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"Nè
demoni o Dei" ROMANZO DI A. SCAGLIONI (Capitolo
XIII) Parte
1
(70) Xena/Jennifer,
Sutherland, Carruthers e Croft "Sto cercando
la dottoressa Rowles. Sono il capitano Carruthers della polizia." A quelle parole segue
un silenzio prolungato, mentre Sutherland e Xena si guardano. La
guerriera è rimasta immobile nel centro della stanza e il professore,
davanti alla porta ancora chiusa, sta cercando di pensare il più
velocemente possibile. Si aspettava prima o poi un incontro con
qualcuno che conoscesse bene Jennifer, naturalmente, ma in tutta
franchezza sperava non avvenisse tanto presto e con una persona
che la conosceva così bene. "Allora?"
La voce dall'esterno sembra sempre più impaziente, ed ora anche
un po' allarmata. Le prime parole che Sutherland
ricorda aver sentito pronunciare in occasione del loro primo incontro
all'allora tenente Carruthers ("VOI LA’ DENTRO! QUI E’ Avvicinatosi rapidamente
alla donna, Sutherland le sorride rassicurante, cercando di sedare
la tensione crescente che scorge nei suoi occhi e che non lascia
presagire niente di buono. "Tu sta' calma. Lascia
parlare me e ricordati che sei Jennifer Rowles." le
dice, pronunciando lentamente il nome perché le si fissi bene nella
mente. "Insomma?! Non ho
tutto il giorno! Voglio sapere chi è lei e dov'è la dottoressa Rowles,
oppure...!" tuona nuovamente la voce da fuori. Senza dargli il tempo
di terminare la frase, Sutherland spalanca la porta con il suo miglior
sorriso, bloccando Carruthers con il pugno alzato a mezz'aria. Lo
sguardo del poliziotto si posa su di lui, un po' sorpreso, poi la
sua espressione muta mentre il ricordo evidentemente si fa strada
nella sua memoria. "Lei, eh?" mormora.
"Dovevo immaginarlo. Dov'è la dottoressa?" "Anch'io sono lieto
di rivederla, capitano, anche se mi dispiace che le circostanze
in cui ci incontriamo siano sempre... beh, diciamo, un po' tese." "Sì, già." dice
Carruthers, distogliendo l'attenzione da lui e cercando con lo sguardo
oltre le sue spalle. "Adesso non ho tempo per i convenevoli.
C'è un'emergenza e devo trovare la dottoressa." "Che è successo?" L'inconfondibile timbro
di Jennifer, pervaso però da un insolito tono deciso e risoluto
che Sutherland avverte chiaramente e di cui spera che il capitano
non si accorga, risuona dietro di lui. Ma l'espressione che d'improvviso
vede accendersi nello sguardo di Carruthers, spazza via all'istante
ogni suo pensiero. Nel posarsi sulla figura
di Jennifer alle sue spalle, gli occhi dell'uomo che ha di fronte
s'illuminano letteralmente e la sua bocca si spalanca in uno strano
miscuglio di stupore e piacere. "Rowles... cioè,
Je... Jennifer, sono... sono contento di vedere che... stai bene."
balbetta quasi. Più che perplesso da quel
singolare comportamento, Sutherland si volta verso la donna per
guardarla. Nel morbido contrasto tra la luce delle lampade del salotto
dietro di loro e quella proveniente dall'ingresso, l'immagine di
Jennifer appare di una bellezza sfolgorante. I riflessi sui suoi
capelli castano scuro, accentuati dalla stretta coda di cavallo
che le scende morbidamente su di una spalla, e sul suo viso alla
cui pelle donano una luminosità incredibile, sono quasi ipnotizzanti,
mentre il resto del suo corpo, avvolto in quegli abiti che Xena
ha scelto per la loro funzionalità, ma che ora indossa con tale
naturalezza e fascino da sembrare che le siano stati cuciti addosso,
lasciano per un momento anche l'anziano professore senza fiato nel
sentirsela così vicina. La semplice bellezza di Jennifer, appena
appannata dai mesi di autoflagellazione che si era imposta, appare
riesplosa fino allo splendore assoluto attraverso l'innata sensualità
della Principessa Guerriera che le ha conferito qualcosa di sottilmente
felino nel modo di muoversi, di porsi, di guardare, emanando quasi
inconsapevolmente pure ondate di seduzione. I suoi occhi paiono
aver catturato nelle loro profondità quelli di Carruthers che sembra
incapace di staccarne lo sguardo. Lo stesso Sutherland riesce a
fatica a riportare la sua attenzione sul visitatore. "Mia cara, il capitano
George Carruthers è qui per vederla." dice, sperando
che la guerriera colga la sottolineatura sul nome. "Che è successo,
George?" ripete Xena con ammirevole prontezza. "Io... io..."
prova a dire il poliziotto, cercando di scuotersi, poi riesce a
sbloccarsi gettando tutto fuori d'un solo fiato. "Forse c'è
stato un altro rapimento... ma accompagnato da un omicidio questa
volta. Sto recandomi sul posto. Speravo...cioè, ho pensato che volessi
venire con me." "Oh, mio Dio."
dice il professore. "Certo, veniamo subito." "Un momento."
lo blocca Carruthers che sembra stare riprendendosi dal colpo. "E
lei che c'entra?" "Credo che la dottoressa
l'abbia informata che mi ha chiesto di collaborare con lei."
ribatte Sutherland. "Come consulente
esterno. La sua presenza non è richiesta sui luoghi di crimini."
Il poliziotto lancia uno sguardo interrogativo a Xena. "Ho bisogno di lui,
George." risponde la guerriera. "E lui viene con me." Carruthers li fissa per
un attimo, indeciso sul da farsi. Poi, con un sospiro, gira sui
tacchi e comincia a scendere le scale, seguito dai due. "D'accordo, venga
pure, Ma se troveremo anche Ballister non so cosa gli dirò." Sul sedile posteriore
dell'auto guidata da Carruthers, il professore si torce nervosamente
le mani, sperando che il suo nervosismo non trapeli troppo evidente,
ed evitando attentamente che il suo sguardo s'incroci con quello
del capitano che ogni tanto lancia qualche occhiata nello specchietto
retrovisore. Ma fortunatamente tutta la sua concentrazione pareva
assorbita dalla figura seduta impassibilmente al suo fianco. Se
Xena era conscia degli sguardi sempre più frequenti che Carruthers
le stava lanciando non lo lasciava capire e teneva gli occhi puntati
sulla strada che si dipanava davanti a loro. Ma ripensandoci, il professore
non era poi tanto convinto che fosse una fortuna. Quanto ci avrebbe
messo il poliziotto a capire che c'era qualcosa che non andava?
La differenza di carattere tra le due donne saltava agli occhi,
sapendo la verità. Ma era proprio questo il punto: un uomo pratico
e, come suol dirsi, con i piedi per terra come Carruthers, sarebbe
mai riuscito ad immaginare una cosa del genere? Probabilmente no.
Inoltre la guerriera stava sempre di più entrando nella parte. Sutherland
aveva potuto constatare con estremo sollievo che aveva smesso di
guardarsi intorno ad occhi spalancati, e non degnava della minima
attenzione il panorama che scorreva dai finestrini della macchina.
E poi gli era piaciuta la rapidità con cui Xena aveva capito come
comportarsi davanti a lui. Certo forse era un po' troppo silenziosa,
Jennifer avrebbe posto qualche domanda su dove stavano andando e
sui dettagli di quello che era accaduto, ma Carruthers sembrava
così preso da lei che non doveva essersene neanche accorto. E questo
apriva una questione che da qualche minuto incuriosiva non poco
il professore. Indubbiamente lo spirito di Xena dentro di lei, aveva
reso Jennifer bellissima ed estremamente sensuale, ma per rimanere
letteralmente abbagliato come gli era parso il poliziotto quando
l'aveva vista, ci doveva essere di più. Quello non era uno sguardo
di semplice ammirazione e neanche di desiderio nei confronti di
una tale vista. Era come se su quella porta, Carruthers si fosse
improvvisamente trovato davanti una dèa (e certo neanche immaginava
quanto c'era andato vicino). No, non ci potevano essere molti dubbi
in proposito. Quello era amore. Il vecchio poliziotto, indurito
dal suo lavoro, era innamorato come un collegiale. E dato che Jennifer
non gli aveva mai dato da pensare che da parte sua ci fosse mai
stato qualcosa di più di una semplice amicizia, doveva trattarsi
di una cosa unilaterale, nata e sviluppatasi lentamente nella lunga
frequentazione professionale. Cose che accadevano appunto ai vecchi
scapoli incalliti, uomini così immersi nel loro lavoro da non trovare
il tempo per farsi una vita al di fuori di esso. Anzi, era possibile
che Carruthers non ne fosse neanche cosciente. Un uomo dotato della
limitatissima fantasia del capitano generalmente ci mette moltissimo
a rendersi conto di una cosa simile, se mai ci arriva davvero. E
se gli capita ne è così terrorizzato da non riuscire a confessarlo
a nessuno, tanto meno all'oggetto del proprio amore. Beh, meglio
così, almeno in questo caso, perché altrimenti... Per un attimo,
Sutherland si era trovato ad immaginare la scena paradossale di
un Carruthers in ginocchio con un mazzo di fiori, mentre chiede
a Xena, nei panni di Jennifer, di sposarlo. Probabilmente il buon
capitano si sarebbe risvegliato la settimana dopo con gambe e braccia
in trazione in un letto d'ospedale, se era fortunato. Non potendo
evitare, malgrado la tensione nervosa, un sorriso involontario a
quell'idea, Sutherland rimuove la sua mente da quelle fantasie in
libertà, per chiedersi se dovrebbe fare lui qualche domanda, ma
poi decide di lasciar perdere, preferendo rendersi il più invisibile
possibile dato che Carruthers lo tollerava appena, evidentemente
per far piacere alla donna. E come se avesse avvertito
i suoi pensieri, proprio in quel momento, Xena si volta verso il
poliziotto. "Sai darmi qualche
dettaglio su cosa è successo esattamente?" chiede. Come risvegliato da un
sogno ad occhi aperti, Carruthers sposta velocemente lo sguardo
verso la strada. "No, non molti, purtroppo.
Ho ricevuto la chiamata in ufficio e sono corso subito. So solo
che al Fairmount Park è stato trovato il corpo di una ragazza uccisa
e che insieme a lei doveva esserci il suo fratellino, ma del bambino
non si è trovata traccia. E' tutto quello che so." "Quando è successo?" "Abbiamo ricevuto
la chiamata circa mezz'ora fa. Le autopattuglie sono già là. Io
ho preferito saltare da solo su di un'auto di servizio... per fermarmi
da te." L'ultima parte della frase è stata detta talmente sottovoce
che il professore aveva dovuto tendere l'orecchio per capirla. "Bastava che mi chiamassi."
ribatte Xena, sollevando nuovamente l'ammirazione di Sutherland
per il modo in cui la guerriera sembra essere riuscita ad adattarsi
al loro mondo, ma l'improvvisa occhiata perplessa del poliziotto
ne gela l'entusiasmo. "L'avrei fatto, ma
sei tu che mi hai lasciato detto che hai il cellulare guasto, no?"
chiede. "Me lo hai scritto nel messaggio che hai lasciato alla
stazione di polizia. Non è così?" Per un attimo, Sutherland
rimane con il fiato sospeso. Ora il capitano sta fissando Xena con
la fronte aggrottata in attesa che la donna gli risponda e al professore
sembra quasi di poter vedere sul volto della guerriera i dubbi che
le attraversano la mente. Cellulare? Ricorderà cos'è
un cellulare? Dio, fa' che se ne ricordi. Poi, l'espressione di
Xena ritorna all'abituale impassibilità. "Già, l'avevo dimenticato.
L'abitudine, sai." dice, poi getta uno sguardo in tralice al
poliziotto che continua a fissarla con aria dubbiosa. "Sarà
meglio che guardi davanti o andremo a sbattere." Rammentandosi di essere
alla guida, Carruthers torna a concentrarsi sulla strada oltre il
parabrezza, mentre Sutherland si accascia sul sedile, con un sospiro
di sollievo. Un'altra prova superata. Che donna. Forse tutte le
sue preoccupazioni erano esagerate. Xena avrebbe saputo cavarsela.
E un po' più sereno, il
professore resta a guardare l'ingresso del parco che si avvicina.
Mentre preme soprappensiero
il piede sul pedale del freno e contemporaneamente ruota lentamente
il volante verso destra, accostandosi all'ingresso del Fairmount
Park dove stazionano due poliziotti, che stanno cercando di allontanare
un gruppetto di persone, che però continua a rimanere ai margini
dell'area scambiandosi commenti e sguardi preoccupati, unici indizi
al momento di quanto è accaduto all'interno della zona boschiva
cittadina, Carruthers dà un ultimo sguardo di sottecchi alla donna
che siede rigida ed apparentemente indifferente accanto a lui. Dire
che è sconcertato non rende l'idea del tumulto di sensazioni che
si agitano dentro di lui. La storia di essere passato
da lei per chiederle di seguirlo sul luogo di quel nuovo possibile
rapimento, ora poteva riconoscerlo almeno con se stesso, era poco
più che un pretesto. Come aveva detto a Sutherland, con poca coerenza,
la presenza di consulenti esterni sulla scena di un crimine non
è contemplata, ma lui aveva sentito il bisogno di vederla e parlarle.
Non era stato a chiedersi da dove nascesse questa necessità (o forse
aveva avuto semplicemente paura di farlo), ma si era diretto quasi
automaticamente verso la casa di Jennifer. Anche se il suo messaggio
l'aveva rassicurato, quel desiderio di rivederla gli era rimasto
in fondo alla mente, come un fastidioso pizzicore alle parti basse,
che ti costringe a grattarti anche se sai che può solo peggiorare
la situazione. La sua macchina era in officina e quindi aveva optato
per un auto di servizio e aveva lasciato che le autopattuglie lo
precedessero a sirene spiegate. Si era aspettato anche di non trovarla
a casa, chiedendosi per tutto il tragitto se la cosa lo avrebbe
più deluso o sollevato, ma certo quello che non si aspettava assolutamente
era di sentire una voce maschile rispondere da dentro l'appartamento
di Jennifer, alla sua scampanellata. In quei brevissimi, e
al tempo stesso interminabili istanti che erano seguiti, una serie
di pensieri, di cui ora si vergognava profondamente, gli avevano
attraversato rapidissimi il cervello. Ma poi la porta si era aperta
e sulla soglia era apparso quel tizio, il vecchio professore di
Jennifer, di cui gli aveva scritto sul biglietto e, non l'avrebbe
ammesso neanche sotto tortura, ma dentro di sé aveva tirato un sospirone.
Pur se la cosa avrebbe
dovuto infastidirlo non poco, invece, considerando quanti problemi
quei due gli avevano procurato in coppia durante il caso dell'Amazzone,
ma la verità era che trovare prima il suo messagio, quando stava
davvero cominciando a preoccuparsi, e poi il vederla sana e in forma
avevano fatto passare in secondo piano qualunque altra considerazione.
Anzi, molto più che in forma. Jennifer era stata una vera e propria
visione. Carruthers non riusciva a ricordare di averla mai
vista tanto bella prima di allora. Eppure era sempre stata una donna
notevole, bruna, piuttosto alta, sguardo profondo, gambe snelle
e curve al posto giusto, e neppure il brutto periodo che aveva trascorso
era riuscito a cancellare la sua bellezza. (Anche se forse l'aveva
lasciata con la mente un po' confusa. Diamine, quando aveva accennato
al suo cellulare, per un momento le era parso che non avesse idea
di cosa stesse parlando.) E tuttavia, quel giorno... Carruthers dubitava che
sarebbe mai riuscito ad esprimere appieno tutto quello che aveva
provato quando la donna gli era apparsa davanti. Riusciva solo a
pensare alla figura da idiota che doveva aver fatto in quel momento,
paralizzato, incapace di tirare fuori un discorso sensato, gli pareva
perfino di aver balbettato, ma non riusciva a ricordare esattamente,
perché le uniche cose che ricordava erano quel viso e lo sguardo
che lo aveva letteralmente trafitto sulla porta di quell'appartamento.
Per un attimo aveva addirittura stentato a riconoscerla. La voce
era indiscutibilmente la sua, ma il tono gli era sembrato stranamente
diverso. Ma in che senso diverso, non avrebbe saputo dirlo.
Così come non avrebbe saputo dire per quale ragione quegli occhi
(che erano i suoi) e quell'espressione sul volto (che era
la sua) lo avevano colpito tanto. Ma c'era anche di più.
A costo di sembrare impazzito ai suoi stessi occhi, Carruthers avrebbe
giurato che l'intera figura di Jennifer era soffusa di qualcosa,
come un alone luminoso che la circondasse completamente e... doveva
proprio dirlo? Sì, gli sembrava perfino che fosse aumentata di statura. Naturalmente tutto questo
non era possibile. L'aumento di statura avrebbe potuto essere spiegata
dagli stivali che indossava e le sue altre sensazioni avrebbero
potuto essere indotte dall'abitino decisamente succinto che scorgeva
sotto il soprabito in pelle ("Accidenti, ma cosa si è messa?
Non l'ho mai vista vestita così!"), ma lo splendore che
la pervadeva non si poteva spiegare altrettanto facilmente. O meglio,
l'unica spiegazione che poteva dargli, era anche quella a cui si
sforzava con tutte le proprie energie di non pensare. Che ti passa per la testa,
vecchio idiota? Hai quasi trent'anni più di lei e sei alle soglie
della pensione. Dovresti vergognarti! Aveva sentito dire che
la vecchiaia e la solitudine facevano di questi scherzi, ma non
avrebbe mai immaginato che sarebbe potuto capitare anche a lui.
Beh, comunque fosse successo, la sola cosa da fare era cancellare
il tutto velocemente e non pensarci più. Se Jennifer si fosse accorta
di qualcosa, sarebbe letteralmente sprofondato sottoterra dalla
vergogna. Era solo una sbandata da pre-terza età. Se avesse fatto
finta di nulla, tutto probabilmente sarebbe rientrato nella normalità
e lui avrebbe smesso di vederla pervasa da un'aura mistica come
quei santi sulle immaginette che venivano vendute fuori dalla sua
chiesa quando era piccolo. Ridicolo. Adesso aveva ben altro a cui
pensare. E con un'ultima sterzata,
il poliziotto arresta l'auto esattamente davanti all'ingresso del
parco. Appena sente l'auto arrestarsi,
Xena, senza fermarsi a riflettere su quello che deve fare, lascia
che sia la sua mano a muoversi autonomamente, e stringe tra le dita
la maniglia interna, facendo scattare il fermo per aprire la portiera.
Ormai ha scoperto che anche se lo spirito in quel corpo proviene
da un mondo o un tempo lontanissimi, una parte della memoria originale
di Jennifer Rowles (continua a ripetersi il nome nella mente per
abituarsi al suono) è ancora là dentro. Quella parte che sovrintende
ai piccoli gesti quotidiani che facciamo automaticamente senza pensarci,
come camminare, afferrare un oggetto, aprire una porta o, appunto,
lo sportello di una di quelle ("Automobili!") strane
cose metalliche e semoventi che permettevano di viaggiare velocemente
e al riparo da polvere ed intemperie. Quella stessa parte che le
consentiva di capire ed esprimersi in quella lingua, ma che poteva
esporla anche ad improvvise insidie come quella di poco prima. Che
diavolo sarà mai questo cellulare? Doveva stare più attenta.
In quel caos di concetti e parole che era divenuta la sua mente,
quel termine le ispirava l'immagine di uno strano aggeggio, piccolo
abbastanza da stare in una mano, luminoso e pieno di pulsanti, ma
la sua funzione esatta le restava indecifrabile, anche se adesso
sospettava che potesse essere un sistema di comunicazione. Come
il telefono. Un telefono portatile, forse? Avrebbe chiesto al vecchio.
No, doveva abituarsi a chiamarlo con il suo nome. Sut... Sutherland,
ecco. Così come doveva ricordarsi di continuare a chiamare quello
strano tipo che era venuto a prenderli, George. Xena aveva la netta impressione
di averlo già visto prima, anche se non ricordava assolutamente
dove o quando. Forse nel suo precedente viaggio in quel mondo. Le
sue memorie in proposito erano vaghe, ma se si erano conosciuti
allora non doveva essere stato un incontro felice. Comunque, a quanto
pareva era un amico di Jennifer, e forse molto di più, a giudicare
da come l'aveva fissata per tutto il tragitto. Aveva dovuto faticare
per continuare a fare finta di nulla, ma probabilmente minacciarlo
di cavargli gli occhi se non la smetteva, non sarebbe stata una
buona mossa. Tuttavia Xena non credeva che tra lui e Jennifer ci
fosse nulla di più. Troppo anziano. E poi se fossero stati amanti,
lui non l'avrebbe guardata così. Gli uomini tendono a perdere interesse
quando ottengono i loro scopi. Con quello sguardo da cucciolo innamorato,
poi, a Xena ricordava un po' Corilo nel periodo in cui aveva preso
una cotta per Olimpia. Con lei non aveva assolutamente speranze
e lo sapeva (ed era l'unica ragione per cui era sopravvissuto tanto
a lungo) e malgrado ciò continuava ad andarle dietro come un cagnolino.
Semplicemente patetico. Scendendo dall'auto, Xena
avverte subito sotto le suole degli stivali, la morbidezza dell'erba
e viene investita dall'odore umido e penetrante della vegetazione.
La vista degli alberi che si muovono lievemente al soffio della
brezza e tutto quel verde intorno la trasportano con il ricordo
alla foresta oscura in cui ha abbandonato Olimpia, nel suo mondo,
procurandole per un attimo un lancinante desiderio di rivederla,
di saperla salva, ma inghiottendo quelle sensazioni, la guerriera
si dirige con passo deciso verso Carruthers che sta già parlando
con uno dei due uomini vestiti di blu ai bordi della strada. Dietro
di lei, aiutandosi con il bastone sulla terra soffice, il professor
Sutherland si affanna a seguirla con evidente fatica. "Mia cara, ehm..."
ansima "ti dispiacerebbe..." Con un sospiro rassegnato,
Xena torna sui suoi passi e gli si affianca, sorreggendolo per un
braccio. "Ottima prontezza
di riflessi, complimenti." le sussurra, sorridendo, il vecchio.
"Comunque ti consiglierei una maggiore prudenza." "Che cos'è il cellulare?"
bisbiglia lei di rimando. "Beh, tu stai chiedendo
forse all'unico individuo rimasto su questa terra che non ne abbia
mai posseduto uno. Comunque è una specie di telefono che puoi portare
con te per chiamare o farti chiamare ovunque
tu sia. Un infernale congegno che può essere contemporaneamente
l'oggetto più utile e il più fastidioso. Capisci?" "Capisco che il vostro
mondo è troppo complicato." mormora Xena, sbuffando. "Sbrighiamoci.
Voglio tornare al più presto al mio." "Carruthers! Devo
ricordarti che questa zona non è nella tua giurisdizione? Vuoi,
per favore, chiedere a quella donna di allontanarsi? Sta inquinando
la scena del crimine!" Il capitano Stark del
dodicesimo distretto tira per la manica per l'ennesima volta Carruthers,
ma il poliziotto ascolta appena le rimostranze del suo collega tutto
preso ad osservare Jennifer che esamina l'erba, inginocchiata a
terra, dietro gli alti cespugli. Appena giunti in vista
del luogo del delitto, il poliziotto si era voltato verso la donna
e il vecchio che lo seguivano per chiedere loro di restare a distanza
e si era diretto verso alcuni uomini che discutevano tra loro, accanto
ad una grande macchia bianca di tessuto che contrastava terribilmente
con il verde del prato su cui era posata. Sullo sfondo, evidentemente
disturbate da quell'insolito viavai, le anatre si erano ritirate
sul bordo opposto del laghetto, sguazzando silenziose, incuranti
dello spettacolo che si stava svolgendo davanti a loro. Stark, l'ufficiale superiore
di quel distretto, un ometto basso e mingherlino con due baffetti
appena accennati, era insieme al dottor Gross, assistente diretto
di Sidesman, mentre il capo della scientifica stava ancora accosciato
presso la sagoma celata dal lenzuolo, da sotto il quale spuntava
una piccola mano pallidissima, stretta a pugno. Nel momento in cui Carruthers
si stava avvicinando a loro, Sidesman si era rimesso in piedi, riunendosi
agli altri. "Ciao, George."
l'aveva salutato vedendolo, mentre gli altri due si erano limitati
ad un rapido cenno con la testa. "Allora?" aveva
chiesto Stark, riportando subito la sua attenzione sul medico. "Si può disporre
per il trasporto all'obitorio. Non c'è altro che possa ricavare
per adesso." aveva risposto questi, facendo un cenno al suo
assistente che si era allontanato verso gli uomini in attesa accanto
ad un furgone nero. "Ha un taglio profondo poco sotto lo sterno,
causato da una lama piuttosto larga, un pugnale o un coltello da
cucina, sarò più preciso dopo l'autopsia, che le ha attraversato
il cuore, uccidendola praticamente all'istante. Per una ferita del
genere, c'è pochissimo sangue. La morte istantanea e il corpo caduto
in avanti ne hanno praticamente bloccato subito la fuoriuscita.
Un bel lavoro, se mi passate il termine. Da esperti." "Sidesman, per favore."
aveva protestato Stark, con uno sguardo di rimprovero. "Non lo stavo elogiando.
Volevo solo dire che non è opera da dilettanti." aveva risposto
Sidesman, con un'alzata di spalle. "L'assassino sapeva dove
e come colpire." "Vuoi dire che potrebbe
trattarsi di un medico, un chirurgo, forse?" era intervenuto
Carruthers. "No, non necessariamente.
Quello che intendo è che chiunque abbia fatto questo lavoretto,
secondo me, dimostra una certa pratica, ma se l'ha acquisita per
professione o impagliando animali nella sua cantina, non saprei.
Beh, signori, io vado." aveva poi aggiunto "Vi farò avere
al più presto l'esito degli esami." E con un saluto si era
diretto nella direzione del furgone che lo stava aspettando con
il motore acceso e sul quale pochi istanti prima era stato caricato
il cadavere ancora coperto dal lenzuolo. Rimasti soli i due poliziotti
erano stati a guardarsi in silenzio per qualche momento, poi Stark,
le mani ficcate a forza nelle tasche del pesante cappotto aveva
mandato un'imprecazione a mezza bocca. "Che diavolo significa?"
La domanda non pareva rivolta a nessuno in particolare, se non forse
al cielo. "Questa è la prima volta che quel figlio di puttana
uccide qualcun altro per eseguire il suo sporco lavoro. Sta perdendo
il suo sangue freddo, secondo te?" "Forse." aveva
borbottato in risposta Carruthers, voltandosi istintivamente verso
Jennifer e il suo mentore, ma non riuscendo a scorgerli tra la piccola
folla assiepata a ridosso delle strisce gialle che passando di tronco
in tronco delimitavano l'area. Ancora più in là, si vedevano i primi
furgoni delle stazioni TV con accanto tecnici e reporters che si
apprestavano al loro lavoro. "O forse" continua "rapire
e uccidere quei bambini per i suoi ributtanti scopi, non gli basta
più. Forse quel cervello bacato che si ritrova sta subendo un'evoluzione.
Ballister non c'è?" "Dovrebbe essere
qui da un minuto all'altro. L'abbiamo rintracciato ad un pranzo
di non so quale circolo." Sul volto del piccolo poliziotto
si era acceso un sorrisetto maligno. "Credo che gli abbiamo
rovinato la digestione." Carruthers non si era
preoccupato di nascondere quanto poco la notizia lo rattristasse. "Come avete scoperto
che si tratta di un rapimento?"aveva chiesto poi. "La vittima e il
suo fratellino erano qui in attesa della madre. E' stata lei a trovare
il cadavere della figlia, mentre il piccolo era scomparso."
aveva spiegato Stark. "Non c'è voluto molto a fare due più
due. Naturalmente ho dato immediatamente il via alle ricerche, allertando
anche tutti gli altri distretti, ma per ora..." "Dov'è adesso la
madre?" Carruthers, pur conversarsando con l'altro, continuava
a girare la testa a destra e sinistra, cercando con gli occhi le
figure della psicologa e del vecchio professore, ma senza riuscire
a localizzarle. "Ho dovuto farla
ricoverare d'urgenza. Ti lascio immaginare in che stato era e...
Ma che accidenti... Chi cazzo sono quei due?!?" L'improvviso sbalzo nel
tono di voce del collega che da una pacata conversazione era passato
quasi ad uno strillo isterico, aveva fatto voltare di scatto Carruthers
nella direzione in cui Stark stava guardando con gli occhi fuori
dalle orbite. "Connors!! Sei impazzito!?!"
stava già sbraitando il poliziotto, avanzando a passo di carica
verso un agente in borghese che se ne stava indeciso tra il suo
furente superiore e l'oggetto dell'oltraggiato sdegno dell'ufficiale.
"Chi sono quei due? Perchè li hai fatti passare?" "Ma capitano..."
aveva provato a ribattere Connors non sapendo più dove guardare.
"Li... li ho visti arrivare con il capitano Carruthers... Pensavo
che..." "Aspetta, Stark."
era intervenuto Carruthers trattenendolo per un braccio. "E'
vero. Sono con me." Nel piccolo spazio tra
i cespugli dove fino a pochi minuti prima giaceva il cadavere coperto
dal lenzuolo bianco, Jennifer a carponi stava apparentemente perlustrando
il suolo palmo a palmo, mentre Sutherland, a pochi passi da lei
se ne stava appoggiato al suo bastone, guardandosi intorno nervosamente. "Sono con te?!"
aveva chiesto scandalizzato Stark, fissandolo."Falli allontanare
immediatamente! Ballister sarà qui a momenti!" Ma lui era rimasto immobile
ad osservare la figura della ex-psicologa della procura, la donna
con cui aveva condiviso molto del suo tempo lavorativo degli ultimi
anni e che credeva di conoscere benissimo, mentre continuava a tastare
il terreno e si portava alcuni fili d'erba al naso, odorandoli.
Ma che diavolo stava succedendo? "Carruthers! Devo
ricordarti che questa zona non è nella tua giurisdizione? Vuoi,
per favore, chiedere a quella donna di allontanarsi? Sta inquinando
la scena del crimine!" Stark seguitava a scuoterlo per la manica
con fastidiosa insistenza "E io devo ricordarti
che in questa faccenda non esistono più giurisdizioni?" replica
lui quasi distrattamente, senza neanche guardarlo e liberandosi
della sua presa. "Ci penso io a quei due. Tu pensa al tuo lavoro
e fai raccogliere le generalità dei presenti." "Ehi! Io non prendo
ordini da te!" gli grida dietro l'altro, ma Carruthers non
se ne cura nemmeno. Tutta la sua attenzione è su Jennifer che sentendolo
avvicinarsi si alza, sfregandosi le mani tra loro per ripulirle
dalla terra e dall'erba. "Si può sapere che
diavolo state combinando?" chiede con uno sguardo a metà tra
il rimprovero e la perplessità. Il professore si schiarisce la gola
come preparandosi a rispondere, ma non ne ha il tempo perché è la
donna a rivolgerglisi. "Era nascosto qui
dietro." dice. "I cespugli sono alti e piuttosto folti.
Doveva essere impossibile vederlo da fuori. Ci sono tracce confuse
di quelli che dovrebbero essere un paio di stivali. Da come è ridotta
l'erba in questo punto, credo che sia rimasto ad aspettare un bel
po', attendendo la sua preda. Penso di aver capito che questo è
un posto frequentato da madri con bambini, no?" Carruthers la fissa senza
trovare una risposta. "Quindi sapeva che
la sua pazienza sarebbe stata premiata." prosegue la donna,
evidentemente prendendo il suo silenzio per una conferma. "Ma
questo punto in particolare sembra abbastanza isolato. Doveva essere
improbabile che ci passassero molte persone. Ecco" dice poi,
inginocchiandosi di nuovo sul terreno e indicando un punto "qui
è dove è stato adagiato un corpo, piccolo. L'erba è schiacciata
e ci sono alcune tracce di sangue, poco più che un paio di gocce.
Altre sono visibili tra questi cespugli. Il bambino deve essersi
graffiato sui rovi, quando è stato trascinato all'interno. Quindi
direi che è possibile che il piccolo fosse ancora vivo, almeno quando
è stato portato via." Il poliziotto continua
a restare in silenzio. "La ragazza invece
deve essere stata uccisa immediatamente, con un colpo solo. Non
ho fatto in tempo a vedere il cadavere, ma a giudicare dal terreno
non direi che c'è stata lotta. Appena si è precipitata nei cespugli,
è stata pugnalata." Va bene, chi sei tu e
che ne hai fatto della mia amica? La classica battuta, ascoltata
in più film e spettacoli televisivi di quanti riesca a ricordarne,
gli balza improvvisa alla mente e per un attimo, Carruthers sta
per pronunciarla. Prima di rendersi conto di quanto renderebbe ancor
più ridicola quella situazione assurda. Da quando Jennifer si era
trasformata in Sherlock Holmes? A quel che ricordava lui, le rare
volte che si era trovato nel luogo di un delitto si era sempre tenuta
bene alla larga dal morto e da coloro che vi lavoravano intorno. "Che sta succedendo,
qui?" si limita quindi a chiedere, guardando i due davanti
a lui. "Capitano, io...
" comincia Sutherland che per tutti quei minuti se ne era rimasto
zitto a sua volta, sollevando due occhi imbarazzati su di lui "...
è complicato, ma se ci lascia spiegare..." "Credevo che volessi
la mia collaborazione." dice la donna, freddamente. "Perché
altrimenti sei venuto a cercarmi?" Ottima domanda, Carruthers,
perché sei andato a cercarla? "D'accordo, forse
ho sbagliato." ribatte il poliziotto, sopprimendo a forza la
domanda che gli risuona nella mente. "Non so cosa significhi
questa storia e non lo voglio sapere. Ho già abbastanza problemi
per conto mio. Salite in macchina. Vi raggiungo subito e vi riporto
dove vi ho trovati." "Un momento..."
"Non sarà necessario,
capitano." interviene Sutherland, frapponendosi tra Xena e
il poliziotto. "C'è una stazione di taxi subito fuori dal parco." Guardandoli appena e con
un rapido cenno della testa, Carruthers torna sui suoi passi senza
più voltarsi. "Che gli prende?"
chiede Xena, fissando la schiena dell'uomo che si allontana. "Jennifer
è una sua amica, no? Non vuole aiuto da lei?" "Temo che quel pover'uomo
non sappia neanche lui cosa vuole esattamente." mormora il
professore. "Ma credo che tu l'abbia spaventato." La guerriera si volta
perplessa verso il vecchio. "Spaventato? E cosa
avrei fatto per spaventarlo?" "Forse ho dato anch'io
il mio contributo." risponde Sutherland, prendendola a braccetto
e guidandola con cautela verso il sentiero che portava all'uscita.
"Vedi, non c'è stato il tempo finora di raccontarti tutto,
ma... beh, diciamo che io e Jennifer, insieme, gli ricordiamo un
gran brutto momento, e se ci aggiungiamo che forse senza neanche
saperlo è innamorato di lei..." "Mmph... Non è un
tipo molto sveglio se non se ne è accorto ancora." "Già... beh, penso
che i tipi come Carruthers vivano così sepolti nel loro lavoro e
avvolti nella loro concretezza perché in effetti sono terrorizzati
da quello che potrebbero trovare se cercassero appena un po' fuori
dal loro piccolo mondo." "Ehi, anch'io sono
un tipo concreto." protesta Xena. "Certo, ma non hai
paura di affrontare la realtà, qualunque essa sia." dice il
professore. "Il nostro Carruthers, invece, appena sente qualcosa
che non va, o che potrebbe disturbare la sua visione pratica dell'universo,
preferisce infilare la testa nella sabbia, o nel suo caso sprofondarsi
nel lavoro, dimenticando, o cercando di farlo, quello che ha visto
o creduto di vedere. Gli è già capitato." "E che cosa avrebbe
creduto di vedere, secondo te?"
"Tu che ne dici?"
chiede il vecchio con un sorriso. "Pensi che abbia
capito che io non sono Jennifer?" "Se l'ha capito,
ancora una volta ha scelto di voltare la testa dall'altra parte." "Perché è più semplice."
conclude la guerriera. "Perché è più semplice."
ripete Sutherland. "Fortuna allora che
non ho fatto in tempo a dirgli che ho sentito il suo odore."
dice a bassa voce Xena. "O sarebbe scappato urlando." "Il suo odore?"
Sutherland si blocca con la mano già alzata per richiamare l'attenzione
di uno dei taxi fermi nella piazzola di fronte all'entrata del parco.
"Che odore?" "Non lo so esattamente,
e inoltre è stata dura perché questo corpo non ha i sensi addestrati
quanto il mio, e mi richiede un'enorme concentrazione, ma l'ho sentito
vicino ai cespugli dove deve essersi appostato a lungo in attesa
della preda. E' un odore particolare. Mi ha ricordato qualcosa di
molto simile che ho avvertito nelle vicinanze della tana della Bestia." "Allora forse avresti
dovuto dirglielo." dice il professore. "Se è la persona
che pensi, non sarebbe servito a niente. Non ci avrebbe creduto.
Ma può servire a me. E' un odore che non si dimentica." Attirato dal gesto del
professore, intanto un taxi si è avvicinato, fermandosi di fronte
a loro. Xena apre la portiera e aiuta il vecchio a salire. "Temo però"
sorride questi accomodandosi a fatica sul sedile "che andarsene
in giro, fiutando l'aria come un segugio sarebbe un po' problematico."
Poi la guarda con espressione seria. "Ma non fare pazzie, ti
prego. Questo non è il tuo mondo, Xena. La città è enorme. Non puoi
percorrerla da cima a fondo." "Tu non hai idea
di quello che posso fare." ribatte Xena, sedendosi accanto
a lui e ricambiando freddamente il suo sguardo. "Ma non temere.
Non ho intenzione di fare niente del genere, e comunque ormai la
pista è fredda. Ma se lo risentirò, saprò come comportarmi." In lontananza, il capitano
Carruthers osserva l'auto scomparire alla vista, la testa incassata,
quasi immersa nel bavero del suo soprabito. "Stampa." Brian Croft preme il pedale
del freno arrestandosi davanti al poliziotto ed estraendo con la
mano libera dal taschino interno della giacca la tessera di riconoscimento. "Croft dell'Inside
View." L'agente esamina con occhio
critico la foto effettivamente poco riconoscibile confrontandola
con il presunto originale. "Di quand'è?"
chiede sospettoso. "Dei tempi del liceo?" Brian immette aria in
abbondanza nei polmoni, cercando di non lasciarsi innervosire. Il
poliziotto è piuttosto giovane e non ricorda di averlo mai visto.
Tanti saluti alla possibilità di avvicinarsi al luogo del delitto
più degli altri giornalisti che sicuramente erano arrivati molto
prima di lui. "Va bene, ma non
si può passare di qui." Il giovane gli riconsegna il tesserino
con uno sguardo diffidente. "Faccia un'inversione e ritorni
sul viale principale. Può lasciare la macchina dove sono già quelle
dei suoi colleghi. Là le diranno da dove potrà entrare." Certo, e dove potrò mettermi
in coda per assistere all'emozionante colloquio della stampa con
quel pavone di Ballister. Aveva superato la limousine
del procuratore un paio di isolati prima e ormai si aspettava
di vederla spuntare alla curva da un momento all'altro. Accidenti
alla sua maledettissima sfortuna. La sera prima si era addormentato
direttamente sul divano senza neanche spogliarsi e quella mattina
il suono della radio sveglia accanto al suo letto, due stanze più
in là, era stato solo un lontanissimo rumore di sottofondo di cui
si era reso conto soltanto quando il telefono aveva squillato prepotentemente
facendolo schizzare dal suo giaciglio improvvisato. Prima ancora
di rispondere aveva lanciato un'occhiata all'orologio da polso.
Le 11.45 annunciavano le cifre verdi ai cristalli liquidi sul quadrante.
Croft era rimasto per qualche secondo ad osservarle, mentre il 5
diventava 6 e lo squillo dell'apparecchio si fondeva con la musica
della sua stazione radiofonica preferita, proveniente dalla camera
da letto. "Cazzo!" aveva
imprecato a bassa voce, afferrando il ricevitore. "Brian!" La
voce della centralinista gli era letteralmente esplosa nell'orecchio.
"Sei ancora a casa?!? Ma che combini? Hannigan è fuori di sé.
E hai lasciato il cellulare in ufficio!" Quel maledetto aggeggio.
Continuava a dimenticarlo dappertutto. ''Mi sono addormentato
tardissimo stanotte, Tess, e non ho sentito la sveglia. Che è successo?"
aveva chiesto poi con un oscuro presentimento. "Ce n'è stato un
altro. Un bambino di tre anni. L'hanno rapito al Fairmount Park,
più o meno un paio di ore fa, e... hanno ucciso la sorella."
Il tono funereo della donna gli era parso piombargli addosso come
un macigno di una tonnellata. "Mio Dio, ma che sta succedendo
in questa città, Brian?" "Non lo so, tesoro.
Hannigan dov'è?" "Nel suo ufficio.
Sembra un manicomio qui. Più del solito, voglio dire. Mi ha ordinato
di rintracciarti. Ti voleva parlare. Personalmente, ha detto." "Tu digli che non
mi hai trovato. Che forse sono già sul posto. Coprimi in qualche
modo." Parlando, Brian aveva
acceso il televisore e stava passando velocemente da un canale all'altro,
cercando immagini in diretta dell'avvenimento, ma senza successo.
Era facile che la polizia stesse tenendo a freno la notizia per
impedire che scoppiasse il panico, e questo giocava a suo favore. "Io volo al parco,
tu fammi il solito lavoro di ricerca e palleggiati un po' Hannigan.
Ti adoro, amore mio, e un giorno potrei perfino sposarti." Senza dare il tempo alla
poveretta di ribattere, le aveva lanciato un sonoro bacio telefonico
e un attimo dopo era già alla guida della sua auto, continuando
a cercare alla radio emittenti che lo informassero ulteriormente
sui fatti. Con un moto di rabbia
repressa, Croft mette la retromarcia e si allontana dall'antipaticissimo
poliziotto, dirigendo l'auto verso il viale principale, quindi si
ferma e fa per sterzare nella direzione da cui è venuto, quando
le mani gli si bloccano sul volante. Da un sentierino laterale,
a circa cento metri dal punto in cui si trova lui, due figure sono
appena spuntate. La più curva e anziana delle due, un uomo appoggiato
ad un bastone ha una mano alzata per richiamare l'attenzione di
alcuni taxi in fondo alla svolta. In risposta al segnale, una delle
macchine si stacca dal gruppo e si avvicina alla coppia. L'altra
figura, su cui il giornalista focalizza adesso tutto l'interesse,
una donna alta e snella dai lunghi capelli scuri tenuti legati in
una coda di cavallo, apre lo sportello e aiuta l'uomo a salire,
poi monta a sua volta, richiudendolo dietro di sé e l'auto riparte.
Croft resta per qualche
secondo immobile in mezzo alla strada, attirando nuovamente l'attenzione
diffidente dell'agente di guardia. Poi con un'improvvisa decisione,
pesta l'accelleratore e parte in velocità, cercando di non farsi
distanziare. Hannigan avrebbe voluto la sua pelle, se avesse scoperto
che non era nemmeno andato sul luogo del delitto, ma in realtà per
cosa avrebbe dovuto andarci? Per prendere diligentemente nota della
versione ufficiale della procura e della polizia che di lì a qualche
minuto sarebbero state diramate da ogni agenzia di stampa del paese? No, se il suo istinto
non lo stava tradendo, la pista che aveva deciso così repentinamente
di seguire poteva essere di gran lunga più saporita della minestra
riscaldata a base di roboanti quanto vuote assicurazioni che Ballister
avrebbe servito ai presenti. E con un'altra sgassata,
Croft svolta alla curva che dal viale del parco immette sulla corsia,
infilandosi nel traffico. (13
- continua) |
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