undicesima
fatica: I pomi delle Esperidi
Le
fatiche che Era impose ad Eracle di compiere agli ordini del sovrano
Euristeo erano in realtà dieci. Visto però che il re
riteneva non valide la seconda (l'Idra di Lerna) e la quinta (le stalle
di Augia), gliene impose altre due.L'undicesima impresa fu, dunque,
quella di cogliere i frutti di un melo d'oro che Gea (la Terra) aveva
donato ad Era per le sue nozze. La madre degli dèi, molto lusingata
del dono, decise di piantarlo nel suo giardino, alle pendici del monte
Atlante, nell'oscuro occidente dove i cavalli del carro solare terminavano
la loro fatica ogni sera. Il giardino era abitato dalle Esperidi,
ninfe figlie di Atlante. Un giorno però Era le colse mentre
gustavano con piacere i frutti del melo d'oro e decise allora di mettere
a guardia dell'albero il drago Ladone. Prima di riuscire a localizzare
il giardino, Eracle girò in lungo ed in largo. Si fermò
ad un certo punto presso il fiume Po, dimora del dio profetico Nereo,
da cui l'eroe greco fu condotto dalle stesse figlie della divinità
fluviale, le Nereidi. Afferrato Nereo per la barba, Eracle lo costrinse
a rivelargli il modo per prendere le mele d'oro. Nereo gli consigliò
allora di non impadronirsi di persona dei frutti divini ma di mandare
Atlante di fargli il favore; in cambio Eracle lo avrebbe sostituito
nel frattempo nel suo gravoso compito: reggere la volta celeste. Eracle
così fece, ad Atlante non parve vero potersi riposare anche
per una sola ora e, dopo che l'eroe greco ebbe ucciso il drago Ladone
con una freccia mandò quindi le sue figlie (le Esperidi) a
raccogliere tre pomi. Atlante però assaporata la libertà,
non voleva più privarsene e disse ad Eracle che avrebbe portato
egli stesso le mele ad Euristeo mentre Eracle poteva reggere il cielo
ancora per due o tre mesi. Nereo però aveva messo in guardia
l'eroe anche da questo pericolo. Cosicché egli finse di acconsentire,
e chiese ad Atlante di sostituirlo solo per un attimo affinché
potesse fasciarsi il capo in modo da sopportare meglio il peso. Il
Titano cadde nel tranello ed Eracle non ci pensò due volte;
prese le mele e scappò via. Dopo aver terminato questa fatica,
arso dalla sete, il figlio di Zeus, diede un calcio ad una roccia
e ne fece sgorgare una fonte dalla quale si dissetò e che in
futuro servì agli Argonauti. Tornato a Micene diede i frutti
ad Euristeo che poco dopo glieli restituì, allora l'eroe li
donò ad Atena, la quale però, sapendo essere proprietà
di Era, le fece riportare al loro posto consegnandole alle Esperidi. |