EPISODIO N. 4
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CAPITOLO VI

<<Accidenti…è un vero macello…>> Olimpia esitò ad avvicinarsi al cadavere su cui era già china la guerriera. Una pozza di sangue impregnava il terreno tingendo di porpora l’erba che vi cresceva tutt’intorno.
<<Lo so, Olimpia>> Xena guardava la salma scrupolosamente, attenta a non lasciarsi sfuggire nessun particolare. Il bardo l’affiancò, chinandosi accanto a lei.
<<Credi che anche l’altro fosse ridotto così?>> chiese con voce esitante.
<<Ricordi la macchia sulla via lastricata che abbiamo percorso venendo?>>
La guerriera non staccò neppure per un istante gli occhi dalle ferite del giovane. Olimpia annuì.
<<Allora puoi risponderti da sola>> le disse.
Il volto del ragazzo, miracolosamente intatto, era completamente coperto di sangue mentre sul collo e la prima parte del petto si apriva uno squarcio slabbrato, in cui erano ben visibili i segni di zanne animali di dimensioni notevoli. I ricci biondi, rimasti puliti, spiccavano in modo tetro sul profondo cremisi del viso e della pozza tutt’intorno.
Xena si alzò, osservando con scrupolosa minuzia tutto il terreno immediatamente circostante.
<<Olimpia?>> l’amazzone si alzò e la raggiunse. La guerriera le indicò una zona dove l’erba era stata schiacciata.
<<Credo di aver ragione. Guarda qui…>> si avvicinò ad una macchia definita ed indicò delle tracce.
<<Quelli sono segni di calzari…>> le disse l’amazzone. Xena annuì.
<<Appunto. Credo che l’arconte avrà una brutta notizia. Ora cambiano un po’ di cose>>
<<Ma chi può odiare a tal punto da uccidere in modo così atroce un ragazzo?>>
La guerriera riconobbe negli occhi dell’amazzone e nel tono della sua voce la purezza che l’aveva sempre contraddistinta permettendole di non lasciarsi mai contagiare dall’odio e dalla furia omicida.
<<Non lo so Olimpia, ma se è arrivato fin qui, certamente non si fermerà tanto preso se non facciamo qualcosa>> tornò a rivolgere lo sguardo al corpo.
<<Spero solo che riusciremo a fermarlo prima che si debbano celebrare i riti funebri per una terza persona>>
L’attenzione della guerriera fu attirata da uno strappo nella tunica all’altezza del cuore che aveva un contorno fin troppo definito. Si chinò nuovamente e ne scostò i lembi, sporcandosi le dita di sangue. Quello che vide non fece che confermare definitivamente i suoi sospetti.
<<Olimpia, portami dell’acqua per favore>> continuò a tenere gli occhi fissi sul petto del giovane quando l’amazzone le porse un piccolo otre d’acqua, rimanendole accanto.
Xena, stappatolo, ne versò parte del contenuto e, con delicatezza, pulì la pelle coperta di sangue già parzialmente coagulato. Quando ebbe finito, l’incisione nella sua carne apparve perfettamente leggibile.
???????
Xena la osservò con la fronte corrugata. Olimpia, al suo fianco, sbatté le palpebre più volte con espressione esterrefatta ed inorridita.
<<Questa non è sicuramente opera di un animale….>> disse la guerriera sottovoce. L’amazzone non rispose, continuando ad osservare quell’ulteriore crudeltà inflitta ad un persona troppo giovane per morire, ancor meno in quel modo così atroce e sofferto. Prendendo l’otre che Xena aveva posato a terra, lavò il viso del ragazzo, ripulendolo dalle incrostazioni ematiche e dalla terra. La guerriera le posò una mano sulla spalla, ma non la fermò. Quando ebbe finito, sorrise debolmente e sentì la mano di Xena stringerla con più forza.
<<Ora andiamo Olimpia. Non possiamo fare nient’altro per lui…>>
L’amazzone annuì, alzandosi in silenzio e la seguì senza alzare lo sguardo da terra. Xena diede ordini affinché la salma fosse trasportata a spalla e non semplicemente caricata su di un cavallo. Olimpia fu felice della sua decisione.
<<Olimpia, io voglio dare un’occhiata in giro finché c’è ancora luce. Se non te la senti di rimanere, va a riferire a Leandro quello che….>>
L’amazzone l’interruppe scuotendo la testa ed accennando un vago sorriso.
<<No, Xena. Resto con te>> lanciò un’occhiata al corpo che nel frattempo era stato avvolto in un sudario bianco.
<<Se tornassi in città non mi sarebbe ugualmente di nessun aiuto. E poi così posso darti una mano>> le sorrise con più sicurezza e la guerriera annuì, sfiorandole il braccio con il palmo della mano.
<<Come vuoi. Seguiamo quelle tracce di calzari allora>> la guardò negli occhi, ben attenta a cogliere una qualsiasi forma di cedimento nello sguardo del bardo che, invece, non ebbe nessun tentennamento. Il suo viso aveva ripreso colore e l’espressione del suo viso non era più di orrore e di disgusto.
Xena riprese il suo atteggiamento concentrato e tornò a prestare attenzione alle impronte, l’unica traccia concreta che poteva fornire loro una pista e, di conseguenza, portare ad un colpevole. Si avvicinò a dove erano più concentrate, facendo ben attenzione a non mischiarle con le sue.
<<Xena?>> l’amazzone la chiamò con voce sicura. La guerriera si voltò nella sua direzione.
<<Guarda qui…non mi sembrano di calzature queste tracce>>
Xena le si avvicinò, osservando con attenzione la forma circolare che il bardo le stava indicando.
<<Sono solo due di questa forma>> aggiunse Olimpia.
<<Sì, l’ho visto>> rispose secca la guerriera che, spostandosi, poggiò entrambe le ginocchia a terra ad una certa distanza, ottenendo così delle tracce molto simili a quelle che avevano trovato.
<<Era lì in ginocchio>> disse al bardo rialzandosi.
<<Per far cosa?>> insistette la bionda.
Xena scosse la testa, senza sciogliere la tensione che le si leggeva chiarissima sul viso.
<<Questo non posso saperlo. Forse per pregare o per guardare la sua vittima che moriva più da vicino…>> mantenne un tono di voce neutro.
<<E poi>> aggiunse <<sicuramente non poteva incidergli quella parola sul corpo stando in piedi>>
<<Già>> la fronte di Olimpia era corrugata in un’espressione preoccupata.
Xena deviò un po’ il discorso.
<<Questo conferma che è qualcosa di ben definito ed organizzato. Non era qui per caso>>
Si alzò, seguendo il percorso delle impronte a ritroso. In una piccola zona di macchia boschiva trovarono una chiazza d’erba schiacciata non visibile dalla strada grazie ad una siepe che s’innalzava ad alcuni passi di distanza.
<<Ha aspettato qui…>> mormorò la guerriera, scrutando con estrema attenzione la zona alla ricerca di possibili tracce. Si chinò, osservando come fossero presenti anche lì le tracce lasciate dalle ginocchia. Sfiorò l’erba con le mani, sentendola fredda ma ancora viva.
<<Non è accaduto da moltissimo. Forse nella prima mattinata, al sorgere del sole>>
Olimpia era accanto a lei, altrettanto concentrata ma soffermandosi su quelle che le sembravano delle altre impronte.
<<Xena?>> la chiamò.
La guerriera alzò gli occhi cerulei verso di lei. L’amazzone le indicò un sentiero appena distinguibile che s’inoltrava nella boscaglia su cui si intravedevano le tracce degli stessi calzari che avevano seguito fino ad allora.
<<Sembrano cancellate>> aggiunse l’amazzone. Xena la raggiunse e si chinò accanto a lei.
<<Come se fosse stato strusciato sopra del tessuto, ma non con molta decisione. Forse andava di fretta…>>
<<Sono troppo poco profonde per essere passi di corsa>>
Xena annuì, tastando con le dita la consistenza del terreno. Il sole era tramontato e la poca luce residua rendeva difficile seguire qualsiasi pista qualora fosse riuscita anche solo a vederla.
<<Ora però è inutile che restiamo qui…non riusciremmo comunque a cavare un ragno dal buco senza luce sufficiente>> disse Xena alzandosi.
Olimpia la imitò e la seguì a ritroso lungo la pista che le aveva portate lì.
<<Dobbiamo riferire tutto all’arconte il più presto possibile immagino>>
<<Sì, Olimpia. E poi devo chiedergli alcune spiegazioni>> il suo tono di voce era vagamente minaccioso. L’amazzone la guardò con espressione interrogativa.
<<Non credo che quella parola sia stata incisa solo su questo cadavere>>
L’amazzone non le rispose, ripensando a quelle lettere scavate con assoluta nel corpo del giovane quando era già morto. Raggiunte le cavalcature, sciolsero le briglie dall’albero a cui le avevano legate e montarono in sella. Xena diede ordine che la zona fosse presidiata e che a nessuno all’infuori di loro potesse avervi accesso, soldati compresi.


<<Padre, mi hai fatto chiamare?>> la voce di Teucro ruppe il silenzio che regnava nella sala dove l’arconte sedeva da solo. Si riscosse bruscamente dai suoi pensieri quando sentì la voce del figlio.
<<Sì, figlio mio. Ho bisogno di parlarti. Siediti accanto a me>> diede alcuni colpi con la mano destra sul posto vacante al suo fianco del piccolo divano. Sul tavolo davanti a lui era poggiata una caraffa di vino semi vuota ed un boccale.
Il giovane, obbedendo, si sedette accanto al padre, notando con preoccupazione che le occhiaie sotto gli occhi dell’anziano governante si erano fatte più profonde.
<<Padre, dovresti riposare. So che hai delle responsabilità verso il tuo…il nostro popolo e la nostra città, ma non devi dimenticare che hai anche delle responsabilità verso te stesso e le persone che ti sono accanto e che ti vogliono bene>>
Sorridendo quasi commosso Leandro gli posò la mano sulla spalla destra.
<<Riposerò quando tutta questa storia sarà finita, stanne certo. Ora, però, devo parlarti di due importanti questioni>> il suo viso assunse un’espressione seria e guardò il figlio negli occhi con fermezza.
<<Xena pensa che non si tratti di morti casuali e che le vittime non siano state scelte a caso. E mi trova assolutamente d’accordo su tutta la linea. Però, per confermare questa nostra idea e, soprattutto, per prevenire le mosse del presunto sicario, abbiamo bisogno di scoprire quale legame intercorresse fra le due vittime>>
Anche il viso di Teucro, sempre solare e sorridente, aveva assunto un cipiglio preoccupato e concentrato. Leandro, però, continuò.
<<Ho bisogno che qualcuno di fiducia si occupi di scoprire qual è il filo conduttore che seguono questi omicidi. Sono sicuro che potrai darci preziosissime informazioni>>
Teucro sgranò gli occhi sorpreso.
<<Io? Perché dovrei occuparmene io? Hai un sacco di uomini di ottimi uomini che possono adempiere a quest’incarico con risultati molto migliori di quelli che potrei ottenere io!>>
Leandro guardò il figlio sorpreso da questa sua reazione tutt’altro che entusiasta. Si sarebbe aspettato che fosse entusiasta del compito che gli stava affidando, non infastidito.
<<Teucro, non posso certo obbligarti. Lungi da me costringerti a fare qualcosa contro la tua volontà, ma non c’è nessuno che sia più adatto di te>>
Il ragazzo fece per controbattere, ma l’arconte lo fermò con un gesto della mano gentile ma che, al contempo, non ammetteva nessuna replica.
<<Lasciami finire. Tu ispiri fiducia nelle persone e sei ben visto da tutta la città, oltre ad averne tutta l’autorità. Non dimenticare poi che sia Palemone che Demonico hanno frequentato con te la scuola di retorica, per non parlare di tutte le lezioni di combattimento che avete fatto insieme>> Guardò il figlio negli occhi con espressione accorata volendogli toccare le corde più profonde del cuore.
<<Erano entrambi tuoi amici. Sono certo che è tuo desiderio assicurare il colpevole alla giustizia>>
Teucro rimase ancora in silenzio, lo sguardo fisso su di un punto indefinito alle spalle del padre. Poi si risolse a parlare.
<<Certo che voglio che venga fatta giustizia. E se questo potrà permettere a Xena ed Olimpia di catturare il responsabile prima che mieta altre vittime, sarò ben lieto di mettere i miei servigi al loro servizio>>
Leandro, orgoglioso della convinzione con cui il figlio aveva alla fine accettato, lo abbracciò dandogli alcune pacche sulla schiena.
<<Bene Teucro, è così che parla un vero uomo. Un padre non potrebbe desiderare un figlio migliore di te>> gli sorrise fiero.
Un’ombra cupa attraversò gli occhi di Teucro, ma l’arconte non la notò, troppo preso dai suoi sentimenti di padre. Il giovane ricambiò il sorriso.
<<Ed un figlio non potrebbe desiderare di avere un padre migliore di te>>
Le sue parole ebbero l’effetto desiderato e gli occhi di Leandro si velarono di lacrime di commozione.
<<Mi sa che sto proprio invecchiando: comincio a commuovermi troppo spesso>>
Entrambi risero e l’uomo riuscì ad asciugare una lacrima che gli era corsa sul viso senza che Teucro se ne accorgesse, almeno apparentemente.
<<Bene padre. Se non c’è altro, io andrei>>
<<No, Teucro, non ho finito. Abbi ancora un po’ di pazienza con questo anziano. Voglio che tu non esca dal palazzo dopo il tramonto e prima che il sole sia ben alto>>
Il giovane scoppiò in una grossa risata, mentre sul viso di Leandro non c’era nessuna traccia di divertimento.
<<Non ridere, Teucro. Sto parlando molto seriamente>>
<<Allora devo essere io a non aver capito bene. Vuoi che resti praticamente tutto il tempo chiuso tra le mura di questo palazzo?>> il suo tono era venato d’ironia.
<<Non il giorno, ma la notte>> precisò Leandro serio.
<<E per quale motivo, se mi è concesso saperlo?>>
<<Perché temo per la tua vita!>>
<<La mia vita?>> Teucro aveva sgranato gli occhi e guardava il padre con espressione esterrefatta.
<<Proprio non riesci a capire?>> l’arconte si alzò in piedi e prese a camminare avanti ed indietro per la stanza.
<<Non ti sei ancora reso conto che Palemone e Demonico erano solo il primo passo? È a te che mirano! Ed io non permetterò a nessuno di farti del male. A nessuno. L’ho giurato sulla mia stessa vita>>
Teucro sbatté le palpebre ancor più sorpreso di prima.
<<Padre, ma cosa stai dicendo?>>
<<Che sei in pericolo!>> insistette Leandro a voce più alta.
<<Sii ragionevole, padre: so che eravamo amici, o meglio conoscenti, ma non abbiamo null’altro in comune. Perché dopo di loro dovrei essere io il prossimo?>>
<<Sei un testardo senza paragone! Potresti smettere per un attimo di ritenerti invulnerabile? Dopo il Consiglio, chi altri possono colpire se non me? E secondo te ucciderebbero un servitore?>>
Teucro rimase in silenzio mentre il padre continuava a raccomandargli di prendere tutte le precauzioni possibili per la sua incolumità.
“Me? Impossibile…” pensò, ignorando completamente la voce dell’uomo che faceva da sottofondo ai suoi pensieri.
<<Mi ascolti Teucro?>>
<<Sì, ti ascolto, padre>> gli rispose il giovane con un’espressione che contraddiceva le sue parole <<ma come posso assolvere all’incarico che mi hai affidato se devo rimanere qui?>>
Leandro sbuffò innervosito dalla caparbia resistenza che gli stava opponendo il figlio.
“Sì, ma io sono anche il suo sovrano e se non vorrà dare ascolto al padre, dovrà obbedire all’arconte” Lo guardò con determinazione.
<<Ora stammi a sentire e ricorda che non ammetto nessuna replica: durante il giorno puoi uscire liberamente ed andare dove vuoi entro le mura della città, ma di notte non dovrai mettere neppure il naso fuori dalle mura di questo palazzo. Gli armati hanno già ricevuto l’ordine di non permetterti di passare per nessuna ragione>>
Tra i due calò il silenzio mentre infuriava una tacita guerra di sguardi. Nessuno dei due aveva la benché minima intenzione di darla vinta all’altro.
“Accidenti, ha il coltello dalla parte del manico. Posso oppormi al consiglio del padre, ma non ad un ordine dell’arconte” pensò Teucro senza smettere di sostenere lo sguardo duro di Leandro con altrettanta fierezza. Perseverò ancora un po’ nel silenzio, riflettendo su come poter aggirare quell’ostacolo.
<<E sia. Ma sappi, padre, che obbedisco all’arconte, non al genitore. Ora>> si alzò <<devo mandare un servo ad avvertire che la battuta di caccia di domani mattina è annullata dato che non posso uscire prima che sorga il sole>>
Si stava avviando alla porta quando questa si aprì e Xena ed Olimpia entrarono, seguite da un servo affannato che continuava a ripetere di doverle annunciare prima che potessero entrare.
<<Leandro, ho bisogno di parlarti subito>> disse la guerriera. Poi, rivolgendo lo sguardo a Teucro, aggiunse <<ed in privato>>
L’arconte, sorpreso dalla loro entrata così rapida, annuì, facendo loro cenno di avvicinarsi al tavolo e di sedersi. Teucro rimase lì ad osservare i tre. Accorgendosene, Xena si schiarì la voce ed indirizzò uno sguardo più che eloquente a Leandro che la guardò contrariato.
<<Io non ho segreti con mio figlio. Se vuole può rimanere>>
<<Ed io ti dico che deve uscire>>
Teucro si avvicinò e fissò la guerriera negli occhi con aria di sfida.
<<Non prendo ordini da chi non ha l’autorità di impartirmeli>>
Si guardarono in cagnesco a poca distanza l’uno dall’altra.
“Non mi fido di lui e non posso permettere che resti, specialmente dopo quello che mi ha raccontato Olimpia”
<<Teucro, per favore, mi accompagneresti alla mia stanza?>> disse l’amazzone improvvisamente, guadagnandosi un’occhiata stupita da parte della guerriera. Il giovane, non meno sorpreso, esitò prima di risponderle.
<<Certo, Olimpia. Ti accompagno con molto piacere e spero non sia solo per evitare che resti qui>>
Senza indugiare oltre offrì il braccio al bardo che lo prese e, congedatisi, uscirono.
<<Bene, Xena>> disse l’arconte quando la porta fu chiusa. <<Cos’hai da dirmi che mio figlio non può ascoltare?>>
La guerriera lo fissò con espressione seria.
<<Innanzitutto la parola ????????ti dice qualcosa?>>
Il viso di Leandro perse il suo colorito e sbatté le palpebre.
<<Era incisa anche su questo corpo?>> le chiese con voce esitante.
Xena annuì e l’uomo si passò le mani tra i capelli con espressione disperata. Poi tornò a rivolgersi verso di lei.
<<Speravo fosse solo l’opera di un sadico che voleva deturpare il corpo, ma ora che mi hai detto questo, sono più che certo che Teucro sia in grave pericolo>>
La guerriera lo guardò sorpresa. <<Cosa ti fa pensare che sia lui il prossimo bersaglio?>>
<<Non fare come lui, Xena: è evidente! Gli altri ragazzi erano suoi amici, come lo sono per me i loro padri. Chi altri potrebbero colpire se non lui?>>
La donna nutriva seri dubbi in proposito. <<Ma cosa c’entra la parola ???????? Con qualche vendetta ha a che fare Teucro?>> gli chiese.
<<Lui no, ma ci sono molti che potrebbero ucciderlo per vendicarsi di me!>> insistette ancora più infervorato.
<<Ora non comportarti come Cassiodoro! Capisco che tu voglia bene a Teucro come ad un figlio, ma sii ragionevole e non farti prendere dal panico>>
Leandro la guardò con gli occhi sgranati. <<Come fai a….>>
<<A sapere che non è tuo figlio naturale?>> lo interruppe Xena completando la frase.
<<È chiaro come il sole: non vi somigliate affatto>>
<<L’ho accolto nella mia casa come se fosse mio figlio dopo la morte di entrambi i suoi genitori poco dopo la mia elezione ad arconte. Così ricoprirà la carica che gli spetta di diritto>>
Xena lo guardò con nuovo interesse. <<Suo padre era il precedente arconte?>> gli chiese.
Leandro annuì. <<Sì, ma fu condannato a morte dal Consiglio e giustiziato la mattina seguente>>
<<Dimmi di più>>
Entrambi si sedettero e man mano che l’arconte proseguiva il suo racconto, un nuovo pensiero si faceva strada nella mente della guerriera.


<<Eccoci qui>> disse Olimpia, lasciando il braccio che Teucro le aveva offerto durante il tragitto dalla sala dell’arconte alla stanza dove alloggiavano le due guerriere. Il giovane la guardò con espressione eloquente.
<<Sì, siamo arrivati>>
Tra i due scese un silenzio imbarazzato. La guerriera guardò un punto indefinito sul pavimento, pentendosi di aver pensato a quell’escamotage per permettere a Xena di parlare da sola con Leandro. Teucro le sollevò il viso con due dita, guardandola negli occhi intensamente.
<<Senti, Teucro…>> cominciò a dire Olimpia scostando il viso <<Credo che tu abbia frainteso alcune cose>>
Il giovane gli mise l’indice sulle labbra. <<Shhh. Non dire nulla Olimpia, non ce n’è bisogno. Vogliamo entrambi la stessa cosa>> sul suo viso era leggibile un desiderio. Fu un attimo. Avvicinò le sue labbra a quelle del bardo che fece appena in tempo a scostarsi, ricevendo così il bacio sulla guancia. Teucro la guardò con stupore.
<<Stavo cercando di dirti proprio questo, Teucro: non può esserci nulla tra noi due>> la sua voce era salda come la determinazione che le illuminava gli occhi.
<<Olimpia, su, non prendermi in giro>> provò a scherzare.
<<Sei tu che prendi in giro te stesso. Non provo nessun sentimento per te >>
Non rispose nulla, continuando a tenere lo sguardo fisso su di lei ma completamente assorto dietro il filo dei suoi pensieri che l’amazzone poteva intuire solo lontanamente. Dalla sorpresa il suo viso si trasformò in una maschera di collera e per un attimo Olimpia ne ebbe quasi paura. Non riusciva a riconoscere in quegli occhi furenti lo stesso ragazzo che solo poche ore prima l’aveva accompagnata in città.
<<Teucro, cerca di capire….>> provò a dirgli, ma lui la interruppe con un gesto imperioso.
<<NO, NON VOGLIO PROVARE A CAPIRE!>> le urlò contro e si girò, avviandosi a grandi passi per il corridoio. Il bardo rimase alcuni secondi immobile, sconvolta dallo scatto d’ira del giovane.
<<È successo qualcosa?>> la voce preoccupata di Xena la distrasse. Le fece cenno di no con aria ancora sconvolta e la guerriera inarcò un sopracciglio con fare scettico.
<<Ho visto Teucro e mi sembrava piuttosto arrabbiato>>
<<Sono stata chiara con lui ed ha preso male la cosa, tutto qui>>
<<Ha provato ad aggredirti?>> La guerriera aveva corrugato la fronte ed Olimpia le sorrise dolcemente.
<<No, sta tranquilla. Non ha preso bene la cosa, ma non ha tentato di fare assolutamente nulla. A nessuno piace essere liquidato>>
Xena le sorrise. <<Ora entriamo, si sta facendo tardi e domattina voglio andare lì non appena sorge il sole. E devo parlarti di una cosa>>
Olimpia s’incupì al ricordo del corpo martoriato del giovane Demonico, ma non disse nulla ed entrò nella stanza. La guerriera la seguì senza chiederle il perché del cambiamento d’umore che non le era certo sfuggito. La guardò mentre si lavava le mani con l’acqua di una brocca.
<<Qualcosa non va?>> le chiese alla fine. Il bardo esitò prima di rispondere.
<<No, va tutto bene>> continuò a darle le spalle: se l’avesse guardata negli occhi, l’evidenza della sua menzogna l’avrebbe tradita. Xena le si avvicinò posandole una mano sulla spalla e facendola voltare verso di lei.
<<Ehi, cos’hai?>> vide gli occhi che le si velavano di lacrime. L’amazzone prontamente le asciugò con il dorso della mano prima ancora che potessero scenderle sul viso. La guerriera la fece sedere sulla sponda del giaciglio e si sistemò al suo fianco, rispettando il suo silenzio e limitandosi a farle sentire la sua presenza.
<<Questa mattina…era davvero….terribile…>> disse il bardo con fatica.
Xena l’abbracciò dolcemente. Poi si staccò e la guardò negli occhi.
<<Olimpia, farò del mio meglio perché il responsabile venga punito, te lo prometto>>
La ragazza annuì, tirando su col naso, mentre la guerriera le accarezzava una spalla per rassicurarla.

di Nihal

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