Nel
regno dei Maya
di
warrior heart
continuazione
del racconto "L'ultimo warlord"
Tezca e Xena ricomparvero all'ingresso di una colossale città,
con maestose abitazioni e stupefacenti templi interamente costruiti
in oro. La guerriera rimase sbalordita: non aveva mia visto nulla
di così grandioso; le case si estendevano a centinaia, sembravano
di-sposte in un ordine preciso che Xena non riusciva a spiegasi; ma
non erano di certo col-locate a caso. Tutte quante avevano dipinto
su una delle facciate animali, uomini, scene di vita o riti strani.
La gente era vitale, i bambini correvano per le strade e giocavano
feli-ci, le donne si occupavano delle faccende domestiche e gli uomini
si raggruppavano per discutere, o magari solo per conversare. Gli
abiti indossati dagli uomini erano simili a quelli di Puch e Tezca;
mentre le donne vestivano lunghe vestaglie che variavano di colo-re;
dal bianco al giallo, azzurro, arancione, viola, fino al rosso scarlatto.
Esse portavano preziose collane in oro, e bracciali, orecchini, anelli;
perfino le cinture che legavano alla vita erano in oro. Xena non ne
aveva visto mai così tanto tutto in una volta
i templi,
poi! Quelli si che avrebbero fatto perdere la testa alla gente della
Grecia: persino i muri erano fatti in oro. Sembrava che quel materiale
prezioso sbucasse dal terreno; o magari piovesse dal cielo. Mai visto
nulla del genere! "Avete molto oro, qui" "Sicuro"
esclamò Tezca, quasi fosse una cosa normale "In queste
terre ci sono numerose miniere di oro da cui viene estratta ogni anno
una quantità inimmaginabile di questo metallo. Dato che non
è adatto per costruire armi, lo usiamo per fare decorazioni"
"Ci sarebbe gente capa-ce di portarsi via l'intera città
per ingordigia, in Grecia" "Sul serio?!? Da noi non vale
poi molto
piuttosto quel che ci costa caro sono le spezie"
Buffo. Le regole sembravano in-vertite in quel bizzarro mondo: quello
che nel mondo conosciuto era ritenuto prezioso, lì non valeva
nulla; ciò che era considerato economico, a buon prezzo, in
quella strana ter-ra valeva una fortuna. Una risata scaturì
spontanea dal petto della guerriera "Che ci trovi di tanto divertente?"
"Da noi è esattamente l'opposto
" "Entriamo
nella città, abbiamo un compito da assolvere" "Giusto"
concluse Xena ritornando seria. Dovevano salvare Gabrielle. Quel maledetto
non l'avrebbe passata liscia; aveva sgarrato una volta di troppo e
quell'errore gli sarebbe costato la vita. Rapire la giovane poetessa
era stato l'errore più grosso della sua vita. Non avrebbe dovuto
portargliela via. Avrebbe subito tutta la rabbia di Xena. "Che
cosa c'è di così importante in questa città?"
"Uxmal è la città natale di Puch; potrebbe essere
qua" "E se non lo fosse?" "Vedi quella collina,
laggiù in fondo?" "Sì, e allora?" "C'è
un tempio enorme. Quello è il tempio più grande dedicato
ad Ah Puch; il suo preferito. Di solito si trova lì dentro.
Certo se non è impegnato a
" "Che cosa?"
"
a mettere in pericolo l'ordine galattico" "Di
cosa stai parlando?!?" "Niente, lascia stare" 'ordine
galattico
che razza di diavoleria è mai questa? A me non
piace per niente il luogo in cui mi ha portato. I templi sono in oro,
la gente è piena di oro. Troppo strano per i miei gusti. Secondo
me questo Tezca, o come diavolo si chiama, non me la racconta giusta.
Devo assolutamente fare luce su tutto' I due attraversarono la città
e sa-lirono su per la collina. Xena era taciturna e pensosa; eppure
Tezca era sicuro che avesse un milione di domande da porgli. Sarebbe
stato più che disposto a risponderle, se solo lei si fosse
decisa a parlare "Non ti senti bene?" "No, anzi
"
niente, non chiese niente. Il dio iniziava a preoccuparsi. Che avesse
reagito male a troppe novità in così poco tempo? Era
sospettosa, forse non si fidava di lui. Ne aveva piena ragione: ella
veniva da un mondo completamente diverso da quello; una realtà
in cui bisognava essere scaltri, forti ed estremamente astuti per
riuscire a sopravvivere. Xena era una donna eccezionale, a-veva un
ingegno sorprendente; un'acutezza incredibile ed un animo buono, generoso,
pronto a soccorrere buoni e cattivi indiscriminatamente (bè,
forse i cattivi un po' me-no
) avrebbe potuto condurre una vita
da regina, e da quanto sapeva del suo passato poco ci mancò
che accadesse; ma poi aveva incontrato Gabrielle e tutto era cambiato.
Aveva iniziato ad usare le proprie doti per aiutare chi aveva bisogno,
vagando per il mondo seguendo il richiamo delle persone in difficoltà;
balzando di paese in paese per sconfiggere persone crudeli ed infami
come
Puch. Il rapimento della giovane proba-bilmente l'aveva sconvolta.
Decise che era meglio prendere l'iniziativa "Senti, Xena, so
che non ti fidi di me, ma devi sforzarti. Io posso aiutarti, sono
l'unico qui che ha abba-stanza fegato per farlo. Per cui, ti prego,
poni tutte le domande che vuoi. Io risponderò" "Allora
primo!
Che diavolo vuol dire 'ordine galattico'? Poi; devi raccontarmi un
po' di più sulla cerchia di dei che regnano in questo mondo
strambo" "Risposta numero uno: l'ordine galattico è
l'ordine del cielo, degli dei, l'equilibrio precario che tiene in
piedi il mondo. Risposta numero due: come avrai già capito,
questo luogo è dominato da due diverse famiglie di divinità.
Una è quella degli aztechi; l'altra è quella dei maya.
Io faccio parte della prima casata; rappresento il cielo, la provvidenza,
sono inoltre l'inventore del fuoco" "Impossibile! Fu Zeus
ad inventarlo, e Prometeo a portarlo agli umani!" "Certo,
nella Grecia è andata così; ma nel regno azteco le cose
sono diverse. Con me ci sono an-che Xepa Totec, dio dell'ovest, dio
della guerra, della caccia, del suolo, padrone del mondo corrisponde
un poco a colui che chiamate Zeus. Poi c'è Quetzalcoatl, dio
dell'est, che è il padrone del vento e protettore degli artigiani.
È molto attraente; corri-sponde per ruolo alle divinità
che chiamate Aphrodite, o Diana, a scelta. Huitzilopochtili invece
è il dio del sud, ma non lo frequento molto quindi non saprei
di preciso quale è la sua funzione
ci sono inoltre Tlaloc,
dio della pioggia che lancia saette sulla terra, Coat-licue, dea della
terra, madre di Huitzy (come aspetto e carattere è molto simile
a Giuno-ne) e Xochiquetzal, dea dei fiori (lei invece è molto
attraente e gentile; non farebbe mai del male a nessuno) per finire
c'è Xochipilli, sua sorella, dea della bellezza. Le divinità
Maya invece sono Hunab, anch'egli affine a Zeus, Totec; Itzamma, dio
del cielo, figlio di Hunab. Egli ha fatto dono alla propria gente
della scrittura e del calendario" "Calendario? Di cosa si
tratta?" "È uno strumento con il quale possiamo contare
giorni, lune, lu-stri. Un altro dio spesso assieme ad Itzamma è
Kinch Ahau, divinità del sole, un altro lo-ro compare è
Chaak, dio della pioggia. Detto fra noi non è per niente bello:
è basso, paf-futo con un lungo naso
un dio pacifico è
Yumtaax, divinità protettrice dei raccolti. U-n'altra divinità
benigna è Kukulcan, dio del vento. Infine vengono Ah Puch,
dio della morte ed Ek Chuah, divinità della guerra. Ecco, questi
sono gli dei maya ed aztechi. Soddisfatta?" "Vedo che le
cose sono molto simili qui
" "Certo, il carattere degli
dei aztechi e maya è molto simile a quello dei greci: pigri,
svogliati, arroganti, prepotenti, bu-giardi, meschini. Malgrado si
definiscano superiori, sono molto più umani di quel che vogliano
ammettere." Tempo di accorgersene, ed erano in cima. Il tempio
di Puch era maestoso, brillava di una intensa luce dorata. L'ingresso
era aperto, quasi li stesse aspet-tando. "È qui"
bisbigliò Tezca tranquillo "Come fai a saperlo?"
chiese Xena incuriosita "Sento la sua presenza" rispose
egli alzando le spalle "Un po' come faccio io con Marte"
"Sì, qualcosa del genere" "Entriamo! Dobbiamo
dare a quel cane ciò che si merita" Xe-na estrasse la
spada dal fodero e si diresse verso l'ingresso. Ella varcò
lentamente la porta seguita da Tezca, che aveva nel frattempo aveva
preso in mano la spada "Puch!" gridò all'improvviso
"Mostrati, lurida serpe!" l'uomo uscì da una porta
collocata di fronte a lo-ro. Era calmo e risoluto "Ma bene; entrate
nel mio tempio senza il permesso e vi mettete pure ad offendere
potrei
anche arrabbiarmi, sapete?" disse socchiudendo gli occhi. La
donna scattò fulmineamente in avanti e puntò l'arma
alla gola del dio. Egli non se ne ac-corse nemmeno "Ora, le scelte
sono due: o tu liberi la mia amica e ti consegniamo al giudizio dei
tuoi compari maya; o non obbedisci, ti taglio la gola e Gabrielle
la cerco da me" "Oooh, non penso proprio. Se tu mi uccidi,
la tua cara compagna farà la stessa fine. Guarda" il muro
scomparve, aldilà di esso c'era una stanza ben più grande;
ma il pavi-mento era assente: al suo posto si estendeva un colossale
dirupo che sembrava non ave-re fine. Dal tetto scendeva una corda
di luce rossastra cui era appesa come un salame la giovane Gabrielle.
Ella si dimenava, scalciava, ma l'unica cosa che riusciva ad ottenere
era di girare su se stessa e stringere ulteriormente la stretta della
corda. "Vedi, la tua cara amica è legata al soffitto con
quel fascio di energia che creo ed alimento con i miei pote-ri. Se
io morissi, la corda si disintegrerebbe e la bella poetessa finirebbe
giù nel baratro" "Sai quel che me ne importa! Sono
benissimo in grado di salvarla se la tua stramaledetta corda si spezza!"
Xena mollò la presa, corse verso la stanza. Lanciò il
chakram. Esso si divise in due. Una parte si conficcò sul muro,
l'altra andò a spezzare la corda; o per lo meno ci provò:
rimbalzò, ed andò a sfiorare il povero Tezca che schivò
per un pelo il temibile colpo. Xena atterrò sul pezzo che si
era saldamente ficcato nel muro. "Maledi-zione!" "Ah!
Ah! Ah, Xena! Non è semplice come pensi!" "Lo vedremo"
Xena prese il pugnale che teneva nascosto nello stivale e lo lanciò
contro Puch. Egli venne colpito al braccio sinistro. La resistenza
della corda iniziò a venire meno. Lanciando la spada, Xena
riuscì a spezzarla; balzò di nuovo, prese Gabrielle
al volo ed atterrò sull'altro lato della stanza, di fronte
alla porta "Stupefacente
" Xena raccolse la spada che
era caduta un poco più avanti ed appoggiò la giovane
a terra "Non te l'aspettavi, vero?" "A dire il vero
conosco molto bene le tue astuzie e mi sono prevenuto. Guarda meglio
la tua amica" La donna che aveva salvato non era Gabrielle. Le
assomigliava molto, ma non era lei "Ma-ledetto!" Urlò
Xena "La nostra disputa non è ancora terminata! Sai, la
cara Gabrielle sa-rebbe stata disposta a morire pur di non darmela
vinta, ma io non glielo permetterei mai: non vorrei che dopo tu scatenassi
la tua furia su di me" "Che cosa le hai fatto?!?" "Oh,
niente di particolare
ad ogni modo lo vedrai molto presto, quando
avrai modo di in-contrarla di persona
a Kukucha" Puch svanì
nel nulla "Dannazione!" Xena recuperò una parte del
chakram, quella conficcata alle spalle di Tezca. La lanciò
contro l'altra me-tà. Il chakram si ricompose, rimbalzò
contro il muro e tornò fra le mani della Principessa Guerriera
"Dove diavolo si trova questa città?" Dall'altra
parte del continente, più a sud" "Muoviamoci, allora"
Tezca prese Xena per mano e la trasportò nella suddetta città
"C'è una cosa che non ti ho detto di Kukucha. Era una
fiorente cittadina fino a qualche tem-po fa
poi è stata
invasa dall'esercito di Puch, che la distrusse completamente; era
l'unica che ancora non gli pagava i tributi. Ora è un cimitero
di animali selvaggi, ed una postazione per Puch. Nessun mortale infatti
ha il coraggio di avvicinarsi, ed egli può fare ciò
che vuole." "A me non fa per niente paura. Entriamo"
la cittadina (se tale la si può definire) era totalmente rasa
al suolo; nessuna casa era rimasta in piedi, i templi erano stati
smantellati, rimanevano solo le fondamenta; probabilmente l'oro era
stato fuso ed utilizzato come remunerazione per i soldati dell'esercito
di Puch. Essi non tardarono a mostrarsi: erano i difensori di Kukucha,
pronti a combattere fino alla morte per proteg-gere il proprio padrone.
E l'avrebbero trovata di sicuro, la morte, se si fossero messi contro
Xena. Ella estrasse la spada e si avventò su quelli che aveva
di fronte, ammazzan-doli uno ad uno, senza alcuna pietà. Gli
uomini cadevano come fuscelli sotto i pesanti colpi dell'arma. Prese
in mano il chakram e lo lanciò, esso rimbalzava da un lato
all'altro delle strade, compiendo delle vere e proprie stragi: nessuno
era in grado di evitarlo. An-che Tezca si buttò nella mischia
(quasi ce ne fosse il bisogno
Xena li stava uccidendo tutti da
sola!) e prese a combattere con quelli che venivano dai lati. La sua
spada era spe-ciale: ogni fendente provocava una forte folata di vento
che andava a tranciare come una falce i malcapitati che gli si opponevano.
In pochi minuti l'intero esercito di Puch era sconfitto; i corpi inerti
disseminati lungo le vie della città, a coronare un paesaggio
di di-struzione e morte. "Dove potrebbe trovarsi Puch?"
"Laggiù, alla fine della città: una vol-ta c'era
un tempio di Kukulcan. Era molto ampio e Puch deve essersene sicuramente
impossessato" Tezca fece strada a Xena lungo le vie della cittadina,
la camminata era un vero e proprio zigzagare fra i corpi dei soldati.
"Sbrigati!" Xena non aveva più pazienza, era a dir
poco furiosa. Voleva uccidere Puch, ma soprattutto liberare la propria
amica. Aveva il terrore di scoprire cosa potesse aver fatto Puch a
Gabrielle, di come avrebbe potuto cambiarla. Non voleva vedere la
sua giovane compagna cambiare, scrutare nel profondo dei suoi occhi
e capire che la luce era svanita. Non se lo sarebbe mai perdona-to.
In fondo era colpa sua se la mite poetessa era stata trascinata in
quel mondo di guer-rieri feroci e crudeli, dove solo chi aveva coraggio
e fermezza sopravviveva. Sarebbe sta-ta sicuramente meglio a Poatidea,
nel suo piccolo villaggio, conducendo una vita tran-quilla e spensierata
"Siamo arrivati" "Cosa?" "È questo
il tempio" "Ah
d'accordo" Per la seconda volta,
Xena varcò l'ingresso del tempio in cui si sarebbe dovuto trovare
Ah Puch. Ormai il sole stava per tramontare, e le stanze erano tetre,
avvolte dall'ombra. E per la seconda volta in quel giorno, gridò
"Fatti vedere, Puch, maledetto!" egli comparve di fronte
a loro "Hai un bel modo di invocare gli dei!" "Sai,
sono abituata così. Veniamo al dunque. Do-ve si trova Gabrielle?!?"
"Piano, piano, fra poco ci arriveremo" egli si voltò
ed aprì la porta di fronte a sé, che dava ad un immenso
salone. Esso era probabilmente usato dai soldati per allenarsi, a
guardare l'arredamento. Alla sinistra, impegnata in un combatti-mento
con un soldato, c'era la bardo guerriera "Gabrielle!!" esclamò
Xena; felice anche se terribilmente preoccupata. La donna infatti
si voltò e la guardò disorientata, come per chiedersi
chi fosse quella straniera che la aveva disturbata. Era lei, o un'altra
che le asso-migliava? Se era lei, perché non le aveva risposto?
Che voleva dire quello sguardo indaga-tore? Perché non l'aveva
riconosciuta? "Gabrielle
sono io" lo sguardo della
giovane sembrò più accigliato "Tu
chi? Ci
siamo già viste?" chiese venendole incontro "Ho questa
strana sensazione di familiarità con il tuo volto
"
aggiunse giungendole di fron-te. La poetessa ora indossava abiti da
combattimento simili a quelli amazzoni, ma più pregiati, di
miglior fattura; con le spalline in oro ed una corona di piume, dei
polsini in ferro e calzari in cuoio. Per il resto era come sempre.
Certo, se si escludeva il fatto che non era più lei. Xena guardò
Gabrielle intristita, e si voltò verso Puch "Che diavolo
le hai fatto, maledetto?!?" venne colpita da una bastonata in
volto "Non ti permetto di offen-dere il mio padrone e dominatore
assoluto!" esclamò la giovane. Era stata lei a colpirla
"Oh, semplice
ho annullato la sua memoria, l'ho trasformata
in una mia fedele servitri-ce" "Sembra che voi dei non sappiate
fare altro!" gridò Xena furiosa, riferendosi alla precedente
avventura con Seth. Si rialzò lentamente e si avviò
in direzione di Puch. Gli arrivò tanto vicino da sussurrargli
all'orecchio "Falla tornare quella di un tempo o giuro che finirai
davvero male" "Non mi puoi uccidere nemmeno stavolta: solo
io ho il potere di restituirle i suoi ricordi" "E chi ha
detto che ti voglio uccidere?" Xena usò il pinch sul dio.
Egli cadde in ginocchio boccheggiando. Non era mai stato colpito da
un attacco così devastante. Gabrielle fece un passo all'indietro.
Ricordava quel tocco. Un ricordo le ba-lenò in mente "Se
solo mi rimanessero trenta secondi di vita è così che
vorrei viverli, guardandoti negli occhi
" e la persona che
pronunciava quelle magiche parole era pro-prio colei che aveva attaccato
il suo signore. Perché le era passato per la mente un pen-siero
simile? Era una prova del fatto che quella donna l'aveva già
incontrata. E poi quegli occhi
erano così tristi, disperati,
come se cercassero qualcosa nei suoi senza trovarla. Sosteneva di
conoscerla, ma come faceva se Gabrielle non aveva la minima idea di
chi el-la fosse? Non sapeva nemmeno quale fosse il suo nome
però
avrebbe dovuto agire, per aiutare uno o l'altro contendente. Ma chi?
Il proprio padrone o quella straniera dallo sguardo conturbante? Infine
si mosse e puntò il bastone alla gola della straniera "Ritira
subito il tuo incantesimo!" "Ah, non ti preoccupare
l'hai
scordato? Trenta secondi e la smetto" Un altro ricordo le invase
la mente. Vide quella donna fare lo stesso trucco ad un uomo, e poi
dire "Ho bloccato l'afflusso di sangue al tuo cervello. Ti restano
solo trenta secondi di vita, a meno che tu non mi dica tutto quello
che sai" "Trenta secondi" ripeté pensosa. Aveva
sentito quella frase milioni di volte, ne era sicura. Ma non ricorda-va
nessuna delle occasioni, tranne quelle due che aveva mentalmente rivissuto.
Xena la prese per le spalle "Stai bene?" "Lasciami!"
la regina amazzone si divincolò fino a libe-rarsi dalla presa
della guerriera. Puch era ancora in ginocchio, boccheggiante. Xena
lo li-berò dalla mossa ed egli poté di nuovo respirare.
"Visto?" "Qual è il tuo nome?" chiese la
giovane confusa "Sono io, Gabrielle
Xena" "Gabrielle?
Chi diavolo è? Il mio nome è Chaka" "Stai
scherzando, vero? Tu sei Gabrielle, sei nata a Poatidea! Non ti viene
in mente niente? Tua sorella Lila" "Credo proprio che tu
mi abbia scambiato per un'altra: io sono nata a Kebek, e non ho una
sorella, ma un fratello, Nox" "Vedo che Puch è riu-scito
ad inculcarti per bene tutte quelle bugie" "Attenta a quello
che dici, straniera!" e-sclamò facendo un passo indietro
e puntandole il bastone addosso "Usi il bastone
ma bene,
vediamo se ricordi ancora come si fa" Xena prese la propria spada.
Gabrielle (o Chaka, che dir si voglia) scattò in avanti e cercò
di colpire la Principessa Guerriera al fianco destro ma ella schivò
abilmente il colpo e spezzò la punta del bastone con la spa-da
"Che bello vedere due eterne amiche darsi battaglia fino all'ultimo
sangue" sospirò Puch mettendosi a sedere "Vieni qua,
Tezca, e goditi lo spettacolo" "Non penso proprio mio caro"
disse egli traendo la spada dal fodero "Io dico sia meglio far
tornare la memo-ria alla giovane Gabrielle, tanto per cominciare,
poi potresti consegnarti al Consiglio dei maya" "Ah, non
ti preoccupare. Per quanto riguarda la giovane Gabrielle, Xena è
perfet-tamente in grado di fargliela tornare. Deve solo recarsi nel
mondo Zikh e recuperare i ri-cordi della giovane. E per la faccenda
del Consiglio
bè, aspettiamo di vedere come fini-sce lo
scontro e poi sono disposto a consegnarmi" "Cosa?!? Non
opponi resistenza? Ed allora perché tutta questa messinscena?"
"Sai, avevo deciso di farla finita ancora prima di andare in
Grecia, insomma
sono stufo di questa insulsa vita; mi rimaneva
una sola cosa da fare: scontrarmi con la valorosa Xena, colei che
ha sterminato i potenti dei greci, Tut-to il resto è stata
una farsa, solo per rendere più stimolante la cosa. Ora che
ho provato di persona la sua grandezza, posso ritenermi soddisfatto.
Andiamo subito, meglio non farli aspettare troppo" "D'accordo"
disse Tezca un po' perplesso. I due si trasportarono al Consiglio
maya. "Ehi, Tezca
Questi dei! Ti lasciano sempre quando
hai più bisogno di loro!" Gabrielle sferrò una
poderosa bastonata al fianco sinistro della guerriera che ac-cusò
il colpo, si contorse un poco, fece qualche passo indietro e sorrise
soddisfatta "Ve-do che non hai perso il tuo smalto di regina
amazzone" "Che diavolo
" Xena era scat-tata di
nuovo in avanti ed aveva attaccato con l'elsa della spada, colpendo
la poetessa a volto. "Ahia! Sei più forte di quel che
avrei potuto immaginare" "Sono una Principessa Guerriera!
Ricorda che sono stata io ad insegnarti quasi tutto quel che sai!"
"Stai vaneg-giando! È stato il mio signore Puch ad istruirmi
nell'arte della guerra" Tezca nel frattem-po era di ritorno.
Puch era stato scortato dalle guardie Stellari nelle prigioni del
Consi-glio, in attesa del giudizio. "Eccomi di ritorno ragazze"
Xena nel frattempo si era cata-pultata su Gabrielle, distratta, e
l'aveva messa fuori combattimento con un colpo violen-to al volto.
"Dove sei andato di bello?" "Ho consegnato Puch al
Consiglio dei maya" "Dannazione a te! Come cavolo faccio
adesso a farle tornare la memoria?" "Bè, io so come
fare. Puch mi ha spiegato come fare" "E tu ti fidi di lui?"
"In questo caso sì. Ad ogni modo, io verrò con
te, per precauzione" "Venire
dove?" "Nel
mondo Zikh, dove sono racchiusi i ricordi della tua amica. Preparati"
Xena seguì il dio perplessa, chieden-dosi cosa potesse mai
essere questo mondo Zikh, forse come il mondo di Seth? E cosa avrebbero
trovato una volta lì? Dei nemici da sconfiggere? O magari sarebbe
stato e-stremamente semplice, senza difficoltà. Tezca andò
verso Gabrielle e la prese per mano. Chiuse gli occhi e si concentrò
"Che diamine fai?!?" "Devo percepire l'essenza della
tua amica per poter raggiungere il settore in cui si trovano i suoi
ricordi
fatto" si alzò e prese un sacchetto da sotto
il mantello, da esso trasse della polvere che gettò addosso
a se stesso prima, a Xena poi. I due furono proiettati in un altro
mondo, diverso, in cui tutte le regole erano stravolte: il luogo in
cui si trovavano era strano, non c'erano muri, pavimento o soffitto,
i due galleggiavano come se fossero in acqua ma di essa non vi era
traccia. C'era del mobilio attorno a loro; degli scaffali, delle colonne,
sedie, un tavolo, ma tutto appariva distorto, quasi irriconoscibile.
Di fronte a loro una porta bianca, enorme, con un guardiano di fronte.
"Cosa? Non ci sarebbe dovuto essere nessuno a custodia dei ricordi
di Gabrielle
" "Cosa intendi dire?" "Puch
mi ha detto che non avremmo avuto difficoltà" "Non
ti devi mai fidare dei cattivi!" Il guardiano era un uomo alto,
con la te-sta di un toro, una collana dorata, dei bracciali preziosi,
una spada appesa al fianco sini-stro, una lancia in mano, il solito
gonnellino stile egiziano e dei calzari in oro. "Facci pas-sare,
guardiano" disse Tezca con tono accuratamente dosato, ma ugualmente
minaccioso "Ho l'ordine di non far passare nessuno" "Chi
ti ha dato questo ordine?" "Puch" rispose egli alzando
per la prima volta il capo e guardando i due in faccia "Razza
di vigliacco!" esclamò Xena contrariata. "Devo chiedervi
di lasciare questo posto" li esortò cortese-mente l'uomo
toro "Credo proprio non sia possibile, devo assolutamente recuperare
i ri-cordi della mia amica" "Andatevene!" rispose egli
agitando la lancia in aria "Vattene tu!" fu la risposta
secca di Xena. A quel punto il guardiano perse la pazienza e si precipitò
su di lei con la lancia spianata, la donna prese la spada e parò
l'attacco "Vuoi rovinarti con le tue mani?" ella ruotò
a sinistra e colpì l'uomo violentemente alla schiena con l'elsa
del-la spada. Era buono, non voleva ferirlo. I colpo però non
sortì l'effetto desiderato: sem-brò che il guardiano
non avesse nemmeno sentito la mazzata. Egli si voltò, prese
la lan-cia in orizzontale con entrambe le mani, la portò in
avanti e spinse Xena all'indietro. Ella riuscì a fermarsi e
afferrò la lancia a sua volta. Facendo leva sulle gambe, il
minotauro riuscì a ribaltare la donna all'indietro. La differenza
di peso era troppa: l'uomo era alto, muscoloso, una montagna. Xena
invece era sì forte, ma snella, ed anche se riusciva a bat-terlo
in agilità; sul piano della forza non c'erano paragoni. La
Principessa Guerriera si rialzò fulmineamente, ma mentre si
stava rimettendo in piedi le arrivò una sonora basto-nata in
faccia che la fece ricadere immediatamente all'indietro. Con entrambe
le gambe però ella riuscì a far cadere il guardiano
gambe all'aria. "Qual è il tuo nome?" chiese mentre
egli si stava rialzando "Mi chiamo Ximer" "Bene, Ximer,
sei molto forte. Ma ve-diamo se mi stai dietro in agilità"
Xena scattò in direzione del portone e fece cenno a Tezca di
seguirla. Egli iniziò a correrle dietro un po' perplesso. Dubitava
seriamente che la donna volesse veramente entrare. Voleva prendere
Ximer in castagna. Ma quale pote-va mai essere la sua strategia? Un
attacco incrociato? Una finta? Mah
quella donna era troppo astuta
per i suoi gusti, ne inventava troppe. Ximer era più veloce
di quel che la guerriera aveva immaginato. Era anche abbastanza agile,
malgrado l'enorme stazza, ma nella corsa faticava a starle dietro.
Voleva giungere di fronte alla porta, affiancata da Te-zca, colpirlo
con un attacco incrociato. Sarebbe stato sufficiente. Se poi si fosse
rialzato, avrebbe chiesto al dio di usare il potere del vento, senza
fargli troppo male. Era decisa-mente convinta di farselo amico; un
alleato del genere sarebbe potuto essere prezioso. Era astuto, forte,
sufficientemente veloce ed agile. Xena iniziò una virata a
V, imitata da Tezca. Erano vicini alla porta. Quando infine giunse
Ximer, era caduto nella loro trappo-la (anche se Tezca non sapeva
ancora quel che stava facendo) il dio estrasse la spada e si preparò
ad assecondare qualunque tecnica avesse in mente Xena; era davvero
un attacco incrociato. La donna usò la porta come slancio e
si gettò sul malcapitato, sempre imitata da Tezca. Entrambi
lo ferirono con la spada, al petto e ad un braccio. Quando poi gli
fu-rono dietro lo colpirono violentemente alla schiena, me egli era
un buon incassatore e sembrò uscirne illeso. Il braccio però
gli sanguinava abbastanza. "Facciamola finire qui, Ximer. Sei
un uomo acuto, e saprai di certo cosa è giusto e cosa non lo
è. Devi farci en-trare; le memorie custodite in quella stanza
sono molto importanti
ho una proposta da farti: diventa mio alleato
su queste terre, svolgendo lo stesso mio compito" "Il mio
si-gnore mi ha ordinato di non far entrare nessuno" "Avanti,
non essere ostinato. Il suo Si-gnore è in custodia al Consiglio
dei maya, non ha alcun senso continuare la spirale di malvagità
ed odio che aveva incominciato" "Il Consiglio dei maya!
Scommetto che siete stati voi a mandarcelo! Maledetti!" "No,
Ximer, si è consegnato di sua spontanea volon-tà"
Ximer fece cadere l'arma "Vi credo. Non ne comprendo il motivo,
ma vi credo. Ave-te ragione: bisogna porre fine a tutto ciò.
Potete passare; ma dovete fare attenzione: mol-tre altre insidie,
più grandi di quelle che avete affrontato finora, vi attendono
oltre quella porta" "Potresti farci da guida" "Accetto"
rispose egli riprendendo in mano la propria arma e dirigendosi verso
il portone. Lo aprì faticosamente, ed i tre proseguirono oltre.
Il paesaggio era diverso: sembrava la Grecia. E forse lo era
in
lontananza si stagliava un piccolo villaggio "Dove ci troviamo?"
"Nei meandri dei suoi ricordi" "Quella deve esse-re
Poatidea" concluse Xena "Andiamoci" ed allora il trio
si diresse verso quel che dove-va essere il villaggio natale di Gabrielle.
Non impiegarono molto tempo, non ne avevano da perdere. Poatidea era
piena di vita, la gente camminava allegra per le vie canticchiando
canzoni popolari, i bambini giocavano per le strade, le donne chiacchieravano
e gli uo-mini erano tutti nelle taverne a bere o a discutere. All'improvviso
una donna fece il suo ingresso trionfale da una piccola viuzza laterale,
sulla sinistra. Xena impallidì "Non è possibile
"
sospirò tremando. Era Gabrielle. Molto più giovane,
con dei capelli lunghi color oro, dei vestiti da paesana ed un fascio
di fiori in mano "Xena, che succede?" chie-se Tezca preoccupato
"È lo scenario del loro primo incontro" spiegò
calmo Ximer. "Non dobbiamo interferire o tutti i suoi ricordi
verranno modificati" "Come facciamo a recuperarli?"
chiese la Principessa Guerriera, ancora scossa "Intanto nascondiamoci!"
esclamò Ximer afferrando Xena per la collottola e trascinandola
in una viuzza, mentre con l'altra mano tirava nell'ombra Tezca, afferrandolo
per il mantello. "Dobbiamo anda-re fino in fondo ai suoi ricordi;
lì ci sarà un'altra sfida da affrontare, dopodiché
potrai re-stituirle i ricordi" "Muoviamoci, allora!"
I tre uscirono circospetti dal villaggio; Ximer dovette quasi trascinare
la donna di peso fuori dalla cittadina. Ce n'era subito un'altra,
a poca distanza "Strano, non ho mai visto questo villaggio"
commentò Xena perplessa "È il ricordo successivo"
quando furono vicini, la guerriera fu in grado di riconoscerlo "Oh,
per gli dei, non questo!" "Perché? Cosa è
accaduto qui?" "È morto mio figlio
e anche Speranza"
disse la donna scossa. Entrarono in una piccola casa e videro una
disperata Xena che gridava al cielo il dolore per la perdita del proprio
figlio, stretto fra le sue brac-cia. La donna non volle entrare, si
diresse in un piccolo bosco lì accanto, seguita dai due. Lì
c'era una ancora giovane Gabrielle, sempre con i capelli lunghi, ed
una bambina in braccio. Era Speranza, morta avvelenata. Il suo volto
era rigato dalle lacrime. Prese in mano il recipiente in cui era contenuto
il veleno, provò a bere. Era vuoto. Una sfortuna, o magari
fortuna. Chi lo sa? Xena era devastata, non sapeva nulla di quella
storia; o per lo meno non ricordava. "Andiamocene" sibilò
mentre cercava di trattenere le lacrime. Dopo questo villaggio ve
n'era un altro, molto più piccolo, per di più distrutto
"Qui - disse Xena ricomponendosi - ho quasi rischiato di perderla.
Avvelenata da una maledetta freccia" sbirciarono in un capanno.
Dentro c'era Gabrielle, distesa a terra, incosciente, Xena stava fabbricando
qualcosa "Non sembra un'arma" disse la giovane svegliandosi"
"Non lo è. È una barella. Ti ci sistemo su e ti
porto fuori di qui" "Perché? I persiani si sono ritirati?
Xena
non puoi fare questo. Non se sono ancora qui fuori. Sei
l'unica" "Stai calma!" esclamò Xena disperata.
Uscirono da quel ricordo, per passare ad uno deci-samente più
recente: le due erano in una cittadina nel deserto "Ah! Siamo
qui
in questo luogo abbiamo sconfitto un uomo malvagio, che vietava
alla gente di ballare" sulla destra videro Gabrielle in una scena
piuttosto esilarante: voleva chiaramente ballare, ma cercava di non
farlo vedere fermandosi quando il governatore voltava il capo dalla
sua parte e ri-prendendo quando non era vista; poi girarono ed entrarono
in un'abitazione. Qui c'erano Xena e Gabrielle distese nel letto;
ma se la prima tentava di dormire, la seconda continuava a danzare
distesa a letto. "Proseguiamo" disse Tezca "Il viaggio
è lungo" u-scirono nuovamente dal villaggio e, dal deserto,
si ritrovarono in India, in un tempio. Gabrielle era ostaggio di una
divinità malvagia, assieme ad Eli, un santone indiano. Xena
aveva chiesto l'aiuto di un dio benevolo che le aveva dato un potere
speciale, l'aveva tramutata in un semidio. Lo scontro che ne seguì
fu tremendo, ma alla fine la Principessa Guerriera riuscì a
vincere, come sempre "Questa è stata la nostra avventura
in India." Passarono oltre, in silenzio. Stavolta erano in mezzo
alla neve "No! Non di nuovo!" e-sclamò Xena. Da una
prigione furono fatte uscire, portate a forza, Gabrielle e Xena. La
guerriera però era portata a braccia, trascinata "Callisto
mi ha spezzato la schiena col il chakram" disse sommessamente.
Questione di attimi, qualche ultima parola sussurrata, un addio, ed
i romani le crocefissero. "E così siete anche scampate
alla morte, in qualche modo
" "Adesso lo vedrai"
Si mossero nuovamente, fino ad arrivare in una piccola ca-sa. Guardarono
dentro. I corpi senza vita delle due erano adagiati su delle brande.
Eli impose le mani sulle loro fronti e, come per incanto, le fece
ritornare in vita. I tre prose-guirono verso il ricordo successivo;
nel villaggio di Tania, con tutte le vicende divertenti e non: la
nuova ed inaspettata quanto impossibile maternità di Xena,
lo scontro con l'ex compagno di Tania, la storia d'amore fra Andromeda
ed Armonio, i nuovo cavallo di Gabrielle; una premessa per numerose
vicende bislacche e bizzarre
"Così sei diventata
madre, ma chi è il padre?" "Bè" disse
Xena imbarazzata "A dire la verità non c'è un vero
padre" "Come?!?" chiese Tezca con tono incuriosito.
I tre avevano nel frattempo fatto ritorno in India. Eli era stato
ucciso da Marte, scatenando una lite fra le due inseparabili amiche.
Poi era comparso lo spirito di Eli, assieme a Callisto, purificata.
Quest'ultima si era infatti incarnata in Xena, generando la nuova
vita in lei. Il ricordo seguente era quello della nascita di Eve,
la figlia di Xena, che tutte le divinità volevano uccidere
seguendo una leggenda secondo la quale la piccolina avrebbe portato
alla fine degli dei dell'Olimpo. Zeus aveva cercato di ucciderla in
tutti i modi, senza però riuscirvi: suo fi-glio, Hercules,
con l'aiuto di Giunone, era riuscito a porre fine alla sua vita. Ed
i ricordi successivi, gli scontri al fianco delle amazzoni, la lotta
contro Gurkhan, le avventure con i nomadi del deserto, le lotte contro
Odino, lo scontro con Caligola, poi di nuovo contro Odino, per restituire
i poteri a Marte e Venere, le vicende con il primo figlio di Borias
ed i centauri, le follie di Cesare, la loro malaugurata avventura
in Giappone, dove Xena ha perso la propria vita per passare a scontri
più recenti; il potere di Seth, il suo dominio, la Sfida Reale
ed infine le avventure con Ah Puch e Tezca fino al momento della sua
cattu-ra. "Finalmente siamo giunti alla fine del viaggio"
"Un ultimo ostacolo, e la tua amica sa-rà libera"
Un tempio si stagliava di fronte a loro. Era il più imponente
palazzo che mai fu visto in tutto il mondo. "Ecco, questo è
il luogo in cui si terrà la sfida finale. Il guardiano di questo
luogo è Ahay" L'immenso portone si spalancò e dietro
di esso comparve la fi-gura di un uomo, investita da una luce accecante.
L'individuo fece qualche passo avanti e si mostrò a loro in
tutta la sua magnificenza: Ahay era un uomo alto e muscoloso, ben
proporzionato, con i capelli sorprendentemente biondi, a spazzola,
e la carnagione chia-ra, quasi pallida. Aveva dei lineamenti celestiali,
propri di una divinità, gli occhi azzurri come un mare calmo,
il viso smilzo ed affascinante, indossava una armatura stupefacen-te,
di come non se n'erano mai viste in Grecia, con l'elmo argenteo retto
dalla mano sini-stra, ed una spada magnifica sulla destra. Aveva un
corpetto robusto e solido, delle pro-tezioni totali per braccia e
gambe, delle ampie spalline. Una volta indossato il casco, sa-rebbe
stato quasi praticamente inattaccabile. Ed infatti subito dopo lo
indossò e partì all'attacco, direttamente contro Xena.
Ella riuscì miracolosamente a schivare il primo ra-pido fendente
che l'uomo aveva scagliato, ma non poté fare nulla contro il
secondo, dal lato opposto, che andò a colpirle il fianco sinistro.
Xena reagì con un grugnito di dolore, poi si buttò nel
vivo della lotta. La guerriera scagliava fendenti a destra e a manca,
senza posa, tentando disperatamente di colpirlo, ma Ahay era troppo
rapido, e la donna troppo lenta. Quel guerriero era decisamente un
gradino più in su di lei. "Maledizione!" gridò
schivando un ulteriore fendente. Non avrebbe potuto continuare a quel
ritmo ancora per molto tempo, lo sapeva. Doveva inventarsi qualcosa,
ma la sua mente era totalmente presa dallo scontro. Se da un lato
quel combattente la spaventava a morte, dall'altro la eccitava una
sfida contro qualcuno che fosse realmente al suo livello. Le venne
in mente un'idea, provò a metterla in atto: si accucciò
di colpo ed attese il fendente verticale; con un calcio volante tentò
di togliergli la spada di mano ma l'uomo a sua volta con una spet-tacolare
piroetta all'indietro evitò il calcio "Molto rischioso;
astuto ma rischioso
e so-prattutto prevedibile. Non penserai
sul serio di intimidirmi con mosse del genere? Avan-ti, solo i bambini
combattono a quel modo" Xena se la prese molto a male, nessuno
a-veva mai osato insultarla così. E chi ci aveva provato, era
morto. Ma nel suo mondo, Xena era la più forte; mentre lì
no, era giunto qualcuno più in gamba di lei. "E solamente
i paurosi indossano un'armatura del genere. Hai forse paura che ti
faccia del male? Im-magino non siano molti quelli in grado di fartene
forza,
levati quella ferraglia di dosso, e vediamo se sei ancora così
forte" Ahay colse la palla al balzo e tolse tutta la propria
armatura; era tranquillo "Non sarai di certo tu ad incutermi
timore" disse levando il ca-sco. Così era più agile,
meno pesante. Quella straniera gli aveva fatto un gran favore. Di
solito combatteva con l'armatura, ma i suoi avversari precedenti erano
stati delle mezze calzette, non aveva faticato molto a batterli. Questa
però era un vero avversario, di come non se ne vedevano da
molto tempo, anzi
di come non se ne era mai visti lì attorno.
Ciò non toglieva che egli le fosse comunque superiore. Scattò
fulmineamente in avanti e la colpì con il pugno sinistro in
volto. La donna sembrò insofferente a quell'attacco. Ella anzi
si scagliò contro il guardiano e tentò di colpirlo in
volto ma egli riuscì fortuitamente a schivare. Fu questione
di attimi, il cuore gli fece un tonfo tremendo. Per la prima volta
nella sua vita ebbe un po' di paura; ma non molta. Quel colpo era
veloce, certo, ma lui ne poteva sferrare di estremamente più
rapidi. Gli occhi di quella donna. Erano solo quelli a incutere un
timore irrefrenabile in lui, avevano una luce sfolgorante, capace
di accecare chiunque. Provò a portare un paio di attacchi,
entrambi risultarono vincenti. La guerriera si piegò leggermente
all'indietro. Era il più forte. Ora lo sapeva.
Xena era in difficoltà, Tezca se ne accorse subito. La donna
non avrebbe mai potuto vincere quello scontro. Era ad un livello inferiore
rispetto ad Ahay. Con quell'ultimo cal-cio volante l'aveva dimostrato.
Anche Ximer era piuttosto teso "L'ultima sfida è decisa-mente
troppo per lei. Dannazione! È forte, ma non abbastanza"
sussurrò nervosamente "Dobbiamo fare qualcosa" "Certo,
quasi fosse facile! Ah Puch si sa scegliere bene gli al-leati, Ahay
è nettamente più forte perfino di lei" "Hai
ragione, eppure ci deve essere qualcosa; non so
un punto debole"
"No, mio caro, temo proprio di no. Quel dannato guardiano è
un combattente formidabile; che io sappia non ha debolezze né
punti deboli. Praticamente una macchina di distruzione. Ho sentito
dire molte storie spaventose su di lui; solo ora comincio a credere
che siano vere" Xena nel frattempo era ancora impegna-ta nel
combattimento; ma proprio non riusciva a tenergli testa. Maledizione!
Non sop-portava l'idea di perdere. Ormai era completamente coinvolta
da quello scontro, provava tutte le emozioni che aveva seppellito
nel proprio passato di guerriera crudele: paura, tensione, audacia,
eccitazione, impazienza ed impeto feroce, sete di sangue. Sentimenti
che avrebbe preferito tenere nascosti nel profondo del proprio animo;
perché ad elimi-narli ci aveva già provato, senza successo.
Ma Ahay era troppo forte. Saltò all'indietro fulmineamente,
evitando per un pelo il fendente che il guardiano gli aveva sferrato.
Pro-vò ad attaccare verticalmente, egli parò facilmente
il colpo. Anche troppo per i suoi gu-sti. Non era per niente normale
umano.
Dannazione! Era ovvio! Quell'uomo era una semi divinità (se
aveva fortuna) o addirittura una divinità (nel peggiore dei
casi) ma che importanza aveva? Aveva il potere di uccidere gli dei,
anche se fino a quel momento non aveva avuto la possibilità
di usarlo. La guerriera si distrasse un singolo istante ed Ahay era
riuscito ad approfittare della situazione per colpirla al volto, provocandole
una ferita profonda sulla guancia sinistra. Il dolore era molto forte,
acuto, ma in compenso riuscì a farla concentrare maggiormente
sullo scontro, ad acuire i suoi sensi, aumentare la sua energia. Riusciva
a muoversi più rapidamente e a colpire con più forza.
Mise a segno qualche attacco, ferendo Ahay al fianco destro e al braccio
sinistro, ma egli non si scom-pose nemmeno. Sembrava non si fosse
fatto male. "Finalmente ti sei decisa ad attacca-re
sai,
cominciavo a stancarmi" "Ho una richiesta da farti: sei
una divinità? Magari un semidio" "Centro! Sono per
metà un dio, ma molto più forte. Praticamente sono un
dio completo" "Pecchi di superbia, Ahay" egli se ne
offese e perse momentaneamente il rit-mo della lotta. La guerriera
ovviamente ne approfittò per piantargli la spada nello stoma-co.
Il semidio però riuscì a spostarsi in tempo e l'arma
andò solo a ferire di striscio l'uomo "Dimmi, Xena, perché
continui a lottare così accanitamente? Insomma, che mo-tivazioni
hai per rischiare la vita a quel modo?" "Le memorie racchiuse
in quel tempio sono troppo importanti per me, e poi lo scontro inizia
a piacermi. Sei il primo avversario che riesca a starmi dietro. Fino
ad ora sono stati tutti un fiasco a partire da Marte, pas-sando per
Caligola, Yodoshi, Seth ed Ah Puch. Li ho sconfitti tutti. E non sto
nemmeno a nominare i mortali, di cui non ricordo nemmeno il nome"
"Ah, lo so, vanti molte cele-brità fra le persone che
hai sconfitto
come dimenticare Borias, Giulio Cesare, i vari
warlords, e tutti gli altri" "Mi lusinghi, sai molto su
di me" "Certo, mi sono informato sul tuo conto, conosco
alla perfezione ogni tua tecnica e so come prevenirla" "Bè,
ora ve-dremo" Xena fintò un attacco da sinistra e si gettò
poi sul lato opposto; ma anche Ahay aveva un piano: ruotò fulmineamente
a destra evitando il primo attacco, parò il secondo e colpì
la donna al braccio. La Principessa Guerriera fu sbalzata all'indietro,
cadde pesan-temente. "Dannazione, l'ha ferita!" "Non
preoccuparti, Xena si alzerà. Ormai è entrata nel vivo
del combattimento, non si arrenderà per nulla al mondo, anche
se dovesse mo-rire." "Non può farlo! Non può
morire proprio ora, dannazione! Ha fatto di tutto per cercare i ricordi
di Gabrielle; se muore adesso sarà stato tutto inutile
"
"Non morirà; non morirà" Xena infatti si stava
rialzando facendo leva sulle gambe, puntando i piedi e portando il
peso in avanti. Faticava a rimanere in equilibrio, ma non voleva e
non poteva cedere. Non in quel momento. Sapeva di potercela fare,
una possibilità la intravedeva. Doveva continuare a lottare,
anche a rischio della vita. Doveva liberare Gabrielle, ora era una
delle cose più importanti. Oltre che sconfiggere Ahay, ovviamente.
Bilanciò il peso e scattò in avanti più velocemente
possibile, ma ad una velocità comunque incredibilmente lenta
per l'uomo che non fece molta fatica a schivare il colpo. "Che
ti succede? Hai perso tutta la tua forza?" "Stai zitto!"
urlò Xena furiosa. In un lampo aveva recuperato tutte le proprie
forze. Non aveva alcuna intenzione di mollare; non in quel momento,
non in quel luogo. Riprese in mano la spada e si gettò con
nuova foga addosso ad Ahay, stavol-ta con più convinzione e
maggior rapidità. Il fendente che sferrò sulla sinistra
stava per andare a segno, se l'uomo non fosse riuscito a piegarsi
all'indietro come un giunco ba-gnato. Ormai erano agli sgoccioli,
Xena ansimava, anche Ahay era stanco, sudato. Non avevano mai sostenuto
uno scontro simile, di tale durezza e che richiedeva uno sforzo fi-sico
simile. Era troppo per entrambi. Eppure nessuno dei due si voleva
arrendere, la po-sta in gioco era troppo alta. Non solo i ricordi
di Gabrielle, ma anche prestigio, gloria, onore. Già. Era diventata
una questione di onore. Si protesero nuovamente in avanti verso il
nemico; le spade ormai giacevano a terra. Non le utilizzavano più.
Ormai era di-venuto un brutale corpo a corpo senza più tecnica
o finezze da combattenti. Rispetto alle impressioni iniziali, Xena
aveva retto lo scontro più che bene. Era riuscita a tener testa
ad Ahay con valore, con cuore, ed era stata capace di giungere al
suo livello. La donna si abbassò e ribaltò l'uomo falciandolo.
Egli volò a terra gambe all'aria, ma colpì la donna
in pieno stomaco, facendola cadere. Si rialzarono entrambi scattando
e partirono di nuo-vo all'attacco. Xena colpì l'uomo al volto,
il quale reagì con un calcio volante al viso. Non caddero.
La guerriera piantò un poderoso pugno nello stomaco, ed un
altro, ed un altro ancora. Ahay rispose con un calcio alla gamba destra
che fece cadere la donna in ginocchio, un pugno al volto e un colpo
di taglio con la mano al collo. La guerriera sem-brò barcollare,
ma infine si rialzò e lo colpì violentemente con un
pugno al petto. Ahay accusò il colpo e barcollò all'indietro.
Avrebbe tanto voluto avere la propria armatura o-ra, ma quella volpe
di donna gliel'aveva fatta togliere tutta. Non fece in tempo ad impre-care:
Xena si era fatta nuovamente sotto, colpendolo in volto con un calcio
spettacolare. Si portò nuovamente all'attacco, con la forza
della disperazione, la colpì violentemente al petto, ma l'attacco
non sortì l'effetto voluto. "Ma come, tutta qui la tua
forza?!? Sai, ho scoperto il tuo punto debole: non hai resistenza,
non sai incassare. Fino ad ora hai avuto a che fare con avversari
più deboli di te, e non ti sei fatto le ossa. Io invece ho
dovuto lottare strenuamente per sopravvivere, lottando contro nemici
ben più forti e valorosi di me. Ho imparato da loro cose fondamentali
nella vita, sono cresciuta e mi sono rafforza-ta, nel corpo e nello
spirito. Questa è la tua unica debolezza" Ahay capì
che la donna a-veva ragione. Fino a quel momento, egli aveva avuto
vita molto facile, non era mai giun-to a dover rischiare la vita in
uno scontro, quello era il primo. L'uomo era molto giovane, quasi
inesperto. Xena invece aveva vissuto molto a lungo, aveva fatto tesoro
di ogni sin-gola esperienza vissuta assieme ad Gabrielle, e soprattutto
di quelle precedenti. Fin dal principio Ahay aveva scrutato nei ricordi
della giovane, aveva esaminato attentamente ogni singola emozione.
Era rimasto folgorato dall'intensità del rapporto che le univa;
come altri prima era rimasto affascinato da tutto ciò. Sapeva
che era giusto farla passare, ma aveva inizialmente deciso di affrontarla,
per poter finalmente combattere lo scontro della sua vita, voleva
poter dire un giorno con vivo orgoglio, di aver affrontato la mitica
Xena, e di esserne uscito vivo. "Prosegui il tuo viaggio, dunque.
Non sarò io a fermarti" "Cosa? All'improvviso?"
"Non ho motivo di fermarti" "Perché tutta questa
farsa, allo-ra?" "Per soddisfazione personale. Ti prego
di perdonarmi, ma volevo assopire un desi-derio covato troppo a lungo.
Ora che vi sono riuscitof, non ho motivo di ostacolarti ol-tre. Prosegui,
dunque. La tua amica ti attende" le porte del tempio si aprirono,
ed una lu-ce sfolgorante li investì. "Come faccio a riconoscere
la mia amica?" "La riconoscerai, non temere" la guerriera
entrò nel tempio. Tezca e Ximer fecero per seguirla, ma Ahay
li bloccò "È una cosa che deve fare da sola"
Quando Xena varcò la porta, si trovò in una stanza molto
ampia, piena di oggetti di ogni tipo. Che razza di forma avrebbero
potuto avere i ricordi di Olimpia? Si sentì una voce in lontananza,
portata dal vento "Cerca nel tuo cuore, lì è la
risposta" " Ma sicuro!! Ci tengo ad avvertirti che qui ci
sarebbe da perdersi!" c'erano infatti migliaia e migliaia di
oggetti completamente diversi l'uno dall'altro, sistemati alla rinfusa
nell'enorme tempio. "La memoria della tua amica è stata
divisa in tre parti. Ogni oggetto, una parte" la voce svanì.
Il resto del lavoro lo avrebbe dovuto fare lei, da sola. Iniziò
a frugare in giro. Una palla
no. Una sedia; nemmeno. Delle posate,
oggetti da cucina, padelle, giocattoli. In mezzo a balocchi di ogni
sorta riconobbe la pecorella che la giovane poetessa aveva rega-lato
a Speranza. La prese. Era sicura che quella fosse la prima parte della
sua memoria. Continuò a guardarsi attorno un po' confusa. Coltelli,
spade, balestre, archi
no. Cavalli a dondolo, vestiti pregiati,
principeschi, altri umili, calzari, fibbie, cinture, foderi
niente.
Di certo si avrebbe potuto fare una fortuna vendendo tutta quella
roba. Ridacchiò. 'me-glio andare avanti a cercare' lenzuola,
coltri, giacili, guanciali, nulla da fare. Tornò al re-parto
delle armi. Lì c'erano spade preziose, altre di pessima fattura,
cerbottane, frecce di ogni tipo e misura, scudi, elmi, addirittura
delle armature complete e splendenti, asce, scuri, lance
bastoni.
Non ce n'erano molti. Iniziò a visionarli uno ad uno. Nessuno
pe-rò soddisfò i suoi criteri di ricerca: o erano troppo
lunghi, o troppo corti, magari troppo fini o esageratemente grossi,
altri appuntiti, alcuni intagliati; ma nessuno che andasse be-ne.
Più in là c'erano delle armi disposte su un tavolo alla
rinfusa: armi giapponesi, persia-ne, catene, fruste, pugnali di ogni
forma e dimensione, mazze chiodate e randelli di le-gno. Una luce
si accese nei suoi occhi. Prese in mano un paio di sais uguali a quelli
usati dalla bardo guerriera. Ed anche il secondo oggetto era stato
ritrovato. In fondo non ave-va speso molto tempo
questione di
fortuna. Proseguì. Le rimaneva un ultimo oggetto da trovare,
era sicura che stavolta avrebbe impiegato maggior tempo. Sulla sinistra
c'erano degli animali; pecore che belavano, asini che ragliavano,
cavalli che nitrivano, e così via, senza dimenticare vacche,
galline, piccioni, maiali, tori, buoi, cani e gatti. Era una enorme
stalla in cui ognuno degli animali aveva un recinto proprio con cibo
in ab-bondanza. Nessuno di loro però attirò la sua attenzione.
Sulla destra, non molto lontano, c'erano selle, briglie, rastrelli,
aratri, gabbie, otri, secchi, scodelle e molti altri utensili usati
dai contadini. No, non era proprio il caso di cercare lì. Passò
oltre, si avvicinò ad una credenza. Era piena di cibo: frutta,
verdura, carne, pesce, di ogni tipo; pagnotte, boccali pieni di ogni
vivanda immaginabile, insomma, con tutta quella roba ci si poteva
tranquil-lamente sfamare un esercito. Questo però le interessava
solo perché aveva molta fame. O per lo meno le era venuta,
guardando tutta quelle cibarie poste lì, incustodite
no,
non poteva prendere nulla in più del necessario. Magari erano
ricordi di qualcun altro. (perché poi qualcuno doveva avere
come ricordo una mela?!? Idiota
) Davanti a lei si apriva un'altra
stanza, ben più ampia della precedente, in cui erano sistemate
tende, ba-racche, baldacchini di ogni sorta; dalle tende romane a
quelle persiane, macedoni, greche. C'era proprio di tutto lì,
partendo da martelli, passando per i picchetti, la stoffa, corde,
alabarde di qualsiasi tipo, appartenenti ad ogni legione esistente
sulla terra. Erano centi-naia. Nulla però richiamò la
sua attenzione. Tornò indietro, sul davanti c'era una specie
di bancarella, con sistemati oggetti che la guerriera non era troppo
abituata ad utilizzare: specchi, spazzole, borsette da viaggio, cappellini,
scialli
no, niente di interessante. Passò oltre un po'
contrariata. Gabrielle continuava a ripeterle che erano cose utili,
che avrebbe dovuto provare a cambiare di abiti ogni tanto, variare
la capigliatura, avere degli accessori variopinti
ma che diavolo!
Lei era una guerriera, non si perdeva a cincischiare su come le stava
tal vestito o se si abbinava con il cappello che aveva preso, o magari
se stava be-ne con i ricci
scosse la testa schifata, quella vita
non faceva proprio per lei. Nella ban-carella di fronte c'erano torce,
lampade, contenitori per l'olio ed altri utensili simili. Nulla che
le potesse interessare. In quella successiva poi erano posti svariati
strumenti musicali, lire, arpe, flauti e tamburi di ogni genere. Cercò
fra le lire ma non ne riconobbe nessuna e proseguì. Nella bancarella
accanto trovò qualcosa di interessante. Piume d'oca, boccet-te
per l'inchiostro, papiri, pergamene
osservò queste ultime
con attenzione passandole pazientemente in rassegna una per una. Un
grido di gioia le esplose dalla gola quando i-niziò a leggere
l'ultima: la riconosceva. Era uno degli scritti di Gabrielle, la terza
parte della sua memoria. Ora, c'era solo un ultimo ostacolo alla riuscita
della sua missione: si era persa. Quel luogo era così dannatamente
grande
Maledizione! Una guerriera non si perdeva mai, non poteva
farlo! In altre circostanze avrebbe potuto perdere la propria vi-ta.
Ma in questa no. Forse era proprio quello il motivo per cui non aveva
badato troppo alla strada che faceva, e poi era troppo impegnata a
visionare gli oggetti per badare alla strada. Aveva anche perso la
cognizione del tempo. Uh, gran bel guaio! E ora? Vide una porta bianca
davanti. Corse fino a raggiungerla e la aprì. Niente, ara la
stalla. Provò quel-la a sinistra
acqua, era la zona delle
tende. Si voltò e provò un'altra
buca. Stavolta
era finita fra i vestiti. "Ahay!" gridò "Farmi
uscire da questo maledetto luogo!" "Segui la fe-nice"
un volatile fatto di luce (non riusciva a capire che tipo fosse, forse
quella fenice di cui aveva parlato) si materializzò davanti
a lei, e la guidò con sicurezza verso l'uscita. "Finalmente!"
esclamò Tezca annoiato. Era seduto a terra e stava amabilmente
conver-sando con Ximer. "Stava per crescermi la barba, sai?!?"
aggiunse con tono scherzoso "Ah! Ti lamenti tu! Pensa la faticaccia
che è toccata a me, piccolo ingrato" "È meglio
an-darsene" concluse Ximer alzandosi da terra. I tre uscirono
da un portale che Tezca creò, e tornarono nel tempio di Puch.
Gabrielle era ancora stesa a terra, svenuta. I tre oggetti che Xena
teneva in mano erano spariti. Al loro posto aveva una boccetta piena
di un li-quido rossastro, simile al sidro "Devi farglielo bere"
disse Tezca. La guerriera si avvicinò a Gabrielle. La donna
si stava lentamente svegliando. "Che cosa
" Xena sedette
accan-to a lei e le porse la boccetta "Bevi" "Chissà
perché poi! Hai forse intenzione di avvele-narmi?" "Tu
che dici?" chiese Xena con tono deciso. La giovane prese il piccolo
conte-nitore e lo esaminò attentamente, perplessa "Che
cosa contiene?" incalzò, ancora insicu-ra "Quello
che sei stata" le rispose sorridendo. Qualche ulteriore attimo
di indugio, poi la giovane bevve il contenuto tutto di un fiato. "Ecco
fatto! Ci voleva tanto?" esclamò infine la Principessa
Guerriera alzando le spalle "Non poi molto" fu la risposta
di Ga-brielle, finalmente tornata in sé "Grazie agli dei
anche questa è andata!" sospirò Xena "Ne dubitavi?"
"Tezca - disse improvvisamente alzandosi - riportaci a casa"
Detto fatto: Tezca giunse davanti a loro, le prese per mano e le trasportò
di nuovo nel tempio a Liath. Marte era seduto al centro della stanza,
sconfortato. Non appena le vide si alzò rinvigorito, come fosse
passato a nuova vita. "Fate tesoro di quel che avete, perché
è una cosa stupenda, e vi porterà lontano" furono
le ultime parole che Tezca pronunciò prima di ritornare alle
proprie terre. "Credo voi mi dobbiate delle spiegazioni"
attaccò Marte impaziente "Chi era quel fustone?!? Sono
io l'unico macho della Grecia, e che cavolo! E allora? Pretendo che
voi mi spiegate" "Non oggi, Marte
non oggi" rispose
Xena stravolta. Il suo stomaco brontolò rumorosamente "Non
è che per caso avete qualcosa da mangiare?" implorò
sedendosi a terra. Marte e Gabrielle scoppiarono in una rumorosa risata
che riecheggiò per le vie di Liath.