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"Nè
demoni o Dei" ROMANZO DI A. SCAGLIONI (Capitolo
V) Parte
1
Molti minuti sono trascorsi nel silenzio più totale. Alexi
sembrava essersi calmato un po' e Olimpia, tornata a sedersi di
fronte a lui, gli teneva la mano guardandolo compassionevolmente,
sotto lo sguardo tra il gelido e l'infastidito di Xena che stava
fissando il giovane con molta meno simpatia. "Allora?" dice alla fine, rompendo ogni indugio,
appoggiando i gomiti sul tavolo e protendendosi verso l'uomo. "Xena..." comincia Olimpia, lanciandole un'occhiata. "No, Olimpia." l'interrompe la guerriera continuando
a fissare Alexi, il cui sguardo sembra invece inchiodato sul pavimento.
"Spiace molto anche a me, quello che è successo, e mi rendo
conto del dolore che provi, Alexi, ma starcene qui a confortarci
non servirà a risolvere il problema. Ora finisci di raccontarci
questa storia, con tutta la sincerità possibile, e poi penseremo
al da farsi." "Perdonatemi, vi prego, non volevo mentirvi."
mormora il giovane, guardando di sottecchi Olimpia, e dando la netta
impressione che la sua implorazione sia soprattutto rivolta a lei.
"Ma avete idea di cosa significhi vivere accanto ad una persona
come Aristis? Mio padre mi amava, certo, ma la sua personalità,
i suoi poteri, mi schiacciavano. Letteralmente. La mia capacità
di influire sulle menti è un gioco da ragazzi al confronto, e non
sarei mai riuscito a influenzare le vostre se non fosse stato per
il suo supporto a distanza. E così, quando mi capita, cerco di attenuare
questa sensazione di inferiorità che ho sempre provato verso di
lui." Olimpia stringe lievemente la mano di Alexi tra le dita.
Le parole del giovane, di nuovo, le sono di facile comprensione.
Quante volte nei primi tempi del suo sodalizio con Xena ha provato
lei stessa quelle cose? Quante volte vedendola combattere o superare
con irrisoria facilità ostacoli che a lei apparivano insormontabili,
si era posta la domanda di cosa ci facesse lì? Un peso, una semplice
zavorra sulle spalle dell'altra, che il più delle volte aumentava
la componente di rischio anziché esserle di aiuto. E quante volte
si era chiesta perché Xena non la caricava sul cavallo per riportarla
a Potidea, o più semplicemente non l'abbandonava al primo angolo
di strada? Ma Xena non l'aveva fatto, ed ora sapeva che non l'aveva
mai neanche pensato. Che in qualche modo, la guerriera aveva bisogno
di lei almeno quanto l'inverso. E ora quei dubbi erano sepolti e
lo sarebbero rimasti per sempre. "Credimi, Alexi," gli dice "ti capisco meglio
di quanto pensi, ma ora lascia perdere tutto questo e dicci cosa
è successo dopo la scomparsa del bambino." "Per un po', come ho detto, non accadde niente."
riprende Alexi, asciugandosi il naso col dorso della mano e dando
così ancor più l'impressione di giovanile smarrimento che contrastava
terribilmente con la sua figura alta ed imponente. "Ma io avevo
notato che il nervosismo di Aristis aumentava. Era come se lui avvertisse
che qualcosa stava per accadere, ma non si lasciava scappare una
parola, né io osavo chiedergli nulla. Le giornate passavano così.
Io accudivo gli animali, lui badava al suo orto e la sera ci riunivamo
per la quotidiana esercitazione, ma lui era sempre in guardia e
anche gli esercizi di meditazione avvenivano in una strana atmosfera,
ben lontana dal completo rilassamento che avrebbero richiesto. Io
non tornavo più al villaggio da giorni e notizie di laggiù non ne
giungevano, ma un mattino, nel silenzio della foresta, in cui mi
ero spinto in cerca di funghi, e di quelle deliziose bacche che
hai assaggiato" e qui il suo sguardo si posa per un attimo
su Olimpia, tingendosi di un leggerissimo sorriso, prima di tornare
triste e pensoso "mi sembrò di udire delle grida. Quindi con
cautela, mi addentrai verso l'interno e scorsi in distanza un gruppo
di uomini, armati di torce e forconi. Ero troppo lontano per capire
cosa stessero dicendo, ma davanti a loro riconobbi Acros. Bloccava
loro il passaggio, con le braccia levate in alto, e qualunque cosa
gridasse, era chiaro che voleva che tornassero indietro. Gli uomini
sembravano davvero furiosi, e per un attimo pensai che avrebbero
travolto il vecchio, ma dopo qualche esitazione, qualche urlo ed
agitare di forconi, li vidi girare le schiene e tornare verso il
villaggio. Corsi a casa per raccontare quello che avevo visto a
mio padre, ma...". "Lascia che indovini." dice Xena. "Lui sapeva
già tutto." "Infatti." esclama Alexi, con un tono in cui ancora
risuona l'eco della meraviglia che ancora provava per le capacità
di suo padre. "Mi disse che erano scomparsi altri due bambini,
questa volta molto piccoli, e che certamente non avevano potuto
andare nella foresta da soli." "Vuoi dire che quella cosa era andata al villaggio
e li aveva portati via dalle loro case?" La voce di Olimpia
contiene tutto l'incredulo orrore che quell'ipotesi implicava. "E' la stessa domanda che feci a mio padre, ma lui
rispose che anche se quell'essere era sicuramente all'origine della
scomparsa, non era ancora abbastanza forte da uscire dalla sua tana
per nutrirsi e quindi la verità era anche peggiore..." Alexi si ferma, guardando Xena e Olimpia di fronte a lui
che lo stanno fissando ad occhi spalancati. "Qualcuno aveva rapito i bambini per portarli nella
foresta e darli in pasto a... " mormora infine Olimpia, non
riuscendo però a concludere la frase, come se il solo pensiero fosse
insostenibile. "Aristis si abbatté sopra una sedia. Non lo avevo mai
visto così vecchio e stanco." riprende a raccontare Alexi,
risprofondando nei suoi ricordi. "Mi disse che non ce la faceva
più. Che quella battaglia lo stava consumando. Io non riuscivo a
credere a quello che sentivo. Mio padre era sempre stato una specie
di roccaforte ai miei occhi, mai si era lasciato andare a simili
ammissioni, e vederlo così... Se avesse avuto ancora gli occhi,
credo che l'avrei visto piangere. Mi disse che la Bestia, questo è il nome che gli diede ed
era la prima volta che la definiva in quel modo davanti a me, che
abitava nella foresta aveva trovato il modo di entrare nei sogni
di qualcuno del villaggio e promettendogli grande potere lo aveva
spinto a rapire i bambini per portarglieli." "Acros." mormora Xena, quasi come se parlasse
a sé stessa. "Questo spiega molte cose." Olimpia distoglie per un attimo l'attenzione da Alexi per
guardare la sua compagna e nello sguardo di lei scorge un lampo
di rabbia che conosce molto bene. Ma la presa del racconto del giovane
è troppo forte per distrarla più che per qualche attimo. "Mio padre pareva distrutto. Tutte le energie impiegate
in quei mesi per tenere imprigionato quell'orrore nella sua tana
erano state inutili. Quell'essere era riuscito ugualmente a procurarsi
il nutrimento necessario e ora stava diventando più forte. E presto
sarebbe stato in grado di muoversi da solo." "Ma che cosa è esattamente, Alexi?" Olimpia si
sporge verso il giovane afferrandolo per le braccia e inchiodando
gli occhi nei suoi. "Cos'è questa... Bestia, come la chiamava tuo padre? E' impossibile che a quel
punto tu non glielo abbia chiesto!" "Infatti glielo chiesi." risponde questi, non
facendo nulla per liberarsi dalla stretta di Olimpia. "Capivo
che quello era il momento per farmi raccontare finalmente tutto
e sgravarlo anche di quel peso che si era portato sulle spalle così
a lungo. Ma lui mi disse solo che da qualche parte era stato risvegliato
qualcosa di così malvagio da proiettare altrove un riflesso di quel
male. Era ancora troppo debole per manifestarsi fisicamente, ma
presto grazie al nutrimento che si stava procurando ci sarebbe riuscito." Olimpia lascia le braccia di Alexi e volta il viso verso
Xena. Le due donne si guardano interrogativamente. "E questo che accidenti vorrebbe dire?" chiede
infine la guerriera, tornando a fissare Alexi.
L'uomo si alza nuovamente con un sospiro e comincia a percorrere
nervosamente l'esiguo spazio tra il tavolo e la parete opposta con
le mani ficcate con forza nelle ampie tasche della sua veste e lo
sguardo fisso al pavimento come a cercare la necessaria concentrazione. "E'... E' complicato." dice poi, fermandosi al
centro della stanza e guardando le due donne. "Mio padre non
mi ha mai spiegato interamente questa... faccenda, perché... probabilmente
non ne sapeva molto neanche lui. Si limitava a dire che lui eseguiva
solo il volere di... Coloro che Sanno." "Coloro che Sanno?" La voce di Olimpia rompe il
silenzio dopo qualche momento, durante il quale i tre occupanti
della stanza sono rimasti immobili nelle loro posizioni, lasciando
che le parole di Alexi assumano un qualche significato. "Lui li chiamava così." dice il giovane, tornando
a voltarsi verso il caminetto e gettandovi un altro paio di pezzi
di legno, più per fare qualcosa, sospettava Olimpia, che per una
reale necessità di ravvivare le fiamme già abbastanza vivaci. "Vi
ho parlato delle sue visioni. Quelle che alla fine ci hanno condotti
qui. Lui diceva che in realtà erano inviate da Coloro che Sanno,
entità dalla consapevolezza assoluta, che sono all'origine di questo
universo e di ogni altro universo esistente e che li governano muovendoci
tutti secondo un loro disegno talmente vasto che nessuna mente potrà
mai neanche lontanamente sperare di comprenderlo nella sua interezza.
Diceva anche" aggiunge, tornando a girarsi verso di loro e
sedendosi sul bordo del caminetto "che tutti questi universi
sono... coesistenti, collegati tra loro, ma posti su piani di esistenza
paralleli, e quindi in realtà, ignari l'uno dell'altro." "Come la figura geometrica delle due linee parallele
che viaggiano all'infinito senza incontrarsi mai." dice Olimpia,
guadagnandosi un'occhiata perplessa da Xena ed un sorriso, un po'
più convinto di quello precedente da Alexi. "Esatto, Olimpia. Solo che qui le linee parallele non
sono due, ma miriadi. Un numero incalcolabile. E in ognuna di esse
vi è un universo, diverso ed allo stesso tempo simile, molti popolati
dalla vita così come la conosciamo, con minori o maggiori differenze,
ed altri da forme talmente aliene che non saremmo mai in grado di
cominciare neanche a comprenderle." "E lui come le sapeva tutte queste cose?" Xena
non prova nemmeno a dissimulare l'aperto scetticismo con cui sta
ascoltando questa imprevista svolta del racconto di Alexi. "Diceva che Coloro che Sanno gli parlavano nei sogni
e gli avevano mostrato alcuni di questi mondi." risponde l'uomo. "Non è così assurdo, Xena." interviene Olimpia,
girandosi verso la compagna. Nei suoi occhi la guerriera scorge
all'istante quella luce che ha imparato a riconoscere negli anni,
quella luce che le si accendeva quando fissava lo sguardo nel vuoto
per cominciare a raccontare una delle sue epiche storie di guerrieri,
eroi e sortilegi. Quella luce che le diceva anche che l'anima del
bardo che viveva in lei si era ridestata alla suggestione della
storia narrata da Alexi. "Ricordi quel mondo di cui mi parlasti
tempo fa, in cui tu eri la malvagia Conquistatrice?" "E tu la mia schiava?" le ricorda Xena con un
sorriso ironico. "Ma se ne conservo ricordi talmente imprecisi
da credere che fosse solo un'illusione." "E' così che funziona." interrompe Alexi, riportando
l'attenzione delle due donne su di sé. "Talvolta può capitare
che il sipario tra gli universi s'indebolisca in qualche punto e
che due o più mondi entrino in contatto tra loro, ma quando succede,
quelli che in qualche modo ne restano coinvolti vengono indotti
a credere di aver sognato o di aver subito delle allucinazioni,
finché le loro sensazioni si riducono solo a qualche flebile ricordo.
A volte invece la memoria di quei momenti viene completamente soppressa.
Sono quelle comunemente chiamate amnesie." Un gelo improvviso sembra calare sulla stanza, nonostante
il calore emanato dall'intensa fiamma del camino. Gli sguardi di
Xena e Olimpia corrono tra loro, prima di tornare a puntarsi sull'uomo
seduto accanto al fuoco che ora le fissa a sua volta, senza più
imbarazzi di sorta. "Vedo che capite di cosa sto parlando." dice semplicemente. "Io e Xena" esordisce Olimpia, dopo un'ultima
occhiata alla compagna in cerca di sostegno "non riusciamo
a ricordare un periodo della nostra vita. Se fosse successo solo
ad una di noi due, penseremmo a qualche spiegazione naturale, ma
così è troppo strano. Anche se" aggiunge poi con una scrollata
di spalle "la parola strano ha perso molto del suo significato
per noi." "Qual'è l'ultima cosa che riuscite a ricordare?"
chiede Alexi. "Ricordo che Antinea mi aveva catturato." dice
la ragazza, stringendo di nuovo istintivamente la mano della compagna.
"Stupidamente avevo creduto che il messaggio che mi aveva lasciato
fosse davvero di Xena e mi ero recata all'appuntamento in un tempio
di Minerva abbandonato, solo per trovare lei ad aspettarmi. D'un
tratto non fui più in grado di muovermi e da quel momento non ricordo
più nulla. Almeno fino al momento in cui ho rivisto Xena su quel
sentiero nel bosco. E non ho idea di quanto tempo sia trascorso
tra quei due momenti, né di cosa abbia fatto nel frattempo. L'unica
cosa che so" e Olimpia guarda teneramente Xena "è che,
dovunque sia stata e qualunque cosa sia successa, devi essere stata
tu in qualche modo a riportarmi a casa e rivederti apparire sul
tuo cavallo è stata la visione più bella della mia vita. E tu?"
chiede poi stringendo la mano dell'altra. "Il pugnale forgiato nella pietra di Cronos che affonda
nel petto di Antinea e il buco nero in cui eri scomparsa" risponde
Xena, ricambiando lo sguardo di Olimpia "sono le ultime due
cose che ricordo, prima di essermi ritrovata anch'io in quel bosco
e averti rivista. Non ho idea di come ci sono arrivata, ma sono
stata felice di esserci." "Credi" chiede Olimpia rivolgendosi di nuovo ad
Alexi "che questo c'entri qualcosa?" "Credo proprio di sì." risponde il giovane. "Mio
padre mi disse che il guerriero che Coloro che Sanno avrebbero mandato
era qualcuno che aveva superato la Soglia ed aveva visto al di là
di essa, ma che non ricordava di averlo fatto." "Beh, io ho superato molte soglie in passato."
dice Xena. "Ma non ho mai dimenticato di averlo fatto." "Tu parli della Morte, Xena, ma non è quella la Soglia a cui mi riferisco. Il dominio della
Morte, per quanto alieno possa apparire, fa comunque parte di questo
universo. La Soglia di cui parlavo è assai più difficile da raggiungere
e solo pochissimi eletti possono accedervi." "E tuo padre era fra questi?" chiede Olimpia. "Oh, no. La Soglia non si è mai aperta per lui. Lui
poteva averne solo fugaci visioni in sogno, grazie ai suoi poteri,
ma non faceva parte della schiera degli eletti. Lui era più un guardiano,
o per dirla con parole sue, una sentinella." "Una sentinella?" "Come vi ho detto, vi sono punti in cui il tessuto
tra un universo e l'altro si fa più sottile, e in quei punti Coloro
che Sanno inviano qualcuno a vigilare affinché ciò che è dall'altra
parte non arrivi di qua e viceversa. E se qualcosa o qualcuno riesce
ad entrare o a uscire, loro devono essere pronti a fermarlo e rimandarlo
al suo punto di origine, quando è ancora possibile." "E se non fosse più possibile?" "Talvolta esseri particolarmente potenti riescono a
farsi strada tra i mondi. Questo può avvenire per le più varie ragioni.
La cosa nella foresta era una di questi, mi disse mio padre. Una
creatura malvagia... no di più, una pura essenza di malvagità richiamata
da qualcosa di affine in una qualche altra dimensione vicina alla
nostra. Quell'essere era rimasto bloccato su questo mondo perché
ancora troppo debole per poter attraversare altri universi, ma se
fosse riuscito a diventare abbastanza forte avrebbe potuto creare
un cataclisma distruggendo il tessuto dimensionale stesso e facendo
precipitare mondi dentro altri mondi in un caos senza fine." "E quindi si tratterebbe di un dèmone? Quella caverna
è un altro accesso agli inferi? Un'altra Bocca dell'Inferno?" Alexi guarda Olimpia. "Vorrei poterti rispondere, Olimpia, ma in realtà mio
padre non mi ha mai detto più di quanto vi ho già riferito. E forse
non avrebbe saputo rispondere neanche lui. Lui non era uno che faceva
domande e sicuramente non dava risposte. Lui eseguiva unicamente
quelli che riteneva gli ordini di Coloro che Sanno." "Un vero soldato." mormora Xena. "Una sentinella." risponde semplicemente Alexi. "Cosa accadde, poi?" chiede di nuovo Olimpia. "Quella stessa notte ci fu il primo attacco."
Lo sguardo di Alexi è tornato vacuo nel richiamare alla mente le
immagini del suo racconto. "Avevamo appena finito di cenare
e ci apprestavamo ad alcuni esercizi meditativi, quando vidi Aristis
irrigidirsi completamente. Era seduto a questo stesso tavolo e d'un
tratto le sue dita artigliarono il legno. Temetti che si sentisse
male e feci per avvicinarmi, ma lui tese un braccio di fronte a
sé, come ad ordinarmi di restare dov'ero. Io lo guardavo senza sapere
cosa fare. La sua tensione e concentrazione erano tali che mi pareva
che ogni vena del suo corpo fosse improvvisamente divenuta evidente.
Fu in quel momento che mi accorsi che tutto in questa stanza aveva
cominciato a tremare. Non era un terremoto perché non si sentiva
alcuna scossa, ma i piatti, le scodelle, i bicchieri e le caraffe...
vibravano, sì, è questa la parola esatta, come se un'energia le scuotesse dall'interno.
Le cose incomiciarono a cadere dagli scaffali, alcune caraffe s'infransero
prima ancora di toccare il suolo. Nello spostarmi per evitare di
essere colpito dai frammenti che volavano dappertutto, mi trovai
davanti alla finestra e, non so neanch'io perché, guardai fuori.
Le fronde degli alberi, nonostante non ci fosse un alito di vento,
si muovevano scompostamente e potrei giurare di aver visto nell'oscurità
un grosso ramo ad un'altezza di circa quattro o cinque cubiti da
terra piegarsi verso il basso come sotto la spinta di una mano.
Solo che non vi era niente là fuori. Almeno niente di visibile.
Proprio mentre guardavo, cercando di capire se ciò che stavo vedendo,
poteva avere una spiegazione naturale, il ramo tornò di scatto nella
sua posizione, le fronde degli alberi smisero di muoversi e anche
gli oggetti nella stanza sembrarono tornare alla normalità, almeno
quelli che erano rimasti integri. Ripresomi dalla sorpresa, rivolsi
l'attenzione a mio padre che era rimasto a sedere immobile per tutti
quegli interminabili istanti. Giunsi appena in tempo a sorreggerlo
prima che cadesse dalla sedia. Aveva il volto coperto di sudore
e tutto il suo corpo tremava tra le mie braccia. Riuscì a dire solo
due parole, prima di perdere i sensi. E' uscito, disse, è uscito, e poi svenne. Lo vegliai tutta la notte, e il mattino dopo finalmente lo
vidi tornare in sé. Era esausto, ma lucido. Mi chiese se era accaduto
altro dopo il suo svenimento, ma io lo rassicurai. Nonostante fossi
stato quasi sempre al suo fianco, ogni tanto non avevo potuto fare
a meno di gettare un'occhiata verso la foresta che era solo una
grossa macchia scura nel buio della notte, ma non avevo scorto altri
movimenti tra gli alberi. Allora l'ho respinto, disse, per questa volta, ma è uscito, e questo
significa che sta diventando più forte." "Quindi era stata quella cosa ad attaccarvi?" "Sì. Mio padre mi disse che dovevamo aspettarci altri
attacchi. Che il... diciamo nutrimento che gli veniva procurato, lo stava rendendo solido e lo
avrebbe presto messo in condizioni di attaccarci di nuovo e questa
volta con maggiori possibilità di vittoria." "Ma quei bambini..." chiede Olimpia, deglutendo
più rumorosamente di quanto avrebbe voluto "... sono quelli
il suo nutrimento? Li... divora?" "Quella cosa non ha un corpo, Olimpia." risponde
Alexi. "Non ha bocca, nè denti... Non ancora, almeno. Io credo
che si nutra delle loro... energie vitali. I bambini ne sono carichi,
e più sono piccoli, più queste sono potenti, selvagge e incontrollate.
E per questo, la Bestia le predilige." "Quanti altri bambini sono scomparsi da allora?"
chiede Xena. "Molti. Non meno di una ventina, e forse di più. Acros
e i suoi hanno messo su una vera e propria impresa." "Ma cosa ci guadagna esattamente? E come riesce ad
ottenere i bambini?" "Acros è un uomo di smodate ambizioni. In poco tempo
è riuscito a salire incredibilmente dal ruolo di semplice consigliere
a capo assoluto di Kyros ed a sbarazzarsi di tutti quelli che potevano
sbarrargli la strada o volevano semplicemente condividere quel potere.
Questa credo che sia stata la sua ricompensa. In quanto ai bambini,
negli ultimi tempi, i suoi uomini se li procurano sequestrando e
violentando donne di passaggio o minorate mentali. Suppongo che
questo sia stato considerato uno scambio equo dalla popolazione
del villaggio che tace purché i loro bambini non corrano altri rischi."
"E' una cosa orribile." Le parole sono poco più
che mormorate da Olimpia, la cui espressione pare pietrificata dall'orrore
di ciò che ha udito. "Allora" dice Xena "immagino che vi siano
stati molti altri attacchi da parte di quell'essere?" "Parecchi, si." conferma Alexi, posando appena
lo sguardo su di lei. La guerriera ha notato già da tempo che il
giovane preferisce di gran lunga rivolgersi ad Olimpia, e sospetta
che sia soprattutto per l'evidente attrazione che la prode poetessa
dai capelli biondi esercita su di lui, più che per aver avvertito
fin dall'inizio una sorta di ostile diffidenza da parte sua. Beh, abituati, ragazzo, pensa Xena, con un sorriso maligno interiore che non traspare
minimamente sul suo viso, perché gli sguardi che le lanci di continuo non mi aiutano
di certo a considerarti più simpatico. "Alcune volte, Aristis riusciva a presentirli e quando
sopraggiungevano era pronto a respingerli." continua Alexi.
"Altre volte giungevano improvvisi e allora era più difficile,
ma invariabilmente questi avvenivano al calare della sera e invariabilmente
lui riusciva a ricacciare la Bestia nella sua tana. Quello di oggi
è stato il primo attacco diurno e questo significa probabilmente
che i timori di Aristis si stanno realizzando e il nemico sta diventando
sempre più forte." "Ma tuo padre è riuscito a respingerla di nuovo."
dice Olimpia, sorridendogli. "Sì, ma a quale prezzo?" Alexi ricambia il sorriso
di Olimpia mestamente. "Vederlo levitare in quel modo... Deve
aver usato tutta la forza che gli rimaneva e questo lo ha ucciso.
Ed ora cosa posso sperare di fare io?" "D'accordo." Xena si alza di scatto dal suo posto,
facendo quasi sobbalzare gli altri due, ancora immersi nella cupe
atmosfere rievocate da Alexi. "Comunque sia, tuo padre ci ha
fatto guadagnare un po' di tempo. Quanto passa in genere tra un
attacco e l'altro?" "Dipende." risponde Alexi, riflettendo. "Anche
intere settimane. Credo che la Bestia abbia bisogno di nutrirsi
nuovamente prima di tornare."
"Bene. Allora a giudicare dall'urlo che ha lanciato quella cosa, credo che se ne
resterà per un po' nella sua tana a leccarsi le ferite. Penseremo
noi a tagliargli i rifornimenti." "Cosa vuoi fare?" Olimpia si alza a sua volta
fissandola perplessa. "Per ora andrò al villaggio a riprendermi Argo. L'ho
lasciata anche troppo in mano a quella gente. Non vorrei che qualcuno
si facesse strane idèe." E la guerriera assicurandosi la spada sulla schiena si dirige
verso la porta. "Come, andrai?" Olimpia la raggiunge sul portico, trattenendola
per un braccio e costringendola a voltarsi. "Vuoi dire andremo." Xena fissa la compagna senza rispondere per un attimo, poi
dando un'occhiata alla porta della casa dove Alexi non pare averle
seguite, si allontana di qualche passo, prendendola per mano. "Non sai quanto lo vorrei." le dice. "Ma
per il momento, preferisco che tu rimanga con lui a tenerlo d'occhio.
Io tornerò al più presto" "Tenerlo d'occhio?" La ragazza la guarda sorpresa.
"Non mi dirai che non gli credi? Hai visto anche tu cosa è
successo oggi, no?" "Non era questo che intendevo." risponde Xena
con uno di quegli sguardi che Olimpia conosce bene. "Ma visto
che ne parli, non ancora, e non ad occhi chiusi come te." "Xena..." "Olimpia, ascoltami bene." La guerriera posa le mani sulle spalle
della compagna, fissandola profondamente negli occhi. "Tutto
quello che so è che c'è qualcosa in quella foresta, forse un mostro,
forse un dèmone, e lo so perchè ne ho già incontrati diversi. E
laggiù, in quel villaggio, c'è un sudicio bastardo che venderebbe
sua madre per una moneta, e di questi ne ho incontrati anche di
più. Tutto il resto, tutte quelle storie di sentinelle e passaggi...
dimensionali, dovremo accertarle, e lo faremo, ma per ora concentriamoci
su un obiettivo alla volta." Xena sorride, addolcendo la sua espressione, mentre con la coda dell'occhio
scorge la figura di Alexi che si profila ora in controluce sulla
porta, e d'impulso afferra Olimpia tra le braccia e la bacia con
passione, stringendola a sé. Dopo un attimo di sorpresa, avverte
con soddisfazione il corpo della ragazza rispondere pienamente,
pressandosi contro il suo, e le sue mani affondarle tra i capelli
dietro il collo. Questo tanto per chiarire le cose, se ce ne fosse bisogno. Quando le loro labbra si distaccano, gli occhi di Olimpia, chiusi come in
estasi, si riaprono lentamente, fissandosi in quelli della compagna. "Aspetta il mio ritorno e sta' in guardia." le sussurra Xena. "E chi si muove?" mormora la fanciulla, mentre con un ultimo sorriso
ed una carezza, Xena si volta e scompare nel buio. "Ti prego, sta' attenta." dice ancora Olimpia, rivolta alle tenebre
di fronte a lei, mentre alle sue spalle, l'uomo è rimasto immobile
sul portico.
(5 -
continua) |
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