Il
ritorno della Principessa
di
Aurora
(prima
parte)
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Seconda parte -
Una
lacrima le solcò il viso e cadde silenziosa sul ruvido cuscino.
Il mare era calmo, silenzioso. La nave vagava quasi senza meta in
quella distesa blu, sotto un cielo stellato che sembrava non avere
mai fine. Olimpia aprì gli occhi e si asciugò le guance,
quindi decise di alzarsi sebbene l’alba fosse ancora lontana.
A piedi nudi si avvicinò alle scale che conducevano a poppa
e cominciò a salirle lentamente, per non disturbare i marinai.
Quando fu fuori una folata di vento la fece rabbrividire, si contrasse
in un abbraccio e continuò a camminare con passi leggeri appena
percettibili. Si sporse dalla nave, guardò indietro cercando
con lo sguardo gli ultimi barlumi dell’incendio causato da lei
e Xena giorni prima ma ormai neanche quello era più visibile.
Le venne un tuffo al cuore pensando che quella era l’ultima
cosa che avevano fatto insieme; si nascose il viso tra le mani e pianse.
L’aria salmastra le scompigliava i capelli che si appiccicavano
al viso umido di pianto: si sentiva sola davanti all’infinito
mare che la circondava, sola al mondo. D’un tratto qualcosa
di freddo le urtò ripetutamente la coscia, istintivamente allungò
la mano e la serrò su quella cosa fredda: il Chakram. Lo sganciò
dall’armatura e lo contemplò con ammirazione, quindi
sollevò gli occhi umidi al cielo, l’aria l’accarezzò
soavemente e in essa sentì il profumo di Xena, sorrise e la
felicità cedè il posto alla tristezza, la felicità
di saperla ancora accanto a lei, di non sentirsi più così
sola. Si sedette e in poco tempo fu invasa dal sonno e si addormentò.
Sognò Xena, i momenti felici passati con lei, il loro primo
incontro e tutte le volte che l‘amica l’aveva tirata fuori
dei guai, fino ad arrivare all’ultimo tramonto che avevano trascorso
insieme, prima della sua scomparsa. Stava ormai per svegliarsi quando
una voce forte ma soave la chiamò: si voltò e vide Xena;
i suoi occhi blu brillavano nella tiepida luce che la circondava,
i capelli scuri le cadevano sulle spalle, i superbi lineamenti del
volto erano contratti in un solare sorriso che accentuava la sua divina
bellezza, era avvolta in una tunica bianca. Olimpia le si avvicinò
e l’abbracciò piangendo di gioia, sentendosi protetta
tra le forti mani dell’amica che le accarezzava i capelli. Dopo
breve Xena la scostò da sé e la guardò negli
occhi, quindi disse
-Olimpia, io sono qui per guidarti: ormai sei all’altezza di
occupare il mio posto, conosci tutto ciò che conoscevo io e
ne farai sicuramente buon uso. Devo chiederti un favore: ti chiedo
di avvertire mia figlia dell’accaduto, preferisco lo sappia
da te piuttosto che da qualche signore della guerra senza tatto né
scrupoli, raggiungila in Egitto e lì che si trova ora. Ricordati:
sarò sempre al tuo fianco, grazie di tutto amica mia.”-
Olimpia la guardò svanire poi sorrise
-Lo farò, Xena! Lo farò!”-
Si svegliò dicendo queste ultime parole e si ritrovò
sul suo giaciglio, all’interno della nave. La luce che filtrava
dalla porta alla sommità delle scale stava a dimostrare che
era ormai giorno. Ci mise un attimo a capire dove si trovava e tentò
di alzarsi debolmente. D’un tratto mani salde l’afferrarono
da dietro e una voce maschile echeggiò tonante nella piccola
cabina
- E’ tutto a posto Olimpia?”-
Olimpia si voltò a squadrare il marinaio che l’aveva
appena aiutata, un giovane che sembrava essere cresciuto troppo in
fretta le stava davanti sorridendo rozzamente; la ragazza lo fissò
per un po’ attratta dalla sua bellezza visibilmente rovinata
dalle cicatrici e dalle scottature, quindi sorrise a sua volta e fece
cenno di sì con la testa
- Sì sto bene, almeno credo” - Il giovane sembrò
rallegrato e aggiunse fiero:
- Questa notte mi sono svegliato sentendo dei rumori e ti ho vista
la fuori, perciò ti ho riportata dentro e ti ho messa sul tuo
giaciglio - Olimpia gli sorrise e lo ringraziò, poi il suo
sguardo fu attratto dalla luce ormai forte del giorno e si ricordò
la promessa fatta a Xena; si alzò in fretta e corse su per
la scala. Uscì all’aperto e respirò l’aria
tiepida a pieni polmoni, si tolse la coperta che ancora l’avvolgeva
e la lasciò cadere ai suoi piedi quindi salì sul punto
più in alto della nave e urlò ai marinai
- Si cambia rotta, andiamo verso l’Egitto! -. Quello che poteva
essere il loro capo, un uomo sulla quarantina dai lunghi capelli neri
e poderosi muscoli ornati di tatuaggi, le si avvicinò
- Ma non dovevamo andare prima ad Anfipoli, in Grecia per riportare
le ceneri di Xena? - Olimpia lo guardò spazientita
- Dobbiamo cambiare rotta, devo parlare con la figlia di Xena -. Il
marinaio le fece cenno di sì e si allontanò impartendo
i nuovi ordini ai marinai. La ragazza si allontanò verso la
sua cabina e si chiuse la porta alle spalle dove indossò vestiti
più leggeri; stava preparando una bacinella con dell’acqua
per lavarsi, quando una risata virile alle sue spalle la fece trasalire.
Prese i Sais dai calzari e si voltò fulminea puntandoli al
petto della persona che ora si trovava di fronte di lei. Rimase sorpresa
quando si trovò dinnanzi il dio della guerra: Marte. Imponente,
con il viso che non lasciava trasparire nessuna emozione se non un
po’ di stanchezza disse
- Salve Olimpia”- guardò le armi che lo minacciavano
- potresti togliermi i tuoi pugnali dal petto? Sai, non è così
che si tratta un vecchio amico…”- la sua voce era calma
ma in essa vi era un filo di tristezza ben mascherato. Olimpia sentì
la rabbia crescere in lei
- Tu amico mio? Hai una fervida immaginazione, dio della guerra.”-;
Marte le fece un sorrisetto ironico che Olimpia ricambiò aggiungendo
- Perché sei qui?- il dio la guardò con falsa sorpresa
- Ma come, sono qui per vedere come stai e tu mi tratti cosi?!- la
ragazza lo guardò poi scosse la testa
- Ho imparato a capire che se ti fai vedere in giro non è mai
per cortesia ma perché hai bisogno di qualcosa – il dio
fece una smorfia
- Mi hai scoperto! – poi cambiò atteggiamento e si fece
più cupo - Dammi le ceneri di Xena, sull’Olimpo saranno
al sicuro, mentre qui…- Olimpia lo fissò adirata
- Uccidimi e le avrai -, il dio la guardò con aria di sfida
e contrasse il volto in un falso sorriso, lei, allora, gli scagliò
contro i Sais ma Marte se n’era già andato e questi si
conficcarono nella parete con un tonfo sordo. La ragazza sospirò
e andò a riprenderli sfilandoli dalla parete con scatti secchi
e riponendoli al loro posto con estrema abilità. Si voltò
verso l’urna contenente le ceneri della Principessa Guerriera
che si trovava ben ferma su un piedistallo d’argento e da esso
la staccò delicatamente. La tenne stretta tra le mani mentre
le si formava un nodo in gola e parlò con la voce rotta dal
pianto
- Come posso fare, Xena, aiutami. Devo dare a Marte le tue ceneri?
In fondo ha ragione: sull’Olimpo sarebbero più al sicuro…
- Non poté dire altro perché fu interrotta dalla voce
dell’amica che le parlò dolcemente
- Olimpia, le mie ceneri non servono più, ormai sono morta.
Gettale in mare così non sarai costretta a consegnarle a Marte…
credo che abbia delle intenzioni ben precise… -; Olimpia, appena
sentì la voce dell’amica si rallegrò ma alla fine
di quelle parole sembrò essere ancora più triste e disse
con rabbia
- Mai! Non lascerò che le tue ceneri si disperdano in mare!
– si interruppe un attimo e pensò a ciò che le
aveva detto l’amica – Xena! Che cosa intendi? Che intenzione
ha Marte? – ma la Principessa Guerriera si era dissolta nel
nulla esattamente com'era arrivata. Le ripose sul piedistallo e chiamò
Marte a gran voce. Il dio non tardò a farsi vedere e le chiese
semplicemente
- Hai deciso?”- Olimpia lo guardò con aria interrogativa
e pensierosa poi chiese - Non penso tu voglia le ceneri di Xena solo
per proteggerle, in fondo quanto può importartene delle ceneri
di una morta? Secondo me tu stai tramando qualcosa e non prenderò
una decisione fino a che non mi avrai messa al corrente dei tuoi piani
-. Marte rimase pensieroso per un po’ poi le rispose tentando
di essere il più disinvolto possibile
- Tu stai parlando delle ceneri di XENA, NON di quelle di una MORTA
QUALSIASI! Sì, le voglio per un altro motivo… ma ho intenzione
di non dirti niente -. Olimpia prese l’urna di scatto facendo
traballare pericolosamente il piedistallo e la strinse a sé
- Mai! Non le avrai mai! -. Marte sorrise
- Stai proprio diventando come lei: ostinata e cocciuta! Potresti
fidarti di me almeno per una volta, in fondo cosa potresti perderci?
L’ hai detto tu stessa: sono solo le ceneri di una morta -.
Olimpia cercò di mantenersi calma
- Fidarmi di te?! Spero tu stia scherzando. Come ci si può
fidare di un lurido verme come te? Non hai fatto altro che perseguitare
Xena durante tutta la sua vita con patetici tranelli, e pensi ancora
che io possa fidarmi di te -, Marte la guardò, più serio,
con un velo di tristezza e sospirò
- In questo hai ragione, sono sempre stato troppo insistente con lei
ma me ne sono reso conto tardi…- abbassò lo sguardo e
ad Olimpia fece quasi tenerezza: non l’aveva mai visto in quelle
condizioni. Ma il volto del dio tornò in breve quello di sempre
pieno di superbia e d'arroganza
- Ma ho in mente un piano che non posso rivelarti ed ho bisogno delle
ceneri di Xena per metterlo in atto, perciò se mi vuoi dare
ascolto, bene, altrimenti conosco un metodo, per averle, molto più
veloce…- puntò la mano verso Olimpia cercando di colpirla
con una delle sue sfere di fuoco
Ma la ragazza con una capriola laterale la schivò e questa
andò ad appiccare fuoco ad un rotolo di pergamena che si trovava
appoggiato al muro in un angolo. Olimpia si voltò velocemente
verso il piccolo incendio che divampava impaziente di estendersi al
resto della stanzetta e prese la bacinella, che aveva preparato poco
prima, rovesciandola su di esso e girandosi nuovamente verso Marte.
Questo la guardava divertito
- Sapevo che te la saresti cavata: Xena ti ha insegnato molto, non
immagini quanto avrei voluto avere anche solo una piccola parte del
rispetto che lei aveva per te -.
- Ti ringrazio per la fiducia, Marte, ma complichi solo le cose: se
prima una piccola parte di me diceva di darti le ceneri, adesso te
le puoi scordare; e in ogni modo Xena ti avrebbe rispettato se tu
fossi stato leale con lei… -. Si allontanò con l’urna
ben stretta nella mano sinistra mentre con la destra aprì la
porta che conduceva alle scale di prua, la richiuse al suo passaggio
e si avvicinò con decisione alla balaustra. Si sporse a guardare
le onde che si infrangevano con forza contro la nave, quasi volessero
penetrare al suo interno. I suoi occhi si inumidirono di lacrime e
dentro di sé continuava a ripetersi” Non posso, non posso!”.
Aprì l’urna, fece per versare il suo contenuto molto
lentamente, quasi sperando che qualcuno la fermasse finché
non sentì una mano, forte, che la tratteneva. Si voltò
e vide Marte dietro di lei, che ancora le stringeva la mano con forza
mentre le sussurrava:
- Non farlo, queste ceneri sono l’unica maniera per riaverla,
non lo fare, ti prego-, con queste parole allentò delicatamente
la presa. Olimpia non fece in tempo a chiedergli spiegazioni perché
il dio se n’era andato portando con sé l’urna.
CAPITOLO
2
Si svegliò di scatto; tutto quello che ricordava era Olimpia
e quel meraviglioso tramonto che aveva segnato la fine della loro
amicizia terrena. Si mise a sedere e in poco tempo ricordò
tutto il resto: era morta… ma… dove si trovava? Guardandosi
intorno contemplò con ammirazione il salone che la circondava:
era sola e tutto, attorno a lei, sembrava fatto di ghiaccio. In un
angolo scorse una porta, era chiusa. Posò i piedi a terra e
rabbrividì al contatto con quel lucido pavimento: era molto
freddo. Alzandosi avvolse il corpo nudo in una tunica bianca trovata
ai piedi del letto e a piccoli passi si avvicinò all’uscio.
Strinse la mano attorno alla maniglia e la porta si schiuse con un
leggero cigolio. Fu invasa da una luce fortissima che la obbligò
a proteggersi gli occhi con la mano. Quando si fu abituata alla luce
dinnanzi a sé si stagliò uno spettacolo meraviglioso:
un immenso giardino con alberi, ruscelli, cascate; bambini, uomini,
donne e anziani giocavano, ballavano e ridevano spensierati, al colmo
della felicità... era in Paradiso! Era appena riuscita a capire
dove si trovava quando sentì una voce familiare alle sue spalle
che la chiamava. Si voltò
- Madre! -. Irene le corse incontro e l’abbracciò
- Figlia mia, come sono contenta di rivederti! -; Xena si sentì
di nuovo felice: l’aver ritrovato sua madre la riempiva di gioia.
Ricambiò teneramente l’abbraccio. Irene le chiese
- Ma come… come mai sei qui, cos’è successo? -
Xena si fece nuovamente cupa
- Mi hanno uccisa. Olimpia poteva farmi tornare in vita ma io non
ha acconsentito: troppe anime si sarebbero disperse e io non potevo
permetterlo! - La madre abbracciò nuovamente la figlia
- Sei sempre stata coraggiosa e con quest'azione hai solo confermato
le mie convinzioni! -. Xena le sorrise
- Ti ringrazio madre, ma sai perfettamente che non l’hai sempre
pensata così: Linceo… Io… Mi dispiace, madre! -
- Xena, non puoi continuare a tormentarti per questo! Soprattutto
adesso che sei qui! -
- Ma non posso dimenticare quello che ho fatto alla mia famiglia,
come potrei?! -
- Siamo nei Paradiso, Xena, non puoi continuare a pensare a ciò
che hai fatto in vita, non alle cose negative, almeno! -; Xena sentì
dei rumori alle sue spalle e si voltò di scatto
- Linceo?!… Fratello mio! - il fratello l’abbracciò
- Xena! Come mi sei mancata! - la scostò da sé - Ho
sentito pronunciare il mio nome… spero che non stavate parlando
male di me! -, Xena gli sorrise nuovamente
- E come potrei! -. Linceo le accarezzò i capelli
- Come sei diventata bella! Immagino quanti uomini avrai fatto innamorare!
- la guerriera lo guardò con tono provocatorio e rise; il fratello
le prese la mano e la trascinò tra la folla di gente
- Vieni sorella, noi avremo tutto il tempo per parlare più
tardi, adesso ti porto da qualcuno che ha aspettato il tuo arrivo
da quando è qui - Xena lo guardò incuriosita e Linceo
con la mano le indicò un gruppo di ragazzi che stavano giocando
con una palla d’oro
- Va Xena, lì troverai la risposta… - lasciò la
mano della sorella che si avvicinò al gruppetto: i ragazzi
si passavano con le mani quella palla splendente e il gioco continuò
così fino a quando questa non volò in aria e Xena, prontamente,
la prese al volo. Un ragazzino si avvicinò per recuperarla
ma quando la ringraziò i due si guardarono negli occhi e così
rimasero fino a quando...
- Seleuco, ti decidi a venire?! - a parlare era stato un ragazzetto
sui quindici anni con capelli rossi e lentiggini disseminate per tutto
il volto. Xena non disse altro, abbracciò suo figlio e lui
ricambiò con affetto lasciando cadere a terra la palla che
rimbalzò con tonfi sordi fino a cozzare contro i piedi del
ragazzo che aveva parlato poco prima. I due rimasero a lungo stretti
in quell’abbraccio e i ragazzi cominciarono a farsi domande;
poi uno disse a gran voce
- Seleuco, ti muovi?! Vieni a giocare! - Seleuco si divincolò
dall’abbraccio, guardò la madre negli occhi poi si voltò
verso gli amici
- Continuate voi, io devo parlare con mia madre! -, la prese per mano
e passò tra le facce incredule dei suoi amici che molte volte
avevano sentito
parlare della “Principessa Guerriera” e delle sue gesta.
Seleuco la condusse vicino ad un meraviglioso salice piangente; vi
si sedettero sotto e parlarono a lungo, scherzando e rimpiangendo
tutto il tempo che avevano perso. Era ormai sera quando, dopo ore
di ricordi, a Seleuco s'illuminò il viso e sorrise pensieroso.
Xena se ne accorse immediatamente
- Cos’è quella faccia! Cos’ hai in mente? - La
risposta del figlio fu breve
- Vieni con me e lo scoprirai! - le prese nuovamente la mano e la
tirò, correndo, finchè non arrivarono in un grande spiazzo,
sulla cima di una collina, dove un gruppo di uomini, presumibilmente
guerrieri nella loro vita terrena, stavano ridendo e scherzando davanti
ad un falò. Uno di loro riconobbe immediatamente il figlio
di Xena
- Seleuco! Che ci fai qui a quest’ora: non è ancora il
momento della gara! - poi si fece cupo - Chi è quella donna?!
Mi sembra di conoscerla! -. L’ombra di questa si avvicinò
al gruppo e fu illuminata dal fuoco; quando cominciarono a vedersi
i tratti di Xena gli uomini ne rimasero stupefatti. Appena si furono
ripresi dalla sorpresa uno di loro si alzò
- Xena? Sei proprio tu?! Ma non dovresti essere nell’Averno
a quest’ora? - Xena si volse verso la persona che aveva parlato
e disse con aria di sfida
- Sai Attilio, le persone a volte cambiano nella vita. - Un uomo che
fino a quel momento era stato in disparte, con il volto nell’ombra
si alzò e si allontanò con passi lenti. Questo gesto
attirò subito l’attenzione di Xena che gli corse dietro.
Aveva già compreso di chi si trattasse e, quando lo raggiunse,
gli camminò a fianco. Stava cercando delle parole con le quali
formulare una frase ma inaspettatamente senza riuscirci; l’uomo
si sedette sull’erba e invitò Xena a fare altrettanto
con un secco gesto della mano. Era umida e profumata, in lontananza
si sentivano le voci dei guerrieri che parlavano e ridevano ancora
stupefatti per la vista della guerriera. I due rimasero in silenzio
per un po’ poi Xena alzando il viso vide il volto della persona
che le stava accanto e disse:
- Aristarco… mi dispiace! Tutto questo è colpa mia! -
l’uomo rimase immobile, senza dir nulla allora Xena continuò
- Nei Paradiso dovrebbe esserci solo la felicità ma con il
mio arrivo molte cose sono cambiate: tutto il rancore delle persone
che ho ucciso grava su di me e a nulla è valso riscattarmi,
in vita, con buone azioni; questi uomini, sulla terra, soffrivano
per causa mia e adesso che sono qui hanno ricominciato ad odiarmi.
-. Aristarco rimase in silenzio e Xena studiò il suo viso con
gli occhi pieni di tristezza, nell'attesa di una risposta: questo
aveva lo sguardo fisso nel vuoto, il volto inespressivo. Xena, abbassò
il viso e si mise a giocherellare con l’erba; una folata di
vento le scompigliò i capelli e un brivido, le percorse la
schiena. L’uomo sospirò e parlò sommessamente,
con disprezzo
- Hai distrutto la mia vita, la mia famiglia! - A queste parole Xena
smise di strappare l’erbetta e sollevò gli occhi da terra
fissando lo sguardo sul suo viso. - Ero un uomo felice prima di incontrarti:
avevo uno splendido figlio, Berghen e sua madre mi voleva bene e tu,
tu hai rovinato tutto questo, mi hai stravolto la vita. Non te lo
potrò mai perdonare! - poi il suo tono di voce cambiò
leggermente - Ma ho anche visto come hai cercato di cambiare, di aiutare
nostro figlio e per questo…- Si fermò, sembrava che facesse
fatica ad esternare ciò che pensava, sospirò poi continuò
- ti ringrazio. - Xena a queste parole si sentì molto più
sollevata, gli sorrise
- Sono io quella che deve ringraziarti... -. Aristarco, con fatica,
le sorrise a sua volta, mise la mano su quella di lei
- Torniamo indietro, Seleuco ci sta aspettando per la gara - Xena
chiese
- Quale gara? - l’uomo le indicò il cielo
- Dopo il crepuscolo, quando vengono le tenebre noi guerrieri ci sfidiamo
con vari esercizi e combattimenti. Il vincitore della serata avrà
il diritto di scegliere le squadre per il giorno successivo. - Xena
sorrise a sentire che anche gli adulti facevano simili giochi in quel
posto incantato; guardò il tramonto e le venne in mente il
viso di Olimpia, la sentì vicina a sé, chiuse gli occhi
e respirò l’aria a pieni polmoni; si sentiva liberata
da un gran peso: Aristarco l’aveva perdonata.
Le gare durarono a lungo e Xena rimase a guardarli fino alla fine
rifiutando le varie offerte di quelli che la invitavano ad unirsi
a loro. Il vincitore di quella sera fu un giovane uomo, molto abile
ed astuto, Xena non si ricordava di averlo mai visto e neanche quello
pareva conoscerla. Con la fine dell’ultima gara, un brusio di
lamenti si alzò nell’aria e un uomo disse
- Sempre tu! Ma come fai a vincere sempre! - poi rivolto ai compagni
- Vi sembra possibile a voi? Da quando sono arrivato qua non ho mai
visto vincere qualcun altro! Così non c’è neanche
più divertimento! – dette queste ultime parole gettò
a terra lo straccio con il quale si stava asciugando il sudore e si
allontanò; molti risero e si congratularono con il vincitore
battendogli manate sulle spalle. Questo si avvicinò a Xena
- Come mai non hai partecipato? E’ un modo per divertirci tutti
insieme! - Xena era stanca, ma cercò di non apparire scortese
- Non mi sono mai interessati i giochi di gruppo, non fanno per me!
– lo guardò cercando di ricordare il suo volto - Sei
molto bravo; come ti chiami? - l’uomo rispose senza tener nemmeno
conto delle lodi fattegli da Xena
- Il mio nome è Aurelio, sono romano – Xena rimase sorpresa
- Sei ancora giovane… - il ragazzo la guardò
- E’ stata Livia ad uccidermi… - Xena abbassò lo
sguardo
- Livia?! La comandante delle legioni di Ottaviano? -
- Detta anche “la protetta di Ottaviano”… L’hai
conosciuta? -
- E’ mia figlia -. L’uomo si fece buio in viso e la guardò
con occhi pieni di rabbia; proprio in quel momento Seleuco, si avvicinò
ai due contento
- Che te ne pare madre? - Xena, che fino a quel momento era rimasta
a guardare Aurelio, distolse lo sguardo e lo pose sul figlio
- Bravo! Sei migliorato molto! Non posso che essere fiera di te! -
gli scompigliò i capelli - Adesso vado a riposarmi un po’,
ci vediamo domani ok? Buona notte figlio mio - Seleuco l’abbracciò
- Ti voglio bene madre! -. Xena si voltò per cercare Aurelio
e spiegargli tutto ma il vincitore era sparito perciò scosse
la testa e si allontanò verso una buia foresta. Quando vi fu
all’interno venne avvolta dalle tenebre ma riuscì ben
presto ad orientarsi; decise di trovare una caverna nella quale poter
dormire e procedette lentamente tra le spettrali sagome degli alberi.
Ad un tratto qualcuno la urtò da dietro, si girò di
scatto e si trovò tra le braccia di un uomo. Questo la scostò
da sé tenendola per le spalle
- Scusa, non l’ ho fatto apposta! - Xena lo guardò cercando
di ricordare: conosceva quella voce ma nell’oscurità
non aveva riconosciuto il suo possessore.
- Marcus?! - disse con voce incredula - Sei proprio tu?! -. L’uomo
le accarezzò delicatamente il viso
- Xena! - i due si abbracciarono - Quanto mi sei mancata! -. Cercò
di baciarla ma lei scostò il viso e il bacio si posò
sulla sua guancia. Per un attimo rimasero in silenzio e si creò
un po’ d'imbarazzo poi lui cambiò discorso
- Xena, come mai sei qui? - lei sospirò e abbassò lo
sguardo
- Mi hanno ucciso. Io e Olimpia eravamo nelle terre del lontano Giappone,
un tempo a Higuchi avevo portato solo morte e distruzione e il mio
sacrificio è servito a riscattare le quarantamila anime delle
persone che avevano lì perso la vita per un incendio da me
causato. - Marcus la guardò
- Olimpia; penso che per lei perderti sia stata una gran disgrazia!
-
- Il dolore è indescrivibile, l’aver perso la persona
che si ha più cara al mondo porta a trovare la vita totalmente
priva di significato, non si prova più niente di bello in essa…
- Lui le sorrise
- Sai Xena, conosco bene quello che si prova: quando sono morto ho
perso la persona alla quale tenevo di più... te; da quel momento
non ho fatto altro che aspettarti e quando ti ho rincontrato, quella
notte, non avrei voluto perderti di nuovo; adesso che sei qui mi accorgo
di quante cose sono cambiate… - poi la guardò: era sfinita.
Le fece cenno con la mano in una direzione
- Penso che tu sia stanca: da quella parte troverai un posto per riposare:
al bivio gira a sinistra; dopo aver percorso un pezzo di strada ti
ritroverai dinnanzi ad una cascata, vacci sotto, lì c’è
una caverna: è illuminata e ci sono dei giacigli. - Xena gli
sorrise
- Ti ringrazio. Allora ci vediamo domani -. Gli sorrise poi si voltò
e si allontanò, questa volta, a passi più svelti; lui
la guardò con ammirazione fino a che non scomparve dietro una
fila d'alberi.
Arrivata al bivio, Xena, si voltò verso sinistra ma un uomo
le sbarrò la strada; la guardava con occhi pieni di rabbia
e di lacrime; per un po’ continuò a fissarla poi disse
sprezzante
- Sciagurata! Hai ucciso me, mia moglie e la mia povera bambina! Come
osi presentarti in questo posto di pace! Vattene, torna nell’Averno!
-; Xena aprì la bocca ma non riuscì a pronunciar parole
perché l’uomo davanti a lei era scomparso; si guardò
intorno perplessa “Cosa mi sta succedendo?”, pensò,
ma subito vide arrivare verso di lei una bambina con delle lunghe
trecce bionde che le sorrideva: questa le porse un fiore rosso ma
prima che la guerriera allungasse la mano per prenderlo comparve una
donna che prese per il braccio la piccola e la tirò via
- Non parlare con quella guerriera, è lei che ha ucciso tuo
padre e tuo fratello - Xena fissò negli occhi la piccola che
stava per scoppiare in lacrime ma dopo poco anch’esse scomparvero;
la Principessa Guerriera si mise una mano sulla fronte e cominciò
a massaggiarsela; era assorta dai pensieri che le riempivano la mente
quando, d’un tratto, venne circondata da persone che avevano
sui visi e negli occhi solo odio e disperazione; li guardò
uno ad uno senza comprendere il significato di tutto quello che le
stava accadendo fino a quando non sentì una voce proveniente
dal centro del gruppo
- Sciagurata torna nell’Averno! - e a lui molto presto si unì
un coro di voci che ripetevano incessantemente la stessa frase. La
guerriera rimase tra di loro voltandosi velocemente da una parte all’altra
del cerchio che la chiudeva per cercare una via di fuga. Si fece coraggio
e corse verso la strada di sinistra indicatale da Marcus; al contatto
con il suo corpo, tutta la gente che aveva intorno scomparve e la
foresta ripiombò in un pesante silenzio. Xena si voltò
indietro e rimase stupita nel vedere che erano tutti scomparsi, con
gli occhi cercò anche una minima traccia che confermasse ciò
che fino a poco prima le stava intorno ma non trovò altro che
le sue impronte, sospirò preoccupata quindi decise di continuare
la strada; camminò a passo svelto fino ad arrivare davanti
alla cascata, bella, imponente; qui si fermò ansimando; cercò
l’entrata della grotta: scorse una fessura nella roccia e si
avvicinò a lei; quando entrò si trovò in una
stanza scarsamente illuminata da due torce sfrigolanti; in essa vi
erano due giacigli ed una buia galleria sul lato sinistro della grotta
alla quale non diede molta importanza; si lasciò cadere su
uno di questi che, sotto pressione, scricchiolò sommessamente.
Per un po’ rimase seduta a pensare: chi erano quegli uomini?
Perché la tormentavano anche lì, nei Paradiso! Scosse
la testa per distoglierla da quei tristi pensieri e decise di alzarsi
per dare un’occhiata intorno, dato che l’agitazione aveva
preso il posto della stanchezza che fino a poco prima l’opprimeva.
Uscì e si trovò sotto la cascata, vi girò intorno
e si avvicinò al lago; dopo essersi seduta mise la mano nell’acqua
e per un po’ la fece scorrere tra le dita: era fredda e limpidissima.
Si portò la mano alla bocca e la bevve. Stranamente il senso
di tristezza che cominciava a sentire svanì e con esso tutti
i ricordi.
Al suo risveglio capì immediatamente di trovarsi nella grotta,
su un giaciglio, ma non su uno di quelli che aveva visto al suo arrivo.
Di scatto si alzò e guardò quello che la circondava:
non era la stessa stanza di prima… scorse una galleria: presumibilmente
la stessa che aveva notato quando era entrata nella grotta per la
prima volta ma proveniva da un’altra direzione… scese
dal letto: una parte della stanza era totalmente in ombra; prese la
torcia che era appesa ad un muro e vi si addentrò facendosi
luce con essa. D’un tratto venne risucchiata da questa densa
oscurità e poco dopo si trovò in uno spettrale giardino,
simile a quello dei Paradiso ma buio, tenebroso e freddo. Teneva in
mano la torcia ma era spenta. Sentì degli impercettibili rumori
alle sue spalle e si voltò giusto in tempo per non ricevere
una botta in testa; davanti a lei vide una distesa d'anime; anime
in pena che si lamentavano sommessamente chiedendo aiuto. Xena rimase
immobile a guardarli mentre sul suo viso si diffondeva l’orrore;
spostò lo sguardo davanti a sé: un uomo dai lunghi capelli
increspati e dalle profonde occhiaie la minacciava con un bastone.
Xena con un semplice calcio se lo levò di torno ma subito dopo
un altro le arrivò addosso cercando di colpirla con quella
che si sarebbe potuta definire una vecchia spada arrugginita e mal
affilata. La Principessa Guerriera parò il colpo con la torcia
spenta e lo respinse con un altro calcio. Poi corse via, nella direzione
dalla quale era venuta e fu nuovamente risucchiata dal vortice che
la ricondusse nella sua grotta. Si sedette sul giaciglio e sospirò
incredula costatando che la torcia era nuovamente accesa. Rimase lì,
seduta per un po’ a fissare la fiamma poi decise di riappendere
la torcia al muro. Mentre era girata verso la parete sentì
dei passi alle sue spalle. Una mano le circondò il fianco e
si posò sulla veste che la ricopriva, all’altezza della
pancia e un brivido caldo la percorse. La persona che le stava dietro
l’attirò a sé, le scostò i capelli dalla
guancia e le sussurrò all’orecchio con voce profonda
- Salve Principessa -. Xena chiuse gli occhi e assaporò quei
pochi secondi di piacere che era solita concedersi prima di allontanarsi
da lui; parlò lentamente e sommessamente
- Salve Marte… Principessa? Non sono la tua principessa…
– si voltò verso il dio e si allontanò un poco
da lui. Marte la guardò negli occhi e contemplò la bellezza
della sua principessa, o così almeno gli piaceva definirla
- La morte non ti ha di certo privato della bellezza, Xena. -
- Sai Marte, se non ti conoscessi bene direi che sei qui solo per
vedere come sto. Allora: di cosa hai bisogno? -. Marte le si avvicinò
nuovamente e a Xena diede quasi fastidio: la sua presenza fisica accanto
a sé la faceva sentire insicura, fragile e il risultato era
che si chiudeva sempre più in se stessa, per essere più
forte.
- Xena, ti sto osservando da quando sei arrivata qua e mi sono reso
conto di quello che stai passando: nei Paradiso bisognerebbe essere
felici ma tu non ci riesci…-
- E come potrei dopo tutto quello che ho fatto! -
- Ecco: è proprio questo che sto cercando di dirti; tu non
apparterrai a questo posto finché non avrai perdonato le tue
colpe. - ; Xena si sedette nuovamente sul giaciglio e sospirò.
Il dio continuò camminando avanti e indietro, con passo lento
- L’acqua che hai bevuto, nel lago, è un’acqua
purificatrice: nel tuo caso dovrebbe alleviare il dolore ma ti sei
opposta al suo effetto e hai perso i sensi: tu non vuoi dimenticare
le sofferenze perché hai paura che a cancellarsi siano anche
i ricordi belli, il tempo passato con Olimpia…-. Xena lo guardò
e dai suoi occhi scivolò una lacrima. Questa le solcò
il viso e andò a cadere sulla sua candida veste. Il dio si
avvicinò e con tocco delicato le sfiorò la guancia asciugandola.
Xena chiuse nuovamente gli occhi e si lasciò trasportare da
quel piccolo gesto. Poi guardò il dio
- Se ho ben capito un attimo fa mi trovavo nell’Averno. Perché
ero lì, c’è un motivo?
- Ti ho fatto passare “dall’altra parte” perché
tu vedessi le anime dei dannati, di quelli che patiranno in eterno
atroci sofferenze…
- Un po’ come me? -
- No, Xena. Non esattamente: tu qui puoi trovare la gioia perché
ci sono tutte le persone a te care… tranne Olimpia, s'intende,
ma se continuerai a tormentarti, a soffrire è possibile che
tu non possa più rimanere in questo posto… che tu sia
costretta… -
- Ad andare nell’Averno? In fondo è lì che tutti
quelli che mi vedono vorrebbero che finissi! – un angolo della
bocca di Xena si contrasse in un freddo sorriso; il dio scosse la
testa; sembrava che avesse qualcos’altro da dire ma che quasi
non osasse. Xena se ne accorse, aggrottò la fronte
- Ma tu hai studiato una soluzione: qualcosa che eviti tutto questo,
qualcosa che cambi il mio destino… anche se credo che non mi
piacerà…- Marte la fissò negli occhi e sorrise
orgoglioso
- Vedo che sai essere molto intuitiva…-
- Ebbene? -
- Ebbene: tra le pergamene che sono in possesso di mia sorella Venere,
ce n’è una che le fu donata da Morte, molto tempo fa…-
il dio si fermò e Xena lo incitò con lo sguardo ad andare
avanti
- Sopra vi è scritta un’antica pratica con la quale far
tornare in vita un mortale… questo è quello che mi ha
detto mia sorella…-.
- No! E’ inutile che sprechi il tuo tempo nello studio di quel
sortilegio: la mia risposta è NO e tale rimarrà. - .
Xena si alzò dal giaciglio e si allontanò, nella galleria;
era buia e tutta uguale, dalle pareti colava dell’acqua che
si ricongiungeva in un rivolo laterale. Ad un tratto si trovò
ad un bivio e sul suo volto si impresse un’aria di disappunto:
non voleva tornare indietro; se lo avesse fatto il dio avrebbe pensato
che avesse bisogno del suo aiuto… aguzzò l’orecchio
per sentire lo scrosciare dell’acqua quindi decise di prendere
la galleria di destra. La strada era quella giusta; in breve tempo
si ritrovò nella stanza iniziale. Si coricò su uno dei
due giacigli e rimase così, nella stessa posizione per qualche
minuto, senza prender sonno. Stava ripensando al discorso di Marte
“In fondo Marte ha ragione… se mi facesse tornare indietro,
io e Olimpia potremmo vivere accanto il resto della nostra vita, potrei
smettere di combattere… Ma cosa sto dicendo!” si voltò
dall’altra parte, il nome dell’amica le aveva fatto tornare
in mente tanti ricordi… gli occhi le si riempirono di lacrime
“Olimpia! Quanto mi manchi! Con te al mio fianco sarebbe tutto
più semplice…” . Senza la sua amica non si sentiva
più così forte… Sospirò e in breve si addormentò.
Fu svegliata da un rumore improvviso: era notte. Si alzò di
scatto e camminò lentamente attenta a qualsiasi movimento.
C’era qualcuno alle sue spalle… senza neanche girarsi,
sferrò un poderoso calcio al suo assalitore e fu la voce del
dio della guerra a lamentarsi per il dolore
- Ti ringrazio Xena! – disse premendosi una mano sulla coscia
- Devi ringraziare che non ti ho beccato poco più su…-
e il suo sguardo si posò all’altezza del cavallo dei
pantaloni di Marte. Poi sorrise e il dio sembrò esserne contento
- Finalmente ti vedo sorridere! –
- Già. Adesso mi sento un po’ meglio…- a passi
lenti si diresse verso l’uscita della grotta; quando fu fuori
respirò la fresca aria; incrociò le braccia all’altezza
dei fianchi e guardò la luna; brillava, nonostante tutto attorno
a lei fosse orribilmente buio, continuava a risplendere, era un punto
di riferimento per chi avesse perso la strada durante il buio della
notte… Olimpia aveva fatto lo stesso per Xena: l’aveva
aiutata a venire fuori da quell’oscurità che le riempiva
il cuore… la guerriera sospirò nuovamente mentre sentì
Marte alle sue spalle
- A cosa pensi? -
- A niente, stavo solo guardando la luna…- girò la testa
verso di lui: sembrava che fosse preoccupato – Cosa c’è?
– chiese.
- Non voglio perderti Xena. Non posso pensare ad una vita senza di
te… -
- Marte basta; ne abbiamo già discusso! –. Ma che senso
aveva continuare a mentire a se stessa: che senso aveva continuare
a rimanere fredda? - Io… - No. Non ce la faceva. Non riusciva
a parlare dei suoi sentimenti… - Di sicuro avrai qualche altra
guerriera da tormentare…- il dio la guardò
- Ma non avrò più te. Sai bene che la mia per te è
più di una semplice attrazione… non riesco più
a scacciarti dai miei pensieri…-
- Allora vattene… Penso che sia la cosa migliore… per
entrambi - il suo sguardo si posò a terra. La tristezza si
rimpadronì di lei ma cercò di sopprimerla, di tenerla
dentro, come le era solito fare, cercando di sembrare meno triste
di quello che in realtà era:
- Questo è un addio, Xena? – il suo sguardo squadrò
dal basso all’alto il corpo del dio e si fermò negli
occhi belli, profondi, di lui; aprì la bocca cercando di dire
qualcosa poi la richiuse e sospirò scuotendo in senso affermativo
la testa.
- Temo di sì - Marte chiuse un attimo gli occhi mentre chiamava
a sé tutte le forza che aveva in corpo.
- Allora… ADDIO XENA! – la guardò un’ultima
volta, la superò e continuò a camminare per la strada
che portava alla foresta. Xena chiuse gli occhi e una lacrima le scivolò
giù dal viso; respirò profondamente mentre lo guardava
allontanarsi… si voltò per tornare nella grotta mentre
un nodo le strinse lo stomaco. La testa le girava: per la prima volta
in vita sua non aveva la più pallida idea di cosa dovesse fare.
Si sentiva sola ed estranea al luogo nel quale si trovava “Addio
Marte”. Si lasciò cadere sul giaciglio senza riuscire
a prender sonno per un po’.
CAPITOLO
3
-Tonf- un colpo sordo, e uno dei due Sai di Olimpia s'incastrò
nell’albero maestro della nave facendo alzare una breve nuvola
di polvere. Un urlo disperato della poetessa riecheggiò lì,
dove nessuno, a parte i marinai, la poteva sentire. Una lama affilatissima
sibilò nell’aria fino a fendere una parte del legno dove
poco prima era penetrato il Sai. Olimpia si avvicinò ad esso
ed estrasse il pugnale e la Katana: il suo viso era inespressivo e
pallido, gli occhi senza più una lacrima. La rabbia e la disperazione
si erano totalmente impadronite di colei che un tempo aveva creduto
solo nell’amore e nella salvezza: Un marinaio, visibilmente
preoccupato, le si avvicinò
- Olimpia, tra due giorni saremo in Egitto… - non aggiunse altro
perché una sola occhiata della ragazza bastò a fargli
capire che non era il momento adatto per parlarne. Rimasta nuovamente
sola scaraventò contro il povero albero tutto ciò che
le era a portata di mano urlando disperatamente.
Di colpo si fermò, si mise le mani tra i capelli ansimando
pesantemente e guardando tutto quello che la circondava: aveva distrutto
ogni cosa: secchi capovolti, acqua che ne usciva, corde srotolate
a terra tagliate in vari punti e brandelli di svariate stoffe si stavano
imbevendo dell’acqua che fino a poco prima era contenuta nei
secchi.
D’un tratto sentì un battito di mani alle sue spalle;
sferrò un colpo con la Katana ma la lama fu prontamente bloccata
tra le mani di Marte
- Ah, ah, ah . No, Olimpia – la ragazza urlò disperata
e tirò un calcio nella pancia del dio che non riuscì
a pararlo poichè entrambe le mani erano occupate a tenere la
lama della spada. Contrasse il viso in una smorfia ma non disse altro
in proposito:
- Olimpia, mi meraviglio di te! Cosa ti sta succedendo?- per tutta
risposta la ragazza gli sputò in faccia:
- Sciagurato bastardo! Se potessi ucciderti… - Il dio si passò
una mano sul volto assai stupito del comportamento della “dolce
fanciulla”; Olimpia lo guardò sprezzante e liberò
con uno scatto secco la spada dalle braccia di Marte mettendosi a
sferrare colpi a destra e a sinistra, urlando. Il dio li schivò
tutti e lasciò che la poetessa continuasse, fino a che non
si fosse stancata, non passando mai all’attacco ma rimanendo
in difesa. Ad un certo punto la ragazza cadde a terra piangendo, la
spada rimbalzò di punta e cadde vicino a lei con suono metallico.
Il dio le si chinò accanto, le pose due dita sotto il mento
e le sollevò il viso
- La rabbia sta crescendo in te, forse… forse faccio male a
tormentarmi ancora con il ricordo di Xena: in fondo tu sei stata la
protagonista di questa vicenda… era sempre Xena che risolveva
ogni cosa ma tu, tu in silenzio imparavi ogni sua mossa, ogni suo
stratagemma e sei cresciuta come donna e come guerriera; forse sei
tu la mia prediletta, quella che dovrebbe diventare la mia regina…
- lo sguardo di Olimpia non aveva in sé più nulla di
buono, i suoi occhi erano di ghiaccio, il suo cuore una pietra. Marte
le si avvicinò e le sussurrò ad un orecchio
- Ti interessa? – la ragazza lo guardò seria
- Preferirei la tortura eterna –
- E quella avrai se continui di questo passo…- quindi scomparve.
Olimpia rimase così, seduta con lo sguardo fisso nel vuoto
e le mani immerse nell’acqua che dilagava per la nave.
Il dio tornò sull’Olimpo. Entrò nella Sala Grande
e si sedette, come suo solito, sul trono. Di fianco a lui c'era era
una coppa con l’ambrosia e subito sotto una con dell’acqua.
Passò distrattamente una mano su quest’ultima e comparve
Xena: stava parlando con Seleuco, sembrava felice… Marte la
guardò con ammirazione; “addio Xena” gli balenarono
alla mente quelle parole: la ferita era ancora aperta, soffriva enormemente.
Sospirò quando una voce alle sue spalle lo riportò in
sé:
- Sei proprio sicuro che non possa fare niente per te? In fondo potrei
darti tutte le donne del mondo…-
- Non voglio nessuna donna, sorella, se mi vuoi aiutare, rimanda indietro
Xena…- un velo di tristezza calò sul viso della splendida
dea dell’amore
- Sai che questo non posso farlo…-
- Allora fallo con il bardo, fai innamorare lei di me… potrebbe
essermi veramente utile…-
- OLIMPIA NO! E’ la mia migliore amica! – la dea incrociò
le braccia intorno alla vita – Non mi chiedere questo…-
- Allora non ho bisogno del tuo aiuto! Vattene, lasciami solo. –
la dea lo guardò offesa e si dileguò nell’aria
in una cascata di luce. Marte si voltò nuovamente verso la
coppa. Xena stava giocando con suo figlio… sentì la passione
salire in lui… non poteva restare lì a far niente…
doveva tornare nei Paradiso, doveva tornare da lei… ma no; che
senso aveva? Xena non lo voleva più vedere, e forse era meglio
così… passò nuovamente la mano sulla limpida acqua
e comparve Olimpia: era ancora là, seduta nella stessa posizione,
lo sguardo altrove. In quel momento Venere ricomparve e di sfuggita
vide la figura dell’amica nella coppa quindi si voltò
verso Marte:
- Che cosa le hai fatto! – indicò con la mano l’immagine
- Io niente… ho solo preso le ceneri di Xena…-
- Ma Xena ti aveva detto che non voleva tornare tra i vivi! Perché
non lo vuoi capire! Se davvero la ami, devi volere il meglio per lei,
non per te! Sai bene che anche lei sta soffrendo…- lo sguardo
di Marte si illuminò per un attimo
- Ma cosa stai dicendo! Quando ero mortale forse le facevo pena, ma
adesso che sono nuovamente una divinità…- abbassò
lo sguardo e la sorella gli posò la mano sulla spalla, gli
sorrise dolcemente
- Non disperarti, alla fine tornerete insieme… - un forte bagliore
e la dea era nuovamente sparita lasciando il fratello assorto nei
suoi pensieri.
Ricomparve alle spalle di Olimpia che non si accorse di niente
- Olimpia – la dea la chiamò dolcemente e Olimpia sembrò
risvegliarsi da un lungo sonno: trasalì e si voltò.
La dea non riuscì a trattenere lo stupore
- Amica mia, hai proprio bisogno di una sistematina… - la ragazza
la guardò e contrasse il viso in un pallido sorriso
- Salve Venere. Perché sei qui? Neanche tu puoi far più
niente per me. – la dea odiava sentirsi dire che non serviva
a nulla ma, vista la gravità del momento, lasciò perdere
se stessa e si concentrò sull’amica. Le prese una mano:
- Vieni con me – ma Olimpia ritrasse il braccio.
- Dove mi vuoi portare? Lasciami. – la dea con uno schiocco
di dita rese la nave più presentabile e, quando il pavimento
fu asciutto, si sedette accanto alla poetessa. Le accarezzò
il viso
- Sono qui per aiutarti. Dimmi quello che senti, quello che provi…
non sopporto di vederti così! - Olimpia rimase impassibile
per un po’ poi i lineamenti del suo volto cominciarono a contrarsi
in un’altra espressione, posò la testa sulla spalla di
Venere e scoppiò in lacrime. La dea esitò, visibilmente
in imbarazzo; la circuì con una mano mentre con l’altra
le accarezzò i capelli sussurrandole tenui parole. Dopo un
lungo pianto Olimpia si scostò da lei e l’abbracciò
- Venere, ti ringrazio. Marte… ah, lasciamo stare! – poi
si sciolse dall’abbraccio e rimase pensierosa; parlò
quasi lo stesse facendo a se stessa
- Era quasi riuscito a raggiungere il suo intento… stavo diventando
malvagia, come lui vuole, incapace di dare o provare amore –
alzò gli occhi verso la dea
- per fortuna sei arrivata tu… non so cos’avrei fatto
da sola… un tempo c’era Xena ma senza di lei…-
- Olimpia, sei una ragazza forte e conosci abbastanza bene Marte,
puoi farcela anche senza Xena… lei ti ha presa per mano e ti
ha portato dove sei adesso, indirizzandoti verso il futuro…
e non vorrebbe vederti così… sai quanto tiene a te! –
la dea le sorrise – Dai, vieni: voglio farti vedere una cosa.
– la prese per mano e questa volta Olimpia si fidò. Si
teletrasportarono sull’Olimpo e Venere condusse Olimpia nella
Sala Grande. La ragazza rimase stupita dalla bellezza di quel luogo
che un tempo era stato teatro dell’ultima battaglia, quella
che aveva segnato la fine degli dei… le imponenti colonne, distruttesi
durante lo scontro, erano nuovamente in piedi e una enorme tavolata
imbandita la percorreva fino a terminare ai piedi del trono sul quale
era seduto Marte. Questo la stava guardando ma dopo breve rivolse
lo sguardo alla sorella
- Ti sembra il caso di condurre qui una mortale? -
- Sii buono, fratello – disse – voglio mostrarle la visione…
penso che ne abbia tutto il diritto! – Il dio sembrò
contrariato ma acconsentì
- Ma che non diventi un’abitudine – Olimpia si avvicinò
condotta da Venere e Marte passò sprezzante la mano sulla coppa.
Gli occhi della poetessa si riempirono di lacrime mentre l’immagine
di Xena si materializzava sulla superficie dell’acqua. Questa
stava felicemente discorrendo con suo fratello Linceo ed entrambi
ridevano
- XENA! – nascose il viso tra le mani piangendo a dirotto mentre
Venere la circondava con un abbraccio. “Cosa Xena ci trovasse
in lei, non lo capirò mai!”
Il dio della guerra scosse la testa e rimase a guardare Xena provando
invidia verso suo fratello “Con quanta confidenza scherzano,
si abbracciano, ridono…” intanto anche Olimpia era tornata
a guardare la sua amica “E’ felice! Devo esserlo anch’io,
per lei e per me!” guardò per un attimo Marte poi si
fece coraggio e cercò di parlare senza che la rabbia riprendesse
il suo controllo
- Marte… - il dio alzò lo sguardo, sorpreso di sentirsi
ancora rivolgere la parola da lei – Hai le ceneri di Xena, la
puoi vedere quando vuoi… posso sapere qual è il tuo piano?
Te lo chiedo per favore, se devo rinunciare a vedere l’amica
con la quale volevo vivere il resto dei miei giorni… almeno
spiegami PERCHE’, perché hai bisogno delle sue ceneri?
– non riuscì a trattenere le lacrime che scesero nuovamente
copiose dal suo volto. Il dio roteò gli occhi al cielo e sospirò
“Come ho potuto pensare che lei prenda il posto di Xena!”
- Olimpia, non ti ho mai detto niente perché non voglio illuderti…
c’è un modo per farla tornare in vita ed è collegato
alle sue ceneri…- lo sguardo della poetessa s’illuminò
- Cosa?! -
- Lasciami finire prima…- Marte abbassò lo sguardo a
terra poi guardò Olimpia che lo stava fissando speranzosa –
Ma lei non vuole, Olimpia; non vuole tornare… ho già
provato a convincerla ma… non è servito a niente: quando
si mette in testa una cosa… quella è, e quella rimarrà.
– Olimpia chiuse gli occhi e si morsicò il labbro.
- Posso riavere le sue ceneri? – sollevò nuovamente il
viso – tanto non ci farai più nulla… e poi…
dopodomani arriverò in Egitto: devo avvisare Evi e penso che
voglia le ceneri di sua madre per darle un posto nella tomba di famiglia…
Conosco Xena: se ti ha già detto di no è inutile riprovarci
e poi, mi sembra felice… – queste parole furono molto
dure da pronunciare e altrettanto lo furono per il dio che sentiva
spezzarsi l’ultimo filo che ancora lo legava a Xena… si
alzò di malavoglia dal trono e si incamminò verso un
corridoio voltando le spalle alle altre due. Si fermò davanti
ad una altissima porta rivestita d’oro. Schioccò le dita
e questa si aprì senza fare alcun rumore. La stanza nella quale
entrò era semibuia. Su un lato, appeso al muro, vi era un grande
tendone che voleva nascondere qualcosa, ma il dio prese un’altra
direzione e si avvicinò ad un piccolo tavolo, intarsiato, sul
quale era posata l’urna. Vi mise attorno le mani e la sollevò
delicatamente. Nel momento in cui questa si staccò dal tavolino
un nodo gli chiuse lo stomaco. La ripose per un attimo e si portò
una mano al cuore: non era abituato a provare dolore, aveva sempre
avuto tutto quello che voleva, eccetto Xena, e non era abituato ad
un rifiuto… soprattutto se di mezzo c’era l’amore;
sospirò, riprese l’urna e si incamminò per tornare
da Olimpia. Prima di consegnarle l’urna la ripose in un bauletto
che chiuse con una chiave. Consegnò il tutto alla poetessa
e scomparve. Olimpia guardò Venere mentre strinse tra le mani
il cofanetto. La dea le passò una mano intorno alla vita:
- Andiamo. Torniamo alla nave, posiamo le ceneri e poi… ti porto
in un posto dove ci potremo rilassare un po’-
- Non so se me la sento…-
- Olimpia, non puoi stare tutto il giorno a pensare a lei! Hai una
vita tua, non permettere che il suo ricordo la colmi del tutto -
- Forse hai ragione… Andiamo! -
Posato il cofanetto, non con tristezza, Olimpia raggiunse Venere che
l’aspettava a poppa e si teletrasportarono in un luogo bellissimo:
immense piscine, terme e bei massaggiatori tutto a loro disposizione.
- Venere è bellissimo! -
- Sono contenta che ti piaccia. E’ una mia piccola invenzione…-.
Mentre loro si concedevano un po’ di riposo Marte si era materializzato
in uno dei suoi templi e stava distruggendo ogni cosa: con potenti
scariche e palle di fuoco faceva crollare le malcapitate colonne e
cenerizzava le offerte fattegli dai suoi seguaci: stava cercando di
sfogarsi…ma l’idea di tornare nei Paradiso era un chiodo
fisso; non era stupido, aveva capito che quell’“addio”
era davvero un addio ma era più forte di lui. Prese un cesto
di frutta e lo scagliò a terra, con tanta violenza, da ridurlo
in frantumi; quindi diede un calcio a quello che ne rimaneva. A passi
svelti uscì dal tempio e rimase lì fuori con le braccia
aperte a respirare l’aria fresca
- Ho deciso – disse a voce alta quindi si dileguò.
Xena si trovava ormai da parecchi giorni in quel luogo incantato e
il dolore era lievemente alleviato. Salutò Marcus con il quale
aveva passato la serata e s'incamminò verso la sua grotta.
Si lasciò cadere sul giaciglio e incrociò le mani dietro
la testa. “Olimpia, mi manchi tanto! Vorrei poter condividere
queste giornate con te, discuterne a sera, scherzare…”
sospirò, questo pensiero affiorava molto spesso nella sua mente,
il cuore le faceva male al solo pensiero dell’amica… ma
le lacrime, quella sera, non si fecero vedere… era felice e
sentiva che anche l’amica si stava riprendendo. Si girò
da un lato e in breve si addormentò.
Si svegliò molto presto: il sole non era ancora sorto ma il
sonno era svanito del tutto. Si mise a sedere e, dopo essersi stirata,
decise di andare a fare un bagno. Uscì. L’aria, nonostante
l’ora, era tiepida. La luna era ancora in cielo e l’aurora
stava per colorare l’orizzonte di un rosa pallido. Tolse la
veste lasciandola cadere ai suoi piedi e s’immerse nella fredda
acqua del lago. Rabbrividì al contatto con essa, nuotò
per un poco poi si fermò: aveva sentito dei rumori provenienti
dalla foresta. Uscì velocemente dall’acqua abbandonando
lì la veste e si nascose dietro un cespuglio per vedere cosa
stesse accadendo; ben presto si accorse che qualcuno la stava cercando
“Marte!” aveva subito riconosciuto la sagoma del dio…
il sottile strato di felicità che si era formato sull’accumulo
di dolore si spezzò e una terribile angoscia le strinse il
cuore.
CAPITOLO
4
- Cosa vuoi? Pensavo di essere stata abbastanza chiara – il
dio si voltò di scatto verso il cespuglio e rimase a fissare
il corpo di lei, bello, forte. Cercò di rimanere calmo respirando
a fatica.
- Lo sei stata, Xena, fin troppo…ma io… non ce la faccio!
-
- Io cela stavo facendo ma grazie a te…- non continuò
perché si sentì ingiusta. Il dio si avvicinò
e la coprì con il suo gilè di pelle rimanendo a torso
nudo. Lei alzò il viso e lo fissò nei limpidi occhi;
una vampata di calore la invase al contatto con il suo corpo, ma riuscì
a ragionare e si scostò velocemente da lui, tenendo ben strette
le mani attorno all’indumento che la ricopriva. Raccolse la
sua veste ed entrò nella caverna per cambiarsi; in breve tempo
fu raggiunta dal dio. Si voltò verso di lui:
- Perché sei qui? – gli sussurrò scocciata. Lui
si avvicinò ma venne bloccato dalla mano della guerriera
- Perché ti amo, Xena. Non posso stare senza di te. –
lei abbassò il viso e chiuse gli occhi per un momento
- Non hai davvero nessun'intenzione di arrenderti, vero? – quindi
lo fissò – così ci facciamo solo del male…-
- Se farci del male significa stare assieme… io sono pronto
– Xena si sentì perduta, non aveva più scuse,
non sapeva più che fare: tutta la sua astuzia, la sua ragione,
quando era alla presenza di Marte l‘abbandonavano; ma non voleva
cedere, non voleva soffrire… il dio le prese la mano, l’unica
cosa che ancora li divideva, e gliela baciò; Xena la ritrasse
di scatto e chiuse il pugno, quasi per non lasciar scappare quel bacio.
Raccolse tutte le forze, ripensò a tutto il male che le aveva
fatto in passato quindi sussurrò
- Non costringermi a mandarti via in altro modo… vattene. Te
lo chiedo per favore… vattene e non tornare più. E’
finita. Sono morta, fattene una ragione. -
Lo sorpassò e si incamminò a passi svelti verso la foresta.
Il sole era quasi sorto, i primi uccelli cominciavano a cantare; in
giro non c’era ancora nessuno. Camminò spedita, fino
ad arrivare ad un grosso albero. Fermatasi vi si appoggiò contro,
ansimando sommessamente, e bloccò una lacrima che stava per
scenderle in viso. Sentì il dio avvicinarsi
- Allora non sai seguire i consigli – si voltò verso
di lui – vattene! -
- Mai! – Xena lo guardò con sguardo di ghiaccio e un
lato della sua bocca si contrasse in una smorfia. Con il suo urlo
di battaglia saltò in aria fino a raggiungere un ramo dell’albero
al quale era appoggiata. Barcollò un attimo ma poi vi rimase
in equilibrio. Marte la seguì. Appena trovata la stabilità
cercò di raggiungerla; lei gli sferrò un calcio. Il
dio cadde ma riuscì ad aggrapparsi al tronco con le mani e
in breve fu nuovamente in piedi. Xena lo guardò di traverso;
con una serie di colpi lo fece indietreggiare ma Marte recuperò
la sua posizione e passò all’attacco; lei si difese bene
- Tutto qui? – gli sorrise con aria di sufficienza: la battaglia
la stava divertendo. Marte la guardò con ammirazione
- Vedo che non hai perso il tuo spirito da guerriera: bentornata –
aumentò la potenza e la frequenza dei suoi colpi non lasciandole
un attimo di respiro. Xena riuscì a difendersi per un po’
poi perse l’equilibrio e cadde; prima di raggiungere il suolo
fece una capriola e atterrò sulle mani, a pancia in giù.
Riuscì a girarsi nel momento in cui il dio le fu accanto. Con
una mossa veloce si alzò in piedi e si ritrovò tra le
sue braccia. Prima che lui riuscisse a muoversi lo aveva inchiodato
al tronco spingendolo con entrambe le mani. Lui la prese per le braccia
e capovolse la situazione: la spinse contro il tronco e la trattenne
con forza. Entrambi ansimavano. Xena sorrise
- Bella mossa ma finiamo sempre ad essere nella stessa situazione
e… a corto di argomenti – ammirò il suo volto dall’alto
al basso inarcando un sopracciglio; lui le si avvicinò
- Un ’argomento ce l’avrei…- delicatamente le sfiorò
le labbra con le sue senza che lei opponesse resistenza.
- E’ ora che tu te ne vada: hai esitato anche troppo –
disse Xena staccando le sue labbra da quelle del dio prima che il
semplice bacio si tramutasse in qualcos’altro. Marte allentò
la presa e si allontanò un poco da lei
- Ma ricordarti: non finisce qui, Xena. Te lo posso giurare. Finchè
sarò una divinità non ti lascerò in pace…
Arrivederci – le baciò una guancia e lei socchiuse gli
occhi. S’incamminò verso la foresta. Xena lo guardò
ancora per un poco morsicandosi il labbro “Lo ricorderò,
Marte,sta pur certo che lo ricorderò ”. Scosse la testa
sorridendo e si diresse verso sua madre che stava arrivando da un
altro punto della foresta “Sempre mattiniera, madre…”.
-
Terra in vista! Terra in vista! -
Olimpia, dalla sua cabina, sentì uno dei marinai che urlava.
Scese dal suo giaciglio in tutta fretta e si precipitò all’esterno
della nave. Appena fu fuori, rimase incantata a guardare il panorama
di deserto e piramidi che si stagliavano davanti a lei. L’aria
era calda e il mare calmo; corse verso la balaustra, a prua, per guardare
meglio. Il vento le scompigliava i capelli e la delicata veste che
aveva indossato per il viaggio aderiva al suo corpo rivelandone tutte
le curve. Si passò una mano davanti al viso, in modo da tirare
indietro i capelli. Ricordava molto bene quei posti: vi era già
stata, con Xena. Pensò all’amica ma non pianse: in quel
momento doveva mantenersi forte: Evi aveva bisogno di qualcuno che
la sapesse consolare… anche se non sapeva se ce l’avrebbe
fatta…Sospirò e tornò in cabina per cambiarsi.
Non mise la vecchia armatura, ne indossò un’altra, dello
stesso taglio ma di pelle marrone, più dura, puntellata da
piccole borchie: ormai era lei la guerriera, il suo abito doveva sottolinearlo.
Prese i Sais e li ripose nei calzari poi guardò il Chakram
e lo prese tra le mani, lo osservò per un po’ poi lo
incastrò nel gancio che aveva all’altezza della vita.
Quando fu fuori si rese conto che la nave era ferma al porto e una
miriade di persone salivano e scendevano indaffarate.
Scese anch’essa facendosi largo tra la gente e, quando fu a
terra, si sentì notevolmente meglio: il lieve senso di nausea
che l’aveva accompagnata durante tutto il viaggio era svanito.
Si diresse verso una locanda e chiese se c’era posto per dormire.
Alla risposta affermativa dell’oste tornò sulla nave
e portò giù la sua roba che ripose nella piccola stanza
assegnatale. In essa vi era un vecchio specchio, vi si guardò
per un attimo contemplando la nuova armatura poi i suoi occhi rimasero
increduli a guardare l’immagine che vedeva riflessa dietro di
lei
- Xena! – Si voltò sperando che ci fosse davvero e si
buttò tra le braccia dell’amica
- Sono qui per augurarti buona fortuna: non potrò farmi vedere
alla presenza di Evi… perciò… sappi che sarò
con te in ogni momento. – Olimpia le sorrise felice
- Ti ringrazio! Ho paura di non farcela: non so se sarò capace
di dirle la verità…-
- Sì che ce la farai. Ne sono sicura. – le baciò
la fronte e scomparve.
- Xena… Ti voglio bene! – disse senza sapere se l’amica
la stava ancora ascoltando quando una voce dal nulla le rispose
- Anch’io Olimpia ti voglio bene e… a proposito: bell'armatura!
– la ragazza sorrise mentre due lacrime le scivolavano dagli
occhi. Guardò nuovamente la sua immagine nello specchio e si
asciugò il viso, quindi decise di scendere per mangiare qualcosa.
Si sedette al bancone e ordinò una semplice zuppa; chiese all’oste
se sapeva qualcosa di Eve, una predicatrice d’amore. L’uomo
rimase pensieroso per un po’ poi alzò un dito prendendo
fiato
- Ho capito di chi parli: la bella brunetta dagli occhi verdi! Se
vuoi trovarla devi percorrere il corso del Nilo per un bel pezzo,
ad un certo punto bisogna svoltare a destra… – scosse
il capo – …è una strada lunga, non puoi farcela
da sola -
- Non si preoccupi: ho affrontato pericoli peggiori -
- Non parlo di pericoli: è facile perdersi, la strada è
lunga… aspetta! – velocemente si diresse verso un’altra
stanza del locale. Olimpia rimase perplessa dal suo comportamento
e sorrise mentre portava alla bocca un cucchiaio di minestra. Dopo
breve l’oste si ripresentò muovendosi goffamente
- Ho chiesto ad un giovane, è un ragazzo che mi serve da due
o tre lune… ha detto che ti accompagnerebbe volentieri: lui
deve andarci proprio domani. -
- Domani? Perfetto! Ringrazialo da parte mia. – posò
il cucchiaio nella ciotola vuota e fece per allontanarsi
- Aspetta ragazza! – Olimpia si voltò verso l’oste
che con un dito le indicava la stanza nella quale era entrato poco
prima – ha detto che vuole vederti, sai, per definire l’ora
del viaggio, il posto…-
- Dove lo posso trovare? – tagliò corto Olimpia
- Di là, nelle cucine. E’ solo perciò… lo
riconoscerai! – Olimpia gli sorrise
- Ti ringrazio – perciò si voltò ed entrò
nella stanza. Il ragazzo la sentì arrivare, stava lavando i
piatti e le pentole usate durante la serata. Non si voltò
- E così vuoi andare dalla Predicatrice? Come …- ma fu
interrotto da Olimpia
- Virgilio! Sei tu? – il ragazzo smise di lavare le stoviglie
- Olimpia?! – si asciugò le mani e le si avvicinò.
L’abbracciò e Olimpia si mise a piangere
- Cosa c’è?… Dov’è Xena? -
- E’ morta, Virgilio, è morta! -
- Cosa?! – strinse a sé ancor più il suo corpo
che continuava a piangere e le mise il mento sulla testa - Hey, vieni.
Andiamo nella tua stanza – la prese per mano e salirono al piano
di sopra dove Olimpia lo condusse alla sua camera. Si sedettero sul
giaciglio, lei continuava a piangere e Virgilio cercò di consolarla;
passato un po’ di tempo la ragazza si asciugò le ultime
lacrime
- Scusami. – Virgilio le passò una mano tra i capelli
- Non c’è niente di cui scusarsi! Vuoi parlarne un po’?
–
- No. Dovrò già farlo domani e… vorrei che tu
fossi con me -
- Devi parlarne con Evi? – Olimpia annuì poi cambiò
discorso
- Come mai sei qui?-
- Xena, prima che voi partiste, mi aveva chiesto di badare ad Evi,
mentre lei era lontana e io acconsentii, in fondo avevamo molte cose
da scusarci e io da un po’ seguivo i suoi insegnamenti…
così siamo venuti qua, in Egitto e lei ha trovato un tempio
nel quale si riunisce con i suoi seguaci. Io vado lì una volta
a settimana… sei capitata al momento giusto! -
- Strano: una serie di coincidenze… incontro te in Egitto e
stai per partire, per andare da Evi alla quale io devo parlare…-
- Hey, hey, hey... COINCIDENZE?! Dopo tutto il lavoro che ho fatto
tu… tu parli di coincidenze? – la dea dell’amore
incrociò le braccia, offesa poi cambiò espressione –
Ma quanto fa caldo qui! – schioccò un dito e comparve
una piccola vasca da bagno nella quale non tardò ad infilarsi.
I due giovani rimasero per un po’ sconcertati dalla comparsa
della dea
- Venere? Che cosa centri in tutto questo?! -
- Come cosa centro: pensavi forse che il mare fosse rimasto calmo
per tutti questi giorni da solo?! Che Virgilio non fosse partito questa
mattina, come suo solito, perché il cammello era scappato?
– Olimpia scosse la testa sospirando e voltandosi verso il ragazzo
che era ancora incantato davanti alla bellezza della dea
- Virgilio! – il ragazzo distolse a malincuore gli occhi da
quella divina visuale e cominciò a parlare quasi senza badare
alle parole che usava
- Questa mattina… il cammello non c’era… io…
io sarei dovuto partire ma non ho potuto…- Olimpia aggrottò
la fronte ancora incredula voltandosi nuovamente verso la dea.
- Ti ringrazio… c’è altro che devo sapere? -
- Non mi pare ma… se dovesse venirmi in mente qualcosa, te lo
farò sapere!… Ma come fate a sopportare queste temperature?
Io vi saluto – e la dea scomparve con vasca e fiori.
- Quella era Venere? La dea dell’amore? –
- Si, era proprio lei. E’ una vecchia amica… - Olimpia
sbadigliò e Virgilio se ne accorse
- Vuoi che ti lasci? -
- No, se puoi resta -. Rimasero in silenzio, seduti sul letto. Olimpia
gli aveva appoggiato la testa sul petto e in breve si era addormentata.
Virgilio la coricò delicatamente sul giaciglio poi, posata
una coperta accanto a lui, vi si sdraiò sopra.
Un rumore improvviso li fece sobbalzare. Olimpia afferrò i
Sai e si mise in ascolto dietro la porta: un urlo terrificante poi,
più nulla. Uscì dalla stanza e si diresse da dove lo
aveva sentito provenire. Una stanza, infondo al corridoio, era socchiusa
e ne filtrava all’esterno una debole luce. I due si avvicinarono
di soppiatto. Arrivati davanti ad essa Olimpia strinse la maniglia
con una mano. Il silenzio era totale, solo il loro leggero respiro
lo rompeva regolarmente. La porta, spinta delicatamente, cominciò
ad aprirsi cigolando. Quando si fu spalancata Olimpia rimase incredula
a guardare quello che c’era nella stanza.
-
Seconda parte -