di
Xandrella
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il racconto
Capitolo
5 – Segreti e bugie
Quando spinse delicatamente la porta chiedendo permesso, si
accorse che era solo accostata ed entrò in punta di piedi.
– Iolao…sono Xena…
c’è nessuno? -
avanzò lentamente nel corridoio e poi nella cucina dove
vide il compagno di avventure di Hercules
seduto al tavolo a capo chino con lo sguardo assente.
-
Iolao! … Stai bene? – rimase immobile accanto a lui aspettando
una reazione. La casa era avvolta nella semioscurità nonostante la bella
giornata di sole e sentiva un debole lamento provenire dalla camera
da letto.
-
Xena… sei proprio tu? – La fissò con gli occhi pieni di lacrime
e lo sguardo stanco.
-
Che ti succede? Hai bisogno di aiuto?
Perché siete al buio? –
-
Stanotte una guardia è venuta a svegliarci per darci
cattive notizie di Stenelo e … sono rimasto
qui fino al tuo arrivo. – chinò nuovamente lo sguardo in un punto non
definito del tavolo vinto dal dolore.
-
…Anch’io vengo per lui. E’
al ricovero qui a Tebe, te l’hanno
detto? –
-…Si…-
La sua risposta non sorprese Xena. Sapeva
dei problemi che aveva avuto con il ragazzo ma
ne ignorava la motivazione.
-
Perché allora sei rimasto qui? Devi andare da lui, Iolao. Qualunque sia il motivo per cui…-
-
No Xena! – l’interruppe
bruscamente ritrovando le forze - Ti prego, lasciami solo. Non
immischiarti in questa faccenda.- Conosceva la sua tenacia e con le
buone maniere di certo non l’avrebbe convinta
a desistere dal suo intento.
-
Mi rifiuto di credere che lasceresti morire tuo figlio senza dargli
la possibilità di parlarti un’ultima volta. – Xena
vide l’effetto delle sue parole sul volto dell’uomo: una lacrima silenziosa
scese lungo la guancia seguendo il solco di una ruga. Iolao
era combattuto tra l’amore di padre e il suo orgoglio.
-
Ti ha chiamato tutta la notte. Qualunque cosa abbia
fatto, perdonalo. Sta già soffrendo abbastanza. –
-
…Lo so…posso immaginarlo. –
Rimase immobile a testa bassa mentre parlava
e sapeva che Xena non se ne sarebbe andata
senza di lui.
-
Hai ragione a dire che dovrei stare al mio
posto ma ti conosco abbastanza per sapere che non può esserti indifferente
la sua sorte. –
-
Ha commesso un abominio. Non puoi neanche immaginare…- le parole gli
morirono in gola rotte dal pianto strozzato. La mano di Xena gli strinse la spalla tentando di confortarlo.
-
Vorrei poterti aiutare. Adesso devi alzarti e seguirmi Iolao.
Potrebbe essere troppo tardi se continui ad aspettare. Ci sono rimorsi
che non ti lascerebbero vivere in pace. Li provo anch’io per mio figlio
Seleuco. Non lasciarlo da solo in questo momento…-
-
E va bene. – Accettò infine, alzandosi a fatica dalla sedia.
– Portami da lui. – Xena gli
sorrise approvando la sua decisione. – Non te ne pentirai,
ne sono sicura. –
-
Non lo so… Io sono vecchio Xena e non reggerò
a questo dolore. –
Non
vi fu risposta. I due uscirono di casa montarono
i rispettivi cavalli e lasciarono la quiete della campagna dirigendosi
verso la città mentre i pensieri di Xena cercavano
di dare un senso alle parole dell’amico. Cosa aveva fatto Stenelo per meritare tanta freddezza da suo padre?
Nel
frattempo Olimpia e Brunilde avevano quasi
raggiunto il luogo indicato dalla Principessa Guerriera dopo aver affrontato
un piccolo incidente: due banditi avevano attaccato le due donne con
il solo intento di uccidere il bardo dichiarandolo apertamente. Si trattava
di una vendetta ai danni di Xena. Evidentemente,
l’indisposizione della bionda al ricovero non era passata inosservata
e qualche furbo voleva cogliere l’occasione per far pagare qualche
vecchio torto subito alla principessa guerriera. Brunilde era riuscita
a metterli in fuga senza problemi e a rassicurare la compagna.
-
…Xena allora ha molti nemici? – domandò riparandosi gli occhi
dal sole con una mano per guardare in volto la valchiria.
-
E’ inevitabile quando ci si oppone alla malvagità di signori della
guerra, sovrani, ladri e assassini tutti i giorni. Comunque
stai tranquilla, fin quando ci sarò io non ti capiterà niente. –
-
Lo sono, sei davvero brava in battaglia.
–
-
Lo sei anche tu… –
-
Davvero? Spero di ritrovare presto la
memoria allora! Avrei dato una lezione volentieri a quei brutti ceffi.
– Olimpia sembrava davvero tranquilla, quasi divertita dall’accaduto
e Brunilde avrebbe voluto che il tempo non
passasse mai ora che era in sua compagnia. Presto Xena sarebbe tornata e avrebbe dovuto
separarsi di nuovo da lei…
-
Siamo arrivate, è quella la casa che
mi ha indicato Xena. – Circondata dai vivaci
colori dei lunghi fili d’erba e da tulipani scarlatti che ondeggiavano
lentamente al leggero alito di vento di quella calda mattina di sole, la piccola casa dal tetto rosso sembrò a Brunilde
quasi un sogno. Lì avrebbe trascorso forse un’intera giornata in compagnia
della donna che amava. Forse l’unica della sua vita…
-
E’ davvero un bel posto…-
esclamò Olimpia lasciando
l’amica alle spalle per avvicinarsi alla porta di legno. La donna accarezzò
le rifiniture delle pietre levigate unite tra loro dalla calce e annusò
curiosa l’odore di quelle mura nuove.
-
Vieni entriamo
subito in casa. Non vorrei che qualcuno ci avesse seguito.-
Due mandate di chiave e furono subito all’interno.
Aprirono le tre finestre del piano terra e avvicinarono le due sedie
e il piccolo tavolo, al camino nuovo di zecca. Nessun
altro mobile in quella enorme cucina.
-
Manca praticamente tutto ma è sempre meglio che dormire al ricovero!
– disse il bardo sbirciando la fine delle scale che davano al piano
superiore.
-
Già. Non era ancora pronta per essere
abitata. Presto la renderete accogliente con poca
spesa, ne sono sicura. –
-
Io e Xena verremo a vivere qui? Pensavo
che la nostra vita fosse girare il mondo… -
-
Infatti. Credo che questa casa dovrà essere il vostro “rifugio”
di tanto in tanto. Una parte di te sente il bisogno di fermarsi e vivere
una vita tranquilla con lei. Ti ha fatto un grande
regalo. -
Il bardo restò in silenzio turbata
da quelle parole – Ho detto qualcosa che non va? – domandò Brunilde
intuendo di aver parlato troppo. Dunque Xena non le aveva
detto della loro relazione…
- …No… è solo che,…io non lo
sapevo… Da quanto tempo stiamo insieme? Voglio dire, in “quel” senso…-
Si strinse tra le braccia un po’ imbarazzata per quella domanda
così personale di cui ignorava la risposta. – E’ assurdo non ricordare
una cosa così importante… -
- Sta calma, è solo questione
di tempo. –
- Ma perché Xena non me lo ha detto? – sbottò nervosamente
– Lei doveva dirmelo! –
- Forse non ne ha avuto il tempo o il modo… non arrabbiarti
con lei. Prova a metterti nei suoi panni… Olimpia le voltò le spalle:
era come brancolare nel buio in attesa che
qualcuno o qualcosa la riportasse alla luce. Si sentiva tradita dall’unica
persona di cui si fidava in quel momento. – Io ho bisogno di sapere
la verità. Non è giusto che mi si tengano nascoste le cose in questo
momento. Ho bisogno del vostro aiuto per ricordare chi sono e come vivo…-
Brunilde l’afferrò delicatamente per le spalle per farla voltare e guardarla
negli occhi.
- Tu sei una donna straordinaria che Xena ha la fortuna di avere accanto giorno
e notte. Vivi per lei e lei vive per te. E
se adesso ti stai domandando se sei felice, la risposta è si. – Scandì
quelle parole lentamente e Olimpia rimase quasi ipnotizzata dalle sue
labbra rosse e carnose…
- Vuoi la verità? – continuò la valchiria a testa alta
offrendole una nuova sfida.
- E’ quello che ho chiesto. –
- Bene. … Io non sono una semplice amica per te.... – Credeva che avrebbe continuato a parlare raccontando
del suo incontrollabile sentimento per lei. Credeva che averla di fronte
senza memoria, l’avrebbe resa spavalda, facilitando
una nuova dichiarazione, fantasticata in mille modi diversi prima di
arrivare in Grecia. Ma le sue convinzioni d’un colpo svanirono
quando realizzò di essere da sola con lei e di averla di fronte
in attesa di una spiegazione. Adesso
poteva capire il silenzio di Xena…
- Tu e io? … Qualcosa avevo intuito
ma…-
- No aspetta. Non saltare a
conclusioni affrettate. Noi non siamo amanti. – Cercò di interpretare
la reazione del bardo dal suo sguardo, ma non ci riuscì. Era immobile
e in silenzio, bramosa di ascoltare – Non lo siamo mai state.
La verità è che io ti ho rivelato quello che provo…
ma ho sempre saputo che amavi lei
–
Olimpia attese ancora, poi annuì.
Non avrebbe più tormentato l’amica con le sue domande. Temeva di ferirla.
- Ho un’ultima domanda…Xena lo sa, vero? –
- Si. Credo che mi sopporti solo perché sa quanto tieni
alla nostra amicizia. – sorrise amaramente e la guardò ancora negli
occhi. Non vi lesse imbarazzo, né disappunto per quello che aveva appena
scoperto e ripensò alla sua frase: aveva avvertito la loro attrazione.
Era così palpabile? O forse anche senza ricordi,
Olimpia provava qualcosa per lei? Era
solo nella sua testa pensò, e l’immagine di Xena
si sovrappose alle sue fantasie riportandola alla realtà…
- Vorrei cogliere qualche papavero per dare un po’ di
colore a questa casa. E’ così vuota… - disse cambiando argomento mentre si avvicinava
alla finestra dove poteva godere della vista del prato in fiore.
- Appassiranno in fretta ma
almeno avrai qualcosa da fare mentre cerco della legna per accedere
il fuoco. –
- Non fare tardi però, inizio già ad aver fame e vorrei preparare la cena. Ho l’occorrente nella sacca per preparare
uno stufato di verdure. –
- Ti ricordi come si fa?! –
Olimpia annuì vistosamente sorridendole in
modo birichino - Ebbene si! –
- Povera me. L’unica cosa che avrei preferito persa nella
tua memoria è già tornata a galla...-
Iolao si avvicinò lentamente al capezzale del figlio. Era
emaciato e con le labbra screpolate dalla prolungata sete causata dalla
febbre. Non appena il ragazzo lo vide accanto a sé, ebbe un sussulto
e cercò la forza per afferrargli il braccio.
- Padre… -
- Sono qui figliolo…- Gli afferrò le mani e questo bastò
a rassicurarlo della sua reale presenza.
- Perdonami padre. Ti prego, perdonami.
– Iolao non rispose e Xena gli afferrò la spalla per spingerlo quasi con la forza
a una risposta rassicurante per il giovane,
ormai in fin di vita.
- …Ti perdono. – sussurrò lentamente senza aggiungere
altro.
- Io sto morendo… lo so… lasciami
vedere mio figlio almeno una volta, ti prego. Dimmi dov’è… - Un segreto
stava venendo a galla alla presenza della Principessa
Guerriera. E Iolao
sapeva che sarebbe andata in capo al mondo pur di sistemare le cose
tra lui e suo figlio.
- Con sua madre. – disse freddamente - Ti ho mentito:
Metamira ha partorito in Dacia ma
ha tenuto il bambino. Non lo abbiamo lasciato con nessuna famiglia di
pastori. Talos è davvero innamorato di lei e ha avuto il buon cuore
di accettare nella sua famiglia un figlio non suo. Al bambino tra qualche
anno diranno che è un trovatello accolto in casa loro. – Ci volle
poco per far ricondurre gli eventi a Xena ma rimase in attesa che Iolao terminasse
il racconto.
- Perché non me lo avete detto?
E’ mio figlio… -
- Cosa vuoi ancora Stenelo? Hai avuto il mio perdono ma non chiedermi altro.
– Lo sguardo del vecchio era duro e colmo di risentimento e la guerriera
lo spinse lontano dal letto dove Stenelo non
poteva ascoltare.
- Cosa fai? Vuoi ucciderlo prima
della malattia? –
- Lasciami Xena
voglio tornare a casa. Non sarei mai dovuto venire qui!
–
- Vinci il tuo orgoglio, non essere testardo. Non avrai
più modo di rimediare se adesso vai via. –
- Io non ho niente a cui rimediare. E’ lui che ha commesso
un’ignobile azione –
- Hai certamente ragione. Non è facile per te sapere
che tuo figlio ha amato la sua stessa sorella, ma loro ormai sono lontani
e Metamira è felice con un’altra persona. Stenelo
non avrà mai altrettanta fortuna. Accontentalo. –
- Non è così semplice Xena.
Metamira non è la mia vera figlia. Aveva solo due anni quando l’accolsi in casa mia. Era l’unica sopravvissuta
della sua famiglia ad un incendio. Li ho cresciuti allo stesso modo
e hanno creduto di essere fratello e sorella
per anni. Sono scappati insieme il giorno prima
delle nozze di Metamira con il figlio del capovillaggio.
Ti lascio immaginare cosa sia successo quando
tutti hanno saputo della loro fuga. – Il racconto era riuscito a lasciare
Xena senza parole.
- Lasciami tornare a casa. Voglio salutare mio figlio
e andare via senza ripensare a tutta questa storia. Mi ha tormentato
anche troppo. – La donna annuì senza replicare. Non poteva pretendere
altro da lui ma avrebbe sicuramente cercato di risolvere la situazione
da sola. Mentre Iolao si riavvicinava al letto,
lanciò un’occhiata alla finestra dove il tramonto ormai vicino, ombreggiava
con i suoi colori a tinte tenui la pianura e la casa dal tetto rosso
dove Olimpia e Brunilde erano sicuramente già arrivate da diverse ore.
Si domandò cosa stessero facendo completamente da sole e sentì crescere
la gelosia. Ma doveva lavorare per un bene
superiore quella notte: non le avrebbe ancora raggiunte. Dopotutto,
Olimpia era al sicuro e non doveva temere niente per lei.
Capitolo
6 – Come api al miele
Olimpia e Brunilde avevano cenato
davanti al fuoco del camino sedute sulle rispettive coperte di pelliccia
parlando senza mai fermarsi delle vicende della mela d’oro e del coraggio
di Xena nel riparare i suoi errori del passato.
-
Cosa si prova a diventare una fiamma eterna? – chiese alla fine del racconto il bardo, decantando nel ruvido bicchiere
di legno, il poco vino rimasto.
Brunilde rimase spiazzata dalla domanda e dovette riflettere
prima di parlare. – Posso rispondere per me, ma non credo che la sensazione
sia la stessa per qualunque valchiria. –
-
Allora provaci – Vuotò il bicchiere tutto d’un fiato e prese a fissare la vivida
fiamma che ardeva sul ciocco di legno più grande del camino. Aveva le
gote e le labbra rosse per il calore del fuoco ma Brunilde iniziava
a sospettare che anche i due bicchieri di nettare che le aveva offerto,
iniziavano a giocare la loro parte.
-
Ho lasciato che l’amore s’impadronisse
di me. In modo violento e senza pensare a nient’altro. –
-
Pensavi a me? – la sua sfrontatezza dimostrò
a quel punto che stava perdendo lucidità e inibizione.
-
Credo che tu non regga molto bene il
vino Olimpia…Ti gira la testa vero? –
-
… Si, ma è quasi piacevole. – Spalancò
gli occhi sul bicchiere vuoto poi si lasciò cadere all’indietro
sulla morbida coperta.
-
Se Xena arrivasse adesso trovandoti in questo stato ci sarebbe da ridere! – Qualche secondo per immaginare
la scena tragicomica e un largo sorriso si dipinse sulle loro facce.
-
Non hai ancora risposto alla mia domanda…
- Fece notare all’amica che intanto si era
alzata per svestirsi del cappotto e delle armi. Olimpia non poteva fare
a meno di fissarla. Sapeva che era sbagliato nei confronti di Xena ma
… Brunilde era davvero bellissima. Le piaceva il suo fisico asciutto,
la curva del suo fondoschiena e il modo in
cui i seni erano contenuti nello stretto corpetto. Immaginò di baciarla
prima di incrociare gli occhi della donna e come un ladro colto sul
fatto, distolse lo sguardo consapevole di aver tradito col pensiero
la donna che l’amava. Già, perché c’era un’altra donna di cui non poteva dimenticarsi
in quel momento.
-
Proviamo a dormire, basta con i racconti.
– sistemò le coperte e si coricò su un fianco alla sua destra. Brunilde
aveva ancora tanto da dirle e allo stesso tempo l’avrebbe ascoltata per ore. Ma adesso
erano l’una di fronte all’altra e potevano guardarsi negli occhi. L’avrebbe
osservata incantata per tutta la notte, ascoltando nel silenzio il suo
respiro tranquillo durante il sonno.
Ma il bardo non sembrava affatto stanca,
anzi, voleva dirle qualcosa: glielo leggeva nello sguardo perso nel
suo.
-
Non provo niente per Xena.
– disse di colpo come implorando una soluzione.
-
Quando ritroverai la memoria
i tuoi dubbi spariranno di colpo, non temere. –
-
Non voglio ricordare. Ho paura…-
-
Perché? – Olimpia le scostò una ciocca di capelli
della bionda frangia dagli occhi, e quel semplice gesto parve alla valchiria
tanto intimo, da causarle un brivido lungo la schiena.
-
Non voglio che i ricordi cancellino quello
che provo adesso… per te. – Per tanto, tanto tempo, Brunilde aveva desiderato
quelle parole pronunciate da Olimpia e adesso non le trovava possibili.
Aveva bevuto troppo, non sapeva quello che diceva o più semplicemente
aveva rimosso Xena dalla sua mente, dato che
non ricordava quanto fosse importante per lei.
Eppure l’amore della sua vita le stava fissando le labbra,
in attesa di un bacio, con l’innocenza di una
ragazzina dipinta in volto.
-
Non confondere l’amicizia con l’amore.
– proruppe mettendosi a sedere maledicendo se stessa e la sua correttezza:
il momento magico era svanito ed era stata proprio lei a interromperlo. – Io sono sicura di quel che dico quando parlo di te e Xena insieme.
Approfittare di te adesso sarebbe una mancanza di rispetto troppo grande.
– Olimpia si voltò dall’altra parte: avrebbe voluto
sparire per la vergogna e si sentiva umiliata per il rifiuto. E Brunilde era lì a guardarla in silenzio, seduta sul letto.
-
Scusami, non volevo
offenderti. Non voglio rovinare il nostro rapporto. Io parlo del rispetto
che nutro per te. Xena adesso non c’entra. Cosa mi dirai quando
nella tua mente si riaffacceranno i ricordi, sapendo di questa notte?
–
-
Ho solo pensato a noi due, scusami tu,
ho sbagliato io. - si sentiva improvvisamente triste e vuota, ed era
la prima volta da quando aveva incontrato la
donna. Trovarsi di fronte a un limite fisico
con Brunilde, fu il primo ritorno alla vita di sempre, quella in cui
non poteva dimenticare la fedeltà e l’amore per la propria compagna.
Chiuse gli occhi nell’illusione di poter cancellare quell’ultima
scena vissuta, ma rivide se stessa in un bosco di
alti abeti, sentì il freddo pungente della neve appena caduta
e … vide un orrendo mostro, quasi un tronco terrificante che si aggirava
silenzioso e all’erta alla sua ricerca. Correva lontano da lui cercando
riparo in un posto sicuro e mentre vinceva incespicando gli ostacoli
delle radici e della neve davanti a lei, vide Brunilde che le indicava
la strada, invitandola al silenzio. Era forse un incubo? Spalancò gli occhi
sollevandosi dal letto e annaspò in cerca di qualcosa di familiare intorno
a sé. La valchiria inizialmente preoccupata lesse nel suo sguardo smarrito
la risposta: aveva ricordato qualcosa.
Le afferrò la mano e catturò il suo sguardo – Cosa hai visto? –
-
Un mostro ci inseguiva in un bosco. Era orrendo, sembrava che avesse
la corteccia al posto della pelle. –
-
Era Grindel. La valchiria di cui ti ho raccontato
fino a poco fa. Non essere agitata, è un buon segno. Inizi a
ricordare Olimpia, non sei contenta? –
-
Spero che i prossimi
siano migliori di questo. –
Brunilde sorrise – Te lo auguro, mia cara. Cerca di restare
calma quando riesci a ricordare. E’ importante
altrimenti tutto s’interrompe. –
-
Cercherò di seguire il tuo consiglio.
Era la prima volta che mi capitava e non riuscivo a capire… -
-
Hai ragione. Adesso cerca di riposare.
– La teneva ancora per mano senza accorgersene e la strinse più forte
prima di lasciarla andare.
-
Brunilde… Ho perso il
controllo prima, scusami. Possiamo fingere che non sia successo
niente? Nemmeno io voglio rovinare il nostro rapporto. Hai ragione tu.
Sto bene con te e… mi dispiacerebbe rinunciare
alla nostra amicizia. –
-
E’ bello sentirti parlare così. – Saggio
discorso, giusta punizione per il suo diniego pensò
- … L’attrazione fisica in certe situazioni può sfuggire
al nostro controllo. – concluse serafica Brunilde. Che intrigante
“no, grazie” le aveva appena dato!
Olimpia la fissò enigmatica senza rispondere: non poteva
più negare che le piaceva. E non aveva nessuna intenzione
di farlo. Del resto conosceva i sentimenti dell’amica e l’accaduto di
sicuro le aveva dato la speranza che in un’altra
situazione, sarebbe stata contraccambiata.
-
Buonanotte cara, è ora di dormire! -
Il bardo si sistemò sotto le coperte e chiuse gli occhi
solo quando Brunilde ebbe fatto lo stesso. Non li aprì
mai finchè il sonno la vinse, per paura
di essere sorpresa a guardarla.
-
Sogni d’oro… - sussurrò piano l’altra
dopo un pò, temendo di svegliarla, mentre
il cuore le batteva forte nel petto ascoltando il respiro tranquillo
di lei.
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