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"Nè demoni o Dei"
romanzo seguito di "Identità Sepolta"

ROMANZO DI A. SCAGLIONI

(Capitolo XIV)

Parte 2

 

(71) Jennifer/Xena e Olimpia

 

"Davvero ti ricordi di me?"

Argolis si alza per prendere la caraffa del vino e ne versa un'altra generosa razione nei boccali delle due donne sedute di fronte a lui. Jennifer fa per tirare indietro il suo, ma poi desiste lasciando che il liquido di un colore rosso cupo lo riempia nuovamente fin quasi all'orlo. Il sapore è ricco, speziato e pastoso. Non ha mai assaggiato vino altrettanto buono e indescrivibile nel gusto, ma la sia pur alta gradazione alcolica non sembra causarle niente di più di una leggera euforia. Un'altra delle innumerevoli qualità di quel corpo straordinario che le permetteva di poter mandare giù interi boccali di quella saporita e fortissima bevanda senza effetti particolari, quando normalmente ne sarebbe bastato uno per ritrovarsi distesa sotto il tavolo.

"Sì, certo. Ovviamente adesso non ti avrei riconosciuto" risponde sorridendo la ragazza "ma ricordo benissimo tre frugoletti di statura crescente che sbirciavano timidamente da dietro le gambe del loro padre. Mi sorprende piuttosto che tu ricordi me. Ci siamo visti solo per pochissimi momenti ed eri così piccolo."

"Come avrei potuto dimenticarti? Eri colei che era venuta a portarci via la nostra nuova mamma." 

"Come?" Olimpia interrompe il movimento del boccale verso le sue labbra e lo riposa sul tavolo.

"Non prendertela." le sorride a sua volta l'uomo. "Questo era solo il pensiero di un bambino che si vedeva sottrarre due mamme in poche stagioni." 

"Oh, Argolis, mi dispiace." Olimpia si tende in avanti verso di lui, prendendogli una mano tra le sue. "Non immaginavo... Noi non pensavamo..."

"Non preoccuparti, non mi devi delle spiegazioni." Argolis si appoggia allo schienale della sedia con uno sguardo malinconico, liberandosi delicatamente della sua presa.

"Perché non ti sei fatto avanti subito?" chiede Olimpia.

"A che pro rivangare cose antiche e sepolte?" risponde l'uomo, con un'alzata di spalle. "Ho preferito non farmi vedere e se non fosse successo tutto questo, non avreste mai neanche saputo di me."

Dopo quelle parole, Argolis resta in silenzio, gli occhi rivolti a terra, mentre il suo sguardo sembra inseguire lontani ricordi. Jennifer, più volte si è sorpresa ad un passo dal tracannare altre abbondanti sorsate dell'invitante nettare che si agita nel suo boccale, fermandosi però sempre in tempo per evitare che quella vaga sensazione euforica si trasformasse in qualcosa di peggio, per sfuggire a quell'inspiegabile disagio che la situazione le dava. Si sentiva un'estranea infiltratasi furtivamente in una storia che non la riguardava. Anche se nessuno dei due la guardava mai, e ciò di cui parlavano le era totalmente sconosciuto, sapeva che la persona al centro dei loro discorsi era proprio lei, o comunque quella che in quel momento lei incarnava. Era una strana sensazione sentirsi l'oggetto di una discussione in cui non avrebbe saputo come intervenire. 

"Xena ha promesso di spiegarmi, quando questa storia sarà terminata, per quale sortilegio sia possibile che siate ancora oggi come vi ricordavo da bambino" riprende l'uomo, rialzando lo sguardo su Olimpia "ma c'è un'altra magia che vorrei invece tu mi spiegassi adesso, se puoi."

La ragazza lo fissa perplessa.

"Dimmi." .

"Che ne è stato di Xena?" chiede Argolis, chinandosi verso di lei e abbassando istintivamente il tono della voce.

Olimpia resta praticamente a bocca aperta, lanciando quasi involontariamente un'occhiata di tralice a Jennifer, che la guarda a sua volta senza sapere cosa dire.

"Che significa? Non capisco." risponde poi, cercando di simulare un'incapacità di comprendere la domanda che però l'improvviso rossore che le accende il viso smentisce a chiare lettere.

"Avrei forse potuto essere ingannato" continua Argolis, posando per la prima volta dall'inizio della loro conversazione, lo sguardo su Jennifer "se non avessi parlato con Xena, quella vera, appena due notti fa. Avrei potuto pensare che i miei ricordi d'infanzia su di lei mi tradivano. Ma la donna che è seduta qui con noi in questo momento non è la stessa che ho incontrato nelle stalle, anche se fisicamente sembra proprio lei, vero?"

Argolis torna a tacere spostando lo sguardo da una all'altra delle due donne.

"Naturalmente non ho alcun diritto di chiedervi niente e se mi direte che sbaglio non insisterò."

Olimpia e Jennifer si scambiano un'occhiata indecisa, poi con un sospiro, la giovane guerriera dalla corta chioma bionda, torna a fissare Argolis.

"No." risponde. "Non ti mentirò, e anzi ti chiedo scusa se ho cercato di ingannarti fino ad adesso. La verità è che pensavo fosse meglio tu non sapessi, ma il modo in cui ci stai aiutando, il fatto che tu abbia accettato di tenere sotto custodia Tiros senza discutere, credo faccia di te un alleato importante per noi in questa vicenda, e gli alleati devono fidarsi gli uni degli altri." Poi, il suo sguardo si accende di curiosità. "Ma prima dimmi come lo hai capito."

"Beh, da tante cose." sorride Argolis. "Tanto per cominciare perché ho notato che sei tu a portare le sue armi. Ho scorto quello strano cerchio dorato al tuo fianco, e la spada sporgente sotto il tuo mantello. Poi dall'espressione confusa nei suoi occhi e dal tono indeciso della sua voce" prosegue, questa volta concentrando il suo sguardo su Jennifer che lo distoglie subito imbarazzata "ben diversi da quelli della Principessa Guerriera. Ma credo di averlo capito soprattutto perché non mi ha chiesto di Argo."

"Argo?" chiede Jennifer, guardando interrogativamente Olimpia.

"Xena era venuta apposta qui l'altra notte per riprendersi il cavallo, rischiando la sua stessa vita se Acros e i suoi l'avessero scoperta." spiega l'uomo. "Ma appena ci rincontriamo, lei non ne fa parola, quando invece sapeva che l'aveva affidato a me. Xena mi avrebbe chiesto subito come stava."

"Si." conferma Olimpia. "Lei l'avrebbe fatto. Complimenti, Argolis." dice poi, fissandolo decisa negli occhi. "Dimostri un notevole spirito di osservazione. Potrebbe tornarci utile. A proposito, come sta Argo?"

"Benissimo. Ma si vede che freme dalla voglia che la sua padrona torni presto a cavalcarla."

"E' quello che speriamo tutti." risponde seria la ragazza. Poi, la sua espressione si fa intenta e la sua voce scende di tono e Olimpia inizia a raccontare. 

E nella piccola stanza della modesta casa di Argolis, lo stalliere, d'un tratto le spesse mura sembrano crollare e vasti spazi apparire intorno alle tre persone sedute intorno al tavolo, mentre il racconto di Olimpia si dipana, e la giovane Poetessa Combattente rievoca con abilità le incredibili vicende di quegli ultimi giorni. Anche Jennifer, che pure già ne conosce alcuni aspetti per sommi capi, non può fare a meno di sentirsene affascinata, rivivendo attraverso le sue parole la fuga nella foresta, l'incontro con il suo misterioso e diabolico abitante, il risveglio nella capanna dei due eremiti e la loro straordinaria storia, la tragica fine del vecchio Aristis nello scontro con il dèmone, fino alla spedizione notturna di Xena alla ricerca del suo cavallo ed alla sua battaglia con gli alberi nella foresta in seguito al richiamo che il dèmone le aveva inviato, fino alla decisione di recarsi di giorno alla caverna che aveva causato alla fine il suo arrivo sulla scena nel corpo della Principessa Guerriera. Nonostante l'angoscia che traspare evidente nello sguardo di Olimpia, la sua innata arte nel narrare ha preso ugualmente il sopravvento, riuscendo magicamente a trasmetterne le emozioni ai suoi due ascoltatori che l'hanno seguita in un religioso silenzio, senza interromperla mai.

Al termine della lunga e particolareggiata esposizione, lo sguardo di Argolis che per tutto quel tempo era rimasto fisso, quasi come ipnotizzato, su Olimpia, si sposta su Jennifer. L'uomo si alza dalla sedia per accosciarsi accanto a quella sulla quale è seduta la donna, osservandola da vicino, e tende una mano a sfiorare la pelle del suo viso. Istintivamente Jennifer si ritrae.

"Stupefacente." mormora, quasi tra sé. "Assolutamente stupefacente. Questo è dunque proprio il corpo di Xena" dice, girandosi verso Olimpia "ma lo spirito che lo abita proviene da un altro mondo. E' questo che mi stai dicendo?"

"O da un'altra epoca, se c'è differenza." risponde la ragazza. "Di un futuro lontanissimo. Molte delle cose che sono successe non le ho ancora capite fino in fondo neanch'io."

"Davvero stupefacente." ripete l'uomo, continuando a fissare il viso di Jennifer da più vicino di quanto lei gradisca. "Chi sei dunque tu, donna?" chiede, sollevando di nuovo la mano per toccarla, ma ritrovandosi un attimo dopo il polso stretto nella morsa ferrea delle dita di lei.

"Scusami." dice Jennifer con un tono di voce gelido che sorprende anche lei. "Ma preferisco non essere toccata."

"Si chiama Jenna." dice Olimpia dietro di lui, tagliando corto. "O almeno così la chiamo io. Ma al momento la sua vera identità non ha molta importanza per noi. Ciò che conta è innanzitutto rimandare il suo spirito nel luogo in cui appartiene e riportare quello di Xena qui."

"Tu credi quindi che vi sia stato uno... scambio?" chiede Argolis, rimettendosi in piedi ed interrompendo, con grande sollievo di Jennifer, la sua affascinata osservazione. "E che lo spirito di Xena sia nel corpo di questa donna, dovunque esso si trovi?"

"Devo crederlo." risponde con fermezza la giovane, e in quel momento i tratti del suo volto s'induriscono in quell'affermazione perentoria, a sottolineare l'assoluta fede in quella convinzione.

"E cosa pensi di fare per riavere indietro la tua compagna?"

"Beh, credo che l'unica strada passi inevitabilmente da quella caverna nella foresta. E' il punto attraverso cui il dèmone è giunto in questo mondo ed è probabile che sia uno di quei posti di cui ci ha parlato Alexi, in cui il tessuto tra gli universi si assottiglia, ma dato che ciò che è accaduto sconsiglia altamente di avvicinarsi alla tana di quella cosa senza le dovute precauzioni, credo che l'unica soluzione sia di servirsi di qualcuno che invece può farlo senza troppi problemi a quanto pare."

Argolis la guarda per un attimo perplesso, poi i suoi occhi si illuminano.

"Acros." dice semplicemente.

"Esatto." approva la ragazza. "Ma il problema è portarcelo senza che il dèmone sospetti nulla, o l'intero piano andrà a gambe all'aria."

"Non mi pare molto semplice."

"No, infatti. Anche se lo catturassimo e lo trasportassimo fin laggiù, legato o privo di sensi, il dèmone lo saprebbe ancor prima che arrivassimo, semplicemente leggendo la sua mente. E quel che peggio è che non sappiamo quanto tempo abbiamo ancora. Dopo lo scontro mentale con il padre di Alexi sembra essersi indebolito, ma chi può dire quando riguadagnerà forze a sufficienza da riuscire a liberarsi dalla caverna  e se dovesse accumularne abbastanza da uscire da questo mondo e raggiungere l'entità che lo ha attirato fuori dal suo..."

"Il suo affine..." mormora Argolis.

"Già... Secondo quello che diceva Aristis, a sentire suo figlio, l'unione di quei due spiriti infernali di dimensioni diverse potrebbe spalancare porte tra i mondi che non devono aprirsi mai. No." conclude Olimpia "Dovremo cercare di spingere Acros ad andarci di sua volontà, anche se confesso che ancora non so come."

La ragazza tace, fissando il suolo con espressione tesa e preoccupata, mentre Argolis sembra immerso in meditazioni personali e Jennifer, che per tutta la conversazione non ha quasi aperto bocca lascia scorrere lo sguardo dall'una all'altro, sentendosi assolutamente inutile. La consapevolezza della sua incapacità di essere d'aiuto ad Olimpia le provocava una profonda frustrazione. A che serviva trovarsi nel corpo di una quasi invincibile guerriera se poi non poteva metterlo a frutto? Riusciva a sentire quell'energia, quella forza che, sempre più prepotentemente, si dibatteva in lei cercando di trovare uno sfogo. La sentiva come una contrazione imprecisabile alla bocca dello stomaco, che le rendeva quasi impossibile anche solo restare ferma. Era come se tutto il suo corpo invocasse azione.

"Vorrei poterti aiutare di più" dice in quel momento Argolis, quasi dando voce ai suoi pensieri "ma non saprei davvero cosa suggerirti. Indubbiamente tu sei una guerriera esperta e..."

"Non sminuirti, Argolis." gli sorride Olimpia. "Mi hai dimostrato di essere una persona sveglia e in gamba e, oltre a ciò che già fai per noi, sono certa che  la tua conoscenza di questo villaggio e dei suoi abitanti, ci sarà molto utile. Ad esempio, cosa sai dirmi dei traffici di Acros? Alexi ci ha accennato qualcosa, ma lui non vive qui e tu hai sicuramente notizie più dirette."

"Quell'uomo è un serpente come ne ho visti pochi in vita mia." risponde l'uomo con una smorfia di disgusto sul viso. "E credimi anche se non sono un guerriero, ho avuto l'infelice sorte di incontrare barbari, banditi e signori della guerra tra i più feroci fra quelli che hanno percorso le strade di Grecia. Eserciti di tagliagole che hanno raso al suolo più e più volte la mia casa e il villaggio in cui abitavo, rubato il bestiame, violentato donne e bambini, ucciso vecchi senza pietà e rapito fanciulli e fanciulle da rivendere sul mercato degli schiavi. Ma nessuno di loro, mi ha mai dato i brividi che mi dà quell'uomo quando posa il suo sguardo su di me. Quando arrivai qui, ormai molte primavere fa, era solo uno dei membri del Consiglio, ma in breve tempo è riuscito a scalare velocemente tutti i gradini che lo separavano dal seggio principale, divenendo di fatto l'unico vero monarca di Kyros. Ormai il Consiglio non si riunisce praticamente più. Gli altri membri sono troppo spaventati da lui per porre anche la minima obiezione alle sue decisioni."

"E quando ha cominciato ad avere così tanto potere?"

"Non so dirtelo esattamente." spiega Argolis. "Non facevo molta attenzione a quello che mi capitava intorno, una volta. Cercavo di dedicare tutta la mia concentrazione al lavoro. Credo di essermi accorto di qualcosa solo quando, due primavere or sono, il vecchio Nelos, il predecessore di Acros, morì d'improvviso dalla sera al mattino. Era un uomo anziano, ma godeva di ottima salute ed alla sua età ancora cavalcava. Mi occupavo io del suo baio, a cui teneva molto, e quindi ci parlavo quasi ogni giorno. Di conseguenza mi sorprese moltissimo, quando seppi che era morto improvvisamente nel sonno, di una fulminea febbre cerebrale dissero, ma mi sorpresi ancora di più quando cominciò a circolare la voce che il suo posto sarebbe stato preso da Acros. Non credevo che quell'uomo fosse così importante. A quel che sapevo io, c'erano almeno altri tre membri più anziani e meritevoli di lui. Fu allora che seppi che se ne erano andati, insieme alle loro famiglie in cerca di fortuna altrove, ed anche quella fu una cosa abbastanza improvvisa. D'un tratto, Acros era diventato l'uomo più potente del posto e cominciò a farsi vedere in giro con i suoi due mastini. Li hai incontrati, credo."

"Sì." dice semplicemente Olimpia, senza interrompere Argolis con delle domande.

"Si chiamano Iacobus ed Ector. Nessuno li aveva mai visti prima di allora. A quel che sembra, pare si tratti di due sicari che Acros aveva fatto venire addirittura da Atene, ma in realtà nessuno lo sa con precisione e certamente nessuno fa domande in proposito. E più o meno in quello stesso periodo, cominciarono a girare voci che la foresta fosse abitata dai dèmoni e che essi richiedessero tributi per lasciare in pace il villaggio."

"Fu Acros a metterle in giro, vero?"

"Probabile, ma la realtà è che un bambino era effettivamente scomparso nella foresta ed altri nel giro di poco tempo avevano subito la stessa sorte, la rabbia popolare si era diretta inizialmente verso i due eremiti che vivevano nella capanna della foresta, ed alla fine il Capo del Consiglio di fresca nomina condusse una spedizione di contadini spaventati, dalla quale tornò con il messaggio di colui che chiamò l'Emissario degli Dèi. A quanto disse, gli Dèi irati nel vedere come la fede in loro vacillasse nei cuori dei mortali avevano inviato l'Emissario a punirli. Ogni qualvolta questi l'avesse decretato, gli abitanti del villaggio avrebbero dovuto consegnargli un bimbo come tributo, altrimenti la furia degli Dèi si sarebbe abbattuta su tutti loro."

"E loro ci hanno creduto?"

La voce di Jennifer risuona improvvisamente, e Argolis si volta verso di lei, fissandola quasi sorpreso di sentirla, come se avesse dimenticato che era lì.

"Questa comunità è quasi esclusivamente composta da poveri fattori ignoranti che a malapena riescono a contare sulle dita di una mano." risponde poi. "Quando sentono parlare di dèi o di dèmoni, il loro primo e unico istinto è quello di sbarrare la casa e nascondersi in cantina, se ce l'hanno. Quindi, quando Acros disse loro che avrebbe pensato lui ad occuparsi della cosa, furono ben felici di lasciare tutto nelle sue mani."

"Anche se questo sarebbe costato la perdita dei loro figli?"

Dopo essere rimasta in silenzio quasi assoluto fino a quel momento, adesso Jennifer pare non riuscire più a tacere davanti a quella evidente manifestazione di barbarie. Sente il suo cuore pompare con forza, mentre lampi di rabbia le attraversano la mente.

Calmati, pensa, fai sbollire il sangue.

Un'occhiata allo sguardo perplesso che Olimpia le lancia contribuisce a farle riprendere un minimo di autocontrollo.

"La paura è un'arma potente in mano di chi la sa usare." dice Argolis. "E poi Acros se ne uscì con un'idea che convinse anche i più recalcitranti."

"Fornire all'Emissario bambini scelti appositamente." mormora Olimpia.

"Esatto." conferma l'uomo. "Beh, inizialmente si trattava di fare una... cernita, diciamo. I bambini nati con una qualche malformazione, minorati o con altri difetti sarebbero stati destinati al sacrificio. Questo avrebbe soddisfatto il tributo e preservato il futuro sano del villaggio."

"E' orribile." Il commento di Jennifer è pronunciato in poco più che un soffio, ma contiene tutto il disgusto che la donna prova nel profondo.

"Già, ma in posti isolati e poveri come questo, bambini di quel genere ne nascono in gran numero e credo sinceramente che l'idea di potersene sbarazzare con la benedizione niente di meno che degli dèi stessi costituisse un bello sgravio di coscienza per i genitori che altrimenti avrebbero dovuto curarli e nutrirli finché fossero vissuti."

"Ma poi il... materiale iniziò a scarseggiare, vero?" L'espressione di Olimpia, che la ragazza si sforza di mantenere impassibile, tradisce un tumulto di sentimenti che si agitano dietro i suoi occhi. "E cosa accadde, allora?"

Argolis inspira profondamente come a prepararsi ad affrontare un passaggio della sua storia particolarmente ostico.

"Qui, posso solo fare delle supposizioni." dice. "Le voci in proposito sono molto vaghe, per non dire inconsistenti. Come vi dicevo, questo è un posto isolato. Non capita spesso che passino di qui carri o carovane di viandanti, ma a volte succedeva."

"Succedeva?"

"Sì, al ritmo di tre o quattro nell'arco della stagione, ma già da molti mesi non succede più. Voi siete le prime visitatrici che siano giunte a Kyros da moltissimo e sicuramente le prime donne provenienti da fuori che io abbia visto da tempo immemorabile. Ecco perché il vostro arrivo ha suscitato così tanta attenzione. Naturalmente, questo non significa nulla, ma..."

"Ma...?" lo incoraggia Olimpia, chinandosi verso di lui.

"Beh..." prosegue l'uomo a voce più bassa, dopo una breve esitazione ed essersi curiosamente guardato intorno, come se temesse che qualcun altro fosse ad ascoltare. "C'è chi dice di aver sentito grida, invocazioni ed altri strani suoni di imprecisabile provenienza, ed aver visto ombre muoversi furtive nella notte tra il paese e la foresta. I più credono che si tratti di manifestazioni delle forze demoniache che hanno preso residenza nel folto, ma io ho sentito anche altre ipotesi..."   

"E cioè?" Anche Olimpia ora comincia a mostrare una certa impazienza verso quell'improvvisa riluttanza da parte dell'uomo.

"Si dice che Acros faccia sorvegliare le strade che portano a Kyros e intercettare gli stranieri prima che giungano in vista del villaggio. Gli uomini vengono uccisi, i bambini piccoli e le donne in grado di figliare rapiti e nascosti in qualche luogo, forse addirittura qui vicino, non c'è bisogno che vi dica per quale scopo."

Argolis tace e torna ad appoggiarsi allo schienale della sua sedia, guardando le due donne che lo fissano con orrore.

"E... a te sembra possibile?" chiede infine Olimpia.

"Per essere possibile, lo sarebbe." risponde Argolis con una scrollata di spalle. "Acros possiede una cascina, una specie di grande capannone, poche miglia a nord del villaggio, che sarebbe l'ideale per... una cosa del genere. Ma se mi chiedi se lo credo verosimile... beh, non saprei che dirti."

"Se quanto hai sentito rispondesse a verità, perché noi non abbiamo fatto la stessa fine? Due donne giovani che viaggiano sole non sarebbero il bersaglio perfetto per Acros e i suoi?"

"Forse, per qualche ragione, non siete state avvistate in tempo. O più probabilmente" dice l'uomo con un leggero sorriso "vi hanno viste anche troppo bene e hanno deciso di lasciarvi perdere, sperando che foste solo di passaggio. Acros è molto prudente nei suoi affari, e voi due... beh, non avete l'aria proprio indifesa."

Jennifer, che era tornata silenziosa nel tentativo di placare la furia rabbiosa che avvertiva ribollirle dentro, incapace di trattenersi ulteriormente si rivolge all'uomo.

"E nessuno di voi ha mai cercato di appurare se queste voci corrispondessero alla realtà?" chiede, cercando di dissimulare la collera nella sua voce, ma con poco successo, guadagnandosi un'altra occhiata preoccupata da Olimpia.

"Ehm...adesso, Xe... cioè, Jenna" comincia a dire Argolis, muovendosi sulla sua sedia come se non riuscisse a trovare una posizione confortevole "non vorrei che pensaste che stia cercando di giustificare i miei concittadini. Non è così. E comprendo benissimo ciò che provate a sentire queste cose, ma qui non vivono eroi. Chi avrebbe osato andare a controllare l'operato di Acros? Questa gente è già felice quando riesce a mettere un piatto di minestra sul tavolo la sera e i loro figli sono la sola ricchezza che posseggono. Come pensate che avrebbero potuto reagire se questo... sistema, crudele e barbaro finché volete, consentiva comunque loro di assicurare l'incolumità e la sicurezza delle loro famiglie? I Romani dicono "Mors Tua Vita Mea". E dopotutto anche se le voci che circolavano avessero avuto un fondamento di verità, si trattava di forestieri, gente sconosciuta di cui nessuno sapeva nulla..."

"... e di cui era meglio continuare a non sapere, eh?" conclude Jennifer per lui, con amarezza.

"Se c'era un prezzo da pagare, questo era sicuramente il più a buon mercato, sì." annuisce tristemente Argolis.

"Dove si trova questa cascina?" chiede Olimpia. "Potresti condurmici?"

La richiesta al singolare non sfugge a Jennifer che volta la testa verso di lei, fissandola con intenzione, ma apparentemente senza che questa colga il suo sguardo.

Argolis guarda a sua volta la guerriera bionda per un attimo e poi abbassa gli occhi.

"Io..." dice esitando "posso indicarti la direzione, ma..."

"Mi basta." lo interrompe Olimpia, sorridendogli. "Non pretendo di più. Ti stai già esponendo abbastanza, e comunque credo che neanch'io farò niente di avventato per ora. Almeno finché non avrò capito bene come funziona la cosa. Sarà solo una missione esplorativa."

"Bene." Argolis sembra sollevato. "Allora..."

"Posso parlarti un attimo?" chiede improvvisamente Jennifer a Olimpia.

Le due donne si fissano  per un lungo momento, e il padrone di casa che era rimasto bloccato nell'atto di alzarsi completa il gesto, rimettendo a posto la sedia sotto il tavolo.

"Parlate pure tranquillamente. Io vado a raccogliere delle verdure per cena." E con un ultimo sorriso un po' imbarazzato, Argolis esce dalla stanza, lasciando Olimpia e Jennifer da sole a guardarsi in silenzio.

"Vuoi andare da sola?" domanda Jennifer appena l'uomo se ne è andato.

"E' troppo pericoloso andare in due."

"Ma non hai detto che è solo una missione esplorativa?"

"E lo è, ma diventerebbe un rischio, se ti portassi con me. E poi ho bisogno che tu resti qui a sorvegliare Tiros."

"Ma c'è Argolis..."

"Jenna, ti prego." Olimpia alza uno sguardo esasperato al cielo, azandosi dal tavolo con uno scatto. "Non crearmi altri problemi oltre a quelli che ho già. Fai come ti dico e basta!"

"Ma io ho bisogno di muovermi!" protesta Jennifer, cercando di mantenere basso il tono di voce, ed alzandosi a sua volta, tenendo inchiodati i suoi occhi in quelli dell'altra. "Devo sfogare in qualche modo questa energia che mi sta montando dentro o scoppierò!"

"E credi che non me ne sia accorta?!" ribatte la ragazza, colpendo con un pugno il tavolo. "E' proprio questo che mi preoccupa! Non capisco cosa ti stia succedendo, ma non mi piace affatto. Forse il corpo di Xena è troppo per te." aggiunge poi abbassando la voce.

Jennifer si blocca, guardandola sorpresa.

"Troppo? Che vorresti dire?" chiede perplessa.

"Xena ha dentro di sé energie impensabili in qualunque altro mortale io abbia mai incontrato." mormora la ragazza, distogliendo lo sguardo e spostandolo verso la finestra da cui è possibile vedere Argolis intento a raccogliere delle verdure odorandole e riponendole con cura in un paniere. "Le ho visto fare cose che avrebbero stroncato gli uomini più forti e riprendersi subito come se non avesse fatto niente. Ma lei sa come controllarle e indirizzarle nella giusta direzione. Fanno parte di lei. Mentre tu..." Olimpia le si avvicina e le posa una mano sulla spalla. "Se ti capitasse qualcosa, se a causa di questa forza che senti in te commettessi una sciocchezza, potresti provocare la morte di entrambe. Mi capisci? Non posso permettermi di esporti a rischi inutili. Per te e per lei."

"Già venire qui lo è stato, no?"

"Infatti, ma finora siamo state fortunate. Tuttavia è meglio non sfidare la dèa bendata."

"E chi ti assicura che io non possa commettere delle sciocchezze anche stando qui?"

"Nessuno, purtroppo." sospira Olimpia. "Ma non ho alternative, e fra i due rischi mi assumerò il minore."

"Potresti chiedere ad Argolis di chiudermi in quello stanzino insieme a Tiros." suggerisce con un sorriso amaro Jennifer, abbassando gli occhi.

"Per favore, non tentarmi." Poi, la ragazza, raddolcendo lo sguardo, la fissa, costringendola a guardarla a sua volta. "Ascolta, non sto dicendo che non mi fido di te, ma solo che tu sei troppo preziosa per me. Stai custodendo il corpo della persona che amo più della mia stessa vita e io farò il possibile e l'impossibile, perché il suo spirito abbia un corpo in cui tornare. E sono sicura che anche tu hai delle persone che ami nel tuo mondo, vero?"

Jennifer la guarda senza rispondere.

"Quindi ti prego, fai come ti ho detto. Resta qui con Argolis e aspettami. Io tornerò prima possibile."

La mano di Olimpia sale a carezzarle il viso e Jennifer, quasi in un movimento riflesso, l'afferra nella sua, intrecciando le loro dita e arrestandosi appena un attimo prima di portarsela alle labbra per posarle sopra un bacio.

Le due donne restano così, immobili, gli occhi dell'una inchiodati in quelli dell'altra, entrambe come sorprese e spaventate da quel gesto improvviso che è venuto loro automaticamente, senza pensare.

"Sc.. scusami, io..." comincia balbettando Jennifer.

"Non..." Olimpia deglutisce, liberando la mano. "Non è nulla."

E' solo la prova che devo fare presto. Molto presto, pensa. Prima che succeda qualcosa di cui non finirò mai di pentirmi.

"Ehm, scusate." Argolis, rientrato senza che nessuna delle due se ne accorgesse, se ne sta sulla soglia con un paniere pieno di verdure ed ortaggi in mano. "Se... avete ancora da... parlare, torno dopo."

"No." risponde subito Olimpia, allontanandosi da Jennifer di scatto. "Io... io devo andare adesso. Indicami in che direzione è la cascina di Acros."

"Ora?" L'uomo la guarda stupito. "Credevo che andassi domattina, con la luce del giorno."

"Credo che invece il buio della notte sia un miglior compagno di viaggio per me, in questo caso." sorride la ragazza. "Tienimi qualcosa in caldo per il mio ritorno."

"Certo. D'accordo, come vuoi." acconsente Argolis, posando il paniere sul tavolo e dirigendosi di nuovo verso la porta. Olimpia lo segue, senza voltarsi, a capo chino.

Rimasta sola nella stanza,  Jennifer si lascia cadere sulla sedia, appoggiando la testa sulla mano e coprendosi gli occhi.

(14 - continua)





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