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Il ritorno della Principessa

di Aurora

(seconda parte)

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- Prima parte -

CAPITOLO 5
Virgilio si avvicinò curioso
- Cosa c’è? – le chiese bisbigliando, ma la ragazza gli fece cenno di star zitto e di non muoversi. Con lenti passi si avvicinò alla sottile figura che stava raggomitolata sul letto. Una candela illuminava pallidamente il suo viso chino a guardare il materasso. Tutto, attorno a lei, era stato spostato e distrutto
- Chi sei? -
- Hanno la chiave! Bisogna fermarli! – la ragazza sollevò il volto e fissò con splendidi occhi verdi Olimpia che impallidì davanti alla vista di quella splendida ragazza dai lunghi capelli neri, dalla carnagione scura e dai tratti orientaleggianti che le ricordava tanto qualcuno… Il suo viso era solcato da lacrime e negli occhi aveva la paura…
- Qua…Quale chiave? Ma…tu chi sei? -
La ragazza sembrò tranquillizzarsi alla vista della poetessa e si sedette sul letto, mostrando un fisico snello e armonioso, avvolto solo da uno scialle variopinto. Aggrottò le sopracciglia e posò i suoi occhi di taglio orientale nell’oscurità, dove Virgilio attendeva invisibile al loro sguardo
- Fai venire il tuo amico più vicino…- Il ragazzo entrò nella stanza esitante e si avvicinò ad Olimpia
- Chi sei – le ripetè la poetessa
- Il mio nome è Cleopatra – disse l’egiziana scostandosi una ciocca di capelli corvini dal viso
- Cleopatra è morta! – Olimpia scosse il capo - Chi sei…- continuava ad osservare il suo viso che tanto le pareva conosciuto
- Hai ragione… mia madre è morta quando ero ancora una bambina… e io sono stata portata in Grecia, dove sono rimasta fino ad un lustro fa, quando ho fatto ritorno qui per sposarmi…- Olimpia continuava a guardare la giovane cercando di non farsi trasportare dai ricordi
- E così tu sei la figlia della grande Cleopatra – si fece seria ricordando le prime parole della ragazza - Di che chiave stavi parlando? – questa sospirò e si alzò dal letto dirigendosi verso la finestra, aperta, probabilmente, dai ladri che avevano visitato la stanza poco prima. Si affacciò, respirando la fredda aria notturna
- Quella chiave, è quella di un tempio di mia madre… sopra vi è disegnata una mappa, indica la strada per raggiungere un tesoro… - voltò lentamente il viso verso la sua interlocutrice – nessuno mi ha mai svelato di cosa sì tratti… i miei due fratelli sono morti nella sua ricerca e io… sono rimasta l’unica erede di tutto ciò, o almeno lo ero fino a pochi minuti fa – scostò nuovamente i capelli dal viso – Adesso posso sapere chi siete voi? -
- Mi chiamo Olimpia, e lui è Virgilio, siamo qui per parlare con la Predicatrice…- Cleopatra sembrò riscuotersi a quel nome e il suo comportamento, fino a quel momento calmo e maestoso, cominciò a prendere un’altra forma che più si addiceva ad una giovane donna
- Evi? Non sapevo fosse qui! -
- La conosci? -
- No. Ma molto ho sentito parlare di sua madre Xena e di O…- si fermò un attimo, confusa – Olimpia? Non puoi essere la stessa persona! -
- E invece sono proprio io… Xena era mia grande amica… sono qui per questo…-
- Tu sei veramente Olimpia? Ma… com’è possibile? – si fece cupa – Perché ERA tua amica? Cos’è successo? – Olimpia non riuscì più a parlare perché un nodo alla gola glielo impediva, gli occhi le si riempirono di lacrime
- È morta. Xena è morta – la voce di Virgilio risuonò grave nella stanza che fu avvolta dal silenzio. Cleopatra fissò il ragazzo incredula poi si mise una mano sulla fronte e chinò un poco il capo. Quando rialzò lo sguardo aveva gli occhi lucidi
- Avrei voluto conoscerla… ha fatto tanto per mia madre…- tornò verso il suo letto con passo altezzoso. Si abbassò e i capelli le scivolarono lungo il collo; prese qualcosa da sotto il letto e si sedette nuovamente sul bel materasso. Tra le mani aveva un piccolo cofanetto. Con una mano, tolse la polvere che vi si era accumulata sopra, poi girò la piccola chiave che fece scattare l’ingegno e il coperchio si aprì. Ne tirò fuori mezzo medaglione
- Vieni. Olimpia – la poetessa si avvicinò e si sedette accanto a lei. Cleopatra girò tra le mani l’oggetto poi lo porse ad Olimpia che lo prese – questa è l’altra metà del medaglione… per fortuna la tenevo nascosta… finchè quegli uomini non avranno questo, il tesoro sarà introvabile. Voglio che lo tenga tu – sorrise un po’ tristemente mentre Olimpia s'infilava il medaglione al collo. Lo contemplò, poi alzò il viso e guardò con occhi dolci la giovane che le stava accanto
- Non immagini quanto assomigli a tua madre… -
- Non sei la prima a dirmelo! – le posò una mano sulla gamba – sai, mi dispiace molto per Xena… anche se, purtroppo, posso solo immaginare quanto le volessi bene… io non ho mai amato nessuno…- abbassò il viso
- Adesso hai noi! Non ti devi più preoccupare…-
- Ti ringrazio… Mi potete aiutare per la faccenda del ciondolo? – Olimpia guardò Virgilio
- Domani dobbiamo andare ad Eve…- per un attimo abbassò lo sguardo – ma penso che poi ti potremmo aiutare…- Cleopatra sembrò esserne molto felice. Olimpia si fece cupa
- Hai visto quegli uomini? -
- No. Erano vestiti di nero, avevano il viso coperto… io… non sono riuscita a fermarli…-
- Non ti preoccupare! – poi aggiunse – te la senti a dormire sola? – la ragazza annuì – Bene, allora domani mattina veniamo a vedere come stai. Buona notte – Olimpia e Virgilio fecero per andarsene quando
- Aspetta! Olimpia! – la poetessa si girò – posso venire con voi? Domani, intendo- Olimpia guardò nuovamente Virgilio. Questa volta fu lui a rispondere
- Abbiamo un cammello in più perciò… Io penso che possa andare bene! -
- Grazie! Allora, buona notte. – i due chiusero la porta
- Vai pure a dormire, penso di riuscire a star sola…-
- Sei sicura? -
- Si. Vai. Buona notte -
- Notte -. Olimpia si diresse vero la sua stanza. Sdraiatasi sul giaciglio rimase per un po’ a pensare a Cleopatra, alla sua storia e infine si addormentò.

- Cleopatra! Sei sveglia? – Olimpia rimase un attimo nell'attesa di risposta poi bussò nuovamente, con più insistenza – È tardi! -. Passi svelti si avvicinarono dall’altra parte della stanza
- Eccomi – la porta si aprì
- Buon giorno Cleopatra. Dobbiamo sbrigarci. – la ragazza era avvolta in un semplice vestito blu e portava una bell'acconciatura che le tirava su i lunghi capelli. Uscì in tutta fretta
- Buon giorno anche a te! Scusa il ritardo… non riuscivo a legare i capelli – Olimpia scosse il capo sorridendo
- Andiamo! -. Raggiunsero Virgilio che le attendeva al piano di sotto vicino ai tre cammelli
- Buongiorno Virgilio -
- Buongiorno anche a voi! – poi si avvicinò ad Olimpia e le sussurrò – ce l’avete fatta finalmente! -
- Scusa. Si doveva acconciare i capelli – entrambi sorrisero poi Virgilio aiutò Cleopatra a salire sull’animale che sembrò un po’ contrariato a portare un peso in più rispetto a quello che già stava sopportando e indietreggiò cercando di disarcionare la povera ragazza ben poco esperta
- Ma non potevamo prendere dei semplici cavalli? – cercò di governare il cammello – odio questi animali – Olimpia e Virgilio si scambiarono un’occhiata divertita
- Il viaggio è troppo lungo: i cavalli non ce l’avrebbero fatta – il ragazzo montò a sua volta e aspettò che le altre due gli fossero dietro, poi partì.
Rimasero in silenzio per buona parte del tragitto; a parlare, ogni tanto, era solo Cleopatra e lo faceva per lamentarsi del forte vento o del povero animale che non riusciva proprio a sopportarla.
La mente di Olimpia era invasa da mille pensieri e, più si avvicinavano alla loro meta, più sentiva crescere l’angoscia e la paura per quelle parole che avrebbe dovuto dire ad Eve, per quel triste sguardo che, forse, non sarebbe riuscita a sostenere.
- Virgilio – il ragazzo rallentò il cammello e aspettò che Olimpia lo raggiungesse
- Si? -
- Ho tanta paura…-
- Vuoi che parli io con Evi?-
- No. Non sarebbe giusto: Xena mi ha affidato questo compito; spetta a me affrontare la situazione…-
- Sai Olimpia? Sei maturata molto dalla prima volta che ti ho visto… In ogni caso sappi che puoi contare su di me. -
- Ti ringrazio. – la poetessa gli sorrise mentre il ragazzo spronò l’animale e tornò in testa alla piccola comitiva. Nessuno, a parte Cleopatra, si era accorto che qualcuno li stava seguendo.

Legarono i cammelli e si diressero verso una piccola porta, seminascosta da una tenda. Olimpia respirò profondamente, portandosi una mano al petto. Sentiva che le gambe non la reggevano, ogni battito del suo cuore era una gran sofferenza. Virgilio aprì la porta e fece entrare la poetessa richiudendola, poi, alle sue spalle. Fu avvolta dalla semioscurità di quel magico luogo, il profumo dell’incenso aleggiava nell’aria. Abbassò lo sguardo: Evi e i suoi seguaci stavano seduti, a gambe incrociate e, davanti a loro, capeggiava il simbolo di Belur. La ragazza si alzò e, appena riconobbe l’amica, l’abbracciò teneramente
- Olimpia! -
- Evi… - scioltesi dall’abbraccio Evi sorrideva; prese Olimpia per mano e la trascinò tra i suoi seguaci, orgogliosa della sua nuova vita e di tutto il bene che stava facendo
- Non ho più avuto vostre notizie: come state?… dov’è mia madre? - lo sguardo innocente e colmo di felicità di Evi divenne insostenibile per Olimpia che abbassò gli occhi; nel farlo, una lacrima cristallina le scivolò per le rosee gote. Rialzò il viso, rigato di lacrime
- Olimpia cosa… - Eve scuoteva la testa cercando di scacciare il terribile presentimento che le era affiorato alla mente – Dì qualcosa! Dov’è mia madre! – il suo sguardo, ora, era smarrito, gli occhi le si riempirono di lacrime – Non può essere… - Olimpia la guardava tristemente, incapace di parlare. Evi si appoggiò a lei, piangendo. La poetessa l’abbracciò e non riuscì a trattenere le lacrime
- Mi dispiace, Evi, mi dispiace! - riuscì a dire tra i singhiozzi. Rimasero così, cinte in quell’abbraccio, partecipi dello stesso dolore. Nessuna delle due osava scioglierlo per paura dello sguardo dell’altra. I seguaci erano tutti in piedi e guardavano con sgomento quella scena, talvolta bisbigliando qualche parola.
La porta del tempio si aprì e un fascio di luce avvolse le due donne. Virgilio entrò e s’unì a quell’abbraccio, sussurrando loro parole d’incoraggiamento.
Sulla soglia, intanto, la giovane Cleopatra stava osservando la scena con occhi inespressivi. Un uomo la cinse da dietro e lei sorrise mentre nel suo sguardo comparve un lampo di cattiveria. Appoggiò la testa contro il torace del guerriero che, intanto, le baciava il collo.
- Vattene, non è il momento!- gli sussurrò la ragazza guardandolo sensualmente e lui si allontanò un poco
- Ma ricordati il nostro patto: cerca di non farti addolcire il cuore da quella scena. Non ne vale la pena… - la baciò e scomparve dietro al tempio.
Olimpia ed Evi si guardavano tristemente, incapaci di parlare. Cleopatra, in quel momento, entrò sbattendo la porta, noncurante del silenzio. Tutti gli sguardi presenti si proiettarono su di lei
- Ops! Scusate! - Olimpia si fece forza, prese fiato
- Evi: questa è Cleopatra. -
- Ma Cleopatra è…-
- È la figlia della Grande Cleopatra - Virgilio s'intromise nel discorso. Evi le sorrise tristemente
- Se vieni in pace: sei la benvenuta – la giovane egiziana s'inchinò con sottomissione
- Evi… sono qui per… Mi dispiace! - Evi cercò di sorriderle
- Ti ringrazio - poi, si rivolse ad Olimpia – Posso sapere come… - non riuscì a terminare la frase perché un nodo le ostruì la gola
- Tua madre ha sempre pensato prima agli altri e poi a se stessa… Ha deciso di farlo anche in Giappone, a Higuchi… ma questa volta ha sacrificato la sua stessa vita- sorrise maternamente ad Eve mentre sentiva le lacrime salirle agli occhi. Cleopatra, intanto, stava tranquillamente girando per la stanza e osservava ogni cosa con interesse.
Evi si ricordò che i suoi fedeli erano ancora lì, ad aspettare. Si rivolse a loro
- Scusate… potete andare. Che la pace sia con voi – fece un breve inchino che fu copiato dagli altri. Uno ad uno, i discepoli uscirono bisbigliando qualche incomprensibile parola davanti al simbolo di Belur. Il silenzio piombò nella piccola grotta; Cleopatra scorse una tenda e si avvicinò silenziosa. Scostatala, le apparve una lunga galleria, si diede una fugace occhiata alle spalle: nessuno la stava guardando; fece qualche passo e fu avvolta dall’oscurità. La tenda, con un tonfo sordo, ricadde sull’entrata della galleria.
Le due donne si erano sedute; Evi, ancora scossa per la notizia, teneva la testa appoggiata alla parete, gli occhi semichiusi e le braccia conserte. Olimpia la stava guardando preoccupata. D’un tratto Virgilio appoggiò le mani sulle ginocchia di Olimpia che si riscosse
- Hai visto Cleopatra? - le bisbigliò. Olimpia si alzò in piedi passandosi una mano sulle cosce sporche di terra
- Non mi sono mai fidata a fondo di quella ragazza… Ho paura che ci stia nascondendo qualcosa – Virgilio assentì
- Si, forse hai ragione… - Evi aveva riaperto gli occhi verdi che scintillavano lucidi nella semioscurità
- Si è diretta al castello del faraone – lentamente si alzò in piedi mentre Olimpia la guardava stupita
- Come fai a saperlo?-
- Ha scostato quella tenda, la galleria che vi è dietro conduce a palazzo… - con passi maestosi si diresse verso quel pesante feltro e lo scostò mostrando agli altri due la nera galleria – Non fidatevi di lei: penso sia una spia – Olimpia capiva sempre meno e rimase a fissare le tenebre di quel luogo. Eve lasciò la tenda e si diresse verso di lei
- Il Faraone è considerato un dio… io predico la pace parlando di Belur e molti egiziani si stanno unendo a me: il Faraone ha paura, paura di veder svanire il suo potere, la sua grandezza… -
- Dobbiamo fermarli o ti uccideranno -
- No Olimpia, tu non puoi fare niente. Lo dicevo a mia madre, adesso lo dico a te: non potrai proteggermi per tutta la vita; ormai sono adulta e vorrei che tu rispettassi le mie scelte. Se morirò, sarà per una giusta causa; il mio compito sulla terra l’ho svolto, adesso quello che dovrà accadere, accadrà. -
- Ma…- Evi la guardò e Olimpia tacque abbassando il capo.
Per un po’ rimasero in silenzio a girare per la piccola stanza. Evi aveva lo sguardo fisso a terra e l’aria assente; Virgilio le si avvicinò
- Tutto bene? – la ragazza alzò lo sguardo da terra fissandolo piena di gratitudine
- Si, penso di star bene… Non immagini quanto mi dispiaccia per… -
- Ho capito, ormai è acqua passata, ti ho già perdonata da tempo - la sua voce era dolce ma in essa comparve una scheggia di rancore, la ferita non si era ancora rimarginata: Virgilio aveva perdonato Eve, non Livia. Circondò con un braccio la vita della ragazza e l’attrasse a sé. Questa si appoggiò, lo sguardo fisso a terra. Si sentì protetta tra le forti braccia di quel ragazzo che aveva sofferto come lei, per causa sua; fu assalita dal rimorso, dalla paura per quello che stava per succedere, si coprì il viso con le mani e pianse. Virgilio la strinse a sé ancor più forte sotto lo sguardo di Olimpia che sembrava pensierosa. Nuovamente quel tonfo. Cleopatra uscì dalla galleria correndo. Quando fu dinnanzi ad Olimpia cadde in ginocchio ansimando.
Ripresasi, disse sottovoce
- Muovetevi! Scappate! Vi stanno cercando… Andatevene da qui, subito! -
- Perché dovremmo fidarci delle tue parole? – Cleopatra capì che era stata scoperta
- Hai ragione: come potresti! Ero incaricata d'uccidere… -
- Questo lo sappiamo -
- Ma non posso: mia madre è morta quand’ero piccola, ho sofferto molto e, adesso, a vedere Evi, ho ricordato il dolore provato…- scosse il capo – Andatevene! Per favore! Resterò io qui, dirò che siete scappati prima del mio ritorno… non prendete i cammelli, fateli scappare così seminerete false tracce. Prendete la strada del Nilo, c’è una barca che v'attende… - ansimò guardando Olimpia disperata
- Ok. Andiamocene; ma tu verrai con noi – prese la giovane egiziana per un braccio rialzandola bruscamente
- Ma…-
- Niente “ma”. Muoviti! – aprì la porta e uscì all’aperto. Il sole stava tramontando dietro le imponenti piramidi. Il ricordo di Xena l’invase ma cercò di scacciare quelle insistenti lacrime che non perdevano occasione di oscurarle il viso. Si diresse verso il corso del Nilo tenendo Cleopatra per un braccio; dietro di lei, Virgilio ed Eve camminavano in silenzio. Dall’altra parte, i cammelli, stavano correndo liberi, lasciando tracce ben visibili.
La barca li stava aspettando sulla riva; un giovane egiziano, dai bei lineamenti, li fece salire imprimendo sul viso un cordiale sorriso che fu ricambiato da Olimpia
- Ti ringrazio – l’amazzone fece salire Cleopatra poi, salì anch’essa. Quando tutti e quattro furono sulla piccola imbarcazione questa vacillò un poco e Olimpia si tenne saldamente al bordo.
Il viaggio continuava, ma ai quattro silenziosi passeggeri sembrava di essere sempre nello stesso punto. Il medaglione sbattè sul petto di Olimpia che lo prese tra le mani
- Allora anche quella del medaglione era solo una farsa…-
- No! Quella è la verità… non sarebbe dovuta accadere una cosa simile… quegli uomini… mi hanno assalita… - Olimpia sembrava non stesse neanche ascoltando la discolpa di Cleopatra, era, infatti, attratta da un’incisione che si trovava sul retro del medaglione. Lo girava tra le mani cercando di dare un valore a quei geroglifici sconosciuti. Qualcosa le disse di non far parola davanti all’egiziana di quei segni e rimase zitta a contemplarli. Lasciò scivolare il medaglione sui seni e fu scossa da un brivido: al contatto con la pelle, quell’oggetto, sembrava essere più freddo di prima; lo strinse invano nella mano per riscaldarlo allora si voltò verso Eve
- Eve: devo chiederti una cosa – la ragazza le fece cenno di parlare ma Olimpia aggiunse – Vieni qui – Eve si spostò accanto all’amazzone coprendo la visuale agli altri due
- Conosci questi segni?- Olimpia sussurrò mentre porse il medaglione alla ragazza. Eve sembrò stupita, lo rigirò tra le dita affusolate poi, si fermò
- Sembra una formula, una maledizione – sussurrò – Ma non è completa…dice:”-zerà il desiderio”…- guardò Olimpia mentre lasciava che l’oggetto le scivolasse di mano; questo rimbalzò sulla pelle dell’amazzone per poi fermarvisi
- Dannazione! Manca l’altro pezzo! L’hanno rubato a Cleopatra la sera stessa che Virgilio ed io l’abbiamo incontrata ma… non mi fiderei di ciò che dice. – Rimase un attimo pensierosa – Secondo te perché non mi ha parlato di quest'iscrizione? -
- Probabilmente non sa leggerla: questo non è egiziano, è una lingua più antica, somigliante… mi è capitato di entrare in possesso di un breve testo con entrambe le lingue e ho scoperto buona parte dei significati di questi strani segni. -
- Sai se qualcun altro è in grado di tradurli? -
- Un gruppo di monaci… si riuniscono segretamente, sono una piccola setta che è contro il culto del sovrano… ma non amano parlare con la gente e tanto meno tradurrebbero ad un egiziano di corte un testo scritto nella loro lingua…-
- Perciò tu sei l’unica a conoscerla, a parte loro -
- Questo non te lo so dire; di sicuro lo sa fare poca gente…-
- Cleopatra sta mentendo: la sua idea è di usarti per tradurre l’iscrizione, poi…-
- Potrà uccidermi -

CAPITOLO 6
L’aria le scompigliava i capelli, la veste fluiva seguendo il corso del vento; il suo cuore era libero da qualsiasi preoccupazione. Camminava tranquilla per il Paradiso osservando il magnifico paesaggio nella semioscurità serale. Calpestava l’umida erba a piedi nudi e questa si piegava dolcemente al suo passaggio. Fu attirata da voci sommesse, girò il capo, e scorse un falò che sfavillava sfrigolando. Le due figure che vi erano dietro erano stravolte dalle fiamme ma Xena riconobbe ugualmente Seleuco ed Aristarco; non aveva più parlato con Aristarco dalla sera del perdono; s’incamminò verso di loro e Seleuco, vedendola, le corse incontro
- Madre! Vieni – le prese la mano conducendola accanto al fuoco. Aristarco alzò il viso fissando la donna negli occhi
- Siedi con noi, stavo parlando a nostro figlio delle battaglie contro i centauri…- Xena sorrise nel sentire Aristarco dire “nostro figlio”, si sedette accanto a Seleuco che sembrava molto interessato da quella storia
- Ricordo molto bene quelle inutili lotte… tuo padre più volte aveva cercato di fermarmi ma la mia sete di vendetta era inesauribile, vivevo per la guerra e amavo le stragi – cercò di scacciare quel pensiero dalla mente
- Ma adesso sei cambiata. Dovresti essere felice del mutamento che è avvenuto in te – Xena sorrise maternamente a suo figlio
- E lo sono. Ma il ricordo delle terribili azioni antecedenti mi ha sempre impedito d'essere felice…-
- Sai Xena? – Aristarco la interruppe – Sei talmente cambiata. È difficile per me identificarti nella Xena che conoscevo…- lo sguardo di lei era pieno di gratitudine. Seleuco parlò per interrompere il silenzio creatosi
- Mi stavi parlando dell’ultima lotta contro i centauri…-
- Ah, si. Io avevo stretto un’alleanza con i centauri proprio quando tua madre stava per darti alla luce…-
- Ma io volli ugualmente condurre la guerra contro di loro…-
La fiamma continuò imperterrita a sfrigolare, partecipe di quei tristi ricordi di una vita passata tra la guerra e la violenza. Quando anche l’ultimo bagliore del sole fu oscurato dai monti il discorso era finito. Seleuco si passò una mano sullo stanco viso
- Andiamo a dormire. – si alzarono tutti e tre ma Seleuco li fermò
- No. Voi rimanete, avrete molto da dirvi… vado da solo. – li salutò e si diresse stancamente verso la foresta. Xena ed Aristarco si sedettero e rimasero per un po’ a fissare la tenue fiamma
- Come stai? – la domanda di Aristarco suonava banale ma la risposta non lo era affatto
- Non lo so. Mi sento meglio di quando sono arrivata ma… non riesco ad appartenere a questo luogo, troppa felicità, troppa tranquillità -
- In questo non sei cambiata: anche se stavi combattendo per un’altra causa non hai mai potuto vivere senza la battaglia…-
- Già, hai ragione -
- Ti ho pensato spesso, sai? Ti ho amata… i tuoi torti mi facevano male. – Xena, nel sentire quelle parole, cercò tristemente il suo sguardo
- Non conoscevo l’amore. Vivevo esclusivamente per me stessa e gli altri non contavano; è stata la nascita di nostro figlio ad addolcirmi: cominciai a capire di aver bisogno di te proprio quando non c’eri più... Ho imparato a tirare avanti ugualmente; le persone che avevo più care al mondo mi hanno fatta rinascere, hanno svelato una parte di me che credevo non esistesse - scacciò velocemente il ricordo di Olimpia che molto spesso riaffiorava tra i suoi pensieri. Aristarco le prese la mano, accarezzandogliela dolcemente, ma in quel momento una donna, li raggiunse urlando
- La mia bambina! Xena! La mia bambina è scomparsa. Ti prego, aiutami! – la guerriera si alzò di scatto guardando la donna che adesso le aveva preso il bordo della veste e continuava a tirare piangendo e urlando
- Calmati! Dimmi cos’è successo – la donna respirava a fatica, cercò di parlare tra i singhiozzi
- La mia bambina! Mi è stata portata via! -
- Chi! Chi ha portato via la tua bambina? -
- Si…si è aperta una voragine… ne è uscita una fiamma blu… ha portato via mia figlia! Ti prego aiutami! – Xena guardò Aristarco
- Lucifero! -
- Chi?! -
- Lucifero… È una lunga storia: adesso è il re degl’Inferi – guardò la donna che era seduta a terra con lo sguardo fisso nel vuoto – Conducimi dove è accaduto – questa si alzò tremante e prese a camminare spedita verso l’altro lato della collina. Un forte odore di bruciato li avvolse quando arrivarono nei pressi dell’immensa voragine. Molte anime erano immobili, spaventate da quella visione che aveva turbato l’immutata pace del luogo. Un denso fumo nero usciva a fiotti dalla spaccatura che si stava pian piano richiudendo. Xena si fermò a qualche passo. In quel momento una nuvola azzurrina si formò davanti ai suoi occhi e, in breve, Xena riconobbe i lineamenti di Lucifero
- Cosa vuoi ancora – la sua voce era sprezzante
- Salve Xena, anch’io sono contento di rivederti – la donna inarcò un sopracciglio, fulminandolo con lo sguardo
- Che fine ha fatto quella bambina? -
- A chi ti riferisci? Ah, quel grazioso esserino biondo? No, non ti preoccupare, lei sta bene… per ora – Xena gli si avvicinò ancora, lo afferrò per la nera veste ma si scottò. Indietreggiò terrificata suscitando la fragorosa risata del demonio
- Illusa! Pensavi di poterti avvicinare a me? – Xena si guardò la mano, preoccupata, ma ritrovò in breve la sua sicurezza
- Cosa le hai fatto? -
- Per adesso non le ho toccato nemmeno un capello. Sta a te decidere quale dovrà essere la sua sorte – Lucifero si osservò le dita che terminavano con lunghe ed affilate unghie nere. Guarda cosa mi hai fatto diventare, Xena. Pretendi che io me ne resti negl’Inferi buono, buono dopo tutto ciò? – con l’esterno della mano le accarezzò il viso, ma lei indietreggiò, stando ben attenta a non toccare il suo corpo
- Se devo essere sincera era proprio quello che speravo. –
- Va bene. Io torno nel mio regno e tu puoi dire addio alla bambina – schioccò le dita e la nuvola lo avvolse. La madre della piccola urlò disperata, buttandosi a terra e le anime strinsero ancor più il cerchio intorno a Xena
- Lucifero! Aspetta – la nuvola si diradò e il diavolo ricomparve con impressa sul viso un’aria di falsa sorpresa
- Xena, sei pateticamente prevedibile! -
- Ne sei proprio sicuro? – scosse la testa cercando di trattenere gl’insulti – Allora: qual è la condizione? -
- Tu diventi la mia regina e io lascio andare la piccola. Ti lascio tempo fino all’alba per decidere. A presto – scomparve nel fumo e, insieme a lui, la voragine. Aristarco si fece varco tra la folla e raggiunse Xena che aveva lo sguardo perso nel vuoto. Le mise una mano sulla spalla e questa voltò di scatto il viso verso di lui
- È l’unica soluzione. Devo scendere con lui negl’Inferi – la folla che si era formata attorno a loro li guardava con interesse. Aristarco le prese una mano e la condusse in un posto più tranquillo. Quando ebbero raggiunto una delle molte caverne Xena si fermò. Aveva la preoccupazione sul viso
- Non puoi concederti al Maligno! -
- Non c’è nient’altro da fare. Lo asseconderò fino a che non restituisce la bambina, poi troverò una soluzione… -
- È troppo pericoloso! Non stiamo parlando di un nemico qualsiasi: è il Male, Xena, il Male in persona! -
- Ho sconfitto gli dèi dell’Olimpo, sconfiggerò anche questo – Aristarco la prese per i fianchi guardandola negli occhi
- Posso aiutarti in qualche modo? -
- No. È una faccenda che riguarda me e me soltanto; ti prego di non intervenire… nostro figlio ha bisogno di te -
- Ma ha bisogno anche di te! -
- Sai bene che non posso fare diversamente – girò lo sguardo verso le montagne: s’intravedeva il debole bagliore dell’alba – È ora che vada – gli sorrise allontanandosi
- Aspetta – Xena si volse ma non fece in tempo a capire cosa stesse accadendo che Aristarco la baciò. Lei stette a quel bacio d’addio, il bacio che mai avevano potuto darsi durante la loro vita terrena, e solo la luce del sole, ormai nitida, le ricordò la sua missione – Buona fortuna -
- Grazie: ne ho bisogno. Ci rivedremo… saluta Seleuco e digli che tornerò – si allontanò spedita; convinta che la sua fosse la soluzione migliore.
La radura pullulava ancora di anime che aspettavano con ansia l’arrivo della donna. Quando Xena si presentò, Lucifero era già li ad aspettarla
- Vedo che te la sei presa comoda -
- Non sai che a noi donne piace farci attendere?-
- Andiamo: non c’è tempo da perdere –
- E chi mi garantisce che la bambina tornerà qui sana e salva? – Lucifero indicò un punto della terra con la mano
- Eccoti la tua amata bambina. Adesso dobbiamo andare – questa comparve sull’erba, addormentata. La madre le si avvicinò piangendo di gioia e, mentre l’abbracciava, questa si risvegliò. Fu l’ultima scena che Xena vide del Paradiso prima di essere avvolta dalla densa nube del Maligno.

Si trovò in una stanza buia e maleodorante ”Ma guarda un po’ che accoglienza” si alzò da terra constatando la limitatezza dell’abito che l’avvolgeva. Cercò invano di allungare la gonna che la copriva a malapena e, spostando, poi, il suo sguardo un po’ più in alto, sgranò gli occhi davanti alla scollatura mozzafiato che lasciava ben poco all’immaginazione. Notò, poi, l’altezza degli stivali; fece qualche passo, cercando di rimanere l’equilibrio.
- Ma che bel vestitino! – il demonio si materializzò alle sue spalle soddisfatto. Xena rispose con un sorrisetto arrogante – Ovviamente non si tratta del vestito che indosserai durante il nostro matrimonio…-
- Ma quanto mi dispiace! -
- Vieni, ti faccio vedere la tua stanza – prese Xena per mano tirandola lungo un breve corridoio; raggiunta una porta d’acciaio, Lucifero ne aprì il catenaccio e scostò l’uscio; invitò la donna ad entrare ma Xena non si mosse
- Prima tu – il Maligno oltrepassò la soglia e la stanza, fin a quel momento rimasta nell’ombra, venne illuminata da fiaccole che percorrevano tutta la parete: la bellezza di quel posto non ispirò a Xena nessuna sensazione; vi entrò facendo attenzione a qualsiasi spostamento; Lucifero se ne accorse
- Non essere così diffidente, Xena! Cosa ne pensi della tua dimora? -
- Per essere il re degl’Inferi, pensavo che avresti potuto fare di meglio – camminando adagio raggiunse il centro del salone: si trattava di un’immensa stanza circolare; un grande letto a baldacchino, confinava con una cassettiera ornata e intarsiata; su di essa si ergeva uno specchio e, dalla parte opposta della sala, vi era una comoda poltrona.
- Adesso devo andare: due ancelle ti porteranno l’abito nuziale e ti aiuteranno a provarlo. Ci vediamo domani per le nozze – scomparve nella sua solita nube azzurra
- Non vedo l’ora… - raggiunse il letto e vi si sedette sprofondando nel morbido materasso. Slacciò la fibbia degli stivali, li tolse gettandoli a terra, e si sdraiò; sul suo viso s’impresse un’aria di disappunto: il letto era troppo morbido. Si rialzò e tirò via la coperta adagiandola a terra. Vi si accomodò sopra incrociando le braccia dietro la nuca e rimase pensierosa a fissare il soffitto. Brevi ma possenti tonfi la fecero rinvenire: qualcuno stava bussando alla porta
- Avanti! – si alzò cercando di coprirsi con il quasi inesistente abito nero. Due piccole figure entrarono portando un lungo vestito rosso; camminavano zoppicando, impacciate dal loro carico. Quando le furono vicine, Xena cercò di dare un senso a quegli strani esseri così delicati e meravigliosi. Due ninfe dai lineamenti quasi umani, con occhi di un blu intenso, molto espressivi, avvolte in veli color fiamma, le stavano dinnanzi estasiate. A fatica raggiunsero il letto e vi posarono l’abito. Compiuta questa enorme fatica si voltarono verso Xena che ancora le guardava stupita e si esibirono in un profondo inchino
- Noi siamo le tue serve, Signora – ci fu un attimo di silenzio e una delle due diede un colpetto all’altra
- Ah, si: il mio nome è Liù e lei è Alìa, al suo servizio. Il Signore ci ha ordinato di portarle l’abito e di farglielo indossare – Xena era ancora sorpresa dalla comparsa delle piccole figure e le squadrava con ammirazione
- Il mio nome è Xena – Liù sgranò i grandi occhi a sentire quel nome; le si avvicinò con passi piccoli e veloci fino a raggiungerle la gamba; gliela cinse
- Xena! La grande Principessa Gu…-
- Liù!? Smettila! Hai dimenticato perché sei qui?-
- No Alìa, non l'ho dimenticato… È che… -
- Basta! Non voglio più sentire una parola! Chiedi immediatamente scusa alla Signora! – poi, rivolta a Xena – Scusala mia Signora, non riesce a mantenere le buone maniere per più di qualche minuto… - Liù abbassò il piccolo capo che venne avvolto dai lunghi capelli rossi, e fece qualche passo indietro
- Mi scusi – Xena sorrise dolcemente
- Ma chi… che cosa siete? – la guerriera si sedette a terra per poterle guardare negli occhi; Alìa le si avvicinò cauta
- Con suo permesso, signora. Noi siamo le ninfe degl’Inferi: nasciamo dalle fiamme. Eravamo libere prima che il Maligno venisse ucciso e il nuovo Signore arrivasse… adesso lo serviamo devotamente… - Liù si fece nuovamente avanti
- Ma vorremmo tornare ad essere libere! -
- Liù! – Alìa la rimproverò poi, prese una manica del vestito adagiato sul letto, e cominciò a tirarla in modo da portarlo a terra
- Abbiamo perso anche troppo tempo: Liù! Vieni a darmi una mano – la ninfetta accorse e prese l’abito per il bordo. Tirarono tanto da farlo cadere e ne rimasero intrappolate sotto. Xena si mise a ridere, alzò il lungo velo, e liberò le sue serve che si dimenavano atterrite. Alìa, svincolata dall’opprimente stoffa, non perse tempo e si scusò con una serie di inchini. Xena porse la mano a Liù, che ancora era seduta a terra; questa le afferrò due dita e si tirò in piedi sistemandosi la veste. La guerriera alzò l’abito e lo contemplò in tutta la sua bellezza: dalle maniche trasparenti partiva una scollatura triangolare; terminato un busto modellato, cominciava una lunga gonna tubolare, con un solo spacco laterale che arrivava fino a metà coscia
- Allora Xena, che ne pensi?- Lucifero era inaspettatamente ricomparso e la guardava, ora, con aria interrogativa. Alìa e Liù erano inchinate a testa bassa e non si muovevano
- Carino – Lucifero le sorrise spazientito e Xena lo imitò – Lo sposo non deve vedere la sposa prima del matrimonio -
- Mi stai scacciando? -
- Esatto -
- Allora…a domani mia futura sposa -
- Non vedo l’ora… - scomparso il Demonio, Liù trotterellò accanto a Xena
- Mia signora ma come… non hai paura che il Signore ti faccia del male, se gli rispondi? -
- Non mi farà niente: ha bisogno di me… -

CAPITOLO 7
- Non sarebbe meglio lasciarla libera e seguirla? Potrebbe portarci dagli altri…-
- Non penso sia così ingenua, è probabile che per ora si terrà lontana dal suo piano – Virgilio aprì la vecchia porta della camera di Olimpia e la invitò ad entrare
- Grazie Virgilio, penso che andrò subito a dormire: la giornata di oggi è stata molto faticosa – tentò di contrarre il viso in un sorriso, ma non fu sicura della riuscita di quel gesto
- Buona notte Olimpia. Sono nella stanza a fianco, per qualsiasi cosa -
- Ti ringrazio. Buona notte – Virgilio richiuse l’uscio e si diresse verso la sua camera. Davanti vi era Eve; il suo sguardo era perso nel vuoto, due lacrime le avevano solcato le guance. Le si avvicinò, asciugandole le guance e questa si riscosse
- Che cosa ho fatto…Quanto durerà questo dolore? – scoppiò in lacrime stringendo le sue braccia intorno al corpo di Virgilio che le baciò delicatamente i capelli accarezzandole il viso. D’un tratto, Eve lo allontanò da sé posando i suoi occhi su quelli di lui. Tutto il dolore, la pena che questi esprimevano, costrinsero il ragazzo a distogliere lo sguardo; non riusciva ancora a perdonarla, anche se i suoi sentimenti erano molto cambiati.
Olimpia, chiuse la porta, vi si era appoggiata contro ed era rimasta così, ad ascoltare i discorsi dei due ragazzi. Sentì che le forze l’abbandonavano; si lasciò scivolare a terra mentre il dolore proruppe come un’esplosione nel suo corpo. Strinse la mano su ciò che le stava sfiorando le dita: era l’abito che Xena soleva indossare sotto l’armatura. Vi immerse il viso e l’odore della guerriera la riportò indietro, alle sere in cui si sdraiava accanto a lei, in cui si sentiva protetta tra le sue braccia, quando scherzavano davanti all’immenso cielo stellato cercando di dare una forma ad ogni costellazione… mai pensava che tutto questo sarebbe potuto finire, non si era neanche posta il problema: Xena era li con lei, la sua amica le era sempre accanto… mai avrebbe potuto pensare ad una vita senza colei che la faceva vivere… senza neanche accorgersene scoppiò in un pianto disperato che quasi la fece soffocare; strinse a sé quell’indumento mentre sentì il vuoto sotto di lei, il nero che la circondava. Non vedeva più la luce delle stelle, né sentiva più il calore del corpo dell’amica che la riscaldava, non sentiva più il dolce tocco delle sue mani che le accarezzavano il viso né il calmo tono della sua voce che la rassicurava… continuò a piangere, in silenzio, senza più lacrime…
Eve si accasciò sul giaciglio, ormai incapace di qualsiasi reazione: aveva perso tutto poco dopo averlo ritrovato. A cosa serviva l’amore se questo era il risultato? A cosa predicare la pace se i buoni erano sempre quelli che ci rimettevano? D’un tratto l’ira s’impadronì di lei; si mise a sedere e strinse istericamente la coperta che le copriva le gambe. Fece forza e questa si strappò; con i due lembi ancora tra le mani cominciò a prendere a pugni il materasso. Scattò in piedi e raggiunse la porta della stanza. L’aprì violentemente e uscì dall’albergo senza riuscire a controllare le sue azioni. Camminò spedita finchè non raggiunse la sommità di una collina. Qui si fermò; cadde in ginocchio e poi a terra; debolmente strinse l’erba umida di rugiada e la strappò.
Una folgorante luce alle sue spalle
- Oh, Eve! Eve, Eve, Eve… ma cosa ti sta succedendo? Hai perso il cammino? Ho sentito i tuoi pensieri, finalmente la tua mente si è aperta: a che serve essere buoni se questo significa soffrire? A che serve fare del bene se quello con cui ricambiano è sempre il male? Guarda: hai conosciuto tua madre, ma ti è stata portata via, se avessi usato la forza adesso sarebbe ancora qui con te… L’amore indebolisce l’animo, distoglie dal giusto cammino…- Eve alzò il viso verso di lui, aveva il male negli occhi; in un attimo fu in piedi e scappò via correndo.
Il sudore le bagnava il viso e si mischiava alle lacrime, correva, sentiva che quel corpo non le apparteneva più, non sentiva la stanchezza né il dolore. Inciampò, volando a terra e così rimase, incapace di reagire, ansimando; si trovava davanti all’entrata del tempio di Marte. Debolmente si alzò e ne raggiunse l’entrata, tenendosi saldamente al legno marcio della porta. All’interno tutto era stato distrutto dai seguaci di Belur più violenti, sembrava che non ci fosse più niente d’intatto, ma Eve sapeva decisamente come muoversi: raggiunse una cassa di legno, con le dita fece forza sul coperchio chiuso finchè questo, imbevuto d’acqua, non si ruppe. Vi infilò una mano all’interno e ne estrasse una spada; la lama brillò per un attimo, incontrando la luce della luna che penetrava da una fessura nel muro. Volteggiò l’arma nella mano e rimase rapita dal suo fascino. Davanti all’uscita si era materializzato Marte: la stava guardando. Eve non se n’era accorta, rimaneva estasiata a fissare la spada
- La tentazione è forte, è un calore che ti sale fino al cuore, la sicurezza della forza, il fascino del male e del potere… - Eve si riscosse, ma non incontrò gli occhi del dio, posò lo sguardo altrove
- Vattene! – Marte la guardò stupito
- Sbaglio o questo è il mio tempio? Non mi puoi scacciare…-
- Hai ragione…- infilò la spada nel fodero e uscì all’aria aperta. Si fermò poco distante, guardandosi intorno spaesata: davanti a lei si estendeva una folta foresta, possibile che avesse percorso tutta quella strada senza rendersene conto? Dov’era?
- Si, Evi, hai davvero percorso tutta questa strada…sei molto veloce. È difficile che tu riesca a trovare la via per tornare alla taverna, sono ore di cammino -
- Non voglio tornarci – cominciò a camminare verso il piccolo sentiero battuto tra gli alberi.

- Olimpia! – Virgilio, non ottenendo risposta, spalancò la porta della stanza e trovò la guerriera accasciata a terra, in un angolo – Olimpia! – le si avvicinò, abbracciandola. A fatica aprì gli occhi e sussurrò qualcosa d’insensato. Il ragazzo la guardò in viso: era pallida, i suoi occhi erano rossi e stanchi. La sollevò, portandola a letto e lì la distese delicatamente – Riposati, io vado da Evi… - Olimpia annuì prima di cadere addormentata. Virgilio richiuse la porta “devo solo riuscire a trovarla…”. Si avvicinò alla stanza accanto quindi tese l’orecchio per percepire i possibili rumori
- Cleopatra sei sveglia? – la voce della ragazza rispose seccata dall’altra parte della porta
- E come potrei dormire in queste condizioni? – Virgilio fece scattare il lucchetto e aprì la porta entrando
- Ti lamenti pure? Avrei già potuto ucciderti -
- Allora fallo, non sopporto di stare in questa stanza, meglio la morte -
- E risolvere così tutti i tuoi problemi? -
- E i tuoi? -
- Eviè scomparsa. Non è in camera sua né l’ ho trovata nei dintorni. Olimpia sembra sotto l’effetto di un forte sonnifero… Devo pensare che tu centri in tutto questo? -
- Chiusa in una stanza? Come potrei? -
- Non lo so, magari eri d’accordo con qualcuno… - Cleopatra scosse la testa – Se ti dovesse venire in mente qualcosa ti consiglio di riferirmela. Adesso vado a cercare Evi -
- Ciao ciao – Virgilio chiuse nuovamente porta e lucchetto e scese al piano inferiore, dove stava ad attenderlo un cavallo sellato.
Corse per pianure e colli, attraverso foreste e prati per tutta la giornata, ma non trovò Eve. Era quasi sera, stava ormai tornando alla taverna, quando vide in lontananza, in un ruscello, una figura femminile distesa sulla superficie. Saltò giù dal cavallo ormai stremato e, correndo, raggiunse il corpo: era Evi! Dopo un primo attimo di smarrimento si tuffò avvolgendola con un braccio, ma non fece in tempo a riaggrapparsi alla riva che vennero avvolti da un mulinello e trascinati verso una cascata. Presero sempre più velocità, Virgilio cercò invano un appiglio, ormai si sentiva perduto e allo stesso tempo sollevato perché sarebbe stata la fine delle sue sofferenza; ormai prossimi al precipizio riuscì ad appendersi ad una radice, il corpo di Evi venne trascinato oltre, ma lui la trattenne per la vita. Con fatica risalì l’argine trascinando il corpo della ragazza fino a raggiungere una zona pianeggiante. Si accasciò a terra, ma si rialzò senza indugio per constatare lo stato di Evi: era viva anche se piena di graffi e svenuta. Accostò le labbra a quelle di lei cercando di farla respirare; tentò più volte, finchè riprese i sensi. Aprì gli occhi e Virgilio rimase esterrefatto vedendo la sua espressione: la stessa di Olimpia. L’abbracciò mettendola a sedere: non aveva forza e si accasciò tra le sue braccia
- Evi… - ma lei non lo poteva più sentirlo perché si era addormentata. La guardò e notò la spada – Ma cosa… - la estrasse dal fodero e notò lo stemma – Marte…- Si riscosse sentendo la voce di un pescatore
- Pesce! Pesce a basso prezzo! – puntò gli occhi sul suo carretto e notò il cavallo: non sembrava stanco. Lasciata Evi distesa a terra corse verso il pover’ uomo; gli bloccò la strada, costringendolo a fermarsi di colpo – Per tutti gli dei! Giovane, hai già intenzione di farti ammazzare? Mi hai fatto prendere uno spavento…-
- Mi scusi, ma ho un grave problema: una mia amica sta male, è finita nel fiume e stava per annegare. Ha bisogno di cure, volevo chiederle se può darci un passaggio al villaggio – il vecchio lo guardò con due piccoli occhi cerulei infossati nelle guance paffute con espressione assai sdegnata
- Lo vedi quanto poco pesce ho pescato oggi? Mi spieghi come posso vivere se non ho nulla da vendere? -
- La posso pagare, ma..cosa centra tutto ciò con il favore che le ho chiesto? -
- La tua amica: è lei che ha fatto scappare tutti i pesci! L’ ho vista immergersi nell’acqua, aveva davvero una brutta espressione! Le ho chiesto di non lavarsi proprio dove io stavo pescando e, per tutta risposta, stava per uccidermi con questo pugnale – estrasse di tasca l’arma e Virgilio rimase pensieroso: la conosceva, ma non riusciva a capire dove l’aveva vista…- Ehi! Sei ancora tra noi? – il ragazzo spostò gli occhi su quelli del suo interlocutore – Mi sembra che anche tu abbia bisogno di cure -
- Sono solo stanco – il pescatore guardò Virgilio e la sua espressione prese pian piano ad addolcirsi – Vieni ragazzo, ti condurrò al villaggio -
- Le sono grato! La pagherò, quanto vorrà – Virgilio corse da Evi; questa stava ancora dormendo, il suo viso era pallido, coperto dai capelli bagnati. La prese in braccio e con delicatezza la distese sul carretto, poi, le si sedette accanto.
- È molto carina: è la tua ragazza?- Virgilio lo guardò stupito, con un po’ d’imbarazzo
- N..No, non è la mia ragazza -
- Beh, comunque formate davvero una bella coppia…- il viaggio continuò silenzioso, interrotto solo dai comandi che il pescatore dava al suo cavallo. Raggiunsero il villaggio che era ormai notte fonda. Virgilio pagò l’uomo e scese, portando Eve fino al suo giaciglio. Quando l’ebbe adagiata, poiché questa non si svegliava, richiuse la camera e raggiunse quella di Olimpia. Dormiva ancora profondamente e accanto a lei c’era Venere, che le accarezzava i capelli. Quando la dea sentì la porta aprirsi, voltò il viso verso Virgilio
- Dorme ancora…- dopo un primo momento di stupore, il ragazzo spostò gli occhi sul corpo dell’amica
- Non riesco a capire cosa sia successo… anche Evi è nelle stesse condizioni… -
- Già, Evi è ancora più motivata: il legame di sangue le rende le cose ancora più complicate…-
- Cosa intendi? Sai perché si sentono così?-
- La spiegazione più probabile è che Xena sia scesa negl’Inferi contro la sua volontà. Questo ha portato una forte emozione nelle persone che le sono state più vicine, come in questo caso Olimpia, e a quelle del suo stesso sangue, come Evi -
- Xena è negl’Inferi!? Ma come…-
- Non lo so, non capisco perché sia finita li…- Virgilio rimase pensieroso per un po’, abbassò il capo
- Olimpia ed Evi si riprenderanno? -
- Dipende da loro: se saranno forti dovrebbero stare bene già domani mattina, altrimenti la cosa potrebbe prolungarsi per un breve periodo; nel caso più grave per un ciclo lunare…-
- Non possiamo aiutarle in alcun modo? -
- Parlandoci insieme, credendo in loro – Virgilio guardò Olimpia: era ancora pallida, ma sembrava tranquilla
- Puoi fermarti tu da lei? C’è anche Evi che ha bisogno di aiuto…- Venere gli sorrise dolcemente
- Quella ragazza ti piace, non è vero? – Virgilio abbassò un attimo lo sguardo, ma non disse nulla – Io lo so, sono o non sono la dea dell’amore? Vai, sto io con Olimpia - il ragazzo la fissò per qualche momento negli occhi, poi uscì chiudendosi la porta alle spalle. Passò davanti alla porta di Cleopatra e posò l’orecchio sull’uscio: da dentro la stanza venivano dei singhiozzi; Virgilio aprì la porta ed entrò, richiudendosela alle spalle
- È tutto a posto? - la giovane, per tutta risposta, gli si buttò tra le braccia, cominciando a piangere disperatamente – Che hai?- la ragazza non gli rispondeva, si limitò a stringerlo ancor più, continuando a singhiozzare. Lui la scostò un poco da sé, riluttante, ma non fece in tempo a fissarla in viso che questa, presa l’urna che si trovava su di un tavolino dietro Virgilio, gliela ruppe in testa, facendogli perdere i sensi. Un lampo di meschinità le passò negli occhi e sul suo volto si dipinse un sorriso maligno. Uscì dalla stanza e se la richiuse alle spalle, serrando pure il lucchetto, quindi entrò in quella di Evi e le si sedette accanto estraendo un piccolo pugnale da sotto il vestito. Glielo puntò alla gola e ne passò delicatamente la lama su tutto il collo
- Se ora premessi un po’ di più… saresti morta! Ma per mia sfortuna ho ancora bisogno di te – sputò a terra, accanto al letto – Mi fai schifo: tutto il giorno a parlare di pace e amore tu, tu che hai ucciso il mio bambino. Tu che mi hai rubato l’uomo che amavo portandolo in guerra con te… L’hai fatto morire! Hai fatto morire le uniche persone a cui tenevo! - scoppiò in lacrime e l’arma le cadde di mano. Cominciò a schiaffeggiare il corpo addormentato – Tu!Tu!Tu!Tu! Ipocrita! Falsa! Bastarda!- di colpo tornò seria – Ma so che il medaglione può riportarli in vita… devo solo capire come…- Prese il mezzo medaglione, quello che mancava ad Evi per arrivare alla soluzione dell’enigma e lo fece pendere sul viso di Eve – Vedi, con questo io potrò riavere il mio bel bambino e l’uomo che amo… ho solo bisogno che tu traduca questa stupida lingua e tutto sarà perfetto… - la ragazza tornò in sé, ma vista la presenza di Cleopatra, finse di essere ancora addormentata; aveva un mal di testa terribile e a mala pena riusciva a non gridare. Serrò i denti, socchiuse un occhio e notò la scritta che compariva sul medaglione. Dopo un po’ di tentativi riuscì a memorizzare ogni geroglifico, richiuse gli occhi e aspettò che Cleopatra se ne andasse; l’attesa fu breve: infatti la giovane si accorse che Evi stava riacquistando colorito e decise di andarsene. Quando Cleopatra si fu chiusa l’uscio alle spalle, Evi aprì gli occhi e si mise a sedere sul letto, appoggiando immediatamente la testa al muro perché le faceva troppo male per alzarsi. Si fece forza e raggiunse il tavolino sul quale erano posate le sue cose; frugò tra esse finchè non trovò un pezzo di carta e una penna; la guardò sconsolata: non aveva inchiostro. Aprì appena l’uscio della camera e scrutò all’esterno per vedere se Cleopatra era nei paraggi: non la vide perciò raggiunse la stanza di Olimpia ed entrò; vedendo Venere seduta accanto all’amica che era ancora addormentata per un attimo fu tentata di richiudere la porta e di tornare nella sua stanza, ma vide che Venere le stava sorridendo, allora entrò
- Ti sei svegliata: bene!- Evi le fece un breve sorriso e si diresse verso le pergamene di Olimpia dove intinse la penna nell’inchiostro. Posò il foglio sul tavolo e cominciò a riprodurre i simboli che aveva memorizzato con crescente eccitazione. Quando ebbe finito si voltò verso la poetessa e sorridendo disse
- Olimpia: ho la soluzione dell’enigma! – bastarono queste parole per far risvegliare la donna. Venere sorrise nel vederle aprire gli occhi; la poetessa si sentiva un po’ spaesata: si tirò su, appoggiando i gomiti dietro la schiena ed emise un lamento nel sentire la testa stretta nella morsa di dolore che Evi sentiva ancora molto forte
- Stai giù, non sforzarti: ho anch’io mal di testa, ma passerà. – Evi raggiunse il letto e si sedette accanto a Venere; posò il foglio nelle mani di Olimpia e questa lo sollevò guardando la serie di geroglifici; la sua voce era molto debole
- Che c’è scritto? – Eve si sentiva fiera di sé: era molto contenta. Abbassò il più possibile la voce per non farsi capire che da Olimpia e Venere
- C’è scritto “Solo un sacrificio supremo reali…” che unito all’altra parte si completa così “Solo un sacrificio supremo realizzerà il desiderio”!- Olimpia si mise a sedere incredula
- Questo significa che c’è un modo per farla tornare!-
- Credo di si! – Evi abbraccio l’amica e quasi piansero dalla gioia. Quando si sciolsero dall’abbraccio rimasero entrambe a guardare il viso di Venere sul quale si era dipinto il terrore
- Venere… Che cos’hai? -
- Solo un sacrificio supremo realizzerà il desiderio… Sapete cosa significa?- le due donne abbassarono gli occhi a terra, l’enfasi del momento era stata distrutta da quelle gravi parole
- N…no…-
- Significa che una di voi due deve morire o che…- la dea abbassò il viso e i biondi riccioli le caddero sulle guance
- O che? C’è un’altra possibilità?-
- Si, c’è un’altra possibilità: è quella che noi dei dell’Olimpo diamo qualcosa a cui teniamo molto: possono essere la nostra immortalità e i nostri poteri, oppure l’essere dimenticati dagli esseri umani, il passare il resto dei giorni nel dimenticatoio, a lavorare per gente che nemmeno conosce la nostra esistenza…- Evi la guardò con gli occhi umidi di pianto
- Non potremmo mai chiedervi nulla di simile… - la dea le accarezzò la guancia, poi le prese la mano tra le sue
- Sei una persona meravigliosa, non voglio neanche pensare a cosa sarebbe accaduto se gli altri dei ti avessero uccisa. Non sarebbe stato possibile che una creatura come te preludesse la nostra fine…almeno non quella materiale…- Eve sorrise, abbassando lo sguardo. Olimpia si portò una mano alla testa
- Cosa è successo? Perché abbiamo entrambe mal di testa?- Venere si allertò
- Non lo so… magari avete mangiato qualcosa che ha fatto male ad entrambe… - Olimpia guardò Evi
- Aspetta – le si avvicinò, posandole le mani sul collo – vediamo se ricordo gli insegnamenti di Xena… - premette in alcuni punti con decisione e delicatezza. Finito il massaggio si scostò da Evi
- Allora? -
- Olimpia! Mi hai fatto passare il male! Ma come hai fatto?-
- Ho imparato dalla più brava… - disse queste ultime parole con amarezza, ma Evi si riscosse all’istante
- Oddio!-
- Che c’è?
- Cleopatra… era nella mia stanza… come ha fatto a liberarsi? - si alzarono entrambe e corsero verso la stanza della ragazza: era chiusa
- Sicura di non averlo sognato?-
- E come avrei fatto a scoprire l’incisione?-
- È vero… -
- Virgilio! Che fine ha fatto?- Evi provò a togliere il lucchetto, ma non trovò alcun modo
- Eve spostati – la ragazza lasciò il posto ad Olimpia che prese a calci il lucchetto e la porta senza, però, riuscire ad aprirla
- Forse se…- Evi si avvicinò all’amica
- Sei sicura?- la figlia di Xena assentì quindi tirarono entrambe un calcio alla porta. Il lucchetto saltò e la serratura si ruppe aprendo la porta che sbattè contro il muro e tornò indietro. Olimpia la fermò ed entrò nella stanza correndo immediatamente verso Virgilio che si trovava a terra – dell’acqua fredda, presto!- Evi corse fuori e tornò dopo poco con un secchio; lo versò sul corpo del ragazzo che si svegliò di colpo
- Cleopatra, mi ha colpito! – Olimpia cercò di tranquillizzarlo
- Calmo, non ti preoccupare: non può andare lontano, e poi… non abbiamo più bisogno di lei, ma lei di noi, perciò verrà a cercarci… Non abbiamo nulla di cui preoccuparci – Evi portò una coperta e la porse al ragazzo che si asciugò il viso. In quel momento ricomparve Venere
- Penso che sia giunto il momento di dirvi la verità…- la dea guardò Virgilio che subito capì di cosa si trattava
- Cosa…-
- C’è un motivo se entrambe avete avuto quel malore… l’ipotesi più probabile è che Xena sia… finita negl’Inferi… - Eve e Olimpia si guardarono spaventate
- Ma perché: lei era in Paradiso! -
- Infatti dev’essere stata obbligata, per questo avete avuto una tale reazione: siete ancora troppo legate a lei – Olimpia si alzò, camminò in tondo per la camera per un po’, poi si fermò tirando un calcio ai cocci che stavano a terra
- Dannazione! Non posso fare niente: so che la mia migliore amica è in pericolo e non posso fare nulla per aiutarla…- Venere le si avvicinò abbracciandola
- Olimpia, sai benissimo che Xena è astuta e molto forte: se l’è sempre cavata, supererà anche questo…-
- Ma questo non significa che ora non vorrei essere li per aiutarla… - la dea sciolse l’abbraccio
- Lo so… è dura, ma puoi superarlo -
- Continuano a ripetermelo tutti, ma io sto cominciando a pensare che non sia possibile…-
- Olimpia! Lo sai che ne sei in grado: devi vivere la tua vita, non un ricordo! Devi essere forte, anche per le persone che ti sono accanto – spostò lo sguardo su di Eve
- Già…hai ragione…- Venere sorrise accarezzando il viso ad Olimpia
- È ora che vada…- la dea scomparve lasciando le due donne tristi e pensierose. Rimasero in silenzio per un po’ sedendosi entrambe sul letto
- Evi… io ho già passato parecchi anni con Xena… tu sei sua figlia, hai tutto il diritto di stare con lei, di passare tutto il tempo che non vi è stato concesso…-
- Olimpia, non dirlo neanche per scherzo! Ti prego! Ho bisogno anche di te: non potrei mai perderti, sei come mia madre…-
- Ti ringrazio –
Virgilio fece per alzarsi e notò il pugnale che gli era caduto dalla cintola: era quello che Eve aveva tirato contro il povero pescatore; d’un tratto tutto gli fu chiaro: era lo stesso pugnale che Livia aveva usato per minacciare Corilo, suo padre…la ragazza lo notò e sul suo viso comparve un’espressione mista di terrore e dolore. Virgilio lo nascose sotto il braccio, ma orma Evi l’aveva visto…
- Evi… scusa… - la ragazza non sembrò riprendersi, ma farfugliò qualche parola
- No…È solo colpa mia se hai quel pugnale… - si alzò, dirigendosi verso la finestra. Questa era aperta ed Evi si sporse, guardando il magnifico paesaggio: in lontananza una donna teneva tra le sue braccia una bambina; ridevano… Ripensò a tutti gli anni trascorsi nei pressi di Roma, tra lo studio e gli amici, ma con un profondo, vuoto dolore: la mancanza di sua madre. Tutti gli anni passati con tanta gente intorno, ma sola nel cuore; l’adolescenza senza una donna più grande che le potesse spiegare, che la potesse aiutare a capire… Questo le era mancato enormemente e sul suo dolore aveva caricato l’ira; l’odio verso se stessa e verso a quella figura materna che le era sempre mancata…Aveva passato i suoi anni ad uccidere uomini, donne e bambini, senza rendersi conto del dolore che creava negli altri, senza preoccuparsene… Poi l’aveva ritrovata, era cambiata, ma a che scopo? Per rimanere nuovamente sola? No… non era sola…
- Va tutto bene?- Olimpia l’aveva abbracciata e le accarezzava il viso con dolcezza…Ma Xena, sua madre, le mancava…
- Credo di si. Bisogna fare qualcosa: non possiamo lasciare mia madre in quel posto- Olimpia si rattristò
- Sai quanto lo desidero…-

Venere si era materializzata sull’Olimpo; aveva un’espressione molto triste in viso. Raggiunse la Sala Grande di malavoglia e fissò suo fratello, che era immobile sul trono, gli occhi fissi a terra
- Hai sentito la notizia? - Marte non le diede risposta – Marte!-
- Si! Lo so! – Venere gli si avvicinò e guardò fuggevolmente dentro la coppa: Xena stava osservando il vestito per la cerimonia con tanta malinconia che toccò addirittura il cuore della dea
- “Soltanto un sacrificio supremo realizzerà il desiderio” ricordi questa frase fratello?- - E come potrei dimenticarla?- cominciò a recitare più per se stesso che per la sorella ciò che gli era stato detto da suo padre - un frammento di meteorite era stato trovato intatto dopo una galattica esplosione ed un sacerdote vi aveva inciso sopra queste parole. Gli dei si erano adirati per un simile atto di presunzione e avevano dato potere alle parole incisevi, dividendo, però, il medaglione in due parti, l’una lasciata in Egitto, l’altra nascosta in un posto sconosciuto ad occhio divino, per rendere impossibile la realizzazione del desiderio… ricordo la storia. Peccato che sia introvabile…-
- Altrimenti cosa faresti? - Venere lo guardò con un lampo di felicità negli occhi e Marte ricambiò lo sguardo con espressione interrogativa, ma, poiché era abituato alle stranezze di sua sorella, non le diede troppo peso
- Sai che farei qualunque cosa per lei…-
- Saresti disposto a non essere più ricordato da nessun mortale? Saresti disposto a non avere più seguaci, nessun tempio, nessun’offerta, nessun riconoscimento per il tuo operato?-
- Sorella: dovresti conoscere l’amore… Morirei per lei… - Venere si concentrò e il medaglione si materializzò tra le sue mani, lo porse a Marte, che rimase per qualche momento incredulo – dove l’hai preso? -
- Olimpia ed Evi hanno fatto un ottimo lavoro… -
- Vuoi dire che quelle due… -
- Già! Le parti del medaglione, divise per tutti questi secoli, sono state riunite dove il sacerdote aveva dato vita alla maledizione…- il dio si passava l’oggetto tra le mani, ancora incapace di realizzare che la fine della sua tristezza si trovasse lì, davanti a sé
- Resta un solo ostacolo da affrontare: non siamo gli unici dei rimasti nella credenza greco-romana, come potrebbero prendere la proposta le altre divinità?-
- C’è solo un modo per scoprirlo: dobbiamo chiamarli tutti a raccolta -

- Arrivederci mia regina, ci vediamo domani per le nozze – Alìa e Liù uscirono trotterellando
“Che felicità…” Xena adagiò sul letto il vestito della cerimonia e cominciò a camminare avanti e indietro, pensierosa… non sapeva più che fare: fuggire? Era sola, non avrebbe potuto andare lontano; ma allo stesso tempo non avrebbe mai sposato il Maligno…
- Mia cara, non è meglio se ti riposi prima delle nozze? Le giornate a venire saranno molto piene e faticose… - Xena lo guardò con ribrezzo, ma rimase calma… doveva inventarsi qualcosa, ma non le veniva in mente assolutamente nulla… - Ti lascio, ho ancora mille faccende da sbrigare prima di domani. Buona notte-

CAPITOLO 8

- Che fine ha fatto il medaglione?! L’avevo lasciato proprio qui…- Evi corse accanto ad Olimpia, che guardava il cofanetto vuoto. Gli occhi di entrambe erano sbarrati. Virgilio entrò in quel momento nella stanza
- Ragazze: Cleopatra è scomparsa… avevo lasciato la porta chiusa… -
- Si è portata via il medaglione. -
- Che cosa?!- Olimpia indicò al ragazzo il cofanetto vuoto
- Come te lo spieghi altrimenti?- gli occhi di Evi erano rimasti fissi, immobili; parlò con la freddezza tipica di Livia
- Bisogna trovarla. – percorse le scale velocemente ed uscì all’aperto; un cavallo stava sonnecchiando legato sotto l’ombra di un albero. Evi gli saltò in groppa slegando furiosa la corda e puntando i talloni nello stomaco dell’animale. Questo partì al galoppo. Corse, fino ad arrivare sulla cima di una collina, un punto strategico dal quale si vedeva gran parte della distesa desertica circostante; fermato il cavallo, aguzzò la vista, cercando una figura lontana, in qualsiasi direzione; sola o con qualcun altro… eccola! Non perse tempo: incitò il cavallo che partì selvaggio, sollevando nubi di polvere. La corsa continuava, mentre la piccola figura cominciava ad assumere i caratteri di Cleopatra… la raggiunse e bloccò il cavallo, saltò giù roteando in aria e si buttò sulla giovane, che cadde a terra; in quell’attimo, da sotto la sabbia, comparvero quattro uomini armati. Eve riuscì a vederne solo i piedi, prima che cominciassero a bastonarla. Sentì uno di quelli che ordinava agli altri
- Non colpitele la testa e non fatele troppo male: il faraone la vuole viva… - reagì istintivamente: riuscì ad alzarsi, fermò uno degli uomini nel momento in cui stava per colpirla e gli strappò di mano la mazza; poi, con un calcio, lo stese a terra. Con l’arma in mano abbatté gli altri tre. Si girò: Cleopatra stava scappando; le corse dietro, ma non fece in tempo a fermarla che il Chakram sfrecciò a pochi centimetri dal suo viso, strappando la suola di uno dei calzari dell’egiziana, che cadde a terra. Olimpia, su un cavallo nero, raggiunse Evi e riprese al volo il Chakram, scendendo da cavallo; corse verso Cleopatra bloccandola al suolo
- Evi, passami la corda – slacciò quella attaccata alla sella del cavallo e la porse all’amica che legò i polsi dell’egiziana – Come hai fatto ad uscire dalla stanza?- non ottenne risposta, perciò Olimpia le strinse le mani attorno al collo – Allora?!-
- È…È stano Virgilio, ma ora lasciami: mi stai facendo male!- Olimpia mollò un poco la presa
- Sarebbe stato Virgilio a lasciarti fuggire? -
- Sì, ha aperto la porta della mia stanza… - Olimpia mollò la presa e fece alzare Cleopatra
- Dimmi la verità: chi è stato? -
- Te l’ho detto! Chi altri aveva la chiave della stanza?- La poetessa ci rifletté su un attimo
- Muoviti! – la spinse verso il cavallo e la fece salire; poi, si rivolse verso Evi. Questa era seduta a terra, lo sguardo perso nel vuoto – Evi, che hai?- la ragazza alzò il viso: le sue guance erano rigate dalle lacrime; chiuse il pugno e lo batté sulla sabbia, formando un piccolo solco
- Niente. – si alzò, asciugandosi le lacrime e raggiunse il cavallo. Rimasero in silenzio per tutto il tragitto; Evi aveva la testa avvolta da mille pensieri: aveva usato la violenza… proprio quando si era ripromessa di non combattere più, la sua metà oscura e malvagia, Livia, era ricomparsa, più adirata che mai perché costretta a trattenere il suo e il dolore di Evi… legarono i cavalli sfiniti e sudati e Olimpia ordinò allo stalliere di portare loro molta acqua, poi entrarono nella taverna, dove Virgilio stava sorseggiando una tiepida minestra; la poetessa si sedette accanto a lui, mentre Evi salì al piano di sopra, ed entrò nella stanza con Cleopatra.

- Com’è andata?- Virgilio teneva gli occhi fissi sulla poltiglia che aveva nel piatto
- Bene -
- Ed Evi? Non ha fame?-
- Non lo so, dopo le vado a parlare… - il tono di Olimpia insospettì Virgilio
- C’è qualcosa che non va?-
- Scusami, te lo devo chiedere… Cleopatra sostiene che sia stato tu a liberarla…- il ragazzo rimase in silenzio per qualche istante, sentendo gli occhi della poetessa puntati addosso; alzò i suoi e incrociò quelli interrogativi di lei
- Se ti dicessi di no, penso che ti mentirei, ma… il fatto è che non ricordo nulla di quello che ho fatto oggi pomeriggio, solo che mi sono ritrovato davanti alla porta della stanza di Cleopatra, aperta… - Olimpia lo guardava pensierosa
- Devo entrare nelle cucine… - Si alzò e ne raggiunse la porta; rimase in attesa: nessun rumore, la via era libera! Entrò di soppiatto e cercò un segno, un indizio che verificasse la sua tesi. Raggiunse lo scaffale delle spezie e passò il dito tra le varie boccette… ne mancava una! Il segno circolare sul piano faceva capire che non veniva spostata da molto tempo, forse nessuno l’aveva mai mossa… tornò al tavolo
- La minestra che hai mangiato oggi a pranzo aveva lo stesso sapore che ha tutte le altre volte? – il giovane cercò di ricordare… era molto confuso…d’un tratto il suo viso s’illuminò
- No! Mi hanno proposto una specialità della casa…-
- …a base di droga… -
- Vuoi dire che mi hanno drogato?-
- Tra le spezie manca un’ampolla… è solo un’ipotesi, ma è l’unica plausibile -
- Così si spiegherebbe perché non ricordo nulla… -
- Devo andare a parlare con Cleopatra – Olimpia si fece dare le chiavi da Virgilio e raggiunse la stanza della ragazza, dove Evi la stava ancora interrogando, tenendola legata
- Sostiene di non avere il medaglione, di non averlo mai preso e dice che non ha ordinato a nessuno dei suoi di rubarlo – Olimpia guardò Cleopatra spazientita
- È la verità! Perché non volete credermi!- la giovane scoppiò in lacrime; la poetessa, allora, fece cenno ad Evi di uscire. Quando furono fuori entrambe, richiusero la porta.
- Non sembra mentire, ma l’unica altra possibilità è che sia stato Virgilio…-
- No, non può essere stato lui. Cleopatra sta mentendo -
- Già… – Virgilio le raggiunse
- Allora? -
- Sostiene di non essere stata lei…- il giovane si rabbuiò
- Potrei essere stato io -
- Non dirlo nemmeno! -
- Ma in fondo non puoi mica escluderlo! Non ricordo niente di ciò che ho fatto oggi! – Evi li guardava stranita
- Mi sono forse persa qualcosa? -
- Virgilio è stato probabilmente avvelenato…- lo sguardo della giovane assunse l’aria di una che non aveva inteso fino in fondo, ma che faceva finta che fosse il contrario… - In ogni caso nessuno può usare il medaglione -
- A meno che Cleopatra non abbia trovato qualcun altro che le traduca le parole incisevi – Eve si appoggiò al muro - Allora io sarei morta: Cleopatra mi vuole uccidere, ho distrutto la sua famiglia… sta solo aspettando la soluzione…- Olimpia le si avvicinò, posandole una mano sulla spalla
- Non ti preoccupare, ci siamo qui noi – Evi sorrise tristemente, poi, staccatasi dal muro, si diresse verso la sua stanza sussurrando
- Buona notte – Virgilio guardò Olimpia e questa si diresse verso la stanza nella quale era appena entrata la giovane
- Vado a chiederle cosa avesse oggi – entrò e la trovò distesa sul letto, gli occhi fissi nel vuoto – Ti va di parlare? – Eve non distolse lo sguardo dal soffitto
- È Livia. È il mio tormento. Riaffiora in me in ogni istante, è come una furia, talvolta insostenibile…Come faccio a sostenere il mio cammino di pace se devo combattere dentro di me una lotta strenuante?-
- Sei stata scelta per un motivo, forse proprio perché sei a conoscenza del male e del bene avendoli sperimentati sulla tua stessa pelle. Tua madre combatteva ogni giorno con il suo rimorso…-
- Già, ma io non sono mia madre…- Olimpia le sorrise accarezzandole la testa
- Sei riuscita a cambiare, pensi di non essere forte abbastanza per mantenere la tua condotta? -
- Non lo so…-
- Io sono convinta di sì – questa volta fu Evi a sorridere, mentre una lacrima le rigava il volto
- Ora riposa, ne hai bisogno. Penseremo a tutto domani -
- Ti ringrazio – La poetessa fece per alzarsi, ma – Olimpia… – ella si girò – Ti voglio bene! – ad Olimpia queste parole fecero ricordare Xena, quanto le fosse difficile pronunciarle…le sorrise, mentre una stretta le prendeva lo stomaco e la tristezza saliva fino al suo cuore
- Anch’io ti voglio bene…- guardò la giovane chiudere gli occhi rassicurata e tranquilla, poi si allontanò, chiudendosi la porta alle spalle. Appoggiato al muro c’era ancora Virgilio che alzò lo sguardo quando la sentì uscire
- Come sta?-
- Ha paura di non farcela… Dobbiamo starle vicine, ha bisogno di sicurezza… -
- Lo so. Io sto cercando di fare il possibile…- Olimpia gli si avvicinò; il nodo alla gola si stava pian piano lenendo, ma era ancora molto triste… cercò di non farlo notare al giovane, gli posò una mano sulla spalla
- Andiamo a dormire, domani dobbiamo arrivare alla conclusione di questa storia. – Virgilio annuì
- Lo spero. So quanto vi sta facendo soffrire…- queste parole colpirono Olimpia dritte al cuore e il dolore represso cominciò a salì ancora; i suoi occhi si velarono di lacrime e il giovane se ne accorse, l’abbracciò – Ti prometto che domani ritroveremo il medaglione…- la poetessa lo strinse a sé, poi, datagli la buona notte, si diresse verso la sua stanza e la richiuse, coricandosi sul letto.

Aprì gli occhi di colpo, sentendo bussare alla porta; senza rendersene conto, si era addormentata…
- Avanti – ecco Alìa e Liù comparire da dietro l’enorme portone e trotterellarle accanto; s’inchinarono davanti alla loro regina, poi, dopo un attimo di totale silenzio, in cui Liù continuò a fissare Xena negli occhi, quasi con la speranza che la sua padrona avesse trovato una soluzione per non sposare il Maligno, disse
- Mia signora, dobbiamo vestirla per la cerimonia… - quando la ninfetta vide che Xena prendeva il vestito e cominciava ad aprire la lunga fila di bottoni, sul suo viso s’impresse un’aria di disappunto – Ma allora… - Alìa le diede un colpetto e Liù s’interruppe; Xena cercò gli occhi della ninfa, ma non disse nulla; si sentiva perduta… le era accaduto pochissime volte in vita: non sapeva più che fare…nonostante continuasse a pensarci…abbassò nuovamente lo sguardo e cominciò a mettere lo splendido abito; Alìa e Liù l’aiutarono laboriose, fino a quando tutto non fu in ordine. Allora la Principessa Guerriera si guardò allo specchio, mentre le due ninfe si perdevano nella sua regale bellezza
- È splendida! – Xena si voltò verso di loro
- Il nostro Signore ha detto che la dobbiamo accompagnare nella Sala Grande – alla Principessa Guerriera tornò un attimo in mente l’Olimpo, quando Marte le aveva salvate, ridando la vita ad Evi… ” Hanno trovato un nome originale…” – Sono pronta – Alìa trotterellò ad aprire la porta, Liù, invece, rimase immobile a guardare Xena, nella speranza che facesse o dicesse qualcosa; ma ella non disse nulla, si limitò a raggiungere anch’essa l’entrata della sua grande camera. Nella sua testa continuavano a turbinare idee sconnesse, irrealizzabili…passarono per il lungo corridoio, era buio
pesto, ma ecco che cominciò a vedersi una luce, dapprima pallida, poi sempre più nitida; tutto iniziò a prendere forma…raggiunsero un grande salone, illuminato da torce; ed ecco che comparve il Maligno, in abito nero, ma con grande stupore di Xena, non aveva più le orribili sembianze di un mostro, bensì quelle di Lucifero!
- Non pensavi che sarei mai riuscito a riprendere le mie sembianze, vero? E invece, con l’avvicinarsi delle nostre nozze, i miei poteri stanno aumentando…Pensa come diventeranno quando saremo marito e moglie… Avrò tutto in mio potere…TUTTO!-
- Lurido bastardo! – Xena indietreggiò di qualche passo, ma i suoi piedi rimasero bloccati al suolo, mentre si scatenò la fragorosa e altrettanto odiosa risata del Maligno
- Vieni mia cara, le nostre nozze ci attendono -

Marte era alquanto irrequieto: mancava un solo voto; una sola divinità avrebbe dovuto dire se era favorevole o contraria al ritorno di Xena sulla terra, quel voto sarebbe stato decisivo, poiché erano in piena parità… c’era silenzio, solo alcuni, di tanto in tanto, osavano commentare l’attesa bisbigliando. Venere si avvicinò al fratello, sedendosi accanto a lui, senza che questo se ne accorgesse neppure. Ecco che il dio in questione si alzò; si guardò intorno, prese fiato
- Contrario – si risedette ed il totale silenzio avvolse la sala; nessuno osava più neppure aprir bocca, tutti gli occhi erano puntati su Marte, che era rimasto attonito. Passarono ancora alcuni minuti, poi, ecco che un dio scostò la sua sedia e si alzò; in breve lo seguirono tutti gli altri; solo Marte rimase immobile, la bocca asciutta e gli occhi fissi nel nulla. Non riusciva né ad essere arrabbiato, né triste, solo privo di tutto, vuoto.

- Prometti di amarla, di rispettarla…-
- Non ho tutta la giornata a disposizione! Si! Si, Xena DEVE diventare mia moglie! – La donna lo guardò piena di disgusto
- Vuoi tu, Xena, prendere come tuo legittimo sposo Lucifero, il re degl’Inferi? – Xena rimase in silenzio, continuava a cercare una disperata via di fuga… Lucifero le diede uno scossone
- Ti hanno domandato qualcosa, adesso si presuppone che tu risponda! -
- Lo so, è solo che il tuo fetore m’impedisce di prendere fiato…-
- Vuoi tu, Xena, prendere come tuo legittimo sposo Lucifero, il re degl’Inferi? – Xena rimase ancora in silenzio
- Allora? – Lucifero la scosse ancora – Parla! – La guerriera schiarì la voce, quindi prese fiato
- Io…-

Gli dei si trovavano ancora tutti nella Sala Grande, alcuni parlavano, altri sembravano riflettere, altri ancora cominciarono a chiedersi se potevano andarsene. Fu Venere a parlare a tutti quanti
- Quello per cui vi avevamo chiamato, è stato fatto; siete liberi di andare…- prima che qualcuno potesse muoversi, però…
- Aspettate – la voce provenne, poi, un fascio di luce ed ecco che comparve Giunone. A quella vista, tutti gli dei rimasero esterrefatti –Sedetevi tutti – il tono della moglie di Giove era solenne e regale, proprio come lo era stato un tempo – A quanto pare manca ancora il mio voto – camminò verso il centro della sala – Mio marito aveva tentato di farmi scomparire e ci era riuscito: sono finita in un posto oscuro, dove potevo vedere quello che accadeva nel mondo ed, essendo sola, ho avuto tempo di riflettere a lungo fino a capire che il tempo degli dei è ormai finito, è inutile continuare a sperare: gli uomini non hanno più bisogno di credere in noi per vivere; dovremmo essere fieri di quello che abbiamo fatto fin ora, è tempo di cambiare. Il nostro lavoro non è terminato, ma gli esseri umani hanno bisogno di innovazioni… C’è un tempo per ogni cosa… Il mio voto, perciò, è FAVOREVOLE –

- Io…- Xena sentì che qualcosa stava cambiando in lei, venne avvolta da un fascio di luce – No, la mia risposta è NO: non ti voglio sposare – un attimo dopo scomparve, materializzandosi nel corridoio della taverna egiziana. Cadde a terra, ancora insicura e rintontita. Tastò a terra nell’oscurità e si ritirò in piedi. In quel momento Evi uscì dalla sua stanza, decisa ad andare da Cleopatra per interrogarla, ma rimase immobile quando vide sua madre davanti a lei, gli occhi spalancati, increduli. Xena la guardava, anch’essa esterrefatta
- Madre…?- la voce di Evi suonò come un sussurro, tremolante, ed ecco che cominciò a camminarle incontro; lo stesso fece Xena. Quando furono ad un passo di distanza, Eve le accarezzò il viso, ancora incapace di credere che quella fosse realmente sua madre; Xena sorrise, mentre una lacrima cadde sulla sua guancia e le rigò il viso; Eve continuò a guardarla
- Oh, Eve…- la giovane scoppiò in lacrime, mentre abbracciò la madre, che la strinse a sé, piangendo anch’essa. Olimpia fu svegliata dai rumori provenienti da fuori la stanza; si alzò fulminea serrando tra le mani i sais e aprì silenziosamente la porta. Ci mise un attimo a comprendere ciò che accadeva davanti ai suoi occhi; le armi caddero a terra, sbattendo sul freddo pavimento con fragore e lì rimasero dopo un secondo tonfo. Xena ed Eve si riscossero voltandosi verso Olimpia; questa strinse i pugni, mentre le lacrime le solcavano il viso. In lei salì una rabbia profonda; rimase immobile, continuando a piangere, ma senza che la sua espressione mutasse affatto. Xena le si avvicinò, seguita da Eve. Quando cercò di avvicinare una mano al suo viso, la poetessa la scostò con uno schiaffo e scappò per il lungo, buio corridoio. La guerriera rimase un attimo esterrefatta, la mano ancora a mezz’aria; Eve le si accostò
- Va’ da lei, ti ascolterà…- Xena guardò la figlia, sorridendole con gratitudine, le accarezzò la guancia, poi scomparve anch’ella nell’ombra. Eve si appoggiò alla parete, ancora incredula per la comparsa della tanto pianta madre. Chinò il capo a terra, mentre due lacrime le riempirono gli occhi; Virgilio uscì in quel momento dalla sua stanza, assonnato
- Che sta succedendo? Ho sentito dei rumori – Eve alzò il viso rigato di lacrime e sorrise felice
- Mia madre, Virgilio…Mia madre è VIVA! – il ragazzo sembrò non capire
- Vuoi dire che Xena…-
- Si! – Eve gli saltò al collo baciandolo in guancia e abbracciandolo felice
- Ma com’è possibile? Eve…Xena è morta…-
- Si, lo era…ma è tornata da noi, adesso è fuori con Olimpia…devi credermi! – Virgilio sorrise, non ancora del tutto convinto e abbracciò nuovamente l’amica. Nel mentre Xena aveva raggiunto Olimpia che si trovava fuori, le braccia conserte, mentre tremava, cercando di contenere le lacrime
- Olimpia…- la poetessa non si voltò e in risposta cominciò a piangere. La guerriera le si avvicinò ancora, in modo da poterla abbracciare; la strinse a sé e non disse altro, aspettando che l’amica si calmasse
- Xena, io…Scusa…E’ che…- Xena la strinse ancor più, mentre Olimpia cercò la sua mano incrociando le dita tra quelle di lei – Ho cercato di andare avanti, di reagire al mio dolore…Ora sei tornata e tutto mi sembra così strano…- fu ancora un attimo, poi Olimpia si voltò verso l’amica abbracciandola felice – Ti voglio bene Xena -
- Anch’io ti voglio bene amica mia…- si voltarono per tornare nella locanda, quando una voce fece trasalire entrambe
- Non pensare che sia finita così Xena; prima o poi riuscirò a trascinarti negl’Inferi…-

- Prima parte -





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