- seconda parte -
di
Nihal
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il racconto
INTRO
Vederla tornare forse fu ben peggiore che guardarla sparire all’orizzonte sul suo cavallo dorato. Durante la sua assenza, benché sapessi che fosse sciocco da parte mia, continuai a nutrire la segreta speranza che avremmo potuto trovare il modo di tornare ad essere felici insieme. Quando un messaggero giunse al castello per avvisare dell’arrivo imminente di un drappello di cavalieri, mi precipitai a rotta di collo sulle mura, il cuore che cercava in tutti i modi di farmi esplodere la gabbia toracica dall’interno. Anche mia sorella Eilan era evidentemente impaziente. Lì per lì non ne compresi la reale ragione: ai miei occhi era ancora un’amabile ed ingenua bambina.
Giunsero in vista del castello poco dopo il tramonto: Artù era alla testa di un’unità di cavalleria formata dai suoi uomini più fidati. Accanto a lui avanzava lei, splendente con la sua corazza illuminata dai raggi del crepuscolo. Vederla procedere accanto al mio sposo come suo secondo in comando mi spezzò il cuore: che spazio avremmo potuto trovare per essere noi stesse? Aveva avuto ragione, mesi prima, quando aveva definito il nostro viaggio insieme semplicemente un miraggio… Un’illusione, terribilmente felice, ma pur sempre una chimera.
Scendemmo ad accoglierli nell’atrio interno ed al mio fianco Eilan era fremente, mentre io portavo dentro un peso terribile. Sorrisi e ricambiai l’abbraccio di Artù, mentre mi sentivo incredibilmente colpevole nel fingere di essere partecipe della sua gioia di giovane comandante vittorioso. Incrociai per un attimo gli occhi di colei che per tutti era sir Lancillotto e dovetti reprimere il desiderio di stringermi a lei per lasciarmi consolare. Soffocai le lacrime che mi riempivano gli occhi, ma non riuscii a nasconderle ad Artù.
<<Ginevra, cos’hai?>> mi chiese con premura.
<<Nulla, sono felice tu sia tornato sano e salvo>> gli risposi prontamente, ricambiando il suo bacio.
Incontrai ancora lo sguardo di Xena ed ebbi la sensazione di tradirla,nonostante lei stessa fosse stata più che chiara in proposito. Rientrai stretta al braccio del mio sposo, il viso contratto nell’espressione più serena che riuscii ad ottenere. Alle mie spalle Eilan avanzava al braccio di Lancillotto, sul volto una gioia che riconobbi a stento.
Una volta all’interno lasciai che il mio ruolo di regina, che speravo segretamente di poter abbandonare, risucchiasse anche i miei pensieri.
Partimmo pochi giorni dopo, il tempo necessario per permettere ai cavalieri ed alle cavalcature di ristorarsi dopo il lungo viaggio, fortunatamente erano tutti incolumi. Artù, infatti, era entrato nella reggia di re Urien senza colpo ferire ed altrettanto pacificamente aveva potuto deporre il vecchio sovrano per sostituirlo con uno dei suoi figli, con il quale aveva combattuto anni addietro. Solo dopo venni a sapere che quella stessa carica era stata offerta a Lancillotto… Eilan insistette per seguirmi a corte ed a lei si aggiunse la mia cara balia Dorilea. Grazie a loro riuscii a non pensare a cosa significasse tornare a Camelot…
CAPITOLO I
<<Da questa porta si accede ad un corridoio che porta alle mie stanze. In qualsiasi momento potrai raggiungermi>> disse Ginevra, facendo strada ad Eilan nella stanza che aveva fatto preparare per lei.
<<Se questa è la mia stanza, ho quasi paura ad immaginare quanto grandiosa sia la tua!>>
La fanciulla era a dir poco entusiasta e si affacciò all’ampia finestra.
<<Però la veduta non è quella della Carmelide>> aggiunse, con una sottile vena di nostalgia. Ginevra le cinse le spalle.
<<Guarda: stanno tornando i cavalieri!>> esclamò Eilan, cancellando di colpo la leggera tristezza che l’aveva colta poco prima.
<<Sir Lancillotto è tra loro?>> chiese, gli occhi che le sfavillavano. Ginevra non ebbe neppure bisogno di guardare all’esterno prima di risponderle.
<<No, Eilan. Sir Lancillotto è qui a palazzo: Artù lo ha nominato suo luogotenente. Dov’è il re, è tenuto ad essere lui, salvo che non abbia ordini diversi>> le rispose, omettendo però di riferirle delle sue insistenze perché Xena fosse una presenza costante a Camelot.
<<Capisco…>> si rivolse poi ancora verso l’esterno <<Sai se è promesso a qualcuna?>>
La domanda la colse totalmente impreparata, tant’è che esitò a trovare la risolutezza per parlare.
<<No… Non saprei dirti…Insomma, non deve certo dirlo a me!>>
Il suo imbarazzo nel risponderle non sfuggì alla fanciulla, che, tuttavia, lo accantonò come pudore e desiderio di riservatezza. Le sorrise leggermente maliziosa.
<<Quindi potrebbe sposare chiunque?>
Olimpia sbatté le palpebre più volte, ancora più sorpresa, controllando l’istinto di urlarle: “No che non può sposare chiunque: preferirei morire piuttosto che vederla tra le braccia di chiunque altro non sia io”
<<Purché sia disponibile e del suo rango>> le rispose infine, con voce neutra.
Eilan era sul punto di chiederle altro, ma la regina la interruppe.
<<Ora basta, Eilan. Vieni, voglio mostrarti la sala grande>>
515 d. C, Isola di Avalon
Morgana arrancava nella fitta vegetazione del sottobosco che le si aggrappava alla veste azzurra, lacerandola in più punti. La voce di Viviana le risuonava ancora nella mente in tutta la sua rabbiosa potenza. Avalon le era preclusa e con essa tutta la saggezza che vi era racchiusa. Tuttavia aveva visto abbastanza. Un ghigno di soddisfazione le increspò le labbra ed i suoi occhi ebbero un baluginio oscuro. Aveva visto quanto potente era stata, ben più di quanto avesse mai immaginato. Maledisse Viviana, che era giunta un attimo prima che potesse riappropriarsi di quel potere, spezzando la sua trama. Però ora sapeva, e Viviana non avrebbe potuto far nulla per domare la bramosia che si era svegliata in lei. Ora sapeva chi era stata e chi sarebbe stata la chiave per ritornare a quella potenza.
“Selene…o dovrei chiamarti Xena?” pensò, chiudendo le palpebre e rivedendo se stessa accanto alla guerriera, vestita di pelli di cervo e con il viso imbrattato di sangue.
Era lei la porta che le avrebbe permesso di ritrovare la devastante potenza che aveva posseduto nella sua precedente incarnazione. Era a Camelot che doveva giungere e non ci sarebbe stato ostacolo sufficientemente aspro e possente da impedirle di andare avanti. Una risata al limite dell’isteria si levò fino a riempire l’aria. E poco le importava che Viviana l’avesse scacciata.
“Non mi serve più il potere di Avalon, vecchia. Presto sarò in grado di distruggere te e tutte le tue preziose sacerdotesse!”
<<Artù, non muovere un muscolo>>
Lancillotto sussurrò appena, incoccando lentamente una freccia al suo arco di mogano scuro. Il re si fermò, osservando il cavaliere immobile nella sua posizione. La freccia volò sibilando e si conficcò in un cespuglio, da cui provenne un gemito soffocato. Lancillotto sorrise e, sceso da cavallo con un balzo, l’arco in spalla, si diresse verso il cespuglio, sollevando orgoglioso un piccolo cervo, la freccia ancora conficcata nel collo.
<<Accidenti, Lancillotto! Come diavolo facevi a sapere che era lì?>> Il re lo raggiunse mentre questi rimontava in sella.
<<Su, amico mio, non ti abbattere!>> lo canzonò il cavaliere, spronando con i talloni la sua cavalcatura.
<<Allora, Lancillotto…Che ne pensi di Camelot?>> chiese il sovrano, affiancandolo nell’andatura. Il cavaliere rimase in silenzio per un po’ prima di rispondere
<<Artù, sei fortunato a poter contare su comandanti tanto fedeli: tua padre non ha avuto la stessa occasione>> gli disse, cercando di distogliere i suoi pensieri dal viso della regina.
<<Non credi che…insomma… la mancanza di un erede possa…indebolire la mia posizione?>> insistette il re, evidentemente imbarazzato.
<<Non essere stupido: siete ancora giovani entrambi ed avete tempo a sufficienza per pensare ad un erede!>> sbottò Lancillotto, cercando di mascherare il suo fastidio.
<<Sì, lo so, però, sai…>> fece per continuare, ma il cavaliere gli fece cenno di tacere, chiudendo gli occhi. Quando li riaprì, gli fece cenno di fare molto piano.
<<C’è un animale nei paraggi>> sussurrò, riprendendo l’arco tra le mani dopo esser smontato.
Artù lo imitò pronto anch’egli a scoccare la sua freccia.
Un cinghiale selvatico emerse improvvisamente. Lancillotto fece appena in tempo a scansarsi dalla traiettoria della sua corsa, ma l’animale travolse il pieno il re, gettandolo a terra. Il cavaliere scoccò il dardo, riuscendo però solo a ferire il cinghiale.
<<Maledizione…>> l’imprecazione di Artù lo fece voltare di scatto. Notò immediatamente la chiazza scura di sangue sulle brache dell’uomo. Gli si avvicinò velocemente, ringraziando la dea che si trattasse soltanto di un taglio poco profondo.
<<Messa a tappeto da un cinghiale: molto edificante>> scherzò Artù, cercando di rimettersi in piadi.
<<Vedi che avevo ragione prima?>>
Lancillotto evitò il suo sguardo mentre lo aiutava a montare in sella. Si era cacciata in una posizione terribile, lacerato dall’amore per Ginevra, la sua Olimpia, e la fedeltà che aveva giurato ad Artù.
<<Forza, torniamo al castello: qui non ho nulla per medicarti la ferita. È superficiale, ma non vorrei che si infetti…>> gli rispose, sviando dall’argomento.
<<Giungete da Avalon, dunque…>> Ginevra guardava sorridente e benevola, assisa tra le sue dame di corte, la donna vestita di blu profondo che le stava di fronte. Morgana abbassò il capo in una riverenza prima di risponderle.
<<Sì, mia signora. Sono una sacerdotessa consacrata alla Dea>>
La regina si accorse dei borbottii infastiditi di alcune fanciulle alle sue spalle.
<<Hanna, mia cara, hai qualche problema?>> le chiese, facendo finta di non aver compreso la ragione del loro disappunto.
<<Questo mi rallegra, perché sono certa che Lady Morgana troverà gradevole la vostra compagnia per tutto il tempo in cui si vorrà trattenere presso la corte>>
Ginevra sorrise alla sacerdotessa, ma lo scintillio che vide negli occhi di questa le lasciò uno strano senso di pericolo.
<<Maestà!>> un servo entrò velocemente nella sala. <<Il re è tornato, ma è ferito>> le disse concitato.
La regina si alzò immediatamente e gli andò incontro.
<<Dov’è ora?>> chiese.
<<Sir Lancillotto lo sta curando nelle sue stanze…>>
Ginevra aveva già varcato la soglia della porta quando la voce di Morgana la raggiunse.
<<Mia regina, sono stata istruita nell’arte della guarigione ad Avalon: potrei aiutare il re>>
La donna annuì e le fece cenno di seguirla.
“Non poteva accadere un evento più favorevole” pensò Morgana, sorridendo soddisfatta alle spalle della regina.
Quando entrarono, Artù era disteso su suo letto e canzonava la cura con cui Lancillotto gli stava ripulendo la ferita con del vino.
<<Sarebbe meglio se lo bevessimo, sai? Almeno ti toglierebbe quell’espressione truce dalla faccia!>> il sovrano alzò gli occhi ed incrociò quelli della sposa.
<<Ginevra!>> la salutò, tendendo le braccia verso di lei. Quando la regina si mosse verso Artù, Lancillotto vide alle sue spalle la figura della sacerdotessa. Aggrottò ancora di più la fronte.
“Cosa ci fa Morgana qui? Che Viviana l’abbia inviata a richiamarmi?” pensò mentre prendeva le fasce per bendare la ferita.
<<Artù, Lady Morgana giunge da Avalon, come sir Lancillotto>> disse Ginevra sciogliendo l’abbraccio con lo sposo e scambiandosi uno sguardo fugace con il cavaliere.
<<Si è offerta di prendersi cura della tua ferita>>
Artù si voltò verso Lancillotto, cercando il suo assenso.
<<Conosco Lady Morgana: era la protetta di mia madre, la Dama del Lago. Non credo, però, che sia necessario l’intervento di una consacrata per una banalità>> rispose <<Basterà che ti tenga lontano dal cavallo per qualche giorno e sarà perfettamente rimarginata>> concluse.
<<Però potrei accelerare la guarigione. Stasera stessa, sire, sarete in perfette condizioni>> intervenne la sacerdotessa.
<<E sia allora!>> disse Artù. <<Non fare quella faccia, amico mio: che figura faccio se si viene a sapere che basta un cinghiale per mettermi a letto?>>
Il cavaliere si alzò, contrariato, per far posto a Morgana. Guardò Ginevra negli occhi, ma la regina fece spallucce, anche lei impotente di fronte alla decisione de re. La sacerdotessa impose le mani sulla piccola lacerazione. Mentre recitava un’invocazione, che Lancillotto conobbe come composta nella lingua sacra di Avalon, un leggero bagliore si irradiò dalle sue palme. Quando ebbe finito, sul corpo dell’uomo non rimaneva che una leggerissima traccia rosata.
Artù sgranò gli occhi mettendosi immediatamente in piedi, mentre il cavaliere guardava con sospetto il sorriso ambiguo di Morgana. Non era riuscito a comprendere bene le parole della donna, eppure aveva la netta sensazione che ci fosse qualcosa di profondamente sbagliato.
<<Nemmeno tu mi hai mai curato così Lancillotto!>> esclamò il re, strappandolo al filo dei suoi pensieri.
<<Abbiamo avuto due istruzioni diverse>> intervenne Morgana, evitandogli l’impaccio di quella domanda.
<<Cara, avvisa il ciambellano di organizzare un banchetto: dobbiamo festeggiare l’arrivo di Lady Morgana a Camelot>> disse Artù rivolgendosi a Ginevra.
La regina annuì, seguita dalla sacerdotessa.
<<Artù, vado anch’io>> gli disse il cavaliere, uscendo prima che il re potesse aggiungere alcunché.
<<Lady Morgana!>> chiamò a gran voce.
La donna si fermò, voltandosi nella sua direzione. Il cavaliere le fece cenno di seguirlo lungo un corridoio laterale.
<<Ti ha mandata Viviana?>> le chiese freddamente, fissandola negli occhi.
<<Sì, Selene…>>
<<Abbassa la voce. Sono sir Lancillotto: Selene appartiene ad Avalon e non esiste oltre le nebbie>> si guardò intorno per assicurarsi che nessuno avesse sentito. Morgana sorrise, compiaciuta della forza che quel segreto rappresentava.
<<Cosa vuole la Dama del Lago da me?>> le chiese poi.
<<Da te? Assolutamente nulla. Cosa ti fa credere che mi abbia mandata qui per te?>> il suo tono sarcastico lo infastidì notevolmente.
<<Se non è per richiamarmi sotto il suo controllo, perché Viviana si è privata della sua protetta? O non è più così?>>
Per un attimo Morgana temette che la Guardiana della Luna sapesse che era stata scacciata dalla sacra isola, ma si tranquillizzò immediatamente. Aveva viaggiato troppo velocemente perché un messaggio di Viviana fosse giunto prima di lei presso Camelot.
<<La volontà della Dama non ha bisogno di spiegazioni>> rispose ieratica.
<<Sì, certo, le parole di Viviana sono le parole della Dea…>> rispose ironica. <<Smettila di prendermi in giro, Morgana. Tu non sei una sacerdotessa come le altre e mi sembra difficile che mia madre>> marcò particolarmente queste parole <<ti abbia tenuto all’oscuro dei suoi fini>> incrociò le braccia, in attesa di una risposta.
<<Viviana vuole che qualcuno ricordi ad Artù l’importanza del potere di Avalon su questa terra e sa benissimo che questo qualcuno non puoi essere tu. Hai rinnegato i tuoi voti, anche se vedo al tuo fianco un’arma della Dea>> disse, indicando con gli occhi la spada di Lancillotto, cui il cavaliere aveva istintivamente portato la mano.
<<Cosa io faccia delle mie armi non è affar tuo, Morgana. Non ho rinnegato i miei voti, ma mi sono stancata di essere un giocattolo nelle mani di Viviana, che fa la sua volontà, non quella della Dea!>> la rabbia le riempì il cuore immediatamente, sebbene fino ad allora fosse stata convinta di averla sepolta per sempre.
<<Non si addice ad una Guardiana della Luna un simile rancore, Selene>> la schernì.
<<Taci!>> la guerriera arrivò ad un soffio dal suo viso. I loro sguardi si fronteggiarono. Morgana non fece una piega, limitandosi a sostenere con sfrontata sicurezza gli occhi fiammeggianti di Selene fissi nei suoi. Poi sorrise.
<<Sir Lancillotto, non è conveniente che ci trovino da soli: siete o no un uomo d’onore?>>
Il cavaliere le diede le spalle, allontanandosi a grandi falcate verso le stalle. Morgana contenne la sua soddisfazione a stento mentre si allontanava verso le stanze della regina: non aveva più dubbi. Ora era solo questione di tempo…
<<Lady Morgana, finalmente!>> la voce di una delle dame di Ginevra la fece voltare.
<<La regina ha fatto preparare la vostra stanza e vuole mostrarvela>>
La sacerdotessa annuì con falsa gentilezza, seguendo silenziosamente la giovane.
Selene sentiva i muscoli del suo cavallo contrarsi sotto di lei nello slancio della corsa. Le sembrava di avere ancora di fronte agli occhi il sorriso soddisfatto di Morgana che la sbeffeggiava spudoratamente. C’era qualcosa in quella donna che la inquietava profondamente: non si fidava di lei, né di Viviana. La sua cavalcatura cominciò a rallentare, sfiancata dall’andatura cui l’aveva costretta e si diresse spontaneamente verso una polla d’acqua poco distante.
Scese da cavallo e lasciò che l’animale si riposasse mentre lei si sedeva all’ombra di un grosso albero. Chiuse gli occhi per calmare i suoi pensieri, ma fu pressoché inutile. Cominciava ad essere difficile gestire tre identità contemporaneamente. La tentazione di tornare ad Avalon a spron battuto fu forte, ma il pensiero di Ginevra era un veto che non poteva trascurare. In particolar modo ora che Morgana era a Camelot. Sentiva che non poteva lasciarla sola, non ora che erano entrambe consapevoli del loro passato. I ricordi della loro vita precedente erano ancora avvolti da una fitta coltre se non per pochi stralci… Chiuse gli occhi e sentì addosso una stanchezza che la schiacciava. Per quanto si sforzasse, non riuscì ad impedire che i suoi muscoli si rilassassero. Si lasciò cullare dal senso di torpore e si addormentò. La sua mente si riempì di immagini che sovrapponevano sogno e ricordo.
In quando ospite d’onore, Morgana sedeva alla destra del re, di fronte a Ginevra, che continuava a voltarsi per scandagliare la sala. Assaggiò appena le portate, stretta in una morsa di nervosismo. Neppure si accorse dell’interesse crescente che Artù stava mostrando verso la sacerdotessa. Il sole era tramontato da poco, ma di Lancillotto nessuna traccia. Nessuno sapeva dove fosse andato né quando. Non aveva ottenuto alcuna notizia se non che il posto del suo cavallo nella stalla era vuoto. Tossì rumorosamente più di una volta per ottenere l’attenzione del sovrano.
<<Vorrei ritirarmi nelle mie stanze>> gli disse sottovoce.
L’uomo la guardò preoccupato.
<<Stai bene?>> le chiese. Si limitò ad annuire per rassicurarlo.
<<Vai pure allora>> fu la risposta di Artù.
Con eleganza si alzò, allontanandosi a passo svelto. Stava per correre un rischio enorme, oltre che potenzialmente molto stupido. Entrò nelle sue stanze, ben attenta ad evitare la servitù. Con velocità si spogliò, sostituendo l’abito con pratici calzoni e casacca. Legò i capelli in una coda e sistemò il letto in modo che sembrasse che vi stesse dormendo.
Indossato il mantello scuro si allontanò con quanta più circospezione le fu possibile, diretta verso le stalle. Ringraziò la sua buona stella per non aver incontrato nessuno: sarebbe stato imbarazzante, oltre che complicato, trovare una scusa plausibile. L’odore di fieno e di sterco le colpì le narici con forza, ma si sforzò di ignorarlo. Aveva appena sellato una giumenta scura docile quando lo scalpiccio di zoccoli la fece sobbalzare. Si nascose all’ombra ed attese. Quando riconobbe il viso chiaro di Lancillotto sospirò, saltandogli praticamente al collo. Il cavaliere, evidentemente sorpreso, ricambiò impacciato l’abbraccio. La regina gli sorrise.
<<Sono stata in pensiero…>> si giustificò, notando la sua freddezza.
Il cavaliere si sforzò di sorridere per nascondere le tracce di inquietudine dal suo viso. Le accarezzò dolcemente una guancia.
<<Sto bene, Olimpia>> sussurrò. Quel nome fece tremare entrambe. Si guardarono negli occhi con un’intensità che fece vibrare l’aria.
<<Sicura che vada tutto bene?>> insistette la regina.
La guerriera distolse lo sguardo, evitando la profondità della sua espressione.
<<Non avresti dovuto rischiare così tanto>> le rispose, evitando l’argomento.
Olimpia le prese le mani, costringendola a guardarla in viso.
<<Sai bene quanto me che, pur negandolo, non potrai mai, non potremo mai, ignorare chi siamo>> Un silenzio teso calò tra le due. La bionda si sollevò sulle punte nello stesso istante in cui Xena si chinava su di lei. Le loro labbra si toccarono per la seconda volta, ma entrambe ebbero la sensazione che non si fossero mai separate. La guerriera pregò il tempo di fermarsi in quell’istante. Sapeva benissimo che stavano rischiando la vita, ma non le importava. Come aveva potuto pensare di lasciarla sola? Era cosciente che avrebbero dovuto far attenzione, ma non era intenzionata a rinunciare anche a lei: aveva perso troppo. Olimpia posò il capo sul suo petto, lasciandosi abbracciare. Poteva sentire il battito forte della guerriera scandire inesorabilmente il tempo.
<<Xena, io…>> fece per dire la regina, ma la mora le mise l’indice sulle labbra.
<<Shh… Ce ne preoccuperemo domani>> le disse con un sorriso, il primo forse realmente sincero.
<<Ora è meglio se fai ritorno alle tue stanze. Io entrerò dall’ingresso laterale: sarebbe alquanto equivoco se ci vedessero insieme. Non voglio destare sospetti inutili>> concluse, sciogliendo l’abbraccio.
Olimpia si era già avviata quando la guerriera la chiamò. Si fermò, attendendo che si avvicinasse. Xena le posò un casto bacio sulle labbra.
<<Sii cauta>> le sussurrò, poi sparì nell’ombra.
<<Quali pensieri la incupiscono, maestà?>> chiese Morgana, mantenendo la sua voce in un tono morbido e carezzevole. Artù le indirizzò un mezzo sorriso.
<<È molto attenta, Lady Morgana…>> le rispose, fissandola negli occhi e rimase sorpreso dalla fermezza con cui la donna sostenne il suo sguardo. Sorrise ancora.
<<Mi perdoni, sire, ma ad Avalon non siamo abituate ad abbassare gli occhi di fronte a nessuno>> gli disse, intuendo i suoi pensieri.
Artù era evidentemente affascinato da quella figura così misteriosa.
<<Cosa vi porta da Avalon a Camelot?>> le chiese, versandosi del vino.
Morgana rimase in silenzio alcuni istanti prima di rispondere.
<<La Dama del Lago ha ritenuto giusto che Camelot e la sua corte potessero contare sull’appoggio della Dea, sire>> gli disse. L’uomo bevve un sorso senza staccare gli occhi dalla donna.
<<Sono felice che la tua signora abbia preso questa decisione>> concluse.
Morgana sorrise, sfiorando discretamente la mano del re.
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