Hazel
by
Route66
(sesta
parte)
I
personaggi di Xena e Gabrielle sono di proprietà della MCA/Universal
Pictures, pertanto non intendo infrangere nessun Copiright.
Questo racconto è opera della fantasia. Nomi, personaggi, luoghi
e avvenimenti sono prodotto della mia immaginazione o, se reali, sono
utilizzati in modo fittizio. Ogni riferimento a fatti o persone viventi
o scomparse è del tutto casuale.
Potete scrivermi a questo indirizzo: us.route66@hotmail.it
BASE CENTRALE OMEGA
-“Dal
materiale raccolto nella keller non è emerso nulla che non
sapessimo già. Se Ablack aveva fatto delle scoperte di sicuro
si era preoccupato di toglierle dalla circolazione”, disse Gabriel
parlando agli altri. “Ma c’è qualcosa che potrebbe
esserci d’aiuto”, sventolò una bustina trasparente
che conteneva qualcosa.
Mac, Colin e Valery aguzzarono la vista.
-“Si tratta di una foto. Grazie a Kate che l’ha notata
in quel caos”, disse l’uomo lusingando la figlia.
La ragazza si limitò a scrollare le spalle.
-“L’avremmo trovata comunque”, disse.
-“E’ Ablack?”, domandò Mac guardando l’immagine
sbiadita.
Era una foto in bianco e nero, vecchia e sgualcita.
-“Si. Da giovane”
-“Chi è la donna con lui?”, chiese Colin sbirciando.
-“Ho fatto qualche ricerca. È sua sorella”.
Mac girò la foto e lesse la scritta ormai scolorita dal tempo.
-“Ava?”
-“Esatto. Ava Ablack”
-“E come può esserci d’aiuto questa foto? Pensi
sia ancora viva?”
-“Si, lo è.”, disse Gabriel.
-“Bene! Allora andiamo a parlarci. Forse saprà se il
fratello teneva un diario personale per esempio!”, esclamò
Colin entusiasta.
-“C’è solo un piccolo dettaglio…”
-“Attualmente la donna è in un istituto psicoterapeutico”,
disse Kate.
-“Volete dire che questa tipa è una malata di mente?!”,
esordì agitato Colin.
-“Così sembra”, rispose Gabriel, “Ma vale
la pena tentare”
-“Non lo so… Mi sembra così assurdo”, disse
stanca Valery.
-“E’ il nostro unico indizio su Ablack. Magari percorrendo
questa strada troveremo qualcosa”, aggiunse Mac.
Gabriel annuì. Colin e Valery si arresero.
-“Bene. Allora preparatevi. Kate, Valery: andrete insieme oggi
stesso”.
Le due ragazze si guardarono insofferenti, ma ormai era deciso.
L’istituto si trovava in uno dei quartieri alti della città.
Era immerso in un grande parco verde e isolato dal resto del mondo
come fosse un universo a parte. La giornata luminosa faceva apparire
quel posto come un inarrivabile albergo di lusso.
Kate e Valery lasciarono l’auto un isolato prima e s’incamminarono
lungo il viale alberato. Non si erano scambiate neanche una parola
da quando avevano lasciato la base e anche adesso procedevano silenziose.
-“Cosa dobbiamo dire a chi domanda?”, chiese poi Kate
interrompendo quel mutismo assurdo.
-“Avevamo deciso per le nipoti no?”
-“E i nomi?”
-“I nomi restano i nostri”, sbuffò Valery, “Non
credo che Thelma e Louise possano andar bene”
-“E se fanno domande più particolari? Dettagli di famiglia?”
-“Accidenti, vuoi darci un taglio?!”, disse spazientita
la ragazza e bussò al campanello.
Qualche secondo dopo la porta si aprì e le due si ritrovarono
nell’atrio spazioso. Il palazzo risaliva all’ottocento.
Si guardarono attorno per un pò, poi raggiunsero la reception.
Una ragazza piuttosto giovane con la divisa ben stirata stava tentando
di tenere a bada i numerosi telefoni che squillavano.
-“Salve”, disse Valery sporgendosi sul bancone.
La giovane, con un sorriso impacciato e avvolta nei fili delle cornette,
ricambiò il saluto.
-“Posso esservi d’aiuto?”
-“Lo spero. Siamo venute a far visita a nostra zia…la
signorina Ava Ablack”
-“Hmm…Ava Ablack? Vi prego di scusarmi…sono appena
stata assunta e ancora non conosco bene tutti i pazienti! Controllo
sul registro”
-“Si, faccia pure con comodo”, rispose Valery strizzando
l’occhio a Kate.
Con impazienza la ragazza sfogliò il librone che aveva sotto
di sé.
-“Eccola! È la stanza numero… La dependance scusate!
Dovete andare sul retro dell’edificio, proprio nel giardino.
Ma che sbadata! Di certo lo saprete già!”, sorrise impacciata.
-“Ehm…si appunto”
-“Però adesso stanno effettuando ancora il giro visite,
dovrete aspettare una decina di minuti”
-“Si, aspetteremo sulle panchine in giardino. La ringrazio molto
signorina, è stata gentilissima”, la incensò Valery.
-“Ma figuratevi! Per così poco”, disse arrossendo,
e tornò ai suoi telefoni.
Le due ragazze ritornarono verso l’uscita e si avviarono nel
giardino. Era curato, ricco di piante e fiori colorati, e qua e là
spuntavano panchine bianche. Alcune erano occupate da pazienti con
i loro tutor.
-“Vediamo di sbrigarci”, disse Valery.
-“Cos’è? Ti dà fastidio la vista di queste
persone?”, la stuzzicò Kate.
-“Assolutamente no, mia cara Madre Teresa. Solo perché
sei stata in Africa per un anno non credere di avere in te più
spirito caritatevole di chiunque altro”, rispose dura.
-“Ehi, mi spieghi che problema hai con me?”, domandò
indignata.
-“Che problema ho con te? Il mio problema sei solo e soltanto
tu!”, Valery sentì i nervi affiorarle come non mai, ma
parlò sussurrando. “Non ti rendi conto di come hai trattato
Mac e di quanto lei abbia sofferto per te, e come se non bastasse
ora hai riscoperto per chissà quale grazia divina che la rivuoi,
ma non funziona così la vita cara bambolina! Non è come
quando eri piccola che il paparino ti regalava tutti i giocattoli
che desideravi! Le persone non sono burattini! Dovevi imparare prima
ad apprezzare ciò che avevi!”
-“Ma…come ti permetti?! Tu non sai un bel niente di me
e Mac! Non sai nulla dei nostri sentimenti quindi sta zitta!”
-“Invece ho visto fin troppo Kate. Perché tutto quello
che Mac non ha esternato a te per orgoglio l’ha mostrato a me!
Con me è tornata se stessa e mi ha aperto il suo mondo. E posso
assicurarti che quello che ho visto non è stato piacevole.
Ma sai un’altra cosa? Adesso sta guarendo! Adesso sta riuscendo
a dimenticarti e a dimenticare tutto il dolore che ha provato con
te perciò stammi bene a sentire”, le puntò un
dito contro con decisione, “Piantala con i tuoi giochetti di
riconquista perché hai perso l’esclusiva molto tempo
fa! Questo territorio ora è mio e ti avverto: se provi solamente
a riavvicinarti a Mac e a farle del male dovrai vedertela con qualcuno
che ha un animo ben diverso da lei…cioè me”, disse
con occhi di fuoco.
Kate non osò dire nulla. Nel silenzio più assoluto si
incamminarono di nuovo verso la dependance. Quando la raggiunsero,
sbirciarono dalle numerose finestrelle, ma la maggior parte aveva
delle pesanti tende tirate. Con cautela si diressero alla porta. Valery
diede un paio di colpetti poi aprì piano. Si sporse appena
ma all’interno non c’era nessuno. Un istante dopo sentì
delle risate provenire dalla stanza attigua. Guardò Kate con
aria interrogativa, poi entrarono. Superato il piccolo salottino,
quello che videro le lasciò di stucco. Ava Ablack stava amabilmente
ridendo e scherzando con un’infermiera e sembrava tutt’altro
che malata di mente. Le due donne si voltarono di scatto appena notarono
le intruse. L’infermiera si alzò rapidamente dalla poltroncina
e con aria minacciosa si avventò contro Kate e Valery.
-“Andate subito fuori di qui!”.
-“Si, ti dico che la nostra cara signorina Ablack non è
affatto malata. Sta meglio di me e te messi insieme, credimi”,
disse sbuffando Valery al telefono con Gabriel.
Le due erano fuori al cancello dell’istituto, in attesa del
prossimo passo.
-“Manda gli altri qui: a questo punto metteremo le carte in
tavola e dovrà per forza parlarci”
-“Ehi…sta tornando l’infermiera”, disse Kate
intimorita.
-“Come non detto: ordine annullato. Scusami devo attaccare”
-“Vogliate seguirmi per favore?”, disse con aria sospettosa
la donna, guardandosi attorno.
Le due si avviarono non senza qualche riserva ma tacquero. L’infermiera
le ricondusse nella dependance. Quando entrarono trovarono Ava ad
aspettarle.
-“Sono immensamente dispiaciuta per prima”, disse poi
l’infermiera.
Ava le fece un cenno e la congedò.
-“Si può sapere che succede qui?”, chiese Valery
infastidita.
-“Sedetevi e vi spiegherò.”, indicò due
poltroncine, “Io sono Ava Ablack, ma questo suppongo che già
lo sappiate. Mi dispiace che siete state aggredite a quel modo, ma
nessuno può entrare qui, né avere contatti con me. Sono
precise disposizioni che ho dato io stessa e purtroppo la ragazza
della reception è stata assunta solo ieri. Siete qui per Reneè
non è vero?”
-“Si in un certo senso”, disse Valery.
-“Lo immaginavo. Ebbene…sono stata costretta a far finta
di essere malata di mente e a vivere qui proprio per mio fratello.
Lui è uno studioso, lo sapete. Un maniaco anzi. E proprio questa
sua mania ci ha condannato ad una vita impossibile. Ma non l’ho
mai odiato per questo. Quando ha capito che sarebbe stato in pericolo
per via delle sue ricerche ha voluto proteggermi facendomi fingere
tutto questo. Ma non è stato un sacrificio per me. Facevo tirocinio
qui quando abbiamo deciso per questa soluzione, quindi in fondo continuo
a fare ciò che amo.”
-“Scusi ma…lei sa che suo fratello è morto?!”,
domandò alla fine Kate.
La donna sbarrò gli occhi. Poi la sua espressione si fece arrendevole.
-“Aspettavo questo momento ogni giorno. Ogni mattina mi alzavo
temendo che qualcuno venisse a darmi questa notizia”
-“Come mai ha deciso di fidarsi di noi?”, chiese Valery
sospettosa.
-“Non lo so perché… A volte basta osservare un
volto per capire com’è una persona. E con te è
stato così. Il tuo volto…”, disse rispondendole.
-“Signorina…”, iniziò Kate.
-“Ti prego chiamami Ava”
-“Ava…io sono Kate e lei è Valery. Siamo dell’Omega,
lavoriamo per i servizi segreti, e stiamo seguendo un caso molto delicato.
Suo fratello ci si è trovato in mezzo e dobbiamo capire quello
che aveva scoperto perché forse può esserci d’aiuto.
So che ora sarà a pezzi ma…la prego…può
darci una mano?”
La donna sembrò combattuta, poi annuì.
-“Chiedete pure”
-“Abbiamo trovato molte ricerche fatte da Reneè ma non
c’era nulla di più approfondito. Teneva per caso un diario
o qualcosa del genere che magari ha messo al sicuro?”, chiese
Valery.
La donna scosse il capo sorridendo.
-“No. Lui archiviava tutti qui”, indicò la testa.
“O meglio: solo le cose importanti. Il resto poteva metterlo
sulla carta e così faceva. Io ero la sua compagna di studi…ma
questo è avvenuto solo negli anni”, iniziò a raccontare
con occhi trasognati.
Valery e Kate prestarono attenzione.
-“Ha cominciato che era soltanto un ragazzino e tutti lo deridevano,
persino in famiglia. Anche io all’inizio. Ma alcune persone
sono destinate fin da piccole a seguire certe strade”, la donna
socchiuse gli occhi e prese un profondo respiro.
-“Iniziò ad interessarsi ai Cavalieri Teutonici e alla
storia delle Crociate, all’Austria e alle credenze del suo paese.
Già da adolescente, invece di passare il tempo con gli amici,
leggeva di tutto e faceva piccole gite fuori casa come fosse un giovane
archeologo”
-“Divenne contagioso non è così?”, sorrise
Valery come se potesse capire un tale amore.
-“Già”, annuì Ava, “Fu allora che
iniziai anche io ad appassionarmi. In realtà era lui che suscitava
qualsiasi forma di fascino e magnetismo in tutti. Aveva una personalità
particolare e io, sorella minore, non potei non seguirlo come fosse
un maestro. Ed egli trovava in me, oltre che un’amica, una diligente
alunna. Eravamo una coppia perfetta. Nel 1965, dopo la laurea in Lettere
e Storia, cominciò a viaggiare e a concretizzare le sue ricerche.”
-“Tu lo seguivi?”, chiese Kate.
-“Si, molte volte mi portò con sé. Ma io avevo
da mandare avanti i miei studi di psicologia ed ero molto più
legata alla casa e ai nostri genitori. Quando morirono ne risentimmo
entrambi, ma per lui fu come liberarsi da un peso in un certo senso.
Non lo avevano mai accettato e con la loro morte ebbe fine anche quell’eterno
contrasto che lo aveva fatto allontanare da casa”
-“Poi cosa successe?”
-“Quello che all’inizio era solo un interesse generale
per i Cavalieri cominciò a prendere forma in qualcosa di più
specifico. Lesse tutto il materiale possibile ed esistente su di loro,
incontrò persone che potevano raccontargli dettagli introvabili
sui libri di storia, viaggiò nelle terre da loro visitate…”
-“Un vero maniaco insomma”, disse Kate.
-“Il confine tra passione e mania è impercettibile”,
aggiunse Valery.
-“Beh, in questo caso non era così impercettibile”,
disse sorridendo Ava, “Quando lesse per la prima volta di Von
Salza, se ne innamorò a tal punto da far ruotare tutte le sue
ricerche attorno a lui e alla sua figura”.
Le due ragazze prestarono orecchio.
-“Ecco, dicci di più in merito”, disse ansiosa
Valery.
-“Hmm… Abbiamo studiato per anni la figura di Von Salza
come di Federico II. Renè era affascinato da entrambi per le
loro personalità poliedriche e uniche, ma si sentiva attratto
in modo particolare dal cavaliere. Si convinse ad un certo punto che
ci fosse qualcosa di vero nella leggenda della sua spada e si buttò
a capofitto nel suo ritrovamento. Malgrado tutto e tutti attorno a
lui lo scoraggiassero. Anni e anni di vane ricerche, senza mai una
soddisfazione, eppure sempre alimentato da quell’ardore interno
che lo divorava… Come se per lui fosse vitale trovare la spada…come
se lui stesso fosse Von Salza”
-“Era impazzito allora”, disse Valery.
-“Un pazzo che aveva una forza di volontà agghiacciante.
Questo mondo era tutta la sua vita…e lui l’ha afferrato
con le unghie e con i denti. L’ha vissuta”, disse Ava
stanca.
-“Ognuno rincorre ciò che desidera di più…”,
aggiunse poi Kate con allusione.
-“Anche se ciò che vuole non può averlo?”,
ribattè Valery fulminandola.
Kate cambiò discorso.
-“Veniamo ai viaggi…”.
Ava annuì.
-“Dal momento in cui compì il suo primo viaggio mise
in pratica una sorta di itinerario. Seguì insomma un filo logico
nel suo pellegrinare. Ripercorse le tappe e i luoghi in cui avevano
soggiornato i Cavalieri e Von Salza…ripercorse quindi la loro
storia”
-“Se per lui erano importanti e se lui stesso si sentiva un
moderno Cavaliere, ispirato nei suoi intenti dal filo che legava tutti
i Teutonici tra loro, è scontato che avesse deciso di ripercorrere
i loro passi”, disse Kate.
-“Esatto. La sua prima gita fuori porta fu ovviamente S. Giovanni
d’Acri. Fu per lui una bella esperienza, quasi edificante e
simbolica. Venne a contatto con la gente del posto e la loro cultura…tutte
cose che hanno accresciuto in lui la passione per i Cavalieri. Ma
quando rientrò, percepii chiaramente la sua delusione per non
aver trovato tracce della spada, malgrado avesse girovagato tra le
mura, la grande moschea, la cittadella e un complesso, al di sotto
di essa, di sale costruite dai cavalieri.”
-“S.Giovanni d’Acri è il luogo di fondazione dell’Ordine.
Alcuni dicono che fu istituito verosimilmente attorno all’anno
1118, stessa data di fondazione dei Templari, altri nel 1128. Comunque
l’Ordine fu definitivamente accettato nel 1190 da Papa Celestino
III”, precisò Valery.
-“Sei molto preparata in materia”, notò Ava.
-“Sono un’archeologa”, affermò la giovane.
-“Ah bene! Allora saprai anche meglio di me molte di queste
cose. Successivamente intraprese un viaggio lungo la dorsale libano-giordana,
dove erano site molte fortezze erette dai cavalieri per la difesa
della Terrasanta. Passò dei momenti di vera difficoltà,
a causa del clima e della salute, e tornò a casa con l’amaro
in bocca per aver fatto un altro buco nell’acqua. Dopodichè
partì alla volta della Puglia e della Sicilia dove c’erano
monasteri e proprietà di grande valore dell’Ordine. Ma
nulla anche qui”
-“Accidenti, io non so se avrei avuto tutta questa tenacia nell’andare
avanti”, disse Kate.
-“Si spostò anche nei territori della Prussia e dell’Estonia,
dove i Cavalieri esercitarono un forte influenza, e a Tannenberg,
nell’attuale Polonia, dove subirono una pesante sconfitta e
in seguito alla quale si può dire iniziò il loro declino,
giusto?”
-“Si”, concordò Valery, “Questo avvenne quando
si trovarono stretti tra i principi tedeschi avidi di terre da un
lato e le popolazioni slave dall’altro. Inoltre l’avanzata
della riforma luterana determinò una crisi irreversibile: venne
minata la loro fede incrollabile e ci fu una scissione interna. Lo
stato teutonico si dissolse, ma gli ultimi cavalieri rimasti fedeli
al cattolicesimo si rifugiarono sotto l’ala protettrice della
monarchia asburgica.”, disse concludendo.
-“Quindi Ablack sperava di trovare traccia della spada in quei
luoghi dove i cavalieri avevano raggiunto l’apogeo?”,
chiese Kate.
-“Oppure dove avevano conosciuto il declino”, precisò
Valery.
-“Esattamente. Credeva che fossero luoghi simbolici in cui potessero
aver nascosto il loro emblema”, disse Ava.
-“Ma si sbagliava”, aggiunse Kate sospirando.
-“Beh, forse ci era vicino…”, le rivelò la
donna.
-“Cioè?”
-“Quando ritornò mi disse che sebbene il suo girovagare
non gli avesse fatto trovare nulla di concreto, durante i suoi giorni
lì fece la conoscenza di alcuni uomini che gli raccontarono
cose interessanti… L’incontro con quelle persone lo convinse
sempre di più che stava cercando nei posti sbagliati. Ma ovviamente
non mi disse nulla di più esplicito. Negli ultimi tempi si
era chiuso in sé, non condivideva più molte cose con
me, forse per paura di mettermi in pericolo come vi ho già
detto”
-“Certamente non era uno sciocco e sapeva che molti altri erano
interessati alla spada… Forse pensava di essere addirittura
seguito”, azzardò Valery.
-“Sta di fatto che dopo quel viaggio ritornò a Vienna.
Si prese del tempo per raccogliere le idee e fare altre ricerche.
Si convinse di una cosa: che se la spada era legata indissolubilmente
a Von Salza quando questi era in vita, probabilmente lo era anche
dopo la sua morte. Fu allora che intensificò gli studi sulla
figura del Gran Maestro. Andò a Salerno, dove nel 1239 era
morto, e nei pressi di Castel del Monte, dove era stato sepolto il
suo corpo. Anzi per un lungo periodo lo stesso Castel del Monte divenne
un’ossessione per lui.”
-“Beh questa non è una novità. Questo posto è
stato e continua ad essere un’ossessione per molti, studiosi
e non.”, disse Valery, “Tutto Castel del Monte è
basato sulla simbologia, è ricco di epigrafi e segni esoterici.
È uno dei tanti luoghi misteriosi presenti in Italia.”,
spiegò, “Basta pensare alla prima e più banale
considerazione che salta subito all’occhio: malgrado nome e
apparenza, il castello va contro ogni norma architettonica dei luoghi
militari: non c’è un fossato, né un ponte levatoio,
mancano celle sotterranee per i prigionieri e le ampie finestre di
cui dispone erano facile bersaglio per chiunque”
-“Non trovò nulla lì?”, domandò Kate.
-“Evidentemente no. Ma in quel periodo conobbe altri studiosi
come lui, in particolare uno di loro… Divennero molto amici,
quasi inseparabili. In questa persona trovava terreno fertile, era
un matto come lui e lo affiancò in queste ricerche. Se non
erro mi disse che avevano iniziato anche degli scavi assieme qui in
Austria. Ormai non riuscivo più a stargli dietro”
-“Degli scavi ha detto?”, si incuriosì Valery.
“Ricorda a che periodo risalgono?”
-“Hmm…”, Ava riflettè un’istante, poi
si alzò, “Aspettate…dovrei avere delle foto”.
Ritornò con una scatola di latta.
-“Ecco. Ne ho molte altre, di tutti i suoi viaggi, ma queste
risalgono agli ultimi anni. Dietro c’è data e luogo”.
Valery ne afferrò qualcuna e non ebbe alcun dubbio.
-“E’ la data in cui abbiamo iniziato il nostro lavoro!”,
disse, “Riconosco anche i posti”
-“L’unica cosa che mi disse è che aveva ricevuto
i permessi tanto attesi e che finalmente poteva iniziare a dar corpo
alle sue ricerche”
-“E’ assurdo… Praticamente si può dire che
gli scavi erano gestiti da me eppure non ho mai conosciuto Ablack.
Ricordi per caso il nome di quel suo amico?”
Ava scosse il capo.
-“Non mi pare che me lo disse mai, ma aspetta…dovrebbe
esserci una foto”, scavò nella scatola finchè
non la trovò.
-“Santo cielo…”, esclamò Valery.
-“Che c’è?”, chiese Kate.
-“Questo è il professor Kildare”, rispose Valery
confusa.
-“A quanto pare siamo tutti legati in questa storia”,
sospirò Ava.
-“Non capisco… Se Ablack conosceva Kildare, perché
il professore non ci ha mai parlato di lui?”, si chiese preoccupata,
stringendo il ciondolo che aveva al collo.
-“Non ti raccontò nulla di quel periodo?”, chiese
speranzosa Kate ad Ava.
-“No…ormai io ero già stata presa qui e i nostri
contatti si ridussero man mano. Ogni tanto veniva a trovarmi, a volte
mi scriveva e raramente ci sentivamo al telefono. Nell’ultimo
periodo lo sentivo affannato, stanco, e soprattutto impaurito. Ma
non volle raccontarmi nulla. L’ultima cosa insensata che mi
disse fu “L’hanno preso…ora toccherà anche
a me”, ma non capii cosa volesse intendere”.
Valery intuì qualcosa.
-“Forse…io lo so…”.
Le due la fissarono interrogative.
-“Si riferiva alla scomparsa di Kildare”.
-“Mac, ho bisogno di te”, disse agitato Gabriel, affiancandola
mentre camminava nel corridoio.
Le strinse un braccio. La donna vide che era nervoso.
-“Che succede?”
-“Abbiamo visite”.
Senza dire altro la condusse in una sala privata al terzo piano. Il
piano di cui avevano sentito parlare quasi tutti, ma in cui nessuno
aveva mai messo piede.
-“Suppongo sia qualcosa di importante se siamo quassù”,
disse lei.
-“Lo è. Mi serve il tuo appoggio. Prima o poi doveva
arrivare questo momento”
-“Si può sapere di che parli?”.
L’uomo non le rispose. Fece la scansione oculare alla porta
ed entrò nella grande sala. Seduti, c’erano tre uomini
in completo scuro. Quando videro entrare i due, si alzarono.
Gabriel andò loro incontro e li strinse la mano. Quando anche
Mac fu abbastanza vicina, notò un piccolo stemma sulle giacche
dei tre.
-“Mac, ti presento il Gran Maestro dell’Ordine dei Cavalieri
Teutonici di Vienna: l’abate mitrato padre Ben McKnight”,
disse Gabriel.
La donna gli strinse la mano, scrutandolo attentamente.
-“Lei è Mac Gavin, ci sta affiancando nel caso”,
aggiunse ancora l’uomo. “Questi sono due fidati amici
del Maestro”, disse rivolgendosi a Mac, “Andrè
e Jacob”.
La donna porse la mano anche ai due, poi si sedettero.
-“Allora”, iniziò Gabriel con fare sicuro. Ma Mac
sapeva quanto era nervoso. “Immagino sia qui per la faccenda
dei manufatti vero?”.
L’uomo annuì.
-“Ho saputo gli ultimi sviluppi della faccenda. E ho pensato
che fosse necessario venire a parlare direttamente con voi invece
di aspettare notizie”.
Mac lo fissò. Era stanco e affannato, nonostante non fosse
anziano. Un uomo abituato ad affrontare battaglie di ogni sorta e
a sopportare oneri che la sua carica esigeva. La donna lo guardò
negli occhi e le sembrò di leggervi tanta onestà.
-“Mi sembra che la questione stia andando anche troppo oltre”,
aggiunse infine.
-“Mi perdoni Maestro”, disse Gabriel, “Ma malgrado
quello che possa sembrare dal di fuori…la questione non è
poi così semplice…”
-“So degli attentati e del medaglione. Non perdiamoci in stupidi
giri di parole”
-“Non era mia intenzione…”
-“Vorrei sapere le indagini come procedono ed essere reso partecipe
di questa caccia alle streghe”.
Mac vide Gabriel cominciare a sudare.
-“Non è così facile gestire il caso… Lei
saprà che sono coinvolti anche i vertici del Dipartimento della
Difesa…”
-“Io so che il mio Ordine è stato sempre immagine di
giustizia e difesa dei deboli e ora un gruppo di terroristi vuole
venire a dissacrare ciò che appartiene a generazioni di cavalieri…Ho
il dovere di proteggere quanto c’è di sacro e intoccabile
nella nostra confraternita”
-“Si riferisce al medaglione non è vero?”, chiese
Mac.
L’uomo si voltò verso di lei.
-“Si. È stato fatto per l’Ordine e all’Ordine
deve ritornare.”
-“Sono perfettamente d’accordo con lei”, disse la
donna. Gabriel la guardò perplesso. “Ma c’è
un unico impedimento: noi non abbiamo il medaglione”.
-“Quello che sappiamo è che i manufatti sono sempre stati
in vostro possesso!”, disse ansioso uno dei due giovani.
Il Maestro lo vide alterarsi e lo incitò a stare calmo.
-“Per favore Jacob…non sono modi questi…”.
Il giovane si rimise composto. Ma Mac l’aveva osservato attentamente.
Poi continuò come per rispondere al ragazzo.
-“Lei sa che dopo il rientro da Miami, i reperti sono stati
esposti al Museo? Sono stati rubati poco dopo”, disse la donna.
-“Oh andiamo, quelli erano dei falsi!”, scattò
di nuovo il giovane.
Mac sgranò gli occhi.
-“Come fai a dirlo?”, gli domandò fissandolo attentamente.
Il giovane si paralizzò come se si fosse appena lasciato sfuggire
qualcosa che non doveva.
-“Andiamo Jacob…non si può credere a tutto quello
che dicono i giornali”, disse stanco il Maestro. “Stiamo
parlando con delle persone che lavorano per la difesa nazionale: preferisco
fidarmi di loro”
-“Stiamo facendo il possibile per recuperare i manufatti”,
disse poi Gabriel. “Mi dispiace non poter fare di più”
-“Non quanto dispiace a me…”, disse mesto l’uomo,
“Ora che era stato ritrovato…è scomparso di nuovo.
Avreste…una foto da mostrarmi?”, chiese come un bambino
speranzoso.
-“Certamente”, disse Gabriel. Prese una foto dal fascicolo
e gliela porse.
L’uomo la guardò per qualche minuto, poi gli occhi gli
diventarono lucidi per l’emozione.
-“Dovrebbe essere autenticato, ed essere sottoposto a tutti
gli esami possibili e immaginabili…ma…so che è
lui”, disse commosso, “E’ qualcosa dentro che me
lo dice…lo sento…lo so”.
Mac lo vide così vulnerabile e disse:
-“Faremo di tutto perché torni ai legittimi proprietari”.
L’uomo riprese la sua compostezza, ma il suo sguardo ora era
diverso. Aveva ritrovato la carica.
-“Vorrei che accettaste il mio aiuto per il caso. Vi affiancherei
nelle ricerche e metterei i miei uomini al vostro servizio, sebbene
non si addestrino più cavalieri da molto tempo ormai”
-“Siamo onorati di questo, Maestro. Ma tutte le forze in campo
sono le migliori che abbiamo. Stiamo facendo il possibile”,
rispose Gabriel.
-“Il mio dovere in quanto Gran Maestro dell’Ordine è
quello di proteggere la nostra istituzione. Su qualunque fronte sia
necessario”, guardò Mac e Gabriel, “So che non
possediamo grandi risorse, vi lasceremo svolgere il vostro lavoro
senza intralciarvi…Ma sappiate che da questo momento siamo disposti
a collaborare totalmente nelle ricerche. Chiedete tutto ciò
che volete”.
Gabriel e Mac si guardarono. Non potevano fare nulla.
-“Il suo aiuto sarà prezioso”, concluse la donna,
“Ci metteremo costantemente in contatto con lei per qualsiasi
novità o traccia da seguire”.
Si strinsero nuovamente le mani, poi uscirono.
Mac rimase pensierosa, fissando i due andare via. Quando furono spariti
dietro la porta massiccia, Gabriel parlò.
-“E’ andata bene…dopotutto”
-“Potevi avvertirmi…che si trattava di loro”
-“E saresti venuta?”.
Mac gli lanciò uno sguardo fugace.
-“Sai, ho avuto le palpitazioni quando ti ha chiesto del medaglione…Pensavo
stessi per darglielo”
-“Mi credi così sciocca?”
-“No, ma…io sono stato colto di contropiede. Il fatto
è che Ben e io…tanti anni fa eravamo amici…amici
stretti…”
-“L’avevo capito”.
Gabriel si voltò stupito.
-“Come…?”
-“Altrimenti perché avresti chiamato me per mentirgli?”
-“Già”, disse rammaricato l’uomo, “E’
buffo…ho passato un’intera vita a mentire a tutti…ma
con lui è sempre stato diverso. Ci sono persone con cui le
nostre difese crollano, con cui non riesci a mascherarti, malgrado
si è abituati a farlo con abilità…”.
Mac lo riportò al presente.
-“E’ una brava persona, ma preferisco che nessuno sappia
del medaglione o delle ricerche”
-“Pensi che possa fare il doppiogioco? No…non voglio pensarlo,
non è da lui”
-“Infatti non mi riferisco a Ben. Il nemico è all’interno
del suo Ordine, anche se lui non lo immagina. E gli è più
vicino di quanto creda…agisce nell’ombra e colpisce duramente
quando è il momento”
-“Andrè e Jacob sono due ragazzi fidati, se è
a loro che ti riferisci”
-“Ne sei sicuro? Io so che quando uno sguardo mi colpisce…raramente
lo dimentico”.
Valery sferrò un calcio laterale e Mac lo intercettò
senza problemi. Gocce di sudore cadevano sul parquet della palestra
ad ogni loro movimento. Ormai era più di un ora che erano lì
ad allenarsi. Ad allentare la tensione più che altro. La sala
era tutta a loro disposizione. Era abbastanza grande; alle pareti
c’erano specchi a tutt’altezza e sembrava di essere altrove,
se non fosse stato per il soffitto a volte tipico della struttura
del castello.
Si muovevano in silenzio, sfoderando tecniche con precisione e concentrazione.
Valery evitò una presa dell’amica e l’agganciò
in rapidità, facendole perdere l’equilibrio.
-“Cos’hai? Questa l’avresti intercettata facilmente”,
le chiese, dandole la mano per aiutarla a rialzarsi.
Mac non rispose, si limitò ad alzare le sopracciglia.
-“Spade o bastoni?”, domandò, andando verso le
armi e sfilandosi i guantoni.
-“Vanno bene entrambi. Scegli tu”.
Mac afferrò due bastoni e ne lanciò uno all’amica.
Senza parlare si riposizionarono una di fronte l’altra e iniziarono
ad allenarsi.
I colpi erano rapidi e netti, ma portati con dolcezza e scioltezza.
Valery notò lo sguardo perso dell’amica. Quando furono
vicine parlò.
-“Mac…”.
La donna parò un colpo. Valery la fissava con occhi preoccupati.
-“Cosa?”, chiese azzardando un passo verso di lei.
-“Parliamone avanti”.
Valery allentò la tensione, ma vide che Mac si ostinava a combattere.
La stanchezza cominciò a farsi sentire.
Mac la guardò, poi cedette.
-“Si”.
Lasciarono cadere le armi e si misero sulla panca.
-“Cos’è che ti preoccupa?”
-“C’è qualcun altro che si muove oltre alle solite
pedine. E credo che sia qualcuno coinvolto nell’Ordine dei Cavalieri”.
Valery si accigliò.
-“Mac questa è una grave accusa… Tu stai dicendo
che l’Ordine dei Cavalieri Teutonici, quello attualmente in
vita che si batte per cause sociali e benefiche…è coinvolto
in squallidi colpi verso la città stessa?!”
-“Sto dicendo che…qualcuno all’interno dell’ordine
stesso…combatte altre cause diverse da quelle caritatevoli.”
-“Come fai ad esserne certa?”
-“Perché sul cadavere dell’amico di Gabriel c’era
una tatuaggio…sbiadito e impreciso…ma l’ho identificato
comunque: un’aquila. Che in teoria ha tanti rimandi e allusioni,
ma in questo caso non penso ci siano dubbi… E’ l’aquila
dei Cavalieri Teutonici. E’ presente sui loro stemmi, sui blasoni
e sul medaglione. E perché durante l’inseguimento nei
sotterranei, mentre mi difendevo da quell’uomo sono riuscita
a ferirlo all’altezza della spalla. La tuta si è lacerata
in quel punto lasciando vedere un altro tatuaggio”.
-“La croce nera patente”, sussurrò Valery interpretando
i suoi silenzi, “Cioè allargata alle estremità
dei bracci. L’altro simbolo dei Cavalieri Teutonici”
-“Esatto”, disse Mac.
-“I suoi membri erano abbigliati da un mantello bianco su cui
campeggiava la croce. Mentre sugli scudi e i sigilli era impresso
l’emblema dell’aquila, come sul medaglione. Anche i Templari
avevano una croce simile su mantello bianco, perciò molti finiscono
per confondersi”.
Mac annuì.
-“In effetti avrebbe un senso.”, disse la giovane, pensierosa.
“Anche se stento a crederci. Gabriel lo sa?”
-“Lo informerò al più presto. Dobbiamo comportarci
con cautela col Gran Maestro finchè non sapremo davvero chi
c’è dietro a tutto questo”.
Ci fu qualche secondo di silenzio.
-“Sicura che sia solo questo?”, domandò Valery
prendendole una mano.
Mac sospirò.
-“E’ un po’ tutta la situazione generale…”
-“Capisco”, sbuffò. “Devo dire che questa
storia sta tirando fuori il peggio di ognuno di noi. Hai saputo dell’incontro
con Ava Ablack?”.
Mac annuì, poi la fissò.
-“Cos’hai?”
-“Stamattina…c’è stato un momento in cui
mi sono persa… Mi sono sentita diversa”, disse Valery.
-“A che proposito? Ti va di parlarmene?”
-“No, ma non è questo il motivo per cui te lo sto dicendo.
E’ che…non ero più me stessa, sentivo dentro una
rabbia repressa che non avevo mai provato prima. È come se
stesse affiorando il nostro lato malvagio in questa faccenda. E questo
mi spaventa”, concluse con occhi preoccupati.
-“Ehi…ma che dici? Tu non sei così. Non ti conosco
da molto è vero, non conosco chi eri né la tua vita
precedente”, fece una pausa, “Ma conosco la persona che
mi è stata accanto in questi mesi, che ha un carattere meraviglioso,
forte, sincero…Ed è bellissima…”, le sorrise,
“…e ha gli occhi più veri di qualsiasi altra persona.
Che è pronta a dare la vita per un amico, che sorride al mondo,
che…”, sussurrò, “…quando facciamo
l’amore mi fa sentire viva e amata”, la guardò
con dolcezza, “E una persona che è capace di far provare
queste cose…non può avere nulla di malvagio in sé”.
Valery le sorrise teneramente e sentì sciogliersi la tensione.
Poi disse:
-“Devo avvisare gli altri del ciondolo”, fece per alzarsi.
Ma Mac la trattenne.
-“Per il momento resterà tra me e te.”
-“Non ti fidi di Gabriel? Dell’organizzazione?”.
La donna non rispose subito.
-“Mi fido di me”.
Valery capì e scosse il capo.
-“Ascolta: mi spiace che ti faccia mentire ai tuoi amici, ma
ora mi servono concentrati sul caso. E quel ciondolo…beh…non
so ancora cosa significa.”
Valery annuì.
-“Ora dimentichiamoci il resto ok? Ci meritiamo una doccia”,
concluse la donna.
-“Si…”, rispose la ragazza stanca e preoccupata.
Mac le sfiorò una guancia, poi le diede un tenero bacio.
-“Mmm….ora però…se fai così…”,
disse Valery respirando il suo profumo.
Mac socchiuse gli occhi e le sorrise.
-“Doccia insieme?”, sussurrò poi.
Il volto di Valery si illuminò.
-“Pensavo fosse implicito…”, le rispose sorridendo.
Qualche ora dopo
Mac
rigirò il piccolo oggetto sotto la luce della lampada guardandolo
con attenzione. Colin entrò stanco e la trovò seduta
al tavolo da lavoro. La donna, accorgendosi dell’arrivo dell’uomo,
infilò in fretta il ciondolo in tasca.
-“Finito con i fascicoli delle ricerche?”, domandò.
-“Si, Adam e Stella ci stanno dando un grosso aiuto. Adesso
il quadro è molto più chiaro”, rispose l’amico.
-“Gli altri sono a letto?”
-“Si, ho lasciato Josh che aveva appena terminato alcune scansioni.
Staranno tutti dormendo.”
-“Mmm”
-“Ho saputo della visita del Gran Maestro”
-“Si. Sembrava distrutto dalla sparizione del medaglione, ma
ho dovuto mentirgli”
-“Pensi sia coinvolto?”
-“Non lui in prima persona. Quel suo aiutante…Jacob…oggi
parlando ha accennato al fatto che i manufatti esposti al Museo erano
falsi”.
Colin sgranò gli occhi.
-“Anche io ho reagito così. Solo noi potevamo saperlo.
Noi e chi si è infiltrato per rubarli. Ha avuto delle reazioni
un pò troppo sulle righe per essere qualcuno non coinvolto
in questa storia”
-“Bene! Questo è un passo avanti. Dovremo farlo tenere
d’occhio!”
-“No. Si è reso conto della sua gaffe. Si terrà
fuori dai giochi per un po’, ne sono certa”
-“Ma magari farà qualche altro errore. Dico agli agenti
di stare con gli occhi aperti per qualche giorno”.
Mac annuì stanca.
-“Sai che ti dico? Per oggi ne ho avuto abbastanza.Vado a letto.
Tu?”, disse Colin sbadigliando.
-“Finisco qui e vado”
-“Ok. A domani allora. Notte”.
L’amico la salutò e sparì nel corridoio ormai
buio. Mac annotò alcune cose su un blocco, afferrò la
giacca ed uscì.Camminando lungo i corridoi del secondo piano
sorpassò diverse sale.
Si fermò davanti la porta del reparto 5, la stanza che conteneva
tutti i reperti e gli oggetti raccolti dei vari casi e dove si trovava
anche il caveau per quelli più preziosi e importanti. Restò
pensierosa lì, per qualche secondo, poi prese il tesserino
magnetico, lo infilò nel circuito ed entrò. Andò
spedita verso il caveau e immise il codice. Quando si aprì,
la differenza di pressione creò un piccolo sbuffo. Prese una
scatoletta d’acciaio e richiuse velocemente il portello. Poi
andò a sedersi al tavolo e accese la lampada dalla luce pallida.
Aprì la scatoletta e tirò fuori l’oggetto avvolto
da un panno purpureo. Quando ne scansò i lembi, il medaglione
le apparve luccicante come lo aveva lasciato.
Lo tenne in mano qualche secondo poi cominciò a guardarlo per
bene, da ogni sua angolazione. Lo sfiorò con le dita…
La figura sulla faccia, l’aquila fiera e forte di cui i Teutonici
avevano fatto il loro simbolo e che racchiudeva tante valenze…
E la merlatura lungo il bordo, così finemente articolata e
lavorata… Chiunque l’avesse fatto, doveva essere stato
un abile artigiano.
Restò incantata ad esaminarlo, come se in mano avesse una coppa
di vino pregiato e lei fosse un’intenditrice che sta per regalarsi
un momento di piacere.
Le sue dita sfiorarono ancora la piccola merlatura sulla circonferenza.
Poi sulle sue labbra comparve un piccolo sorriso. Afferrò un
foglio pulito. Aprì un cassetto e vi rovistò per un
po’ finche non trovò un tampone per timbro. Con dolcezza
vi fece scorrere il medaglione. Infine, come se fosse una piccola
ruota, lo fece scivolare sul foglio bianco. Posò l’oggetto
nel panno e si portò il foglio davanti a sé. Sorrise.
Il giorno dopo
L’indomani
di buon’ora Mac radunò gli amici nella piccola biblioteca.
Molti di loro ancora dormivano. Colin entrò sbadigliando.
-“Allora? Cos’è questa fretta oggi?”
-“Chi dorme non piglia pesci”, sorrise la donna.
-“Non vedo perché dovrei prendere pesci qui a Vienna!”,
sbuffò l’amico andando a sedersi.
Arrivarono anche Kate e Valery, infine Josh.
-“Scusatemi per l’orario, ma devo dirvi qualcosa”
-“Spero che sia qualcosa di importante, altrimenti…”,
disse Valery.
-“Lo è”, Mac la interruppe.
Li guardò qualche secondo poi parlò.
-“Ho trovato un’indizio”.
Gli altri sobbalzarono.
-“Era qui…era il medaglione, come avevano intuito tutti”,
sorrise.
-“Cioè? Si apre? Contiene qualcosa? Avanti parla!”,
disse Colin.
-“No. La merlatura è l’indizio. In realtà
non è proprio una merlatura… ma caratteri arabi…”,
tirò fuori il foglio, “Che formano questa scritta”.
Gli amici fissarono l’ingrandimento sul tavolo.
-“Che significa?”, chiese Kate ansiosa.
-“Qualcosa tipo L’uno appartiene al due e il due all’uno
– Heiliges Ritter”
-“L’autore della frase? Del medaglione stesso?”,
ipotizzò Colin.
Mac alzò le spalle.
-“E’ possibile”, disse Valery.
-“Heiliges Ritter…Heiliges Ritter…”, ripetè
sussurrando Kate, “Se non ricordo male c’è un dipinto
al Museo di Storia dell’Arte qui a Vienna con lo stesso nome”,
disse infine.
-“Hmm…”, mugugnò Mac pensierosa, “Vale
la pena di dare un’occhiata”
-“Ragazzo prepara l’attrezzatura: facciamo una gita culturale
oggi”, disse Colin.
Gli altri si alzarono.
-“M-ma…la f-frase? N-non è m-meglio p-pensare al
s-suo significato?!”
-“Fa come ti è stato detto”, disse Mac dura, poi
uscì.
Quando furono in corridoio, Valery raggiunse la donna.
-“Ok, era una valida scusa per uscire dal letto così
presto, lo ammetto…”, disse sussurrando, poi le sorrise,
“Ma questo non significa che sei autorizzata a lasciarmi sola
soletta sotto le coperte”.
Mac sorrise e le regalò un bacio fuggevole.
-“Aspetta solo che abbia un po’ di tempo…e mi farò
perdonare come si deve…”
-“Voglio sperarlo… Vado a prepararmi”
-“Ok. Passo da Gabriel e arrivo”.
Kate dal fondo del corridoio aveva assistito alla scena. Josh le passò
accanco.
-“V-vado in l-laboratorio per l’attrezzatura. V-vieni
con me?”
-“Si…ti raggiungo subito”. Kate gli pose una mano
sul braccio: il ragazzo era ancora sconfortato.
Poi si incamminò verso Mac. Aveva una fitta al cuore.
-“Lei…è più piccola di te Mac!”, disse
come per rimproverarla.
La donna si voltò.
-“Come…?”, vide la disperazione dell’amica,
“Accidenti Kate! E questo che diavolo vuole significare?! Non
sai davvero che cosa inventarti!”, disse spazientita.
-“E’ più piccola…”, insistette lei.
-“Anche tu sei più piccola di me se non erro! Ma quando
stavamo assieme non era un problema!”
-“Ma tra voi…ci sono troppi anni di differenza! Cosa pensi
di fare? Cosa può darti una come lei?!”
-“Tu… Ok, ora basta Kate! Stai diventando ridicola! Tutto
questo è ridicolo! Io e te che litighiamo sulla differenza
di età tra me e…”
-“E la tua ragazza?! Dillo avanti! Chiamala per quello che è!”,
urlò.
-“Tra me e Valery”, disse infine. “E qualunque cosa
ci sia, non è a te che devo renderne conto”.
Kate si placò, ma era allo stremo delle forze.
-“Perché? Perché fai così? Io…non…”.
Mac la afferrò per le spalle e la scosse.
-“Tu non puoi fare niente Kate! Smettila per favore…ti
farai solo del male così”.
Kate alzò lo sguardo e la fissò triste, poi i suoi occhi
si tramutarono.
-“Io ti odio Mac…ti odio!”, urlò, “Ti
odio con tutta me stessa…e ti odierò per sempre!”,
si divincolò dalle mani della donna e corse via.