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Verso casa …

di R. Doriana

Disclamer: tutti i personaggi qui trattati non mi appartengono, essendo di proprietà della MCA/UP. Mia è la storia, ma non intendo guadagnare denaro grazie ad essa, tanto meno infrangere in alcun modo le regole del copyright.

Subtext: per come la vedo io, ciò che nella serie era “subtext” qui è da considerare “maintext”. In parole povere, le nostre due eroine provano un sentimento che va al di là della semplice amicizia. In questa storia, quindi, il loro rapporto sarà inteso tale. Nonostante ciò, non ci saranno scene esplicite (se siete in cerca di quelle, conoscerete sicuramente altri links a cui affidarvi), ma solo fugaci accenni.

Spoilers: la serie è terminata :’( , quindi non si possono dare anticipazioni alcune… Ad ogni modo, questo racconto prende il via al termine di “Friend in need II” (preferisco i titoli in inglese:sono molto, molto più adeguati…).

Note: mi sono sempre chiesta cosa potesse pensare realmente Gabrielle mentre s’allontanava dal Giappone a bordo di una nave e, soprattutto, sola. Se fosse riuscita ad accettare la morte della sua amata (ma anche il suo apparire e sparire nel nulla…) era l’altra domanda che mi ponevo spesso. Scrivendo, ho semplicemente provato a darmi una risposta…

Critiche costruttive, pareri e (perché no?) spunti per altre storie, saranno ben accetti: red_doriana@yahoo.it

R. Doriana: “Verso casa…” © 2003

 

Mar del Giappone, 60° giorno di navigazione.

Ho trovato queste vecchie pergamene in un angolo nascosto della stiva. Non penso che alcuno degli uomini di questa ciurma sappia a cosa possa servire della vecchia pelle di pecora avvolta attorno ad uno stilo… Sono felice di averle trovate: da molto tempo ormai non scrivo più nulla… Mi servirà a trascorrere il tempo e, come una volta, a raccogliere le idee e riordinare i sentimenti. Ne ho talmente tanti per la testa, così confusi e contrastanti. Sto male… Non è solo il mal di mare a piegarmi, è questo dolore sordo e insistente, causato da tutto ciò che è accaduto meno di due mesi fa, che mi attanaglia. Penso che non riuscirò mai più a dormire, per questo. Infondo, è da settimane che non dormo: il mio sonno è infestato da incubi. No, per essere precisa, da uno solo, sempre quello: ed è Lei la protagonista della mia angoscia. Non trovo conforto neppure nell’innaturale contatto del Suo abbraccio: la notte come il giorno, il mio cuore sanguina…

Mar del Giappone, 62° giorno di navigazione.

Lo so che ridono di me. Lo so che mi chiamano il “Piccolo Drago”: non in onore al mio essere guerriera, no… Come scherno al mio enorme, doloroso tatuaggio. Inutile spreco d’inchiostro e pelle…

Non posso negare che, in mia presenza, mi portino rispetto: un rispetto in ogni caso non sentito, ma imposto dal comando di un capitano ben pagato, al quale ho promesso ulteriori ricchezze ed i favori del Faraone una volta che m’avrà sbarcata in Egitto. Questa ciurma è composta di uomini rozzi: non comprendono ciò che va al di là della loro grettezza. Anche Lei, un tempo, aveva comandato su sterminate truppe d’uomini del tutto simili a questi, inseguendo per un certo periodo della sua vita il miraggio di gloria e potere. Nonostante ciò, non era mai diventata come loro: il suo cuore si era mantenuto sensibile sotto la corazza che si era costruita intorno, ed era riuscita a cambiare… Per loro, invece, non c’è alcuna speranza di cambiamento: vivranno e moriranno senza mai placare la sete portata dalla cupidigia, senza sapere che esiste una Via più appagante dei forzieri pieni d’oro… Una via che io e Lei abbiamo percorso, insieme, fino a quando…

Li sento bisbigliare, quando mi credono troppo distante o troppo assorta, neppure più di tanto attenti che io capisca o meno ciò che stanno dicendo. So che mi credono folle, quando rispondo ad una voce che io sola riesco a sentire, quando mi osservano ridere per nessun apparente motivo, rivolgermi a ciò che per loro è solo aria con sguardo serio o improvvisa tenerezza. Alcuni di loro si tengono vistosamente alla larga da me: probabilmente temono che la mia follia possa tramutarsi d’improvviso in qualche gesto sconsiderato e pericoloso… Soprattutto quando mi esercito con i miei sais.

Loro non lo sanno, ma ci sono momenti, mentre combatto contro la nausea del mal di mare, china sulla prua di questa nave, pressando inutilmente i punti nevralgici sui miei polsi, in cui anche io dubito che ciò che i miei sensi captano sia solo frutto della mia mente malata. A volte, sento l’impulso di lasciarmi scivolare verso il basso, fuori dalla relativa salvezza di questa imbarcazione, giù, verso quel blu intenso, così dolorosamente simile ai suoi occhi… Lasciarmi andare tra i flutti, tornare al Caos, ad un’eternità in cui potrei unirmi a Lei, dimenticando il tormento di questa vita che, per me, non è più nulla, se non un’interminabile attesa.

Il tempo sembra non passare mai. Conosco a memoria i chiodi, le schegge, le incrostazioni di salsedine di questa nave. Ogni giorno la perlustro come se fosse la prima volta, ogni volta tentando di renderla quantomeno accettabile ai miei occhi. La verità è che la odio. Odio il mare e la terra da cui mi sta allontanando.

Quando, la notte, mi sveglio urlando, madida di sudore, con le immagini della sua fine iniqua ancora stampate negli occhi, l’unica cosa capace di darmi pace sono le sue braccia. Sentire il suo respiro sulla mia pelle, trovare conforto nel battito del suo cuore, sprofondare nelle note calde della sua voce…

- Gabrielle – E lei è lì, accanto a me, come sempre. La notte non manca mai di condividere con me il letto, così come di giorno veglia su di me instancabilmente. Ma non è viva: è un’ombra, una proiezione di qualcosa che era, e adesso non c’è più. Molte volte, guardandola trasognata, gli occhi ancora impastati di incubi e lacrime, le ho chiesto: - Sei vera? - . Sempre, sorridendo, mi ha risposto: - Sì: sono qui per te… -. Se non sapessi che le Furie fanno ormai parte del passato, penserei di essere sotto la loro nefasta influenza…

Lei mi bacia, io la bacio, ci accarezziamo, ci apparteniamo, ma non sento il battito del suo cuore, non respiro il profumo della sua pelle: Lei viene da un Limbo a cui io non posso accedere e questo pensiero mi sta facendo impazzire! Capita, la notte, dopo che ci siamo perse l’una nel corpo dell’altra, che mi venga da piangere. Lo so che Lei non può farci nulla, sono certa che soffra, mentre mi asciuga le lacrime e, piano, mi accarezza la schiena dolorante, ripassando con le dita leggere i contorni bluastri del mio drago. Purtroppo, le parole non vengono a confortarci. Preferisco che Morfeo, o chi per esso, mi rapisca velocemente nel suo oblio inconsulto, piuttosto che dare corso ai miei pensieri ed esprimerle ciò che mi porto dentro: tutto il Dolore del mondo chiuso nel mio petto.

Dei, come descrivere quanto mi manca? Non dovrebbero mancarmi le parole… Sono sempre stata fiera di sentirmi definire una poetessa. So di certo che i miei scritti sono stati letti da molti, studiati, interpretati, addirittura tradotti, durante i lunghi venticinque anni che io e lei abbiamo passato, fianco a fianco, nell’antro gelato di quella montagna. Eppure, ora, il “Bardo Combattente” di Poteidia fallisce, qui su questa pergamena, nel vano tentativo di esprimere i propri sentimenti. Accetto il vero: non sono più un bardo, non sono mai stata una combattente…

Come potrò prendere il suo posto? Ho un chakram appeso alla cintura: darei dieci vite per rivederlo pendere dai suoi fianchi. Non m’importa di saper ascoltare “al di là dei suoni”: riesco anche senza sforzi a sentire le risatine di commiserazione dei marinai. Che me ne faccio delle nozioni di tattica militare, delle armi che adornano come dei gioielli – mai chiesti – tutti i miei indumenti, di questo maledetto dragone appeso alla mia schiena finché sarò in questo mondo, a perpetuo ricordo della mia incapacità di salvarla?

Anche questa notte trascorrerà insonne, come tutte le altre finora. Xena, passerà mai questo tormento?

Mar del Giappone, 67° giorno di navigazione.

La tempesta è stata di una furia inaudita. Due uomini della ciurma sono finiti in mare e di loro s’è persa ogni traccia. Sono stati fortunati: avrei voluto prendere il posto di uno di loro e dimenticare gli affanni della vita galleggiando su quest’acqua infinita. Mi spaventano questi pensieri che si sono annidati nella mia testa, ma ancora non oso parlarne con Lei, non so perché. C’è stato un tempo (Quando? Secoli fa? Davvero, sembrano secoli, ormai…) in cui io e Lei dividevamo tutto, dai cibi alle coperte, dalle avventure ai pensieri. Ogni giorno era foriero di nuove scoperte che, gioiose o tristi che fossero, erano sempre affrontate in coppia, fianco a fianco, condividendo il tutto. “Io e te: una sola cosa, Gabrielle. Non ti lascerò mai, anche dopo la…”. Di nuovo quella parola! Sembra che non riesca a pensare ad altro.

Verso mezzogiorno il capitano è venuto nella mia cabina: presto saremo in vista della terraferma, dell’India finalmente, non dovrebbero mancare che pochi giorni, più o meno due settimane. Mentre lui mi parlava, ho visto la Sua immagine comparire a poco a poco alle spalle dell’uomo che, del tutto ignaro, continuava a spiegarmi i dettagli dello sbarco, quanto ci fermeremo prima di riprendere il viaggio e quanto siamo stati fortunati a scampare alla morte la notte appena trascorsa. Ho sorriso ed ho ringraziato, accompagnandolo alla porta: l’urgenza di correre a stringerla tra le braccia s’era fatta tutt’un tratto troppo pressante perché mi potessi ricordare le buone maniere. E’ incredibile come il mio cuore, e di conseguenza il mio corpo, rispondano alle Sue apparizioni come il ferro alla calamita. Sono incapace di resisterle, totalmente incapace… e questo talvolta aumenta il mio disagio quando sono in mezzo agli altri, ai “vivi”. Mi dimentico che solo io sono onorata della sua visione, che solo io ho il potere di stringerla e di sentirmi ricambiata, di amarla e di poter godere delle sue attenzioni… del suo amore, anche fisico. Neppure ad Orfeo era stato concesso tanto… Devo considerarmi più fortunata di lui?

Dopo che il capitano è uscito dalla mia cabina, mi sono avvicinata a Lei, le ho passato le mani attorno al collo, allacciandole dietro alla Sua nuca e l’ho guardata negli occhi. – T’aspettavo, mi sei mancata. – le ho detto. La sua risposta è stata senza parole: solo un lunghissimo, dolcissimo bacio, che m’ha lasciata senza fiato. Quando ci siamo separate, la sua voce è arrivata, calda e tranquilla – Sono sempre stata qui, accanto a te, Gabrielle. Anche questa notte, nel mezzo della tempesta ti sono stata accanto… per proteggerti, come sempre… - ha sorriso e, abbassando il capo, ha sfiorato con le sue labbra le mie.

Qualcosa nella sua risposta, però, mi è risuonato stridente. Mi protegge ancora. Cerca ancora di sostituirsi a me… No, non penso che intenda questo. Spero non intenda questo…

Mare dell’India, 73° giorno di navigazione.

Sono stata molto indaffarata in questi giorni: ho chiesto al capitano di potermi rendere utile, tanto per tenere la mente occupata e, contemporaneamente, sgombra da quel senso di disagio che ultimamente m’accompagna. Manca poco all’India: finalmente! Lì mi troverò a casa, anche se per poco. L’ho detto a Xena, quando mi si è manifestata accanto, poco prima che mi concedessi un breve riposo dopo pranzo. Anche Lei m’è sembrata felice. E’ rimasta poco con me: mi ha detto che preferiva vedermi riposare, non voleva che mi stancassi troppo. Questo viaggio, secondo lei, mi sta sfiancando. Forse non immagina che non è il lavoro fisico a fiaccarmi: è la sua mancanza, la sua assenza ciò che mi sfinisce. Sono così impegnata a dimenticare la sua morte, che mi scordo d’essere io quella viva. Viva tra i vivi, per giunta. Devo evitare di considerarmi sola su questa nave e provare a mantenere più contatti con gli uomini dell’equipaggio, anche se mi considerano pazza, anche se si beffano di me e del mio comportamento.

Dopo tanto tempo, ho composto alcuni versi… Non sono granché e sicuramente Euripide avrebbe da ridire sullo stile e la metrica. Francamente non m’importa il giudizio degli altri: vi ho riversato tutto ciò che sento dentro di me e tanto mi basta. Li ho recitati a Lei, che ha ascoltato in silenzio e non ha profferto parola anche dopo che avevo finito: la mia guerriera poco loquace!

Sono piena di te.
Ti porto dentro
e fuori il mio respiro.
Sono ammalata di te,
continuamente.
Ti scovo in ogni pensiero
clandestino,
resto per ore a sognarti.
A tratti,
tra la gente,
temo che
il mio cuore mi tradisca,
che si lasci scappare
la notizia di aver cambiato
posizione…
Ho il cuore sulle labbra,
quando ti vedo.
Ti amo: è una maledizione.

Mi domando se abbia inteso qualcosa. E’ intelligente e sensibile e sicuramente non le sarà sfuggito il senso di amarezza che pervade i miei versi. Più tardi, a notte fonda, ho percepito i suoi sospiri e, aprendo gli occhi, l’ho vista piangere. Anche gli spiriti soffrono… Di colpo un pensiero s’è fatto strada nella mia mente: “Avremmo potuto evitare tutto questo. Avrebbe dovuto evitarlo. E’ successo tutto per colpa di una sua scelta: ora ne paghiamo entrambe le conseguenze. No, ora sono IO a pagare per entrambe… e sta in questo la differenza!”. Ho finto di dormire ed ho ignorato le sue lacrime, anche se credo che Lei non abbia fatto fatica a percepire l’ostinato e furioso battere del mio cuore in tumulto. Se anche fosse, non ha dato segno d’accorgersene.

Sei una maledizione, Xena. Comincio a dubitare di poter resistere ancora a lungo: dentro il cuore ho un mare in tempesta.

Mare dell’India, 77° giorno di navigazione.

Sapevo che sarebbe arrivato il momento, prima o poi. Ho retto per così tanto tempo e poi, improvvisamente, le mie barriere hanno ceduto…

- Sei la mia ossessione -, le ho detto ieri notte, mentre l’assenza di un battito sotto la pelle rendeva uno scherzo crudele l’immagine del suo corpo sotto il mio. I suoi occhi si sono fissati nei miei per un lunghissimo momento. Vi ho vista una tristezza infinita. – …Se vorrai, non tornerò… -, ha risposto piano, come se si sforzasse di trovare la forza di parlare, - Mi odi, Gabrielle? -.

Nella mia mente, svuotata all’improvviso, la domanda è giunta così inattesa da prosciugare di colpo ogni mio pensiero, scardinando ogni logica. Poi, piano, un urlo ha iniziato a risuonare nella mia testa: il bisogno di rinfacciarle il mio dolore, la rabbia per non essere stata minimamente calcolata nei suoi piani in Giappone, di essere stata accantonata, forse perché ritenuta ancora, per l’ennesima volta, incapace di badare a me stessa e, soprattutto, di venirle in aiuto. Ovvero forse, come Lei stessa aveva ammesso, perché avrei rischiato di compromettere la sua missione dissuadendola dall’affrontarla, oppure – cosa peggiore ai suoi occhi, non ai miei - facendoci morire entrambe. Tutte le promesse per una vita insieme, fatte senza fiato mentre, allacciate, trascorrevamo il tempo ad osservare il cielo, assaporando la brezza notturna sulla nostra pelle, si erano dissolte nel momento in cui mi aveva impedito di riportarla tra i vivi, da ME. Come poteva pretendere che in soli due mesi avessi dimenticato l’amarezza, la delusione e la disperazione provate sul monte Fuji? Poco prima d’imbarcarmi, avevo sentito un soldato narrare in una taverna di come fosse scampato per miracolo alla furia di quella guerriera che veniva da una terra straniera e che, sola, aveva combattuto con onore contro un’armata di mille uomini, e che prima d’essere uccisa aveva deviato miriadi di frecce ed abbattuto decine di soldati impugnando una katana ed urlando una sola parola: “Gabrielle”. Il soldato dichiarava di non sapere il significato di quella parola, che certo doveva essere un’invocazione ad un dio, ma di esser certo che la guerriera la ripetesse, come un mantrha, per trarne coraggio. A quelle parole, mi si era spezzato il cuore. “Dunque ero io a cui pensavi in quel momento… Io ed io sola! Per l’amore che mi portavi, avresti dovuto restare con me, non morire invocandomi… Io non c’ero… Io non ti ho potuta salvare…”. Un grumo di rabbia si era formato in quel momento nella mia mente ed era andato aumentando le sue dimensioni a dismisura: “Ti amo da impazzire, Xena, e tutto ciò che mi hai lasciato di te è un’urna ed un’ombra che appare e scompare a tuo piacimento! Anche dopo la morte, decidi tu le regole del nostro rapporto…”.

Fino a ieri notte ero riuscita a nascondere perfino a me stessa la coscienza di quel tarlo che, ad ogni modo, aveva proseguito il suo lavoro, scavando in profondità nei miei sentimenti e riaprendo ferite che pensavo del tutto rimarginate…

- Mi odi, Gabrielle? - Ho atteso troppo, prima di pronunciare un flebile – No… come potrei? – e lei ha letto la verità dentro i miei occhi. Il suo viso, se possibile, è impallidito ancora di più e, senza dire nulla, ha distolto lo sguardo. – Tu menti – ha detto senza guardare – Tu menti… In verità non mi vuoi più accanto a te da tanto tempo. Le tue azioni parlano chiaro: sono diventata un peso per te…Anche i versi che hai composto hanno un significato lampante... Non sono così ottusa da non capire che non mi vuoi più… Forse non mi ami neppure più…Ti ho chiesto troppo Gabrielle, come ho potuto pretendere che sopportassi tutto questo? - Non potendo reggere oltre mi sono alzata, ho infilato la prima tunica capitatami sotto mano ed ho lasciato la cabina. Fuori, sul ponte, ho aspettato che il mio respiro affannoso si placasse, che il cuore riprendesse a battere regolarmente e smettesse di decidere da solo quale ritmo tenere. Intanto, la luna colorava di blu e d‘argento tutte le forme ed i contorni delle cose intorno a me. Con poche parole era riuscita a dirmi tutto ciò che la mia stessa coscienza urlava da mesi alle orecchie sorde del mio cuore e questo mi aveva terrorizzata! Ho iniziato a pensare a cosa avrei fatto senza di Lei, intendo completamente senza. Se la mia vita era stata tollerabile fino a qualche momento prima, senza di Lei sarebbe stata completamente vuota. Non avrei più potuto sentire intorno a me le sue braccia che, anche se mera proiezione della Sua anima, in questi due mesi di desolazione avevano sempre costituito l’unico rifugio in cui poter lenire le mie ferite.

“Pensa, Gabrielle, pensa… - mi sono detta - Non può finire così…Nonostante tutto hai bisogno di lei, un bisogno disperato. Devi parlarle, trovare una soluzione: Lei deve sapere, ne ha tutti i diritti. Allontanarla da te non farebbe che peggiorare le cose. Hai già taciuto abbastanza e tutto il tuo silenzio cosa t’ha portato? Dolore. Dolore e rabbia. Eli non ti vorrebbe vedere così… Tutto questo non ha senso!”.

Ancora assorta nei miei pensieri, ho avvertito un cambiamento nella leggera brezza marina che scompigliava il lino della mia tunica: di colpo ho saputo che Lei era apparsa al mio fianco. Mi sono voltata lentamente, per darmi il tempo di ritrovare un contegno quantomeno dignitoso, e con immenso sforzo (più dovuto al dolore che alla rabbia) ho fissato i miei occhi dentro a quei due splendidi zaffiri. La luna sottolineava i contorni del Suo corpo con riflessi opalini: la mia Compagna sembrava reale, nonostante fosse impalpabile come il vento.

- Sono stanca, Xena… - ho iniziato, e all’improvviso il mio animo s’è aperto facendo fuoriuscire, come un fiume in piena, tutti i sentimenti a lungo repressi – Sono stanca di questa vita a metà. Non mi basta averti così: ho bisogno di te, viva, accanto a me, non del tuo riflesso. Forse sto semplicemente impazzendo, e tu sei solo una proiezione del mio dolore, tutto qui… - I suoi occhi ancora fissi nei miei, imperscrutabili… Ho sentito la rabbia montare dentro di me ed ho alzato i pugni, del tutto intenzionata a colpirla al petto, sul cuore… - Mi hai spezzato il cuore, sai? Hai provato ad immaginare come mi sono sentita quando hai bloccato la mia mano sul ciglio della Fontana della Forza, sul monte Fuji? Avevi pianificato tutto fino a quel punto? Perché punirmi così? Ho lottato per te, ho battuto il Samurai nel suo stesso accampamento, davanti ai suoi uomini, per riavere il tuo corpo e… e la tua testa! Sai cosa ho provato nel vederla appoggiata su di un altare? Riesci ad immaginarlo??? Un dolore straziante! Ma nulla vale a confronto col tuo maledetto senso dell’onore, vero Xena? – una risata amara, poi una pausa, per riprendere fiato. – Avevo dimenticato di non essere stata la sola persona importante della tua vita: prima Lao Ma. Per lei sei stata pronta ad abbandonarmi in uno sperduto villaggio, rinunciando a tutto ciò che avevamo costruito insieme. Ti ho tradita, allora, pensando di potermi vendicare della tua insensibilità provocandoti dolore… Sbagliavo, ma ho pagato per la mia scelta. Poi, Akemi… Anche per lei sei partita, questa volta permettendomi di seguirti… A che pro? Avevi già deciso di nascondermi gran parte del tuo piano… Il tuo piano…Hai mai pensato a noi come ad una coppia, Xena? O sono sempre stata un tuo giocattolo, un fantoccio da muovere a destra e a sinistra secondo l’estro del tuo capriccio? – qualcosa si stava smuovendo nel Suo granitico silenzio.

- Gabrielle – ha iniziato, alzando la mano e sfiorando con il dorso delle dita la mia guancia. – Non toccarmi! Non trattarmi sempre come se fossi una bambina! – ho urlato allontanando con un colpo di braccio la sua mano. Ma sì, che mi sentissero pure tutti i marinai di questo mondo: che importanza ha la propria reputazione, quando si è morti dentro? – Non voglio la tua commiserazione, Xena, voglio che tu capisca il mio punto di vista, una volta tanto! – .

- Gabrielle, Gabrielle… Io ho sbagliato. Ho sbagliato… Il rimorso che provo è sicuramente solo una minima parte del tuo dolore, ma è dentro di me e mi sta facendo soffrire… immensamente. Non sai cosa darei per poter tornare indietro, evitare di fare le scelte che ho fatto, condividere i miei progetti con te e continuare la nostra vita insieme… -

- Non so cosa daresti e non m’importa di saperlo – l’ho interrotta bruscamente – tanto non puoi tornare indietro, Xena… - più che uno sfogo di rabbia, un’amara constatazione. – Quello che mi brucia di più è la coscienza di essere stata estromessa da una decisione che ha sconvolto entrambe le nostre vite in modo definitivo. Come hai potuto farlo? Dici di amarmi: come hai potuto tradire il nostro amore in questo modo? -

I suoi occhi si sono spalancati. Penso che in quell’istante si sia finalmente resa conto dell’immane fardello che la sua scelta ci aveva scaraventato addosso. – Tradito? No… Non ho mai inteso tradire il nostro legame. Lo sai: sei la cosa più importante della mia vita. Io ti amo: ti amerò per sempre! Tutto dipende da te… La mia stessa anima è qui perché il tuo amore la tiene ancorata al mondo dei vivi… -

- Ma NON sei viva! – le ho urlato. Le lacrime iniziavano a spingere furiose contro le pareti delle palpebre – Io ti voglio qui, in carne, non solo in spirito. Ho bisogno del tuo corpo, del profumo della tua pelle, del battito del tuo cuore, non di un surrogato. Ho bisogno delle piccole cose che facevamo insieme: di stare con te in mezzo alla gente, mangiare con te, far compere con te, guardare le stelle con te… Voglio ridere con te… Mi manca la quotidianità dei nostri bivacchi all’aperto, la caccia per procurarci il cibo, il bagno nelle polle nascoste… Voglio intravederti nell’angolo buio delle taverne, mentre racconto le tue gesta ad un pubblico sbronzo, voglio poterti prendere la mano mentre camminiamo per strada e dimostrare a tutti che sei mia… Non mi serve un sostituto della felicità, Xena. Io voglio LA felicità e l’unico modo che conosco per raggiungerla… sei tu. – le lacrime ora scorrevano libere lungo il mio viso. – Se è il mio amore a provocare tutto questo dolore, allora cercherò di smettere d’amarti… Anche se il solo pensiero mi toglie il fiato. Non resisto senza averti accanto, Xena, ma non posso tollerare oltre questo Limbo senza fine. Chiamalo egoismo, se vuoi. Penso che sia la cosa migliore da fare per entrambe: hai fatto la tua scelta ed hai il diritto di riposare in pace… Ora io faccio la mia: lascia che anche il mio cuore riposi… - come si mente bene, quando si tenta di auto convincersi.

- Gabrielle…- la sua immagine si era fatta più vicina – Non si tratta più di scelta mia o tua, ora! Non vedi? Stiamo continuando a comportarci come se le nostre vite fossero indipendenti l’una dall’altra, ma non è così. Dobbiamo decidere INSIEME, Gabrielle. Lascia che io ripari al dolore che t’ho causato. Lascia che io rimanga con te e che ti ami come sempre. Permettimi di amarti, Gabrielle… - La sua mano aveva raggiunto la mia in un contatto senza paragoni: come stringere seta e nuvole insieme. Ero così assorta nell’emozione del momento da non poter proferire parola, forse nel timore di rompere l’incanto. “Com’è possibile che io rinunci a lei? Dei, qualcuno mi aiuti…”.

Notando il mio silenzio, Lei ha ripreso - Può darsi che da qualche parte esista il modo per farmi tornare. Ma non m’importa di trovarlo se sarò priva del tuo amore… Tutto ha un senso solo se ci sei tu ad attendermi. Se non fosse per il NOSTRO amore, a quest’ora vagherei lungo lo Stige, contrattando un passaggio con Caronte che, per altro, non è neppure il mio tipo… - un tentativo di spirito: una delle cose che ho sempre amato nel mio Campione - Questa mia “non morte” è tollerabile solo perché trovo conforto tra le tue braccia, Gabrielle… -

- E la mia “non vita” è sopportabile solo tra le tue, Xena… - la risposta era stata immediata, fuoriuscita dalle mie labbra ancora prima che me ne rendessi conto – Cercheremo insieme un modo per riportarti da me e lo troveremo, dovessimo viaggiare fino ai confini del Mondo Conosciuto ed oltre. Sempre insieme. – il mio viso sprofondato nel suo petto, le sue mani tra i miei capelli.

- Mi odi ancora, Gabrielle? – ha detto in un soffio.

- Non sono mai stata in grado di smettere di amarti Xena, lo sai. –

- Lo so, volevo solo sentirtelo dire…- l’accenno di una risata soffocata: quanto tempo! Da quanto non ridevamo più?

Siamo rimaste così per quello che m’è sembrata un’eternità. La brezza del mare s’è fatta più intensa e, improvvisamente, mi sono accorta che la luna aveva già compiuto il suo percorso nel cielo: l’alba si annunciava all’orizzonte. L’alba di un giorno nuovo, diverso dagli altri, perché inizio della nostra rinascita. “Ti riporterò indietro, Xena. Da me.” ho pensato… Più di una speranza: una certezza. Scostandomi dal Suo petto ho guardato l’immensità delle acque ed ho notato l’inconfondibile sagoma della terraferma. L’India, finalmente: come tornare a casa. Ho avvertito la consistenza del Suo corpo dietro il mio nel momento in cui mi ha circondata con le Sue braccia.

- L’India è davanti a noi. – le ho sussurrato, circondando le sue braccia con le mie, del tutto indifferente ai primi rumori provocati dai marinai risaliti sul ponte dopo il sonno della notte.

- La vedo… - nella sua voce l’eco di un sorriso.

- Mi ami, Xena? –

- Più di me stessa… -

- Siamo una cosa sola… Per sempre? -

- Per sempre. Torniamo a casa… -

India, 78° di viaggio

L’india è diversa da ogni altro luogo.

Tutto è diverso, ora. Il dolore s’è attenuato: Amore, Fiducia e Speranza, ecco le medicine… Perché non ci ho pensato prima? Amore, Fiducia e Speranza: la Via.

Gabrielle di Poteidia

* FINE *

(per ora…)




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