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XENA, THE CONQUEROR

di Lisa

Desclaimers: I personaggi di Xena, Gabrielle & Co. Appartengono alla MCA/ Universal Pictures, non voglio infrangere nessun Copyright.
Nel racconto sono presenti scene di violenza oltre che d'intimità tra persone dello stesso sesso, se vi da fastidio, evitate di leggere.

Premessa: La storia è ambientata nella serie televisiva di Hercules, the Legendary Journey, segue le puntate che vedevano per protagonista una Xena malvagia, molto potente, che non aveva mai conosciuto il semidio.
Il mio racconto inizia da dove Xena fa spezzare le gambe a Gabrielle, ho tagliato, così, l'ultimo pezzo della puntata televisiva. Mi sono permessa di fare alcuni cambiamenti: Gabrielle fa parte di un'organizzazione d'aedo ribelli che incitano il popolo contro il regime di terrore della Conqueror. Per questo, Xena, le fa spezzare le gambe.

Credo sia tutto… Per critiche, commenti e quant'altro, scrivete a lisatheamazon@libero.it

La bionda ragazza fu afferrata per le braccia da due uomini coperti da un'imponente armatura.
Il dolore alle gambe era lancinante, aveva l'impressione che le sue ossa fossero state frantumate in miriadi di pezzi e che questi vagassero nei suoi arti inferiori, infliggendo, ad ogni atomo del suo corpo, una pena indescrivibile.
I due guerrieri trascinarono, senza delicatezza o riguardo alcuno, la giovane, ferita, lontano dalla folla che, impaurita da una parte e, famelica e crudele dall'altra, aveva assistito alla dolorosa punizione.
La bionda, quasi totalmente dominata dal dolore, sentiva le voci dei presenti in maniera confusa, come fossero esterne al suo mondo, come se una campana di dolore la estraniasse dal resto dell'universo.
Con fatica, alzò lievemente il volto, rivolgendo lo sguardo verso la sua carnefice: "The Conqueror."
L'aspetto meraviglioso della donna, si contrapponeva all'aridità del suo interno.
Crudeltà, smania di potere, una forza sovrumana ed una bravura demoniaca nell'uso delle armi, pareggiata solo dalla sensualità che traspirava dal suo splendido corpo. Così era conosciuta la grande conquistatrice, regina indiscussa di gran parte del greco mondo antico.

Quasi senza neanche accorgersene, la bionda ragazza fu scaraventata in una fredda e lugubre cella. Improvvisamente si ritrovò immersa nel desolato buoi della reclusione.
Il dolore non s'era attenuato ma la capacità umana di sopportazione, mista ad un forte, proprio, senso di volontà, stava aiutando la giovane ad accettarlo.
Facendo forza sulle braccia, la ragazza cercò di trascinarsi verso la porta, forse neanche sapere il perché di tale sua azione, ma una forte fitta l'assalì, partendo dal ginocchio destro ed arrivando a colpire persino il cervello, come fosse un fulmine dall'immensa potenza. Tale dolore la colpì inaspettato e le fece perdere i sensi.

La bionda prigioniera, rifugiatasi nel confortante mondo di Morfeo, fu costretta, da dell'acqua spruzzatale sul volto, ad aprire gli occhi.
La sua vista era annebbiata ed i suoi sensi stravolti. Le ci volle qualche minuto per mettere a fuoco la situazione, riprendendo coscienza e, con essa, ritornando a provare il forte dolore alle gambe.
Non credette ai suoi occhi, quando, finalmente, la vista le si fece chiara. Si portò una mano sul volto,s costando la frangetta color oro dalla fronte. Aguzzò la vista e, nel capire che l'immagine che aveva di fronte, era reale, cercò d'indietreggiare, strisciando a terra.
Davanti ad ella, c'era Xena, in tutta la sua bellezza.
"Era ora che ti svegliassi, prigioniera. - Disse la conquistatrice con tono deciso che, però, non lasciava trapelare alcuna emozione. - Qual è il tuo nome?" Chiese, guardando la giovane con quei suoi particolari occhi di ghiaccio.
"Gabrielle." Rispose la bionda, stupendosi di non provare paura nei confronti della tanto temuta e spietata guerriera che le aveva fatto spezzare le gambe.
"Bene, Gabrielle, sono certa che sei una contadina intelligente, e quindi, se tieni alla tua vita, mi dirai dove sono nascosti gli altri miseri aedi ribelli." Espose la propria proposta, la guerriera.
Gabrielle alzò la testa verso la sua interlocutrice e trasalì, gl'azzurri occhi della donna. Fu una sensazione inspiegabile che la fece deconcentrare per un istante da ciò che stava accadendo.
"Mi perdoni, Conqueror, ma non tradirò mai i miei compagni, qualsiasi tortura debba subire e nonostante ami la vita immensamente." Rispose la giovane e, decidendo, così, di voler tenere testa alla donna e di salvare i propri amici, pur sapendo quel che, una tale risposta, avrebbe comportato.
Xena, per un arco di tempo che a Gabrielle parve interminabile, guardò la giovane, stupita, si azzarderebbe dire, impressionata.
Gabrielle venne assalita da un'ansia che le riempì il cuore ed il pensiero al punto da far passare in secondo piano il dolore che, ancora, indifferenziato, provava.
Fu la guerriera a rompere quel silenzio carico di tensione.
"Tu non hai paura di me."
La poetessa cercò di pensare velocemente a dove una sua ipotetica risposta, in un senso o nell'altro, l'avrebbe portata ma, sapendo di non aver tempo per riflettere, immediatamente decise di rispondere sinceramente.
"Conosco le vostre gesta e vi ho sempre temuta, ma ora non provo paura e ne sono stupita anch'io."
La conquistatrice fece per replicare ma un piccolo urlo di dolore da parte della poetessa la precedette.
Una fitta l'aveva colpita, ancora più forte di prima, costringendola ad esternare il male che provava anche se non avrebbe mai voluto farlo, per non dimostrare alla sua carnefice, la propria debolezza.
Caduta in uno stato di semi incoscienza, Gabrielle si sentì sollevare da due braccia forti e, pur non capendo cosa succedesse, si lasciò cullare dalla piacevole sensazione di protezione e sicurezza che provò.

Quando Gabrielle aprì gli occhi, non sapeva quanto tempo era passato dal suo dialogo con la conquistatrice. Minuti, ore o forse giorni… Non ne aveva idea, ricordava, però, il dolore, il freddo della prigione e le forti braccia che l'avevano sollevata.
Non sentiva più tanto male, anzi, non sentiva quasi più dolore. Confortata da ciò, si guardò intorno. Notò che era distesa in un letto, fra delle morbide coperte bianche come la toga notturna che indossava. S'accorse che entrambe erano di vero lino, pregiate, dunque.
Proiettando lo sguardo più distante, osservò la camera, con stupore. Era arredata con gusto e raffinatezza.
"Come ti senti?" Chiese una giovane ragazza dai capelli e dagli occhi castani, che doveva sicuramente essere un'ancella.
"Meglio. - Rispose, Gabrielle. - Per quanto sono stata incosciente?"
"E' da tre giorni che dormite, le vostre, erano brutte fratture, ma siete stata curata e col tempo vi riprenderete. Non cercate d'alzarvi però, perché…
Gabrielle interruppe seccamente l'ancella "Dove mi trovo?"
"Siete nel palazzo della grande Conqueror." Rispose l'ancella.
"Che cosa? Com'è possibile? E' stata lei a farmi spezzare le gambe… ed ora si prende cura di me?" Chiese la poetessa, incredula.
L'ancella s'alzò dalla sedia sulla quale era seduta. "Non so rispondere alle vostre domande ma la Conqueror in persona ha dato disposizione affinché riceveste le cure necessarie." Detto ciò, s'avviò verso la porta, con l'intento d'andarsene.
"Lei dov'è?" Chiese, Gabrielle.
"Nel Celeste Impero." Rispose la mora fanciulla, uscendo dalla stanza.

Su un grande spiazzo di terra, ad est della Grecia, l'immensa armata della Conqueror, riposava nell'attesa d'ordini.
La guerriera, nella sua tenda, sedeva su un occasionale giaciglio ed affilava la lama della propria spada. Indossava dei mascolini pantaloni neri, infilati in dei calzari del medesimo colore, come la camicia sovrastata da una tunica blu che la copriva fino a metà coscia, rafforzata con del metallo, che serviva a proteggere il suo busto.
Annoiata, s'alzò ed uscì dalla tenda. Disius, uno dei suoi consiglieri, le s'avvicinò subito ma la donna lo liquidò con un cenno della mano, indicandogli di lasciarla in pace.
L'uomo, docilmente, fece un piccolo inchino e non insistette.
Xena sorrise amaramente e si diresse poco lontano dall'accampamento, distante quanto bastava per trovare un po' di solitudine.
"Controllare gli altri vuol dire potere, controllare gli istinti, conoscere se stessi."
Questa frase riaffiorò alla sua mente, forte e significativa più che mai.
Il pensiero della Conqueror cominciò a vagare, il suo ricordo andò a Lao Ma, colei dalla quale si stava dirigendo.
Le parve ancora di sentire le morbide labbra della donna sulle sue, il mistico profumo che la sua pelle emanava…
Un brivido attraversò la schiena della guerriera che scosse la testa, volendo scacciarne dei pensieri che non si concedeva d'avere. Non nei confronti di colei che probabilmente sarebbe stata la sua prossima nemica.

Qualche giorno dopo questi avvenimenti, l'orientale regina dall'animo nobile, sedeva sulle ginocchia, sorseggiando del te.
Un servitore entrò nella grande sala dove la donna era intenta a trascorrere il pomeriggio.
"Falla entrare." Disse la bella regina, precedendo l'uomo che, subito, ubbidì.
Xena, nell'imponenza della sua figura, donatale anche dalla precedentemente descritta armatura, entrò nella sala, presentandosi al cospetto di Lao Ma.
"Lasciaci sole." Esclamò, quest'ultima, rivolta al servitore che così fece.
Un impacciato silenzio calò tra le due donne, finché l'orientale, non vinse la foga dei sensi guidati da forti sentimenti e prese parola.
"Ti trovo fisicamente bene, Xena."
La guerriera sorrise quasi impercettibilmente per poi iniziare a parlare. "Sono qua per farti una proposta…"
"Aspetta a parlarmene, per favore. - La interruppe, Lao Ma. - Siedi e fammi compagnia, bevendo un po' di te, è da molto che ho desiderato poterti rivedere."
Il tono della voce della donna era gentile, calmo e melodioso, come la rugiada.
La Conqueror sapeva che un invito del genere sarebbe stato uno sporco trucco per ingannarla, che, dentro al te, ci sarebbe stata sicuramente qualche sostanza nociva. Si sarebbe aspettata questo da chiunque ma non da Lao Ma. Ella era un'anima troppo nobile e leale per poter mai commettere un atto così vile, seppur efficace.
Con la sola riserva del timore di lasciarsi troppo andare, Xena si sedette di fronte alla regina che le versò da bere.
"So che sei a disagio, Xena, ma sono la donna di sempre, quella che conoscevi e… con la quale stavi bene… Perché stavi bene, non è così?" Parlò, ancora, Lao Ma.
"Sì, sono stata bene." Proferì, finalmente, parola, Xena.
"Allora perché te ne sei andata? - Chiese l'orientale, senza risentimento, apparendo, più che altro, dispiaciuta. Vedendo che Xena non rispondeva, continuò a parlare. - Saresti stata la mia Principessa Guerriera… Ma hai preferito diventare la temuta Conqueror."
"Tu stessa mi dicesti che ero destinata a qualcosa di grande ed avevi ragione."
Disse, Xena, appoggiando la tazza sul piccolo tavolino dinanzi al quale era inginocchiata.
Lao Ma scossa la testa, contrariata. "Sai che non era questo che intendevo. Xena… sei felice?"
La Conqueror sentì un tuffo al cuore e, toccata troppo nel profondo, s'irrigidì ed assunse una scorsa di freddezza, per difesa.
Il suo carattere forte e l'autocontrollo insegnatole proprio dalla persona che aveva di fronte, la spinse a cancellare da entro se stessa o dubbi che l'affetto che provava per Lao Ma le causavano.
"Sono venuti fin qui per parlare di cose importanti." Disse.
"T'ascolto." Replicò la Regina del Celeste Impero.
"Voglio il tuo regno. - Disse, decisa, Xena. - Ed in un modo o nell'altro, l'avrò."
Lao MA non si scompose neanche minimamente alle crude parole della donna che amava.
"Tempo fa mi salvasti la vita, sono in debito con te. Non voglio attaccare il Celeste Impero con la mia armata, quindi concedimelo e molte vite verranno risparmiate."
Propose Xena.
"Non pensavo t'importasse delle vite della gente che conquisti." Disse, l'orientale, senza mutare tono.
La Conqueror s'alzò e voltò le spalle alla sua interlocutrice, guardando, fuori dalla grande balconata, il meraviglioso panorama, illuminato dal tramontare del sole.
"Sei tu che mi stai a cuore." Sussurrò, infine.
Lao Ma, per un istante, trattenne il respiro, poi sorrise, mentre il suo cuore si scaldava dall'affetto riservatole dall'apparentemente tanto dura e fredda guerriera che, però, con le poche persone vicine al suo cuore, sapeva essere dolce al punto da far vibrare la loro anima d'emozioni.
Lao Ma, era, però, innanzitutto, un'ottima regina ed una persona generosa ed altruista e non avrebbe mai potuto cedere il proprio regno ad un qualcuno che l'avrebbe trattato con crudele sangunarietà, neanche e forse soprattutto se questo qualcuno fosse stato Xena. La sua Xena.
"Non ti cederò il Celeste Impero." Disse, quindi, con sicurezza.
Xena si voltò di scatto e nei suoi occhi, la regina notò il fuoco della rabbia infiammarsi.
"Dovrai uccidermi, per averlo."
Continuò, Lao Ma, rimanendo compostamente inginocchiata sul tatami.
Come Lao Ma sapeva, la rabbia crebbe entro la Conqueror.
La sua, però, era una rabbia dettata dal dolore, dal dolore della consapevolezza.
Conosceva l'ostinazione di Lao Ma, sapeva che avrebbe cercato in tutti i modi di fermarla, ne era sicura come era sicura del fatto che alla stessa, invece, sarebbe stata capace d'uccidere la donna che le aveva salvato la vita e che l'amava, nonostante la spietata che era.
Ma la cosa che più le faceva male era che ella stessa ricambiava quel sentimento.
"Perderai!" Esclamò, Xena, decidendo, improvvisamente, d'annullare ciò che provava per la regina dai dolci ma decisi occhi a mandorla.
Lao Ma, con la sua caratteristica pacatezza, s'alzò e staccò dal muro due katane e ne lanciò una verso la Conqueror che l'afferrò prontamente.
"Non userò alcun tipo di sortilegio, contro di te." Disse la regina.
Xena sapeva che Lao Ma avrebbe detto quella frase e sapeva che l'avrebbe rispettata.
La Conqueror lanciò il suo grido di battaglia e, con violenza, si scagliò contro Lao Ma.
In uno stridulo e metallico suono, le due meravigliose spade s'incrociarono nel primo d'una serie d'innumerevoli colpi.
I corpi delle due donne, si muovevano, carezzati dalla delicata brezza.
Due stili completamente diversi si confrontavano, con parità di forze.
Il misurato equilibrio di Lao Ma e la selvaggia passione di Xena.
Le lame delle lucenti katane, fendevano, fiere, l'aria.
L'orientale avviò un secco colpo verso la Conqueror che, però, agilmente, s'abbassò, schivandolo e colpì, con un violento calcio, la nuova avversaria, al polso, facendole cadere l'arma dalla mano.
Lao Ma pareggiò immediatamente i conti, colpendo la donna dagli occhi cerulei con una veloce sequenza delle braccia.
La katana di Xena, si ritrovò, così, a terra, accanto a quella dell'avversaria.
La guerriera, subito, attaccò Lao Ma, colpendola al volto, con un potente pugno che l'avversaria incassò.
Xena la colpì di nuovo, questa volta allo stomaco prima con un pugno e poi, saltando in maniera strabiliante, la colpì con un calcio.
Lao Ma perse l'equilibrio e cadde a terra. Prima che la Conqueror potesse agire in qualsiasi maniera, l'avversaria si rialzò di scatto, afferrando una katana.
Colpì, con forza, Xena, con una serie di mosse talmente veloci da risultare indescrivibili ed inschivabili.
Questa volta fu Xena a cadere a terra e, senza la possibilità di reagire, si ritrovò l'arma nemica alla gola.
Lao Ma guardò la donna che si trovava di fronte a lei e, nonostante sapesse che, al posto suo, Xena l'avrebbe uccisa, lasciò cadere la katana a terra.
"Non voglio ucciderti, Xena. Ho già vinto."
La Conqueror s'alzò velocemente e volse lo sguardo verso la donna che, ancora una volta, le aveva dato prova d'essere una creatura nobile e generosa ma, soprattutto, d'amarla.
Gli occhi di Xena, per la prima volta, da molto tempo, si riempirono di lacrime, mentre afferrava la katana.
Lao Ma cercò lo sguardo della Conqueror che, senza più esitare, colpì l'orientale con l'arma.
Lao Ma, lentamente, s'accasciò a terra e Xena le s'inginocchiò accanto, facendole poggiare la testa sul proprio grembo e stringendole la mano.
"Siamo anime angeli con un'ala soltanto e, per volare abbiamo bisogna di qualcuno al quale stare abbracciato. Quel qualcuno, per me, sei tu mentre per te, quel qualcuno arriverà. - Lao Ma s'interruppe un istante ma cercò subito di continuare, sovrastando l'acuto dolore che provava. - O forse è già nella tua vita…"
"Perdonami…" Sussurrò la Conqueror.
"Ti ho già perdonata, mia Principessa Guerriera."
Detto ciò, la saggia regina chiuse gli occhi, abbandonandosi alla morte.

Giorni dopo, la Conqueror, incitava, con violenza, il suo cavallo a correre al massimo della potenza.
Davanti d'ella, un villaggio, dietro, la sua armata.
Improvvisamente, Xena, si fermò ed i suoi uomini, possenti e minacciosi, la raggiunsero.
Scendendo da cavallo, la guerriera si diresse verso il gruppo di persone che, ferme davanti a lei, inforcavano armi primordiali.
Una giovane si fece spazio tra la folla e, stringendo tra le mani una misera spada, parlò alla guerriera. "Il mio nome è Shatzu, parlo a nome dell'intero villaggio. Siamo poveri e non istruiti ma siamo fieri e dignitosi e combatteremo fino alla morte."
Alzando un sopracciglio, la guerriera scoppiò in un ghigno malvagio e beffeggiante.
La donna del villaggio, come risposta alla presa in giro di Xena, le puntò l'arma al collo.
Xena, con un fulmineo calcio, fece cadere a terra l'arma della contadina, per poi rivolgerle un interrogatorio sguardo.
"Io i disprezzo!" Esclamò, Shatzu, scandendo ogni singola parola, con odio.
La Conqueror, colpita dall'atteggiamento tanto oltraggioso quanto coraggioso, del villaggio, decise d'usare uno stratagemma diverso, dalla semplice razzia, per vincere sugli abitanti.
"Vi risparmierò se supplicherete la mia grazia." Esclamò, quindi, con fierezza.
Immediatamente, un uomo anziano, si piegò a terra, seguito da gran parte degli altri abitanti. Entro breve, ogni singolo membro del villaggio si ritrovò inginocchiato a pronunciare parole di devozione e sottomissione alla Conqueror che, ridendo di nuovo, afferrò il suo chakram e lo lanciò contro gli ingenui cittadini del piccolo ma ricco villaggio.
Subito dopo quel gesto di Xena, molti dei suoi uomini, attaccarono i poveri popolani: urla, pianti, sangue e morte, regnavano padroni della situazione.
Presto, tutti gli abitanti del villaggio furono spediti all'aldilà, mentre altro sangue, s'aggiunse a macchiare le mani della crudele armata e della Conqueror in persona.
L'unica a non essersi piegata a Xena, fu Shatzu che, ancora retta, la guardava con disprezzo.
La Conqueror cercò lo sguardo di Shatzu, obbligandola a sostenere il proprio.
"Ops… Ho mentito." Disse, la donna dagli occhi glaciali, quanto, in quel momento, il suo cuore.
La giovane orientale, corrugando il volto in un'espressione mista tra dolore e disprezzo, sputò contro la Conqueror.
Questo gesto colpì Xena profondamente, offendendola.
Convenne con se stessa che, il modo migliore per vendicarsi di tale affronto, fosse l'umiliazione.
"Voi, qui. - Disse a tre dei suoi uomini, afferrando Shatzu per i capelli. - Divertitevi un po' con questa sciocca."
La ragazza capì immediatamente l'intento della Conqueror e cominciò a dimenarsi, cercando di sfuggire alla presa dei tre sudici, insanguinati uomini che avevano le loro mani su ella.
La Conqueror assistette allo stupro che i tre uomini compivano sulla ragazza, quasi godendone.
Stufatasi della scena, Xena, afferrò Shatzu per un braccio e la strappò dalle grinfie degli uomini per poi strapparle di dosso gli ultimi indumenti che i guerrieri le avevano lasciato.
Shatzu si divincolava ma la Conqueror la colpì con un forte pugno, per poi legarla alla colonna che sorreggeva una casetta.
Non una lacrima, non una supplica, niente di niente. Shatzu non emise un suono.
Xena rise ancora una volta. "Perdente." Esclamò per poi restituire alla ragazza lo sputo.
Quando la Conqueror si voltò per andarsene, la giovane donna orientale, si rivolse a lei.
"Sei mora dentro." Urlò, cercando di trattenere le lacrime che, per un misto di disperazione, vergogna e frustrazione, avrebbero voluto esplodere, come gli argini d'un fiume in piena.
La Conqueror si bloccò un attimo, senza però voltarsi.
Movendosi staticamente, salì a cavallo e, seguita dalla sua armata, sparì nella nebbia, così com'era venuta.

Gabrielle, la poetessa ribelle, sedeva nel letto della stanza a lei assegnata, nel maestoso palazzo della Conqueror.
Ormai era passata quasi un'intera luna da quando Gabrielle si trovava a palazzo, le sue ferite si stavano sanando.
Presto avrebbe potuto tornare a camminare, così le aveva detto il medico di corte.

Durante questo mese, le floride terre del Celeste Impero, bruciavano sotto l'assedio dell'armata della Conqueror che, potente e distruttiva come una tromba d'aria, spazzava via, dal suo cammino, tutto quello che trovava.

La bionda ragazza inspirò profondamente, annoiata dalla situazione che la costringeva a non far nulla ed a vivere nell'attanagliante morsa del dubbio.
Gabrielle che stava, candidamente, in una vestaglia verde chiaro, di pregiata e sottile seta, some le lenzuola del letto, sentì la porta della propria stanza cigolare, aprendosi.
"Lidia, finalmente!" Esclamò, convinta che fosse la mora ancella, ormai divenuta sua amica, ad essere venuta a trovarla.
Un brivido che attribuì alla sorpresa, le attraversò la schiena, quando vide che era stata la Conqueror ad entrare nella sua stanza.
"Vedo che hai preso confidenza." Esclamò, Xena, avvicinandosi, con passo deciso, mentre il lungo abito rosso che indossava, veniva lievemente mosso, ad ogni suo passo.
Gabrielle squadrò la sua regina dalla testa ai piedi: i lunghi capelli corvini ricadevano, leggermente mossi, sulle spalle della donna, producendo un netto contrasto con i chiarissimi occhi contornati da un aggressivo trucco.
Lo scollato abito color porpora, la rendeva provocante e maestosa, molto femminile, nonostante fosse una guerriera abile al punto da poter battere molti uomini contemporaneamente.
La poetessa convenne con se stessa sul fatto che la Conqueror fosse davvero la donna fisicamente splendida ed estremamente seducente che sentiva descrivere.
La bionda ragazza dai capelli color oro e morbidi come la seta, fu riportata alla realtà dalla voce di Xena.
"Mi stai facendo perdere tempo." Disse la Conqueror.
Accortasi dei propri pensieri, Gabrielle fu colta da un attimo d'imbarazzo e sentì le proprie gote andare in fiamme.
"mi perdoni, Conqueror, ero soprappensiero. Potresti ripetere, per favore?"
Xena si stupì della semplicità e della naturalezza con la quale la bionda ragazza si rivolse a lei.
Non ebbe voglia di ripetere la domanda, infondo, la cosa che ora le interessava, era un'altra.
"Lascia perdere." Disse, quindi.
Gabrielle si fece coraggio e decise di porre i quesiti che le balenavano nella mente da quasi un mese.
"Perché mi state facendo curare? Mi volete vendere come schiava o forse vi aspettate che vi riveli dove si trovano i miei compagni? Se è così, potete scordarvelo, non li tradirò mai, qualunque cosa…"
"No. - La interruppe, seccamente, Xena. - Non è per questo che sei qui."
Gabrielle si scostò una ciocca di capelli dal volto e sollevò lo sguardo verso la sua interlocutrice.
Quel verde e quell'azzurro che s'univano, si frangevano nei suoi lucenti occhi, come le onde del greco mar, risultarono a Xena, come un acquazzone primaverile.
Così fragile e dolce, in apparenza, ma capace di trasformarsi in una potente tempesta, in grado di rovinare interi raccolti.
Ciò risultò a Xena attraente come il miele per gli orsi.
Invitante, sì, ma estremamente pericoloso.
E Xena, amava il pericolo.
S'avvicinò alla biondina senza distogliere lo sguardo da quello d'ella che, per orgoglio, cercava di sostenere quello di Xena.
La donna dai capelli corvini, sedette sul letto e, con una delicatezza che sorprese Gabrielle infinitamente, le accarezzò il volto.
La poetessa si sentì invasa da un'ondata d'emozioni.
Non avrebbe mai immaginato di provare attrazione per una donna, tanto meno per la guerriera più potente, spietata ed omicida di tutta la Grecia.
Eppure era attrazione, quella che provava, ne era sicura.
Ne era attratta come un bambino è attratto come un bambino è attratto da ciò che gli si proibisce.
Sentì le proprie gote tornare a bruciare, quando Xena cominciò a sbottonarle la camicia da notte.
Gabrielle non disse nulla, non voleva dire nulla, voleva solo sentire le mani della Conqueror sul proprio corpo, quelle mani che in battaglia erano pericolose quanto una delle migliori armi sul mercato ma, che, in amore, erano dolci e magiche.
Ne era sicura, fosse così e ne ebbe la conferma quando sentì la mano della Conqueror sfiorarle un seno, mentre la sua bocca, si posava sul collo della poetessa.
Xena era incantata da quella giovane donna, la desiderava, voleva possederla, farla sua. E lo fece.
Le sue esperte mani spogliarono Gabrielle della tunica, lasciandola nuda.
La Conqueror sentì l'eccitazione crescere, dentro se stessa e sapeva che lo stesso valeva per la giovane dagli addominali scolpiti come quelli di una statua di Prassitele.
Mentre le mani di Xena, correvano, sensuali, lungo il corpo di Gabrielle, questa sentì la ragione venirle meno, sapeva che, se fosse stata in piedi, le ginocchia non avrebbero di certo retto il peso del proprio corpo.
Oltre all'immensa eccitazione, sentiva, dentro se, anche la paura, data da una situazione totalmente nuova, instabile e pericolosa.
Stava facendo l'amore con la grande Conqueror!
Amore… Questo pensiero la spaventò più della donna che aveva vicina.
Xena s'accorse del disagio di Gabrielle e si fermò.
"Cosa c'è?" Chiese, guardando Gabrielle negli occhi.
La poetessa si sentì incantata da quell'immenso mare azzurro, era convinta che oltre a ciò che si vedeva in apparenza, la Conqueror avesse entro se stessa un mondo infinito.
Riusciva a sentirlo e, per un istante, si disse che, forse, quella donna, sarebbe potuta cambiare.
"Nulla, Conqueror." Rispose, quindi, con voce tremante di desiderio.
Xena sorrise, senza togliersi da sopra Gabrielle.
"Xena, chiamami Xena." Disse.
Gli occhi di Gabrielle s'illuminarono, rallegrati dall'intimità che Xena le stava concedendo e, senza pensare, disse la prima cosa che le venne in mente, decidendo di permettere al proprio animo d'esprimersi liberamente.
"Ti desidero, Xena, Sussurrò."
La Conqueror continuò ciò che aveva iniziato, facendo provare all'aedo, sensazioni nuove e meravigliose.

Tre giorni erano ormai passati da quando la Conqueror aveva fatto visita a Gabrielle.
Tre giorni durante i quali il bardo non fece altro che porsi mille quesiti, ai quali non sapeva darsi delle risposte.
Da un lato, continuava a desiderare Xena, voleva ancora poter sentire le mani di lei sul proprio corpo ma, voleva, immensamente, anche poterla toccare, poter sentire il suo respiro, il battito del suo cuore… Voleva averla vicina.
La Conqueror non avrebbe mai potuto piegare Gabrielle con la forza, la violenza, la paura od il potere ma, ci riuscì, con la magia che emanava.
Gabrielle era di Xena e, a sua volta, la voleva… voleva fosse sua… sua.
Si diede della stupida. Come potè pensare che una donna come Xena, che aveva il mondo ai propri piedi, sarebbe mai potuta essere di Gabrielle, bardo di Potidea.
Un brivido gelido le attraversò tutto il corpo: Xena era la Conqueror, la donna che aveva piegato il mondo al suo crudele volere.
La guerriera dal magico chakram che governava il mondo spinta dalla smania di potere, che piegava molteplici popoli, con la ferocia della sua armata.
Una donna che aveva sempre odiato, pur non conoscendola neanche, personalmente.
Ma ora… era terribilmente confusa, provava qualcos'altro, altre all'odio… qualcosa di totalmente diverso, da potersi definire opposto.
S'era innamorata della terribile Conqueror.
Si maledì, per questo.
Si sentiva come se avesse tradito tutto ciò in cui credeva, come se avesse tradito se stessa.

Una forte mano cinse Xena, al ventre.
La donna chiuse gli occhi, lasciandosi andare alla stretta.
"Come sei bella, Xena, oggi." Esclamò Ares, il Dio della Guerra.
La guerriera sorrise.
"A dire il vero, sei sempre meravigliosa." Continuò il Dio.
"Volevo parlarti." Disse, la Conqueror.
"Dato che sei nel mio tempio, l'avevo intuito." Rispose, Ares, canzonatorio.
Xena si staccò immediatamente da lui, per portisi di fronte e guardarlo negli occhi.
"Ho conquistato anche il Celeste Impero ed ora? Cosa mi resta da fare?"
Chiese, Xena, con ira.
"Sei insaziabile." Disse, Ares, afferrando Xena per i fianchi e trascinandola verso se per baciarla, con sfrontatezza.
La Conqueror non sembrò apprezzare e colpì Ares allo stomaco, con un pugno e, facendo leva sulle mani, poste sulle spalle dell'immortale, compì un acrobatico salto, trovandosi, così, dietro egli.
Velocemente, lo colpì con una gomitata alla nuca, facendolo barcollare, verso avanti. Prima che il Dio potesse reagire o, addirittura rendersi conto di quello che stava accadendo, Xena saltò di nuovo e fece una piroette nell'aria, per poi colpire Ares alla schiena, con una potenza strabiliante.
"Per gli Dei, Xena, questo sì che fa male!" Esclamò, Ares, alzandosi da terra.
La Conqueror rise. "E se ora che il mondo è mio, mirassi a conquistare l'Olimpo?"
Ares, per un attimo, rimase sorpreso dalle parole della bella guerriera ma tornò, presto, ad avere, stampata sul volto, la sua caratteristica aria di superiorità.
Era divino, immortale ed attraente e ne era pienamente consapevole.
Come Xena, del resto, era pienamente consapevole del fatto che se si fosse messa in testa di conquistare l'Olimpo, ne sarebbe stata capace.
"Sposami e sarei immortale e l'Olimpo sarà anche tuo." Disse il Dio della Guerra.
"Non mi basta, io voglio essere padrona incontrastata di tutto!" Rispose, Xena.
Ares sgranò gli occhi. Anch'egli conosceva a pieno le potenzialità della guerriera e la temeva.
Poco, ma la temeva.
"Tu sei folle!" Disse il Dio.
Xena rise e, non volendo, di proposito, smentire la teoria d'Ares, sul suo conto, con fare e sguardo predatore, lo puntò, come fosse la sua preda.
"Sì, sono folle ed assetata di potere e questo t'eccita…" Disse, quindi, afferrando, senza delicatezza alcuna, l'uomo, per la blusa di pelle e sbattendolo contro l'altare dove venivano svolti i sacrifici in suo onore.
Xena baciò con ardore il Dio e lo spinse a sedere sull'altare.
L'uomo inspirò profondamente, strabiliato dal fuoco che ardeva nella guerriera.
Ares sapeva che Xena era una donna unica, capace di far infiammare chiunque.

Gabrielle cercava di muovere i primi passi, aiutata da Lidia, l'ancella, nel giardino del palazzo della Conqueror.
Una dozzina di giorni erano passati dal suo ravvicinato incontro con la misteriosa Xena ed i dubbi continuavano a susseguirsi, caotici, nella mente del bardo.
Di una cosa era sicura: voleva rivedere la Conqueror.
Se non altro, per avere spiegazioni.
Una leggera brezza dal profumo inebriante scosse l'aedo.
"Questo giardino è meraviglioso!" Disse, rivolta a Lidia.
"Ti ringrazio." Rispose una voce che di certo non era quella dell'ancella.
Gabrielle si voltò di scatto verso dove provenirono quelle parole e non fu neanche molto sorpresa nel vedere Xena.
Il bianco abito di raso che indossava, la rendeva più bella d'un angelo, ma Gabrielle sapeva perfettamente che Xena non aveva nulla d'angelico.
La Conqueror mosse in capo, indicando a Lidia d'andarsene e la ragazza, obbedì subito.
"Avrei delle domande da porti." Disse la poetessa, determinata ad avere delle spiegazioni.
"Vedo che cominci a camminare. - Esclamò Xena, ignorando ciò che Gabrielle le aveva detto. -Anch'io ebbi le gambe spezzate… ti riprenderai."
Il bardo continuava a non capire.
Osservò la Conqueror sedersi sul bordo d'un piccolo laghetto artificiale, costruito al fine d'ornare il verdeggiante giardino.
"Sono molto confusa, non riesco a capire niente…" Disse, quindi, l'aedo.
"Non sforzarti di capire, non ho delle risposte da darti - Rispose Xena. - Avvicinati." Disse, poi.
Gabrielle l'assecondò e, con un po' di fatica, creatale dalle gambe ancora non perfettamente sanate, sedette accanto alla Conqueror.
Il suo cuore sembrò essere trafitto da una freccia.
*La freccia di Cupido.* Pensò, la giovane, cercando di controllare le proprie emozioni e di non permettere alle proprie gote d'arrossarsi.
Da quando Xena l'aveva presa tra le proprie braccia, Gabrielle desiderava ardentemente poterla sfiorare, forse anche per togliere a se stessa il dubbio che il loro fosse un rapporto schiava - padrona.
Quindi, il bardo, allungò una mano ed andò a cercare quella della Conqueror, che strinse alla sua.
Xena si stupì molto di quel gesto, così semplice ma così significativo e non abituale, per lei.
Nessuno, da quando se ne era andata da casa, eccetto Lao Ma, le aveva mai riservato dell'affetto.
Quella sensazione gentile, dolce e rassicurante, piacque ad una parte della sua anima ma fece irrigidire e saltare sulla difensiva l'altra, quella dominante, che non permetteva a nessuno d'avvicinarsi troppo a lei.
Così, ancora una volta, Xena si lasciò vincere dal suo lato oscuro e, dopo aver falsamente ricambiato il dolce sorriso di Gabrielle, estrasse dalla scollatura dell'abito, una piccola e graziosa ampolla contenente un liquido rosa.
"Cos'è?" Chiese, l'aedo.
"Una medicina. Ti farà stare molto meglio. E'… divina!" Rispose, Xena.
Gabrielle guardò la piccola ampolla e, poi, trovando nell'espressione della Conqueror la sicurezza che cercava, afferrò l'ampolla e ne bevve il contenuto.
La sua testa iniziò a girare ed ebbe l'impressione di svenire, mentre tutto, intorno ad ella, si stava oscurando.
S'appoggiò a Xena, che la sorresse.
"Dove sono nascosti gli aedi ribelli?" Chiese, diretta, la Conqueror.
E Gabrielle rispose.
La poetessa sentì il sangue gelarsi nelle proprie vene, accortasi della parole sfuggitele di bocca.
Cadde nel baratro della confusione. Non voleva tradire i propri compagni, non l'avrebbe mai fatto.
"Ti ho fatto bere il sidro della verità… Ringraziamo Ares." Disse, Xena, orgogliosa della sua riuscita impresa.
L'angoscia e la disperazione assalirono l'aedo che stette per parlare ma Xena la colpì alla nuca, facendola cadere a terra, esanime.

Gabrielle aprì gli occhi, era nel proprio letto, nel palazzo reale ed indossava un lungo abito viola.
Viola tradimento.
Improvvisamente ricordò tutto e la rabbia, mista a disperazione, s'impadronì di lei.
S'alzò dal letto, cercando d'ignorare le malate gambe ed il seppur lieve dolore che le causavano ed uscì dalla stanza.
Si stupì del fatto che le guardie le permettessero di passare e che, anzi, le indicassero la strada verso la Conqueror.
Probabilmente, Xena stessa, aveva dato queste disposizioni, prevedendo la sua reazione.
Quella serpe aveva previsto ogni cosa.
L'aveva fatta innamorare, fidare, di se, per poi usarla.
Delle guardie aprirono la grande porta che divideva Gabrielle dalla Conqueror.
L'aedo entrò nella sala, mentre la cieca e sofferta rabbia, la stava facendo impazzire di dolore.
Sentì il cuore fermarsi, quando vide Xena, vestita di nero, seduta su un rialzato trono d'oro massiccio.
La Conqueror alzò la mano, indicando a Gabrielle di volgere lo sguardo ai lati della stanza.
La poetessa lo fece e, con immenso orrore, notò, sui due lati della sala, posizionate su due lunghe tavolate, le dodici teste dei propri compagni.
Gabrielle urlò dal dolore, mentre le lacrime cominciarono a scendere, copiose, lungo il suo volto.
Xena scesa dal trono e, con passo deciso, senza essere minimamente turbata dalla mostruosità di ciò che aveva compiuto, s'avvicinò a Gabrielle.
Guardò il bardo quasi godendo della sua pena.
Gabrielle sollevò lo sguardo pieno d'odio e sofferenza verso Xena che alzò un sopracciglio, volendo indicare alla poetessa di dirle quello che pensava.
"Sei un mostro!" Urlò Gabrielle.
"Sono la Conqueror." Rispose Xena.
A Gabrielle fu tutto chiaro. S'odiò tanto quanto odiava Xena.
Le aveva creduto, era cascata, da perfetta ingenua, nella trappola che la Conqueror le aveva teso.
Senza controllo di se stessa, Gabrielle colpì, con uno schiaffo, Xena, al volto.
La Conqueror fu costretta a piegare il viso di lato, data la potenza del colpo.
La rabbia s'impadronì anche di Xena che, a sua volta, colpì Gabrielle, facendola cadere a terra.
Xena s'inginocchio e montò a cavalcioni sul bardo, schiaffeggiandolo, senza controllo e senso.
Gabrielle, tra le amare lacrime della disperazione, aiutata dalla forza che l'ira riesce a donare, colpì di nuovo Xena.
La Conqueror si bloccò ed osservò Gabrielle. La poetessa aveva il volto rigato dalle lacrime e corrugato in un'espressione di sofferenza, mentre i biondi capelli cadevano, scompigliati, lungo la schiena.
"Uccidimi pure, ormai nulla ha più senso." Sussurrò, la ragazza.
Quelle parole colpirono Xena immensamente.
Gabrielle aveva qualcosa di speciale, che riusciva a far vacillare la forte e decisa Xena.
*Sono un mostro, è vero.* Pensò la Conqueror.
Un lato di se stessa, voleva il potere, la passione, il prestigio. L'altro, voleva la pace.
Urlò, urlò di disperazione.
Gabrielle la stava facendo impazzire, cadere nella lacerante morsa del dubbio.
"Xena…" Sussurrò l'aedo, con tono comprensivo e supplichevole, come se avesse letto nei pensieri della donna.
La Conqueror prese tra le mani il volto di Gabrielle e s'avvicinò, per baciarla.
La poetessa sentì il sentimento d'amore che provava per Xena, riaffiorare e lasciò che le morbide labbra della Conqueror si posassero sulla sua.
Tutto sembrò cessare d'esistere. Tutto, tranne lei e Xena.
Poi, però, il suo sguardo cadde sulle teste decapitate dei compagni.
Persone giuste e buone che lei, anche se non conosceva bene, rispettava molto.
L'odio tornò ad impadronirsi di Gabrielle che spinse via da se Xena.
"Lasciami!" Urlò l'aedo.
Quel rifiuto accese ancora di più, l'animo di Xena, trasformando il sincero trasporto, in desiderio malato.
Xena afferrò Gabrielle per un braccio e le fece alzare il busto, in modo da tirarla più vicina a se.
"Lasciami!" Urlò, di nuovo, Gabrielle.
Xena premette le proprie labbra contro quelle della ragazza, passando un braccio attorno ad ella, per stringerla più a se.
Gabrielle cercò di divincolarsi ma Xena era nettamente più forte e la misera ed instabilmente motivata resistenza dell'aedo, non servì a nulla.
Le mani della Conqueror corsero lungo il corpo del bardo per poi soffermarsi sul suo busto.
Gabrielle cercò ancora d'allontanare Xena da se ma la Conqueror la colpì con forza, alla testa.
Un silenzio terrificante calò nella sala e, per Gabrielle, tutto si fece buio.

Xena s'alzò dal letto, attorcigliandosi addosso il lenzuolo.
"Come pensi d'agire?" Chiese Ares, ancora disteso sul giaciglio.
"Potrei saccheggiare qualche villaggio, far sterminare le amazzoni o i centauri…" Rispose la Conqueror con tono inespressivo.
Ares emise un piccolo verso di disappunto, mentre Xena cominciò a pettinarsi i capelli.
Prima che uno dei due potesse replicare, bussarono alla porta.
"Chi è?" Chiese, bruscamente, la Conqueror.
"Sono Disius, perdonate il disturbo ma c'è Milio a palazzo." Rispose l'uomo che aveva bussato, ossia il braccio destro della Conqueror.
Xena, senza lasciar trapelare le proprie emozioni disse a Disius che sarebbe stata al cospetto di Milio entro una manciata di minuti,
Ares osservò la guerriera vestirsi, rimanendo in silenzio fino a quando due ancelle bussarono per poter entrare nella stanza.
"Sei una donna strana, Xena, non smetti mai di stupire." Disse il Dio.
Xena sorrise ed Are scomparì in un tumulto di scintille color cenere.
Poco dopo, Xena, fasciata in un lungo abito blu, fece il proprio ingresso nell'enorme sala dei ricevimenti.
Un uomo di media statura, dai muscoli scolpiti e dai capelli e barba biondo cenere, la aspettava, impettito.
"Milio, qual buon vento..?" Esordì, Xena.
L'uomo si voltò verso la Conqueror, rivelando la parte sinistra del volto, deturpata da una profonda cicatrice.
"Ho lasciato il segno." Disse, ironica, Xena, riferendosi alla grande cicatrice che imbruttiva il volto di Milio, suo vecchio braccio destro.
"Mi hai tolto la bellezza…" Rispose amaramente, l'uomo.
"Se tu non avessi tentato d'uccidermi, ora non saresti ridotto così." Rispose la donna dagli occhi di ghiaccio.
"Voglio la rivincita, uno scontro leale." Disse Milio.
Xena lo guadò con interesse. "Cosa ci guadagno se vinco?"
"L'onore della vittoria, io t'ho sfidata." Replicò l'uomo.
A Xena l'idea della sfida piacque. Aveva conquistato tutto ed ora era annoiata al punto da essere disposta a provare ogni tipo di diversivo.
"Accetto." Disse, quindi.
"Fa entrare due miei uomini, voglio i testimoni." Esclamò Milio.
La Conqueror annuì e disse a due dei suoi uomini presenti nella sala di far entrare gli uomini di Milio.
Xena sapeva d'essere forte, una guerriera superba ed in ogni battaglia, era determinata a vincere.
Da guerriera aveva un unico difetto: sottovalutava spesso gli avversari.
I due uomini di Milio entrarono nella sala e quest'ultimo e la Conqueror estrassero le spade ed iniziarono a combattere con violenza e determinazione di vincere.
La Conqueror fu molto stupita nel vedere che Milio era diventato un eccellente guerriero ed un degno avversario.
Le loro spade s'incrociarono per l'ennesima volta e Milio calciò Xena, allo stomaco.
La donna, per la forza del colpo, si sbilanciò lievemente e Milio ne approfittò per colpirla al volto con un pugno.
"Ora!" Urlò l'uomo ed uno dei suoi guerrieri ed uno di quelli della Conqueror pugnalarono due degli uomini fedeli a Xena.
Prima che la donna potesse rendersi perfettamente conto della situazione, Milio tentò di colpirla con la spada ma Xena riuscì ad evitare il fendente, rotolando verso destra.
S'alzò di scatto e contrattaccò ma si trovò circondata dai sei uomini rimasti in vita, quattro dei quali, suoi guerrieri.
"Traditori!" Urlò la Conqueror.
Milio sorrise, compiaciuto dal proprio piano.
I sei guerrieri sferrarono molteplici attacchi contro la Conqueror che, per tempo, riuscì a pararli tutti.
Xena colpì e mise fuori combattimento due dei guerrieri, finché anche Milio attaccò di nuovo.
Uno degli uomini colpì Xena al ventre e subito altri due approfittarono del suo momento di debolezza per colpirla alla schiena.
Milio sferrò un potente colpo con l'elsa della spada alla testa della Conqueror, facendola cadere a terra, priva di sensi.
"Xena… Xena… Ti prego, parlami!"
La Conqueror cercò d'aprire gli occhi, mentre quei suoni confusi la stavano riportando, pian piano, alla realtà.
Ogni minima parte del suo corpo, vibrava dal dolore. Ciò che più le faceva male, però, era la sconfitta e l'umiliazione che aveva subito.
VENDETTA. Fu la prima certezza che s'insinuò nella sua mente.
"Xena! Ti supplico!" Ripetè la voce.
La Conqueror riuscì finalmente ad aprire gli occhi e per un istante credette d'essere morta e di trovarsi in paradiso, tra le braccia d'un angelo.
Si ricredette immediatamente, avendo la certezza del fatto che il Paradiso non fosse un posto nel quale sarebbe potuta finire.
Xena riuscì a mettere a fuoco l'immagine: la giovane che la stringeva tra le sue braccia era la dolce Gabrielle.
"Gabrielle…" Sussurrò Xena, con la voce impastata.
La ragazza dai capelli color oro si lasciò sfuggire di bocca un singhiozzo.
Xena s'accorse che il bardo stava piangendo… Stava piangendo per lei.
Nessuno l'aveva mai fatto da molto, molto tempo, ormai.
La Conqueror cercò di parlare ma la voce le si spezzava in gola, insieme alle urla dovute all'atroce dolore.
"Non t'affaticare, sei al sicuro, sta calma…" Sussurrò la bionda, accarezzando dolcemente i capelli della Conqueror.
"Dove siamo?" Riuscì a chiedere, Xena.
"In città, in un nascondiglio a casa di miei amici. Non sanno chi sei, non c'è possibilità che ti trovino. Quegli esseri senza cuore, ridurti così.." Parlò Gabrielle, con trasporto.
Xena sentì una fitta al petto, sicuramente era il taglio d'una lama.
"Perché mi stai aiutando?" Chiese.
Gabrielle, per un istante, rimase in silenzio, forse non aveva una risposta pronta, da dare o, forse, avendo timore nell'esporre i propri sentimenti.
Poi, però, notando che la Conqueror attendeva risposta, decise di soddisfarla.
"Perché ti voglio bene." Disse il bardo.
Xena non disse nulla, non sapeva cosa dire, come reagire.
Quella dolce e bella fanciulla che lei aveva tanto maltrattato, le aveva salvato la vita e s'era innamorata di lei e, se pur solo in parte, aveva anche avuto il coraggio di dirglielo.
"Le mie ferite in che stato sono?" Chiese la Conqueror, affrettandosi a cambiare discorso.
"Abbiamo cercato di curarle ma alcune sono profonde e…"
"Sopravvivrò" La interruppe Xena.
Gabrielle non capì se quella della Conqueror fosse un'affermazione od una domanda.
"Lo spero." Si limito a dire, quindi.
"Sopravvivrò. - Disse, di nuovo, Xena, questa volta con tale decisione da non lasciare dubbi sulla natura di ciò che aveva detto. - Mi voglio vendicare." Concluse con un'ira, nella voce, che fece rabbrividire Gabrielle.

Il tempo passò, inesorabile e tormentato, mentre l'inverno, giungeva alle porte.
Gabrielle riacquistò totalmente l'uso delle gambe e Xena le forze.
L'amore che il bardo provava nei confronti della Conqueror era cresciuto di giorno in giorno, durante il periodo di tempo che le due donne passarono insieme.
Gabrielle non sapeva spiegarsi perché amasse tanto quella donna così crudele, che non mostrava neanche un briciolo d'affetto nei suoi confronti e che non sembrava neanche riconoscente del fatto che l'aedo le aveva salvato la vita, portandola via da palazzo.
Xena non aveva neanche più tentato di sfiorarla, per fare l'amore, cose che, Gabrielle, desiderava ardentemente.
La giovane dai capelli color oro, si tormentava, non riusciva a capire Xena, il suo atteggiamento distaccato ma mai cattivo, nei suoi confronti.
La Conqueror, invece, aveva una risposta ad ogni domanda che Gabrielle avrebbe voluto porle, risposte che, però, Xena non avrebbe mai dato.
Durante il tempo passato con l'aedo, Xena aveva visto i dubbi crescere, entro se stessa.
Il suo conflitto interiore era diventato insopportabile.
Una parte di se, desiderava tornare a palazzo, riprendersi quel che era suo ed umiliare ed uccidere Milio.
Quella sua parte, voleva il corpo di Gabrielle.
Quando la fanciulla si vestiva o si lavava, la voglia di lei diventava forte quasi al punto d'essere incontrollabile.
Ma l'altro lato di Xena, provava nei confronti del bardo, affetto.
Quell'affetto che prima aveva provato solo per Lao Ma e per Akemi.
Questa volta, però, era diverso. Il puro sentimento che il suo lato che per lo più veniva vinto dall'altro, portava la sua parte, di solito più debole, ad essere quella dominante.
Per la prima volta, sentiva che l'amore stava vincendo su di lei.
Se non osava sfiorare Gabrielle non era per mancato desiderio, ma per affetto e rispetto.
Non voleva legare a se quella meravigliosa creatura che meritava molto di più, del male nel quale Xena avrebbe potuto trascinarla.

In quel pomeriggio pre invernale, Xena sedeva davanti ad un grande specchio, nel nascondiglio dove Gabrielle l'aveva portata, mesi prima.
La Conqueror s'era abbassata una spallina del semplice vestito da popolana, che gli abitanti della casa che l'ospitava, le avevano dato.
Xena, senza mutare la rigida espressione del proprio volto, s'accarezzò la spalla segnata da una lunga cicatrice che proseguiva lungo la schiena.
Quello era il segno fisico, permanente, che lo scontro con Milio e gli altri le aveva lasciato.
La Conqueror, assorta nei propri pensieri, si sentì gelare quando la leggiadra mano del bardo si posò sulla sua nuda spalla.
Xena non volle avere nessun tipo di reazione evidente, all'inaspettata mossa della giovane che, insolitamente audace, accarezzò la spalla della Conqueror, per poi far scivolare, con un tocco delicato ma deciso, allo stesso tempo, la propria mano, verso il petto dell'amica.
Xena trattenne il respiro, mentre aveva l'impressione che il proprio cuore battesse ad un ritmo totalmente nuovo, un ritmo dolce, cullante e soave da un lato, ma sconvolgente e passionale dall'altro.
La sua pelle sembrava bruciare sotto al tocco della fanciulla che era per lei l'incarnazione terrena d'un angelo.
*Un angelo…* Si soffermò a pensare, Xena.
Improvvisamente, la ragione prese il sopravvento sugli istinti e la Conqueror bloccò la mano di Gabrielle, non permettendole di giocare ancora con il suo corpo.
Xena sapeva che quello, questa volta, non era davvero un gioco.
Gabrielle sussultò, spaventandosi per l'inaspettata e forte reazione di Xena e stette zitte ferma, non sapendo come agire.
Xena si voltò verso l'aedo e la guardò dritta in quei meravigliosi occhi limpidi, nei quali verde ed azzurro, dolcezza e forza, trovavano un equilibrato, compromesso d'esistenza.
"Non possiamo…" Disse, la Conqueror, lasciando che dal tono della propria voce trasparisse quanto quello che diceva, le pesasse e dispiacesse.
"Perché?" Chiese Gabrielle, sussurrando quella parola che sembrava essere rivolta a tutto ciò che era accaduto dal momento in cui la Conqueror le aveva fatto spezzare le gambe.
Xena intese l'ampio senso di quella parole e, questa volta, s'affidò a quella parte di se che minormente aveva voce in capitolo della sua vita.
Anzi, quella parte che da molto, molto tempo, ormai, non sapeva neanche di avere: il cuore.
S'alzò dallo sgabello sul quale sedeva, sistemandosi, contemporaneamente, il contadino abito, sulla spalla.
Cercò lo sguardo di Gabrielle e prese una della mani del bardo tra le sue.
L'accarezzò con delicatezza, per poi avvicinarsi ancora di più a Gabrielle, richiedendone l'abbraccio.
Il cuore dell'aedo fu investito da una felicità che da tempo, ormai, non provava.
Sentì Xena sua.
Totalmente ed indiscutibilmente sua.

La pioggia scendeva fitta e tagliente, bagnando la terra ansante, le piccole case del villaggio e l'imponente e maestosa reggia che, un tempo, era della Conqueror ma che ora apparteneva a Milio.
Era tarda notte e l'uomo giaceva nel proprio letto.
Si trovava nel momento di passaggio dalla vita giornaliera, al mondo di Morfeo.
Il sonno si stava pian piano impadronendo delle sua membra, quando un corpo, postatosi con selvaggia violenza, sul suo, lo fece ridestare.
Milio cercò d'alzarsi ma una forte mano glielo impedì.
"Comodo, il mio letto, vero?" Chiese una voce di donna.
Milio rabbrividì "Xena!" Esclamò, riconoscendola immediatamente.
"Io vinco, tu perdi." Sentenziò, Xena, colpendo Milio, con una veloce sequenza delle dita.
Una morte rapida e sicura: gli aveva provocato il disfunzionamento degli organi celebrali.
Un battito di mani.
"Ares…" Disse Xena, volandosi di scatto e trovandosi, davanti, il Dio della Guerra.
"Che entrata spettacolare, non deludi mai." Esclamò quest'ultimo.
"Cosa vuoi?" Chiese, dura, la guerriera, alzandosi dal letto e posizionandosi di fronte ad Ares.
Il Dio non rispose, schioccò le dita ed una forte luce illuminò la stanza.
Ripeté il gesto, con la mano ed il vestito di Xena cadde a terra, lasciandola nuda.
Ares notò la cicatrice e girò intorno alla guerriera per osservare la brutta ferita che la segnava dalla spalla fino alle natiche.
"Che brutta cicatrice…" Sentenziò il Dio, per poi posare il proprio dito indice sull'inizio della ferita per poi portarlo lungo tutta la cicatrice che, sotto l'influsso dei poteri d'Ares, sparì completamente.
"Ecco fatto, perfetta come prima." Disse, quindi, il Dio della Guerra.
Xena si toccò la spalle e non sentì più nulla, oltre che la liscia pelle.
Ares l'afferrò per i fianchi e Xena chiuse gli occhi, eccitata, mentre la sua mente corse, però, a Gabrielle.
"Non permettere al male di vincerti"
Queste erano state le ultime parole che l'aedo le aveva detto, prima che Xena partisse verso il palazzo, per riconquistare il proprio posto.
Nell'ultimo periodo, Gabrielle era entrata dentro l'anima, il cuore di Xena, diventando una parte di lei, andando ad unirsi alla parte della Conqueror che era sempre stata quella meno forte.
Così, con il bardo al suo fianco, Xena sentiva d'aver vinto il proprio lato oscuro.
Ma ora, Gabrielle non c'era e l'odore del sangue della vittoria, del riscatto dell'onore, il sangue di Milio ch'ella stessa aveva versato, assieme alla totale bellezza fisica ritrovata ed alle mani d'Ares che tastavano il suo corpo con insistenza e passione, la stava facendo ricadere nel baratro dal quale credeva d'essere uscita.
Pian piano l'oscurità tornò a prendere il sopravvento su Xena che, tornata a palazzo, era certa d'aver riconquistato tutto il potere che tanto amava.
Si lasciò totalmente andare ad Ares, lo spinse sul letto e montò su di lui,
"L'astinenza e la povertà non fanno per me." Disse, Xena, slacciando i calzoni del Dio.
"Sei la Conqueror." Puntualizzò, Ares.

Quando Gabrielle, il girono seguente, arrivò a palazzo, come stabilito, le guardie la fecero entrare, senza alcuna riserva.
Xena aveva ripreso pieno possesso della sua posizione ed aveva dato disposizione affinché l'aedo di Potaidea fosse trattata come una regina. La sua regina.
Il alto malvagio di Xena, tornato in superficie, non era riuscito ad evitare il conflitto con l'altra parte della guerriera che cercò libertà e possibilità d'espressione, non appena il bardo varcò la porta delle stanze della Conqueror.
Il volto di Xena s'illuminò alla visione di Gabrielle, vestita come una principessa.
L'aedo ricambiò il sorriso e si sedette sul letto, accanto alla guerriera.
Xena accarezzò il volto della giovane che vide questo gesto come una sorta di via libera alle effusioni e, quindi, Gabrielle abbracciò la guerriera, con affetto.

Nel bel mezzo della notte, Gabrielle fu svegliata di soprassalto, da un incubo.
Aprì gli occhi e si calmò immediatamente, vedendo che si trovava al sicuro, a palazzo.
S'incamminò lungo il corridoio, ponendo i propri veloci passi, sul tappeto rosso, steso a terra.
Giunse dinanzi alle stanze della Conqueror, dove due guardie vigilavano.
Poco dopo, al bardo, fu permesso d'entrare da Xena.
"E' successo qualcosa?" Chiede, la guerriera, visto l'insolito orario.
"Ho fatto un sogno spiacevole e volevo la tua compagnia." Rispose Gabrielle.
Xena le sorrise e le indicò di sedersi accanto ad ella, sullo spazioso e comodo letto.
Improvvisamente, un silenzio spettrale calò tra le due.
L'espressione di Gabrielle si fece pensierosa ed amareggiata.
Xena sapeva a cos'era dovuta ma non voleva accettare il fatto che la scoperta della poetessa potesse comportare una lite, tra loro.
"La cicatrice.." Sussurrò, Gabrielle, rompendo il silenzio.
Xena non disse nulla, rimase ferma, a guardare il bardo che, a sua volta, non distoglieva gli occhi dalla spalla della guerriera.
Cogliendo di sorpresa la Conqueror, Gabrielle infilò velocemente, una mano nella vestaglia della guerriera, per tastarle la schiena e constatare che la cicatrice era perfettamente svanita.
"Ares.." Disse, l'aedo.
Gabrielle fu invasa da un'ondata di timore.
Durante i mesi passati con Xena, aveva imparato a conoscerla e sapeva che, il suo lato oscuro, anche se momentaneamente sepolto entro se stessa, era sempre pronto a riaffiorare. E quale pretesto migliore che il sapore del potere, della vittoria… della guerra?
Ares era tutto questo ed anche Xena, per un verso, lo era.
Alla mente di Gabrielle riaffiorarono le parole di uno dei suoi compagni aedi, fatti uccidere dalla Conqueror.
"E' mortale ma è anche una Dea, la Dea della perdizione."
Un brivido freddo come il ghiaccio, attraversò Gabrielle.
"Perché hai ceduto?" Chiede.
"Perdonami" Fu la risposta di Xena.
Dentro d'ella, il bene ed il male, s'alternavano, come il girono e la notte, così diversi ma, forse, inscindibili.
Una lacrima rigò il volto del bel bardo che, guidato dall'amore, cercò una mano di Xena, la strinse forte tra le sue e la baciò, conferendo alla donna, il perdono per aver ceduto, ancora una volta, ad Ares, al male… ad una parte di se stessa.

Quasi mezza luna dopo, Gabrielle uscì, badando alla discrezione, nel bel mezzo della notte.
Si diresse nelle stalle, montò un cavallo e partì, incitando la bestia a correre.
"Seguiamola." Esclamò la Conqueror a parte dei suoi uomini che aveva radunato, da notti, ormai, a spiare l'aedo.
Gabrielle, una settimana prima, era uscita, nella gelida notte, furtivamente, senza dare spiegazioni.
Xena s'era accorta dell'azione del bardo, che aveva creato, entro la Conqueror, il dubbio, tramutatosi in certezza, al ripetersi dell'azione, che Gabrielle la stesse tradendo.
In che modo, non lo sapeva, ma s'era convinta del fatto che fosse, in un modo o nell'altro, tradimento.
La Conqueror ed alcuni dei suoi guerrieri partirono, mantenendo una distanza debita, all'inseguimento di Gabrielle.
L'aedo, infreddolita, faceva galoppare il cavallo, diretta verso un villaggio, poco distante dalla reggia della Conqueror.
Senza accorgersi d'essere seguita, si faceva forza, pensando a ciò che Xena, tempo addietro, le aveva raccontato.
La donna dagli occhi cerulei aveva narrato al bardo di quando, da bambina, sua nonna le aveva regalato un fiore pregiato, molto raro, da trovare.
Un fiore che, da allora, Xena aveva sempre cercato, senza però, mai trovarlo.
Così, in previsione dell'imminente genetliaco della Conqueror, Gabrielle aveva deciso di procurarglielo. Questo era il motivo per il quale la bionda si dirigeva a villaggio, furtivamente, al fine di fare una sorpresa alla donna più vicina al suo cuore.
Gabrielle arrivò a destinazione e, legato il destriero dinanzi ad una casetta, entrò dentro questa.
Poco dopo, arrivarono a villaggio anche la Conqueror ed i suoi uomini, producendo un notevole chiasso che svegliò parte degli abitanti.
I popolani ebbero paura, nel notare la spietata guerriera e di suoi uomini.
Il caos si fece padrone del luogo, offuscando il po' della razionalità che era rimasta a Xena.
Senza più riuscire a controllarsi neanche minimamente, la donna estrasse la spada e, innalzandola verso il cielo, urlò.
"Uccideteli tutti!"
La rabbia offuscava ogni sentimento, entro Xena che riusciva a sentire, nell'aria, la paura che i poveri abitanti del villaggio, provavano.
I guerrieri della Conqueror uccidevano ogni singolo individuo che capitava loro a portata di mano.
L'odore del sangue arrivò alle narici di Xena che inspirò profondamente, lasciando che quella fragranza di morte s'impossessasse di lei.
Non aveva importanza il fatto che non conosceva quella gente, che a lei non avevano fatto nulla. Voleva vendicarsi per quello che supponeva Gabrielle le avesse fatto.
Xena stessa sapeva che la sua crudele azione non aveva senso, ma ormai non le importava più di niente.
Il suo lato più oscuro e disumano voleva essere saziato.
"Date fuoco al villaggio!" Urlò.
Entro breve le fiamme cominciarono a divampare tutt'intorno mentre urla, pianti e suppliche s'elevavano nell'aria.
"Xena!"
La guerriera si voltò verso da dove provenne la voce e vide Gabrielle davanti a se.
Sul volto del bardo era dipinta un'espressione sconvolta, di sconforto e disperazione-
Un uomo con in mano un forcone, corse verso Xena, urlando. La Conqueror lo trafisse, con la propria spada già ricoperta di sangue.
L'uomo cadde a terra, senza vita.
Gabrielle corse verso Xena, con le lacrime agli occhi.
"Come hai potuto?!? Perché???" Urlò la ragazza.
"Tu mi stavi tradendo!" Rispose Xena.
Gabrielle ebbe l'impressione che il suo cuore si fermasse, dal tumulto di sentimenti che sentiva. Non sarebbe riuscita a descriverli.
"Io… volevo procurati il fiore che ti regalò tua nonna." Riuscì a dire, l'aedo.
Ancora una volta, sentiva su di se la colpa di tutte quelle morti.
Xena non disse nulla, ne per giustificarsi, ne per fermare il massacro.
"Xena! Fermali!" Urlò Gabrielle.
Una trave di legno cadde vicino all'aedo e Xena si spaventò, accorgendosi che la sua Gabrielle si trovava nel bel mezzo d'una tale razzia. Era in pericolo.
Senza chiedere consenso, prese in braccio l'aedo che iniziò a scalpitare, urlando a Xena di lasciarla andare.
La Conqueror non le diede ascolto ed impose, ancora una volta, la propria forza, di volontà e fisica.
Mise Gabrielle a cavallo e vi montò, a sua volta.
"Torniamo a palazzo!" Urlò, partendo al galoppo, mentre le fiamme illuminarono quella fredda notte costernata di morte.
Due guardie portarono Gabrielle nelle sue camere e la chiusero dentro, a chiave, come facevano quando era una prigioniera.
Il bardo non riusciva a crederci, entro poco più d'un ora, tutto era tornato come quando Xena le aveva fatto spezzare le gambe.
Si considerò una sciocca illusa, un'ingenua perché aveva pensato che Xena sarebbe potuta cambiare.
Eppure, per un periodo, era sembrata capace e volenterosa di farlo.
Gabrielle aveva creduto che Xena l'amasse-
Le lacrime tornarono a bussare ai suoi occhi ma cercò di trattenerle, ricordando che Xena, tempo addietro, le aveva detto che il pianto non serve a nulla e che non è di certo una soluzione.
A quel pensiero non riuscì più a trattenere le lacrime che cominciarono, copiose a rigarle il volto.
Se piangeva era perché sapeva di provare un grande affetto, per quella donna che forse capiva ma della quale non riusciva, non voleva, accettare il comportamento.
Quello che Xena faceva era contro i principi di Gabrielle.
Le velleità omicide della Conqueror erano inaccettabili. Era crudele e meschine.
*Non può cambiare* Pensò Gabrielle, mentre quella consapevolezza le riempiva il cuore di dolore.
Doveva fare qualcosa per a Xena d'uccidere ancora. Poteva, doveva farlo.
Era la più vicina a Xena, l'unica in grado di fermarla.
L'amava più della propria stessa vita, avrebbe preferito morire ella stessa, piuttosto che nuocere a Xena.
Ma la Conqueror procurava la morte ad innumerevoli innocenti…
In quell'istante, Gabrielle prese la decisione più importante, quella definitiva.

Durante il mese successivo, Gabrielle fece di tutto per riavvicinarsi a Xena che, invece, s'impegnò al fine di farsi perdonare, per riacquistare l'affetto dell'aedo.
Gabrielle spesso aveva l'impressione di non riuscire a trattenere le lacrime che, quando Xena aveva degli atteggiamenti gentili, nei suoi confronti, l'assalivano.
Spesso la raggiungeva il dubbio, riguardo alla scelta prema ma, poi, bastava che Gabrielle guardasse entro se stessa, per riacquistare la forza per portare avanti la propria decisione.

Tutto era avvolto nell'oscurità, la notte stellata, vegliava, serena, sull'universo.
Una lieve brezza mosse i biondi capelli del bardo.
"Cosa mi hai dato?" Chiese Xena, distesa sul proprio letto, con la testa appoggiata sulle gambe di Gabrielle.
"Veleno. - Sussurrò l'aedo, mentre accarezzava amorevolmente la corvina chioma della Conqueror. - Non sai quanto mi dispiace…" Disse, poi, mentre una lacrima sfuggì al suo controllo, andandole a bagnare le gote.
Xena non provò rancore nei confronti di Gabrielle, sapeva ch'ella era un'anima nobile, uno spirito puro ed in quell'istante l'amò ancora di più, perché, con il suo gesto, era rimasta fedele a se stessa.
Gabrielle era tutto quello che Xena non sarebbe mai potuta diventare, ma la parte più debole di Xena, quella che ella stessa temeva, forse, più dell'altra, non riuscendo a comprenderla.
Era quasi sollevata dal gesto che l'aedo aveva compiuto.
Uccidendola, le stava risparmiando di dover convivere ancora con se stessa.
La piccola e dolce Gabrielle, da un lato, aveva distrutto Xena, facendo vacillare le sue certezze, facendola cadere nel lacerante vortice del dubbio ed ora, causandone l'imminente morte.
Ma, dall'altro lato, le aveva dato la salvezza, alimentando quella parte di se che per molto, troppo tempo, era rimasta nascosta. E, quella stessa morte, era contemporaneamente alla distruzione, la salvezza, la liberazione da una vita alla quale non sapeva rinunciare ma che Gabrielle le aveva fatto odiare.
"Xena.."
La voce del bardo riportò la Conqueror alla realtà. La poetessa s'accorse d'avere l'attenzione della guerriera e decise di parlare, completamente a cuore aperto.
"Tutto è sembrato così strano… Io tengo a te… provo per te sentimenti che non ho mai provato e mai proverò per nessun altro."
Xena, raccogliendo le forze che pian piano la stavano abbandonando, cercò la mano del bardo e la strinse alla sua, volendo dimostrare quello che faticava ad esprimere con le parole.
"Se le cose fossero andate diversamente, se tu fossi cambiata… - Condivise i propri pensieri con Xena, Gabrielle. - Forse se avessi incontrato la persona giusta.."
""L'ho incontrata, sei tu." Riuscì a dire, la guerriera, volendo esternare, forse per la prima volta, i propri sentimenti d'affetto.
"Eppure ora siamo qui, in questa situazione… Tu stai morendo… per mano mia." Replicò l'aedo.
Xena cercò di volgere il proprio sguardo verso Gabrielle. "Ma la colpa è mia." Disse.
Gabrielle cedette alle lacrime.
Il mondo, senza la Conqueror, sarebbe stato sicuramente migliore, avrebbe riacquistato la libertà ma, Gabrielle, senza Xena, non ce l'avrebbe fatta ad andare avanti, non l'avrebbe neanche voluto.
Tutto era senza senso, non era giusto.
*Innaturale* Pensarono, entrambe, senza sapere che anche l'altra condivideva quel pensiero.
"Forse se avessi incontrato…" Iniziò a dire, il bardo.
"Hercules!" Dissero, entrambe, all'unisono e, come la soluzione ad un apparentemente indecifrabile enigma, come un cancello che si apre ai giardini dell'Eden, quell'incubo finì.

Xena aprì gli occhi, si sentì nel pieno delle forze. Il veleno non era più nel suo corpo.
Guardò Gabrielle, in piedi davanti a lei.
Le loro mani erano ancora unite.
Avevano trovato il motivo per il quale si trovavano in un mondo che non era reale, in un tempo che sarebbe stato reale si Xena non avesse mai incontrato Hercules.
L'amazzone sorrise alla Principessa Guerriera che ricambiò il gesto.
"E' andata bene… Ce l'abbiamo fatta." Disse.
"Insieme." Puntualizzò Xena.
"Per sempre."Aggiunse, l'aedo, esprimendo, così, un altro concetto, fondamentale e sicuro, per entrambe.
Le loro mani si staccarono e le due donne ripresero il cammino che le avrebbe portate ad incontrare una nuova avventura, che avrebbero affrontato insieme, come sempre, unite, come erano e per sempre saranno i loro cuori e le loro anime.

Fine





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