episodio n. 11
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N/B: Inventato e scritto su ispirazione de Il Signore degli Anelli, e per terminare la “Saga dell’Oro del Reno” proposta dai produttori nella sesta stagione del telefilm.


PROLOGO

<Il mio tesoro! Quest’oro mi permetterà di diventare invincibile! C’è riuscita Xena a forgiare un anello con l’oro del Reno, perché non potrei riuscirci io che l’ ho custodito per tanto tempo?> Una figura snella si muoveva nell’oscurità di un meandro: armeggiava con dei ferri, preparava un rudimentale forno per fondere l’oro del Reno. Era una donna, bramosa di potere e assetata di vendetta contro Xena, la principessa guerriera. <Sarai mia Xena, sarai la mia preda; se Grindl non è riuscito ad eliminarti, cancellando il tuo amore per quella prostituta bionda, lo farò io! Sarai mia per l’eternità, o non ti avrà nessuno!> La figura dai lineamenti perfetti, con i capelli lunghi color oro, che venivano sporcati dall’oscurità, avvolta dal caldo che regna sovrano solo nell’Averno, si apprestava a colare l’oro fuso nello stampo circolare, per formare un anello e, aspettando che solidificasse, parlava con un accento pieno d’odio: <Sono sicura che se dovesse accadermi la stessa sorte della valchiria Grinilde, Odino non mi lascerebbe per sempre brutta, deforme e mostruosa, mi restituirebbe il mio aspetto di ninfa del fiume, dopotutto, fino ad oggi, gli sono sempre stata fedele: ho custodito con le mie sorelle questo tesoro…> Poi come colta da un attimo di ripensamento: <…Le mie sorelle…> Scosse la testa come per scacciare ogni singolo pensiero che ancora le dava un senso d’umanità, che ancora potesse trasmetterle dei valori, e continuando, ritornando ai propri pensieri di gloria: <Oh, sciocche che non sono altro: abbiamo avuto la possibilità di regnare al di sopra degli stessi Asi per tanto tempo e non lo abbiamo mai fatto! Ora la situazione sarà ribaltata… Mi hanno costretto a prendere l’oro di nascosto, a scappare via dal fiume perché non volevano essere coinvolte in questo mio “sporco tradimento”…Stupide! Si perderanno la parte migliore: Il mio inarrestabile trionfo!>
L’anello era pronto; la donna i cui occhi scintillavano di odio, rancore, rabbia cieca, lo teneva tra le mani, ci giocava, lo stringeva come il più prezioso dei cimeli, attratta dalla sua forza oscura…
Con deciso piglio, si preparò ad infilare l’anello al dito, un attimo d’indugio, tipico di chi sta per compiere un passo decisivo nella sua vita, un’ultima occhiata al passato…ed un fulmineo ripensamento: <Sarò capace di rinunciare all’amore?> La donna chiuse gli occhi, sospirò e sembrò per un attimo distogliersi dal suo oscuro intento; poi con uno scatto repentino, si ritrovò con l’anello al dito in men che non si dica.
Un tremendo fumo rosso cominciò ad impestare la stanza, la donna non riusciva a vedere oltre il suo naso; un intenso dolore le torturava ogni centimetro della pelle, che cominciava a cedere il posto ad orribile squame. La donna si gettò a terra contorcendosi, dimenandosi, finché la sua trasformazione in essere mostruoso non fu completa al grido di: <Vendetta!!>
Era una creatura gigantesca, molto simile a Grindl, ma molto più feroce, che uscì pochi istanti dopo dall’atrio del meandro, camminando con furia devastatrice e urlando nel cuore della notte: <La mia vendetta si compirà! Sterminerò ogni forma di vita, umana o divina, che si frappone fra me è la mia ascensione al trono degli Asi!>



CAPITOLO 1


La notte era calata sull’accampamento di Xena e Olimpia che parlavano alimentando la brace del focolare e sistemando le ultime cose prima di andare a riposare:
O: <Quanta strada abbiamo fatto da stamattina; mi sembra di essere andata a Troia e tornata indietro a piedi!>
X: <Sei sempre la solita esagerata! Comunque siamo arrivate in Apulia con la nave stamattina alle prime luci dell’alba, ed ora siamo qui, quasi alle porte del grande impero romano…> disse Xena con tono consenziente.
O: <Xe, dove ci stiamo dirigendo di preciso?>
La donna alzò gli occhi per ammirare il cielo terso e pullulante di stelle, della gelida serata e poi fissò la sua compagna negli occhi smeraldini che le esprimevano tutto il suo amore, e sospirando disse: <Siamo dirette ancora una volta oltre le alpi, non in Britannia,dove tempo fa abbiamo salvato Evi da quella terribile Ordalia, ma in Scandinavia…>
Olimpia con un’aria mista tra il sorpreso ed il preoccupato: <Scandinavia? Xena, ma non ci siamo già state in Scandinavia?>
X: <Si, ed è proprio in quel frangente che conoscemmo Beawolf, Brunilde, Grinilde…ricordi?>
Il volto di Olimpia si incupì, divenne tutt’ad un tratto pensierosa e scotendo la testa giocherellava nervosamente volteggiando un sai tra le mani.
Xena che assisteva a quel comportamento così strano ed innaturale dell’amica disse: <Cosa c’è amore? Pensavo ti facesse piacere ritrovare vecchi amici...>
<No nulla..> rispose secca Olimpia, che con molta abilità lanciò il sai a mezz’aria e lo fece ricadere esattamente nel fodero che aveva sugli stivali, sotto gli occhi stupiti di Xena, che ammirava sempre di più i progressi della sua piccola guerriera; poi Olimpia riprendendosi un attimo, e cercando di deviare discorso disse: <Xena, ultimamente stiamo avendo una vita un po’ troppo frenetica, non trovi?>
X canzonandola: <Frenetica? Ma no, è solo una vita un po’ movimentata, tutto qua!>
O: <Si, si! Movimentata…dopotutto abbiamo solo dovuto sventare quei misteriosi omicidi (chiedendo aiuto a Marte per di più), liberato Evi dalle grinfie dei Glancoir, assistito alla tragica morte di Saffo; l’unica avventura assai più comica, è l’averti visto nei panni della vanitosa Dea dell’amore! E poi bla bla bla…Oh beh, è solo un po’ di movimento in fondo!>
X con un tono sul malizioso andante: <Noto una punta di ironia in questa risposta biondina, se non ti conoscessi bene, direi che mi stai nascondendo qualcosa! O che magari stai assemblando qualche “progetto” nella tua testolina!> Effettivamente Olimpia stava pensando che sarebbe stato stupendo se lei e Xena avessero potuto fermarsi qualche giorno in un posto, per rilassarsi e vivere solo di pesca e caccia… e la notte, lasciarsi andare a fare l’amore per tanto tanto tempo… Trasalendo dai sui pensieri però, Olimpia la fissò per un attimo imbarazzata, poi distolse lo sguardo non riuscendo a reggere quello dell’amica, e schiarendosi la voce balbettò: <Io? Ti sbagli! Xena…io n.. non…> Ma non riuscì a terminare la frase che fu colta da un tremendo capogiro, così impetuoso, che dovette poggiare la mano sulla spalla di Xena per reggersi. Olimpia cercò di essere più disinvolta possibile: aveva letto negli occhi di Xena tanta preoccupazione. Quei due zaffiri puntati su di lei sembravano interrogarla sul suo stato di salute; allorché per tranquillizzarla esclamò <E dai! Non preoccuparti: è solo stanchezza! Ora mi stendo e mi passa!E’ naturale essere un po’ spossati dopo un lungo viaggio..>
Xena le prese la mano e la strinse di più nella sua, poi si voltò a guardarla dicendole: <Forse è meglio che riposi, non ti scordare che ti sei procurata una gran bella ferita alla testa, stamattina al villaggio...>
Era una fredda sera invernale, e Xena gettò nella brace gli ultimi ciocchi di legno che le avrebbero tenute più calde durante la notte; per scaldarsi alla meglio avevano steso delle pelli sulla nuda terra, nelle quali si erano avvolte vicine l’una all’altra ad ascoltare i crepitii della legna umida. Per sopportare meglio il freddo, le due guerriere si strinsero forte l’una all’altra e cominciarono scambiarsi qualche coccola prima di addormentarsi, come erano solite fare; così Olimpia si appoggiò con il capo al petto di Xena, e il viso della guerriera era chino sul suo orecchio per sussurrarle più e più volte: < Ti amo!>. Tranne quei loro flebili sibili, il silenzio regnava sovrano in quella foresta, e di tanto in tanto si sentiva solo il fuoco ardere e scoppiettare, ed i respiri affaticati delle due, che si facevano asmatici dal troppo freddo.
Erano molto stanche: non si erano ancora riprese del tutto dalle recenti fatiche, e come se non bastasse, ci si era messa anche quella fastidiosa ferita di Olimpia a preoccupare Xena, il cui volto era segnato da una smorfia d’ inquietudine .
Cercando di proteggere alla meglio la compagna dal freddo con le sue braccia e le sue spalle, Xena ricordava attimo per attimo la loro ultima battaglia, quella mattina, contro dei briganti che avevano assalito il piccolo villaggio contadino di Dicearchia: le spade che s’incrociavano, la sua lotta col capo dei briganti, la sua premura nel restituire il maltolto ai poveri paesani depredati, tutto vorticava nella sua testa come un vivido flashback..Tutto riaffiorava nella sua mente, anche la scena in cui Olimpia stava immobile davanti al suo nemico con i sais sfoderati, ma tentennante nel colpirlo…Ricordava anche che, nonostante i suoi ripetuti richiami, Olimpia sembrava rapita, completamente assorta nei suoi pensieri, tanto da non badare neppure, al brigante arrivatogli alle spalle, che senza perdere tempo l’aveva colpita con una pesante spranga di metallo.. X: <Cosa stava facendo? Aspettava di essere colpita? Perché non ha reagito combattendo contro quel mercenario?> Questo pensiero le rimbombava nella mente, e malgrado si sforzasse non riuscì a trovare nessuna risposta plausibile a quel comportamento assai strano dell’amica. Decise, senza ulteriore indugio, di chiederle spiegazioni: in un gesto quasi istintivo, le sfilò dunque la mano da dietro al capo, bendato sulla fronte, che si adagiò molle sulla coltre di pelle; Xena si mise ritta sulla schiena, e disse ad Olimpia, strattonandola leggermente: <Ehi…Olimpia!> Fu solo in quel momento che ritornando pienamente e cosciente alla realtà, Xena si accorse che la giovane si era addormentata stremata, e percependo che gli era venuto a mancare l’appoggio del suo braccio, nel sonno, sembrava stesse cercando di arrivare ancora una volta a quel generoso petto che la proteggeva. Xena fu colta da tenerezza materna verso la sua fidanzata, e carezzandole e baciandole il capo le disse sorridendo: <Amore! Come al solito non mi aspetti mai e ti addormenti sempre senza dirmi buonanotte, vero?> La guerriera si rassegnò dunque a non avere quella risposta, e rimettendosi coricata, chiuse gli occhi dicendo: <Ah, vecchia mia, stai perdendo colpi! Si vede che sei proprio stanca: è bastato metterti al calduccio sotto le coperte, che subito ti sei addormentata! Non vorrai mica andartene in pensione?> Poi sbadigliando rimuginò fra se: <..In pensione…ma che vado ciarlando! Bah!> poi però, divenne di colpo seria, il suo sopracciglio destro si inarcò e continuò: <E se Olimpia ne avesse abbastanza di questa vita forzata di guerriera? Se dopo il mio ritorno avesse voluto vivere una vita diversa io che avrei fatto a quel punto? Voglio dire, sarei stata disposta a cambiare la mia vita per adattarmi ai canoni di vita della mia compagna?>
La guerriera si fermò per un po’ a trovare una risposta a queste ultime domande, poi, rendendosi conto che i suoi occhi non riuscivano più a stare aperti, si accoccolò ancora vicino a Olimpia e,facendo ben attenzione a non disturbare la posizione della compagna, le pose una mano sui fianchi e si abbassò a raccogliere i suoi respiri dicendo: <Come sono stanca…ho bisogno di una bella dormita; domani sarà un’altra frenetica giornata, altro che un po’ di movimento!>

X <Forza dormigliona sveglia! Il sole è già alto in cielo!!>
Olimpia cominciò a muoversi tra le coperte, non aveva alcuna voglia di alzarsi e, assonnata, con la voce impastata rispose all’amica: <Amore! Ma non vedi che è appena l’alba? Perché mi svegli così presto?> La guerriera le si avvicinò con somma pazienza, si chinò verso di lei, mise una mano sulla coltre di pelle e la sollevò: <Non è l’alba, è solo che una dormigliona di mia conoscenza, ha pensato bene di attorcigliarsi nelle coperte stanotte, tanto da farle cadere anche sugli occhi! Forza Mummia, o rischiamo di fare tardi!>
O: <Xe, ho mal di testa: non urlare!> Xena disse: <Ehi, io non sto affatto urlando!> Si sedette vicino alla compagna, la aiutò a sollevarsi e le disse: <Sai, credo sia il caso di controllare quella ferita, non mi piace il fatto che ti faccia male la testa…> Mentre diceva ciò, adagiò la compagna sulle sue ginocchia e mentre con una mano scioglieva la benda, scoprendo la tumefazione, con l’altra le carezzava la bionda chioma, arrivando fino alla frangetta arruffata sulla fronte. Xena tastava con due dita la ferita della compagna, ed Olimpia si lasciava andare in commenti del tipo: <Ahi, ouhc.. Xena fa piano, non vorrai sfondarmi il cranio!?!> X ridendo divertita le rispose: <Esagerata! Tu piuttosto: perché stavi permettendo a quel brigante di sfondartelo, e poi dici che io non posso farlo?> La bionda diventò rossa in volto, si sentiva imbarazzata: effettivamente la compagna aveva ragione, se solo non si fosse fatta distrarre dalle parole di quel mercenario… Aveva il rimorso di colui che è venuto a conoscenza di un tragico segreto, e che non vuole confidarlo alla sua migliore amica; così non potendo reggere ulteriormente la situazione, e quel silenzio, che anche se muto, sembrava diventato interrogatorio nei suoi riguardi, tolse il capo dalle ginocchia della compagna, le strappò la benda da mano per rimettersela in testa con fare molto stizzito, ma anche alquanto impacciato, non degnandola neppure di uno sguardo. Rialzandosi disse: <Andiamo? E’ tardi!> Xena alzò le braccia in segno di resa e rispose rassegnata: <Almeno hai la forza per fare battute: questo è un buon segno!> Il bardo ignorò la sua frase pungente, e cercò ancora, per quanto potesse, di farsi una fasciatura decente al capo. Xena si alzò dal giaciglio e cominciò a piegare le pelli: non riusciva proprio a capire gli atteggiamenti della compagna. Finché il silenzio non fu rotto dalla bionda che disse irata: <Accidenti a questa stupida benda!> e la scagliò più lontano che poteva. Appena recuperata la benda, qualche attimo dopo, Xena le andò dietro, prese le mani di Olimpia tra le sue, le massaggiò, e poi si fece cedere il posto prendendo in mano le due estremità di quel panno, calzandoglielo meglio che poteva sulla fronte, ed una volta sistematolo, la guerriera fece scivolare le sue mani dalla testa ai fianchi per circondare Olimpia di un caloroso abbraccio. In un secondo, il bardo si ritrovò stretta nella dolce morsa di Xena che, appoggiandole il capo sulla spalla, le parlò in un orecchio con tanta dolcezza: <Amore, Perché fai l’orgogliosa e non vuoi che ti aiuti? Stavo scherzando sai, stavo solo scherzando, prima!> Il bardo si voltò puntando il suo sguardo fisso nell’oceano immenso che erano gli occhi della guerriera, e con un filo di voce, persa in quel gran mare, sussurrò: <Scusami…> Xena annuì, ed Olimpia le sorrise, quindi il momento culminò in un bacio passionale, che fece congiungere le loro bocche, come mai prima.
X sciogliendosi dall’abbraccio le disse: <Forza, è tardi! Entro sera dovremo essere a metà strada, se vogliamo arrivare fra due giorni da Beawolf…>
Olimpia assunse di nuovo un espressione contrita, quasi di dissenso, e la cosa non sfuggì agli occhi attenti della guerriera che le chiese: <Uffà! Si può sapere che c’è?>
O: <Dobbiamo proprio tornare in Scandinavia? Non sono poi così sicura di volerci ritornare…>
X: <Posso sapere perché?>
Ancora una volta il tono di Olimpia si fece secco ed elusivo: <Perché non me la sento!>
Stizzita dalla risposta vaga della compagna, Xena si mise a sistemare le selle dei cavalli e poi le briglie borbottando: < “Perché non me la sento!” Ma che razza di risposta!> Quando tutto fu pronto, le due montarono a cavallo e lasciarono il bosco al galoppo.


CAPITOLO 2


L’avanzata delle due guerriere, fu abbastanza veloce, e senza particolari intoppi, tanto che quando il sole era allo zenit, alto e luminoso nel cielo, le due avevano già fatto molta strada, e decisero di fermarsi ad una fonte per rifocillarsi un po’, e per permettere anche ai cavalli di riposare.
Olimpia scese dal cavallo e si avvicinò nei pressi di quella sorgente che zampillava fresca acqua, si tolse la benda, e cominciò a rinfrescare il viso, la tumefazione, e poi a bere con le mani congiunte, un po’ d’ acqua; Xena che aveva mandato nel frattempo, i cavalli al pascolo, la raggiunse sfilandosi il fodero con la spada e il chackram dalla cintola e poggiandoli a terra. La guerriera si incantò per un attimo, ad ammirare l’immagine della compagna, riflessa in quella polla d’acqua, e Olimpia si accorse di ciò. Molto compostamente Olimpia si alzò senza dire nulla, e si andò a stendere sul piccolo praticello attiguo alla sorgente, con il volto rivolto verso il sole, che quella mattina, pur essendo pieno inverno, era abbastanza caldo. Improvvisamente, pur avendo gli occhi chiusi, sentì qualcuno che le stava facendo ombra, infatti Xena era alzata poco distante da lei, e la guardava con un’espressione abbastanza seccata. Olimpia sentendosi il suo sguardo addosso le chiese: <Cosa c’è?> X: <E’ da stamattina che non hai detto una parola, posso sapere cosa mi stai nascondendo?> Olimpia si sollevò sulla schiena, acquistando la posizione seduta e dicendo con un’ aria più disinvolta possibile: <Nulla, quante volte te lo devo dire?> Xena arrivò al limite: quelle parole la fecero saturare di rabbia, e esplodendo le fece una sfuriata: <Non voglio più sentire che non c’è nulla! E’ da stamattina che non dici una parola, cosa molto strana per te, che di solito sei una catapulta vivente di discorsi! C’è qualcosa che ti turba, perché non vuoi parlarmene? Sono convinta che tu mi nascondi qualcosa, e se prima era solo un sospetto, ora è diventata una certezza! Se non vuoi dirmelo per sfogarti, peggio per te, ma non ti azzardare a mettere il muso o a fare l’offesa se ti dico qualcosa solo per rompere l’atmosfera di tensione, dato che mi stai precludendo il piacere di sapere che viaggio in compagnia..> Prese fiato poi continuò: <E’ da quando siamo arrivate in Italia che ti comporti in modo strano, non so più che pensare; ho cercato di sorvolare sui tuoi atteggiamenti indisponenti, non ultimo quello di stamattina; ho cercato di starti comunque vicina nonostante il tuo silenzio; ti ho proposto di sfogarti almeno una dozzina di volte, e il risultato? Un semplice “Nulla”! Quanto sei diventata falsa! Non sembri più la persona di cui mi sono innamorata!> Olimpia la guardò con un atteggiamento stupito; per la prima volta, dopo tanto tempo, Xena stava alzando di nuovo la voce con lei; ma la guerriera continuò: <..E non guardarmi con quest’aria da cane bastonato, sai che non la sopporto!> Olimpia si alzò sulle gambe, conquistando la posizione eretta e iniziando anch’ella ad alterarsi contro la sua donna: <Come ti permetti di darmi dell’ipocrita? Quale aria da cane bastonato! Ti guardo solo perché ai miei occhi ti stai rendendo ridicola! Piantala di sbraitarmi contro!> <Ah, è così? Devo piantarla? Va bene, allora la pianterò di rendermi ridicola e smetterò di umiliarmi chiedendoti mille volte di parlare! E sai che ti dico? Se ti trovi nei guai, non venirmi a piangere addosso, ti lascerò soffrire da sola, come meriti che accada!!>
Poi con un fischio richiamò Argo II e si risistemò la spada e il chackram addosso.
Xena aveva una bisaccia di Olimpia sul suo cavallo, e in un momento di profonda collera, la prese gettandogliela in terra e dicendole: <Prosegui da sola, visto che mi stai tagliando fuori dalla tua vita! E ricordati, non cercarmi più!> Olimpia esterrefatta le disse con un tono di voce più calmo, quasi di rimorso: <Ma Xena…> Ma la guerriera incalzò: <Niente ma! In fondo sei stata tu a dire che non te la sentivi di tornare in Scandinavia! Io vado là e se non vuoi venire, arrangiati da te! Ma per me è una questione d’onore! Beawolf mi ricondusse da te quando il potere dell’anello forgiato con l’oro del Reno cancellò i miei ricordi e la mia capacità di amare; io non dimentico di restituire un favore ad un amico! Tu invece sei un’ingrata!> Detto questo la scrutò velocemente, montò a cavallo e spinse i tacchi degli stivali, forti nel dorso di Argo II, che subito si mise al trotto.
Olimpia era rimasta sola con la sua bisaccia, ed il cavallo che nel frattempo l’aveva raggiunta, non poteva credere che la sua migliore amica se ne fosse andata lasciandola sola nel bel mezzo del bosco.Cercando di farsi coraggio, e di essere indipendente, Olimpia raccattò la sua roba caduta dalla bisaccia, che nell’impatto con la terra si era aperta, interloquendo ad alta voce col cavallo: <Hai visto che razza di donnaccia? Mi ha lasciata sola nel bosco! E’ solo una puttana!> Il cavallo le si avvicinò, quasi come per consolarla, ma allo stesso tempo fece uno strano nitrito, che ella interpretò benissimo, e con somma tristezza: <Anche tu ti ci metti? Non sei d’accordo? Cosa ne vuoi sapere tu? Non ho la forza di dirle quello che mi è stato detto! Sarebbe per noi, come tornare indietro nel tempo…Non volevo che andasse in Scandinavia, non volevo per il suo bene!> I suoi occhi che erano stati rossi fino ad allora, cominciarono a piangere a dirotto. La bionda, cercando di avere un po’ di orgoglio, si asciugò gli occhi con la manica dello spolverino e fece per montare a cavallo, appena però, mise piede nella staffa, ebbe un tremendo capogiro, accompagnato da un violento dolore alla testa, molto più forte della sera prima, e cadde in avanti, col capo rivolto verso il suolo, nell’erba. Il cavallo di Olimpia cominciò ad agitarsi, a nitrire per farla svegliare, a scuoterla col muso, ma niente, la sua padrona non riprendeva i sensi.

Era pomeriggio inoltrato quando Xena decise di accamparsi, non aveva fatto molta strada da quando aveva lasciato l’amica, e anzi era rimasta sempre nei paraggi, sperando che da qualche angolo spuntasse Olimpia in sella al suo destriero; così però non fu, e la sua collera stava cominciando a cedere il posto alla preoccupazione: <E se Olimpia avesse deciso davvero di cominciare a farsi una vita per conto suo? Se mi escludesse davvero dalla sua vita? Non potrei sopportare di vivere una vita senza la mia compagna accanto, senza colei con cui ho condiviso gioie, dolori, avventure…Senza colei che amo più di tutto! Forse stamattina ho esagerato..> Il corso dei suoi pensieri, fu interrotto da un violento fruscio tra le foglie, Xena scattò dicendo: <Olimpia? No, non sei lei; lei ha un’ andatura molto più felpata, un profumo di lavanda misto al te verde… un…> Da dietro un cespuglio di gelso, venne fuori un cavallo marrone, un cavallo che Xena ben conosceva… sembrava impaurito, le nitriva contro e si imbizzarriva. Xena allarmata gli chiese: <Dov’è Olimpia? Dai bello, dov’è Olimpia?> In quel momento anche Argo II cominciò ad imbizzarrirsi e Xena capì che doveva essere successo qualcosa alla compagna. Con una fretta straordinaria, Xena montò in sella al suo cavallo, chiedendo poi all’altro animale di condurla da Olimpia.

di Bard and Warrior

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