EPISODIO N. 11
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di GXP

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Capitolo 6 - Lovely day for a guinnes

I lampi illuminavano a giorno la stanza del camino, dove Olimpia aspettava che almeno uno dei due amici la raggiungesse. Fillide stava ancora cantando nella vasca mentre Xena era andata a cambiarsi e non aveva ancora fatto ritorno.

Le fiamme danzavano nevrotiche, costantemente animate da legnetti secchi che il bardo vi lasciava cascare per ammazzare il tempo dell’attesa. L’odore della legna arsa e l’aria fredda proveniente dagli spifferi le portavano nuovamente in ricordo le sere passate abbracciata a Brunhilde davanti al focolare. Ancora una volta aveva quella visione: correva nei corridoi per raggiungere la sua stanza e, quando finalmente le porte si aprivano, lei era lì, nelle sue trecce color oro e gli occhi verdi brillanti e felici. Ricordava il suo profumo e la levigatezza della sua pelle.

Si strinse in un abbraccio solitario cercando di scorgere quel tepore che l’anima della valchiria sapeva infonderle, ma una nota acuta di Fillide la riportò bruscamente alla realtà. Senti scricchiolare il pavimento e si raddrizzo con la schiena. Xena era davanti a lei con due boccali di legno in mano. Aveva un’espressione cupa in viso e Olimpia era pronta a scommettere che avesse capito a cosa stesse pensando. Xena sapeva avere un passo felpato; poteva essere stata nascosta dietro la porta abbastanza a lungo per vederla fantasticare e abbracciarsi. Abbassò lo sguardo come ad ammettere la colpevolezza dei suoi pensieri.

Le due rimasero in silenzio e immobili nella stanza.

Starà pensando cosa fare. Infondo, se ha intuito che pensavo a Brunhilde potrebbe risentirsene e lasciarmi qui a rimuginare sul passato. Oppure potrebbe scagliarmi addosso un boccale. Oppure potrebbe tentare di parlare con me. Oppure… non so.

Xena si sedette sull’altra sedia posta accanto al fuoco. Reggeva ancora in mano le due caraffe e le osservava. Trasse un profondo sospiro e ne porse una alla bionda.

Olimpia rimase abbastanza stupita e allungò incerta la mano per prendere il boccale.

- È peggio di una donna - sentenziò la guerriera alzando il boccale in cenno di brindisi, assaggiandone poi il contenuto approvandone il gusto.

- Tu.. non ti lavi? – chiese titubante il bardo

- Per fortuna ho un caminetto anche nella mia stanza. Se dovessi aspettare lui potrei fare i funghi…un po’ di acqua ed un secchio ed il bagno è fatto. -

Olimpia la osservava incerta. Se Xena aveva capito che stava pensando a Brunhilde, come poteva essere cosi serena? La osservò bere nuovamente di sfuggita poi concentrò l’attenzione sul proprio boccale.

- Cos’è? -

- Birra -

Il bardo porto la caraffa alle labbra.

- Una birra scura. Fillide ne ha comprata una botte. Diceva che ti avrebbe fatto piacerle berla. -

L’ amazzone sorseggiò.

- È una birra scura tipica delle terre del Νord - concluse la guerriera, finendo il suo boccale a grandi sorsi.

Il bardo allontanò subito il contenitore dalle labbra e osservò contrariata l’amica.

- Xena… -

- Ne vuoi ancora? -

- Xena.. no..-

- Beh, io mi servo ancora, è buona -

Olimpia rimase in silenzio mentre la guerriera andava e tornava dalla dispensa.

- Vuoi davvero festeggiare il tuo genetliaco? – domandò poi, riprendendo a sedere

- Solo se anche a te va bene, infondo questa è casa tua-

- Già - disse Xena mentre faceva ciondolare il piede della gamba accavallata.

Un altro silenzio accompagnato un lungo sorso da parte della guerriera.

- Devi… berla con calma…- suggerì il bardo

- Come? -

- Devi berla con calma… Devi…lasciare il tempo alla schiuma di raggiungere perfettamente l’orlo e poi… beh, poi puoi berla…ma a piccoli sorsi…per assaporare l’aroma della tostatura dei.. - ma si fermò- Xena la stava guardando rattristata.

- Sei un’esperta - commentò sarcastica.

- No… e poi non è nemmeno una delle birre di quei luoghi. Fulla era molto selettiva: Solo prodotti delle loro terre. - Un leggero sorriso le si disegnò inconsciamente sul viso mentre lo sguardo si smarriva nel boccale.

- Fulla? -

Olimpia si rese conto che stava parlando troppo. Non era pronta a raccontare a Xena della sua vita con Brunhilde ed era certa che Xena non fosse pronta per ascoltarla. Divenne rossa in viso.

- Non hai mai retto bene l’alcool - osservò Xena cambiando discorso. Effettivamente anche lei non voleva affrontare l’argomento. Non ancora.

- Già - disse sorridendo l’amazzone.

Un boato squarciò l’aria e l’oscurità facendo sobbalzare dalla sedie le due guerriere. Quello spavento fece saltare fuori dal boccale di entrambe una consistente dose di birra.

- Giornata incantevole per testare una birra così costosa - commentò ironica la principessa guerriera.

Un canto senza senso riempì la stanza rendendo il silenzio di Olimpia meno imbarazzante. Lei stessa ne sorrise.

Xena si mise comoda con i piedi vicino al caminetto dando di conseguenza le spalle all’amica

- Prima o poi uscirà di là… - commentò bonariamente

- Chissà che sta facendo- si domandò la barda.

Dalla stanza della vasca Fillide sedeva sul bordo pietroso con le gambe ciondolanti e le mani sulle ginocchia come un fanciullo; era già asciutto, vestito e sorridente con l’orecchio teso verso la porta.


Durante la lunga e vana attesa, con il rumore della pioggia sul tetto e la birra scura in corpo, Xena si assopì e il suo boccale scivolava lentamente tra le dita. Olimpia se ne accorse e tentò di sfilarglielo per poggiarlo sul tavolino accanto. Mentre ci provava, sperando di non svegliare l’amica, inevitabilmente la osservò. Ne rimase affascinata: vederla addormentata le dava una profonda sensazione di pace…La vedeva lì, giaceva mollemente addossata alla sedia, con i piedi poggiati al tepore delle pietre del camino; le scure gambe leggermente piegate; il braccio con cui reggeva il boccale era poggiato sul bracciolo, mentre l’altra mano sorreggeva la guancia destra; una ciocca di capelli si era poggiata sul collo ed era leggermente mossa dal respiro regolare e profondo della guerriera, che mostrava una dolce espressione di quiete sul viso.

Come sei bella, amica mia. Pensò il bardo mentre le toglieva il boccale di mano, sfiorandole le dita. Riconosceva la morbidezza della pelle di lei. Quella pelle che non toccava da mesi ormai. Nella mente le si affollarono i ricordi di tutti i bagni fatti insieme, dei massaggi, dei baci lenti e sensuali sul morbido collo e gli abbracci quotidiani e quelli più intensi e carnali. Cosa ti ho fatto? Si avvicinò al suo viso e il respiro caldo della guerriera l’avvolse. Voleva baciarla… pensò che forse era meglio contenere i propri istinti: erano stati due giorni molto movimentanti e troppe emozioni potevano rovinare le fatiche vissute fin ora. Eppure quel volto cosi rilassato la stava chiamando. Le si avvicinò alle labbra titubante e tremante. Sentiva il calore del suo corpo confondersi al proprio respiro, percepiva la carnosità delle labbra dell’altra, le stava sfiorando quando alla mente balzò violento il ricordo del bacio nel lago con Brunhilde. Di scatto Olimpia si allontanò dalla principessa guerriera. Si portò le mani al viso per nascondere lo spavento e la perplessità che la stavano invadendo e indietreggiando urtò contro il tavolino rischiando di far cadere il boccale. Si voltò rapidamente per bloccarlo quindi tornò ad osservare l’amica che non si era per nulla scomposta.

Meglio cosi, deve essere proprio stanca se non si è accorta di nulla

Con passo incerto camminò fino alla porta del bagno per recuperare Fillide, ma la trovò aperta. Andò allora verso la propria camera ma vi trovò il ragazzo e sentì il respiro di lui pesante: stava dormendo.

Deve essere uscito mentre parlavamo e non lo abbiamo sentito..

Si voltò ancora una volta verso la sala e intravide il corpo dell’amica dormiente. Non aveva il coraggio di tornare da lei ma dovette farsi forza e attraversare nuovamente la stanza, quindi salire le scale e raggiungere la camera che fu assegnata a Fillide e quando vi entrò, con passo silenzioso e con molta lentezza, chiuse la porta.

Solo allora Xena apri gli occhi. Erano lucidi.


Nella sua stanza Olimpia passeggiava su e giù senza sosta e a piedi nudi per evitare qualsiasi rumore che potesse disturbare gli altri.

Come ho potuto pensare a Brunhilde mentre stavo per baciare Xena. Perché? Non c’era nulla in quel momento che mi stesse ricordando Brunhilde. Perché allora? Perché??? Io amo Xena. Sento di amarla. Allora perché penso ad un’altra… penso a Brunhilde. Perché?

Si sedette sul letto con le mani tra i capelli ciondolando. Alla sua destra un tenue bagliore rosa la illuminò

- Posso? - chiese sussurrando una voce da nulla

- Venere? Sei tu? Sì, ti prego, apparimi -

La dea si mostrò lentamente con un sorriso carico di dolcezza sulle labbra

- Ciao, Olimpia cara -

- Oh, Venere, che bello rivederti! -

- Hai decisamente bisogno di me, eh? -

- Sì… - e incominciò a singhiozzare.

- Su, su Olimpia - le disse la dea mentre l’abbracciava - Sono qui per aiutarti, sfogati-

L’amazzone seguitava a singhiozzare soffocando il rumore di quel pianto tra le braccia dell’amica, che continuava ad accarezzarle i capelli.

- Perché mi succede tutto questo Venere? -

- Perché sei innamorata…-

- Ma di chi? -

- Di colei che il tuo cuore ha infranto come nessuna -

- Oh, Venere per favore, nessun tranello con me, nessun gioco. Voglio solo sapere cosa devo fare -

- Nessun tranello e nessun gioco nelle mia parole, amica mia. Questo è l’amore. Tu e Xena siete unite da un filo che io stessa non potrei mai tagliare perché più forte e più puro di qualsiasi mio intervento. Ricordi? Siete rimaste unite anche quando, dopo il crepuscolo, io persi i miei poteri. Vi siete perdonate i delitti dei vostri figli e avete vissuto insieme la morte. Insieme siete tornate alla vita e, sebbene Xena non ricordasse più chi fosse, tu eri lì con il tuo amore ad aiutarla nel ritrovare se stessa. E quante volte lei ha dato la sua vita per salvare la tua? Non è cosa da poco cara Olimpia –

- E quando è toccato a me , quando io ho perso la memoria, non ho aspettato per tradirla. Sono scappata con un'altra. Lei per lo meno si ricordava di me.. -

- Devi considerare che nel momento in cui sei rivenuta, ti sei creata una nuova identità. Volevi cominciare da zero e l’unica cosa che ti legava alla vecchia Olimpia era la tenacia di fare quello che sentivi di fare: sei scappata con Xena da ua vita che non ritenevi tua quando ti fu data l’occasione. Sei scappata con Brunhilde per lo stesso motivo-

Olimpia la osservò con le lacrime agli occhi. Quello che diceva era giusto ma non riusciva a capire come doveva comportarsi.

Le due donne si guardarono. Lo sguardo smarrito di una cercava risposte nella dolcezza dell’altra.

- Non devi scegliere chi amare. Devi scegliere quale Olimpia vuoi essere -

Detto ciò la dea le accarezzò la guancia e sparì con la stessa lentezza con cui era apparsa - Chiamami e verrò - sussurrò mentre si dileguava.

Il bardo si guardò attorno in cerca di qualcosa in cui specchiarsi. Trovò solo un bacile colmo d’acqua e vi ci si avvicinò con la candela che teneva sul comodino. Tentò di rimirasi ma l’immagine era poco visibile. Poggiò allora la candela e si lasciò cadere su letto. Rimise le mani al volto e scoppiò in un nuovo pianto.


Xena si era rimessa seduta sulla sedia ma il suo corpo aveva una postura trasandata come di una persona crollata a sedere dopo una notizia terrificante. Le braccia cadevano molli lungo i fianchi e la testa era inclinata a sinistra. Nella mente stava rivivendo la sensazione di poco prima… il calore del viso di Olimpia che fuggiva terrorizzato e la lasciava spiazzata. Che cosa l’aveva bloccata? Il pensiero di lei? Se fosse stato così, sarebbe stato davvero orribile.

Mentre si angustiava con le sue deduzioni, il tipico bagliore azzurro introdusse il dio Marte, che apparve in ginocchio alla sua sinistra con la spalla esattamente sotto la guancia della principessa guerriera

- Eh sì, mia cara Xena, è davvero doloroso quando la persona che ami ti rifugge -

Xena roteò gli occhi e con una mossa decisa si alzò.

- Neanche in momenti come questi riesci a lasciarmi in pace, vero Marte? -

- Ma sono proprio i momenti come questi che ti rendono ancora più desiderabile -

- Falla finita -

Lui le si avvicinò e le prese il volto tra le mani. Con i pollici cancellò i segni delle lacrime.

- Io non ti ho mai fatto piangere Xena -

- Perché non ti amavo - suggerì lei afferrando i polsi del dio e distanziandoli dal volto. Lui fece resistenza

- Quando capirai che ti sto offrendo l’occasione della vita? -

- E tu quando capirai che io non voglio stare con te? -

- Xena, lei ti ha tradito! E con una guerriera che è la metà di quello che vali tu! Quanto ancora devi soffrire per capire che non ti ama più, che è finita? -

Xena lo osservò negli occhi come se l’avesse colpita nello stomaco, poi si ravvide e ritrovato l’antico vigore disse

- Ma come, prima mi suggerivi addirittura di battermi per lei nella battaglia del Ragnarok ed ora cerchi di persuadermi a dimenticarla? -

- Sai benissimo che volevo solo vederti combattere e magari guadagnarci pure qualcosa -

- Tu non cambi mai -

- Io sono immortale, tesoro mio -

- Questo non implica che tu non possa migliorare -

Con una presa ferrea Marte la trasse a sé, facendola aderire al suo corpo

- Certe cose non possono migliorare perché sono già perfette e l’immortalità ne garantisce la preservazione, non trovi Xena? -

Con la mano rimasta libera Xena riuscì ad afferrare il boccale ancora pieno che Olimpia aveva lasciato sul tavolino e con mossa decisa lanciò il liquido in testa al dio

- Bevila, è buona! – ringhiò, mentre si scioglieva dall’abbraccio forzato e si indirizzava verso la sua camera.

Venere apparve alle sue spalle diretta invece nella stanza dove stava il fratello a braccia spalancate che si guardava incredulo.

- La vedo davvero dura, fratello - gli disse mentre si sedeva nella sedia lasciata libera da Olimpia alla spalle del dio. Accavallò le gambe, guardandosi attorno un po’ disgustata per l’aspetto della casa. Marte si voltò con la stessa espressione di prima e la dea, con un solo schiocco di dita, lo riportò asciutto e pulito sbuffando. Il dio si sedette al posto di Xena ruotando la sedia per vedere la sorella in faccia. Vide i boccali ormai vuoti e, con uno cenno del dito, li riempì. Ne porse uno alla sorella e fecero un brindisi con espressione sarcastica. Assaggiarono l’ormai famosa birra scura ed entrambi si scambiarono uno sguardo di consenso. Un altro tuono, anticipato da brevissime scariche, dilaniò il cielo e il suono fu cosi forte da far vibrare le ante lignee della casa. Marte ebbe un sussulto e rovesciò un po’ della birra a terra. Venere, rimasta impassibile, lo osservava rassegnata

- Giornata incantevole per bere una birra così deliziosa - provò a dire lui simulando un cin cin per alleggerire la situazione.

Venere scosse la testa e sparì nel suo bagliore rosa. Marte fece spallucce e, tracannato l’ultimo sorso di birra, svanì anche lui.


Capitolo 7 - sotterfugi

Quella notte si era addormentata così come era cascata sul letto, scomposta e senza coperte. Le ossa le facevano male ma mai quanto il cuore. Xena era distrutta. Non poteva accettare che la donna con cui aveva condiviso la vita per anni ora la evitasse del tutto. Come aveva potuto resistere al bacio? Era davvero cosi importante Brunhilde? Infondo erano state insieme poco, sia la prima volta che si erano viste sia quando le fu portata via. Che cosa aveva Brunhilde di più di lei?

Gli occhi azzurri soffrivano la luce del primo mattino. Se li coprì con una mano mentre si alzava, contorcendosi per rimettere le ossa al loro posto. Il gallo annunciava le prime ore dell’alba.

Con pochi passi pesanti raggiunse la sedia sulla quale aveva poggiato un vecchio secchio usato come catino. Immerse le mani nell’acqua fredda e si sciacquò il volto. Tamponò la pelle con un panno. Lo osservò contemplando gli aloni umidi che aveva lasciato sulla stoffa.

Devo fare qualcosa per capire.

Dalla stanza di Olimpia in cui dormiva Fillide si udì un grugnito. Xena tese l’orecchio e i suoi occhi si illuminarono. Aveva un’idea! A passi lunghi raggiunse la stanza del ragazzo e con un leggero tocco sulla spalla lo svegliò.

Mai svegliare un uomo che dorme beatamente! Fillide fece un saltone dal suo giaciglio cercando di afferrare la prima cosa nelle vicinanze da usare come arma. Per Xena fu un gioco da ragazzi immobilizzarlo tappandogli la bocca con la mano. Si guardarono negli occhi e lei gli sussurrò di fare silenzio

- Ho una commissione per te, amico mio.

Quando Olimpia si svegliò il sole era già alto. Aveva dormito abbracciata al cuscino ed ora la schiena le doleva. Con molta calma scese dal giaciglio e fece alcuni allungamenti per ristabilire il proprio equilibrio. Respirò profondamente l’aria fresca della giornata e si diresse verso la sala.

Non trovando nessuno, perlustrò rapidamente le altre stanze tutte vuote. Uscì nell’aia, controllando i dintorni e la stalla ma degli amici nessuna traccia. Pensando alla sera precedente pensò che forse Xena fosse andata alla polis con Fillide per sbrigare qualche commissione o magari per iniziare la ricerca di Virgilio. Rammaricata per non essere stata informata, decise di dedicare del tempo a se stessa.

Un giusto equilibro psichico riesce a sciogliere molti garbugli.

Sistemato una tappeto per terra, iniziò alcuni esercizi di meditazione insegnatile da Belur: li faceva sempre quando era scossa. Ciononostante non riusciva a smettere domandarsi dove fosse Xena. Ripeteva a se stessa sempre la stessa frase

Forse sono andati alla polis per acquistare i prodotti che Fillide vuole usare per il mio genetliaco. Chissà se Xena è ancora dell’idea di festeggiare. E se Xena se ne fosse andata nottetempo e Fillide l’avesse seguita per farla tornare? Se avessero iniziato una profonda ricerca di Virgilio? Chissà quando potrebbero tornare!

Il terrore che le prese a quel pensiero fu così forte che perse l’equilibrio e cadde a terra nella polvere.

Un bagliore azzurro le illuminò il volto impolverato.

- Ti dona quella povere -

- Marte, che vuoi ancora? -

- Non vuoi sapere dove è andata Xena? -

- Che cosa sai? Che cosa le è successo? -

- Oh nulla – rispose il dio mostrando scarso interesse mentre si voltava per dirigersi verso la casa.

Il bardo si alzò di scatto e lo inseguì. Entrarono e lui si diresse al caminetto. Si voltò lentamente verso l’amazzone e le puntò un dito al cuore. Lei non capiva e stava ad osservare quello sguardo minaccioso che la stava penetrando.

Con uno scatto fulmineo il dio si voltò verso l’anima del camino e dal suo dito uscirono fiamme che incendiarono i tizzoni della notte prima.

- Marte, ma che significa? Dove è Xena? – chiese l’amazzone quasi spazientita.

- Significa che se tu non la vuoi più, io farò di tutto per prendermela -

- È una minaccia? -

- Li vedi quei tizzoni? È una promessa Olimpia - le rispose sinistro.

- Tu non mi spaventi, Marte. Sono anni che andiamo avanti così e non ne concludi mai nulla - rispose lei a tono.

- Oh, ma sta volta hai fatto un passo falso. Lei dov’è? Oh, non è qui! – disse sardonico il dio.

Il dubbio che Xena se ne fosse andata per sempre la stava attanagliando.

- Dov’è? - chiese facendosi forza per rimanere minacciosa.

- Adesso basta fratello - esclamò Venere apparsa all’improvviso.

- Lascia stare Olimpia e vieni con me, abbiamo da fare – e, presolo per un braccio, guardò l’amica con un sorriso compassionevole prima di dissolversi.

Perché mi ha osservato così? Cosa voleva dirmi? Venere ritorna presto ti prego!

La dea riapparve da sola

- Non posso soffermarmi a lungo cara Olimpia, sappi solo che Xena tornerà -

- L’hai vista? Dove è andata? -

- Diciamo che aveva bisogno di sfogarsi un po’, ma non temere farà rientro presto -

- E Fillide? -

- Uhm... di quell’idiota non so nulla - rispose cambiando decisamente tono e con un gesto birichino della mano salutò e svanì.

Olimpia si portò una mano alla fronte.

Mi sta sfuggendo tutto di mano. Chi voglio essere? Perché Xena è andata via? A sfogarsi? È andata a combattere qualcuno senza di me? Con Fillide forse? Per gli dei, sento che potrei impazzire!

Prese i sais e andò ad allenarsi contro lo stesso tronco del giorno prima.

Xena e Fillide rincasarono nel pomeriggio inoltrato e trovarono la barda intenta a curare gli animali nella stalla. La principessa guerriera proseguì dritta verso la sua stanza, senza salutare l’amica. I suoi occhi caddero sullo scrittoio della stanza dell’amazzone. C’era una pergamena aperta. La tentazione fu forte. Quatta quatta poggiò le bisacce a terra e vi si avvicinò.

caldo è l'orrore che mi pervade pensando al tuo amore che non posso avere. il sole arde ogni mia speranza mentre affannata certo la tua essenza”

ricordami chi sono per amarti perché di me nulla rimane che un aspro passato”

perdonami perché io non so farlo. E amami giacché io non so più amare”

La tua assenza nella notte mi accompagna, con la distanza che toglie forza ad ogni mio sogno. Le mie mani ti cercano, ma ad esse risponde solo il freddo di un’aria tagliente e vuota. Se è così che devo vivere, allora prego le Parche: voglio scontare la mia pena tra le braccia di Morte, piuttosto che trascinarmi in un’esistenza di cui tu non sia parte. Esito anche a respirare quando il vento mi avvolge con il tuo odore. O è solo la mia mente che torna inesorabilmente a te? Ascolta le mie preghiere, Morte, prima che la follia mi inaridisca”

Il rumore del legno scricchiolante le fece capire che era giunto il tempo di abbandonare la stanza. Così come era entrata, furtivamente, scomparve.

Poco dopo Olimpia bussò alla sua porta

- Ciao -le disse con faccia preoccupata

- Hei -rispose la guerriera seduta su letto

- Dove sei stata? -

- Ha importanza? -

- Per me sì -

- Ero al villaggio -

- Hai combattuto? -

- Anche questo ha importanza? -

Le due si scambiarono uno sguardo silenzioso e carico di rammarico. Olimpia abbandonò la stanza affranta e convinta che Xena la detestasse; che avesse percepito cosa le aveva impedito di baciarla la sera prima?

In quel mentre passava Fillide, che entrò al suo posto.

- Xena, ho fatto come mi hai detto, ora preparo le mie bisacce e tenterò di raggiungere al più presto quel villaggio! -

- Ottimo, bravo ragazzo -

- Hem... Xena… sei davvero certa di voler fare quella cosa con Marte? -

- Non sono affari tuoi -

- Si ma se Olimpia lo scoprisse… -

- Ti ho detto che non sono affari tuoi.. né suoi. Ora vai -

I due si congedarono con un cenno del capo. Si sarebbero rivisti poco dopo nella sala dove sedeva anche Olimpia.



- Sorella, ti dico che è l’occasione giusta. Lasciami fare e vedrai che metterò fine a questa “tragedia” una volta per tutte - disse arrogantemente Marte passeggiando nella grande sala degli dei sul monte Olimpo

- Sei un illuso - gli rispose la dea, spiluccando dell’uva dal suo trono

- È stata lei a offrirsi, farò come mi ha chiesto e così le dimostrerò che l’amo davvero. Non potrà resistermi oltre! -

- È una donna furba Marte, quante volte ancora vuoi farti gabbare da lei?-

- Oh, sorella mia, questa volta la tua cara amica Olimpia ha fatto il passo più lungo della gamba ed io conosco Xena. Sta disperatamente cercando qualcosa che faccia rinsavire il suo bardo e se anche quel tentativo fallirà allora la abbandonerà per sempre... E sarà mia -

- Lei ti ha detto cosi? -

- Ovviamente -

- Ti ha proprio detto che se fallirà sarà solo tua? Bada bene a ciò che dice, sai che le astuzie della lingua ingannano la mente -

- Finiamola con questi discorsi - sentenziò lui, sfoderando la spada e iniziando a farla roteare per esercizio.

- Ti devo ricordare che hai perso la tua immortalità per lei? Hai salvato Olimpia ed Evi per lei perché sapevi che lei non sarebbe sopravvissuta senza di loro. E credi davvero che ora ti si concederà così facilmente? -

- DANNAZIONE, MA CHE RAZZA DI DEA DELL’AMORE SEI? – tuonò il dio puntandole la spada alla gola.

- Io sono la dea dell’amore - rispose in tono grave l’altra e svanì lasciando cadere a terra gli acini che rotolarono fino al piede di Marte

- Lei sarà mia! - ruggì l’uomo e con il piede schiacciò i frutti a terra.



- Fillide, ma dove vai? - chiese il bardo, vedendo l’amico che trasportava due grosse sacche sulle spalle.

- Hem.. io beh ecco.. ho avuto notizia che ad Tebe c’è un bel ragazzo che scrive poemi… già.. e ho pensato potesse essere Virgilio… e quindi… sì, ecco -

- Fillide va ad Tebe in cerca di Virgilio per portarlo qui in tempo per il tuo genetliaco. È cosi difficile da dire Fillide? - intervenne imponente la principessa guerriera.

- Quanto starai via? - domandò titubante il bardo

- Tornerò in tempo per la festa, non temere -

- Hai molte cose con te -

- Hem.. già.. mah.. sai.. -

- È meglio che tu parta Fillide, prima che si faccia buio - ordinò tra le righe la principessa guerriera.

- Non è meglio che parti domani con le prime luci? - chiese ancora il bardo

- C’è un carro diretto proprio a Tebe che parte dal villaggio vicino. Carro che potresti perdere se non ti muovi!- intervenne la guerriera.

Fillide annuì e, sistemati i calzoni, si congedò traballando sotto le sue borse.

Le due rimasero sole.