Nel
Monastero di Burhang, Olimpia sedeva, inginocchiata, con gli occhi
chiusi, in una piccola sala illuminata dallo splendore del sole di
quella mattina.
Stava li, con i propri pensieri, cercando d’ottenere delle risposte
che non sembravano arrivare.
Aveva fiducia in Xena, sapeva che quella che ora era a capo della
malvagia armata, non era lei. Era quello spirito del male che s’era
impossessato della sua amica.
Nella sua mente, continuava a ripetere una richiesta d’aiuto
a colui che forse era l’unico che avrebbe potuto aiutarla…
In un bagliore che emanava pace e spiritualità, comparve di
fronte ad Olimpia lo spirito di Belur.
Il bardo aprì lentamente gli occhi luccicanti d’affetto
nel rivedere il vecchio amico.
<<Ho sentito le tue richieste, Olimpia>> Disse lo spirito
benigno.
L’amazzone sorrise dolcemente.
<<Sono felice di vederti… Ho bisogno ancora una volta
del tuo aiuto, Belur. Si tratta di Xena… Io… Non so cosa
fare per lei.>>
<<Lo so, so tutto, mia dolce amica>>
<<Puoi aiutarmi?>>
<<So che ce la puoi fare.>>
<<Non è contro Xena che devo combattere ma contro lo
spirito malvagio che è dentro di lei… Tutto l’amore
che ho per Xena, non basta. Ho bisogno di tutto l’amore di cui
tu sei capace. Guidami, Belur, te ne prego.>>
<<Sarò sempre con te, Olimpia. Va da Xena, raggiungila
e salvala.>>
L’amazzone, rassicurata, annuì, decisa.
<<Solo tu puoi farlo.>>Aggiunse Belur, scomparendo nel
bagliore luminoso così com’era venuto.
L’amazzone
cominciò a prepararsi per partire alla volta di Xena ma la
stanza si riempì di una luce accecante, così potente
che Olimpia dovette coprirsi gli occhi con la mano.
Quando li riaprì si ritrovò davanti Michele e Raffaele.
I due arcangeli, in tutta la loro possenza, con le grandi ali spalancate,
le parvero quasi minacciosi.
Visti i precedenti che la bionda guerriera e Xena avevano avuto con
loro sapeva che non c’era da aspettarsi niente di buono se erano
lì.
<<Sai perché siamo qua, Olimpia.>> Esordì,
l’angelo biondo.
<<Perché?>> Chiese l’amazzone.
<<Vogliamo la formula.>> Rispose Michele.
<<Dovrete uccidermi, prima.>>
Michele non se lo fece dire due volte, estrasse la spada e la puntò
contro l’amazzone.
Olimpia, però, non si fece impressionare ed estrasse, a sua
volta i sais che aveva stretti nei calzari.
<<Vuoi combattere contro di me? Contro un arcangelo?>>
Chiese Michele.
<<Combatterei contro tutti, per Xena.>>
Michele attaccò una prima volta ma Olimpia incrociando le sue
armi, parò il colpo dell’arcangelo.
Michele ci riprovò ma non ebbe la meglio neanche questa seconda
volta.
<<Quella non è più la tua Xena e non lo sarà
mai!>> Esclamò l’arcangelo biondo.
Quelle parole ferirono Olimpia più di quando avrebbe potuto
fare la spada: Michele aveva colpito il punto dolente del bardo: che
Xena non potesse più tornare quella di prima?
Approfittando di quel momento di debolezza, Michele attaccò
di nuovo la donna che cadde a terra. L’arcangelo alzò
la spada, come preparandosi a colpire, ma Raffaele si parò
davanti alla donna, fermando il suo colpo.
<<Non ti permetterò di toccare Olimpia!>>
<<Fatti da parte!>> Ripose Michele, aggressivo.
<<No!>> Replicò, deciso, Raffaele.
Olimpia si rialzò, sistemandosi in posizione di difesa.
Michele convenne con sè stesso che non era il caso di battersi
contro entrambi e che avrebbe avuto un’occasione migliore per
recuperare quella formula.
<<Ci rivedremo Olimpia e tu mi darai quella formula… Sempre
che tu non sia così sciocca da farti uccidere da Xena, prima.>>
Detto ciò, scomparve in quel bagliore di luce.
<<Non arrenderti.>> Disse invece Raffaele, per poi scomparire
alla stessa maniera dell’altro.
<<No, non m’arrendo.>> Esclamò Olimpia, più
che altro a sè stessa per farsi forza.
L’amazzone sentì un’altra sensazione strana, riafferrò
saldamente i sais e si girò di scatto.
<<Ehi, ehi, ma è una mania? Volete sempre tutte picchiarmi!>>
Esclamò Marte, appena apparso.
<<Ho imparato da Xena a riconoscere il tuo fetore.>> Rispose
Olimpia, sarcastica.
Non era proprio in vena di sentirsi schernire da Marte e dai suoi
discorsi su quanto gli piacesse Xena nella versione cattiva. Perché
se il dio della guerra, dalla Grecia era andato fin lì in Tibet,
conosceva certamente l’accaduto.
<<Da Xena hai imparato anche ad essere scortese, a quanto pare!
– Replicò Marte. – Sta calma, sono qua per aiutarti.>>
<<Questo è quello che dici di solito e poi c’è
sempre sotto qualcosa.>>
Marte sbuffò, ogni qualvolta parlava con Olimpia, notava sempre
di più una sua somiglianza con Xena, rimanendo, però,
una donna semplice e pura di spirito.
<<Voglio aiutare Xena.>>
<<O te stesso?>> Chiese, retorica, Olimpia.
<<No, Xena! Gli arcangeli non permetteranno che continui così,
devi fare qualcosa…>>
<<Sono appena stati qui.>>
<<Che cosa?!>>
<<Marte, puoi portarmi da lei subito?>>
<<Non aspettavo altro che istruzioni.>>
Il dio afferrò una mano del bardo, schioccò le dita
e scomparì, riapparendo immediatamente, miglia e miglia più
lontano, all’accampamento dell’armata della Principessa
Guerriera.
<<Bene poetessa, eccoti a destinazione. Buona fortuna.>>
Olimpia fece per allontanarsi ed il dio per scomparire quando, la
donna parlò. <<Marte…>>
<<Sì?>>
<<Grazie.>>
Il dio annuì e scomparve.
Capitolo
sesto /Atto sesto
Come appreso dalle amazzoni, Olimpia s’addentrò nell’accampamento
dei guerrieri di Xena, senza essere vista.
Vide un uomo a guardia delle tende e lo colpì alla testa con
l’elsa del sai, facendogli perdere i sensi.
L’uomo crollò a terra ed Olimpia lo spogliò dei
propri indumenti, indossandoli subito dopo per potersi mescolare agli
altri.
Non fu difficile trovare la tenda di Xena, era la più grande
tra tutte.
Olimpia entrò silenziosamente e vide la sua compagna in piedi
che beveva del sidro da un grosso calice, con lo sguardo perso nel
vuoto.
La Principessa Guerriera s’accorse praticamente subito d’essere
spiata e si girò di scatto, trovandosi di fronte la bionda,
vestita come uno dei suoi uomini.
Non poteva crederci, era tornata!
<<Che vuoi?>>
<<Te. Rivoglio la mia Xena.>>
<<Vattene.>>
<<No… Non senza te. Xena, cerca la vera te stessa dentro
il tuo cuore…>>
La Principessa Guerriera chiuse gli occhi. Quelle parole la facevano
traballare, vacillare. La solo visione di Olimpia la confondeva, ed
andava a insinuarsi in quella scorza insensibile che l’aveva
caratterizzata negli ultimi giorni.
<<Vattene!>> Urlò questa volta.
Ma dalla sua voce non traspariva decisione, anzi, sembrava una richiesta
disperata d’aiuto.
Olimpia s’avvicinò alla sua compagna che però
si ritirò, si strinse nelle sue spalle come volendo proteggersi
dall’unica cosa dalla quale si sentiva vulnerabile: l’amore.
Olimpia l'abbracció e tentò di posare le sue labbra
su quella della Principessa Guerriera che non si ritrasse.
Per un attimo l’amazzone sperò che tutto potesse finire
e tornare a posto, ma quel loro momento d’intimità fu
interrotto dal brusco arrivo dell’arcangelo Michele accompagnato
da altri tre.
Olimpia estrasse i sais e si parò davanti a Xena, nel tentativo
di difenderla col proprio corpo.
<<Olimpia, spostati, non voglio farti del male.>> Esclamò
Michele.
<<Non ti lascerò toccare Xena!>>
Xena non interveniva, era come paralizzata, c’era qualcosa,
dentro di lei che non funzionava come avrebbe dovuto, la confusione
cresceva velocemente, nella sua testa e nel suo cuore.
Michele alzò gli occhi al cielo, rassegnato alla testardaggine
di Olimpia e s’apprestò a lottare contro di lei, attaccandola.
Prima l’avrebbe tolta dai piedi, prima avrebbe distrutto Xena.
Ma la Principessa Guerriera non permise all’arcangelo di toccare
la sua Olimpia e finalmente trovò la forza di agire ponendosi
tra i due e scagliando una sfera d’energia contro Michele.
Questo volò a terra e, vedendolo in difficoltà, gli
altri tre angeli attaccarono Xena con violenza.
Gli ordini erano stati ben precisi: la Principessa Guerriera andava
fermata a tutti i costi.
Olimpia non permise agli angeli d’avvicinarsi troppo a Xena,
questa volta fu di nuova lei a pararsi tra loro, brandendo i propri
sais e buttandosi contro coloro che avevano attaccato la sua compagna.
Michele si rialzò deciso a scontrarsi contro Xena armata della
propria spada. L'arcangelo ancora una volta s’era messo contro
di lei.
Ma ciò che più le faceva rabbia in quel momento era
il tentativo di nuocere ad Olimpia e questo proprio non poteva accettarlo.
Da quando aveva invocato lo spirito, nulla era stato in grado di smuoverla.
Nulla, tranne Olimpia.
Non riusciva a capire niente, combatteva e basta.
Ed improvvisamente, cominciò a sentirsi debole.
La sua testa pulsò in una maniera atroce, come se un pugnale
l'avesse colpita.
Si sentì dilaniare le meningi e s’accasciò a terra.
Dal suo corpo emanò una luce così potente da oscurare
persino quella degli angeli che non riuscivano a comprendere e spaventati,
si allontanarono di qualche passo, interrompendo la battaglia.
Dopo qualche secondo Xena cadde a terra, senza sensi. Sembrava privata
della sua forza, della sua linfa vitale.
Michele sorrise compiaciuto e scomparve seguito dagli altri angeli.
Olimpia s’inginocchiò vicino a Xena e strinse il suo
corpo al proprio.
La pelle della guerriera era ancora bianca come il latte.
L’aria si riempì d’un profumo intenso, ed una leggera
brezza sfiorò il volto del bardo.
<<L’amore, Olimpia… è l’amore la chiave.>>
Si udì la voce di Belur sussurrare queste parole.
Il bardo guardò il pallido volto di Xena, incorniciato dai
capelli scuri come la notte. Li scostò leggermente dal suo
volto e s’avvicinò lentamente con il proprio a quello
della guerriera.
Chiuse gli occhi e pose le proprie labbra su quelle rosse di Xena.
Come per magia, dalle sue labbra riapparve un'intensa luce che sembrò
uscire da lei abbandonandola per sempre.
La sua pelle riacquistò colorito e le vesti tornarono quelle
consuete.
Xena riaprì gli occhi e la prima cosa che vide, fu il bardo
sorridente, con occhi velati di commosse lacrime.
<<Grazie.>> Sussurrò la Principessa Guerriera con
un filo di voce.
Conclusione/epilogo
Era l’alba di un nuovo giorno e Xena ed Olimpia avvolte in calde
mantelle erano pronte a ripartire in sella ai loro cavalli.
Olimpia le si avvicinò posandole una mano sull'avambraccio.
<<Mi dispiace molto per quello che è successo.>>
Disse Xena.
<<Non eri tu>> Rispose, Olimpia, volendo chiudere quel
capitolo.
<<Ma se quel maledetto lato oscuro non fosse parte di me, non
accadrebbero queste cose…>> Continuò a colpevolizzarsi
Xena.
Olimpia pose un dito sulle labbra della guerriera, come ad indicarle
di tacere.
<<Ogni qualvolta vacillerai, ci sarò io a riportarti
sulla giusta via.>>
<<Sei la parte migliore di me, Olimpia.>>
<<Ti voglio bene, Xena>>
di
Lisa
Stampa
il racconto