N/B: Inventato e scritto su ispirazione de Il Signore degli
Anelli, e per terminare la “Saga dell’Oro del Reno”
proposta dai produttori nella sesta stagione del telefilm.
PROLOGO
<Il mio tesoro! Quest’oro mi permetterà di diventare
invincibile! C’è riuscita Xena a forgiare un anello con
l’oro del Reno, perché non potrei riuscirci io che l’
ho custodito per tanto tempo?> Una figura snella si muoveva nell’oscurità
di un meandro: armeggiava con dei ferri, preparava un rudimentale
forno per fondere l’oro del Reno. Era una donna, bramosa di
potere e assetata di vendetta contro Xena, la principessa guerriera.
<Sarai mia Xena, sarai la mia preda; se Grindl non è riuscito
ad eliminarti, cancellando il tuo amore per quella prostituta bionda,
lo farò io! Sarai mia per l’eternità, o non ti
avrà nessuno!> La figura dai lineamenti perfetti, con i
capelli lunghi color oro, che venivano sporcati dall’oscurità,
avvolta dal caldo che regna sovrano solo nell’Averno, si apprestava
a colare l’oro fuso nello stampo circolare, per formare un anello
e, aspettando che solidificasse, parlava con un accento pieno d’odio:
<Sono sicura che se dovesse accadermi la stessa sorte della valchiria
Grinilde, Odino non mi lascerebbe per sempre brutta, deforme e mostruosa,
mi restituirebbe il mio aspetto di ninfa del fiume, dopotutto, fino
ad oggi, gli sono sempre stata fedele: ho custodito con le mie sorelle
questo tesoro…> Poi come colta da un attimo di ripensamento:
<…Le mie sorelle…> Scosse la testa come per scacciare
ogni singolo pensiero che ancora le dava un senso d’umanità,
che ancora potesse trasmetterle dei valori, e continuando, ritornando
ai propri pensieri di gloria: <Oh, sciocche che non sono altro:
abbiamo avuto la possibilità di regnare al di sopra degli stessi
Asi per tanto tempo e non lo abbiamo mai fatto! Ora la situazione
sarà ribaltata… Mi hanno costretto a prendere l’oro
di nascosto, a scappare via dal fiume perché non volevano essere
coinvolte in questo mio “sporco tradimento”…Stupide!
Si perderanno la parte migliore: Il mio inarrestabile trionfo!>
L’anello era pronto; la donna i cui occhi scintillavano di odio,
rancore, rabbia cieca, lo teneva tra le mani, ci giocava, lo stringeva
come il più prezioso dei cimeli, attratta dalla sua forza oscura…
Con deciso piglio, si preparò ad infilare l’anello al
dito, un attimo d’indugio, tipico di chi sta per compiere un
passo decisivo nella sua vita, un’ultima occhiata al passato…ed
un fulmineo ripensamento: <Sarò capace di rinunciare all’amore?>
La donna chiuse gli occhi, sospirò e sembrò per un attimo
distogliersi dal suo oscuro intento; poi con uno scatto repentino,
si ritrovò con l’anello al dito in men che non si dica.
Un tremendo fumo rosso cominciò ad impestare la stanza, la
donna non riusciva a vedere oltre il suo naso; un intenso dolore le
torturava ogni centimetro della pelle, che cominciava a cedere il
posto ad orribile squame. La donna si gettò a terra contorcendosi,
dimenandosi, finché la sua trasformazione in essere mostruoso
non fu completa al grido di: <Vendetta!!>
Era una creatura gigantesca, molto simile a Grindl, ma molto più
feroce, che uscì pochi istanti dopo dall’atrio del meandro,
camminando con furia devastatrice e urlando nel cuore della notte:
<La mia vendetta si compirà! Sterminerò ogni forma
di vita, umana o divina, che si frappone fra me è la mia ascensione
al trono degli Asi!>
CAPITOLO 1
La notte era calata sull’accampamento di Xena e Olimpia che
parlavano alimentando la brace del focolare e sistemando le ultime
cose prima di andare a riposare:
O: <Quanta strada abbiamo fatto da stamattina; mi sembra di essere
andata a Troia e tornata indietro a piedi!>
X: <Sei sempre la solita esagerata! Comunque siamo arrivate in
Apulia con la nave stamattina alle prime luci dell’alba, ed
ora siamo qui, quasi alle porte del grande impero romano…>
disse Xena con tono consenziente.
O: <Xe, dove ci stiamo dirigendo di preciso?>
La donna alzò gli occhi per ammirare il cielo terso e pullulante
di stelle, della gelida serata e poi fissò la sua compagna
negli occhi smeraldini che le esprimevano tutto il suo amore, e sospirando
disse: <Siamo dirette ancora una volta oltre le alpi, non in Britannia,dove
tempo fa abbiamo salvato Evi da quella terribile Ordalia, ma in Scandinavia…>
Olimpia con un’aria mista tra il sorpreso ed il preoccupato:
<Scandinavia? Xena, ma non ci siamo già state in Scandinavia?>
X: <Si, ed è proprio in quel frangente che conoscemmo Beawolf,
Brunilde, Grinilde…ricordi?>
Il volto di Olimpia si incupì, divenne tutt’ad un tratto
pensierosa e scotendo la testa giocherellava nervosamente volteggiando
un sai tra le mani.
Xena che assisteva a quel comportamento così strano ed innaturale
dell’amica disse: <Cosa c’è amore? Pensavo ti
facesse piacere ritrovare vecchi amici...>
<No nulla..> rispose secca Olimpia, che con molta abilità
lanciò il sai a mezz’aria e lo fece ricadere esattamente
nel fodero che aveva sugli stivali, sotto gli occhi stupiti di Xena,
che ammirava sempre di più i progressi della sua piccola guerriera;
poi Olimpia riprendendosi un attimo, e cercando di deviare discorso
disse: <Xena, ultimamente stiamo avendo una vita un po’ troppo
frenetica, non trovi?>
X canzonandola: <Frenetica? Ma no, è solo una vita un po’
movimentata, tutto qua!>
O: <Si, si! Movimentata…dopotutto abbiamo solo dovuto sventare
quei misteriosi omicidi (chiedendo aiuto a Marte per di più),
liberato Evi dalle grinfie dei Glancoir, assistito alla tragica morte
di Saffo; l’unica avventura assai più comica, è
l’averti visto nei panni della vanitosa Dea dell’amore!
E poi bla bla bla…Oh beh, è solo un po’ di movimento
in fondo!>
X con un tono sul malizioso andante: <Noto una punta di ironia
in questa risposta biondina, se non ti conoscessi bene, direi che
mi stai nascondendo qualcosa! O che magari stai assemblando qualche
“progetto” nella tua testolina!> Effettivamente Olimpia
stava pensando che sarebbe stato stupendo se lei e Xena avessero potuto
fermarsi qualche giorno in un posto, per rilassarsi e vivere solo
di pesca e caccia… e la notte, lasciarsi andare a fare l’amore
per tanto tanto tempo… Trasalendo dai sui pensieri però,
Olimpia la fissò per un attimo imbarazzata, poi distolse lo
sguardo non riuscendo a reggere quello dell’amica, e schiarendosi
la voce balbettò: <Io? Ti sbagli! Xena…io n.. non…>
Ma non riuscì a terminare la frase che fu colta da un tremendo
capogiro, così impetuoso, che dovette poggiare la mano sulla
spalla di Xena per reggersi. Olimpia cercò di essere più
disinvolta possibile: aveva letto negli occhi di Xena tanta preoccupazione.
Quei due zaffiri puntati su di lei sembravano interrogarla sul suo
stato di salute; allorché per tranquillizzarla esclamò
<E dai! Non preoccuparti: è solo stanchezza! Ora mi stendo
e mi passa!E’ naturale essere un po’ spossati dopo un
lungo viaggio..>
Xena le prese la mano e la strinse di più nella sua, poi si
voltò a guardarla dicendole: <Forse è meglio che
riposi, non ti scordare che ti sei procurata una gran bella ferita
alla testa, stamattina al villaggio...>
Era una fredda sera invernale, e Xena gettò nella brace gli
ultimi ciocchi di legno che le avrebbero tenute più calde durante
la notte; per scaldarsi alla meglio avevano steso delle pelli sulla
nuda terra, nelle quali si erano avvolte vicine l’una all’altra
ad ascoltare i crepitii della legna umida. Per sopportare meglio il
freddo, le due guerriere si strinsero forte l’una all’altra
e cominciarono scambiarsi qualche coccola prima di addormentarsi,
come erano solite fare; così Olimpia si appoggiò con
il capo al petto di Xena, e il viso della guerriera era chino sul
suo orecchio per sussurrarle più e più volte: < Ti
amo!>. Tranne quei loro flebili sibili, il silenzio regnava sovrano
in quella foresta, e di tanto in tanto si sentiva solo il fuoco ardere
e scoppiettare, ed i respiri affaticati delle due, che si facevano
asmatici dal troppo freddo.
Erano molto stanche: non si erano ancora riprese del tutto dalle recenti
fatiche, e come se non bastasse, ci si era messa anche quella fastidiosa
ferita di Olimpia a preoccupare Xena, il cui volto era segnato da
una smorfia d’ inquietudine .
Cercando di proteggere alla meglio la compagna dal freddo con le sue
braccia e le sue spalle, Xena ricordava attimo per attimo la loro
ultima battaglia, quella mattina, contro dei briganti che avevano
assalito il piccolo villaggio contadino di Dicearchia: le spade che
s’incrociavano, la sua lotta col capo dei briganti, la sua premura
nel restituire il maltolto ai poveri paesani depredati, tutto vorticava
nella sua testa come un vivido flashback..Tutto riaffiorava nella
sua mente, anche la scena in cui Olimpia stava immobile davanti al
suo nemico con i sais sfoderati, ma tentennante nel colpirlo…Ricordava
anche che, nonostante i suoi ripetuti richiami, Olimpia sembrava rapita,
completamente assorta nei suoi pensieri, tanto da non badare neppure,
al brigante arrivatogli alle spalle, che senza perdere tempo l’aveva
colpita con una pesante spranga di metallo.. X: <Cosa stava facendo?
Aspettava di essere colpita? Perché non ha reagito combattendo
contro quel mercenario?> Questo pensiero le rimbombava nella mente,
e malgrado si sforzasse non riuscì a trovare nessuna risposta
plausibile a quel comportamento assai strano dell’amica. Decise,
senza ulteriore indugio, di chiederle spiegazioni: in un gesto quasi
istintivo, le sfilò dunque la mano da dietro al capo, bendato
sulla fronte, che si adagiò molle sulla coltre di pelle; Xena
si mise ritta sulla schiena, e disse ad Olimpia, strattonandola leggermente:
<Ehi…Olimpia!> Fu solo in quel momento che ritornando
pienamente e cosciente alla realtà, Xena si accorse che la
giovane si era addormentata stremata, e percependo che gli era venuto
a mancare l’appoggio del suo braccio, nel sonno, sembrava stesse
cercando di arrivare ancora una volta a quel generoso petto che la
proteggeva. Xena fu colta da tenerezza materna verso la sua fidanzata,
e carezzandole e baciandole il capo le disse sorridendo: <Amore!
Come al solito non mi aspetti mai e ti addormenti sempre senza dirmi
buonanotte, vero?> La guerriera si rassegnò dunque a non
avere quella risposta, e rimettendosi coricata, chiuse gli occhi dicendo:
<Ah, vecchia mia, stai perdendo colpi! Si vede che sei proprio
stanca: è bastato metterti al calduccio sotto le coperte, che
subito ti sei addormentata! Non vorrai mica andartene in pensione?>
Poi sbadigliando rimuginò fra se: <..In pensione…ma
che vado ciarlando! Bah!> poi però, divenne di colpo seria,
il suo sopracciglio destro si inarcò e continuò: <E
se Olimpia ne avesse abbastanza di questa vita forzata di guerriera?
Se dopo il mio ritorno avesse voluto vivere una vita diversa io che
avrei fatto a quel punto? Voglio dire, sarei stata disposta a cambiare
la mia vita per adattarmi ai canoni di vita della mia compagna?>
La guerriera si fermò per un po’ a trovare una risposta
a queste ultime domande, poi, rendendosi conto che i suoi occhi non
riuscivano più a stare aperti, si accoccolò ancora vicino
a Olimpia e,facendo ben attenzione a non disturbare la posizione della
compagna, le pose una mano sui fianchi e si abbassò a raccogliere
i suoi respiri dicendo: <Come sono stanca…ho bisogno di una
bella dormita; domani sarà un’altra frenetica giornata,
altro che un po’ di movimento!>
X <Forza dormigliona sveglia! Il sole è già alto
in cielo!!>
Olimpia cominciò a muoversi tra le coperte, non aveva alcuna
voglia di alzarsi e, assonnata, con la voce impastata rispose all’amica:
<Amore! Ma non vedi che è appena l’alba? Perché
mi svegli così presto?> La guerriera le si avvicinò
con somma pazienza, si chinò verso di lei, mise una mano sulla
coltre di pelle e la sollevò: <Non è l’alba,
è solo che una dormigliona di mia conoscenza, ha pensato bene
di attorcigliarsi nelle coperte stanotte, tanto da farle cadere anche
sugli occhi! Forza Mummia, o rischiamo di fare tardi!>
O: <Xe, ho mal di testa: non urlare!> Xena disse: <Ehi, io
non sto affatto urlando!> Si sedette vicino alla compagna, la aiutò
a sollevarsi e le disse: <Sai, credo sia il caso di controllare
quella ferita, non mi piace il fatto che ti faccia male la testa…>
Mentre diceva ciò, adagiò la compagna sulle sue ginocchia
e mentre con una mano scioglieva la benda, scoprendo la tumefazione,
con l’altra le carezzava la bionda chioma, arrivando fino alla
frangetta arruffata sulla fronte. Xena tastava con due dita la ferita
della compagna, ed Olimpia si lasciava andare in commenti del tipo:
<Ahi, ouhc.. Xena fa piano, non vorrai sfondarmi il cranio!?!>
X ridendo divertita le rispose: <Esagerata! Tu piuttosto: perché
stavi permettendo a quel brigante di sfondartelo, e poi dici che io
non posso farlo?> La bionda diventò rossa in volto, si sentiva
imbarazzata: effettivamente la compagna aveva ragione, se solo non
si fosse fatta distrarre dalle parole di quel mercenario… Aveva
il rimorso di colui che è venuto a conoscenza di un tragico
segreto, e che non vuole confidarlo alla sua migliore amica; così
non potendo reggere ulteriormente la situazione, e quel silenzio,
che anche se muto, sembrava diventato interrogatorio nei suoi riguardi,
tolse il capo dalle ginocchia della compagna, le strappò la
benda da mano per rimettersela in testa con fare molto stizzito, ma
anche alquanto impacciato, non degnandola neppure di uno sguardo.
Rialzandosi disse: <Andiamo? E’ tardi!> Xena alzò
le braccia in segno di resa e rispose rassegnata: <Almeno hai la
forza per fare battute: questo è un buon segno!> Il bardo
ignorò la sua frase pungente, e cercò ancora, per quanto
potesse, di farsi una fasciatura decente al capo. Xena si alzò
dal giaciglio e cominciò a piegare le pelli: non riusciva proprio
a capire gli atteggiamenti della compagna. Finché il silenzio
non fu rotto dalla bionda che disse irata: <Accidenti a questa
stupida benda!> e la scagliò più lontano che poteva.
Appena recuperata la benda, qualche attimo dopo, Xena le andò
dietro, prese le mani di Olimpia tra le sue, le massaggiò,
e poi si fece cedere il posto prendendo in mano le due estremità
di quel panno, calzandoglielo meglio che poteva sulla fronte, ed una
volta sistematolo, la guerriera fece scivolare le sue mani dalla testa
ai fianchi per circondare Olimpia di un caloroso abbraccio. In un
secondo, il bardo si ritrovò stretta nella dolce morsa di Xena
che, appoggiandole il capo sulla spalla, le parlò in un orecchio
con tanta dolcezza: <Amore, Perché fai l’orgogliosa
e non vuoi che ti aiuti? Stavo scherzando sai, stavo solo scherzando,
prima!> Il bardo si voltò puntando il suo sguardo fisso
nell’oceano immenso che erano gli occhi della guerriera, e con
un filo di voce, persa in quel gran mare, sussurrò: <Scusami…>
Xena annuì, ed Olimpia le sorrise, quindi il momento culminò
in un bacio passionale, che fece congiungere le loro bocche, come
mai prima.
X sciogliendosi dall’abbraccio le disse: <Forza, è
tardi! Entro sera dovremo essere a metà strada, se vogliamo
arrivare fra due giorni da Beawolf…>
Olimpia assunse di nuovo un espressione contrita, quasi di dissenso,
e la cosa non sfuggì agli occhi attenti della guerriera che
le chiese: <Uffà! Si può sapere che c’è?>
O: <Dobbiamo proprio tornare in Scandinavia? Non sono poi così
sicura di volerci ritornare…>
X: <Posso sapere perché?>
Ancora una volta il tono di Olimpia si fece secco ed elusivo: <Perché
non me la sento!>
Stizzita dalla risposta vaga della compagna, Xena si mise a sistemare
le selle dei cavalli e poi le briglie borbottando: < “Perché
non me la sento!” Ma che razza di risposta!> Quando tutto
fu pronto, le due montarono a cavallo e lasciarono il bosco al galoppo.
CAPITOLO 2
L’avanzata delle due guerriere, fu abbastanza veloce, e senza
particolari intoppi, tanto che quando il sole era allo zenit, alto
e luminoso nel cielo, le due avevano già fatto molta strada,
e decisero di fermarsi ad una fonte per rifocillarsi un po’,
e per permettere anche ai cavalli di riposare.
Olimpia scese dal cavallo e si avvicinò nei pressi di quella
sorgente che zampillava fresca acqua, si tolse la benda, e cominciò
a rinfrescare il viso, la tumefazione, e poi a bere con le mani congiunte,
un po’ d’ acqua; Xena che aveva mandato nel frattempo,
i cavalli al pascolo, la raggiunse sfilandosi il fodero con la spada
e il chackram dalla cintola e poggiandoli a terra. La guerriera si
incantò per un attimo, ad ammirare l’immagine della compagna,
riflessa in quella polla d’acqua, e Olimpia si accorse di ciò.
Molto compostamente Olimpia si alzò senza dire nulla, e si
andò a stendere sul piccolo praticello attiguo alla sorgente,
con il volto rivolto verso il sole, che quella mattina, pur essendo
pieno inverno, era abbastanza caldo. Improvvisamente, pur avendo gli
occhi chiusi, sentì qualcuno che le stava facendo ombra, infatti
Xena era alzata poco distante da lei, e la guardava con un’espressione
abbastanza seccata. Olimpia sentendosi il suo sguardo addosso le chiese:
<Cosa c’è?> X: <E’ da stamattina che non
hai detto una parola, posso sapere cosa mi stai nascondendo?> Olimpia
si sollevò sulla schiena, acquistando la posizione seduta e
dicendo con un’ aria più disinvolta possibile: <Nulla,
quante volte te lo devo dire?> Xena arrivò al limite: quelle
parole la fecero saturare di rabbia, e esplodendo le fece una sfuriata:
<Non voglio più sentire che non c’è nulla!
E’ da stamattina che non dici una parola, cosa molto strana
per te, che di solito sei una catapulta vivente di discorsi! C’è
qualcosa che ti turba, perché non vuoi parlarmene? Sono convinta
che tu mi nascondi qualcosa, e se prima era solo un sospetto, ora
è diventata una certezza! Se non vuoi dirmelo per sfogarti,
peggio per te, ma non ti azzardare a mettere il muso o a fare l’offesa
se ti dico qualcosa solo per rompere l’atmosfera di tensione,
dato che mi stai precludendo il piacere di sapere che viaggio in compagnia..>
Prese fiato poi continuò: <E’ da quando siamo arrivate
in Italia che ti comporti in modo strano, non so più che pensare;
ho cercato di sorvolare sui tuoi atteggiamenti indisponenti, non ultimo
quello di stamattina; ho cercato di starti comunque vicina nonostante
il tuo silenzio; ti ho proposto di sfogarti almeno una dozzina di
volte, e il risultato? Un semplice “Nulla”! Quanto sei
diventata falsa! Non sembri più la persona di cui mi sono innamorata!>
Olimpia la guardò con un atteggiamento stupito; per la prima
volta, dopo tanto tempo, Xena stava alzando di nuovo la voce con lei;
ma la guerriera continuò: <..E non guardarmi con quest’aria
da cane bastonato, sai che non la sopporto!> Olimpia si alzò
sulle gambe, conquistando la posizione eretta e iniziando anch’ella
ad alterarsi contro la sua donna: <Come ti permetti di darmi dell’ipocrita?
Quale aria da cane bastonato! Ti guardo solo perché ai miei
occhi ti stai rendendo ridicola! Piantala di sbraitarmi contro!>
<Ah, è così? Devo piantarla? Va bene, allora la pianterò
di rendermi ridicola e smetterò di umiliarmi chiedendoti mille
volte di parlare! E sai che ti dico? Se ti trovi nei guai, non venirmi
a piangere addosso, ti lascerò soffrire da sola, come meriti
che accada!!>
Poi con un fischio richiamò Argo II e si risistemò la
spada e il chackram addosso.
Xena aveva una bisaccia di Olimpia sul suo cavallo, e in un momento
di profonda collera, la prese gettandogliela in terra e dicendole:
<Prosegui da sola, visto che mi stai tagliando fuori dalla tua
vita! E ricordati, non cercarmi più!> Olimpia esterrefatta
le disse con un tono di voce più calmo, quasi di rimorso: <Ma
Xena…> Ma la guerriera incalzò: <Niente ma! In
fondo sei stata tu a dire che non te la sentivi di tornare in Scandinavia!
Io vado là e se non vuoi venire, arrangiati da te! Ma per me
è una questione d’onore! Beawolf mi ricondusse da te
quando il potere dell’anello forgiato con l’oro del Reno
cancellò i miei ricordi e la mia capacità di amare;
io non dimentico di restituire un favore ad un amico! Tu invece sei
un’ingrata!> Detto questo la scrutò velocemente, montò
a cavallo e spinse i tacchi degli stivali, forti nel dorso di Argo
II, che subito si mise al trotto.
Olimpia era rimasta sola con la sua bisaccia, ed il cavallo che nel
frattempo l’aveva raggiunta, non poteva credere che la sua migliore
amica se ne fosse andata lasciandola sola nel bel mezzo del bosco.Cercando
di farsi coraggio, e di essere indipendente, Olimpia raccattò
la sua roba caduta dalla bisaccia, che nell’impatto con la terra
si era aperta, interloquendo ad alta voce col cavallo: <Hai visto
che razza di donnaccia? Mi ha lasciata sola nel bosco! E’ solo
una puttana!> Il cavallo le si avvicinò, quasi come per
consolarla, ma allo stesso tempo fece uno strano nitrito, che ella
interpretò benissimo, e con somma tristezza: <Anche tu ti
ci metti? Non sei d’accordo? Cosa ne vuoi sapere tu? Non ho
la forza di dirle quello che mi è stato detto! Sarebbe per
noi, come tornare indietro nel tempo…Non volevo che andasse
in Scandinavia, non volevo per il suo bene!> I suoi occhi che erano
stati rossi fino ad allora, cominciarono a piangere a dirotto. La
bionda, cercando di avere un po’ di orgoglio, si asciugò
gli occhi con la manica dello spolverino e fece per montare a cavallo,
appena però, mise piede nella staffa, ebbe un tremendo capogiro,
accompagnato da un violento dolore alla testa, molto più forte
della sera prima, e cadde in avanti, col capo rivolto verso il suolo,
nell’erba. Il cavallo di Olimpia cominciò ad agitarsi,
a nitrire per farla svegliare, a scuoterla col muso, ma niente, la
sua padrona non riprendeva i sensi.
Era pomeriggio inoltrato quando Xena decise di accamparsi, non aveva
fatto molta strada da quando aveva lasciato l’amica, e anzi
era rimasta sempre nei paraggi, sperando che da qualche angolo spuntasse
Olimpia in sella al suo destriero; così però non fu,
e la sua collera stava cominciando a cedere il posto alla preoccupazione:
<E se Olimpia avesse deciso davvero di cominciare a farsi una vita
per conto suo? Se mi escludesse davvero dalla sua vita? Non potrei
sopportare di vivere una vita senza la mia compagna accanto, senza
colei con cui ho condiviso gioie, dolori, avventure…Senza colei
che amo più di tutto! Forse stamattina ho esagerato..> Il
corso dei suoi pensieri, fu interrotto da un violento fruscio tra
le foglie, Xena scattò dicendo: <Olimpia? No, non sei lei;
lei ha un’ andatura molto più felpata, un profumo di
lavanda misto al te verde… un…> Da dietro un cespuglio
di gelso, venne fuori un cavallo marrone, un cavallo che Xena ben
conosceva… sembrava impaurito, le nitriva contro e si imbizzarriva.
Xena allarmata gli chiese: <Dov’è Olimpia? Dai bello,
dov’è Olimpia?> In quel momento anche Argo II cominciò
ad imbizzarrirsi e Xena capì che doveva essere successo qualcosa
alla compagna. Con una fretta straordinaria, Xena montò in
sella al suo cavallo, chiedendo poi all’altro animale di condurla
da Olimpia.
di
Bard and Warrior
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il racconto