di
Xandrella
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il racconto
Capitolo
7 – I giorni dell’Amore
Quando entrò nella grande villa
accolta da una serva, venne condotta in una stanza dove capeggiava un
enorme telaio di ottima fattura con il suo lavoro color porpora lasciato
a metà. Xena si guardò intorno in
attesa della padrona di casa: i mobili, le tele e il gran lavoro da
cui sembravano presi i servitori, le ricordavano ricchezza e buon ceto
sociale.
Una donna le comparve con passo leggero alle spalle:
alta, i lunghi capelli neri e mossi le ricoprivano le spalle. Teneva
sul fianco un bambino recalcitante smanioso
di abbandonare le morbide braccia della madre per esplorare con i propri
piedi, ancora incerti, tutta la stanza.
-
Metamira immagino –
-
Si, sono io. Posso sapere il
tuo nome guerriera e il motivo della tua visita? Mi hanno detto
che ti sei rifiutata di dare spiegazioni –
-
Il mio nome è Xena e sono qui per Stenelo. – Al
sentire pronunciare quel nome la donna impallidì.
-
Ti prego, non qui. Seguimi
in giardino. – Chiamò la balia nella stanza per non lasciare da solo
suo figlio e con evidente preoccupazione, condusse Xena
in un giardino privato lontano da occhi indiscreti avendo cura di non
essere vista dai propri servitori.
-
Due giorni fa ho avuto un incubo che
lo riguardava. Gli è successo qualcosa vero? – strinse i pugni delle
mani come implorando una buona risposta, ma non la vide arrivare.
-
E’ al ricovero qui a Tebe.
Combatte contro una febbre sconosciuta e nessuno sembra avere una cura
per lui. Mi dispiace darti una notizia del
genere in questo modo ma credo che nessuno lo avrebbe fatto, se non
fossi venuta qui di persona. – Metamira le
voltò le spalle non riuscendo a controllare le lacrime, nè
a rispondere qualcosa.
-
Conosco bene tuo padre Iolao
da molti anni e in questi giorni mi ha raccontato la vostra storia.
–
-
Deve fidarsi molto di te, se te ne ha
parlato. Sei la seconda persona a cui lo dice sai? So quanto gli costa
… -
-
Non sa che sono qui. Se
sono venuta a cercarti, è per Stenelo: ha chiesto di suo figlio e Iolao
non ha intenzione di assecondare la sua richiesta. –
-
Anche volendo non potrebbe. Il mio sposo è molto geloso. Non
mi lascia mai uscire da sola, specie se porto con me il bambino. Figuriamoci
se sapesse dove ho intenzione di condurlo…
-
-
Tu vuoi incontrarlo? – Metamira
esitò, probabilmente frenata dai divieti della sua famiglia – Non lo
vedo da anni… ma si, certamente! Potrebbe essere
l’ultima occasione che ho per incontrarlo. – Xena annuì, approvando la sua decisione.
-
Mio marito questa sera cenerà fuori casa
e rientrerà tardi. Spero di avere il tempo necessario e di non essere
scoperta. –
-
Posso accompagnarti io a cavallo. Di
sicuro farai più in fretta. Spero che vedendoti, Stenelo
trovi la forza per vincere la malattia. Vorrei che Iolao
potesse riabbracciare i suoi figli alla fine di tutto questo. –
-
Ti ringrazio Xena ma non illuderti. Mio padre non tornerà sulla sua decisione.
Non l’ha fatto nemmeno quando ha scoperto che
ero rimasta incinta. Credevo che volesse uccidermi… -
-
Tu come avresti reagito al suo posto?
–
-
…Ci ho pensato tante volte. Io e Stenelo
abbiamo sempre saputo di essere nel torto,
ma ci amavamo. Non siamo stati abbastanza forti da rinunciare a quello
che volevamo per il bene dei nostri genitori. –
-
Allora perché siete tornati indietro?
Siete fuggiti insieme o sbaglio? –
Le
domande di Xena iniziarono a
infastidirla. – Non posso restare molto qui fuori,
le guardie di Talos potrebbero vedermi
parlare con te. Prima del tramonto mi farò trovare sotto il grande
noce del viale alberato che porta a Tebe.
– La guerriera annuì e si allontanò a passo svelto fuori
dalla proprietà.
-
Scommetto che erano tutti dei guerrieri!
–
-
No, sbagli. E poi chi ha detto
che erano tutti uomini? – rispose Brunilde.
-
Mhm… senti mi sto addentrando in
un argomento “scottante”. Forse è meglio rinviare a più tardi. –
-
Come vuoi, sei tu che hai iniziato l’argomento
“ex” –
-
Mi dispiace farti raccontare di continuo
ma io non ricordo niente, come faccio a parlarti di… di… qualunque
cosa!! – L’osservazione risultò alquanto tragicomica,
anche alla stessa Olimpia. Fortuna che l’arrivo al
laghetto catturò la sua attenzione: le acque torve e immobili erano
sicuramente ancora fredde ai primi raggi del sole, specie in quella
stagione. Non era certo quello che si aspettava
quando Brunilde le aveva promesso un bel bagno appena sveglie.
-
Sarà gelata… non sono più tanto convinta
di dovermi lavare… -
-
Coraggio guerriera, o tra poco inizieremo
a puzzare come cavalli! – Olimpia rispose con una buffa smorfia di disgusto
arricciando il naso. Sei bellissima, pensò la valchiria mentre
rideva del suo teatrino improvvisato.
-
Dove vivo io, i laghi sono ghiacciati
per buona parte dell’anno. In Grecia avete un clima fin troppo caldo
secondo me. Dai, non perdiamo tempo altrimenti
non riusciremo a trovare nulla per il pranzo. –
-
Io non me la sento… non riesco nemmeno a vedere il fondo… - commentò sporgendosi
ad osservare la profondità delle acque. In quel momento ricordò di un
lago molto più grande e cristallino e di aver
annaspato con l’acqua alla gola fino al salvataggio di Xena
- …Credo di non saper nuotare. –
Brunilde incrociò le braccia come una maestra severa
pronta a richiamare l’alunno disobbediente – Come scusa fa
pena. Mi meraviglio di te: tutta questa scena per non entrare in acqua!
Io al tuo posto mi vergognerei. –
-
Ma sto dicendo la verità! Ho appena ritrovato altri ricordi. –
-
Xena ti avrà sicuramente insegnato a nuotare –
-
Bè meglio non correre il rischio: tu vieni da una terra
dove si nuota di rado perciò perdonami bionda ma non mi fido! –
-
Ah si? – sorrise Brunilde, pregustando
la scena che di lì a poco avrebbe generato con le sue mani.
-
Si! –
-
Sbagliato: ci si deve sempre fidare dei
propri amici! – Così dicendo, con uno scatto la prese in braccio a sorpresa.
Il bardo che non la credeva sufficientemente forte, dovette ricredersi.
-
Mettimi giù, non osare! – Istintivamente
le portò un braccio sulle spalle nel tentativo di tenersi. Rimasero
abbracciate in quel modo pochi secondi, prima che la valchiria la lasciasse
cadere in acqua, ma entrambe non dimenticarono mai quel momento…
-
Così farai a meno di lavare i vestiti!
– Brunilde si liberò delle armi e della veste con un certo imbarazzo.
Ma non riuscì a spogliarsi completamente davanti allo sguardo interessato
di Olimpia, che la invitava a raggiungerla,
schizzandola a più riprese per vendetta. – Dai fai
presto, l’acqua è freddissima! –
-
Se continui ad agitarti così
potrei non avere più bisogno di entrare in acqua. Ci hai già pensato
tu a lavarmi! – Rabbrividì immergendosi nel lago ma non fece alcun commento alla bionda dispettosa.
-
Finalmente. Per fortuna qui si
tocca. –
-
Hai visto? Te lo avevo detto
che potevi fidarti. –
Si allontanarono dalla sponda in cerca di un punto più
profondo dove potersi rilassare e si accorsero di essere rimaste improvvisamente
senza parole. Imbarazzate dalle trasparenze delle stoffe bagnate dei
loro vestiti ormai un tutt’uno con la pelle,
dalle curve prorompenti ed eleganti dei loro corpi e dalle sensuali
gocce d’acqua che solcavano punti finora solo immaginati. Lentamente,
ovunque, quell’acqua le avvolgeva e le univa. Dimenticarono tutto e
desiderarono essere acqua. Insieme. Quando
le labbra umide di Brunilde la sfiorarono, sentì che quel bacio tanto
atteso era inevitabile e le apparteneva sin dal primo momento che l’aveva
vista. L’attirò a sé, scivolando tra le sue braccia e la baciò.
Capitolo
8 – La rinuncia
Xena era
rimasta nei paraggi della casa di Metamira
tutto il giorno combattuta dal desiderio di rivedere Olimpia,
anche solo qualche minuto e poi tornare di corsa indietro. Chissà se aveva recuperato la memoria… se la compagnia di Brunilde era
ancora così gradita …se sentiva la sua mancanza…Aveva riflettuto
tutto il giorno e la sua mente aveva costruito delle scene tra le due
donne quasi al solo scopo di farsi del male. Era gelosa più che preoccupata.
Brunilde sapeva farsi amare
con il suo animo gentile e la sua lealtà. Non
era come le altre…
e questo la preoccupava. Anche perché la valchiria
desiderava l’amore di Olimpia più di ogni altra cosa; senza chiederlo.
Aiutare
Metamira adesso le sembrava un obbligo gravoso
che si era imposta da sola e a cui non poteva più sottrarsi. Rimase
sdraiata all’ombra del noce diverse ore, finchè
non la vide arrivare nascosta da un lungo mantello nero col cappuccio.
Dava più nell’occhio così, pensò, ma non le disse nulla. Montarono a
cavallo senza parlare e corsero verso Stenelo.
-
Per te subirei l’esito e la condanna
di tutte le mie colpe… - Brunilde le accarezzava
i corti capelli ancora umidi davanti al fuoco del camino. – Se
vorrai raccontare a Xena quello che è successo
tra noi, voglio essere presente. Non ti lascerò da sola. –
-
Sapevo che l’avresti detto. Non so se
le dirò mai la verità. In fondo sono stati
solo dei baci… anche se … detto in questo modo
mi sento di infangare quello che provo... -
-
Ti supplico Olimpia, non aggiungere altro.
– Si alzò dalla coperta su cui erano entrambe sedute a parlare, dopo
essere tornate dal lago. Avevano perfino dimenticato di mangiare combattute
tra la gioia e il rimorso. Non potevano dimenticare a lungo Xena e alla fine scelsero di nuovo lei. Perché era giusto.
-
So che devo darti ascolto, ma non riesco
a credere che scomparirà quello che sento per te quando ritroverò la memoria. Tu mi sei entrata dentro Brunilde…
-
-
… Non sai quanto vorrei crederti…
ma non devo illudermi. Non dobbiamo Olimpia. Ascoltami… – s’inginocchiò
davanti a lei per rendere quelle parole ancor più sincere – Io ti amo
e non ci sarà mai più un’altra capace di prendere il tuo posto. Ma tu
hai Xena, ed è lei la donna con cui hai
sempre detto di voler vivere fino alla fine dei tuoi giorni. Conserverò
di questa occasione che il fato ha voluto donarmi,
un magnifico ricordo e quando mi mancherai da morire chiuderò gli occhi
e riascolterò la tua voce che sussurra di amarmi come hai fatto oggi.
Mi hai reso felice… non sai quanto. – Calde
lacrime le rigavano le guance, le prese il viso tra le mani e le asciugò
con dolci baci.
Quando Metamira entrò e lo vide così cambiato dalla malattia, rispetto
a come lo ricordava, ebbe un sussulto e indietreggiò di un passo.
Xena l’afferrò
per il braccio: - Stai bene? Se non ti senti
pronta possiamo aspettare. –
-
No, no. Non ho molto tempo. –
-
Bene. Vi lascio parlare. – Si sedette su una sedia poco distante sorvegliando
le persone intorno a loro. Probabilmente le guardie di Talos
si erano accorte della sua visita e avevano seguito Metamira
fin lì… Li osservò parlare mentre la donna
gli stringeva la mano: erano ancora molto uniti e probabilmente i loro
sentimenti mai sopiti. Lo vedeva dai loro sguardi commossi e preoccupati
l’uno per l’altra.
Un
sacerdote si avvicinò alla principessa guerriera ostacolandole
la visuale – Da ieri sera il soldato inizia a stare meglio. Credo
che si riprenderà se la febbre non aumenta di nuovo. – detto questo
tornò alle cure degli ammalati. Due guardie entrarono poco dopo osservando
tutte le persone presenti nella sala. Quando
si avvicinarono ad una donna di spalle, che si rivelò non essere quella
che stavano cercando, Xena capì che erano alla ricerca di Metamira,
balzò in piedi e si avvicinò al letto.
-
Dobbiamo andare, le guardie di Talos
ci hanno seguite. –
-
Oh no…Tornerò presto te lo prometto. Abbi cura di te. – Gli accarezzò
la mano e corse via.
Lungo
la strada Metamira
non proferì parola. Avrebbe potuto raccontare a Xena cosa aveva detto a Stenelo,
renderla partecipe della situazione. Dopotutto si stava prodigando per
aiutarli, ma preferì non farlo. Non riusciva a fidarsi di lei
ma intanto aveva afferrato la sua mano tesa. Forse
perché era l’unica ad averli appoggiati finora. La guerriera
discreta come sempre, non aveva fatto domande e si limitava a riaccompagnarla
a casa.
-
Credi che mi abbiano visto? –
-
No, ma inventati una
buona scusa quando stasera il tuo sposo ti chiederà dove sei andata
in sua assenza. Le guardie
gli riferiranno di averti vista uscire. –
-
Hai ragione. Non è facile ingannarlo.
–
-
Comunque uno dei sacerdoti stasera mi ha detto che Stenelo inizia a stare meglio. –
-
E’ davvero una buona notizia. Domani
tornerò a trovarlo se riesco. –
-
Non tirare troppo la corda. Talos
stringerà la sorveglianza dopo questa sera. –
-
Credo che fuggirò con il bambino. Rivedere
Stenelo mi ha dato coraggio. Voglio
tornare con lui, mio figlio ha diritto di crescere con suo padre.
–
Xena non
rispose, non si sentiva in diritto di parlare.
-
Pensi che stia sbagliando? – Xena
fermò la corsa di Argo esattamente nel punto
da cui erano partite poche ore prima.
-
Penso che hai sbagliato a sposare Talos se
eri innamorata di un altro. E’ stato questo il vero errore. Che
sia stato per volontà o per costrizione, hai solo prolungato la sofferenza
delle persone che volevi preservare. –
-
Hai ragione… il mio sposo mi ama e non
si sente ricambiato. Sta cercando in tutti i modi di tenermi legata
a lui e mi sta chiudendo in una prigione dorata.
Mio figlio non ha mai visto suo padre e i miei genitori soffrono comunque
perché sanno che non siamo felici. Credo che mio padre non voglia vedere
Stenelo perché si sente in colpa nei suoi
confronti. Si ostina a voler credere che mi ha spinto a fare la scelta giusta, quando sono tornata indietro
piena di sensi di colpa. –
-
Smettila di averne allora. Adesso devi
avere il coraggio di essere felice e devi averlo
per tutti. Se avrai bisogno del mio aiuto conta
su di me. –
-
Grazie Xena. Sei una persona straordinaria. Ti sono
davvero riconoscente, credimi. –
-
Non cerco la tua riconoscenza. La vostra
storia mi sta a cuore anche perchè Iolao
ha il diritto di godere di un po’ di serenità negli ultima anni della
sua vita. Vai adesso. E’ davvero tardi. Domani mattina ti porterò da
tuo padre. Devi parlarci prima di andartene. –
Metamira acconsentì senza opporsi e dopo averla ringraziata ancora,
scomparì tra i campi, avvolta nel suo nero mantello. La principessa
guerriera poteva finalmente tornare da Olimpia, almeno per una notte.
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