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CAPITOLO.
-allora sei ancora così scettica?-
Xena si guardò intorno. Doveva ammetterlo quel posto non era
proprio male. Era un villaggio incantevole che sorgeva praticamente
in mezzo al bosco, tanto che per arrivarci non sempre era possibile
proseguire a cavallo. Questo era un po un handicap per il villaggio,
visto che i commerci non erano proprio molto facili, ma almeno questo
lo rendeva isolato e tranquillo.
-allora ti piace o no?-
-niente male- disse semplicemente Xena, deludendo Olimpia.
-come niente male? Ma sai come lo chiamano? Glene, loasi della
Grecia
andiamo.. non dirmi che non ti piace??- Olimpia le si
era parata davanti e con quel suo tono deliziosamente alterato cercava
di attirare lattenzione della principessa guerriera mentre legava
Argo II al palo della taverna.
-non ho detto che non mi piace
-
-allora ti piace!!- affermò Olimpia soddisfatta.
Xena sbuffò e si arrese:- Va bene, va bene
lo ammetto
è molto carino!- disse in tono esasperato.
-Vittoria!!!- gioì Olimpia, mentre prendeva a braccetto lamica
e con lei entrava nella taverna.
Xena si avvicinò al bancone e chiese se avevano anche delle
camere.
-si, straniera... quanto intendete restare?-
-non più di 3 giorni...-
-va bene, va più che bene!!! - urlò di gioia luomo.
Evidentemente quel posto non era così famoso come le aveva
riferito Olimpia ed era raramente visitato da turisti che si fermavano,
forse solo per una notte... luomo consegnò a Xena una
piccola chiave arrugginita che portava inciso il numero 8.
Xena ringraziò luomo e si diresse verso Olimpia che si
era seduta ad un tavolo e nel frattempo aveva anche ordinato da mangiare.
Xena si sedette:- restiamo per tre giorni, va bene? -
-sta bene
so che sarebbe inutile chiederti di restare di più
- disse Olimpia sfoderando un sorriso che implorava alla principessa
guerriera di restare.
Xena indovinò la sua richiesta e spingendo leggermente la testa
allindietro mormorò:- oh, no Olimpia
lo sai che
non mi piace fermarmi a lungo
-
-ma forse un giorno potremo desiderare di fermarci per sempre da qualche
parte
no? Io credo che questo sarebbe un posto ideale
-
-Non accadrà, Olimpia. Finché avrò le gambe per
camminare, intendo continuare a vedere il mondo
-
Olimpia si arrese. Lei sognava spesso di potersi fermare da qualche
parte per un po di tempo. Aveva provato a convincere Xena quando
Evi era ancora piccola, al villaggio amazzone
ma nulla
dopo 2 giorni si vedeva che era come una tigre in gabbia, un cane
legato
non era lei
stava male, anche se lo nascondeva
bene. E quella volta Olimpia non aveva saputo vedere la sua amica
soffrire, preoccupata per la sorte di Corilo
ma ora non voleva
che accadesse di nuovo.
Se mai un giorno si sarebbero fermate da qualche parte, lavrebbe
fatto innanzitutto con il consenso di Xena. La osservò mentre
mangiava la sua zuppa di farro.
Lei era unanima libera, selvaggia e indomita. Sinceramente non
la vedeva fermarsi in un villaggio per SEMPRE
sempre
quella parola che le incuteva un terrore assoluto e che le faceva
crescere i timori più grandi. Ma quando sarebbe finita quella
vita? Mai? Impossibile prima o poi, anche loro sarebbero invecchiate
e Xena avrebbe usato il chakram come soprammobile e non come arma.
Ma forse questo non sarebbe mai accaduto. Forse un giorno sarebbero
morte sul campo di battaglia: Xena stringendo la sua arma preferita
e lei le sue preziose pergamene
le uniche cose che le avevano
dato la forza di andare avanti, quello per cui erano nate.
Stava ancora immersa nei suoi pensieri, quando si accorse che Xena
la stava fissando.
Arrossì vistosamente allo sguardo della principessa guerriera,
quasi temendo che avesse indovinato quello che le passava per la mente.
E in parte era così.
-Non pensare al futuro, Olimpia. Vedi, nella mia vita tante volte
sono scivolata via dalle mani della morte e questo mi ha portato a
capire molte cose
una di queste è non pensare al domani
ma vivere fino in fondo oggi, perché potrebbe essere lultimo
giorno
. O magari il penultimo- disse sorridendo.
Olimpia sospirò poi sorrise, si alzò lentamente scostando
la sedia mentre pensava agli svantaggi di avere unamica così
perspicace
non si può neppure pensare in pace!!!!!
Ormai era notte inoltrata e le due guerriere stavano preparando la
stanza per andare a risposare. Olimpia afferrò una coperta
dallarmadio e la stese sul letto, prendendone unaltra
subito dopo per sistemarla come la prima. Dal cassettone prese due
cuscini per completare l'opera e infine si fermò a guardare
il letto. Non convinta aggiunse unaltra coperta.
Xena si era recata al pozzo del villaggio, per prendere un po
dacqua per la notte sapendo che Olimpia, si sarebbe svegliata
nel cuore della notte blaterando davere sete. In questo modo
non ci avrebbe più pensato fino al giorno dopo.
Era buio e cera vento, un vento freddo che si insidiava tra
i capelli.
Erano giorni strani: di giorno spesso e volentieri ci si scioglieva
dallafa, di notte si moriva di freddo.
S postò lentamente una ciocca di capelli, che mossa dal vento,
le si era insidiata davanti agli occhi.
Afferrò la catena del pozzo e fece forza per tirare su il secchio.
Anche se era una bella serata si sentiva strana.
Si sentiva in sottofondo il melodioso canto dei grilli e il fruscio
delle foglie mosse dal vento. Xena afferrò il secchio dacqua
e riempì la sua borraccia.
Quella strana atmosfera la faceva sentire nervosa e aveva voglia di
tornare dentro.
A un tratto si sentì bussare sulla gamba. Una bambina dalle
trecce bionde le si era aggrappata addosso ansimando per la paura.
Le si leggeva il terrore negli occhi e tremava.
Xena istintivamente la prese in braccio
era una bambina molto
carina. I capelli legati in due trecce le arrivavano fino alle spalle,
e aveva un viso coronato da due occhi neri come la pece. Neanche nellabbraccio
di Xena, si calmò.
-Ehi
ma che ti prende
perché stai tremando in questo
modo?-
La bambina continuava ad avere paura, ma ora sembrava leggermente
più rilassata.
-Come ti chiami? - continuò a chiedere Xena.
-Helene
mi chiamo Helene - la piccola si strinse ancora di più
nelle braccia della guerriera, appoggiando la testa sulla sua spalla.
-Dimmi
Perché hai così paura?-
-Mi ha fatto paura una signora
- disse ancora la bambina, balbettando.
Ma ora si sentiva al sicuro.
Era risaputo che Xena non era molto brava con i bambini ma poteva
trasmettere un calore di un affetto nascosto sotto quella dura veste
di principessa guerriera.
-Quella signora mi guardava
ma i suoi occhi erano gialli
e si è anche avvicinata
-
-Così tu sei corsa via
- concluse Xena.
La fantasia dei bambini li portava molto spesso a vedere cose non
vere, e li imprigionava in un mondo tutto loro dove anche la più
ingenua delle cose , si trasformava in quella più terrificante.
Comunque dare unocchiata non le costava nulla.
Si fece indicare dalla bambina il punto esatto dove aveva avuto quellincontro
con la signora , poi la accompagnò a casa.
Il punto indicato dalla piccola si addentrava leggermente nella foresta,
di cui il villaggio era circondato completamente. Che cosa ci facesse
una bambina lì poi
anche questo era da capire, ma si
avventurò nel punto esatto indicatole. Era buio, neppure la
luce della luna riusciva a penetrarlo.
Constatò in breve che non cera nulla
. Quasi nulla.
Sentiva una presenza strana.
Si girò di scatto alle sue spalle, estraendo la spada. Qualcuno
la stava osservando. Ma chi?
Il vento era quasi cessato e questo le permetteva di udire con certezza
ogni movimento furtivo nella zona, senza doverlo confondere con quello
causato dal soffio di Eolo.
Scrutò con sguardo felino lambiente circostante, ormai
riusciva a vedere quasi alla perfezione: i suoi occhi si erano abituati
alloscurità del bosco e ora poteva distinguere quasi
ogni particolare anche in ombra. La terra era leggermente smossa,
alcuni ramoscelli rotti e altri cespugli leggermente spostati. Si,
probabilmente la bambina aveva incontrato qualcuno o qualcosa.
Anche se non sapeva quanta importanza dare allinformazione occhi
gialli, cerano anche altre tracce che però si addentravano
ancora di più nella foresta. Escluse a priori il fatto che
potesse essere stata la bambina stessa a lasciare quelle orme: si
addentravano troppo nel bosco e sicuramente avrebbe avuto paura a
proseguire. Le seguì attentamente sperando di non confonderle
con le tracce di qualche animale ma ben presto capì che si
trattava di tracce umane: ne poteva distinguere le orme dei calzari.
Si guardò istintivamente alle spalle, verso il villaggio.
Il suo fiuto di guerriera la portò a girarsi di nuovo si scatto,
notando ancora una volta una presenza nemica alle spalle
chiunque
fosse stato si sapeva nascondere bene, senza dubbio.
Alla fine si convinse: non cera nessuno e rinfoderando la spada
si allontanò, dirigendosi verso la locanda ignara delle due
iridi dorate che la spiavano magicamente attraverso le foglie di un
cespuglio di rovi.
di
Diomeche
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il racconto