggiunse.
-“A Vienna”.
L’uomo fece strada attraverso cunicoli stretti e male illuminati.
Arrivarono davanti una porta stagna. Il Capitano cacciò una
scheda magnetica che passò in un circuito a parete. La porta
si aprì con un sibilo. D’improvviso la scena cambiò:
davanti a loro, una sala finemente arredata e ben illuminata in cui
almeno una dozzina di persone erano a lavoro su computer e altre attrezzature
sofisticate.
-“Venite”, disse Zane.
Mac e Colin seguirono l’uomo, guardandosi attorno ancora più
confusi di quanto non fossero. L’interno rispecchiava il tipico
aspetto dei palazzi gotici viennesi. I due camminavano fissando in
alto le immense volte e i lati attraversati da imponenti colonne e
finestroni a tutta altezza.
Poi si fermarono davanti una porta.
-“Ecco, siamo arrivati”, disse Zane.
Bussò e introdusse i due nella stanza. Anch’essa molto
ampia, dal soffitto piuttosto alto, era arredata in stile rococò,
come tutto il resto. L’unico rumore era il crepitio delle fiamme
nel camino. Al centro vi era una grande scrivania dietro cui stava
una poltrona, girata verso la finestra alle sue spalle.
-“Signore, sono qui”, disse il Capitano.
-“Lasciaci”, disse la voce dietro la poltrona.
L’uomo richiuse la porta alle spalle degli ospiti. Dopo qualche
secondo di silenzio, Mac parlò.
-“Sinceramente mi aspettavo un’accoglienza diversa, dopo
quello che abbiamo vissuto assieme”.
La poltrona roteò e finalmente comparve quel volto familiare.
-“Gabriel”
-“Mac”, l’uomo sorrise, “Sono contento che
alla fine tu abbia accettato di venire”
-“Beh, non avevo molta scelta…”
-“Il Capitano Zane, già… Devi scusarmi ma si tratta
di una questione molto delicata”. Solo in quel momento parve
notare l’altro presente. “Salve Colin”.
Colin fece un cenno con le dita.
-“Che accidenti succede? Cos’è questo posto?”
-“Sedetevi, vi prego. Vi spiegherò tutto”.
I due presero posto nelle ampie e morbide sedute in stile.
-“Volete qualcosa? Vi faccio portare da bere? Sarete stanchi
dopo il volo”.
Mac lo guardò spazientita.
-“Cos’è questa pagliacciata?”, disse riferendosi
al posto.
-“Ok, lasciamo perdere i convenevoli”, incrociò
le mani, “Non avrei mai voluto coinvolgervi in questo, ma…conosco
le tue capacità”, colse lo sguardo di Colin, “le
vostre capacità…”, si corresse, “Ti ho vista
all’opera e mi serve il tuo aiuto”. Fece una pausa. Vide
l’espressione interrogativa di Mac e interpretò i suoi
pensieri. Sospirò.
-“Lavoro per un’organizzazione indipendente per la difesa
nazionale”, riprese fiato, “La OMEGA”
-“Questa si che è una bella sorpresa!”, esordì
la donna.
-“Il nostro nucleo lavora principalmente con i sistemi informatici
e le tecnologie d’avanguardia. Questa è una delle tante
basi operative. Come avete potuto vedere di sotto…”
-“Dove ci troviamo esattamente?”
-“Diciamo che questo è un “non-luogo”…in
pratica, ci troviamo in un palazzo immerso nel Wienerwald, ma in teoria…questo
posto non esiste”
-“Capisco”. Mac rimase un attimo pensierosa. “Lavori
alla OMEGA….”, si strofinò la fronte, “Ora
sono chiare molte cose”.
Colin la guardò interrogativo.
Mac spiegò:
-“Ecco come ci hai trovato quella volta che io e…tua figlia
ci siamo gettate dalla scogliera”.
L’uomo fece un piccolo cenno d’assenso.
-“Che diavolo…?! Cosa c’era in realtà dietro
quella storia?”, chiese ancora.
Gabriel raccolse le idee.
-“Stavamo dietro a Luke da un po’…poi Kate si è
messa in mezzo per cercarmi ed è così che siete entrate
in ballo, ma altrimenti…”
-“Quindi…tu, la tua azienda, le nostre vite in pericolo,
gli indovinelli…era tutta una menzogna gigante…”
-“Mac…”
-“Lei non sa niente di te, non è vero? Non sa chi è
in realtà suo padre!”.
Gabriel rimase in silenzio in attesa che si calmasse. Colin le posò
una mano sul braccio.
-“Si, si…”, disse Mac ritornando in sé.
-“Dicci che vuoi”, disse infine Colin.
-“Qualche giorno fa un uomo è arrivato qui alla base
farneticando alcune cose. Diceva che avremmo dovuto proteggere qualcosa,
qualcuno…”, fece una pausa. “Aveva un aspetto tremendo:
sudava freddo, era agitato, si guardava attorno impaurito come se
ci fosse qualcuno in agguato…era terrorizzato. Usava parole
senza senso, frasi sconnesse”
-“Chi era? Un pazzo?”, chiese Mac
-“Non aveva documenti con sé. Abbiamo messo a soqquadro
tutto l’archivio, ma niente. Non c’è nulla tra
i suoi precedenti."
-“Cos’è che ha detto?”, domandò ancora
la donna.
-“Vogliono la chiave…proteggetela…proteggete la
chiave. Era nel panico più totale”
-“Tutto qui?”, chiese Colin.
-“Ha aggiunto anche che Loro non si sarebbero fermati davanti
a nulla. Ho chiesto più volte chi fossero questi loro, ma non
ha fatto in tempo a dirmelo”
-“E’ fuggito?”, chiese la donna.
-“No… Si è accasciato al suolo ed è morto
davanti ai miei piedi”.
I due restarono perplessi.
-“Mi sembra tutto senza senso”, esordì Colin.
-“In effetti lo è. Tra i suoi oggetti personali abbiamo
trovato un foglio con su scritto un nome: pensiamo che forse questa
persona abbia la chiave a cui faceva riferimento, o comunque che ne
sappia di più ”.
-“Mmm… Ora dimmi: perché hai chiamato noi?”
-“Beh ecco… Stiamo svolgendo un’operazione congiunta
con un settore dell’esercito. E’ una questione delicata.
Siamo dietro ad un gruppo pericoloso…abbiamo a che fare con
gente preparata. Tutte le nostre energie sono concentrate su questo
caso”
-“Vuoi dire che non hai qualcuno che si occupi di quest’altra
missione?”, chiese Colin stupito.
Gabriel annuì. Ci fu qualche secondo di silenzio, poi Mac esclamò:
-“Bene! Sono certa che farete un ottimo lavoro anche senza di
noi! I vostri reparti sono ben addestrati… Ve la caverete alla
grande!”.
Detto questo si alzò con un sorriso malizioso e si diresse
alla porta. Bastarono pochi secondi.
-“Ok aspetta!”, disse Gabriel.
La donna si fermò.
-“D’accordo senti… il problema è un altro…”.
Mac fece una smorfia.
-“Iniziamo male caro Gabriel… Se non c’è
fiducia tra le parti…come faremo a lavorare assieme?”
-“Ci sono delle questioni amministrative a cui non posso venir
meno…”.
Mac lo fissò incuriosita e l’uomo continuò.
-“Diciamo che la mia agenzia ha avuto delle restrizioni e delle
limitazioni nell’attività…”
-“Ecco perché sei relegato qui a Vienna”, disse
Colin.
-“Già. Supervisione dell’area europea…”
-“Cos’è? Hai pestato i piedi a qualcuno in alto?”
disse Mac con un risolino.
-“Questioni interne che non ti riguardano”, ribatté
l’uomo, duro.
-“Sta di fatto che tu non puoi mettere il naso fuori dal tuo
bell’orticello e chiami noi. Interessante…”, si
fermò, “La questione deve essere più grave di
quanto ci vuoi far credere se ti è perfino impossibile chiedere
appoggio a partner internazionali”.
Gabriel non rispose e cambiò discorso.
-“Dovrete ritornare oltreoceano. Valuterete il caso: se ci sarà
bisogno d’agire bene, altrimenti tornerete alle vostre vite.
Nulla di complicato”.
Poi tirò fuori da un cassetto un fascicolo e lo gettò
sul tavolo sotto gli occhi della donna. “Sarà a Miami
per qualche settimana per un grande convegno scientifico. Potrebbe
essere un’occasione d’oro per chiunque ci sia alle costole.
Ecco perché voglio te”, disse.
Mac aprì il plico e vide una foto.
-“Bisogna proteggere questa persona”, aggiunse infine
l’uomo.
2 ore dopo
Mac
entrò nella stanza. Era ancora in penombra come prima. Gabriel
la accolse con un sorriso sulle labbra. Ma era un sorriso di convenienza,
non spontaneo.
-“Stiamo per partire”, disse lei.
-“Si. Sono contento che abbiate accettato. Avrete tutti i dettagli,
la squadra del Capitano Zane sa già tutto”.
La donna rimase sulla porta in attesa.
L’uomo la guardò, poi con un lieve risolino si girò
per fissare fuori dalla finestra.
-“C’è…qualcosa che vuoi chiedermi?”.
Mac esitò qualche secondo, poi disse:
-“Come…come sta lei?”.
Gabriel sorseggiò il drink che aveva nel bicchiere, continuando
a guardare fuori.
-“Sta bene. Direi proprio di si. E’ stata un anno all’estero
con Fotografi Senza Frontiere…anche se non ero del tutto d’accordo.
Non mi piace saperla in paesi pericolosi. Ma per fortuna dovrebbe
essere a casa a giorni”, fece una pausa, “Le ha fatto
proprio bene”.
Mac fece un cenno d’assenso. Poi aggiunse.
-“Lei non sa che tu….”
-“No.”, l’uomo finalmente si voltò e la guardò
duro, “No, Kate non sa del mio vero lavoro e deve continuare
a non saperlo. Lasciala fuori Mac”
-“Oh, puoi stare tranquillo su questo”, disse amareggiata,
“Io sono proprio l’ultima persona di cui preoccuparsi”
-“Già.”, mandò giù l’ultimo
sorso, restò in silenzio per qualche minuto “Oh andiamo!
Davvero credevi che tra voi…?!”, sorrise. Camminò
verso la scrivania. “Devo ammetterlo: quando l’anno scorso
ho visto Kate così presa da te, dalla vostra amicizia, mi sono
detto: perché no? Conoscere gente nuova le fa bene, avere amici
come Mac può spronarla, farla uscire dalla piatta quotidianità.
Ma poi ho capito che quello che vi legava non era semplice amicizia.
Che cosa ridicola!”.
Mac lo guardò con occhi severi.
-“Lei non è una di quelle donne… Non è come
te, è una persona colta, calata in una società di alto
livello, tra gente come lei…normale! Quanto credevi che sarebbe
durata? Magari per un po’ l’hai convinta che quello che
vi legava fosse…amore? Ma poi…andiamo! Non potevi pretendere
di trascinarla in un’assurdità del genere!”, rise.
-“Perché sta dicendo tutte queste cattiverie?”
-“Mac, ti sto solo mettendo davanti all’evidenza: ora
lei sta di nuovo bene, ha ripreso la sua carriera, frequenta i suoi
amici, vive la sua realtà. Ed è questa la sua vita.
Senza di te e le tue assurdità contro natura.”, fece
una pausa, “Da quando ho saputo che voi due…beh, da allora
non ti ho più guardato di buon occhio. Anche ora non sai quanto
mi sia pesato chiedere il tuo aiuto, ma è solo un rapporto
lavorativo: ho bisogno di te per il caso. Punto. Finisce qui tutto.
Lei non deve sapere niente. Non avrà contatti con te né
con tutta questa storia”.
La donna lo guardò disgustata.
-“Sa una cosa? Forse non è poi così diverso dalla
sua ex moglie”, si diresse alla porta.
-“Mac?”, i suoi occhi erano taglienti, “Sta lontana
da lei”.
Lei lo fissò un’ultima volta. Poi richiuse la porta con
un tonfo.
MIAMI - Una settimana dopo
Kate
scese dal taxi e respirò a pieni polmoni. Era bello essere
di nuovo a casa. Sorrise. Il sole era alto e cocente come sempre.
Ma c’era una lieve brezza che le scompigliava i capelli.
Si coprì gli occhi per la luce abbagliante. Era scesa qualche
isolato prima. Aveva voglia di camminare e riscoprire il suo mondo.
Pagò il tassista, si sistemò lo zaino logoro sulle spalle
e si avviò per la strada alberata.
Nove mesi lontano da casa…accidenti…erano stati davvero
tanti. Eppure mentre scrutava quel paesaggio familiare le sembrò
che fosse andata via solo ieri.
Improvvisamente sentì dentro di sé una forte carica
di felicità e vitalità…prese a sorridere senza
un vero motivo. Era contenta di essere di nuovo lì, aveva voglia
della sua casa, delle sue cose, dei suoi amici, della sua quotidianità,
di…
Per un attimo si rabbuiò, ma quel giorno era troppo bello e
solare per farsi assalire da ombre di qualsiasi genere. Si affacciò
al parapetto del parco e vide le calme acque dell’Indian Creek,
luminose e familiari, come le aveva lasciate. Tante piccole barche
a vela rilucevano sulla superficie. Socchiuse gli occhi e si lasciò
sfiorare dalla brezza. Sentiva che ogni cosa era possibile.
Riprese a camminare lungo i viali del parco. C’era tanta gente:
ragazzi che facevano attività fisica, bambini che giocavano,
uomini e donne intenti a chiacchierare, cani e padroni a passeggio…non
era cambiato niente. E le piacque.
Uscita dal parco svoltò sulla destra e si trovò nel
suo quartiere. Ancora poco e sarebbe stata a casa.
Ora i volti delle persone si facevano familiari. Un paio di passanti
la salutarono, vecchi amici di famiglia. Chissà se Gabriel
era a casa. Non aveva detto nulla del suo ritorno, voleva fargli una
sorpresa. Non vedeva l’ora di riabbracciare suo padre.
Aveva vissuto lì fin da piccola, eppure ora si ritrovava a
guardare tutto con occhi diversi, a riscoprire dettagli insignificanti,
a notare cose di cui prima ignorava l’esistenza.
Un grido a più voci attirò la sua attenzione dall’altro
lato della strada. Scrutò meglio. Non ricordava che lì
ci fosse una palestra.
Si avvicinò alla struttura. Da dentro, le voci di un gruppo
di persone intente ad allenarsi lasciavano percepire una grande carica
di concentrazione e cameratismo.
Guardò l’insegna. Probabilmente era sempre stata lì.
Scivolò sotto i grandi finestroni da cui si vedeva la sala
principale.
-“Uno, due, tre…parata alta, parata media e pugno contrario…”.
Sentì la voce dare comandi. Tentò di affacciarsi meglio,
ma il muretto era troppo alto in quel punto.
-“Dovete portare la tecnica restando in posizione eretta, non
buttandovi a pesce morto in avanti, guardate”, continuò,
“Se c’è la posizione c’è tutto”.
Quella voce…era così familiare… Provò a
sporgersi di più.
-“Ok, ora a coppie: combattimento”.
Finalmente la vide. Era proprio lei. Non poteva che essere lei. Sorrise.
Rivedere Mac le provocò una piccola scossa. Le guance le si
infiammarono.
E così…ora insegnava in palestra. Beh, si era persa tanto…era
normale che non sapesse più nulla.
Rimase a guardare ancora un po’. Vide il feeling che la legava
ai suoi allievi: sembravano avere un buon rapporto con lei.
-“Io sto con lui”, disse un ragazzo raggiungendo un amico.
-“Si, si…”, rispose lei sbuffando, “Mi sembrate
bambini dell’asilo. Tanto vi faccio ruotare, farete a turno”.
Kate sorrise: sempre la sua tipica poca pazienza.
-“Io con te”, disse una ragazza piazzandosi davanti a
Mac, con sguardo malizioso.
-“Ehm…ok”. Si posizionarono. “Allora, ascoltate:
l’avete vista prima nella dimostrazione, dovete solo applicarla.
Non fate male al vostro compagno: ricordate che dobbiamo rinnovare
ancora l’assicurazione”.
Una risata generale si levò, poi calò di nuovo il silenzio
e iniziarono l’esercizio.
Erano tutti molto bravi, si muovevano in scioltezza, erano attenti
e calibrati. Kate rimase a fissare Mac e la ragazza che era con lei.
-“Ok, bene…ora porta giù l’avversario in
questo modo…”
-“Così?”
-“No. Guarda: devi cambiare posizione, nella rotazione scendi
giù trascinandomi con te…”.
La donna fece l’esempio, poi disse:
-“Ragazzi ascoltate: è così che va fatto. Guardate:
una volta portata la parata, avviene la rotazione del busto e il cambio
di posizione…così…”, parlava mostrando la
tecnica, “…e portate giù il vostro compagno. Non
dovete lasciargli la possibilità di divincolarsi”.
Gli altri la guardarono e annuirono, tornando al loro esercizio.
In quel momento la ragazza la prese di contropiede, con rapidità
effettuò la tecnica, portando Mac al tappeto con lei.
-“Senza possibilità di divincolarsi…”, disse
sorridendo la giovane, con respiro affannoso, trattenendo Mac stretta
su di lei, i volti a pochi centimetri. “Questa volta va bene?”.
Mac sorrise.
-“Direi…di si…”, la fissò. “Ok,
per oggi basta così”, disse alzando la voce, “Ci
vediamo dopodomani”.
La donna si alzò, porgendo la mano alla ragazza. Tutti gli
allievi salutarono e uscirono. Rimasero solo loro due nella sala.
Kate le fissò. Doveva esserci un legame più stretto
rispetto agli altri. Le vide parlottare a bassa voce. Entrambe sorridevano.
E Mac…aveva quello sguardo tipicamente suo…imbarazzato,
dolce…che aveva solo quando…
Scacciò ogni pensiero dalla testa e ritornò composta.
Ora era tutto diverso e lei era cambiata, era tornata da quel viaggio
nuova di zecca. E a riprova di questo sarebbe andata a salutarla.
Si. Era una buona idea.
Girò l’angolo e raggiunse l’entrata della palestra.
Si fece largo tra un gruppetto di ragazzi che stavano uscendo. Adocchiò
la sala e si avviò verso di essa. Ormai era vuota. Si guardò
attorno e poi la vide. Era di spalle, stava sistemando le sue cose.
Se era davvero cambiata, perché allora si era paralizzata come
una sciocca? La guardò: aveva un asciugamano attorno al collo
e la maglietta sudata. Era bellissima come sempre.
Mac si girò per andarsene e la notò. Si fermò,
restando immobile, non sapendo che fare. Per qualche secondo rimasero
a fissarsi attraverso la grande sala. Poi Kate si risvegliò
dal suo stato di trance e le sorrise, salutandola.
Mac alzò una mano. Kate si incamminò verso di lei.
-“Ciao”, disse sorridendo.
Mac aprì appena la bocca, ma non le uscì alcun suono.
Kate rise.
-“Basta un semplice ciao”
-“Uh…si…scusami…ciao”, disse infine
sorridendo. “Come...? Tu…?”, fece dei gesti impacciati.
La ragazza sorrise, notando l’evidente imbarazzo.
-“Io…ti ho vista da fuori…stavo tornando a casa,
sono appena arrivata dall’aeroporto e così…”
-“Certo…che sciocca”, disse grattandosi la fronte,
“Ti trovo benissimo…stai davvero bene…”, la
guardò sorridendo.
-“Insomma! Guarda come sono ridotta!”, rise, “Comunque
grazie…anche tu sembri in ottima forma…”
-“Si…beh…”.
Sembravano due adolescenti. Quel gioco di sguardi e sorrisi, carico
d’imbarazzo e di emozioni…
Mac vide la ragazza con cui si era allenata farle un cenno fuori la
porta.
-“Ehm…ascolta…io devo andare…”.
Kate la vide cambiare d’espressione d’un tratto.
-“O-ok…scusami…”
-“No, mi ha fatto piacere…davvero”, fece una pausa,
“Forse non è il caso che tu venga qui…magari ci
si vede un giorno di questi”.
Kate la guardò perplessa.
-“Si, va bene…ma…che…?”
-“Kate sono molto felice di averti rivista…ma evita di
passare la prossima volta…è meglio che tu non venga in
questo posto”.
La invitò verso l’uscita. Prese la sua roba e la salutò.
Kate rimase stordita, non sapeva cosa pensare.
Sulla porta Mac trovò l’amica ad aspettarla.
-“Finalmente!”
-“Scusami. Possiamo andare”
-“Chi era quella biondina?”
-“Ah…uh…nessuno d’importante”.
In fondo non c’è da stupirsi, pensò Kate dentro
di sé mentre camminava verso casa. Ormai loro due non erano
più…quelle di un tempo. Mac aveva espresso una legittima
richiesta. In effetti vedersi non era il caso; passare del tempo insieme
così presto... Però magari si poteva ricostruire un
buon rapporto, ci si poteva comportare da persone adulte e restare
amiche.
Amiche… Già. Era quello che aveva pensato quando aveva
deciso di salutarla: riprovarsi che dopo tanto tempo era tutto passato
e poteva farcela. Ma l’unica cosa che aveva capito era che forse,
se rivederla le provocava ancora qualche scossa, l’impresa di
restare amiche non sarebbe stata così facile.
Ripensò alla scena che aveva visto: forse si sbagliava, ma…
quella ragazza era solo un’allieva per Mac?
Era passato più di un anno. Tanti lunghi mesi da quando non
stavano più assieme. Tornò indietro a quel periodo…sorrise
ricordando i bei momenti assieme. Ma ricordò anche quanto avevano
sofferto, quanto male c’era stato tra loro… E’ buffo
quante cose possono cambiare in così poco tempo.
Sospirò. Forse era meglio così. Forse era giusto che
Mac avesse reagito a quel modo e non si fossero riavvicinate subito.
Per recuperare quanto si è perso tra due persone c’è
bisogno di tempo. E qualunque cosa le aspettasse…non restava
che attendere per scoprirlo.
Finalmente intravide una facciata familiare. Si fermò davanti
il cancello. Era a casa.
Varcò la cancellata e attraversò il giardino. Le macchine
erano tutte lì, forse Gabriel era in casa. Arrivò alla
porta e l’aprì.
La differenza di temperatura tra l’interno e l’esterno
fu una sferzata d’aria fresca sul suo volto. L’atrio era
in penombra e c’era un gran silenzio.
Si guardò attorno, ripercorrendo tutti i dettagli familiari.
Sorrise: era proprio una bella sensazione essere di nuovo a casa.
In quell’istante sopraggiunse Gilbert, con l’argenteria
in mano, fischiettando. Quando vide la giovane sulla porta si paralizzò.
Kate gli sorrise. Il vassoio con l’argenteria cadde a terra.
-“Ciao Gilbert”, disse andandogli incontro.
-“Signorina Kate!”. L’abbracciò, trattenendo
a stento le lacrime. “Oh mio Dio! Quando siete tornata?! Come
è stato il viaggio? Tutto bene? Siete ancora intera? Vi vedo
sciupata!”
-“Calma Gilbert, lasciami respirare!”
-“Oh quanto mi siete mancata!”
-“Anche tu mi sei mancato!”
-“Ma perché non mi avete avvisata del vostro ritorno?!
Sarei venuto a prendervi! Accidenti, perché Gabriel non mi
ha detto niente?!”
-“Non ho detto nulla neanche a lui. A proposito, dov’è
mio padre?”
-“Eh? Oh, lui è fuori per lavoro. Tornerà a giorni.
Ma raccontatemi tutto! Sono ansioso di sapere ogni dettaglio!”.
Kate rise.
-“Si, Gilbert, ma…ora avrei bisogno davvero di un bel
bagno! Sono a pezzi…”
-“Oh, certamente! Che sciocco! Vi preparo tutto subito! Tornerete
come nuova!”, disse correndo su per le scale.
Kate gettò lo zaino a terra e sospirò.
Colin entrò nella stanza delle armi. Trovò Mac intenta
a ricaricare una pistola.
-“Ciao”.
Lei gli fece un cenno, poi indossò i paraorecchi, puntò
l’arma contro il bersaglio e prese a sparare.
L’amico rimase in attesa, osservandola. Scaricò tutti
proiettili senza fermarsi, riducendo la sagoma a pochi brandelli.
-“Che succede?”, chiese Colin quando ebbe finito.
-“Che vuoi dire?”
-“Non hai lasciato un centimetro integro”
-“Mi sto esercitando”, disse Mac, ricaricando l’arma.
-“Si, certo”, disse lui.
Mac ritornò a puntare contro il bersaglio.
-“Piantala”
-“Non sto facendo niente”, sorrise Colin.
-“Appunto. Mi dai i nervi”
-“E’ che ti conosco troppo bene amica mia. Avanti sputa
il rospo”
-“Stamattina ho rivisto Kate”, disse d’un fiato.
Poi riprese a sparare.
Il rumore della raffica era assordante. Non gli permise di dire una
parola.
Colin rimase in attesa che finisse e pensò che era la prima
volta dopo un anno che sentiva quel nome. Mac si tolse i paraorecchi.
-“Mac…ora abbiamo un caso importante da seguire…”
-“Lo so. Sta tranquillo. Non ci saranno coinvolgimenti”.
Colin sospirò. Per esperienza personale sapeva bene che quando
c’era qualcosa in sospeso tra due persone, prima o poi bisognava
farci i conti.
-“Ok”, prese la giacca. “Faccio io il turno pomeridiano.
Riposati: stasera sarà lunga”.
Mac gli fece un cenno e lo fissò mentre usciva. Inspirò
profondamente, prese la pistola e sparò.
-“E’ incredibile! Meravigliose…semplicemente meravigliose!”,
esordì Gilbert nella stanza oscura, mentre Kate prendeva man
mano le foto dal liquido.
Era emozionato come un bambino che osserva un mago tirare fuori oggetti
strabilianti dal suo cilindro.
Kate sorrise.
-“Aspetta di vederle alla luce almeno!”
-“No, si vede che sono bellissime già qui! Guardi queste!”
-“Beh, lo spero davvero…alcune saranno pubblicate”,
sorrise, “Tutto il reportage sarà il tema centrale ad
una mostra fra qualche giorno”
-“Accidenti, in quanti posti siete stati?! Avete girato tutta
l’Africa!”.
La ragazza rise.
-“No! Ma quasi!”, appese altre stampe, “C’era
così tanto da documentare…Abbiamo fatto un lavoro immenso
e comunque solo una goccia nel mare”
-“Santo cielo!”
-“Cosa c’è?!”
-“Da queste foto…traspare una carica emozionale impressionante…
Si percepisce il dolore della gente, la gioia, la fatica…Lei
ha fatto davvero un capolavoro, signorina Kate! Mi viene da piangere!”
-“Oh Gilbert!”, sorrise, “Ti ringrazio…è
molto importante per me”, lo abbracciò.
-“Ok, basta così”, disse lui, tornando composto
e asciugandosi una lacrima. “Stasera festeggiamo come si deve!
Preparerò una cenetta con i fiocchi!”
-“Mi spiace Gil! Ma stasera avevo promesso alle mie amiche di
passare a trovarle! Mangerò qualcosa con loro, non vedevano
l’ora di rivedermi”
-“E va bene, vorrà dire che sarà per un’altra
volta, magari quando torna suo padre”
-“Si, senz’altro. Che ne dici di prenderti la serata libera?”
-“Grazie, ottima idea!”. Ritornarono a sfogliare le foto.
“Oh, che buffa questa. Che fa questo tizio?”.
Kate lanciò un’occhiata.
-“Beh, tanto buffa non direi! Qui eravamo in un villaggio di
poche anime, distrutto dalla guerra. Ci eravamo fermati un paio di
giorni, fornendo anche assistenza alla gente del posto. Questo nella
foto è Stuart, un mio amico e il coordinatore della missione.
Ci stava praticamente ordinando di andarcene da lì, un gruppo
di guerriglieri si stava avvicinando”
-“Oh, mi spiace, non immaginavo…”
-“No, figurati. Fortunatamente è andato tutto bene, ma
sono stati attimi di panico! Io e un’altra donna della missione
stavamo fotografando il villaggio e ho catturato Stuart proprio mentre
urlava!”, sorrise, “Pensa che in quel momento si sono
sentiti degli spari in lontananza, così lui ha cominciato a
dare ordini a destra e sinistra: Levate le tende, dobbiamo andarcene!
Portate la gente lontano! Mettetevi al riparo! Non possiamo stare
in questo posto!...e…”.
Kate si bloccò, come folgorata da qualcosa nella sua testa.
-“Signorina, tutto bene?”, chiese Gilbert.
Rimase in silenzio per qualche minuto.
-“Si…io…”, si ridestò, “Si, sto
bene. Guardiamo le altre”, disse abbozzando un sorriso.
Quella sera il porto davanti allo skyline era illuminato come sempre
da tante luci e animato da centinaia di persone. I locali sul pontile
dipingevano l’acqua di una moltitudine di colori con le loro
insegne colorate. Sugli yacht attraccati la vita non era meno frenetica.
Kate e le amiche uscirono da un pub ridendo di gusto.
-“Accidenti, avevo dimenticato tutto…questo!”, fece
Kate allargando le braccia, “Mi siete mancate”, rise.
-“Ehi, che ne dite di fare un salto a Ocean Drive, così
salutiamo anche gli altri: non vedevano l’ora di riabbracciarti!”,
disse una delle ragazze.
-“Ma si! Allunghiamoci fino a Miami Beach, ci divertiremo!”,
aggiunse un’altra.
-“No, ragazze! Io sono a pezzi! Ho solo voglia di buttarmi a
letto! Ma vi ringrazio: stasera mi avete fatto sentire di nuovo a
casa…non mi divertivo così da secoli!”.
Il gruppo si incamminò, passeggiando sul pontile.
-“Eh! La nostra Kate sta cominciando a perdere colpi!”
-“Già! Dovrebbe riprendere le vecchie abitudini…molti
cavalieri ne sarebbero contenti!”, risero.
-“Ragazze! Ma che dite?! Mi fate apparire come una che aveva
chissà che vita!”.
Si fermarono vicino alla balaustra, osservando lo sciame di persone
che passeggiava.
-“No, ascolta: noi pensiamo solo al tuo bene!”
-“E alla continuità della specie!”, disse ridendo
una di loro.
-“Già, senti: da quant’è che non hai un
uomo?! Dai tempi di Luke! E anche lì, non mi sembrava che le
cose andassero benissimo!”, l’amica ammiccò.
-“Ehi!”, Kate le tirò un buffetto sul braccio.
-“Beh, cara la nostra Kate, è la pura verità!
Sei un bocconcino appetitoso…è ora che ti dai da fare!
Ora che sei tornata puoi iniziare la caccia!”
-“Ragazze per favore…!”
-“Avanti! Noi ti aiuteremo nell’affannosa ricerca…anche
se poi così affannosa non è…”, disse l’amica,
squadrando un bel ragazzo che era appena passato.
-“Come vedi non è cambiato niente”, disse ridendo
un’altra.
-“Invece di cose ne sono cambiate…”, disse Kate
tornando seria, “…Non sono più quella di prima…”.
Le amiche si guardarono perplesse.
-“Scusate, voi non… Sono io che… Beh, lasciamo perdere”
-“Ehi, ma quella non è la tua amica”, esordì
una delle ragazze.
Kate si voltò. In fondo, verso la fine del pontile c’era
Mac.
-“Non vai a salutarla?”
-“Si…io…”, Kate osservò meglio: accanto
a lei c’era la ragazza con cui l’aveva vista allenarsi
in palestra. Sembravano divertirsi.
-“Ehi sveglia! Che fai? Ci vai o no?! Non restiamo qui tutta
la sera!”
Kate vide che la ragazza si stava allontanando, diretta verso il chiosco
dei gelati.
-“Aspettatemi qui. Torno subito”.
Con passo svelto si avviò verso Mac. Era sola, seduta su una
panchina.
-“Ciao”, fece Kate quando la raggiunse.
Mac alzò lo sguardo.
-“Ciao Kate”
-“Io…ero con le mie amiche, ti ho vista e così…”.
Mac si limitò a fare un cenno con la testa.
-“Sei…sei in compagnia a quanto vedo…”
-“Già. La mia amica è andata a prendere un gelato.
Ma con la calca che c’è…!”, abbozzò
un sorriso.
-“Si… Senti io…”
-“Kate ascolta”, Mac la interruppe, “Sarebbe meglio
se evitassimo di vederci”
-“Mac io vorrei…”
-“No. Non è il caso che in questo periodo…”.
Kate si accigliò.
-“Allora è come pensavo!”, disse, “Tu stai
lavorando ad un caso, non è così? E’ per questo
che in palestra mi hai detto quelle cose!”
-“Kate, per favore…”
- “No, io ci ho pensato e ripensato…poi ho capito! L’unico
motivo per cui puoi avermi detto delle parole così risolute
è che stai lavorando a qualcuno dei tuoi casi pericolosi. Dimmi:
ho indovinato?”.
Mac evitò di guardarla.
-“A meno che…io non sia l’ultima persona su questa
terra che tu voglia vedere. Allora è un altro discorso…”,
disse abbassando lo sguardo.
Mac si voltò.
-“No…Kate…questo non accadrà mai, nonostante
siano successe delle cose tra noi…”.
Kate tornò a fissarla.
-“Allora…ho ragione? C’è un lavoro di mezzo?”.
Mac rimase qualche secondo in silenzio.
-“Si”
-“Ci avrei giurato”.
In quel momento Mac vide tornare l’amica.
-“Senti, ora…”
-“Si... Sta tornando”, disse piano Kate, “A quanto
pare ce l’ha fatta”
-“Già”
-“Non…non la conosco?”
-“No”.
Kate capì che era il momento di andare.
-“Bene…allora…ci vediamo…chissà quando”,
abbozzò un sorriso.
-“Si…un giorno di questi”.
Kate fece un cenno con la testa, la salutò con la mano e andò
via.
Mac rimase a fissarla mentre scompariva tra la calca.
-“Cosa combini ragazzo?”, chiese Colin sbirciando Josh
chino sul portatile.
-“Sto m-mettendo a punto un n-nuovo programma…”,
disse picchiettando dei tasti, “Se solo riuscissi…”.
Colin sorrise lasciando il giovane concentrato davanti allo schermo.
Si sentì un tonfo, la porta d’ingresso che sbatteva.
Mac entrò nella stanza, nervosa.
-“Di ottimo umore anche oggi”, ironizzò Colin.
-“Sono stufa. Quel pallone gonfiato di Zane crede di sapere
tutto”
-“Mmm…assomiglia a qualcuno che conosco”, sorrise.
-“Aah, al diavolo!”
-“Che succede?”
-“Il piano del giorno…è una vera schifezza! Non
c’è un solo punto su cui sia d’accordo! E poi questa
cosa di ricevere solo direttive da loro! Neanche si preoccupano di
interpellarci!”
-“Beh, abbiamo appena cominciato…cerca di farteli piacere”
-“Il convegno è fra due giorni”, continuò,
“Come credono che ce la caveremo io e te da soli?! Ci saranno
centinaia di persone! I cervelli di tutto lo Stato confluiranno in
quella sala! Ci sarà un caos, un va e vieni da ogni parte dell’Hotel
e noi dovremmo offrire protezione senza neanche un supporto?!”
-“Andiamo non esagerare. Il convegno sarà super blindato.
Semmai noi saremo una sicurezza in più per quella persona.
E poi non sappiamo neanche se corre effettivo pericolo! Magari è
tutto un falso allarme, Gabriel ha detto…”
-“Gabriel non ci ha detto tutto Colin”.
L’uomo rimase perplesso. Mac lo trascinò in un angolo
appartato della stanza e continuò bisbigliando.
-“Sono certa che la storia è più complicata di
come ce l’ha presentata”
-“Beh, sai meglio di me che quando c’è di mezzo
la difesa nazionale niente è davvero semplice”, la guardò
in attesa, “C’è qualcosa che vuoi dirmi?”
-“Innanzitutto: come è possibile che quell’uomo
si sia presentato alla base di punto in bianco? E’ un luogo
nascosto e inaccessibile, nessuno ne conosce l’esistenza. Poi
ho provato a mettermi in contatto con i laboratori della base per
saperne qualcosa di più. Volevo anche parlare col medico legale”
-“E?”
-“E sembra che siano tutti talmente indaffarati da non poter
aiutarmi. Nessuno si è degnato di spiegarmi nulla e quando
li ho portati all’esasperazione si è fatto portavoce
Zane, liquidando tutto con notizie irrilevanti”
-“Hmm… Magari sono davvero incasinati Mac. E magari Gabriel
ci ha messo al corrente di tutto il necessario. Forse non c’è
niente di torbido”
-“Già. Ma preferisco stare comunque in guardia. Non mi
fido più di lui”
-“Hmm…e questo c’entra per caso col fatto che ti
ha detto quelle cose su sua figlia”.
Mac lo fulminò.
-“Mi meraviglio di te Colin. Accidenti! Mi conosci da una vita!
Eppure mi sembra che tu mi stia diventando ostile! Sai bene che nel
lavoro non faccio interferire le questioni private! Sono davvero delusa”
-“Ascoltami bene Mac: è proprio perché ti conosco
da una vita che so quello che dico. Tu e Kate non avete ancora chiuso
niente, questo lo sai anche tu. Per quanto tu voglia farmi credere
che stai bene, non è così. Non questa volta Mac”,
disse tenendosi a pochi centimetri da lei, “Non con Kate. Lei
è stata diversa da tutte le volte precedenti…e non solo
per il motivo più evidente di tutti”, fece una pausa,
“Quindi ora stammi a sentire: noi faremo il nostro lavoro per
bene, senza errori, senza intromissioni…dopodiché proverai
a sistemare le cose che hai in sospeso. Ma prima di allora non voglio
coinvolgimenti. Niente colpi di testa.”, disse risoluto.
Si fissarono qualche secondo ancora. Poi Mac gli sbattè il
fascicolo di fogli sul petto.
-“Io continuo a non fidarmi”, gli sussurrò, “e
faresti bene a darmi retta”.
Si voltò e se ne andò.
Convegno scientifico - 2 giorni dopo
L’Hotel
risplendeva sotto il sole abbagliante. Sembrava una mattina di piena
estate. Il sole era caldo e le palme che incorniciavano l’albergo
si muovevano appena per la brezza tiepida. Molte auto di lusso stavano
riempiendo il parcheggio privato e i fattorini erano indaffarati come
se fosse alta stagione. Poco alla volta le limousine dei relatori
e delle personalità più importanti si accalcarono davanti
l’ingresso. Mac diede una rapida occhiata all’organizzazione
della sicurezza: quantomeno questa volta erano finiti in un posto
di classe.
-“Come va? Tutto tranquillo”.
Un ronzio nell’orecchio della donna avvisò la conversazione.
Sfiorò la cimice e rispose.
-“Tranquillo è proprio il termine più inadatto…
Sembra di essere al Red Carpet…”
-“Tu trovi sempre qualcosa per cui lamentarti”, sorrise
Colin, “Stavolta è alto livello…guarda un po’
che figurini!”
-“Colin…!”
-“Che c’è?!”
-“Mantieni gli occhi sulla palla ok? Lascia perdere quelle…non
sono alla tua portata…”
-“Uff! D’accordo! Mi stavo solo lustrando gli occhi!”
-“Ok, fra poco si entra: pass alla mano e occhi aperti”
-“Va bene, ma dov’è Josh? Senza di lui la nostra
copertura salta…”
-“Non è con te?!”
-“No, lo avevo lasciato nel furgone che stava ripassando la
parte”
-“Acc’…! Giuro che se fa saltare il piano lo riduco
a brand…”.
Un altro ronzio sibilò nelle loro orecchie. Poi si sentì
la voce dell’amico.
-“Qui a-agente J-Josh a r-rapporto ci s-siete? R-ripeto, agente
J-Josh a rapporto, mi s-sentite?”.
Mac e Colin si portarono istintivamente la mano all’orecchio
per il rumore stridente.
-“Vuoi abbassare la voce?! Razza d’idiota!”, disse
la donna nervosa.
-“Quantomeno le sue diavolerie funzionano”, rise Colin.
-“Dove accidenti sei?! Il convegno sta per iniziare! Non possiamo
entrare senza te!”, sbraitò Mac.
-“Ec-comi…s-state c-calmi”.
Due minuti dopo videro il giovane venir fuori da una siepe, mentre
si rassettava lo smoking.
-“L’a-agitazione n-non p-porta da n-nessuna p-parte!”,
disse sorridendo.
Anche Colin li raggiunse.
-“Oh, ti assicuro che quella non era agitazione…”,
Mac lanciò a Josh uno sguardo assassino, poi si diressero all’entrata.
-“L’idea di fare da guardia del corpo a lui è a
dir poco ridicola, ma ammetto che non è male”, disse
Colin sussurrando.
-“Era l’unico modo per portare delle armi qui dentro”,
mugugnò Mac.
Poi un addetto li bloccò all’ingresso per esaminare i
pass. Un altro uomo fece correre un metal detector sul corpo di tutti
e tre. Per le pistole Mac mostrò un permesso speciale.
-“Signor…Pandini…?”, lesse curioso l’addetto
sul tesserino di Josh.
-“P-professor, p-prego!”, precisò il giovane che
si era già calato nella parte.
Il tizio, pelato e pieno di muscoli, con un paio di occhiali da sole
lucenti, lo scrutò perplesso.
-“Mai sentito”, disse infine.
-“Q-questo m-me la dice l-lunga sulla sua c-cultura sc-scientifica,
mio c-caro! Ha m-mai letto i miei s-saggi sull’evoluzione d-del
c-cosmo?! A s-soli 13 anni, m-mentre lei g-giocherellava con le r-riviste
di s-suo padre, io già d-dibattevo con i più g-grandi
c-cervelli del m-mondo! E c-cosa d-dire poi delle n-numerose sc-scoperte
in c-campo….”
-“Ok ok basta così! Siamo già in ritardo!”,
disse Mac abbozzando un sorriso impacciato e spingendo Josh oltre
le porte a vetro.
-“E’ rimasto piuttosto scosso”, sogghignò
Colin gettando un’occhiata fuori.
-“Non c’è che dire: ottimo modo per passare inosservati!”,
sbraitò Mac a Josh.
-“M-ma insomma, un po’ di r-rispetto! Questi inservienti
s-sono c-così ins-solenti!”, disse risistemandosi il
cravattino.
La donna fece roteare gli occhi. Poi ritornò calma.
-“D’accordo, la sala congressuale dovrebbe essere laggiù.”,
indicò un corridoio.
-“Lì vedo parecchio movimento”, sibilò Colin
indicando l’ala opposta.
-“Devono esserci altre conferenze oggi. Forza, la nostra è
da questa parte”.
I tre si avviarono assieme ad altre persone vestite di tutto punto
nel corridoio con una lunga parete vetrata. Alcuni uomini e donne
li fissarono incuriositi.
-“Siamo un trio bizzarro a quanto pare…”, sussurrò
Colin all’amica.
-“Un uomo e una donna che fanno da guardie del corpo a un giovanissimo
scienziato?!”, ironizzò Mac, “Naaaa”.
Poco dopo raggiunsero la sala. Era molto ampia, in grado di ospitare
un migliaio di posti a sedere. Sulla parete di fondo, sulla pedana
rialzata, c’era una lunga scrivania con una decina di targhette
e microfoni, e dietro di essa campeggiava un grande pannello per la
proiezione dei filmati. I tendaggi non erano tirati, così dalle
grandi finestre penetrava abbastanza luce da rendere il pavimento
abbagliante. In alto, uno striscione col titolo del convegno: La grande
storia umana - Ultime scoperte sulla civiltà europea. Molte
persone erano già sedute ai loro posti, con le loro cartelline,
in attesa, nella propria austera compostezza.
In pochi minuti la sala si riempì. A centinaia entrarono e
si sparsero in ogni angolo. Il brusio era assordante. C’era
di tutto: scienziati, giornalisti, fotografi, relatori, uomini di
cultura.
-“Accidenti…”, commentò Mac.
Josh si avviò con Colin.
-“Che le p-prende?”, chiese.
-“E’ un po’ allergica alle grandi masse…”,
ridacchiò l’uomo.
-“Come hai f-fatto il giorno della l-laurea?!”
-“Per fortuna non ho avuto occasione di scoprirlo”, rispose
secca la donna.
-“Ah…uh…io n-non…”, il giovane farfugliò
qualcosa.
-“Il tuo posto è in terza fila, noi staremo dietro a
tutto grazie al cielo”, cambiò discorso, “Cerca
di stare zitto e non metterti in mezzo a nulla: ricorda che non sei
un vero scienziato”
-“O-ok…”
-“Non dare corda a nessuno, resta sulle tue, non dobbiamo dare
nell’occhio. Abbiamo il contatto aperto, quindi per qualsiasi
problema resteremo sempre attivi…”
-“O-ok…”
-“Non ti guardare sempre attorno, datti un contegno, cerca di
sembrare indifferente e distaccato, insomma un vero scienziato. Evita
di sudare, tremare, essere impacciato… Datti un’aria da
adulto in poche parole”, concluse.
Il giovane sembrava paralizzato.
-“Ah ragazzo…”, sorrise Colin, “Ricordati
di respirare”, e gli diede una pacca sulla spalla prima di spingerlo
nella calca.
L’uomo scrutò l’amica.
-“Se la caverà”, disse allegro.
La donna emise un vago mugugno, poco entusiasta.
Qualche ora dopo
-“Non
è magnifico questo brunch dell’hotel?! Ne ho presieduti
parecchi in giro per il mondo ma devo dire che pochi sanno tenere
testa a questo!”, disse una donna dalla voce stridula che stava
incollata a Colin da un po’. L’uomo sgranocchiava tartine
con salsette multicolori.
-“Ora che ci penso forse era quello in Francia, due anni fa,
all’Hotel…com’era il nome? Mi sfugge sempre. Davvero
divino! Ma si sa che la cucina francese non ha eguali! Lei è
d’accordo?”
-“Mmm? Uh, si si…eccome! Pensi che per un certo periodo
ho fatto il cuoco a Marsiglia”
-“Ooh!”, sorrise affascinata la donnina.
-“Ed è stupefacente quello che si può imparare
dai grandi chef! Ogni pietanza era per loro come un battesimo, un
neonato da aspergere con una goccia di cracher de salive! Il loro
tocco magico!”
-“Oh ma è meraviglioso! Cos’è, una specie
di ingrediente segreto?”
-“Esattamente! Ora glielo mostro”, Colin prese un paio
di tartine, una in una mano e una nell’altra, poi vi sputò
sopra e le unì come un sandwich, “Ecco a lei Madame!”,
e sparì tra la folla lasciando la donna inorridita.
-“Dov’eri finito?”, chiese Mac poco dopo avvicinandosi
all’amico.
-“Ero al buffet a conversare sulla cucina francese con una donna”
-“Da quanto ti intendi di cucina francese?”
-“Oh non ci vuole poi molto…può imparare chiunque”.
I due scrutarono la folla per un po’.
-“Spero finisca presto questa pausa…c’è troppa
confusione”
-“Già. Dov’è Josh?”
-“Sembra che abbia fatto amicizia”, Mac glielo indicò
in un angolo.
-“E bravo il nostro scienziato in erba!”, esordì
Colin, “Ha fatto conquiste”
-“Cerchiamo di restare meno in vista ma teniamo un quadro della
situazione”
-“Notato qualcosa di particolare?”, chiese l’amico.
-“Hmm…non so ancora…c’erano un paio di tizi
sospetti…”
-“Baffetti-cravatta rossa e codino-occhiali scuri?”
-“Esatto”
-“Ok, io faccio un giro di qua. Ci riprendiamo dopo”.
I due si divisero tra la folla. Tutti i presenti facevano la spola
tra il ricco buffet e le loro postazioni, conversando amabilmente
con gli altri invitati. Si camminava a stento.
Uno dei due uomini che Colin teneva d’occhio, si accorse della
sua presenza e svincolò tra la calca. Salutando cordialmente
alcune donne, continuò la sua deviazione verso l’uscita
della sala.
Colin continuò a stargli dietro in tutta tranquillità.
Quando si lasciò la folla alle spalle, si ritrovò di
nuovo nel luminoso corridoio.
-“Il pupo sta andando a spasso…”, disse sfiorando
la cimice.
-“Davvero? Sta attento”, rispose Mac dalla sala.
-“Ok”.
Vide che l’uomo aveva accelerato il passo. Anche lui fece lo
stesso, ma quando sbucarono nella grande hall, Colin si fermò
di scatto.
-“Merda!”, sussurrò alla ricetrasmittente.
-“Che succede?”, chiese Mac allarmata.
-“Vorrei sapere chi ha detto che Miami è una città
tanto grande!”.
La donna parve non capire.
-“Kate a ore 10… E’ qui nella hall che saluta un
uomo e…”
-“E?”, aspettò Mac.
-“Mi ha appena visto. E sta venendo verso di me”, aggiunse
Colin. “Ho perso il pupo però…non lo vedo più,
cavolo…”
-“Accidenti…liberatene!”, disse la voce dell’amica
nell’orecchio, “Qui sta per ricominciare”.
L’uomo vide Kate salutarlo.
-“Certo…come no…è facile a dirsi”,
sussurrò mentre abbozzava un sorriso alla giovane.
-“Colin! Ciao!”
-“Ehi! Ma guarda tu il caso!”.
Si salutarono con due baci sulle guance.
-“Da quanto tempo! Come stai?”
-“Ehm…benone! Si tira avanti!”
-“Ti trovo bene!”
-“Già! Anche tu sei radiosa! Come è stato il viaggio?”
-“Faticoso. Ma indimenticabile”
-“Bene, sono contento…”
-“Che ci fai qui?”, chiese la ragazza.
-“Ehm…sai quel convegno sulla storia dell’uomo europeo…”,
fece un cenno alle sue spalle, “Uno dei relatori è un
mio amico e così…”
-“Capisco”
-“Tu invece?”
-“Nell’altra ala dell’albergo c’è la
mostra con il reportage del mio viaggio”
-“Wow! Le tue foto in mostra! Sarà grandioso!”
-“Si, lo è”, sorrise.
-“Beh allora dopo devo farci assolutamente un salto!”
-“Si, mi farebbe piacere. Resterà in esposizione per
qualche altro giorno, quindi…”
-“Ma certamente! Senz’altro! Puoi contarci piccola!”,
le strizzò l’occhio poi pian piano si allontanò,
“Ora devo davvero scappare! A presto!”
-“Si, ok…”, la giovane lo vide correre via, “A
presto…”
Poco dopo
-“Dov’eri
finito?”, sussurrò Mac, appena Colin la raggiunse, “Tutto
bene?”
-“Kate…espone dall’altro lato dell’albergo…”.
Mac lo fissò stupefatta, poi tornò a guardare davanti
a sé.
-“E cosa…?”
-“Non le ho detto nulla, tranquilla”
-“Ma…”
-“Schhhh!”. Una donna si girò spazientita.
-“Ci scusi”, sorrise l’uomo.
-“Ma”, insistette Mac più piano, “Sa che
ci sono anche io?!”
-“No, perché me lo chiedi?!”
-“Perché ha intuito che sto svolgendo una missione…”
-“Ah grandioso! E poi sarei io quello che svela i segreti! Brava!”
-“Non le ho detto nulla, l’ha capito da sola l’altro
giorno”
-“Certo, tramite poteri paranormali! A meno che non sia stata
tu…”
-“Schhh!!”, ancora la donna di prima si voltò.
-“Lo scusi: questo dibattito lo accende d’ardore”,
disse Mac.
-“Allora che salga sul palco!”, la zittì la donna.
-“Hmm, un bel caratterino”, sussurrò all’amico,
“Comunque sta tranquillo: non sa niente. Ora concentriamoci
sulla folla”.
Qualche minuto dopo anche il brusio delle persone cessò. Un
uomo prese il microfono ed annunciò:
-“Ed ora signori, il momento che tutti aspettavamo: il ritrovamento
che ha permesso questo convegno oggi. Per gentile concessione della
squadra che l’ha rinvenuto e con le adeguate misure di sicurezza,
ho il piacere di mostrarvi questo prezioso manufatto, lasciando la
parola alla persona a cui si deve la scoperta. Un applauso”.
Un battito di mani assordante si levò nell’aria. Delle
guardie armate trasportarono una teca blindata sopra il palco e vi
rimasero accanto. Poi entrò un gruppetto di persone.
-“Ci siamo”, disse Mac.
I due amici si spostarono, scivolando su un lato e restare più
vicini alla pedana e alle porte. Invece di puntare gli occhi sulla
novità come stavano facendo tutti, mantennero lo sguardo saldo
sulla platea.
-“Vi ringrazio, vi ringrazio”, l’applauso andò
scemando e le parole che seguirono vibrarono nel silenzio più
totale, in un’aria carica di tensione e aspettativa. Tutti fremevano
per vedere quell’oggetto tanto pubblicizzato.
-“Come avrete già ascoltato dall’esposizione dei
fatti dei miei amici professori poco fa, questo ritrovamento è
frutto di un lavoro di scavi durato anni e anni. Voglio ringraziare
ancora una volta i miei colleghi, che oltre ad essere validi membri
della mia squadra sono anche miei cari amici. Nel corso di questi
anni abbiamo vissuto momenti indimenticabili, sia belli che terribili.
La vita di un archeologo è fatta di mille incertezze…”.
Mentre il discorso continuava, Mac e Colin erano concentrati sui presenti.
Le guardie armate erano confluite davanti tutte le entrate. I due
amici si portarono nelle corsie laterali. Da lì avevano una
visione pressoché totale della sala e potevano muoversi facilmente
se necessario.
-“Josh?”, sussurrò Mac alla trasmittente, “Riesci
a vedere se la porta che dà sul retro è sorvegliata?
Toccati la testa se non vedi nessuno”.
La donna attese il segnale che, come aveva intuito, ricevette poco
dopo.
-“Colin…”
-“Si, ho sentito. Ci resto io da quella parte, tranquilla.”
Le centinaia di persone parevano come incantate dal racconto e fremevano
per l’attesa.
-“…Ed è stato durante gli scavi al sito nella bassa
Austria che per puro caso è stato ritrovato ciò che
ora vi mostreremo…”, la tensione nella sala si fece più
palpabile, “Se i nostri studi e le nostre ricerche ci condurranno
dove credo…questa scoperta potrebbe far riscrivere intere pagine
di storia”.
Gli occhi dei presenti si illuminarono.
-“Signori…”
-“Ci siamo”, disse Mac.
Colin le fece un cenno col capo e nello stesso istante vide ricomparire
l’uomo che aveva seguito in precedenza.
-“Ecco il frutto del nostro lavoro…”.
Ad un cenno, le guardie armate tolsero via il panno che ricopriva
la teca. Dalla platea si levarono delle voci cariche di stupore e
meraviglia. Era proprio lì, davanti ai loro occhi. Per un attimo
anche Mac, Colin e Josh rimasero abbagliati dal fascino di quell’oggetto.
Mille flash di fotografi illuminarono la teca e i giornalisti si affannarono
a rivolgere domande di ogni sorta.
Poi la voce riprese.
-“Un medaglione datato approssimativamente ai primi decenni
del 1100. Totalmente in oro, finemente decorato con lavorazione artigianale
di alto livello per l’epoca. E’ stato ritrovato in quella
che doveva essere una piccola cappella sotterranea. I lavori di scav…”.
In quel momento accadde tutto in fretta. Il grande drappeggio che
sormontava la pedana dei relatori venne reciso dai montanti a cui
era agganciato, finendo per bloccare parte delle guardie che controllavano
la zona retrostante. Da un punto imprecisato partì un colpo
di pistola che solcò l’aria colpendo lo striscione del
convegno e facendolo staccare dal soffitto. In pochi istanti finì
su parte della platea e le persone spaventate presero ad urlare. La
confusione che seguì fu paralizzante.
Colin, che aveva evitato parte dello striscione, si rialzò
e vide l’uomo sospetto tirare fuori una pistola.
-“Mac!”
-“Porc’!”, la donna provò a farsi largo tra
la calca: molte persone avevano lasciato le poltroncine e si stavano
accalcando verso le uscite. Altre invece continuavano a ripararsi
sotto i sedili.
-“Sta puntando verso il palco…ucciderà se non lo
fermiamo!”.
Mac vide che l’amico aveva ragione: l’uomo stava mirando
proprio ai relatori. Rapidamente cominciò ad avanzare verso
il palco.
-“Colin…devi fermarlo”
-“Ci provo!”.
Senza aspettare oltre, l’amico afferrò una poltroncina
e la trascinò a sé, vi salì sopra e mirò
alla mano dell’uomo. Con la calca nel panico era quasi impossibile
riuscire a fermarlo. Il rischio di ferire qualcun altro era notevole.
Le guardie erano quasi arrivate verso il centro della sala, dopo aver
schivato centinaia di persone che ostruivano il passaggio. Ma sarebbe
stato tardi comunque.
In un istante, riecheggiò il suono di due colpi. Mac gettò
un’occhiata verso l’uomo e vide che gli sanguinava la
mano. Colin era riuscito a deviare il colpo con il suo.
Vedendo fallito il suo intento, il sicario fu preso dal panico per
qualche secondo. Poi parve riprendere coscienza di sé e si
mosse verso l’uscita secondaria. Josh che si trovava proprio
lì, se lo vide arrivare di corsa.
-“Josh! Fermalo ragazzo, forza!”, disse Colin, bloccato
in fondo.
-“I-io….n-non…”, balbettò il giovane.
L’uomo tentennò qualche istante davanti a Josh, poi capì
che era terrorizzato.
-“Levati dai piedi!”, gli disse strattonandolo. Infine
sparì dietro la porta. Colin si lanciò dietro di lui.
Mac raggiunse la pedana. Le guardie vicino la teca si stavano affannando
da qualche minuto per portarla via di lì, ma con le centinaia
di persone che correvano ovunque era un’impresa.
Mac afferrò per mano la persona sul palco e la tirò
via con sé.
-“Vieni!”, balzarono giù e presero a correre tra
la folla.
Tutto era avvenuto in pochi minuti, ma nella sala regnava ancora il
caos. Le guardie armate si erano lanciate all’inseguimento del
sicario, mentre altre tentavano di ristabilire l’ordine.
Poi la scena si spostò nei corridoi dell’Hotel. Colin
stava ancora alle calcagna dell’uomo, ma questa volta era libero
di sparare.
-“Accidenti…il ragazzo è veloce…”,
disse affannato fra sé e sé, “E io non sono più
un giovanotto…”.
Dietro di lui le guardie lo stavano raggiungendo.
-“Dov’è andato?”, gli chiesero poi.
-“Sempre dritti…uff…”
-“Lei stia qui, ci pensiamo noi”, e volarono all’inseguimento.
-“Come no…”, si disse Colin dopo che furono andati,
“Se lo inseguite come avete sorvegliato la sala…allora
possiamo stare tranquilli”.
Gettò uno sguardo al corridoio e alle porte che si aprivano
su di esso.
-“Ok…vediamo se ti ripesco”, e si infilò
rapido in una di queste.
Nel frattempo Mac stava proseguendo la sua corsa per mettere in salvo
l’archeologo.
-“Dobbiamo uscire di qui e raggiungere l’auto”.
Appena furono sulla scalinata esterna un altro uomo comparve davanti
a loro. Si fermarono tutti e tre tentennando.
-“Ecco il socio…”.
In pochi secondi l’uomo si lanciò su Mac e iniziarono
a combattere.
Colin intanto sbucò in un altro corridoio.
-“Dove accidenti mi trovo?”, si chiese scrutando una piantina
a muro. Poi vide un cartellone. “Cavolo, la mostra di foto…
Sono nell’altra ala”, disse mesto.
In quel momento vide Kate in lontananza. La giovane dopo qualche minuto
si accorse di lui e lo chiamò.
-“Ehi Colin!”, le fece un cenno sorridendo.
L’uomo, incerto, non le rispose e si avviò verso la fine
del corridoio.
-“Ehi ma…”, Kate accelerò il passo verso
di lui per raggiungerlo. “Aspetta!”
-“Accidenti…”.
La ragazza in pochi passi lo raggiunse.
-“Colin! Che fai? Mi stavi evitando?”, chiese incredula.
-“Kate…scusami…vado un po’ di corsa…”
-“Questo l’ho visto! Stavi scappando da me!”
-“Non è come credi…”, disse affannato, scrutando
ovunque.
-“Ma che fai?”
-“Ehm…dovrei…”, mugugnò continuando
a tenere d’occhio il corridoio.
Kate lo guardò furtivo.
-“Che diavolo…?!”
-“Scusami Kate”.
Colin si avviò di corsa verso la hall. Kate lo seguì.
-“Colin aspetta!”
-“Kate vattene. È pericoloso”, disse correndo.
Poi vide finalmente quello che cercava: il sicario era spuntato sulle
scale che portavano al primo piano, seminando le guardie chissà
dove. Colin sfoderò la pistola.
-“So che state lavorando ad un caso. Non posso far finta di
niente!”
-“Ho detto va via!”
Puntando verso la scalinata, prese a sparare sul sicario, ma questi
si riparò dietro il corrimano e da lì rispose al fuoco.
Kate restò in prossimità del corridoio, terrorizzata.
Colin si gettò dietro il bancone della reception e continuò
a sparare. Ma il sicario, con la sua agilità, saltò
sul corrimano e vi scivolò giù fino ad arrivare alla
hall. Toccata terra sgambettò verso l’uscita continuando
a sparare.
-“Ti stai prendendo gioco di me eh?”, disse Colin irato,
“E va bene: tu sarai anche più giovane…ma io ho
l’esperienza dalla mia!”, rapidamente caricò altri
proiettili nell’arma.
Kate gli andò incontro spaventata.
-“Accidenti, ma che succede?!”.
L’uomo non le rispose. Puntò l’arma verso il quadro
elettrico dietro di lui e sparò. Poi si bloccò tutto,
anche le porte scorrevoli dell’entrata.
-“Ottima idea, bravo!”, disse Kate eccitata.
Il sicario si fermò di scatto quando vide le porte bloccate.
-“Ehi, bambolina devi restarne fuori. Non è un gioco”,
le rispose Colin.
-“Lo so, ma ora sono qui! Voglio rendermi utile!”
-“Bene, allora restaci. Mi sei più utile se rimani viva”.
Riparato dietro il bancone, continuò a sparare sull’uomo,
ma questi, come fosse un atleta da circo, si gettò rapido dietro
alcune poltroncine.
Kate si riparò accanto all’amico, coprendosi le orecchie
per il frastuono. In quel momento notò che appena fuori l’ingresso,
stavano ingaggiando un altro combattimento. Poi si accorse che era
Mac. Presa da tutto il resto, non si era affatto accorta di quello
che stava accadendo lì vicino.
-“Colin, Mac è là fuori!”
-“Lo so, se la caverà!”.
In quel momento si sentì il frastuono di un vetro in mille
pezzi. Colin e Kate si voltarono e videro la porta a vetri ridursi
in frantumi e Mac volare per terra. L’altro sicario l’aveva
scaraventata contro di essa ed ora giaceva tra un letto di schegge.
-“Mac!”, urlò Kate, ma Colin la trattenne.
-“E’ pericoloso”.
Il sicario approfittò del momento per darsela a gambe. Pochi
istanti dopo i due amici videro la donna riprendere conoscenza.
-“Mac ce la fai?”, chiese Colin nell’auricolare.
-“Ci penso io”, rispose, “Lo inseguo”, e scomparve
per strada.
Quando Colin tornò ad occuparsi del suo uomo, notò che
non era più al suo riparo.
-“Accidenti…”
Uscì fuori e restò qualche istante sulla cima della
scalinata, guardandosi intorno. Poi li vide.
Vide il sicario correre nel parcheggio e inseguire l’archeologo.
-“Cavolo! E’ troppo lontano da qui! Non è sotto
tiro!”, disse furioso.
Si incamminò velocemente. Poi prese a correre più forte
che poté, tentando il tutto per tutto.
Kate lo seguì. Era consapevole che non ce l’avrebbero
mai fatta a raggiungerlo. Ma non potevano fare altro che correre.
E sperare che l’uomo non sparasse.
Superate le aiuole con le alte palme, si fermò di scatto. Al
diavolo!, pensò, Devo almeno provarci!.
Con uno scatto fulmineo si lanciò sulla macchinetta da golf
parcheggiata a pochi passi da lei.
-“Andiamo! Accenditi!”.
Qualche brontolio dopo, il motore si accese. In pochi secondi accelerò
e si ritrovò a pochi passi da Colin, affannato.
-“Ehi!”.
L’amico la vide, sollevato, e le passò la pistola. Senza
dire nulla, Kate gli fece un cenno d’assenso e continuò
la sua corsa contro il tempo. Poco a poco si stava avvicinando all’uomo.
Poi il sicario si voltò e la colse di sorpresa. Si inginocchiò
e puntò la pistola contro di lei. Infine sparò alla
macchinetta. Le ruote bucate fecero roteare la macchinetta e Kate
venne scaraventata a qualche metro di distanza.
Il sicario vide la sua occasione persa: ormai il bersaglio era scappato
e potevano sopraggiungere altre guardie. Pochi istanti dopo comparve
una berlina nera che frenò di scatto. Una portiera si aprì
e l’uomo vi si infilò dentro. Come un fulmine, sparì
all’orizzonte.
Colin si rimise in piedi e corse in direzione di Kate.
Anche l’altra persona, ancora frastornata, li raggiunse. Notò
Kate a terra.
-“Ehi, stai bene?”, chiese arrivandole alle spalle ed
aiutandola ad alzarsi.
-“Si…credo…mi fa male la testa…”, rispose
Kate massaggiandosi la fronte.
-“Hai una ferita, perde sangue. Forza”
-“Grazie”.
Kate si alzò a fatica. Quando si voltò per guardare
in faccia chi l’avesse aiutata rimase senza parole.
-“State bene?”, chiese Colin sopraggiungendo.
Dopo qualche minuto ricomparve Mac, correndo, col respiro affannato.
-“Mi è sfuggito”, disse.
Poi osservò la scena, gli sguardi dei tre. Si mise le mani
sui fianchi e sospirò.
-“Ci ha mandato allo sbaraglio! Questa è la verità!
Non posso lavorare così!”, disse Mac urlando al cellulare
che aveva ricevuto per mettersi in contatto diretto con Gabriel.
-“Non mi dica di stare calma! Oggi abbiamo messo a rischio la
vita di tutti perché non avevamo uno straccio di piano!”.
Gli altri, seduti in salotto, sentivano le urla della donna nella
stanza adiacente.
Colin guardò Josh.
-“Che assurdità”, disse.
-“G-già…Fa bene a dirgliene quattro”, rispose
il giovane.
Kate era seduta davanti la finestra, fissando fuori. Non sapeva esattamente
cosa dire o pensare. Era stata presa così di contropiede. Con
la coda dell’occhio scrutò la ragazza sul divano…non
poteva crederci.
-“Vorrei capirci qualcosa”, disse poi.
-“Già. Anch’io”, le fece eco l’altra
ragazza.
Kate si voltò, guardandola diffidente. La giovane ricambiò
lo sguardo.
Colin parlò ancora, ignorando le due.
-“Come mai non funzionavano i sistemi d’allarme dell’hotel?”
-“C-credo che ci sia stato un d-difetto nella co-connessione
satellitare…G-guarda: ho controllato il q-quadro dopo l’accaduto…il
p-programma ha registrato un’anomalia nel s-sistema”,
disse Josh, “F-forse l’hanno f-fatto saltare loro decriptando
i valori di X e Y e aggiungendovi un algoritmo esterno creato con
un’equazione fissa che elabora un calcolo infinito di probabilità”,
disse immerso nei suoi pensieri, picchiettando sul pc.
Gli altri lo fissarono in silenzio.
-“Chi diavolo sei tu?”, sbottò ironica la ragazza.
Poco dopo Mac entrò nella stanza. Gettò il cellulare
sul divano nervosa.
-“Mac, vorrei qualche spiegazione da te”, disse Kate dura.
-“Mac, Josh pensa che ci sia stato un problema nel sistema”,
prese a dire Colin.
-“Si, guarda”, incalzò Josh.
Le voci dei presenti si accavallarono, ognuno dicendo la sua, pretendendo
delle risposte.
Mac si massaggiò le tempie esausta.
-“Basta!”, urlò.
Il silenzio calò nella stanza.
L’altra ragazza emise un sorrisetto soddisfatto.
-“State zitti! Preparate le vostre cose. Fra 25 minuti partiamo
per Vienna”.