"Nè
demoni o Dei"
romanzo seguito di "Identità Sepolta"
ROMANZO DI A. SCAGLIONI
BASATO SUI PERSONAGGI DELLA SERIE TV "XENA PRINCIPESSA
GUERRIERA"
CREATA DA JOHN SCHULIAN E ROBERT TAPERT
E SVILUPPATA DA R.J.STEWART
E SULLA SERIE INTERNET "XENA
WARRIOR PRINCESS SUBTEXT VIRTUAL SEASON"
DI MELISSA GOOD, SUSANNE BECK E
TNOVAN
Nonostante
sia pubblicato circa quattro anni dopo IDENTITA' SEPOLTA, questo NE' DEMONI O DEI si svolge in un periodo
di tempo successivo cronologicamente di solo pochi mesi agli avvenimenti
del romanzo precedente (anche se come scoprirete nel corso della storia,
il concetto della linearità del tempo subirà alcuni rudi scossoni)
e ritrova i personaggi pressappoco nel momento in cui li avevamo lasciati,
ancora alle prese con i postumi drammatici di quella vicenda.
Dei
due capitoletti iniziali, quello intitolato "Prima..." è
collocabile precedentemente al primo romanzo e ne costituisce in pratica
l'elemento di avvio, mentre l'altro intitolato "Poi..."
riprende Xena e Olimpia poco tempo dopo che si sono reincontrate al
termine di quella storia.
La
scena del matrimonio amazzone, per concludere, è tratta da "Not
Even Death", diciassettesimo episodio della settima stagione
della "Xena Warrior Princess Subtext Virtual Seasons", più
semplicemente nota tra i fans come SVS, l'ideale seguito su internet
della serie televisiva, scritto da Melissa Good.
(84)
Jennifer/Xena e Olimpia
China in avanti sullo scomodo sgabello, Jennifer
osserva il viso pallido della giovane guerriera addormentata. I capelli
biondi lievemente scuriti dal sudore e dalla polvere sparsi sul cuscino,
gli occhi chiusi dietro le palpebre che vibrano sotto l'azione di
chissà quale sogno, la bocca appena dischiusa che di tanto
in tanto emette flebili lamenti.
Olimpia era caduta in quel sonno agitato mentre ancora la stava trasportando
tra le braccia verso la casa di Alexi. Per un po', aveva sentito il
suo respiro accellerato accarezzarle il seno e quella sensazione le
aveva fatto scorrere sulla pelle brividi che non avevano nulla a che
fare con l'umidità della notte. Poi, il respiro si era fatto
più leggero e regolare e Jennifer aveva capito che la ragazza
si era addormentata. Aveva chiuso il cuore e la mente agli sconvolgimenti
fisici ed emotivi che il suo contatto le provocava sempre e dando
fondo a tutta la sua determinazione aveva proseguito il cammino attraverso
la foresta.
Aveva ritrovato abbastanza facilmente la strada, nonostante il buio,
e presto aveva scorto una debole luce tra gli alberi. Continuando
in quella direzione, il corpo abbandonato di Olimpia stretto a sé,
era giunta in vista della bassa costruzione. Seduta sui gradini del
portico, c'era una figura in cui aveva riconosciuto senza difficoltà
Alexi che le aveva immediatamente scorte e si era alzato con uno scatto
venendole incontro. Jennifer era stata lieta di non dover battere
alla porta per farsi sentire, rischiando di svegliare Olimpia.
"Numi dell'Olimpo." aveva esclamato il giovane, fissando
costernato il suo fardello. "Non è...?" e si era
fermato, come incapace di andare oltre.
"E' viva." aveva risposto lei. "Sta solo dormendo.
Apri la porta. Devo metterla sul letto."
"Aspetta." Alexi le si era messo davanti. "Dalla a
me. La porto io."
"No." aveva replicato Jennifer, stringendo di riflesso ancora
di più Olimpia. "Non voglio che si svegli. Fa' come ti
dico."
"Ma sarai stanca..."
"Sto benissimo. Ti vuoi muovere o no?"
I due si erano guardati negli occhi per qualche momento, poi Alexi
si era voltato e si era diretto verso la porta della sua casa, seguito
dalla donna alta e bruna, con il suo carico amorevolmente stretto
tra le braccia.
Una volta all'interno, Jennifer era andata verso il giaciglio, depositandovi
sopra Olimpia con tutte le cautele. La ragazza aveva dato solo un
lieve gemito, senza destarsi dal suo sonno.
"E' ferita." aveva detto Alexi, sporgendosi oltre la sua
spalla.
"Non è grave." aveva risposto lei, senza voltarsi.
"Portami un panno pulito, con dell'acqua fredda. E anche qualcosa
di forte, se ce l'hai."
"Ho del vino fermentato." L'aveva guardata perplesso l'uomo.
"Che vuoi farne?"
"Spero che vada bene. Portalo." aveva chiesto lei, semplicemente,
senza spiegazioni.
Ottenute le cose richieste, Jennifer aveva bagnato il panno nell'acqua,
ripulendo poi con attenzione il taglio sulla fronte di Olimpia dal
sangue rappreso, quindi vi aveva versato un po' del liquido rosso
cupo dalla brocca che Alexi le tendeva e l'aveva passato delicatamente
sui bordi della ferita. Olimpia aveva emesso un altro gemito, ma niente
di più.
"Che stai facendo?"
La donna era consapevole della presenza di Alexi, dietro di lei, ma
ancora una volta aveva proseguito nel suo lavoro, senza rispondergli.
Dopo aver ripulito e disinfettato al meglio la lacerazione, Jennifer
aveva strappato un lembo del panno e ve l'aveva applicato sopra, rimandando
a dopo che Olimpia si fosse svegliata, una vera e propria fasciatura.
Un rumore di passi alle sue spalle le aveva indicato che l'uomo si
era allontanato, e lei si era lasciata cadere sullo sgabello accanto,
guardando la giovane sul letto. Nel vederla là, distesa supina
dava un'impressione di fragilità che era molto lontana dalla
realtà. Per un attimo, nella sua mente si riaffaccia un ricordo
del mondo da cui proviene, dal suo passato, cosa che ultimamente sta
avvenendo sempre più di rado. L'immagine di un'altra ragazza,
uguale e diversa al tempo stesso, stesa a sua volta su di un letto,
in una stanza bianca. Ma quella visione svanisce subito, come un sogno
durato troppo poco per poter essere sicura di averlo davvero avuto.
I ricordi di quella che era, della sua vita precedente in un mondo
che sta lentamente divenendo incomprensibile, si stanno rarefacendo
sempre più, e anche i suoi tentativi di rievocarli. La verità,
se avesse il coraggio di guardare in se stessa, è che non le
importa più ricordare chi sia stata prima. Anche il suo vero
nome sta scomparendo nei meandri della sua mente, come ogni altra
cosa che riguardi una donna che adesso le è quasi completamente
sconosciuta e indifferente.
Ma lei non vuole cercare questa verità. Non vuole sapere di
non voler sapere, e resta a sedere, immobile, gli occhi fissi sul
volto di Olimpia. Le palpebre della ragazza sussultano ancora una
volta, poi i suoi occhi lentamente si aprono.
"Xena..." mormora, guardandosi intorno confusa.
Sì, vuole rispondere quasi Jennifer e le sue labbra si chiudono
solo un istante prima che dalla sua bocca esca quella parola. Lo sguardo
di Olimpia si posa su di lei, e per un momento si accende di una luce
che lo rende quasi sfolgorante, poi un velo cupo di tristezza vi cala
novamente sopra.
"Jenna." dice, tirandosi su a fatica dal giaciglio, e l'altra
le è subito accanto a sostenerla. "Che mi è successo?
Sono svenuta?"
"Ti sei addormentata." le dice Jennifer. "E' normale.
Dovevi essere esausta."
Olimpia si porta una mano alla fronte, e le dita trovano subito il
pezzo di stoffa impregnata dal liquido rosso.
"Non toccarti. Hai un brutto taglio. Te l'ho ripulito e disinfettato."
Olimpia la guarda arricciando il naso.
"Brucia un po', e ha l'odore di vino andato a male."
"Lo è quasi, ma dovrebbe prevenire eventuali infezioni."
ribatte Jennifer con un sorriso.
"Davvero?"
"Spero. Un ricordo di dove provengo."
Le due donne si fissano con una tristezza consapevole.
"E dove non tornerai." dice piano Olimpia.
"Olimpia..."
"No!" La guerriera bionda alza una mano davanti a lei per
bloccare ogni obiezione. "Io ho voluto crederlo con tutte le
mie forze, ho desiderato con tutta me stessa che questa mossa potesse
riportarmi Xena e rimandare te nel tuo corpo, ma ora mi rendo conto
che ho agito a caso, avventatamente." Dai suoi occhi cominciano
a spuntare lacrime. "Forse ho addirittura provocato qualcosa
che impedirà per sempre a te e a Xena di tornare alle vite
e ai mondi a cui appartenete."
"Perché dici questo? Non possiamo sapere..."
"Io ho pensato che quella caverna fosse il passaggio attraverso
il quale vi eravate scambiate, ma se invece fosse stato proprio quell'essere?"
continua Olimpia e adesso il pianto sta prepotentemente scuotendola
in singhiozzi. "Forse distruggendolo, ho distrutto anche l'unica
speranza di riavere indietro Xena."
L'angoscia nella voce della ragazza strazia il cuore di Jennifer,
e la donna che ha fatto finora sforzi incredibili per resistere al
desiderio di prenderla tra le braccia, cede di schianto e la stringe
a sé. E anche Olimpia si tiene a lei convulsamente, mentre
tutta la disperazione, trattenuta per tutto quel tempo, erompe in
tutta la sua forza.
Ingoiando le parole che sente spingerle dal fondo della gola, Jennifer
lascia che la giovane dia sfogo a tutto il suo dolore, il viso nascosto
contro la sua spalla, accarezzandogli dolcemente i capelli. Poi, quando
sente che i singhiozzi diminuiscono di intensità, con delicatezza
la stacca da sè.
"Olimpia." le dice, prendendole il volto tra le mani e costringendola
a guardarla. "Olimpia, ascoltami."
La ragazza con le guance rigate di lacrime solleva lo sguardo, finché
i loro occhi sono fissi gli uni negli altri.
"Ricordi quando stavamo andando verso Kyros? E ci siamo fermate
a ridosso della foresta, aspettando che facesse abbastanza scuro da
poter entrare nel villaggio senza essere notate?"
Olimpia annuisce, senza parlare.
"Mentre mi spiegavi di Alexi e delle sue divinità, mi
hai detto una frase che mi ha colpita."
"Quale?" chiede la ragazza, con la voce ancora un po' soffocata
dal pianto.
"Mi hai detto che nella tua vita hai creduto in molte cose, ma
che soprattutto credevi in Xena, quanto lei credeva in te, e che quella
era l'unica fede che non vi avrebbe mai tradite. Ricordi?"
Olimpia annuisce di nuovo.
"Io ti osservavo mentre lo dicevi, e sai cosa ho pensato?"
Olimpia resta in silenziosa attesa.
"Ho pensato che due anime così legate, non avrebbero mai
potuto veramente perdersi. Ho visto una tale forza, una tale determinazione,
una tale dedizione nei tuoi occhi che ho capito... no, di più...
ho saputo, al di là di ogni dubbio, che niente, niente potrà
mai separarvi. Né la morte, né gli dèi, né
gli stessi demoni dell'inferno. E da quel momento non ho più
dubitato, neanche per un attimo, che tu la ritroverai."
A quelle parole, gli occhi di Olimpia che stavano asciugandosi, ricominciano
a lacrimare copiosamente e la ragazza si rituffa nelle braccia di
Jennifer, incapace di dire alcunchè, e la donna la stringe
forte, godendo di quel contatto e soffocando nel profondo del suo
cuore la pena che sente.
Mentre avverte nuovamente scemare i singhiozzi della
ragazza, Jennifer continua a tenerla stretta a lungo, persa a tal
punto nei propri pensieri che i sensi acuti di Xena l'avvertono solo
all'ultimo momento dei passi fuori dalla porta e il cigolio alle sue
spalle. Senza lasciare Olimpia, la donna si volta. Alexi è
sulla soglia della stanza con in mano una scodella ricolma di succose
bacche evidentemente appena colte.
"Sono andato a prenderle fresche." dice sorridendo. "Ho
pensato che ti avrebbe fatto piacere trovarle al tuo risveglio."
Olimpia si stacca dall'abbraccio di Jennifer e cerca di trovare a
sua volta un sorriso per il giovane.
"Ti ringrazio, Alexi."
"Avrai bisogno di mangiare qualcosa per rimetterti in forze."
aggiunge l'uomo avvicinandosi e posando la scodella su un tavolino
accanto.
"Sei molto gentile, davvero." Olimpia si tira a sedere,
allungando una mano e prendendo una bacca dal mucchio.
"Ora che sei sveglia, posso bendarti la ferita." dice Jennifer
strappando un altro lembo del panno e annodandolo con cautela intorno
alla testa della ragazza. "Ecco. Cerca di non togliertelo per
un poco."
"Mmmh." Olimpia chiude gli occhi in estasi, mentre addenta
il frutto e un rivolo di succo le scende lungo il mento. "Oddèi,
sono anche più buone di prima. Ma cosa gli hai fatto?"
Con aria soddisfatta, Alexi si siede sul bordo del pagliericcio.
"Ci ho messo sopra del miele. Le rende ancora più dolci."
"Puoi dirlo." Olimpia fa per afferrare una manciata di bacche,
ma Jennifer allontana la scodella.
"Non esagerare." dice. "Avrai tempo per mangiarle dopo.
Ora riposati." La donna spinge gentilmente la giovane fino a
farle posare nuovamente la testa sul cuscino. "Nel frattempo,
io e Alexi andremo ad occuparci di quei cadaveri alla caverna."
L'uomo la guarda, perplesso.
"Non abbiamo avuto il tempo di entrare nei dettagli" gli
spiega Jennifer "ma c'è della spazzatura di cui sbarazzarsi
accanto alla tana di quel mostro e un povero corpicino a cui rendere
degna sepoltura. Mi dai una mano?" chiede poi, fissandolo negli
occhi.
"Certo." risponde Alexi alzandosi in piedi. "Vado a
prendere due vanghe."
Ed esce accostando la porta dietro di lui.
Sdraiata sul giaciglio, Olimpia tende la sua mano verso Jennifer che
la prende prontamente.
"Sta' attenta e torna presto, ti prego." dice la ragazza.
"Non temere."
Le due donne restano a guardarsi silenziosamente negli occhi. Poi,
Jennifer senza quasi rendersene conto si china e posa le sue labbra
su quelle di Olimpia. E' un tocco lievissimo, appena accennato, ma
è come se una scarica passasse tra di loro, e subito si staccano
come scottate.
"Scu... scusami." mormora la donna, atterrita dal quel gesto.
"Non... non è niente." risponde esitante la ragazza,
col viso arrossato.
"Non so cosa mi è preso." Al colmo del turbamento,
Jennifer fa per allontanarsi e si accorge solo in quel momento che
la sua mano stringe ancora quella dell'altra, liberandola di scatto.
"Non è successo nulla di grave, ti dico." ribatte
Olimpia. "Dopotutto la fronte è occupata." aggiunge
poi con un sorriso imbarazzato .
La battuta ha almeno l'effetto di sciogliere un po' del disagio tra
loro. Ma solo un poco.
Esitante, Jennifer resta immobile, a metà strada tra il letto
e la porta della stanza, che si riapre in quel momento.
"Sono pronto." dice Alexi. Nella mano destra stringe due
grosse vanghe.
"Arrivo." risponde Jennifer, continuando a fissare Olimpia
che le rimanda lo sguardo, come se nessuna delle due riuscisse a staccarlo.
Poi, con determinazione feroce, la donna gira le spalle ed esce quasi
di corsa dalla stanza.
Olimpia resta a fissare il legno di quercia scura
della porta, che si è richiusa lasciandola sola con se stessa
e i suoi pensieri, incapace di emettere la bolla d'aria che le si
è fermata in gola, formando un groppo che le rende difficoltoso
perfino respirare. Il suo cuore batte al ritmo di un tamburo prima
della battaglia e il rumore assordante che sente nelle orecchie è
quello del suo stesso sangue che le scorre nelle vene come un fiume
in piena.
Non è successo nulla di grave.
Sono queste le parole che ha detto a Jenna e sono le stesse parole
che continua a ripetere nella sua mente (non è successo nulla
di grave non è successo nulla di grave non è successo
nulla di grave) in una litania infinita che non suona convincente
a lei per prima.
"E' successa invece una cosa assai grave. Jenna mi ha baciata.
Ma ciò che è peggio, io ho baciato lei." dice ad
alta voce, quasi per sentire che effetto faccia sentire il suono di
quelle parole.
Era stato solo un contatto fugace, un lieve sfioramento di labbra,
ma non poteva rifiutare di riconoscere che c'era stato. E se il comportamento
di Jenna poteva trovare una spiegazione nell'influenza che il corpo
della Principessa Guerriera esercitava su di lei, quale giustificazione
poteva invocare per se stessa?
L'attrazione quasi magnetica che innegabilmente continuava ad esistere
tra i loro corpi, non poteva e non doveva essere un'attenuante. Né
lo poteva essere il fatto che le labbra che aveva baciato erano proprio
quelle di Xena, e che nell'attimo in cui le loro bocche si erano toccate
l'illusione era stata totale.
Oddèi, è questo il problema, vero?
Per quanto lo avesse negato, per quanto si fosse rifiutata di crederlo,
la verità aveva finito per colpirla in viso con la forza di
uno schiaffo. La personalità di Jenna stava subendo una trasformazione
che la stava facendo diventare di momento in momento sempre più
simile a Xena. Innegabilmente.
Da principio erano stati solo alcuni gesti, movimenti quasi riflessi
che le richiamavano di continuo alla mente la sua compagna, il modo
inconsapevole con cui si sistemava i capelli dietro l'orecchio, il
modo di guardarla, la maniera in cui serrava le labbra, tirando fuori
la punta della lingua, nei momenti in cui si preparava a qualcosa
d'impegnativo (con una posa quasi infantile che trovava tenerissima
e che in cuor suo aveva sempre ritenuto fosse una delle cose che l'avevano
fatta innamorare di lei), e li aveva motivati appunto con l'influsso
della personalità di Xena che sopravviveva nel suo corpo, nonostante
lo spirito non fosse più là. Per non parlare dell'irrequietezza
incessante, di quegli improvvisi scoppi di energia, cominciati con
la capriola sul prato dietro la casa di Alexi con tanto di grido di
battaglia, e culminati con la collutazione alla taverna, in cui aveva
ucciso un uomo (e accettato la cosa con la massima freddezza), e quegli
altrettanti improvvisi momenti in cui emergeva una personalità
forte e dominante che non aveva alcun timore nel prendere in mano
le situazioni, come quando l'aveva presa tra le braccia e portata
lì, senza dare ascolto alle sue proteste, che facevano a pugni
con atteggiamenti quasi timidi e passivi che manifestava invece in
altri momenti. Insomma era come se fin dall'inizio ci fosse stata
una lotta tra due personalità all'interno di quel corpo e che
ciò che ne stava emergendo fosse una specie di miscela di entrambe.
E adesso questo. Quanto mancava prima che le difese che aveva faticosamente
costruito intorno a sé, imponendosi di raccogliere tutta la
sua concentrazione nel perseguimento dell'obiettivo di riportare indietro
Xena, vietandosi di pensare a qualunque altra eventualità,
crollassero miseramente lasciandola preda di quella fiamma inestinguibile
che sentiva ardere dentro di sé ogni volta che quegli occhi
(gli occhi di Xena) s'inchiodavano nei suoi e quelle mani (le mani
di Xena) la toccavano?
E se davvero Xena non fosse più tornata? Forse qualcosa del
genere stava accadendo anche a lei. Forse il suo spirito stava subendo
una mutazione altrettanto sottile che l'avrebbe tenuta incatenata
al mondo e al corpo in cui era finita, dovunque questi fossero, impedendole
per sempre il ritorno, e forse anche il ricordo di ciò che
era stata. Di lei.
Cosa aveva detto Alexi? Quando le divisioni tra gli universi s'indeboliscono
e due mondi entrano in contatto, accade che coloro che in qualche
modo ne restano coinvolti, vengono indotti a credere di aver sognato
o di aver subito delle allucinazioni, finché le loro sensazioni
si riducono solo a qualche flebile ricordo.
Questo era ciò che aveva detto più o meno. Questo sarebbe
stato anche il loro destino? Con il passare del tempo e dei giorni
avebbero finito per dimenticare, e lei avrebbe accettato Jenna come
se fosse la vera Xena, dimenticando per sempre la sua compagna, la
sua sposa?
No. Non è possibile. Sente la sua anima ribellarsi a quel pensiero
angoscioso. Io amo Xena. L'amo e l'amero per sempre. Non permetterò
a niente e a nessuno di strapparmi il suo ricordo. E in qualunque
modo la riporterò qua. La riporterò da me. Fosse l'ultima
cosa che faccio in vita mia.
Lo sguardo fiammeggiante di rabbia e determinazione rivolto alla porta
chiusa di fronte a lei, la mano di Olimpia si tende inconsciamente
verso la scodella colma di bacche.
Razza di idiota! Eccoli qua tutti i tuoi buoni propositi!
Cosa pensavi di fare, eh?
Camminando a passo sostenuto, Jennifer continua a colpire con la vanga
gli steli d'erba che trova sul suo cammino, con una rapida e potente
rotazione del braccio, tagliandoli di netto e facendoli volare via
con una sola mossa. Alexi con l'altra vanga in mano la segue a poca
distanza, osservandola attentamente. Ma Jennifer è troppo furiosa
con se stessa, per dedicare al suo accompagnatore qualcosa di più
di una vaga consapevolezza della sua presenza.
Vuoi ficcarti in quella testaccia, o somma cima di inarrivabile stupidità,
che tu non sei Xena?!? Non lo sei e non lo diventerai mai!! Non importa
quanti anni o decenni o secoli passerai nel suo corpo. Per Olimpia,
tu non potrai mai essere lei! E allora che diavolo significava quella
patetica scenetta?
Ma un'altra voce, in fondo alla sua mente, faceva sentire le sue timide
obiezioni.
Ma anche lei mi ha baciata. Non si è ritirata al contatto.
E' durato poco, pochissimo, ma non posso essermi sbagliata. Sono stata
io a staccarmi per prima, non lei.
Una parte di sè, la più nascosta, quella a cui non osava
neanche pensare e che da qualche parte nel profondo della sua anima
aveva quasi inconsciamente cominciato a formulare un'idea che l'atterriva
e l'attraeva in eguale misura.
Ma se Xena non tornasse più? Se io fossi davvero destinata
a restare in questo corpo per sempre? Alla fine, forse potrebbe accettarmi.
Non sarei Xena, certo, ma potrei diventare comunque...
la sua compagna?
"Stai bene?"
La voce di Alexi alle sue spalle spezza bruscamente il sogno ad occhi
aperti di Jennifer che volta la testa di scatto verso di lui, come
se si rendesse conto solo in quel momento che le cammina accanto.
"Benissimo, grazie." risponde freddamente. Non c'è
niente da fare. Qualcosa dentro di lei non riesce a trovare simpatico
quell'uomo. Non sa cosa né perchè, ma è indiscutibilmente
così. Per un attimo si chiede come la pensasse Xena su di lui,
e se quei sentimenti non le siano in qualche modo ispirati dai residui
istinti della Principessa Guerriera.
Bene, pensa con involontaria ironia, se fosse così, vorrebbe
dire che sto anche cominciando a pensare come lei. Un altro punto
per me.
Con una scrollata di spalle infastidita, Jennifer soffoca una nuova
serie di rimostranze scandalizzate della voce della razionalità,
e si concentra sul cammino tra gli alberi e la vegetazione che sta
infittendosi sempre più.
"Non manca molto." dice Alexi.
"No."
"Sarà un lavoro lungo."
"Non so. Forse."
"Comunque, ho portato con me un po' di quelle bacche con il miele."
aggiunge il giovane. "Serviranno a rifocillarci tra uno scavo
e l'altro."
"Ma non mangi altro?" chiede seccamente la donna, lanciandogli
un'occhiata di sbieco.
"Certo che sì." Il tono di Alexi suona un po' perplesso.
"Ma sono molto nutrienti e piccole. Si possono trasportare in
grande quantità senza fatica. Perché, non ti piacciono?"
"Non offenderti, ma..." Jennifer esita un momento. "No,
non molto. Sono troppo dolci per me."
"Tu sei molto diretta nei discorsi, eh?" dice Alexi, dopo
qualche attimo di silenzio. "Proprio come lei." aggiunge
poi come soprappensiero.
La donna bruna si gira verso di lui per guardarlo meglio.
"Lei?" chiede.
"Xena." Alexi le rimanda lo sguardo. "Mi pare che di
momento in momento tu le somigli sempre di più." La sua
voce ora sembra stranamente triste. "Quando ti ho vista tornare
con in braccio Olimpia, ho pensato che fosse di nuovo lei."
Una cosa è certa. Neanch'io sono molto simpatica a lui.
Le forme contorte degli alberi rivelano l'ormai prossima destinazione
e con le vanghe strette in mano i due continuano il loro cammino.
Adesso, a causa del restringimento del sentiero, Alexi è tornato
a camminarle di dietro, ma questa volta Jennifer è totalmente
cosciente della presenza dell'uomo alle sue spalle. Qualcosa di indefinibile
ha cominciato a echeggiarle nel cervello.
"E questo sarebbe stato un male?" chede improvvisamente,
senza voltarsi, ma istintivamente le sue dita si stringono intorno
all'impugnatura della vanga, fino a sbiancarle le nocche.
"Cosa?"
"Quando hai detto che hai creduto che lei fosse tornata, avevi
un tono strano. Come se ti dispiacesse." azzarda Jennifer, continuando
a fissare davanti a sé imperterrita ma con tutti i sensi all'erta.
"Xena è una creatura delle tenebre." dice Alexi.
"Un essere oscuro. Quanto e forse più del dèmone
che è stata chiamata a combattere."
"Ma allora, perché Coloro che Sanno avrebbero scelto lei?"
Jennifer sente il collo quasi rigido dalla tensione e dallo sforzo
di non voltarsi.
"Tu sai di Loro?" chiede Alexi meravigliato.
"Olimpia mi ha informata su tutto quello che è accaduto
prima del mio arrivo. Allora?"
"Non lo so. Forse perché soltanto un grande male può
combatterne un altro." La voce dell'uomo dietro di lei suona
adesso ferma e decisa. "Ma non sta a me discutere il Loro volere."
"E tuttavia lo hai fatto."
I passi dietro di lei rallentano e perdono di ritmo.
"Che vuoi dire?"
Adesso si sono completamente fermati, e anche Jennifer si arresta,
ma senza voltarsi.
"Se ritenevi che Xena fosse inviata da Loro, perché hai
cercato di ucciderla?"
Perfetto. Brava. Il momento ideale per dire una cosa simile ad un
uomo armato di una pesante vanga che ti sta alle spalle.
Il silenzio intorno a loro sembra quasi una cosa fisica. Jennifer
intravede tra gli alberi la radura della caverna.
"Che cosa stai dicendo?" chiede l'uomo con una voce che
stranamente non sembra neanche più la sua.
Vorrei saperlo anch'io, pensa Jennifer, mentre lentamente si gira
verso Alexi, e le parole sembrano venirle alla bocca quasi da sole.
"Vedi, Alexi, fino ad un momento fa stavo pensando a come tu
non mi fossi mai riuscito simpatico fin dal primo momento, e mi chiedevo
perché. Ma in realtà è sempre stato solo un pensiero
marginale, travolto ed accantonato da tutto ciò che è
successo in questi giorni. Non ho mai avuto il tempo di rifletterci
seriamente, né di parlare con te, per capire da dove mi arrivasse
questa istintiva diffidenza."
Gli occhi della donna e dell'uomo sono inchiodati gli uni negli altri,
e Jennifer scruta attentamente lo sguardo di Alexi. Uno sguardo in
cui sembra ora agitarsi qualcosa di indefinibile ed inquieto.
"E improvvisamente ho capito che non era solo frutto di una sensazione,
ma di una serie di osservazioni che più o meno inconsapevolmente
ho fatto su di te." Forse sto dimenticando la mia altra vita,
pensa senza perdere il contatto visivo con l'uomo, ma anni di apprendimento
e pratica nello studio della psiche non si dimenticano facilmente.
"Tu hai vissuto molto tempo in questa foresta insieme a tuo padre,
combattendo questa battaglia silenziosa contro un essere proveniente
da una dimensione ignota, che a quanto pare ha il potere di entrare
nella mente di coloro che si avvicinano a lui. E' accaduto a Xena.
E' accaduto ad Olimpia. Lei stessa mi ha anche raccontato di come
tu gli abbia manifestato il timore che perfino tuo padre potesse essere
stato almeno in parte posseduto da questa entità. Ma sorprendentemente
non è successo a te."
Jennifer continua a parlare, stupita lei per prima di come quelle
idèe che fino a pochi attimi prima non la sfioravano neanche,
si stiano ordinando nella sua mente in modo tanto logico.
"Eppure, tu più di tutti avresti dovuto esserne vittima.
Tu sei caduto nella caverna del dèmone. Per tua stessa ammissione
hai sentito quasi tangibilmente il suo tocco."
"Ma non è successo."
Jennifer sposta lo sguardo dagli occhi di Alexi alla sua bocca. Ha
sentito distintamente le parole del giovane, ma giurerebbe di non
aver visto muoversi le sue labbra.
"Ne sei sicuro?" chiede, reprimendo il brivido che ha avvertito
scorrerle lungo la schiena. "E se invece lui ti avesse preso
senza che tu te ne accorgessi?"
"Non è successo." ripete Alexi, e questa volta il
suono proviene effettivamente dalla sua bocca. Jennifer se ne è
accertata fissandola.
"Come fai a dirlo con tanta certezza?" insiste, tornando
a guardarlo negli occhi. "Scommetto che tuo padre non ne era
altrettanto convinto. Non sei stato proprio tu a dire che dopo la
tua disavventura ti trattava in modo diverso? Era diventato duro e
intransigente e ti teneva a distanza. Forse perché inconsapevolmente
dentro di sé, aveva intuito che qualcosa era cambiato in te."
Jennifer non può fare a meno di notare che adesso Alexi sta
tenendo la vanga stretta con entrambe le mani.
"Vedo che Olimpia ti ha raccontato proprio tutto." mormora
lui con uno strano sorriso.
Ma è proprio così? Alcune cose ricorda che è
stata effettivamente Olimpia a raccontargliele, ma altre? Non ne è
sicura. Forse, ma non ne è sicura. Comunque non è questo
il momento di farsi distrarre dai particolari.
"Ma la cosa più sorprendente sai qual'è?"
chiede, stringendo a sua volta istintivamente la propria arma. "Che
nessuno sembrava essere sfiorato dal sospetto. Nonostante Xena e Olimpia
siano rimaste qui a lungo ed abbiano esaminato la questione da tutti
i punti di vista, pare proprio che a nessuna delle due sia venuto
in mente questa possibilità. Non sembra strano anche a te?"
Alexi non risponde continuando a sorridere e...
E' una mia impressione o i suoi occhi stanno diventando più
scuri?
"Oh no, è vero. A te non deve sembrare tanto strano, visto
che sei stato tu a provvedere in merito, eh? In mezzo a tutto questo
caos, abbiamo quasi tutti dimenticato che anche tu hai dei poteri
d'influenzare la mente e devi averli usati per bloccare i loro sospetti.
Per indurle a non pensarci nemmeno."
"Non è vero."
Ancora una volta le è sembrato che l'uomo non abbia mosso le
labbra, ma in realtà non stava guardando. I suoi occhi sono
così... strani. Le pupille paiono quasi scomparse in un uniforme
nero.
"Magari ti piace crederlo, ma dentro di te sai che è così."
dice. "Lui è entrato in te. Come ti ha convinto, Alexi?
Ti ha parlato di enormi poteri, vero? Poteri che ti avrebbero permesso
di rivaleggiare e addirittura superare tuo padre? Che avrebbero finalmente
annullato quella sensazione di inferiorità che provavi nei
suoi confronti?"
"I miei poteri non hanno niente a che fare con la Bestia."
"Senza il suo aiuto non saresti mai riuscito a tenere sotto controllo
le menti di Xena e di Olimpia. E lui senza di te non sarebbe mai riuscito
a raggiungere la mente di Xena a così tanta distanza, spingendola
a credere che Olimpia fosse in pericolo, per costringerla a correre
alla sua tana."
E questa come mi è venuta?
"E' stata la Bestia a richiamare Xena alla sua caverna. Io non
ho poteri simili."
"Il dèmone era indebolito dopo lo scontro mentale con
tuo padre. Non riusciva neanche ad uscire dalla sua tana. Non avrebbe
potuto farlo da solo. Lui aveva bisogno che Xena si avvicinasse di
notte, mentre i suoi poteri residui erano più forti e tu hai
collaborato entusiasticamente. Diciamo che vi siete integrati a vicenda."
"Io non ho niente a che fare con la Bestia, ti dico!"
Ora la figura di Alexi sembra aver cominciato ad ondeggiare davanti
allo sguardo stupito di Jennifer che riesce a mantenere solo con sforzo
i suoi occhi fermi e risoluti in quelli dell'altro, mantenendo tuttavia
un'incredibile freddezza.
"Forse all'inizio hai anche provato a respingerlo, negando anche
a te stesso la realtà, ma alla fine... Che è successo?
Sono arrivate Xena e Olimpia, vero?"
"La luce e le tenebre." mormora piano l'uomo. "Il guerriero
che avrebbe dovuto essere inviato da Coloro che Sanno, con l'anima
oscura come la notte, insieme alla creatura più luminosa che
avessi mai visto."
"E sbarazzandoti di Xena e con i nuovi poteri che poteva darti
il dèmone, Olimpia avrebbe potuto essere tua. E' per questo
che gli hai permesso di usarti per sconvolgere la mente di Xena, e
più tardi quando quel piano è fallito, l'hai colpita
alla testa, gettandola poi nella caverna."
"NO!"
L'urlo echeggia nel silenzio della foresta, mentre l'immagine di Alexi
sembra ora essere circondata da una foschia che rende difficile vederla
bene, nonostante sia a pochi passi.
"Tu non capisci." dice Alexi e il suono della sua voce giunge
soffocato attraverso il denso strato di nebbia che sta avvolgendo
quel luogo, ma perfettamente distinguibile. "Questa non è
una sordida storia di desiderio o gelosia. Lei non può essere
mia. Non può essere di nessuno. Lei è una figlia della
luce. Ma era confusa, traviata dalle debolezze umane e dal desiderio
ispiratole da colei che l'accompagnava. Solo liberandosi dalla nefasta
influenza di Xena, avrebbe potuto conoscere il suo vero destino."
"Ma Xena era l'inviata di Coloro che Sanno. Quella che avrebbe
dovuto distruggere la Bestia."
"Era questo l'errore." Il tono della voce di Alexi ora ha
raggiunto note così basse che Jennifer si chiede come faccia
a sentirla ancora così distintamente."Loro avevano parlato
di un guerriero. Uno solo. Ero stato io a non comprendere che quel
guerriero poteva essere solo Olimpia. L'ho capito tardi, ma l'ho capito.
Xena era invece qui solo per ostacolarla nella sua missione. Lei era
l'inviata del Male."
"E quando avresti avuto questa illuminazione?"
"Quando siamo andati insieme alla tana della Bestia e Olimpia
era pronta ad attaccarla, Xena l'ha fermata, le ha impedito di ucciderla.
E allora ho avuto come una rivelazione e ho saputo quello che dovevo
fare. Tutto mi è stato chiaro. Ma dopo la morte di Aristis,
molte cose sono diventate più chiare."
Cosa stai cercando di dirmi, Alexi? Che hai collaborato anche alla
morte di tuo padre?
"E quando ti sei liberato di lei, hai creduto che la tua strada
fosse in discesa finalmente." continua Jennifer, arretrando lentamente
di un passo, mentre la nebbia si sta facendo sempre più fitta
e la figura dell'uomo è ora solo una vaga ombra al suo centro.
"Ma Olimpia amava Xena. Come pensavi di comportarti con lei?"
"L'avrebbe dimenticata. Quando fossi riuscito a farle capire
la grandezza a cui era destinata. Con il mio aiuto, avrebbe distrutto
la Bestia e io sarei divenuto il suo mentore."
"Deve essere stato un brutto colpo per te, vedere che Xena era
sopravvissuta."
"Solo il suo corpo. Il suo spirito era stato strappato via. Cancellato
da questo mondo. Non avrebbe più potuto inquinare l'anima di
Olimpia. Tu eri solo un effetto collaterale di poca importanza. O
così credevo. Finché non ho scoperto che non riesco
ad influenzare la tua mente, e non so perché."
"Allora non hai poi tutta questa chiarezza in te, eh?" mormora
Jennifer, continuando a spostarsi, man mano che la nebbia si espande.
Così. Continua a parlargli. Solletica il suo lato umano. Tienilo
occupato.
"NON E' VERO!!" urla una voce che conserva ormai ben pochi
connotati di quella di Alexi. "Avevo ragione, invece. Non appena
non c'è stata più Xena a confonderle la mente, Olimpia
ha cominciato subito a reimpadronirsi della sua vita. Ha escogitato
un piano per arrivare alla Bestia e l'ha uccisa. Lei era davvero la
guerriera destinata a questa sacra missione. Ora non restava che indirizzarla
sul giusto cammino. Ma non avevo calcolato te."
"Davvero? Che peccato."
"NON OSARE SBEFFEGGIARMI!!" Adesso la voce nella nebbia
è un ruggito, e Jennifer involontariamente arretra ancora.
"Tu sei solo uno spirito di nessuna importanza. Ma finché
le resterai vicina, lei non riuscirà mai a dimenticare Xena.
Ecco perché dovevo eliminarti definitivamente. Cercavo solo
una buona occasione e tu me l'hai fornita. Ti ringrazio."
"Credi che sia tanto facile?" Ignorando il sudore che adesso
le sta correndo copioso sul viso e sul collo, Jennifer brandisce la
pala davanti a sé. "Io non so bene come funzioni, ma questo
corpo ha conservato gran parte delle sue capacità e io sto
imparando ad utilizzarle in fretta. Non sono Xena, è vero,
ma lo sto diventando."
"Sei solo una povera illusa." sibila la voce nella nebbia.
"Non hai speranze contro di me."
"Contro chi? Te o la Bestia?"
"IO NON SONO LA BESTIA!! LA BESTIA E' MORTA!!!"
L'aria stessa sembra scuotersi in quell'urlo, e Jennifer deve faticare
per mantenere l'equilibrio.
"E tu come lo sai? Ti sei chiesto come mai non ti è venuto
neanche in mente di chiederci cosa fosse successo alla caverna? Non
ne avevi bisogno, vero? Tu sapevi che Olimpia aveva combattuto contro
il dèmone, perché c'eri. Perché la parte demoniaca
in te era in comunicazione. Temo che quello che si fa delle illusioni
sia tu, Alexi. Se posso ancora chiamarti così, cioé.
Ammesso che ci sia rimasto ancora abbastanza di te, là dentro.
La Bestia non è morta. E' solo fuggita, per nascondersi dentro
di te."
E ora sta uscendo.
"Non mi lascerò irretire da te." sibila nuovamente
la voce, mentre l'ombra nella nebbia solleva la pala sulla testa.
"Io so chi sono, ma forse hai ragione su una cosa. Le capacità
di quella donna diabolica sono ancora nel suo corpo e quindi io devo
distruggerlo, farlo a brandelli. Ti farò a pezzi e li seppellirò
così lontani gli uni dagli altri che nessuno potrà mai
rimetterli insieme."
L'ombra avanza e la nebbia intorno avanza con lei.
"Ma se ho le sue capacità" dice Jennifer arretrando
ancora "allora sai che Olimpia può sentire che sono in
pericolo. Accorrerà qui. Come ti giustificherai ai suoi occhi
per aver tentato di uccidermi?"
"Oh, Olimpia è fuori gioco per un po'." dice la voce,
e a Jennifer sembra di sentire un risolino in sottofondo. "Il
miele che ho messo su quelle dolcissime bacche è drogato. Non
volevo correre il rischio che potesse vedere ciò che è
bene che non sappia. Era meglio se le avessi mangiate anche tu. Almeno
non avresti sofferto. Ma non preoccuparti. Troverò qualcosa
per spiegare la tua scomparsa."
E con un rumore assordante simile ad un risucchio l'ormai enorme banco
di nebbia oscura si precipita su Jennifer, inghiottendola.