di
Nihal
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il racconto
Capitolo 3
Dalla finestra della sua stanza Olimpia godeva di una vista meravigliosa della zona più antica della città. Non si era mai spinta in quel settore e pensò che, una volta finiti i tumulti, avrebbe potuto visitarla...
“Ma che dico? Una volta chiusa questa faccenda devo accompagnare Evi e tornare a Nord...”
Quasi come se l’avesse invocata, la giovane la chiamò da dietro la porta. Olimpia si alzò per andare ad aprirle.
<<Posso?>> le chiese, sorridendo. L’amazzone le fece cenno di accomodarsi.
<<Mi dispiace di averti trascinata qui... So che questa situazione non può certo aiutarti a trovare la pace di cui hai bisogno>>
Olimpia la interruppe, prendendole le mani tra le sue.
<<Evi, tesoro, sei mia figlia..>>
La Messaggera ricambiò il sorriso, poi il suo sguardo si rivolse alla parte di città visibile dalla finestra.
<<Mi chiedo come si possa trasformare un messaggio d’amore in un’ideologia settaria e fanatica...Ho parlato con Panesio, anche lui ha abbracciato la via dell’amore e ciò che mi ha raccontato di Cirillo mi mette i brividi...>> si sistemò gli abiti, quasi a proteggersi da un vento gelido.
<<Purtroppo l’amore può diventare qualsiasi cosa...>> le rispose Olimpia, con una nota amara, come se potesse assaporare la tristezza delle sue stesse parole. <<Soprattutto può diventare un odio feroce e cieco...>>
Evi si voltò a guardarla negli occhi.
<<Non stiamo più parlando di fede, non è vero?>> le chiese con dolcezza.
Il bardo quasi non si accorse di due lacrime veloci che le rigarono il viso. Fece cenno di no con la testa, senza sapere lei stessa per quale motivo stesse piangendo. Cosa le stava succedendo? Gli occhi le si appannarono per le lacrime e sentì il cuore incredibilmente gonfio di una sensazione che non riusciva a definire, ma che le impediva di smettere di piangere. Evi le fu accanto e l’abbracciò, in silenzio, lasciando che si liberasse dal peso di quelle lacrime.
<<Olimpia... è accaduto qualcosa?>> le asciugò le gote, cercando il suo sguardo.
<<No, Evi.. Non è accaduto nulla>>
La giovane fu sul punto di insistere quando un vociare le fece voltare verso l’interno della casa.
<<Non dovrebbero essere già di ritorno...>> disse Olimpia, lieta di poter interrompere quella conversazione. Si asciugò velocemente le lacrime con le mani, recuperando il controllo di sé il più rapidamente possibile. Scese, seguita da Evi, al piano inferiore, ma di Xena ed Ipazia non vi era traccia. Non appena vide Damia la fermò, chiedendole cosa stesse accadendo. La fanciulla era visibilmente sconvolta.
<<Hanno portato un uomo ferito... È stato aggredito...>>
<<Portaci da lui>> le disse risolutamente l’amazzone. Damia annuì, facendo loro strada nella zona della casa riservata alla servitù.
Un uomo non più che trentenne era disteso su di un giaciglio, gli abiti sporchi di sangue. Ben due servi lo trattenevano e non faceva che chiedere di vedere Ipazia. Evi riconobbe il simbolo di Belur sulla sua tunica.
<<Ho bisogno di vedere Ipazia... Sono stato attaccato..>>
Evi gli prese le mani, cercando di rassicurarlo mentre l’amazzone valutava le sue ferite.
<<Adesso hai bisogno di cure, Ipazia sarà qui presto..>> la Messaggera abbasso il tono della voce, così da potergli sussurrare a mezza voce ed immediatamente sembrò calmarsi.
<<Damia>> la voce di Olimpia aveva un tono risoluto <<La gamba è fratturata e sarà necessario pulire le ferite... Procurami acqua calda e bende pulite... E qualcosa con cui steccare la gamba>>
La ragazza corse via mentre il bardo tastava la zona della frattura per individuare con precisione il punto da riallineare. Non appena Damia tornò con quello che le aveva chiesto, si scambiò uno sguardo di intesa con Evi.
<<Tenetelo fermo>> disse sottovoce. Con un movimento secco, Olimpia riallineò l’osso: l’uomo urlo per il dolore, ma l’amazzone sembrò non udirlo.
<<Damia, le stecche! Veloce!>> rapidamente fissò le aste di legno alla gamba fratturata, avvolgendola con le bende. Si allontanò solo quando fu certa che fossero sufficientemente strette. Si fermò un istante, rendendosi conto di aver operato quasi in apnea.
<<Che cosa..? Sinesio!>> la voce di Ipazia la fece voltare. Non ebbe il tempo di dirle nulla che la donna era già accanto al ferito, in stato di semi incoscienza. Dall’espressione preoccupata dedusse che dovesse conoscerlo piuttosto bene.
<<Sinesio, cosa ci fai qui?>> gli chiese la filosofa, ritrovando il suo controllo e parlandogli con il suo solito tono di comando, ripulito da qualsiasi emozione.
<<Mia signora... Oreste mi ha informato...>>
<<Forse dovresti rimandare a dopo le domande, potrebbe non essere in grado di risponderti coerentemente adesso>> disse Xena.
Olimpia neppure si era accorta che fosse entrata. Osservò lo sguardo che la guerriera si scambiò con Ipazia, poi questa si mise in piedi, risistemandosi le vesti, con compostezza.
<<Chi lo ha curato?>> chiese, accennando alla fasciatura.
<<Io, ma ho solo riallineato la frattura. Bisogna ancora ripulire e suturare le ferite>> le rispose Olimpia, notando che Xena stava esaminando con occhi attenti il suo lavoro. Ipazia annuì.
<<Damia, fai in modo che non resti mai solo... Sono pronta a scommettere che c’è la mano di Cirillo anche in questo>> aggiunse, tornando ad incrociare gli occhi della guerriera, in uno sguardo di intesa.
<<Molto probabile...>> commentò Xena, ricambiando l’espressione della donna prima di tornare ad osservare la sua fiducia. Dopo alcuni istanti, guardò Olimpia, annuendo per il lavoro ben fatto. L’amazzone si sforzò di accennare un sorriso, ma la sua espressione rimase corrucciata.
<<Mia signora...>> Sinesio, che aveva ripreso conoscenza, cercò di mettersi seduto sul giaciglio, ma Evi lo trattenne. Ipazia si voltò nella sua direzione, in ascolto.
<<Sono lieto di trovarvi sana e salva..>> le disse, con un sorriso dolce.
<<Mi sarebbe piaciuto poter dire lo stesso di te, priore Sinesio>> fu la risposta inspiegabilmente dura della donna.
Xena non mancò di notare il repentino mutamento nel suo tono di voce e si ripromise di indagare.
<<Ora credo che dovremmo lasciare che riposi>> si intromise Evi. <<Provvederò io alle sue ferite>>
Ipazia annuì ancora, uscendo dalla stanza, senza aggiungere una parola. Olimpia si voltò verso la giovane.
<<Hai bisogno di aiuto?>> le chiese. La Messaggera scosse la testa.
<<Va’ pure>> le sorrise. <<Posso cavarmela da sola>>
La donna allora seguì Xena ed Ipazia nella sala principale della dimora. La padrona di casa si sedette all’ampio tavolo, coprendosi gli occhi con una mano. Prese un respiro profondo, cercando di fare ordine nelle troppe emozioni che l’attraversavano
<<Un mio discepolo era un traditore ed è morto, un altro ferito...>> sussurrò, quasi a se stessa, dando voce a quanto era accaduto nel tentativo di riuscire a dare un senso a quel repentino mutamento di situazione.
Olimpia guardò Xena, interrogativa.
<<Un ragazzo ci ha seguite, probabilmente voleva approfittare dell’assenza della scorta di Ipazia per ucciderla. Aveva questa con sé>> la guerriera le mostrò un pugnale lungo e sottile, facile da nascondere e letale nelle mani giuste. <<È evidente che qualcuno ti segue, Ipazia. Dovrai fare molta più attenzione adesso>> aggiunse, rivolta alla donna.
<<Sinesio è stato un mio discepolo>> disse Ipazia all’improvviso, senza alzare lo sguardo. <<Anche uno dei più brillanti. Avevo riposto molte speranze in lui...>>
<<Non è morto>> commentò Olimpia, non comprendendo il suo atteggiamento.
La risata di Ipazia la sorprese.
<<Ha lasciato Alessandria per unirsi ai seguaci di Belur...Serpedonte, almeno, mi ha tradita con un’arma in pugno...Lui lo ha fatto con il sorriso... Gli dissi che sarebbe stato come morto per me, ma quello che ha fatto è ben peggiore della morte>>
<<Peggiore della morte?>> Olimpia non avrebbe voluto usare un tono così indisponente, ma non si trattenne. O non voleva trattenersi? Scacciò via quella domanda, ma, ad esser onesta con se stessa, neppure si pentì del suo tono. Quantomeno non abbastanza per scusarsi immediatamente.
<<Certo!>> Ipazia la guardò dritta negli occhi, con un’espressione fiammeggiante, impedendole di aggiungere alcunché. <<Il cammino dell’amore non è che una dottrina di fanatici! Guarda cosa sta portando quel messaggio qui ad Alessandria! Gli avevo insegnato la via per la verità e me l’ha gettata in faccia, dicendo che per lui non era abbastanza!>>
<<Questo non ha nulla a che fare con gli insegnamenti di Belur! Egli non ha certo insegnato la violenza!>>
<<Hai ragione, Olimpia>> Ipazia si alzò, andandole vicino con aria decisa. <<Ha insegnato a non far nulla mentre massacrano le persone che amiamo! La codardia è sempre la strada più semplice, ma lo è ancora di più quando la si spaccia per “amore”>>
Olimpia ebbe un attimo di esitazione. Era ben più che evidente che le parole della donna non erano riferite solo a Sinesio.
<<Cosa vorresti dire?>> l’amazzone la guardò negli occhi, pronta a scattare.
<<Voglio dire che non permetterò che questa setta di fanatici faccia ancora del male alla mia città! Non me ne starò a guardare mentre quello in cui credo vien passato a fil di spada, come hai fatto tu!>>
<<Se tu sapessi come sono andate le cose, sapresti che per salvare chi amavo non ho esitato ad usare le armi senza rinnegare quello in cui credo! E non me ne pento!>> replicò. Questo era troppo, decisamente. Olimpia si sentì fremere e dovette far appello a tutta la sua forza di volontà per trattenersi dall’urlarle contro.
Ipazia le rivolse un sorriso ironico prima di risponderle.
<<Pericolo che non avrebbe corso se non fosse stato per quello stesso Belur che ha preferito farsi uccidere piuttosto che fare quello che era giusto!>>
<<Adesso basta!>> intervenne la guerriera, prima che Olimpia potesse replicare ancora, percependo quanto l’amazzone fosse sul punto di esplodere.
<<Se non fosse stato per Belur ora non avresti una Messaggera da chiamare in soccorso. Quello che ha fatto faceva parte di un disegno più ampio che si è realizzato a vantaggio di tutti noi...>> aggiunse Xena, con tono più pacato, ma deciso.
<<Non avrei neppure una città sull’orlo del collasso!>> sbottò Ipazia.
<<Quelli come Cirillo hanno fame di potere! Quello degli insegnamenti di Belur è solo un pretesto! Se riuscissi a guardare oltre, capiresti che avrebbe trovato un altro modo e senza i veri seguaci di Belur non avresti alcuna speranza di salvare questa città!>> le rispose Olimpia, d’impeto.
La bocca di Ipazia assunse una piega amara ed il suo sguardo perse per un attimo la sua determinazione.
<<Le loro idee di amore non ti sono bastate per salvare la sua vita, o sbaglio? Difficilmente salveranno una città>> accennò con il capo a Xena. Olimpia fremette, ma la guerriera le lanciò un’occhiata eloquente.
<<Ora scusatemi >> la donna si allontanò senza aggiungere una parola.
<<Vado a vedere se Evi ha bisogno di aiuto>> anche Olimpia si allontanò, lasciando la guerriera come spiazzata, sola, nella stanza. Dopo alcuni istanti scosse la testa e si risolse a raggiungere Olimpia ed Εvi.
Sinesio dormiva profondamente, grazie ad una mistura che Evi gli aveva somministrato perché potesse riposare senza i dolori della frattura. La giovane aveva appena terminato di ripulire le escoriazioni che l’uomo aveva sul viso con un panno.
<<Riposa>> disse Evi, non appena le sentì entrare.
<<Ha detto qualcos’altro?>> chiese Xena, avvicinandosi alla figlia.
<<No, madre. Nulla>>
La guerriera gli tastò velocemente la gamba.
<<Hai fatto un buon lavoro...>> commentò poi, rivolgendosi all’amazzone. Olimpia si voltò, sorpresa. Era davvero un apprezzamento quello?
Xena inarcò un sopracciglio di fronte alla sua espressione così sorpresa.
<<Ti ringrazio...>> le rispose, incerta. <<Ho avuto buone insegnanti...>> aggiunse, ma un’espressione dura raggelò nuovamente i lineamenti della guerriera. Fece per aggiungere qualcosa, per spiegare che non parlava di Brunilde, ma Xena la precedette.
<<Volevo ringraziarti per aver lasciato correre>> la guerriera deviò il discorso, senza tuttavia specificare l’argomento della discussione di fronte a sua figlia. <<Non era in sé...>> aggiunse, poi, cercando un tono leggermente più conciliante.
<<E tu come lo sai?>> chiese Olimpia, guardandola negli occhi. Di nuovo quel fastidio allo stomaco, quel senso di rabbia al pensiero di Ipazia. O di Xena che ne prendeva le difese? No, di certo era dovuto al modo in cui quella donna l’aveva accusata di essere una vigliacca.
<<Come, scusa?>> la guerriera sbatté le palpebre, senza cogliere dove volesse andare a parare.
<<Come fai a dire che non fosse in sé?>> insistette Olimpia, senza distogliere lo sguardo, senza sapere lei stessa il perché le stesse facendo quella domanda.
<<Uno dei suoi discepoli ha cercato di ucciderla ed un altro ha rischiato di morire, non mi pare facile da mandar giù>> rispose Xena, questa volta con stizza.
Evi assisteva allo scambio di stoccate tra le due donne senza cogliere l’origine di un atteggiamento tanto rancoroso dal nulla.
<<Mi sorprende tanta sensibilità e sollecitudine nei confronti di una persona che conosci da poche ore>> Non appena Olimpia ebbe finito di parlare, si accorse di quanto fosse avvelenato il suo tono di voce. Xena le rivolse un sorriso ironico ed amaro.
<<Hai perso il diritto di parlarmi così, Olimpia>> le disse, con una serenità che sorprese la guerriera stessa, uscendo dalla stanza senza dire una parola.
L’amazzone rimase in silenzio ed evi si limitò a posarle una mano sulla spalla, senza aggiungere nulla. Dopo alcuni istanti, si alzò.
<<Ti dispiace rimanere da sola? Vorrei parlare con mia madre...>>
Olimpia annuì.
<<Madre!>>
La guerriera si fermò, in attesa che la figlia la raggiungesse. Erano nel cortile interno e la luce del sole al tramonto stava ridefinendo, con le sue tonalità bronzee, i profili delle piante e della struttura. Ogni elemento era stato collocato secondo un preciso schema di equilibrio talmente ben riuscito da far sembrare quel luogo frutto della natura stessa e non dell’attenta pianificazione dell’uomo.
<<Se sei qui per Olimpia, non ho...>>
Evi la interruppe immediatamente scuotendo la testa. <<Non sono venuta per portati alcun messaggio da parte sua, non voglio prendere le difese di nessuno... Hai accennato ad un attacco e volevo saperne di più>>
<<Qualcuno ci ha seguite per tutto il tragitto. Quando l’ho bloccato, ha ingerito il contenuto di questa...>> le porse l’ampolla.
Evi la prese e ne annusò il contenuto. <<Non conosco questo veleno...>>
<<Nemmeno io>> commentò la guerriera, riponendo l’ampolla nel corsetto dell’armatura <<È estremamente veloce e letale: è morto in pochissimi...>> non terminò la frase. Olimpia stava percorrendo un lato del porticato interno per risalire alla sua stanza e Xena la seguì con lo sguardo. Era una lacrima quella che si era asciugata con il dorso della mano?
Evi non ebbe bisogno di voltarsi per capire cosa avesse visto: l’espressione della guerriera era eloquente.
<<Forse sei stata troppo dura con lei...>> azzardò a dire.
<<Come?>>
Evi prese un respiro prima di continuare. <<Con Olimpia. Credo che tu sia stata troppo dura...>>
Xena fece per dire qualcosa, ma la ragazza la interruppe. <<Madre, fammi parlare... Lei ha bisogno di pace, come te... Forse se tu riuscissi ad essere più...malleabile...>>
<<Malleabile?>> Xena era incredula <<L’hai sentita anche tu, vero? “Certe cose bisogna sempre chiedergliele”, ti ricordi le sue parole di questa mattina, sulla nave, vero? Non ho nessuna ragione per essere “malleabile” quando lei si comporta in quel modo>> Forse era infantile come atteggiamento, ma la guerriera non era certo dell’umore adatto per comportarsi diversamente. Non avrebbero dovuto, ma quelle parole l’avevano ferita ed aveva reagito di conseguenza.
<<Stava solo scherzando...>>
La donna inarcò un sopracciglio di rimando, con un mezzo sorriso sulle labbra. <<Ha fatto la sua scelta, Evi. Ed io la mia. Non credo ci sia altro da aggiungere>>
<<Questo non significa che dobbiate necessariamente continuare a ferirvi a vicenda...Se solo le parlassi apertamente anche solo...>>
<<Evi>> Xena la interruppe bruscamente <<Hai detto che non volevi prendere le difese di nessuno, quindi non farlo. Te ne prego>>
La ragazza si trovò costretta ad annuire. <<Va bene...>>
<<Se scoprirò qualcosa, ti terrò informata... Ho deciso di dare un’occhiata in città. Da sola>>
La guerriera non le diede il tempo di aggiungere altro che già aveva raggiunto l’ingresso principale.
Xena tornò quando ormai il sole era tramontato da diverse ore. Quello che aveva visto non le era piaciuto...”Ma avrebbe potuto esserci di peggio”, disse a se stessa rientrando in casa da un’entrata di servizio. Percorse velocemente il giardino interno, poi il vestibolo, fino a raggiungere la rampa di scale che conduceva alla sua stanza. Era sul punto di entrare quando il tremolio di una candela, in fondo al corridoio, attirò la sua attenzione. La porta era semi aperta: attraverso lo stipite vide Ipazia, seduta ad un tavolo, concentrata nella lettura di una pergamena.
Delicatamente spinse la porta, bussando sullo stipite. La donna alzò gli occhi.
<<Bentornata...>> poi tornò ad abbassarli sulla pergamena, quasi la guerriera non fosse lì.
<<Disturbo?>>
Ipazia continuò a non alzare lo sguardo.
<<Va bene, possiamo parlarne domani...>> Xena fece per andarsene, quando Ipazia la bloccò, facendole cenno di sedersi, dopo aver riposto la pergamena.
La guerriera la raggiunse e si sedette.
<<È stata proficua la tua escursione?>> il suo tono era seccato e stanco, come il suo sguardo.
<<Ancora non ne sono certa...>> la guerriera osservò distrattamente i calcoli che Ipazia aveva di fronte a sé, senza capire a cosa si riferissero. Sembravano elaborazioni geometriche sulle orbite dei pianeti, ma non era troppo sicura
Ipazia la guardò negli occhi, seria. <<Cosa vorresti dire?>>
La mora tornò a guardarla <<Nulla... ho solo sentito delle voci. Ho visto lanci di uova sulle mura dei tempi, ma non molto altro... Molti uomini influenti appoggiano Cirillo, giusto?>>
<<Appoggiavano Teofilo. L’appoggio a Cirillo credo sia principalmente una comodità: non vogliono inimicarsi la gente, magari con il sospetto di essere dei persecutori. E poi c’è più di qualcuno che vorrebbe mettere i bastoni tra le ruote ad Oreste ed a me... Non avrei chiesto aiuto alla Messaggera se non avessi ritenuto che il pericolo fosse grave>> la donna si prese una pausa, alzandosi dalla sedia.
<<A te?>>
<<Sono a capo del Museo e sono una donna, la combinazione di questi due elementi non mi ha attirato molte simpatie né mi sono premurata di fare in modo che questa situazione cambiasse, ma Cirillo è diverso da questo genere di nemici. Se fosse stato un solo fanatico, avrei saputo come tenerlo a bada... Sai quanti di loro ho affrontato nelle aule del Museo? Ognuno con il proprio dio, ognuno con la “vera” verità... Fino ad ora, nessuno ha saputo reggere il confronto>>
Prese a camminare nella stanza. Xena la osservava in silenzio, studiando i suoi movimenti: il modo di camminare, l’inclinazione del polso mentre parlava, l’espressione di rabbia ogni volta che pronunciava il nome di Cirillo. Per una qualche ragione, quei dettagli catturavano la sua attenzione, che lo volesse o meno, tanto e forse anche più delle sue parole.
<<Cirillo è riuscito in qualche modo a trasmettere talmente tanta paura che nessuno gli si è opposto quando è stato necessario sostituire Teofilo... Non era perfetto neppure lui, ma era un uomo ragionevole con cui discutere era possibile...Ma l’unico linguaggio che parla Cirillo è la violenza e purtroppo lo sta insegnando a tutta Alessandria>>
Ipazia si fermò di fronte a Xena e la guerriera poté vedere distintamente una nota di paura nelle sue iridi scure, così dissonante con l’idea di imperturbabile serenità che la donna trasmetteva.
<<Com’è cominciato tutto?>>
La filosofa fece spallucce. <<Da un giorno all’altro... Cirillo si serve dei suoi seguaci più fedeli per distruggere e terrorizzare, mentre lui predica amore e fratellanza, incitando i fedeli a dimostrarsi tali distruggendo i simboli degli antichi dei...>> guardò la guerriera negli occhi, forse cogliendo in essi l’espressione di interesse. <<Almeno, di quelli che hai lasciato in vita>> si concesse un piccolo sorriso e Xena fece altrettanto, non potendo fare a meno di notare come anche un sorriso così piccolo poteva illuminarle il volto. Si sorprese a chiedersi quale effetto potesse avere, su quel volto sempre composto, un vero sorriso...
<<Mi sarebbe piaciuto conoscerti in circostanze meno spiacevoli, Xena>>
<<Mi fa piacere che ti sia ricordata il mio nome questa volta>> la pungolò la guerriera e questa volta il viso di Ipazia si distese in un sorriso pieno che l’altra donna non poté fare a meno di ricambiare allo stesso modo. Posò entrambi i palmi sulla scrivania, poggiandovisi senza smettere di guardare Xena. Quegli occhi scuri rappresentavano per la guerriera un enigma da cui non poteva non essere attratta. Vi era, in essi, una nota particolare, una coloritura d’espressione, che ancora non sapeva come definire.
<<Hai un piano, Principessa Guerriera?>>
<<Forse... >>
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