Hazel
by
Route66
(quarta
parte)
I
personaggi di Xena e Gabrielle sono di proprietà della MCA/Universal
Pictures, pertanto non intendo infrangere nessun Copiright.
Questo racconto è opera della fantasia. Nomi, personaggi, luoghi
e avvenimenti sono prodotto della mia immaginazione o, se reali, sono
utilizzati in modo fittizio. Ogni riferimento a fatti o persone viventi
o scomparse è del tutto casuale.
Potete scrivermi a questo indirizzo: us.route66@hotmail.it
Periferia
di Vienna – Il giorno dopo
-“Trovato
qualcosa?”, chiese Colin alle due.
Mac e Valery lo raggiunsero nella piccola piazzetta semideserta.
-“No. Il vecchio proprietario dell’emporio è morto
qualche anno fa. Il figlio ne ha rilevato l’attività
ma sta praticamente liberandosi di tutto il lavoro del padre, sta
rinnovando ogni cosa, vende oggetti per la casa e il fai da te”
-“Voi?”, domandò Valery.
Josh fece spallucce.
-“Un buco nell’acqua. All’antiquario, dai registri
di cassa e dall’inventario, risulta che l’ultima volta
che ha venduto una boccetta di inchiostro ferrogallico è stato
nel lontano 1986. Da allora non ne rivende più, c’è
stato un brusco calo negli acquisti e si è concentrato su articoli
diversi”, rispose Colin.
-“Bene. Non ci resta che far visita all’ultimo posto.”
-“E’ un laboratorio di restauro, una piccola bottega a
qualche chilometro da qui”, disse Valery.
-“P-prendo la macchina”, esordì Josh, dando uno
sguardo ai primi schizzi di acqua che cadevano al suolo.
Qualche minuto dopo erano a bordo. La berlina nera sfrecciò
per la strada affollata. La pioggia batteva sui finestrini e il cielo
in lontananza si faceva sempre più grigio. Valery guardava
fuori con sguardo perso. Mac si voltò e le prese una mano tra
le sue. La ragazza si ridestò e le sorrise.
-“Tutto bene?”.
L’amica annuì col capo. Mac continuò a tenerle
la mano.
Valery si sentì meglio. Il fatto che Mac facesse sentire sempre
la sua presenza e le fosse vicino, che le dicesse semplici parole
di conforto, le dava la forza di andare avanti in tutta la confusione
della sua vita. Ritornò a guardare fuori. Vienna, sotto quel
cielo cupo e con la pioggia che cadeva, aveva l’aria ancora
più misteriosa di quanto non apparisse normalmente. Era una
dolce maschera che la allontanava ancora di più dall’umana
comprensione.
Davanti, Colin e Josh parlottavano scherzosamente tra loro. Pochi
minuti dopo, l’auto si fermò in un vicolo isolato, nei
pressi di una palazzina.
-“E’ quello. L’insegna è quasi del tutto
sbiadita”
-“Sembra tutto disabitato”, disse Valery, “Non vedo
anima viva”
-“Eppure c’è. La porta è aperta”,
continuò Mac.
-“Ah…era quella la porta?!”, sorrise l’amica.
Scesero dall’auto. Colin si alzò il bavero della giacca.
-“Non vedo l’ora di rimettere piede nella mia bella sudicia
e umida Miami!”, disse.
-“Troppa cultura?”, sorrise Mac.
-“Troppa pioggia!”.
Quando raggiunsero l’ingresso, guardarono attraverso i vetri
appannati e polverosi della porta.
-“Secondo me non c’è nessuno”, incalzò
Valery.
-“F-forse è c-chiuso per ri-rinnovo”
-“Dubito che abbiano mai pensato di rinnovare qualcosa”,
disse Mac afferrando il pomello scardinato della porta. “Vedo
una luce in fondo”.
La porta si aprì cigolando e i quattro amici entrarono. Valery
tossì. Un’ondata di polvere e puzza di muffa li assalì.
-“Che razza di posto è questo?!”, disse Colin,
scrollandosi una ragnatela di dosso.
-“O abbiamo attraversato un tunnel spazio-temporale oppure il
negozio è tenuto da una coppia di mummie egiziane”, sibilò
Mac.
-“Nessuna delle due”. Una voce rispose in lontananza.
Poi un uomo di mezza età li raggiunse. “La risposta è
molto meno fantasiosa”. Sorrise. “C’è una
causa in corso con i vecchi proprietari su questo pezzo di ingresso
al negozio. Finchè non sarà tutto risolto non può
essere toccato. Ordine del tribunale”.
-“Ah…beh…capisco”, disse imbarazzata Mac.
-“Sono Mika, posso esservi d’aiuto?”
-“Uh….salve… Io sono Mac e questi sono miei amici.
In realtà non siamo sicuri che qui possiamo trovare ciò
che cerchiamo…”
-“Dipende da cosa cercate”, disse sorridendo Mika.
-“Già…”. Mac lo scrutò. Aveva un aspetto
misterioso, la barba lunga ma ben curata, i capelli grigi. L’abito,
una lunga veste tutta nera, faceva apparirlo ancora più cupo
di quanto non fosse. “Noi speravamo di trovare un po’
di inchiostro ferrogallico. Siamo qui per conto di un collezionista
privato”.
L’uomo la fissò per qualche secondo.
-“Gallarum gummeosque commixtio.”, pronunciò con
aria arcana. “Seguitemi”.
Mika li condusse oltre il tetro ingresso. Varcata la soglia, sembrò
di aver varcato anche un’altra epoca: un’infinità
di oggetti di antiquariato campeggiavano su ogni lato della stanza.
C’era ogni cosa possibile e immaginabile, di ogni epoca e ogni
stile.
-“Da dove venite? Dall’accento non sembrate del posto…”,
chiese Mika.
-“Da…”, Mac arrancò.
-“Las Vegas! Si…”, intervenne Valery.
-“Mmm, bel posto. Un po’ troppo per me, ma indubbiamente
una città particolare.”, andò verso una scansia,
“Come avete detto che si chiama il vostro collezionista?”
-“Non l’ho detto”, disse Mac fissandolo.
L’uomo alzò lo sguardo e cacciò un sorriso malizioso.
-“Già. Come si dice: ciò che si fa a Las Vegas,
resta a Las Vegas”.
Gli altri si guardarono attorno, gettando un’occhio per tutta
la stanza.
-“Lei ha davvero tantissime cose…E’ da tanto che
fa questo lavoro?”, chiese Valery.
-“Da una vita. E prima di me, mia madre, mia nonna, la mia bisnonna…”
-“Lei è la pecora nera della famiglia allora”,
disse Colin.
-“Le donne hanno sempre saputo ciò che facevano…hanno
fatto tesoro di tutte le arti…ne hanno preso possesso e le hanno
tramandate… Di nascosto, in segreto… Mentre gli uomini
si perdevano in futili questioni. Io ho avuto la fortuna di capirlo
fin da piccolo. E loro mi hanno plasmato con la loro sapienza…”.
Mac e Valery si guardarono aggrottando la fronte.
L’uomo tirò fuori una piccola scatola di raso rosso ricamato.
-“Ecco. Queste sono due ampolle di inchiostro ferrogallico.
Negli anni la mia bottega ha rifornito musei, collezionisti, antiquari,
laboratori…Ho collaborato in molte ricerche e studi. Ho una
certa fama in città.”
-“Evidentemente è raro trovare qualcuno capace di riprodurre
fedelmente la ricetta di questo inchiostro”, disse Mac lusingandolo.
-“Diciamo pure impossibile. Al giorno d’oggi nessuno più
fa cose del genere. Bisogna unire passione a conoscenza e…beh…chi
ha l’una non ha l’altra purtroppo… Io ho avuto la
fortuna di possedere entrambe. Ci sono moltissime varianti di questo
inchiostro, ma la mia ricetta è la stessa da generazioni. I
miei discendenti rifornivano la corte d’Asburgo.”
-“Accidenti…”.
Mac afferrò la scatola di raso, poi chiese ancora:
-“Ah, avrebbe anche del supporto cartaceo? Qualcosa affine alla
pergamena…”
-“Certamente. Vi mostro i vari tipi.”
-“Le dispiace se nel frattempo diamo un’occhiata in giro?
E’ tutto così affascinante!”, disse Valery.
-“Prego fate pure. Nella stanza adiacente effettuo il restauro
di tele e quadri”.
Valery fece un’occhiolino all’amica.
Mentre Mika scartabellava tra le pile di oggetti, i quattro amici
si guardarono attorno incuriositi.
-“E’ proprio fuori del tempo”, disse Colin.
-“C’è davvero di tutto”, aggiunse Mac.
-“I-incredibile…”, fece eco Josh.
Dall’altra stanza Mika disse qualcosa.
-“Ecco. Ho trovato la pergamena. Ne ho tre diversi tipi…cambia
grana, consistenza, qualità…”
-“Hmm…ne prendo uno di tutti”
-“Bene. Allora se non desiderate altro, vi preparo il conto…”.
Mac si voltò di scatto.
-“Cosa c’è?”, chiese Valery.
-“Non hai…visto…?”
-“Cosa?”
-“Ho sentito un tonfo provenire da laggiù e intravisto
qualcosa muoversi…sembrava…la coda di un mantello”
-“Vi sbagliate”, intervenne Mika sentendo le sue parole,
“Ci sono solo io qui. Sarà stato il vento che ha fatto
sbattere la porta sul retro.”
Mac raggiunse l’arco e guardò su.
-“Dove portano queste scale?”
-“Su al tetto. Ma…”.
I quattro amici si avviarono a passo svelto su per i gradini.
-“Grazie per questi! Tenga il resto”, disse Colin lasciando
qualche bigliettone nelle mani dell’uomo. Afferrò le
pergamene e corse dietro agli altri.
-“Fermatevi! Non potete!”, urlò Mika. Ma erano
già scomparsi.
-“Cosa vuoi fare Mac?!”, chiese Valery mentre correvano
affannati su per le scale.
-“Prendere chi ci stava spiando”
-“Ma come fai ad esserne sicura?”
-“Non lo sono infatti”.
Corsero senza sosta per qualche minuto. Josh rallentò per il
fiatone e Colin fece lo stesso. In quel momento si sentì sbattere
la porta del tetto. Mac si fermò di scatto, bloccando la fila
dietro di sé. La donna si portò un dito alle labbra,
facendo segno agli altri di stare zitti. Restarono qualche minuto
in silenzio. Poi tirò fuori due pistole e ne lanciò
una a Valery.
-“Occhi aperti”, disse, rivolta a tutti.
Con passo felpato percorsero gli ultimi gradini fino ad arrivare al
pianerottolo. La porta ancora dondolava.
Con cautela l’aprì, restando dietro lo stipite. Diede
un’occhiata fuori, ma nulla. Fece un cenno a Colin. L’uomo
impugnò la sua pistola e si mosse con lei. Uscirono lentamente
sull’ampio terrazzo. La pioggia non aveva ancora smesso di cadere.
Mac sospirò.
-“Era solo il vento”, disse Colin mentre con un gesto
posava la pistola.
-“Già”. Mac chiamò Josh e Valery.
In cielo continuavano ad addensarsi nubi nere.
-“Ne avrà per molto ancora”, disse Colin guardando
in alto.
Sul tetto le raffiche di vento erano ancora più forti.
-“Eppure avrei giurato…”, continuò Mac, guardandosi
attorno.
-“Ti sarai sbagliata”.
In quel momento la donna vide un puntino rosso sulla schiena dell’amico.
Sgranò gli occhi, terrorizzata.
-“Porc’…”, con rapidità strattonò
Colin, gettandolo a terra. “Sta giù”, urlò.
-“Ma che…?”
Un sibilo attraversò l’aria pochi secondi dopo, sopra
le loro teste.
-“Un puntatore laser sulla schiena”, disse Mac all’amico.
L’uomo la ringraziò con un cenno. Si voltarono verso
l’uscita del tetto da cui erano venuti: due uomini in tute integrali
li stavano puntando.
-“Mac!”, urlò Valery.
Lei e Josh erano rimasti presso la porta; gli uomini erano sbucati
fuori prima che loro due uscissero. Con un gesto rapido, Josh richiuse
la porta e rimasero al coperto.
Mac e Colin si rialzarono da terra. Per qualche istante fissarono
i due rivali. Poi uno di loro alzò lentamente il braccio con
cui impugnava una mitraglietta. Lo puntò verso di loro. In
quello spazio di tempo infinitesimale Mac fece un balzo rapido gettandosi
nuovamente a terra. Il proiettile finì nel vuoto. Colin sfoderò
le sue pistole e inginocchiandosi a metà prese a fare fuoco
verso i due uomini.
-“Cosa fai?!”, urlò Valery a Josh, “Loro
sono là fuori! Apri questa porta!”
-“N-non po-possiamo f-farci ammazzare!”
-“Ma sono in pericolo!”, disse andando verso la porta.
-“N-no V-valery!”, disse Josh trattenendola, “Loro
s-se la ca-caveranno!”.
La ragazza guardò per qualche secondo dalla finestrella, poi
fissò il giovane impaurito, infine prese una decisione.
-“Devo aiutarli!”, disse. Aprì la porta e corse
fuori.
Mac se la vide venire incontro sotto una pioggia di proiettili.
-“Che diavolo fai qui?! Ritorna dentro e andate via!”,
urlò tra il rumore di spari. Lei e Colin si erano divisi, ognuno
da un lato, riparandosi dietro delle coperture.
-“No!”
-“Sei più cocciuta di un mulo, accidenti!”.
Valery impugnò la pistola e prese a sparare anch’essa
verso i due uomini.
-“Posso aggirarli di qui, non mi hanno vista, li coglierò
di sorpresa!”, disse poi.
-“Non se ne parla nemmeno!”, urlò Mac.
-“Non essere stupida ora! Lo faresti anche tu!”
-“Ma io non sono sotto protezione! Cavolo!”, disse nervosa
accorgendosi che erano finiti i proiettili. Si voltò appoggiando
la schiena al muretto e caricando nuove munizioni.
-“Oh andiamo! Sono in grado di farlo e lo sai! Ci vediamo fra
poco!”, sgattaiolò via.
-“Ti ho detto di no!”, disse. “Accidenti!”,
battè un pugno sui mattoni.
Colin la rassicurò facendole un segno e continuando a sparare.
-“Oggi sarà la mia giornata astrologica nera!”,
borbottò Mac tra sé e sé, poi si liberò
della giacca.
Si portò fuori i lembi della camicia dal jeans e gettò
via le fondine delle pistole che portava sotto le braccia. Guardò
l’amico gesticolare: dovevano coprire Valery. La donna pensò
che era meglio attirare l’attenzione su di sé. Si alzò
con le pistole in pugno scaricando i caricatori interi davanti a sé
e dirigendosi verso il riparo di Colin. Quando lo raggiunse si gettò
rapidamente a terra, ansimando, mentre due scariche ininterrotte di
mitraglia solcavano l’aria sopra le loro teste.
-“Accidenti”, disse sospirando.
-“Non so se usciremo da qui: hanno un arsenale!”, disse
Colin sbirciando col pelo dell’occhio. “Spero che Valery
sblocchi la situazione”
-“Oh, per favore! Non mettertici pure tu! Non doveva fare di
testa sua! E’ la persona più testarda che conosca!”
-“E’ per questo che andate d’accordo…”,
sorrise Colin, “Comunque sia è in grado di farcela. Lasciala
provare”.
Mentre facevano queste considerazioni, Valery stava scivolando sotto
il parapetto come un felino. Raggirò la torretta del tetto
e vide i due uomini acquattati che sparavano verso Colin e Mac. Doveva
trovare un modo per arrivare a loro e coglierli di sorpresa. In un
angolo, addossato al muro, vide del materiale accatastato. Afferrò
una corda e fece un cappio ad un’estremità. La lanciò
sopra il tetto della torretta, agganciandola ad uno degli spuntoni
di ferro che la sovrastavano e si arrampicò. Quando fu sopra
diede un’occhiata alla situazione: Mac e Colin non avrebbero
retto a lungo. Si sporse per vedere i due uomini e d’improvviso
notò che alla postazione ne era rimasto solamente uno. Il sangue
le si raggelò. Per un attimo rimase bloccata. Poi, come se
avesse capito qualcosa, si voltò di scatto, tirando un calcio
dietro di lei. L’uomo alle sue spalle indietreggiò. Valery
non gli lasciò spazio, gli andò incontro per non permettergli
di usare la sua arma.
Mac lanciò uno sguardo verso l’alto e vide l’amica
lottare. Fece segno a Colin di coprirla e in pochi attimi si ritrovò
a correre più veloce di quanto potesse verso la torretta. Una
volta arrivata, raggirò il lato per arrivare alla corda. Ma
d’improvviso notò che gli spari erano cessati. Si bloccò,
incerta, per capire cosa fosse successo. Ma quando si ritrovò
il secondo uomo dinanzi a lei, tirò un sospiro di sollievo.
Senza aspettare oltre, si lanciò su Mac prima che questa potesse
raggiungere l’amica. La donna si abbassò velocemente
scansando un colpo. Fece scattare le braccia in alto, bloccando le
mani dell’uomo e rialzandosi gli affibbiò un calcio al
volto. L’avversario indietreggiò barcollando, ma questo
non servì a fermarlo. In breve le fu di nuovo addosso, colpendola
furiosamente. Mac continuò a stare al gioco, difendendosi senza
problemi, ma quando sentì Valery gemere di dolore, si spazientì.
Con un salto all’indietro mise di nuovo distanza tra loro, poi
sfoderò la pistola rapidamente e lo colpì ad una gamba.
L’uomo cadde al suolo in preda al dolore. Quando salì
sulla torretta vide che Valery stava ancora combattendo, ma aveva
incassato diversi colpi. Andò subito in suo soccorso. Il sicario
per qualche secondo esitò. Capì che il compagno era
ormai fuori gioco e che non poteva farcela da solo. Temporeggiò
schivando i colpi di Mac per quanto potè. Quando vide che anche
l’altra ragazza si stava riprendendo e stava per attaccarlo
si lanciò dalla torretta giù sul tetto. Atterrò
con abilità. Raggiunse il compagno aiutandolo ad alzarsi da
terra e trascinandolo con sé malgrado la gamba ferita.
-“Stanno scappando”, disse Mac.
-“Si ma dove? Non credo si lanceranno nel vuoto: è da
folli!”
-“Beh… io una volta…”, ma il rumore di un
elicottero la interruppe.
-“Che diav…?”, dissero all’unisono.
Colin si intromise nella corsa dei due uomini, ma non ebbe molta fortuna:
fu messo fuori gioco con un sonoro pugno.
Mac e Valery si scambiarono uno sguardo d’intesa e balzarono
giù dalla torretta. Presero a correre verso i due, prima che
potessero tagliare la corda. Intanto una scaletta venne lanciata dal
portellone dell’elicottero. I due uomini provarono ad accelerare
ma con difficoltà. Mac e Valery gli erano a pochi passi. Il
sicario aiutò l’amico ferito a salire per primo. In quella
manciata di secondi le due amiche li raggiunsero. Valery si aggrappò
furiosamente all’uomo non ancora a bordo. Colin si rialzò
e prese a sparare contro l’elicottero, ma invano. Valery non
voleva mollare l’uomo, ma questi era troppo ansioso di fuggire
per permetterle di trattenerlo lì: tentò di divincolarsi
per alcuni secondi, poi con un gesto rapido afferrò la giovane
e la strattonò con violenza. La ragazza si ritrovò in
bilico sul cornicione. L’uomo guardò Mac che correva
verso l’amica e le sorrise con soddisfazione. Diede un calcio
a Valery e la fece cadere. Mac sbarrò gli occhi. L’elicottero
si alzò in volo. Valery si era aggrappata appena in tempo per
evitare di precipitare nel vuoto, ma avrebbe retto ancora per poco.
Mac quasi senza più fiato fece un ultimo scatto. L’uomo
sulla scaletta, ormai quasi lontano, sparò un colpo. Il proiettile
colpì Mac su un fianco. Per qualche istante la donna barcollò,
ma ormai era giunta al parapetto. Si portò una mano al fianco
per il dolore. Con l’altra afferrò Valery prima che cadesse.
Il vento era forte e la situazione poteva precipitare da un momento
all’altro.
-“Mac…!”, urlò Valery, notando la visibile
sofferenza sul volto dell’amica.
-“Ce la faccio…ci sono…”
-“Mac…lasciami andare…”, guardò nel
vuoto, poco convinta.
-“No piccola…io ti porto con me…”.
Si fissarono per qualche istante. Valery le sorrise e Mac si sforzò
di ricambiare, nonostante il dolore lancinante. Le raffiche di vento
rendevano tutto ancora più difficile, facendo dondolare Valery
sui lati.
L’elicottero in breve fu lontano. Josh uscì dal suo riparo
e raggiunse Colin. Insieme corsero in soccorso di Mac e Valery. La
donna si lasciò cadere a terra sfinita mentre Valery veniva
aiutata a salire. Si guardò la mano: era piena di sangue. Con
il respiro affannato e la vista appannata, socchiuse gli occhi e si
lasciò sopraffare dal dolore.
Quando riaprì gli occhi era nel letto dell’infermeria
della base. Qualcuno le stava tenendo la mano. Pian piano la vista
le si schiarì. Era Kate. Le sorrise.
-“Ciao”, fece la giovane, contenta che si fosse risvegliata.
-“Ehi”.
Mac provò a mettersi seduta, ma muoversi le provocò
una fitta alla ferita.
-“Sta giù”
-“Dov’è…Valery…come sta?”
-“Lei…sta bene. E’ stata qui tutta la notte…”.
Mac si rilassò a quelle parole. Socchiuse gli occhi.
-“Come ti senti tu?”, continuò Kate.
-“Benone”, sorrise, poi si portò la mano sulla
ferita per un’altra fitta.
-“Non direi”, Kate si alzò e le sistemò
il cuscino e la coperta.
-“Ci sono cose ben più dolorose…questa è
una sciocchezza…”.
Kate la guardò. Quanto dolore aveva provato in passato? E quanto
ancora ce n’era in lei? Vederla soffrire così in quel
letto la faceva stare male, ma più di tutto sapere che avesse
sofferto dentro, nel suo cuore…quello era straziante.
-“Bevi un po’ d’acqua”, le porse il bicchiere
aiutandola a sorseggiare.
-“Grazie”
-“Più tardi tornerà il dottore per le medicine…”.
La porta dell’infermeria si aprì. Valery fece capolino.
Kate si voltò e la vide. La ragazza entrò.
-“Beh…io vado allora…vi lascio…”, disse
Kate.
Mac annuì.
Valery si avvicinò sorridendole. Mac le sorrise a sua volta.
-“Ciao…”
-“Ciao”.
La ragazza le strinse la mano.
Kate le guardò. Gli occhi di Mac si erano improvvisamente illuminati.
Uscì dalla stanza con un’espressione cupa sul volto.
Colin era lì fuori.
-“Come sta?”, le domandò, avvicinandosi.
-“Direi bene”
-“Allora cos’è quel faccino?”.
Kate fece un attimo di pausa.
-“Ho visto lo sguardo che aveva quando è entrata Valery…come
l’ha guardata… Un tempo lo avrebbe rivolto a me, era me
che avrebbe voluto al suo fianco in un momento del genere”
-“Kate…tu l’hai lasciata. E’ comprensibile”
-“Non è così semplice Colin”
-“Lo so, ragazza mia…lo so. Spero tanto che riusciate
mettere chiarezza tra di voi”.
L’uomo le posò una mano sulla spalla e andò via.
Kate lo fissò triste.
Qualche ora dopo
Gabriel
trovò la figlia nella piccola biblioteca.
-“Ciao tesoro”.
Kate alzò lo sguardo, ma non disse una parola.
Gabriel entrò.
-“Come sta Mac?”
-“Benone. Il proiettile non ha fatto danni gravi. Il medico
ha detto che può alzarsi oggi stesso”
-“Bene. Mi fa piacere”.
Kate sorrise amaramente.
-“Cosa c’è?”, chiese l’uomo cogliendo
la sua espressione.
-“Ti fa piacere perché la tua missione non è compromessa”,
disse dura.
-“Kate, ma per chi mi hai preso? Sono umano anche io. Credi
sia contento di saperla in gravi condizioni?”
-“Probabilmente si… Pensi che non abbia visto i tuoi atteggiamenti
nei suoi confronti? Pensi che non sappia come la guardavi quando stavamo
assieme? Pensi che mi sia dimenticata la tua soddisfazione quando
ci siamo lasciate?”, disse dura.
L’uomo camminò per la stanza.
-“Kate, ascolta…io sono tuo padre. E non fa piacere ad
un genitore vedere la propria figlia buttarsi a capofitto in qualcosa
di così…anormale!”, fece una pausa, “Ok,
forse in quel momento hai pensato che tra te e lei ci fosse davvero
qualcosa più di una bella amicizia…è stato un
passaggio, un momento…hai fatto un’esperienza, hai dirottato
per un attimo dalla tua strada. Può capitare a chiunque. Ma
da qui a dire che fosse amore, a buttare tutto all’aria per
lei…beh, mi sembra assurdo. E rovinare il nostro rapporto per
un qualcosa di così ridicolo lo è ancor di più!”.
Kate si fece rossa in volto per la rabbia.
-“Non ho buttato all’aria un bel niente per lei! La mia
carriera è rimasta intatta e illesa, le mie amicizie idem,
tutto il mio mondo non è stato intaccato…e questo perché
tutto il mio mondo non ne è stato reso partecipe, perché
io e lei abbiamo vissuto i nostri sentimenti nell’ombra! Ridicolo
dici…amare qualcuno è ridicolo per te?”, si bloccò.
“Che sciocca! Probabilmente si, visto che hai vissuto una vita
intera nella menzogna, restando freddo davanti a ogni tipo di sentimento,
davanti all’amore per una figlia, continuando a vivere con una
donna che non ti ha mai amato, mettendo sempre in secondo piano il
tuo cuore!”
-“E’ chiaro…non riesci a mandare giù il fatto
che io faccia parte dell’ Omega, che ti abbia dovuto tenere
segreto tutto questo da sempre! Beh, Kate: sinceramente da te mi aspettavo
una reazione più matura, considerando che non sei una bambina!
E considerando la persona che hai detto di “amare”!”
-“Che vuoi dire?”
-“Beh, Mac lavora in un ambito affine al mio. Non penso che
ti sia venuta a spifferare ogni piccolo segreto di Stato…il
nostro lavoro esige segretezza. E’ così purtroppo, o
per fortuna. E non c’è spazio per le scene lacrimevoli
da soap-opera”
-“Si, forse hai ragione…è così e neanche
mi è interessato mai sapere tutto. Ma lei a differenza di te
non ha mai fatto mistero della sua vita, non ha mai finto sentimenti
e comportamenti, non ha mai recitato!”
-“Bene! Allora ti avrà raccontato tutto sulla sua famiglia,
ti avrà parlato a lungo di lei…”.
Kate parve non capire.
-“Lei…non è mai stata molto loquace…ma mi
ha accennato…”
-“Si, che suo padre era un pescatore e sua madre gestiva un
ristorante!”, scosse il capo.
-“S-si…”
-“Io conosco un'altra storia…forse meno poetica ma affascinante
quanto la mia”, disse duro, “La madre era un’agente
della CIA proprio come me, morta in missione quando la tua Mac era
ancora un’adolescente. E il padre un doppiogiochista scomodo.
Ma su una cosa non ha mentito: era un ubriacone senza carattere. Probabilmente
hanno voluto liberarsi della madre quando hanno scoperto che si era
legata a quell’uomo. Un po’ troppo tardi…visto che
è riuscita a tenerlo segreto per anni e a crescere una figlia…”.
Kate rimase in silenzio.
-“Bella storiella non trovi?”.
La ragazza lo guardò. I suoi occhi erano carichi di rabbia.
-“Credi che avermi detto la verità sulla sua famiglia
ti faccia apparire migliore ai miei occhi? Beh, ti sbagli. Lei ha
nascosto una parte della sua vita di cui forse preferisce dimenticare
i particolari. Tu hai mentito su te stesso e a tua figlia. E adesso
più che mai mi fai pena e schifo.”.
L’uomo non rispose, accusando il colpo.
Kate uscì dalla stanza sbattendo la porta. Improvvisamente
si ritrovò a piangere senza sapere come. Corse lungo il corridoio,
diretta verso la sua stanza.
Mac aprì piano la porta. Pochi minuti prima aveva sentito un
tonfo provenire dal corridoio. La sua testa fece capolino quanto bastava
per vedere l’amica piangere. Era vicino la finestra.
-“Posso?”, disse cauta.
Kate non si voltò.
-“Come stai?”, disse provando a smettere di piangere.
-“Ero venuta per ingraziarti di essermi stata accanto mentre
ero in infermeria.”, fece una pausa, “Non immaginavo di
farti questo effetto”, scherzò.
Kate sorrise, poi con la mano si asciugò gli occhi e si voltò.
Mac entrò.
-“Che succede?”.
Kate guardò verso l’alto per smettere di far uscire le
lacrime, senza rispondere.
-“Hai litigato con tuo padre?”. Mac si avvicinò.
Le posò le mani sulle spalle.
-“Lo odio!”
-“Beh…è un tipo particolare”, sorrise, “Ma
per quanto ultimamente non mi stia proprio simpatico…non me
la sento di dargli addosso. Ha agito come doveva”
-“Perché lo difendi? Dopo quello che ci ha fatto…”,
si passò una mano tra i capelli.
-“Kate…non è colpa sua se ci siamo lasciate”.
La guardò con dolcezza.
Le lacrime ripresero a scorrere.
Mac l’abbracciò.
-“Vieni qui.”, la strinse, dondolandola nel suo abbraccio
“Si sistemerà tutto”.
Kate affondò il volto nel maglione dell’amica. Era una
sensazione bellissima, dopo tanto tempo. Di nuovo protetta, tra le
sue braccia…il suo profumo così dolce…
Istintivamente alzò il voltò e la baciò con tenerezza.
Mac fu presa alla sprovvista, ma dopo qualche secondo si tirò
indietro.
-“No, Kate…no”
-“Mac…”, la ragazza cercò di baciarla ancora.
-“Smettila…per favore…non possiamo”, lasciò
l’abbraccio, allontanandosi. Si portò una mano alla bocca,
perplessa.
-“Perché fai così?!”, disse Kate nervosa.
-“Non sono qui per arrivare a qualcos’altro. Sono qui
come un’amica, Kate. Voglio starti vicino come un’amica”
-“Certo…un’amica… Va bene! Vuoi che ammetta
di aver sbagliato? Ok: ho sbagliato a lasciarti! E’ colpa mia!”
-“Non dire sciocchezze. Non ho detto questo”
-“Ma lo pensi! E’ questo il problema tra noi! Pensi che
sia colpa mia, per questo non mi vuoi!”
-“Non si tratta di volerti Kate… Ci sono tante di quelle
cose irrisolte tra noi…e abbiamo perso così tanto…
Per recuperare ci vuole tempo e non possiamo saltare le tappe. Io…non
me la sento ancora. Dobbiamo fare piccoli passi”
-“Piccoli passi…si… Magari cominciando a parlare
di te e della tua famiglia senza menzogne! Oppure dicendomi cosa c’è
tra te e Valery! Forse così riusciamo a rimetterci in piedi!”,
disse.
Mac la guardò stupita.
-“La mia famiglia?”, rimase in silenzio qualche istante,
“Vedo che tuo padre ha agito secondo la sua natura…Comodo
scaricarsi la coscienza puntando l’attenzione su qualcun altro!
Beh, mi spiace Kate: tu ce l’hai con tuo padre, è lui
che ti ha fatto del male, non ti permetterò di mettermi in
mezzo in questo. Non devo nessuna spiegazione sulla mia famiglia a
nessuno. Ora sei ferita, ti senti sola…posso capirti, ma non
posso lasciarti fare questo. E lascia Valery fuori una buona volta.
Qualunque cosa dobbiamo risolvere è tra me e te”, disse
dura.
-“Bene! Allora parliamone una volta tanto! Perché sei
scappata?!”
-“Io non sono scappata, sei tu che sei partita!”
-“Certo! Quando tutto ormai era finito! Quando non facevamo
che litigare! Quando tu non ti aprivi più con me, mi tenevi
fuori dalla tua vita!”
-“Ah, e questo ti è bastato per fare i bagagli e mollare
tutto?!”
-“Mac, tu dentro di te mi avevi già mollato! Avevi già
deciso di accantonare quello che avevamo, di non provare nemmeno a
costruire un rapporto!”
-“Era diventato tutto così…asfissiante!”
-“Già! Lo vedi?! E poi sarei io quella che è scappata?!
Solo che a differenza di te che lo hai fatto per tutto il tempo che
siamo state assieme, io l’ho fatto solo quando non c’era
altra soluzione!”
-“E certo! Perché sono io quella che ha la fama di scappare,
di non affrontare i problemi!”
-“Forse si! Forse è nella tua natura!”
-“E’ assurdo…se…”, si interruppe.
-“Cosa? Cosa?! Parla una buona volta! Dà fiato ai tuoi
pensieri!”, urlò.
-“Tu non immagini quanto era diventato insopportabile tutto!
Da quando siamo ritornate da quell’avventura…è
stato tutto diverso…tu eri diversa!”
-“Mac prima o poi dovevamo rimettere piede sulla terra ferma.
Noi abbiamo concentrato tutto durante quel viaggio, ci siamo conosciute,
affezionate l’un l’altra, condiviso momenti importanti,
aspetti rilevanti nella vita di una persona. Ma un rapporto è
fatto anche delle piccole cose, deve saper vivere anche nel mondo
reale, nella quotidianità”
-“Una quotidianità meno reale della nostra avventura…”
-“Ma comunque la nostra vita Mac. E non possiamo fuggire da
essa”
-“Dubito che quello che ci ha unito sia stato qualcosa di importante
per te, altrimenti avresti fatto scelte diverse”
-“Di che parli?”, chiese Kate confusa, “Ora sei
tu che non ti fai capire. Credi che mi faccia piacere ora sentirmi
respinta da te?!”
-“Mi spiace. Ora devo andare”
-“Ma si! Vai, scappa ancora! Corri dalla tua Valery! Lei sa
capirti meglio di me, sa darti ciò che non sono riuscita a
darti io!”
-“Basta! Smettila! Non vedi che siamo ancora come allora? Più
ci avviciniamo più ci facciamo del male! Non ne posso più!”,
scattò.
Uscì dalla stanza sbattendo la porta.
-“C-come stai?”, chiese Josh vedendo Mac giù nei
laboratori.
-“Ancora respiro”
-“Sono c-contento che sei q-qui”.
Mac parve colpita dalle parole di Josh. In realtà non era la
prima volta che il ragazzo era gentile con lei, ma questa volta non
se la sentì di mettere una barriera tra loro.
-“Grazie. Mi raccomando per gli elaborati tridimensionali”,
disse andando via.
Josh le fece un cenno e la salutò.
Mac si avviò verso la porta.
-“Ehi, eri qui”, la incrociò Colin.
-“Si”
-“Hai visto il lavoro di Josh?”
-“Si”
-“E’ davvero in gamba. Non ha voluto nemmeno staccare
qualche ora. Dove vai adesso?”
-“A fare il mio lavoro”
-“Forse per stasera puoi restare a riposo…non ti sei ancora
rimessa del tutto”
-“No. Sto bene. Preferisco così. A domani”
-“Ok…”.
Colin la guardò perplesso andar via. Poi raggiunse Josh.
-“Sono preoccupato per lei”
-“Il s-suo alito…a-aveva be-bevuto…”, disse
triste il ragazzo.
-“Già…”, Colin si strofinò la barba
di qualche giorno, “Ormai non fa che quello”.
Josh lo guardò.
-“E’ necessario che nessuno lo sappia, ragazzo.”,
aggiunse poi sussurrando.
Josh annuì, felice di condividere un segreto importante ed
essere d’aiuto ad un’amica.
Wienerwald – qualche ora dopo
La
luce della luna filtrava soffusa dalla finestra. Il cottage di legno
immerso nel bosco viennese, dove Mac e Valery erano sistemate, era
silenzioso come sempre. La squadra degli uomini era lì fuori
di guardia, da qualche parte dietro gli alberi e la fitta vegetazione.
Tutto taceva. Ed era quello che lei desiderava. Un po’ di pace,
lontano da tutto.
Da un po’ di tempo il suo migliore amico era l’alcool.
Sapeva come ci si sentiva prima e dopo, quello che provocava. Ma le
interessava solo la fase intermedia. E la pace che le procurava. Forse
era come suo padre…forse Kate aveva ragione, non era buona a
nulla. Solo a scappare e bere.
Ma ricordava che un tempo era stata diversa. Che per quanto volesse
punirsi, era stata una ragazza migliore di quello che voleva apparire.
Ma perché affannarsi a dimostrarlo agli altri, se volevano
e vedevano solo quella Mac?
I pensieri furono interrotti da Valery. La ragazza comparve sulla
soglia.
-“Volevo dirti che sto per andare a letto”.
Mac non rispose. Valery vide l’amica seduta sul bordo del letto,
che guardava fuori. Entrò nella stanza. Notò la bottiglia
fra le sue mani.
-“Ehi…alla tua ferita non serve più l’anestesia…”,
disse sorridendo.
-“Ma alla mia anima si”.
Valery si avvicinò. Si inginocchiò davanti a lei e con
dolcezza le tolse la bottiglia di mano.
-“Questa non serve…”, le prese la mano e la strinse
tra le sue.
Mac chiuse gli occhi, come se volesse far sparire tutto.
Valery la guardò colma d’affetto. Le sorrise. Con delicatezza
le sfiorò il viso.
Una piccola lacrima rigò le guance di Mac. La ragazza si alzò
appena, le prese il volto tra le mani e le baciò dolcemente
le lacrime.
Mac era sfinita. La ferita le faceva ancora male, l’alcool le
annebbiava la mente, il suo corpo era senza forze.
-“Mac…”, sussurrò, “Lascia che prenda
il posto di quella bottiglia…lascia che ti porti in salvo stanotte…”.
Mac accarezzò le mani della ragazza ancora ferme sul suo viso.
Senza aprire gli occhi, sospirò profondamente.
-“Fa ancora così male…”, disse poi.
Valery le sorrise dolcemente.
-“Lo so…”. Si alzò, posandole un bacio sulla
fronte.
Poi girò, salì sul letto e le arrivò piano alle
spalle. Fece passare le sue braccia attorno alla vita della donna.
Mac sentì il respiro calmo della ragazza sul suo collo.
Piano, Valery sbottonò la camicia dell’amica. Quando
ebbe finito, le sue mani arrivarono sulle spalle e con tocco leggero
le sfilò la camicia.
Sul volto di Mac comparve una smorfia di dolore. Si portò istintivamente
una mano sul fianco.
Valery la portò giù con se, sul cuscino. Lentamente
le spostò la mano dalla ferita e vi posò un bacio. Poi
risalì fino al volto.
La guardò con dolcezza. Negli occhi di Mac c’era tanta
sofferenza e dolore… Le accarezzò il viso. La donna parve
trovare sollievo in quel gesto. Valery le sorrise. Non servivano parole.
La baciò dolcemente per pochi secondi.
-“Sarò il tuo angelo custode…ti curerò io
Mac…”, sussurrò.
Poi la baciò di nuovo.
Un pallido raggio di sole entrò attraverso la tenda. Mac si
svegliò, strizzando gli occhi per non essere abbagliata. Gli
uccelli cinguettavano. La testa le doleva un po’, ma si sentiva
bene. Guardò accanto a sé. Valery dormiva a pancia sotto,
il lenzuolo che lasciava scoperte le spalle. Le accarezzò la
schiena dolcemente. Era bello vederla dormire come un angelo. Quel
viso…era così tenero e pieno di pace. Stava per posarle
un bacio sulla spalla, quando un bagliore le accecò la vista.
Si alzò per tirare la tenda: era incredibile come il sole fosse
così forte nonostante si trovassero nel bel mezzo del bosco.
Arrivò alla finestra e guardò l’ora: era ancora
presto. Non le sarebbe dispiaciuto restare ancora a letto con Valery,
sotto le coperte. Si voltò e sorrise, guardandola. Poi ancora
quel bagliore. Non poteva essere il sole dunque. Guardò fuori,
nascosta dietro la tenda. Qualcosa, tra la vegetazione riluceva. Qualcuno
le stava spiando. Con rapidità, ma senza farsene accorgere
si infilò i pantaloni e un maglione. Prese la pistola e si
diresse alla porta. Piano scivolò fuori, come un’ombra.
Si mosse piatta, contro le pareti del cottage. Fece il giro largo,
passando da dietro e raggiunse i cespugli. Dopo pochi minuti si ritrovò
dal lato opposto, alle spalle dell’uomo che, non accortosi di
nulla, stava ancora puntando il binocolo verso la finestra.
Con gesto rapido, lo colpì col calcio della pistola. L’uomo
emise un gemito di dolore e si accasciò al suolo, ma non svenne.
Quando si voltò, Mac lo guardò dura.
-“Chi diavolo sei tu?”.
L’uomo si massaggiò il collo e la guardò con espressione
spaurita.
-“P-posso spiegarti…Io…”
-“Oh puoi giurarci che mi spiegherai …”.
Lo afferrò per il collo della giacca, trascinandolo in piedi
e tenendo la pistola ben in vista.
-“Calma, calma…”
Mac notò la divisa della base.
-“Allora, che problema hai con me agente? Sei nella mia squadra?”
-“No…”
-“Cosa vuoi?”, insistette.
L’uomo non rispose. Gli puntò la pistola in viso.
-“Ok, ok…”.
Stava sudando freddo.
-“E va bene…ero qui per tenerti d’occhio”
-“Hmm…dimmi qualcosa che non so ancora…”
-“Non è stata una mia idea…Ho ricevuto espressamente
l’ordine!”
-“Ma davvero? E perché mai?”
-“Non lo so giuro!”
-“Se non parli te ne pentirai…”
-“E’ la verità!”
-“La verità è che Gabriel mi sta facendo tenere
d’occhio da un suo agente e non so perché. Parla!”,
urlò puntandogli la pistola alla gola.
-“Non so nulla!”, si lagnò disperato. Si coprì
il capo, rannicchiandosi impaurito. Non sembrava più un militare,
ma solo un bambino terrorizzato.
Mac rimase pensierosa.
-“Hmm…e va bene. Ho deciso di crederti”, disse poi
facendo una smorfia. Posò l’arma nella fondina e stette
in silenzio qualche secondo. Poi si voltò. “Ti piace
la neve?”
Con il dito sfiorò la pelle di Valery, seguendo i contorni
di quella strana voglia sulla spalla. La giovane voltò la testa
sul cuscino. Con gli occhi ancora semichiusi, sorrise.
-“Buongiorno…”, disse Mac, guardandola con dolcezza.
La ragazza aprì gli occhi. Erano verdi. Aveva i capelli scompigliati
e il viso rosa e caldo. Mac provò un piccolo brivido. Era bellissima.
Valery emise un piccolo mugugno, poi sporse il viso affinché
l’amica si avvicinasse e la baciasse.
Mac accolse l’invito. Accostò le labbra alle sue e la
baciò teneramente. Valery si rigirò sotto il lenzuolo,
mettendosi su un fianco. Le su braccia corsero ad afferrare Mac alla
vita, attirandola a sé.
-“Sei gelida…dove sei stata?”, disse mentre la baciava.
-“A far raffreddare i miei spiriti bollenti qui fuori…”.
Valery sorrise.
-“Non ce n’era bisogno…L’unico modo per farli
passare è assecondarli…”.
Le tolse il maglione umido del freddo e le sbottonò i pantaloni
mentre continuava a tenere la sua bocca incollata a quella di Mac.
In un baleno la donna si ritrovò di nuovo sotto le coperte,
a contatto col corpo caldo di Valery. Era morbida e dolce nei gesti,
anche se trapelava un forte desiderio. Era bello sentirla su di lei.
-“Ti voglio dal primo giorno che ti ho vista in palestra…”,
disse Valery, “Tutta sudata, tutta seria….”, rise
scostandole i capelli.
Mac si alzò appena tentando di morderle il labbro.
-“Ora sono tua…”
-“Si…”,Valery sorrise. Affondò le sue labbra
nella dolce insenatura del collo. Poi le sue mani presero possesso
di lei.
Kate guardò l’orologio. Non era tardi, ma neppure l’alba.
Non sapeva se alzarsi o meno. Aveva passato tutta la notte in bianco,
pensando a mille cose. Prima fra tutte alla discussione con Mac del
pomeriggio precedente. Chiuse gli occhi e sospirò. Capiva solo
ora che probabilmente aveva fatto più di un errore con lei.
C’erano state tante di quelle incomprensioni da entrambe le
parti, che ancora erano evidenti quando si ritrovavano a parlare di
loro stesse.
Il punto però era un altro: per quanto avessero vissuto un
periodo di crisi, per quanto parlassero due lingue differenti, lei
sentiva che quello che provava era ancora forte. Troppo, per non riuscire
a trovare almeno un punto di dialogo.
Si voltò sul cuscino e guardò fuori dalla finestra i
raggi del sole che pian piano si facevano largo nell’aria frizzante
del mattino.
Le guance le s’infiammarono.
Dio mio, Kate…pensò…quanto ancora le vuoi bene?
Quando pensava a lei, il cuore le batteva a mille, le si annebbiava
la testa, provava brividi per tutto il corpo. E la desiderava. Come
l’aria.
Questo significava solo una cosa. E il suo periodo in Africa aveva
solo lasciato in dormiveglia tutto questo. Aveva pensato di poterci
mettere una pietra sopra, di recuperare quantomeno solo la sua amicizia.
Ma non era stato così. E la cosa buffa era che non sapeva come
gestire la situazione. Era la prima volta che le capitava una cosa
del genere. Non aveva mai amato una donna. Non aveva mai provato qualcosa
di così forte per qualcuno in genere.
Sorrise. A volte la vita è così imprevedibile. Chi avrebbe
mai detto che sarebbe stata Mac, una persona come lei, col suo carattere
impossibile ma eccezionale, col suo broncio adorabile, con quell’aria
da personaggio dei romanzi, con la sua determinazione, con la sua
immensa dolcezza che rivelava solo a pochi, con le sue incertezze
e paure che diventavano la sua forza, con quegli occhi sfuggenti e
quell’animo che mai nessuno poteva scoprire realmente, a farla
innamorare davvero?
Si portò le mani fredde sulle guance, per placare il calore
che sentiva dentro. Poi i suoi occhi divennero più risoluti.
Forse avrebbe sbagliato, ma doveva parlarle.
Si alzò di scatto. Si vestì in fretta e indossò
il cappotto. Doveva andare da lei e dirle che voleva recuperare quello
che avevano. Non sarebbe stato facile, certo. Bisognava chiarirsi
e parlare a lungo, mettere da parte orgoglio e dolore. Ma se lo volevano
entrambe, se quello che avevano vissuto non era stato uno scherzo…
Uscì dalla sua stanza a passi svelti. Non poteva rinunciare
a lei.
Arrivò davanti al cottage una ventina di minuti dopo. Si gelava
laggiù. Nonostante il sole battesse sugli alberi e tutt’intorno,
il freddo della notte non era ancora sparito. Per terra l’erba
era ghiacciata. Si portò le mani davanti la bocca per scaldarle,
malgrado i guanti. Una nuvola di fumo si disperse nell’aria.
Aveva le guance congelate. Si avviò verso la porta.
Salì i gradini e bussò. Si strinse in sé per
farsi un po’ di calore mentre aspettava. Anche se era presto,
Mac doveva già essere in piedi.
Dopo qualche minuto la porta si aprì. La donna comparve dietro
l’uscio rabbrividendo per la sferzata di aria gelida che era
entrata.
Kate la guardò: aveva un pantalone messo alla buona e meglio,
i capelli scompigliati e solo una camicia sgualcita indosso.
-“Ciao…scusa…ti ho svegliato?”
-“Uh…no…ciao…”, si strofinò una
mano sul braccio per farsi calore, “Che ci fai qui?”
-“Scusa, lo so che è presto e fa freddo, ma dovevo parlarti…”.
Mac aggrottò la fronte.
Una voce da dentro disse:
-“Mac chi è alla porta?”.
Un istante dopo Kate notò due braccia cingere la vita della
donna. Il volto di Valery fece capolino da sopra la spalla di Mac.
-“Ah, sei tu…Ciao”, disse.
Kate la guardò. Anche lei era piuttosto svestita e indossava
il maglione di Mac. Per qualche secondo parve non capire. Poi qualcosa
si fece largo nella sua mente. Spalancò gli occhi e il suo
volto cambiò d’espressione. D’improvviso sentì
un nodo alla gola e come un giramento di testa. Indietreggiò,
rischiando di cadere sugli scalini.
-“Kate…”, Mac cercò di andarle incontro.
-“No…io…Scusatemi, non dovevo venire. Scusate”.
Con passo rapido si allontanò dal cottage.
Mac si divincolò dall’abbraccio di Valery.
-“Aspetta qui”. Chiuse la porta e le andò dietro,
incurante del freddo. “Kate!”, la chiamò.
Ma la ragazza era talmente sconvolta da ignorare i richiami dell’amica.
-“Fermati per favore!”, accelerò il passo, “Merda!”,
saltellò sui piedi dopo aver calpestato la brina ghiacciata.
Poi corse veloce e finalmente le afferrò il braccio.
Quando si girò, notò il viso stravolto di Kate.
-“Perché sei venuta?!”
-“A questo punto non ha più importanza”
-“Kate…”
-“Accidenti, che stupida sono stata! Avrei dovuto capirlo!”,
si passò le mani tra i capelli, “Ero venuta per dirti
che volevo recuperare il nostro rapporto! Che non mi interessava se
c’erano state incomprensioni o errori! Ero pronta a lasciarmi
tutto alle spalle! Perché…ti voglio ancora bene…
Che razza d’idiota!”, urlò.
-“Kate, mi spiace…”
-“Si, ti dispiace tantissimo…ho visto com’eri dispiaciuta!”,
la interruppe.
Mac si fece dura.
-“Kate, non capisco cosa ti aspetti da me! Non puoi venire qui
e pretendere delle cose! Non più! Tu mi hai lasciata!”
-“Piantala di rinfacciarmi questo!”
-“E va bene! Vuoi la verità?”, urlò, “Eccotela:
per me era diventato estenuante stare con te! Vivere la tua vita,
i tuoi interessi, la tua quotidianità! Essere catapultata in
quel mondo pieno di meschinità e gente falsa, scandito solo
da party o feste esclusive! Sentirmi sempre sotto pressione per dover
essere in un determinato modo, per dover dire determinate cose, per
apparire cool!”, alzò le braccia, “Sentirmi sempre
analizzata dai tuoi amici, sentirmi a disagio tra la gente della bella
società che ti girava attorno! E sentirmi in colpa se non mi
andava di venire ad una mostra o ad un festino su uno yatch! Beh,
mi dispiace, ma io non sono così! Magari il mio modo di vita
è sbagliato, lo so, ma io sono come sono!”, la guardò,
“Starti accanto mi faceva male Kate…mi faceva male”,
disse tutto d’un fiato. Poi calò il silenzio.
Kate la guardò. I suoi occhi pian piano cambiarono espressione,
divennero tristi. Divennero come gli occhi di qualcuno che viene messo
davanti ad una verità dolorosa.
-“Perdonami, ma io…ancora non ce la faccio. Quando ti
vedo, quando ti sto accanto…sento ancora male dentro”,
aggiunse.
Kate si portò una mano davanti la bocca. Sentiva che le lacrime
stavano per uscire. Non sapeva cosa dire. Quella verità l’aveva
spiazzata. Era stata più dolorosa di vedere lei e Valery assieme.
-“Mi spiace di non essere stata come tu mi volevi”, disse
infine Mac.
Kate tirò su il naso.
-“Anche a me dispiace…perché non hai mai capito
nulla di me”, disse amareggiata. Si voltò e fece per
andarsene.
Mac la trattenne ancora.
-“Kate…”.
La ragazza si voltò di scatto e le posò un schiaffo
in faccia. La guardò per qualche secondo, con le lacrime agli
occhi. Poi corse via.