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Quarta fatica: Il cinghiale dell'Erimanto

Come quarta fatica, Euristeo ordinò ad Eracle di catturare vivo il cinghiale Erimanzio, che infestava le pendici del monte Erimanto. Il nome derivava dal figlio di Apollo che fu accecato da Afrodite per aver osato vederla bagnarsi. Apollo, allora per vendicarsi, si trasformò in cinghiale ed uccise Adone, amante della dea. Sulla via per il monte Erimanto Eracle passò per Foloe dove ebbe modo di uccidere Sauro, un sanguinario bandito e fu ospitato dal centauro Folo, che per l'occasione aprì la giara di vino che decenni prima Dioniso aveva lasciato nella grotta, ora dimora di Folo, proprio perché venisse aperta in quel momento. Il profumo del vino, ricco e penetrante, si diffuse ben presto in tutta la zona circostante, inebriando e facendo perdere la ragione agli altri Centauri che, armati massi e alberi sradicati, si precipitarono verso la grotta di Folo per uccidere Eracle. L'eroe, però si mostrò ancora una volta all'altezza della sua fame e riuscì ad uccidere gran parte dei Centauri. Disgraziatamente però una delle frecce di Eracle (quelle che egli stesso aveva intinto nel sangue dell'Idra) colpì anche il centauro Chitone, amico e precettore del nostro eroe. Eracle, dopo aver tolto la freccia dal ginocchio dell'amico, cercò in ogni modo di curare la ferita con farmaci ed unguenti, senza avere però successo. Siccome Chirone era immortale fu costretto da allora a vivere con quel continuo e devastante dolore e si ritirò sul fondo della grotta, fin quando Prometeo, impietosito dalla sua sofferenza, non ottenne da Zeus che fosse revocata l'immortalità al centauro. Anche Folo perì in quell'occasione. Stupito dal fatto che una semplice freccia potesse uccidere i poderosi centauri, volle esaminarne una da vicino, malauguratamente gli sfuggì di mano e gli si conficcò in un piede, uccidendolo all'istante. Dopo aver sepolto Folo, Eracle diede inizio alla caccia al cinghiale. Catturarlo era impresa di non poco conto. L'eroe però ci riuscì stanando l'animale dal bosco con le grida e costringendolo a correre dove la neve era ben alta. Una volta averlo condotto in trappola, Eracle gli balzò in groppa, lo legò con delle catene e se lo caricò sulle spalle, partendo alla volta di Micene. Arrivato in città, però, Eracle venne a sapere che gli Argonauti stavano organizzando il loro viaggio verso la Colchide, così senza pensarci due volte e senza avere ulteriori ordini da Euristeo, abbandonò il cinghiale nella piazza del mercato e partì, assieme ad Ilo per unirsi alla spedizione. Non si sa chi si impadronì del cinghiale, ma Apollodoro riferisce che le zanne dell'animale furono conservate nel tempio di Apollo a Cuma.





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