di
Nihal
stampa
il racconto
Capitolo 4
<<Amici> Cirillo aprì le braccia verso la folla che anche quella mattina riempiva la sala del tempio.
<<Amici> si assicurò che tutti gli occhi fossero su di lui prima di proseguire <<Voglio condividere con voi una grande gioia>>
I fedeli pendevano dalle sue labbra. Non tutti militavano nelle file armate dei suoi seguaci: per vestire la tunica nera bisognava superare molte prove che vagliassero la forza e la determinazione della propria vede.
<<Presto riceveremo la visita della Messaggera!>>
Dalla folla si sollevarono grida di gioia che inneggiavano alla Messaggera, scandendo il suo nome e quello di Cirillo.
<<Amici>> fece cenno con le mani di far silenzio <<Anche il mio cuore è in festa: la Messaggera è giunta ad Alessandria per portare la sua testimonianza!>>
Cominciarono a levarsi domande dalla folla, che chiedevano quando avrebbero potuto ascoltarla.
<<Presto, sicuramente>> rispose Cirillo, con un sorriso di soddisfazione.
<<Dov’è?>>
Aspettava quella domanda da quando aveva dato l’annuncio.
<<È ospite di una persona cara a questa città...>>
Un brusio sostituì le voci concitate.
<<Dimora presso Ipazia, la filosofa>>
Dalle file più radicali si levarono voci di disappunto e parole di scherno.
<<Vi prego, amici>> intervenne Cirillo, trattenendo con molta difficoltà una risata. <<Vi prego!>> urlò, imponendo le mani.
<<Se ha scelto di dimorare presso una pagana, sicuramente ha le sue ragioni...>> la sua giustificazione non accontentò del tutto i fedeli, che continuarono a rumoreggiare.
<<Le manderò un messaggio, così potrà raggiungere il suo popolo...>>
Olimpia, accanto ad Evi, non poté fare a meno di notare quanto Alessandria fosse cambiata dall’ultima volta. Aveva ancora il fascino confuso ed affollato della città, sebbene serpeggiasse nell’aria un odore strano, amaro e pungente. L’amazzone non avrebbe saputo dire se fosse una sensazione reale o solo il riflesso dei mille pensieri che le affollavano la mente. Quasi non aveva chiuso occhio, continuando a rigirarsi nel letto.
Evi aveva deciso di raggiungere un gruppo di seguaci di Belur che avevano avuto il coraggio di opporsi apertamente a Cirillo, ma proprio per questa ragione erano costretti a nascondersi. Sinesio le aveva parlato di loro e di come raggiungerli, ma non le aveva assicurato nulla. Erano costretti a spostarsi continuamente per sopravvivere. Doveva stare in guardia: di certo Evi avrebbe saputo difendersi se fosse stato strettamente necessario, ma preferiva non correre rischi. Xena avrebbe fatto sicuramente lo stesso...
<<Xena...>> Olimpia disse il suo nome sussurrando, come se volesse assaporarne il suono in una dimensione intima, certa che Evi, accanto a lei, non avrebbe mai potuto udirla. Scosse la testa per allontanare quei pensieri.
<<Olimpia, tutto bene?>> questa volta Evi aveva notato il suo gesto.
L’amazzone alzò gli occhi per sorriderle e fu la questione di un attimo: un luccichio metallico alle spalle di Evi la fece scattare. Il suo corpo si mosse automaticamente: scostò la ragazza appena un istante prima che la lama calasse. Afferrò l’aggressore, disarmandolo prima di immobilizzarlo a terra, il suo ginocchio saldamente piantato tra le costole dell’uomo.
<<Chi ti manda?>> gli chiese, con rabbia.
Per tutta risposta l’uomo sputò a terra. Olimpia lo strattonò, spingendo più a fondo contro la sua schiena.
<<Ti ho chiesto, chi ti manda?>>
<<Io ho fallito, ma altri cento verranno>>
Attorno a loro, la gente si era allontanata: decine di occhi guardavano la scena, curiosi ma intimoriti.
<<La Messaggera!>> urlò una voce. Quella parola volò di bocca in bocca in pochissimo tempo. Olimpia ed il suo prigioniero vennero dimenticati e la folla si riversò su Evi. L’amazzone la perse di vista rapidamente: l’uomo che tratteneva tentava di fuggire, ma lei tenne salda la presa. Tuttavia non riuscì a fare a meno di guardarsi attorno per cercare la ragazza, anche se da quella posizione era sempre più schiacciata dalla folla, che stava aumentando a vista d’occhio.
All’uomo bastò una sua distrazione di un istante per liberare una mano ed afferrarle uno dei sai. Si scostò appena in tempo perché la lama la colpisse solo di striscio sulla gamba. Olimpia si alzò rapidamente e sfoderò l’arma che le era rimasta, anche se in quella posizione combattere era impensabile. Ringraziò che la calca ostacolasse lui quanto lei, permettendole di seguire da vicino i suoi abiti neri.
Non appena la folla fu più rada, gettò un’occhiata nella direzione in cui doveva trovarsi Evi, sperando che non le stesse accadendo nulla, poi scattò quanto più velocemente possibile. L’uomo le era avanti di qualche passo, ma, nonostante la ferita le bruciasse, riuscì a raggiungerlo. Gli afferrò saldamente il cappuccio nero, strattonandolo per fargli perdere l’equilibrio. In qualche modo l’uomo si librò dell’indumento, dirigendosi tra i vicoli del quartiere artigiano. Olimpia lo perse di vista dopo poche svolte. Continuò ad andare avanti, ma si rese conto che era ormai inutile.
“Maledizione...” imprecò fra sé, stringendo con rabbia il cappuccio nero. Si voltò indietro, riprendendo a correre per raggiungere Evi.
Xena rilesse la pergamena, senza mutare espressione. Evi era uscita di buon mattino, assieme ad Olimpia, ed ancora non aveva fatto ritorno, così la guerriera aveva insistito affinché le venisse consegnata. Era un messaggio di Cirillo, l’ultimo che si sarebbe aspettata. Probabilmente il peggiore.
<<Allora?>> la incalzò Ipazia, cercando ancora i suoi occhi.
<<Invita Evi a dimorare presso il suo tempio... “Tra animi più affini al suo e pronti a ricevere la benedizione delle sue parole”>>
Xena si sedette, tamburellando le dita sull’ampio tavolo di legno scuro. Una mossa astuta, quella del Priore, senza dubbio.... Eppure qualcosa continuava a non tornarle, come se quell’invito fosse ben più di una provocazione, quasi una minaccia. Ed il suo istinto non si era mai sbagliato.
Ipazia le si sedette accanto, altrettanto corrucciata.
<<Cosa pensi di fare?>> le chiese.
La guerriera non rispose subito, ricambiando lo sguardo che Ipazia le stava indirizzando. Era la prima volta che nelle sue iridi scure vedeva un’incertezza. I suoi occhi erano così diversi da quelli di Olimpia: l’amazzone non aveva mai perso, nonostante tutto quello che avevano vissuto, la sua purezza più profonda. Ipazia aveva uno sguardo totalmente diverso: profondo, deciso ed incredibilmente triste. Anche la sua arroganza non smetteva mai di trasmettere una profonda amarezza. Probabilmente l’amarezza di chi sa di essere solo.
<<Allora?>> la voce della filosofa la riportò all’urgenza di quello che stava accadendo.
<<Cirillo è stato piuttosto scaltro... Evi ora non potrà rifiutare l’ospitalità che le viene offerta dalla sua comunità, se non per una buona ragione...>>
<<Spodestare Cirillo mi pare un’ottima ragione!>>
<<Io eviterei di essere così esplicita>>
Ipazia si concesse un sorriso, poi le fece cenno di continuare. C’era uno strano equilibrio nel loro modo di sfidarsi verbalmente che non poteva non apprezzare. Era passato davvero molto tempo dall’ultima volta che qualcuno era riuscito a tenerle testa in quel modo.
<<Evi potrebbe star qui perché i Saggi della Biblioteca hanno ritenuto opportuno che parlasse personalmente ai discepoli della biblioteca>>
<<Cosa vorresti dire?>>
<<Semplicemente che per mostrare la benevolenza e l’apertura della Biblioteca alla nuova dottrina, tu hai chiesto ad Evi di tenere alcune lezioni...>>
Ipazia aprì le labbra, come per dire qualcosa, ma si trattenne. <<È geniale...>> disse poi a mezza voce, rivolta più a se stessa che alla guerriera. Avrebbe dovuto pensarci lei stessa tempo prima, come aveva fatto a sfuggirle?
<<Potremmo fare anche di più...>> prese a camminare per la stanza, sull’onda dell’entusiasmo. <<Potremmo organizzare un dibattito pubblico tra me e lei, così la popolazione potrà vedere la differenza tra le predicazioni fanatiche di Cirillo e le parole della Messaggera...>>
Xena annuì. <<Non resta che parlarne ad Evi>>.
Ipazia le si avvicinò, per dirle qualcosa, ma un improvviso trambusto troncò immediatamente la loro discussione. Damia si precipitò nella sala, il respiro accelerato per la corsa.
<<Mia signora, la Messaggera...>> la guerriera scattò in piedi, immediatamente. La giovane farfugliò alcune parole, ma nessuna delle due donne riuscì a distinguerle.
<<La Messaggera cosa?>> insistette Xena, minacciosa.
<<Damia, respira>> Ipazia le si era avvicinata, posandole una mano sulla spalla. <<Cosa è successo?>>
<<La messaggera è stata attaccata... Gli uomini del Prefetto sono riusciti a disperdere la folla ed a riportarla qui>>
<<È ferita?>> chiese la filosofa, prima che potesse farlo Xena.
<<Solo lievemente...>>
Xena si precipitò immediatamente fuori dalla stanza, per raggiungere Evi. Ipazia congedò Damia, affrettandosi, poi, per raggiungerla.
<<Stai bene?>> la voce di Xena era colma di preoccupazione.
<<Madre, per l’ennesima volta, sto bene...>> le rispose la ragazza con un sorriso. <<Non è la prima volta che accadono incidenti di questo genere>>
<<Incidenti?>> la guerriera inarcò un sopracciglio indicando con lo sguardo le escoriazioni ed i lividi che la messaggera aveva sulle gambe.
Dal racconto della giovane, era evidente che i legionari di pattuglia, allarmati dall’eccessivo trambusto, erano riusciti ad intervenire in tempo, prima che quella folla si trasformasse in una trappola mortale, non solo per Evi.
<<Olimpia era con me>> disse Evi, interrompendo il filo dei pensieri della guerriera.
<<E dov’è adesso?>> chiese Xena, irritata dal fatto che l’amazzone si fosse allontanata, lasciando Evi a gestire una situazione del genere.
<<L’ho vista inseguire l’uomo che ha cercato di uccidermi...>> rispose Evi, pronta alla reazione della madre che non tardò ad arrivare.
<<E questo quando avevi intenzione di dirmelo?>> la guerriera non sapeva se infuriarsi per la loro sortita avventata o essere sollevata.
<<Se mi avessi lasciata parlare, lo avresti avuto subito>> le rispose Evi, a tono.
<<Se non fossi stata così imprudente, non sarebbe successo. Come ti è saltato in mente di cercare la comunità di Sinesio? È ancora semi incosciente, non poteva essere una fonte sicura! Hai rischiato la tua vita sulla base di quello che potrebbe esser stato il delirio di un uomo ferito!>>
Ipazia, che fino ad allora aveva osservato la scena in silenzio, mise una mano sul braccio della guerriera. La giovane notò quel gesto, ma soprattutto notò come la madre non reagì con la solita nota di fastidio al contatto.
<<Non credo sia il caso di discuterne adesso...>> le disse, a bassa voce, con delicatezza, quasi preoccupata.
Evi non avrebbe saputo dire perché, ma lo sguardo di intesa tra la donna e sua madre la turbò molto.
<<Hai ragione...>> concordò la guerriera.
<<Madre, dovremmo cercare Olimpia...>>
<<Lo farò io...>>
<<Vengo con te>> insistette Evi, ma la guerriera fu perentoria.
<<Verrò io>> aggiunse Ipazia. Xena sospirò rassegnata, consapevole che qualsiasi cosa avesse detto, non avrebbe fatto cambiare idea alla donna.
<<Conosco la città meglio di te, Principessa Guerriera>> le disse Ipazia.
<<Non ti ho chiesto nulla...>> il tono seccato della guerriera la fece sorridere.
<<Io leggo la mente>> fu la risposta ironica di Ipazia ed al suo sorriso Xena non poté far altro che sorridere a sua volta, scuotendo la testa.
<<E devo ammettere che apprezzo la tua compagnia>> le sussurrò quando fu sicura che Evi non fosse in grado di ascoltarla. La mora le lanciò uno sguardo sorpreso, ma tutt’altro che infastidito, sebbene fosse sorpresa lei stessa del suo atteggiamento.
<<Facciamo in fretta>> disse alla fine, tagliando di netto i propri pensieri.
Vide Olimpia non molto tempo dopo: zoppicava appena ed aveva un tessuto nero stretto nel pugno. L’amazzone si girò nella sua direzione pressoché nello stesso istante ed andò verso di lei velocemente. Ipazia era ad alcuni passi di distanza, fuori dalla sua visuale.
<<Xena, hanno cercato...>>
<<Lo so>> la interruppe la guerriera. <<Evi è al sicuro>> aggiunse, in risposta allo sguardo interrogativo del bardo.
<<Mi è sfuggito, sono riuscita solo a strappargli questo>> disse poi l’amazzone, porgendole il cappuccio nero.
<<Uomini di Cirillo..>> la voce di Ipazia fece voltare Olimpia di scatto: come aveva fatto a non vederla? Nonostante fossero lì da poco tempo, sembrava essersi trasformata nell’ombra di Xena, di cosa si meravigliava?
<<Ne sei sicura?>> chiese Xena alla donna.
<<Senza ombra di dubbio>> Olimpia quasi sbuffò di fronte al suo atteggiamento così sicuro e fu certa che Xena lo avesse notato.
<<Di nero vestono i suoi seguaci più fidati e fanatici>> continuò l’altra donna, apparentemente senza cogliere l’interazione tra le due.
La guerriera annuì sovrappensiero.
<<Allontaniamoci da qui>> disse Ipazia.
La zona, infatti, era tornata a farsi affollata. Xena si guardò intorno, accennando ad uno dei vicoli. Olimpia fece per dare un passo, ma la gamba le cedette senza preavviso. Per Xena fu istintivo cingerle i fianchi per sorreggerla.
<<Ce la fai?>> le chiese. Nel suo tono di voce era sparita la durezza di pochi attimi prima. Olimpia la guardò negli occhi, così vicini e, per alcuni attimi, non riuscì a non sorriderle, cullata dal leggero senso di calore che si irradiava dal corpo della guerriera e che sembrava avvolgerla... Si sforzò di riprendere il controllo di sé ed allontanò la guerriera, avanzando lentamente per alcuni passi, saggiando la resistenza della gamba.
<<Certo che ce la faccio>> le disse, nel tono più neutro che riuscì ad ottenere.
<<Quella ferita va pulita>> si intromise Ipazia, troncando qualsiasi cosa Xena stesse per dire. <<Conosco una scorciatoia>> aggiunse poi, facendo loro strada.
Xena la seguì senza aggiungere altro ed Olimpia non poté che fare altrettanto.
<<Credete davvero che possa funzionare?>> Evi era molto perplessa circa il piano che Xena ed Ipazia avevano elaborato. <<Io vorrei, piuttosto...>>
<<Buttarti tra le braccia di Cirillo senza batter ciglio>> la interruppe Xena, senza permetterle di terminare la frase. La guerriera indicò, con gli occhi, i segni delle ferite, ancora ben evidenti sulla pelle diafana della messaggera.
<<Madre, tu non capisci...>>
<<No, Evi. Adesso devi ascoltarmi: Cirillo non è un uomo che si può affrontare “a modo tuo”. Dobbiamo essere preparate a tutto. Tu devi essere pronta a tutto e questo significa che non puoi semplicemente bussare alla sua porta per “parlargli”. È fuori discussione>>
<<È in grado di manipolare qualsiasi cosa a suo piacimento, anche un omicidio. Se, poi, fosse il tuo omicidio, gli sarebbe anche più facile trasformarti in una martire della sua causa...>> completò Ipazia e la guerriera annuì, senza aggiungere altro.
Olimpia osservò lo sguardo di intesa che Xena e la filosofa si erano scambiate, impercettibilmente. Evi continuava ad esser titubante: anche di fronte all’evidenza, le riusciva difficile pensare che quella fosse la strada giusta.
<<Evi>> intervenne Olimpia <<Hanno ragione, lo sai anche tu. Non puoi rischiare la tua vita, sopratutto quando ciò sarebbe solo un vantaggio per Cirillo>>
Xena guardò Olimpia, accennando ad un ringraziamento con lo sguardo.
La Messaggera annuì, grave. <<E sia... Permettemi, però, di parlare prima con Sinesio, non voglio lasciar nulla di intentato>>
Ipazia fece per controbattere sull’inutilità di quella consultazione, ma Xena la trattenne, poggiandole una mano sull’avambraccio. Olimpia sentì un fremito correrle lungo la spina dorsale e serrò la mascella. Rabbia? Gelosia? Non avrebbe saputo dirlo con precisione, probabilmente entrambe, forse nessuna delle due. Quel gesto, però, così piccolo, ma così intimo, in qualche modo aveva smosso qualcosa dentro di lei. Qualcosa che non avrebbe dovuto esserci. Qualcosa che aveva deciso di non provare più. Avvolta nei suoi pensieri, Olimpia non si accorse che Evi era già uscita dalla stanza, per raggiungere Sinesio.
Si scosse e fece per alzarsi: l’ultima cosa che voleva era rimanere sola con Xena e, soprattutto, Ipazia. Nell’alzarsi velocemente, però, la ferita alla gamba la trattenne con una fitta di dolore. Xena fu immediatamente di fronte a lei, rapidissima.
<<Non serve...>> fece per dire Olimpia, ma la guerriera la interruppe.
<<Sanguini, non dire sciocchezze>>
<<Cosa?>>
La guerriera sollevò la mano, sporca di sangue.
<<Avevo fermato il flusso, non dovrebbe....>> si oppose ancora.
<<È più profonda di quello che sembra... Probabilmente la lama è penetrata orizzontalmente>> Xena osservò con occhi esperti la ferita.
<<Devo richiuderla>> la guerriera si rimise in piedi, offrendosi di sostenere l’amazzone, che rifiutò.
<<Ce la faccio, non serve>> fece per dare alcuni passi, ma il dolore era intenso e non riuscì ad avanzare di molto.
Xena sbuffò, imponendole il suo aiuto: si passò il braccio di Olimpia attorno al collo, cingendole poi i fianchi con il suo.
<<Se continui a poggiare il peso così, farai allargare ancora la ferita ed allora saresti costretta a non camminare per settimane. Smettila di fare la bambina>>
Xena le aveva parlato ad un soffio dal viso ed Olimpia poté sentirne il respiro accarezzarle la guancia. Le sue parole erano state dure ed asciutte, eppure esprimevano preoccupazione.
<<Grazie...>> le disse, quasi in un sussurro.
La guerriera accennò appena nella sua direzione, poi si rivolse ad Ipazia. <<Puoi mandare su dell’acqua e bende pulite?>>
La filosofa annuì, con il suo ampio e pungente sorriso. <<Come lei desidera>> strizzò l’occhio nella direzione di Xena, che ricambiò il sorriso, scuotendo appena la testa..
<<Andiamo?>>
Olimpia annuì, cominciando a camminare facendo perno sulle spalle di Xena. L’amazzone poteva sentire distintamente gli occhi di Ipazia fissi su di loro. Così come non poteva non sentire la presenza, profondamente fisica, della guerriera accanto a sé.
Tentò di mantenere la sua mente concentrata ma rimase dolorosamente consapevole del fatto che le fosse estremamente vicina, troppo vicina... Per non parlare della sensazione di solidità e sicurezza che Xena emanava, anche solo con il semplice contatto. cercò, con finta disinvoltura, gli occhi della guerriera, ma dalla loro espressione non riuscì a cogliere nulla.
“Dannazione, Xena...” imprecò fra sé, costringendosi a domare lo smottamento emotivo che quel semplice contatto stava creando.
Quando raggiunsero la camera di Olimpia, Damia le attendeva sull’uscio, con quanto Xena aveva chiesto.
<<Porta pure tutto dentro>> disse la guerriera, aiutando Olimpia a salire l’ultimo gradino. La fanciulla, posata la brocca e le bende, accennò una riverenza e sparì oltre il corridoio di servizio.
<<Che rapidità...>> commentò Olimpia, con una nota di ironia. <<Le tue richieste vengono soddisfatte sempre così velocemente?>> un istante dopo, si maledisse per il tono velenoso delle sue parole.
<<È meglio se ti sdrai..>> le rispose, per contro, la guerriera, preferendo non commentare affatto e l’amazzone gliene fu grata.
“Allora l’ho sentito solo io?” fu il pensiero che attraversò, rapido ed inevitabile, la mente dell’amazzone.
Senza alzare gli occhi dalla ferita, Xena si sedette sul bordo del letto. Con mani rapide, ripulì i margini dal sangue, scoprendone i contorni. Aggrottò le sopracciglia, notandone la profondità.
<<Dovrò suturare a fondo>> le disse, guardandola negli occhi.
Olimpia esitò alcuni istanti, lo sguardo fisso sul volto dell’altra. Per un attimo, al volto della guerriera, si sovrappose quello di Brunilde, creando un viso nuovo, i cui tratti, incredibilmente, rimasero, però, inesorabilmente indefiniti ed evanescenti.
Olimpia scosse la testa, per riportare la sua mente alla realtà.
<<Tutto bene?>> chiese Xena, preoccupata che il suo straniamento fosse dovuto alla perdita di sangue, seppure non fosse così copiosa.
<<Si, certo... ho tutto nella sacca>>
La mora annuì, un po’ perplessa, per poi alzarsi e dirigersi allo scrittoio, sul quale era riposta la sacca. Dando le spalle ad Olimpia, si concesse un istante per prender fiato. Era tutto troppo recente perché la vicinanza così stretta le fosse totalmente indifferente. Ma le era altrettanto impossibile non pensare a tutto il resto, il Regno del Nord, lo schiaffo, l’addio...
Avrebbe preferito affrontare un’armata intera a mani nude piuttosto che reggere il peso di quella battaglia interna, anche solo per un altro minuto. Prese un profondo respiro, prima di voltarsi verso Olimpia, tornandole accanto. Le portò entrambe le mani sulla coscia, al di sopra della ferita, cercando i punti di pressione. Un tocco rapido ed Olimpia avvertì la sensibilità della sua gamba sparire. Terminata la sutura, Xena le sollevò il ginocchio, coprendo la ferita con la benda.
<<Adesso farà male>> le disse, apprestandosi a riportare la percezione del dolore al suo stato normale.
<<Fa pure, non è la prima volta>>
Xena annuì e non trattenne un leggero sorriso nel vedere l’espressione di Olimpia al ritorno del dolore.
<<Non è la prima volta, eh?>> fece scivolare la mano sul ginocchio dell’altra, in un gesto apparentemente causale, nascondendo in quell’atteggiamento una carezza.
L’amazzone ricambiò il sorriso, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio: conosceva troppo bene la guerriera per scambiare quel tocco delicato per una semplice casualità.
<<Cerca di non muoverti molto. Farò in modo di portarti un unguento che velocizzi la guarigione: abbiamo molto da fare>>
Xena fece per alzarsi, ma Olimpia la trattenne, afferrandole la mano. La guerriera la guardo, sorpresa, quasi quel contatto l’avesse scottata. Olimpia, però, non le lasciò subito andare il braccio. Fu sul punto di dirle qualcosa diverse volte, ma non poté fare altro che guardarla negli occhi diversi istanti, cercando qualcosa che neppure lei avrebbe saputo definire.
<<Grazie...>> le disse alla fine, esasperata dalla propria esitazione, allentando la presa fino a liberarla del tutto.
Xena serrò la mascella, quando, nella sua mente, riaffiorò l’immagine della ferita che aveva causato l’amnesia di Olimpia. Quasi per riflesso, strinse la mano sinistra, come a voler nascondere la piccola cicatrice. Si sforzò di accennare un sorriso, con scarso risultato.
<<Dovere>> fu l’unica cosa che riuscì a risponderle, affrettandosi ad uscire: reggere il contatto visivo con gli occhi dell’altra donna l’aveva lasciata con il fiato corto, sebbene non si fosse resa conto di trattenere il respiro fin quando non riprese fiato. Nell’attraversare la porta, per poco non colpì Ipazia.
<<Cosa ci fai qui?>> la sorpresa, nella sua espressione ancora assorta, era ben più che evidente-
<<È casa mia?>> fu la risposta pronta ed ironica della filosofa. Xena fece per spiegarsi, ma la donna le sorrise, facendole cenno di lasciar perdere.
<<Volevo scusarmi con Olimpia: temo di aver cominciato con il piede sbagliato con lei. Del resto, non è colpa sua se siamo in questa situazione...>>
Xena annuì. <<Mi servirebbero alcuni ingredienti per preparare un unguento...>>
<<Ti accompagno al mercato>>
<<Posso andare da sola, non è necessario>> Xena fece per avviarsi, ma la donna l’affiancò.
<<Ma io devo raggiungere il Museo e ritirare un oggetto che ho fatto realizzare>>
<<Non volevi scusarti con Olimpia?>>
<<Forse è meglio non disturbarla, per ora. Non sono un’esperta, ma la sua ferita non mi sembrava avesse un bell’aspetto>>
La guerriera la guardò, inarcando il sopracciglio. Nonostante fosse perfettamente logica, la sua risposta suonava tanto come una scusa.
<<Temo di non avere scelta allora>> concluse Xena.
Olimpia, all’interno, non poté non ascoltare la conversazione.
|