EPISODIO N. 4
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CAPITOLO V

<<Cassiodoro, sta calmo. Ti ho detto che arriverà subito, non c’è bisogno che ti agiti così!>>
L’arconte, seduto sul suo scranno, osservava il nobile che andava avanti e indietro lungo la stanza.
<<Smettila Leandro! Non posso affatto calmarmi! Non ora!>> la sua voce era tesa e nervosa.
<<Agitarti così non riporterà tuo figlio in vita. Né lui né Demonico…>>
Cassiodoro si fermò, fissando un punto indefinito del pavimento.
Un servitore aprì la porta e Xena fece il suo ingresso con una leggera cadenza marziale nel passo. Salutò con un cenno del capo l’anziano al centro della sala e si rivolse direttamente all’arconte.
<<È successo qualcosa?>> dalla sua espressione sembrava più un’affermazione che una domanda. Leandro fece per rispondere, ma Cassiodoro lo precedette.
<<Certo che è successo qualcosa! È stato ucciso un altro giovane dell’aristocrazia!>>
Xena si girò verso di lui guardandolo direttamente.
<<Quando?>> i suoi occhi assunsero un’espressione fredda e dura. Cassiodoro esitò un attimo prima di risponderle.
<<Poche ore fa, in pieno giorno e molto vicino alla città…>> la preoccupazione ed il timore potevano essere letti distintamente sul suo viso. La guerriera rifletté per alcuni secondi, aggrottando la fronte. Gli occhi di entrambi gli uomini erano fissi su di lei.
<<Chi era?>> chiese d’un tratto.
<<Il figlio e un altro membro del Consiglio morto alcuni anni fa. Era l’unico uomo vivo della sua famiglia…ora la madre è distrutta….>> le disse l’arconte. La guerriera rimase ancora in silenzio alcuni momenti.
<<C’erano legami tra l’altro morto e questo?>> chiese a brucia pelo. L’espressione di Cassiodoro passò dal preoccupato al furioso.
<<“L’altro morto” era il mio figlio primogenito, donna. Portagli il rispetto che gli deve una plebea come te>>
Leandro sgranò gli occhi osservando la guerra di sguardi tra i due: da un lato quello glaciale e tagliente di Xena, dall’altro quello furibondo dell’anziano.
<<Non m’interessa chi fosse tuo figlio. Sinceramente non m’importa neppure chi sia tu>> lasciò che una pausa di silenzio calasse nella sala prima di continuare.
<<Ora la mia preoccupazione è quella di evitare che ci siano altri morti e che la testa impagliata di qualunque cosa sia che uccide senza scrupoli venga appesa su quella parete>> si fermò di nuovo.
<<Se non vuoi che ti faccia raggiungere tuo figlio prima del previsto, contieni la tua arroganza>> sfiorò con le dita il bordo del chakram in un gesto apparentemente involontario.
Cassiodoro indietreggiò sebbene la guerriera non avesse fatto alcun movimento verso di lui. Leandro si alzò e s’interpose tra i due per evitare che la situazione degenerasse oltre.
<<State calmi entrambi. Siamo dalla stessa parte ed abbiamo i medesimi obiettivi>> guardò i due in viso cercando i segni della tregua. Cassiodoro fu il primo a cedere.
<<Hai ragione Leandro>> poi si rivolse verso la guerriera <<Xena, puoi perdonare un padre che ha perso da poco il figlio ed ha ancora la mente annebbiata dal dolore?>> le tese la mano che prontamente Xena strinse.
<<Comprendo il tuo dolore, ma ora dobbiamo cercare di rimanere lucidi. Il tempo per piangere non mancherà di certo. Cerchiamo solo che sia il minor numero di madri e padri a doverlo fare>>
Entrambi gli uomini annuirono alle sue parole e Leandro tirò un sospiro di sollievo.
<<Tornando a noi, che io sappia l’unica cosa in comune che avevano Palemone e Demonico era di essere entrambi figli di due membri del Consiglio>>
Xena rimase in silenzio mentre l’arconte e Cassiodoro le illustravano dove e quando erano stati ritrovati i due giovani.
<<Non avete pensato ad un sicario?>> chiese la guerriera d’un tratto.
<<Come, prego?>> Leandro si era voltato di scatto verso di lei con gli occhi sgranati e l’anziano la guardò con un’espressione sconvolta.
<<Ho chiesto se avete preso in considerazione l’ipotesi che si tratti di un piano preciso e che ci sia un sicario dietro questi assassini>>
Leandro abbassò il capo.
<<Sì, ci ho pensato spesso, ma dopo aver visto le condizioni in cui sono stati ritrovati i corpi ho scartato quell’ipotesi>>
Gli occhi di Cassiodoro si velarono di lacrime e la sua voce era esitante quando parlò.
<<Palemone, mio figlio, era quasi sbranato. Ho visto il corpo e c’erano segni di denti tutt’altro che umani, ma Xena potrebbe aver ragione…>>
L’arconte si voltò di scatto invitandolo con lo sguardo a proseguire.
<<Non è detto che il sicario sia l’esecutore materiale. Potrebbe usare un animale proprio per cancellare le tracce >>
La guerriera lo guardò annuendo.
<<Appunto. Sarebbe anche un’ottima soluzione per nascondere l’intenzionalità delle morti e far pensare ad incidenti o coincidenze, come abbiamo fatto fino ad ora>>
L’arconte rimane in silenzio riflettendo mentre Cassiodoro si lanciava in un elenco di valide motivazioni che potevano avere per uccidere suo figlio.
<<Vero Leandro?>> la domanda lo strappò dai suoi pensieri.
<<Vero cosa?>> chiese, cercando di nascondere un leggero imbarazzo. Cassiodoro lo guardò con disappunto.
<<Ma mi stai ascoltando o no?>>
<<Sarebbe stato comunque inutile>> gli rispose la guerriera. <<Di quello che hai detto non era necessaria neppure una sola parola. Figurati se dovessi cercare di cavarne qualcosa di utile>>
L’anziano rimase interdetto e stava per risponderle ma Xena lo precedette.
<<Non è stato ucciso solo tuo figlio e non hai detto nulla che lo accomunasse al ragazzo trovato oggi>>
<<Sì, è vero, ma…>> provò a ribattere.
<<Niente ma. Dobbiamo cercare un legame tra i due. Non mi interessano neppure lontanamente i nomi dei contadini a cui hai fatto confiscare le terre. Sono stata chiara?>>
<<Ma qualcuno deve pagare!>> scattò Cassiodoro.
Xena lo guardò con espressione dura.
<<Non sarà “qualcuno” a pagare. Se c’è un colpevole, e ne sono assolutamente certa, sarà lui ad essere punito. Lui e nessun altro>> dal suo tono era evidente che la guerriera non ammetteva repliche.
<<Non sarai tu a fermare la giustizia! Io sono un membro del Consiglio ed esigo che qualcuno sia giustiziato per la morte del mio Palemone!>>
<<ORA BASTA!>> urlò Leandro con voce possente.
<<Cassiodoro, hai sempre avuto il mio rispetto e la mia stima, ma non posso permetterti di macchiare l’onore del Consiglio in questo modo. GUARDIE!>>
Due armati accorsero immediatamente.
<<Comandi, signore>> dissero all’unisono in posizione di attenti.
<<Scortate il consigliere Cassiodoro alla sua dimora ed assicuratevi che non vi esca fino ad un mio nuovo ordine>>
<<Tu non puoi…> fece per dire l’anziano, ma l’arconte lo fermò con un gesto della mano.
<<Posso, Cassiodoro. Posso. Ti avevo avvertito, ma la tua condotta mi ha costretto a prendere questa decisione. Spero che potrai perdonarmi quando comprenderai perché lo faccio>>
Fece un cenno ai soldati di portare via l’uomo. Le sue urla di rabbia risuonarono nel corridoio ma non oppose nessuna resistenza.
<<Immaginavo che avrebbe reagito così…>> Leandro si sedette stancamente sul suo scranno.
<<Posso comprendere che il dolore per la perdita del primogenito annebbi la razionalità, ma non gli posso consentire di servirsi del Consiglio. È già accaduto e non voglio assolutamente che si ripeta…>>
Xena notò l’ombra cupa che gli attraversò lo sguardo, ma preferì non dire nulla.
<<Allora, che legami ci sono tra i due morti?>>
<<Davvero non ne ho la minima idea. Ad accomunarli c’era solo il ruolo che i padri occupavano ed un’amicizia tra le due famiglie, ma non saprei dirti altro. Provvederò affinché degli uomini di fiducia raccolgano il maggio numero di informazioni possibili>>
<<Bene. Ho bisogno di saperlo se devo cercare anche un uomo oltre che un animale>>
L’arconte annuì.
<<Allora incaricherò mio figlio Teucro di occuparsi di questa questione>> nel solo nominare il figlio il suo viso assunse una luce di orgoglio. Xena cercò di mascherare il suo disappunto verso quell’idea.
<<Va bene…>> si costrinse a dire. <<Nel frattempo voglio vedere il luogo dov’è stato trovato oggi il cadavere, sperando che non l’abbiano ancora rimosso>>
<<Ho dato ordine che non facessero nulla senza un mio o un tuo preciso ordine. È ancora lì>>
Xena fece un cenno d’assenso con il capo, contenta di quella risoluzione. Lo salutò ed uscì, dirigendosi verso la loro camera per chiamare Olimpia.


<<Vedi, questo porticato risale al XV Consiglio, più di duecento anni fa>>
Teucro indicò una serie di dodici colonne in marmo bianco che s’innalzavano maestose e solenni. Olimpia le guardò ammirata, sorridendo mentre procedeva al braccio del ragazzo.
<<Fu fatto costruire in onore della sconfitta che Akrastas inflisse ad alcune tribù barbare che razziavano le greggi>>
L’amazzone osservò le metope sull’architrave che lui le stava indicando e che rappresentavano delle scene di guerra con fedeltà minuziosa. L’attenzione della donna fu attirata da una costruzione imponente ed austera che svettava sulle altre per altezza e severità. Gliela indicò.
<<Quello invece cos’è?>> non distolse lo sguardo dall’edificio, quasi ne fosse stata completamente ammaliata. Il sole era ancora alto e luminoso data la bella stagione, sebbene avesse già oltrepassato lo zenit da alcune ore e volgesse ormai verso il tramonto.
<<Quello? È la sede del Consiglio…>> la voce di Teucro aveva perso l’entusiasmo con cui fino ad allora aveva illustrato e decantato le meraviglie architettoniche della città.
Ad Olimpia non sfuggì e, pur non senza sforzo, distolse gli occhi dall’edificio e li rivolse verso il viso di Teucro.
<<Qualcosa non va?>> gli chiese con dolcezza.
<<No, va tutto bene. Sono solo alcuni cattivi pensieri>> le sorrise un po’ forzatamente.
<<Se vuoi rientrare…>> fece per dirgli Olimpia, ma lui la interruppe.
<<Assolutamente. Ti ho promesso una visita della città e non ho intenzione di venir meno alla mia parola. Una così bella giornata non può essere offuscata da un pensiero cupo>> fece una pausa e la guardò negli occhi con un sorriso radioso.
<<E poi voglio approfittare quanto più possibile della tua compagnia: non so quanto ti fermerai e quante altre occasioni avremo di passare del tempo insieme>>
L’amazzone gli sorrise continuando a camminargli accanto tenendogli il braccio.
“Sicuramente ha spezzato il cuore a più di una fanciulla…quasi mi spiace di doverlo deludere, ma devo parlargli chiaramente: non voglio creare false illusioni”
Il palazzo del Consiglio attirò di nuovo il suo sguardo. Si fermò ed osservò con particolare interesse il portale di legno che chiudeva con i suoi battenti imponenti l’accesso a chiunque non appartenesse a quel luogo.
I battenti si aprirono ed uscì un uomo con i ceppi ai polsi scortato da un gruppo di armati. Sebbene fosse prigioniero avanzava con solennità ed orgoglio, la testa alta e lo sguardo altero. Olimpia vide in quei lineamenti i tratti di Teucro e sbatté le palpebre più volte per accertarsi di quello che vedeva.
<<Olimpia?>> la donna si voltò verso il giovane ad occhi sbarrati, ma tornò subito a guadare verso il palazzo. Non vide più nulla. Alcuni capannelli di uomini discorrevano sereni, ma nessun prigioniero né nessuna scorta.
“Non è possibile che sia sparito così…forse l’ho solo immaginato…”
Teucro la guardava preoccupato.
<<Olimpia, stai bene? Sei sbiancata…>> dalla sua voce trapelava un’apprensione sincera. Il bardo cercò di recuperare la concentrazione e si sforzò di rispondergli.
<<Sì, va tutto bene. Stai tranquillo, ho avuto solo un leggero mancamento>> si guardò intorno cercando di scorgere tra la folla il viso del prigioniero.
“Ma cosa sta succedendo?” si chiese, cercando di prestare attenzione a Teucro che aveva ripreso il suo ruolo di guida tenendole più saldamente il braccio.
<<Non trovi che quelle metope siano eccezionali?>> le chiese.
Olimpia annuì distratta, persa nel seguire il filo dei suoi pensieri. Continuarono a camminare insieme, anche se la concentrazione del bardo era tutta per quella strana immagine che aveva visto, ancora incerta se chiamarla visione o allucinazione.
“Ne devo parlare con Xena…Somigliava così tanto a Teucro, forse lui stesso potrebbe dirmi qualcosa…”


<<Olimpia? Mi sa che dovremo rimandare la visita della città: ci sono dei problemi imprevisti>> Xena aprì la porta cercando l’amazzone con gli occhi. Aggrottò la fronte quando non la vide. Entrò e si avvicinò allo scrittoio dove erano ancora appoggiati una pergamena, la boccetta dell’inchiostro ed il suo stilo. La stanza era vuota e le imposte della balconata dischiuse. La guerriera uscì, provando a cercare la chioma d’oro di Olimpia tra la folla. Non riuscendoci decise di scendere di persona nella piazza. Rientrò nella stanza e si avviò a passo svelto lungo il corridoio. Al suo passaggio gli armati s’irrigidivano nel saluto militare, ma non se ne accorse nemmeno, tanto era presa dal flusso dei suoi pensieri e dall’irritazione che sentiva crescere.
Uscì quasi correndo e seguì alla cieca la prima strada che le si parò davanti. La gente intorno a lei era solo una massa informe di colori diversi che le ostruiva il campo visivo. Urtò alcuni passanti, ma ne ebbe appena percezione. Si fermò solo quando vide la figura di Olimpia ad alcuni passi di distanza. Teucro che le teneva il braccio le fece sgranare gli occhi ed esitò prima di avanzare.
Fece pochi passi appena e chiamò il bardo. La sua espressione sorpresa e lievemente colpevole la infastidirono ancora di più. Non disse altro e si limitò ad aspettare che fosse lei ad avvicinarsi, la mascella contratta che indicava quanto sforzo le stesse costando mantenere la calma.
<<Ciao Xena. Pensavo ci avresti messo più tempo dall’arconte…>> le disse l’amazzone dopo aver lasciato il braccio del giovane ed essersi avvicinata alla guerriera
<<C’è voluto meno del previsto…>>
Ad Olimpia non sfuggì l’intonazione particolarmente irritata della sua voce.
<<Teucro si è offerto di….>> fece quasi per giustificarsi, ma Xena la interruppe bruscamente.
<<Sì, l’ho notato. Mi spiace di avervi interrotti, ma avevo bisogno di te. Però a quanto vedo sei impegnata>> attese alcuni istanti osservando l’espressione sorpresa del bardo, poi proseguì.
<<Non è mia intenzione distoglierti dai tuoi interessi>> senza neppure un cenno di saluto né verso Olimpia né tanto meno verso Teucro, si voltò di spalle avviandosi a grandi passi lungo la strada che aveva appena percorso. Il bardo si girò verso il giovane accennandogli un sorriso di scusa e seguì la guerriera.
<<Xena mi vuoi aspettare?>> le disse ad alcuni passi di distanza.
<<No>> fu la risposta secca della guerriera. Olimpia scosse la testa ed accelerò il passo per raggiungerla.
<<Visto che non c’era bisogno che mi fermassi?>> le disse Xena quando la raggiunse senza però neppure girarsi e continuando a camminare a grandi falcate.
<<Cos’hai?>> insistette l’amazzone.
<<Io? Nulla>> dal suo tono era evidente che la risposta era tutt’altra.
<<Sì, certo. Xena , per favore, non sopporto quando fai così!>> Olimpia le afferrò un braccio e la costrinse a voltarsi.
<<Guardami quando ti parlo!>> l’amazzone la guardò dritto negli occhi, ma la guerriera continuò a rimanere impassibile.
<<Mi vuoi dire cos’hai o devo chiamare un indovino?>>
<<Comincia a camminare allora, non credo ce ne siano nei paraggi>>
<<Devo prenderlo come un no?>> continuò caparbia Olimpia.
<<Prendilo come vuoi, conta qualcosa quello che penso io?>>
Il bardo sbatté le palpebre sorpresa e ferita dalle parole della guerriera.
<<Xena, ma ti ascolti? Stai dicendo cose senza senso!>>
Xena sorrise sarcasticamente e, voltatasi, riprese a camminare.
<<Allora continua a non ascoltarmi>> le disse secca.
Olimpia la riaffiancò per poi pararlesi di fronte, fermandola mettendole entrambe le mani sugli avambracci. La guardò negli occhi con determinazione e le disse:
<<Arrabbiarti per una sciocchezza come questa non ti sembra un po’ esagerato? Teucro è poco più che un fanciullo e si è offerto di farmi da guida. Tutto qui>> le sorrise.
Xena ricambiò il sorriso scuotendo la testa con aria rassegnata.
<<C’è stato un altro morto oggi. Hanno trovato il corpo verso mezzodì. Io sto andando lì…>> le disse la guerriera. Olimpia corrugò la fronte.
<<Vengo con te>> le rispose.
<<Sapevo che l’avresti detto>>
<<Allora tutto a posto?>> l’amazzone la guardò con i suoi occhi verdi puri e limpidi. La guerriera annuì.
<<Sì, tutto a posto >> le fece cenno di avvicinarsi e con un tono di voce più basso le raccontò del colloquio con l’arconte mentre si avviavano verso il palazzo dove alloggiavano.
<<Sono preoccupata, Olimpia. Sono più che convinta che ci sia qualcosa di più grande dietro. Non sarà solo una semplice caccia>>
L’amazzone non rispose, ripensando alla visione che aveva avuto poco prima.
<<Xena?>>
<<Dimmi>>
<<Forse ne so qualcosa…>> Olimpia esitò un attimo nonostante percepisse che tutta l’attenzione della guerriera era concentrata su di lei.
<<Ero con Teucro vicino al palazzo del Consiglio ed ho visto un uomo uscirne incatenato e scortato da un gruppo di armati>>
Rientrate nel palazzo, Xena si diresse verso le stalle.
<<E quindi? Sarà stato un condannato o un prigioniero. Non vedo che nesso possa avere con il nostro problema. Se avessero già catturato il colpevole l’avrei saputo>> la guerriera si avvicinò ad Argo II cominciando a sellarla e bardarla. Olimpia fece lo stesso alla sua cavalcatura esitando prima di parlare.
<<Il fatto è che non era lì>>
La guerriera montò a cavallo.
<<Come non era lì? Olimpia, sii più chiara per favore>> le disse guardando l’amazzone mentre saliva anche lei a cavallo.
<<So che può sembrare assurdo ed in effetti lo è. Solo che quando mi sono voltata verso Teucro che mi aveva chiamata era sparito. Lui e tutti gli armati che lo scortavano>>
Si avviarono verso l’uscita. La guerriera rimase in silenzio con la fronte corrugata. Olimpia fece altrettanto, lanciandole ogni tanto alcune occhiate di sottecchi.
<<Una visione…>> disse Xena quasi sottovoce. <<Cos’altro hai visto?>> chiese al bardo.
<<Nulla. Solo quest’uomo che somigliava moltissimo a Teucro che veniva scortato in catene fuori da quel palazzo. Nient’altro>>
Xena annuì, ancora assorta nel percorso dei suoi pensieri.
<<A cosa stai pensando?>> le chiese l’amazzone. Lo scalpiccio degli zoccoli dei cavalli faceva da sottofondo al silenzio che era calato tra le due.
<<Non so, Olimpia. Mi sto convincendo che è una caccia all’uomo. L’animale è solo un tramite, uno strumento. C’è uno schema preciso nella scelta delle vittime>> si girò verso il bardo.
<<Non credo affatto che sia solo una semplice coincidenza>>


Teucro camminava assorto per la piazza, dispensando sorrisi e gesti gentili a chiunque lo riconoscesse. Osservava distrattamente le mercanzie che i mercanti esponevano sui loro banchi, ignari di quel che stava accadendo in città. Qualche notizia era sfuggita alla cortina di segretezza che l’arconte aveva innalzato intorno alla questione. Il panico che si sarebbe diffuso se la gente avesse saputo che era stato ucciso il figlio primogenito di Cassiodoro ed ora anche il giovane Demonico sicuramente avrebbe portato ben più problemi della minaccia stessa che gravava su Akrastas.
La sua attenzione fu catturata da un mercante che decantava la finezza della grana delle pergamene che esponeva, gli si avvicinò, sfiorandone alcune con le mani.
<<Salve, signore. Visto che qualità sopraffina? Sono le migliori pergamene che potete trovare nella regione. Giungono direttamente da Atene. Lì vengono usate dai più grandi poeti e scrittori. Lei è uno scrittore?>>
Il giovane ne prese una fra le mani tastandone la consistenza tra il pollice e l’indice.
<<No, non sono uno scrittore. Quantomeno non così bravo da giustificare l’impiego di materiali così pregiati. Vorrei comprarne alcune per un’amica…>> sorrise al pensiero di Olimpia felice del regalo che aveva intenzione di farle trovare in camera.
<<Oltre a queste, ha dell’inchiostro di altrettanto valore?>>
Il mercante sorrise radioso alla prospettiva di quello che si presentava come una vendita più che rosea.
<<Certamente! Sono sicuro che conquisterà immediatamente il cuore dell’amica cui sono indirizzati. Tanta finezza non è comune, signore>>
Teucro sorrise. “Se fosse così facile conquistare il cuore di Olimpia. Ma sono più che sicuro che sarà ben felice di non partire con quella rude guerriera quando le offrirò la vita più radiosa che può immaginare…”
Il mercante continuava a mostrargli boccette d’inchiostro di diversa origine e colore, ma la sua attenzione era tutta per l’immagine del viso del bardo assorta nella scrittura e con la chioma illuminata da un tenero raggio di sole.

di Nihal

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