I
MUST GO
di
BattlingBard
Ho sempre scritto fan fiction che, per lo più, sono state sempre
cestinate...chissà perché poi. Beh per impedirmi di
fare lo stesso questa volta ho deciso di pubblicare a capitoli questa
storia che -credetemi- non so ancora come continuare nel particolare.
Quindi per qualunque suggerimento, critica, o comunque per qualunque
cosa, mi contatti all'indirizzo e-mail.
Ringrazio BaschVonRosemburg per la gentile partecipazione e ricordo
che i personaggi di Xena e Gabrielle appartengono ai rispettivi autori.
CAPITOLO
I
Gabrielle guardò attraverso le fiamme e la vide, bella, come
non era stata mai nella sua vita. La sua donna. La mia donna, pensò
e le parve che quel meraviglioso sogno non fosse destinato ad avverarsi
mai e che negli anni a venire avrebbe continuato a vagare per le sperdute
terre di Grecia -e anche oltre- senza essere autorizzata ad avvicinarsi
a lei, a baciarla. A sussurrarle: ti amo. Ti amo. Che splendido momento
sarebbe stato quello e poi si sarebbe abbandonata alle sue braccia,
e avrebbero fatto l’amore, ancora e ancora sino al sopraggiungere
dell’aurora. <<A cosa pensi?>> Xena parlò
mentre smuoveva la brace e la sua voce le giunse lontana come in un
miraggio, in un sogno -in un desiderio. Alzò gli occhi e incontrò
i suoi ma non resse lo sguardo di lei e lo abbassò di nuovo,
colpevole.
<<Niente, pensavo a come potrebbe essere diversa la nostra vita>>
Xena gettò lontano un tizzone e si alzò in piedi. Gabrielle
la guardò compiere quel semplice movimento e fu sicura che
quella donna fosse l’essere più bello del creato, quello
che in qualche modo rappresenta il grado più alto delle cose
alte, il culmine dell’armonia insita nei meandri del tutto.
<<E come potrebbe essere?>> Le chiese e venne a sedersi
accanto a lei, incrociando le gambe, fissando un punto indefinito
al di sopra delle fiamme.
<<Non lo so, ed è questo che mi spaventa. Non riesco
ad immaginarmi in altro luogo che non sia questo. In altro luogo che
non sia accanto a te, Xena. E poi penso a questa vita che conduciamo
e beh...Se ti succedesse qualcosa io...>> La donna impedì
di continuare. <<Non mi succederà nulla, non adesso che
ho trovato te, che illumini la mia vita con la tua giovinezza e che
mi guidi ogni volta che non so cosa fare, con la tua innata saggezza.
Ho troppe a cui rimediare per andarmene adesso, Gabrielle>>
La fanciulla sorrise.<<Sono davvero così importante per
te?>> Silenzio. Silenzio. Silenzio durante il quale la bionda
non potè fare a meno di trattenere il respiro. Poi Xena parlò
<<Si. Si lo sei, non dubitare mai di questo>> e Gabrielle
fu sicura di vedere i suoi occhi farsi lucidi e le ciglia trattenere
le lacrime che lottavano per sgorgare. Ma non disse più nulla.
Le accarezzò le ciocche nere, le diede un bacio sulla fronte
si distese sul suo giaciglio e si addormentò. Xena sospirò
e si voltò a guardarla. Era bella e dolce come una bambina.
Era giovane, forse troppo e, Dei, come poteva portarle via la libertà
di scegliere, in questo modo? Oh no, no poteva! Non poteva anche se
l’amava e di lei aveva bisogno come l’aria che si respira.
E poi...”la spaventa”. La spaventa non sapere cos’altro
esista al di là di questa vita? O la spaventa questa vita che
la obbligo a condurre? O Dei non lo so, non lo so. Gettò un
ceppo sul fuoco, gettò a terra la sua spada, pianse e si avvicinò
a Gabrielle che dormiva e non ebbe il coraggio di svegliarla e dirle:
Amore, ti prego un ultimo bacio. Vado via.
Passarono pochi istanti, dei minuti. No passarono delle ore perché
quando si svegliò il sole si intravedeva già dietro
i monti. Un presentimento la trafisse come una spada. Aprì
gli occhi e per prima cosa voltò il capo verso lei, credendo
di vederla dormire, credendo di aver ancora il tempo di osservarla
prima che si svegliasse e qualche mortale pericolo venisse loro incontro,
come tutte le mattine. Non la vide. E...Xena...Xena, dove sei? Non
vide nemmeno le pelli del suo giaciglio. Non vide la sua spada poggiata
sul terreno ad attendere il ritorno della sua padrona. Non la vide,
semplicemente perché non c’èra. Si alzò
di scatto, corse fra gli alberi, ammirò da lontano il lago,
gridò con quanto fiato aveva in gola ma non ottenne risposta.
<<Xena, Xena lo sai che non mi piace stare da sola. Xena dove
sei, ti prego, non farmi preoccupare! Xena!>> Credette di morire
in quell’istante. Non vederla dopo tante lune trascorse insieme,
non sentire i suoi passi concitati svegliarla, non osservarla dormire
serena. Non. Non poter scrutare sottecchi le sue labbra rosee, mentre
il suo corpo le cercava e la sua mente sussurrava: no, no Gabrielle.
Non puoi. Non adesso. Non devi. Non devi. Amala, ma amala in silenzio
e non dire mai una parola. <<Xena...>> sussurrò,
a se stessa. <<Dove sei, amica mia?>> e in quel momento
seppe con certezza che Lei non sarebbe tornata.