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A carte scoperte

di Bard and warrior

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CAPITOLO 7: PARTENZA CON DUBBIO

Era una piovosa e fredda mattina invernale a Newport. La pioggia scrosciava quasi come se qualcuno dal cielo gettasse enormi secchi d’acqua. Il cielo era cupo, ed ingombro di nubi; in casa di Alex tutte le persiane erano abbassate, e solo di tanto in tanto, la luce dei fulmini penetrava dai fori di esse, squarciando l’oscurità dell’appartamento. Un improvviso e insistente scampanellio, svegliò bruscamente Alex, che stentò quasi ad alzarsi. Accese l’abatjour sul comodino del divano, e si guardò, frastornata, per qualche istante intorno, chiedendosi spiegazioni sul come fosse finita a dormire sul divano. Si ricordò poi, che la sera precedente, così come faceva ormai da tre sere, aveva ospitato Marissa, cedendole la propria camera. Realizzò quindi che Marissa era ancora di là a dormire, e che il suono diventato sempre più insistente, avrebbe potuto svegliarla. Alex dunque, si alzò di corsa dal divano per andare ad aprire la porta, cercando di non arrecare ulteriore disturbo al sonno della ragazza. Aprì stropicciandosi gli occhi dal sonno, mantenendosi con una mano allo stipite interno, con l’altra alla porta. - Buongiorno! - le dissero in coro gioiose Helen e Victoria dal di fuori della casa, riparate alla meglio sotto un grande ombrello: - E ti pareva? Devo decidermi a tagliarli i fili di questo campanello! Tanto a prima mattina so chi è la scocciatrice! - borbottò Alex. per poi aggiungere seccata: - Buongiorno anche a voi… anche se temo che questa mattina non abbia proprio niente di buono! - - Sorgi o fanciulla e comincia a splendere! - scherzò Helen dandole una pacca sulla spalla. - Sto sorgendo ma mi rifiuto di splendere! - mugugnò Alex, toccandosi i capelli ancora tutti arruffati, provocando una coinvolgente risata di Victoria. - Scusaci se abbiamo fatto un’improvvisata, ma volevamo salutarti! - disse poi Victoria appena riuscì a controllarsi, aggiungendo: - Sai, oggi partiamo per Los Angeles! - All’udire di quelle parole Alex cambiò atteggiamento nei loro riguardi, diventò di colpo più ospitale e incline a quattro chiacchiere mattutine, dopotutto non avrebbe più rivisto le amiche per due mesi; le invitò quindi ad entrare e disse spostandosi dall’uscio per permettere il loro ingresso in casa: - Ragazze entrate vi offro un caffé! - - Oh ma come siamo gentili! - - la canzonò Helen: - E’ un modo carino per farmi capire che sentirai la mia mancanza? - aggiunse la mora provocatrice, che ultimò sardonica: - Anche io la sentirò! Non potrò svegliare nessuno di prima mattina almeno per due mesi! - - Vicky, falla sparire dalla mia vista: mi sta venendo un istinto omicida nei suoi riguardi! - disse con tono falsamente arrabbiato Alex mentre si avvicinava impettita, con aria fasulla di manaccia ad Helen. - Buone! - le separò Victoria - Allora, ce lo fai questo caffé si o no? - parlò Helen. - Si, certo, accomodatevi qui sul divano! - disse Alex sistemando alla meglio le coperte sopra di esso, e mettendo via dal tavolino i vestiti della sera precedente. - Come mai sembri una terremotata? - constatò Helen guardandosi attorno. - In che senso, scusa? - chiese Alex distrattamente, dischiudendo appena la porta della stanza da letto per poggiare su un sedia i propri vestiti, e richiudendola immediatamente dietro di se. - Chiedevo come mai tu avessi dormito sul divano stanotte! - le spiegò Helen sedendosi. Alex alzò le persiane poi disse: - No, è che… guardavo la televisione e mi sono addormentata qui, quando mi sono svegliata l’ho spenta e mi sono tirata addosso la coperta: Ero talmente stanca che proprio non ce l’ho fatta ad arrivare vicino al letto! - parlò cercando di essere il più convincente possibile. Helen la fissò, percepì un certo imbarazzo nel suo tono e capì che forse Alex le stava nascondendo qualcosa quindi le disse: - Sei sicura che sia questo il motivo? - - S… S.. Si, certo! - balbettò Alex sistemando freneticamente. Victoria ed Helen si fecero un cenno di intesa, intuendo entrambe il disagio di Alex nel rispondere a quella domanda. - State qui, vi porto subito il caffé - tagliò corto Alex.
- Si comporta molto stranamente oggi! - bisbigliò Helen nell’orecchio di Victoria che intanto si era seduta accanto a lei. - Si, hai ragione, chissà perché tutti questi misteri, da quando la conosco è la prima volta che la vedo così… così… in imbarazzo, ecco! Sarà mica per la mia presenza? - le chiese sottovoce Victoria. - No: che dici! Credo invece che stia nascondendo qualcosa; se c’è una cosa che Alex ama più di tutte, beh, quella è il suo letto, e mi sembra molto strano che non vi ci abbia dormito! - constatò Helen con toni vocali sempre molto bassi.
Alex le sentì dalla cucina confabulare sottovoce tra di loro, e si impensierì: non voleva che loro due venissero a sapere che Marissa era in casa, ed in cuor suo sperava che la ragazza non si svegliasse d’improvviso a causa di tutti quelli schiamazzi. In realtà, ciò che le premeva, era non far saltare le amiche a conclusioni affrettate, date anche le loro pressioni per farle approfondire un certo tipo di rapporto con Marissa. Non era il caso che loro due sapessero in quel momento, più in là nel tempo, però gliel’avrebbe detto ella stessa. - E quando partite? - chiese Alex dalla cucina, sviando intenzionalmente la loro conversazione segreta. - Tra un’ora e mezza.. giusto il tempo di passare a salutare Marissa! - le ripose Helen per poi tornare a parlottare con Victoria: - Sono tre giorni che non sento Marissa però: non vorrei che passassimo da lei inutilmente… Magari è fuori, o avrà avuto altro da fare… Anche se mi sembra alquanto strano che non mi abbia avvisata! - le disse dubbiosa Victoria guardandosi curiosa attorno, facendo attenzione ad ogni minimo particolare della casa di Alex, che in un qualche modo la aiutasse a capire la personalità della padrona di casa. - Non ti preoccupare, noi passiamo lo stesso, se poi non la troviamo le rimaniamo un biglietto sotto la porta! O diciamo a chi ci apre di dirle che siamo passate! - la rassicurò Helen che fu improvvisamente interrotta da Victoria, la quale puntò un dito verso l’attaccapanni dell’ingresso, facendole prestare attenzione ad un cappotto particolare: - Hel, quello appeso all’attaccapanni mi sembra il cappotto di Marissa - le sussurrò. - Sul serio? - le rispose Helen fissandola negli occhi confusa.
- Ecco pronti i vostri caffè! Ho messo anche due tazze di latte, e dei biscotti al cioccolato, oggi colazione completa: dovete rimettervi in forze per il viaggio! - entrò Alex nel salone poggiando un vassoio di media grandezza sul tavolino antistante al divano. - Grazie! - esclamarono in coro, cominciando a ristorarsi. Alex si sedette sul bordo del tavolino e sorseggiò il caffé insieme a loro. Solo allora si voltò verso l’attaccapanni e vi notò il cappotto di Marissa appeso in bella mostra. Ad Helen non sfuggì la sua smorfia di sorpresa, nel vedere quell’indumento, così beccandola in castagna le disse: - Bello quel cappotto: è nuovo? - - Ah… eh.. si! - mentì Alex, per poi rincarare la dose: - L’ho comprato ieri in un negozio in centro, l’ho pagato veramente poco! Solo 30 dollari! - - Brava ottimo affare, è economico per essere un cappotto della Prada! - rispose Victoria, tenendo il gioco ad Helen. - Oh, beh, ho messo da parte un po’ di soldi, ho approfittato dei saldi e mi sono tolta un capriccio! - si giustificò Alex. - Strano, non è un capo di abbigliamento che di solito usi: è un po’ troppo impegnativo questo spolverino nero di velluto, per il tuo stile! - continuò Helen fissandola. - C’è sempre una prima volta per indossare un capo così: il fatto che io vesta sempre sportivo non significa che non mi piaccia indossare anche questi capi! - ultimò Alex. - Passando ad altro… - disse Victoria con aria indifferente sgranocchiando un biscotto: - Hai per caso visto Marissa in questi giorni? - Alex tirò un sospiro di sollievo per la fine dell’interrogatorio poi rispose: - No… O meglio, l’ho vista tre sere fa al Bait Shop ma poi… zero! - disse Alex grattandosi nervosamente dietro alla nuca e abbassando lo sguardo. - Strano, veramente strano: Non la sento da tre giorni! - constatò Victoria. Alex alzò le mani come per dire: -“Mah, non chiederlo a me che non sono la tutor di Marissa”- e cominciò a sorseggiare il suo caffé.
Il clima meno inquisitorio nei suoi riguardi, durò veramente poco, e si sbriciolò come il biscotto che stava intingendo nel caffé quando la porta della camera da letto si aprì ed ancora tutta assonnata vi uscì Marissa con indosso un pigiama di Alex. Victoria ed Helen sobbalzarono dal divano: tanto era lo stupore, che non riuscivano a credere ai loro occhi, ma dopo l’iniziale attimo di smarrimento, guardarono di nuovo indagatrici Alex: - Allora avevo visto bene! - Esclamò Victoria per poi continuare: - Il cappotto era proprio quello di Marissa! - - Perché ci hai mentito? - chiese con freddezza Helen. Alex fissò per un istante Marissa, poi le due amiche e disse: - Anche se la vedete qui, è solo apparenza… o meglio la situazione equivoca è solo apparenza! Non è come pensate… - si giustificò Alex. Marissa, che dal canto suo era stata zitta a fissare le tre, fino a quel momento, disse sdrammatizzando: - Ehilà! Mattiniere? - - No, vedi… - si alzò Alex andandole incontro e portandola vicino alle amiche per introdurla nel gruppo e continuare: - … E’ solo che dato che oggi Helen e Victoria partono per Los Angeles, mi sono venute a salutare; pensa che combinazione, sarebbero venute a salutare anche te, se tu non ti fossi ritrovata magicamente nel mio letto, si intende! - disse Alex cercando di salvare ancora la faccia. - Alex, non c’è bisogno di fare questa buffonata! - la interruppe Marissa, per poi continuare: - Ragazze, non fatevi idee sbagliate: non è successo nulla tra di noi! Io ed Alex siamo solo amiche, e lei gentilmente mi ha fatto la cortesia di ospitarmi per un paio di giorni, dato che ho litigato in maniera a dir poco feroce con mia madre durante il ballo invernale! - spiegò Marissa. - Non capisco, e ci voleva tanto a dirlo fin dall’inizio? - si rivolse Helen ad Alex. - Cerca di capire: non sapevo come comportarmi: da un lato mi dispiaceva lasciarvi andare senza avervi prima salutato e preparato un bella colazione, dall’altro ero imbarazzata perché sapevo che si poteva creare una facile situazione di fraintendimento.. - si mortificò Alex - Ok! - disse Victoria, per poi continuare mettendo una mano sul ginocchio di Hel, e cercando il suo sguardo: - Hel, possiamo trattenerci un po’ in più qui, tanto abbiamo beccato due piccioni con una sola fava! - - E’ per questo che non sono riuscita a trovarti due giorni? - parlò poi rivolta verso Marissa. - Si! - annuì la ragazza prendendo dal vassoio la tazza e sorseggiando gli ultimi sorsi del caffé che era stato di Alex. - Guarda che ce n’era ancora di caffé nel bricco! - le disse Alex notando il suo gesto, gesto che per altro non passò inosservato neppure alle altre due. - Fa nulla, ne volevo poco! - disse Marissa mangiando con appetito un grosso biscotto. - Vedo che ti è tornato un po’ di buonumore…- le disse Alex. - Non credi che assieme al buonumore sia il caso che tu torni a casa, o quanto meno avvisi che stai bene? Ti sembrerà strano, ma i tuoi erano preoccupati! - le consigliò con molto senno Victoria. - Non temere, dopo passo per casa, devo prendere alcune cose! E poi ho finito la scorta di slip, non vorrei costringere Alex a prestarmi anche quelli!- rispose Marissa guardando Alex, mentre si sedeva sul divano tra Helen e Victoria. - Allora ragazze, siamo in partenza? - chiese Marissa. - Beh, si, tra due giorni si aprono i campionati di pallavolo, e tra una settimana Helen ha il suo master a San Francisco! - spiegò Victoria. - Ho un’idea! - esclamò Helen che aggiunse: - Perché nel fine settimana non ci venite a trovare? - - Si Helen! Ottima idea! - incalzò Victoria - Non vi preoccupate per il vitto e l’alloggio: mia madre e mio padre ospiteranno volentieri anche voi! - concluse Victoria entusiasta. - Ci faremo un pensierino… anche se non so a chi lasciare la gestione del Bait Shop… - constatò Alex.
- Scusate se scappo in camera ma voglio rivestirmi, in questa casa fa troppo freddo la mattina! - disse Marissa dileguandosi ancora in camera da letto. - Ti ricordo che in questa casa è già il terzo giorno che dormi, freddo o non freddo! - la stuzzicò Alex.
- Scusate se vi ho detto una bugia, ma…il motivo del litigio di Marissa con sua madre era davvero serio e non sapevo se voleva raccontarlo ad altri oppure no… l’ho trovata stravolta tre sere fa, a tal punto che voleva dormire sulla spiaggia ed io… non ho avuto cuore di lasciarla in quella brutta situazione! - parlò Alex appena Marissa fu abbastanza lontana da non sentirla. - Hai fatto bene Alex; non ci devi alcuna spiegazione: è tutto chiarito! - disse tranquilla Helen. - Anzi ti chiedo una cortesia: sta vicina quanto più possibile a Marissa questo periodo in cui non ci sarò, altrimenti rimarrà ancora una volta sola e confusa. - le disse Victoria. - Cercherò, per quanto gli impegni me lo consentano…- disse Alex per poi aggiungere: - Tu però non fare come Summer: fatti sentire più spesso, altrimenti comincerà a convincersi nuovamente di essere sola al mondo! -
Helen e Victoria si alzarono dal divano recandosi verso la porta: - Beh, noi andiamo, il viaggio è lungo! - disse Helen aprendo l’uscio.
- Ok! - disse Alex accompagnandole alla porta. - Ciao Marissa! - le dissero dall’esterno; la ragazza uscì dalla stanza già vestita di tutto punto e disse: - Buon viaggio ragazze: fateci sapere quando arrivate e teniamoci in contatto! - - Certo, non temere: ti lasciamo in buone mani! - le disse premurosa Victoria, rivolgendo un’occhiata di intesa ad Alex. - E mi raccomando: guidate piano che le strade non sono il massimo della sicurezza con questo acquazzone! - ultimò Alex parlando alle due che ormai si erano già avviate al coupé di Helen.

Il coupé di Helen sfrecciava nonostante la pioggia battente, lungo le strade statali che costeggiavano il mare; in genere era uno spettacolo meraviglioso guardare il mare mentre si camminava in auto, ma non lo fu quel giorno, non con quella pioggia che non permetteva di guardare ad un palmo dal proprio naso.
Le note di I’m gonna getcha good di Shania Twain, si diffondevano nell’auto di Helen, mescolate alle grosse gocce di pioggia che si frangevano rumorosamente sul parabrezza; le due ragazze ascoltavano in silenzio la canzone. Helen che era al volante, era impegnata a guardare la strada dinnanzi a lei, che risultava particolarmente scivolosa, proprio come le aveva detto Alex. Solo di tanto in tanto, quando la strada glielo permetteva, ed era sicura di non essere ricambiata, si sorprendeva a fissare Victoria, che scuoteva il capo a tempo di musica.
Victoria d’altra parte, si comportava esattamente come faceva Helen, quando era sicura che la mora non potesse vederla. Fu grazie ad una di queste fugaci occhiate che la giovane si accorse che Helen era pensierosa e preoccupata; così portò il dito verso il bottone del volume della radio e lo abbassò un po’. - Cosa c’è che ti turba? - le disse poi, quando la mora si voltò per chiederle come mai avesse abbassato il volume dello stereo. - Nulla perché? - le disse sorridendo Helen. - Mi sembri alquanto pensierosa! - insistette Victoria. - No.. - disse Helen cercando di non rovinare con i suoi brutti pensieri l’inizio del campionato a Victoria; urgeva che la sua amica stesse quanto più rilassata possibile, solo così poteva affrontare al meglio le sue partite.
- Noi siamo amiche: puoi dirmi tutto! Posso accettare che tu mi dica che non vuoi parlarmene, ma non accetto il fatto che tu mi dica “niente” quando la tua espressione facciale mi lascia intendere esattamente il contrario! - la ammonì Victoria.
- Beh Vicky, cosa vuoi che ti dica… - le disse Helen. - Per esempio cosa ti rende così pensierosa! Non hai parlato praticamente da quando siamo andate via da casa di Alex! Ed era circa due ore fa! - constatò Victoria. - Lo sai che sono di poche parole! E poi sono intenta a guidare… - si giustificò Helen. - Balle! Qualcosa non va e i tuoi occhi me lo dicono chiaramente! - le disse Victoria preoccupata. Helen si sentì messa a nudo nei propri sentimenti: mai nessuno era riuscito a compenetrare nel suo pensiero in maniera così completa e totale prima d’ora, eppure Victoria aveva capito tutto… le era bastato solo uno sguardo. Ciò per Helen, era indice di quanto intelligente e profonda fosse quella ragazza; così, non volendole tenere più nascosta la sua ansia parlò: - Beh, sono un po’ preoccupata per Alex… - - E da dove nasce questa tua preoccupazione? - le chiese Victoria. - Dal fatto che non capisco perché si vada ad impelagare in certe situazioni così delicate… - constatò Helen - Ti riferisci al fatto di aver ospitato Marissa in casa per tre giorni divenendo complice del suo modo di agire? - disse Victoria. - Si, anche! Ma non solo… - rispose riflettendo Helen. - Capisco… Sotto un profilo razionale di senso ne ha ben poco, ma tutto cambia se solo Alex ammettesse a se stessa che tiene a Marissa molto più di quello che non voglia dare a vedere… Io comunque, credo che abbia fatto un bellissimo gesto! - rispose Victoria - Non lo metto in dubbio, ma temo per la sua incolumità! - concluse Helen. - Stai parlando di Marissa come se fosse un criminale: una folle omicida! Non è un serial killer di uno dei tuoi film preferiti! - le disse Victoria risentita del fatto che Helen stesse parlando male della sua amica. - Non fraintendermi, non dico questo! Il problema è che Alex è troppo coinvolta in questa situazione, quando si parla di Marissa, e lo hai ammesso stesso tu qualche istante fa: nonostante neghi spudoratamente è molto più presa di quanto non voglia ammettere a se stessa. E questo per me è molto pericoloso… E’ come se vivesse con una duplice personalità, per quanto concerne il suo rapporto con Marissa: senza di lei è la Alex di sempre: lucida, brillante, trasgressiva… quando c’è lei invece, sembra quasi che penda dalle sue labbra! - le spiegò Helen. - Sei stata proprio tu una volta a dirmi che se son rose fioriranno, ricordi? - rispose Victoria - Si, lo ricordo ma… - - Quale ma? Perché hai questo sviscerato istinto di protezione nei riguardi di Alex? - le disse Victoria arrabbiandosi. - Perché la considero l’unico membro che costituisce la mia attuale famiglia… - parlò con la voce rotta dalla commozione la mora. - In che senso? - le chiese Victoria. - Vedi, ho sempre evitato appositamente di parlarti della mia famiglia, non per cattiveria, ne per mancanza di fiducia… ma solo perché in realtà io una famiglia non ce l’ho! - Victoria la guardò, incitandola a continuare a raccontare, così accogliendo la richiesta dell’amica Helen parlò: - Sono orfana da dieci anni.. I miei genitori morirono in un incidente stradale al ritorno delle vacanze da Cuba.. io ero figlia unica e quell’anno non andai con loro in vacanza perché rimasi a fare un campus estivo a scuola… fu quella la mia salvezza e la mia condanna! Dalla morte dei miei genitori, ho girovagato da sola per l’America in cerca di una sistemazione economica tale da garantirmi di sopravvivere, ma non l’ ho mai trovata… finché due anni fa non conobbi Alex, che si era appena emancipata dai suoi genitori… - si interruppe Helen per sospirare di fronte a quei ricordi che le affollavano la mente. - Vuoi dire che i genitori di Alex hanno rinunciato alla patria potestà su di lei? - chiese sbalordita Victoria. - Esatto…- le rispose Helen per poi continuare: - … Fu un periodo difficile quello per Alex; era ancora piccola, aveva 15 anni, ancora non conosceva la vita, e pensò che l’idea di scappare dalla propria famiglia: da un padre che la picchiava selvaggiamente, ed una madre che non alzava un dito per aiutarla, fosse la soluzione migliore ai suoi problemi. Io capitai in città in quel periodo, diventammo subito amiche e cercai di starle vicino; cercai di farle un po’ da sorella maggiore dati i miei 19 anni, finché non mi infatuai di lei… - si fermò ancora Helen concentrandosi un attimo al fine di effettuare una manovra di sorpasso. - Siete state insieme? - chiese sorpresa Victoria - Si, beh ecco… se proprio si può definire uno stare insieme un rapporto di tre giorni… - parlò nuovamente Helen. - Tre giorni? - chiese sbigottita Victoria. Helen guardò Victoria approfittando di un lungo rettifilo e parlò: - Si! Tre giorni: all’alba del terzo giorno ci lasciammo di comune accordo: eravamo troppo uguali per poter stare insieme, ma non abbastanza diverse per poter essere una famiglia, la famiglia che ad entrambe è sempre mancata! E così da allora giriamo sempre insieme, perché lei per me è la parte di famiglia che non ho mai avuto, mentre io per lei sono una nuova famiglia più comprensiva e facile da gestire… - - Come Thelma e Louise? - esordì Victoria fissandola con un enorme sorriso stampato sulle labbra… - All’incirca… - disse Helen ricambiando il sorriso. - Ho sempre capito che tra voi due c’era un legame speciale! - parlò Victoria. - Si, ma non è amore, te lo posso assicurare: io amo solo una persona… - le disse con serietà Helen, arrossendo e distogliendo lo sguardo da lei. - Capisco perfettamente… - sospirò Victoria avallando la frase dell’amica. - Ma non capisco perché tu ti ostini a proteggerla, voglio dire: mi è sembrata una persona abbastanza forte e combattiva! Una che non ha bisogno di farsi difendere dagli altri! - osservò la bionda - Oh si, lo è…Ma non è solo quello purtroppo… Vedi, dietro ad un atteggiamento trasgressivo, dietro i tatuaggi e la durezza; oltre la grinta e la superbia di Alex si cela in realtà una persona estremamente sensibile: fragile, proprio come Marissa… Converrai con me che due persone fragili non stanno bene insieme… - disse Helen. - Si, ma sono molto più affini tra di loro, magari hanno molte più cose in comune di quelle che avevate tu ed Alex quando stavate insieme; magari è destinata a durare tra di loro se dovesse accadere qualcosa… Inoltre è un po’ troppo tardi per farti venire rimorsi, non credi? Le abbiamo spinte proprio noi con i nostri discorsi ad approfondire la loro amicizia! - ragionò Victoria. - Si, lo so! E mi sembra ci siamo riuscite anche abbastanza bene! - sorrise Helen seguita a ruota da Victoria. La conversazione a quel punto degenerò in un dialogo scherzoso tra le due. - Oh, certo! Hai visto che faccia imbarazzata ha fatto Alex quando con molta no chalance Marissa si è scolata il suo caffè? - disse Victoria ritornando col pensiero a ciò che era successo quella mattina. - Si, è diventata prima rossa, poi verde poi blu! Se l’arcobaleno avesse potuto parlare, sarebbe stato invidioso di lei! - disse Helen, e le due sorrisero a crepapelle. - E quando Marissa le ha detto delle mutandine? - incalzò poi Helen - Si, se solo avesse voluto, avrebbe potuto aprire un cratere per sprofondarci dentro, tanto era l’imbarazzo che incombeva su di lei! - sorrise Victoria. - Ma è sempre così disinibita nel parlare e nell’agire Marissa? - chiese incuriosita Helen. - A volte. Solo con chi vuole! - rispose la giovane. - Povera Alex, avrà una bella gatta da pelare! - constatò scherzando Helen, che dopo essersi asciugata una lacrimuccia venutale giù dal troppo ridere disse: - Secondo me, amore è una parola grossa, ma tra le due si percepisce qualcosa che sta mutando nei loro rapporti… - - Come nei nostri? - le chiese a bruciapelo Victoria, senza un ombra di scherzo nell’espressione. Helen ci pensò qualche istante, poi le rispose: - Si, credo… Ma non mi va di parlarne ora. Pensa solo a fare questi campionati e a tornare a Newport con una coppa di 50 kg! - la incoraggiò Helen. - Esagerata, e dove la piazzo una coppa così grossa? Devo uscire dal mio appartamento per farle spazio! - scherzò Victoria; le due sorrisero ancora.
Cadde qualche istante di silenzio nell’auto, poi Helen la interruppe chiedendole: - Stasera ti va se ti porto a cena fuori? Conosco un bel posticino a Los Angeles… - - Ok, va bene, purché non sia il Mc Donald: lo odio! - rispose la ragazza. - Tranquilla: cucina italiana, ti piace? - chiese Helen - E come direbbe un tipico romano verace: Ammazza! - rispose Victoria imitando in maniera bislacca l’accento romanesco. - Vedo che conosci un po’ di italiano e di dialetto: sei stata in Italia? - la interrogò curiosa Helen. - Si, a Roma per una ventina di giorni e a Milano per un mese… ma ero di fretta e non ho visto praticamente nulla! Ma voglio ritornarci presto, è una nazione bellissima a mio parere! - parlò infervorata Victoria. - Mia madre era italiana! Da nubile abitava a Bergamo, ma la sua famiglia era di origine napoletana! Non ci sono mai stata ma mi hanno detto che Bergamo e Napoli sono due belle città! - le rivelò Helen. - E Firenze dove la metti? - incalzò Victoria. - Firenze è la capitale mondiale dell’arte: certo che è bella! Se ci vai ti consiglio gli Uffizi! E perché no: un bel giretto nelle ville di campagna della cinquecentesca famiglia dei Medici a Careggi, Fiesole e Poggio a Caiano! - rispose Helen facendo sfoggio della sua cultura. - E Venezia? Bologna? Genova? Non dirmi che non sono belle! - continuò Victoria.- E Padova? Verona: la città di Giulietta e Romeo? Agrigento e la Valle dei Templi? - abbondò Helen. - Basta così hai vinto! Il prossimo viaggio che facciamo insieme, andiamo in Italia! - le disse sorridendo Victoria appoggiandole una mano sulla spalla. - Magari sarà un viaggio di nozze…- disse Helen, con ritrovata serietà, diventando rossa come un peperone, ed aprendo uno spiffero di finestrino per rinfrescare la pesantezza delle parole uscitegli vergognosamente da bocca senza che tuttavia ella stessa le potesse controllare. - Ti stai dichiarando? - le chiese seriamente Victoria. Helen la fissò un istante negli occhi, poi le disse: - Ne riparliamo stasera a cena! Ti va? - - Perché? - le chiese Victoria. - Perché affronteremo con calma il discorso, e saremo sicure di non sparare cavolate! - le rispose Helen. - Promesso? - le chiese Victoria. - Promesso! - le rispose tranquilla Helen riaccendendo lo stereo, e svoltando in direzione del segnale che indicava Los Angeles.

CAPITOLO 8: RIVELAZIONI

Erano circa le 19.00 di quella stessa sera, ed Helen e Victoria parcheggiarono il coupè nello spiazzo antistante il locale nelle quali erano dirette. Come promesso, la mora aveva portato Victoria a mangiare in un delizioso posticino dalla cucina tipicamente italiana.
Appena trovato un buco dove infilare il coupè, le due scesero dall’auto prendendo al volo le loro cose; erano vestite di tutto punto: Helen indossava dei pantaloni di velluto neri, con dei mezzi stivaletti neri, una camicia bianca sotto un gilet con lo scollo a V, sul quale aveva abbinato un giubbino di pelle lungo, stretto nei fianchi da una cinta.
Victoria invece, indossava una gonna a balze ampie, con fantasia scozzese nella quale predominava il tono marrone, stivali marroni alti fino al ginocchio, in abbinamento con la gonna, ed un dolcevita, sempre marrone, con su un giubbino corto color panna che aveva il collo di pelliccia, ed era abbottonato soltanto per i tre bottoni più in basso.
Helen non poté fare a meno di notare la bellezza della giovane quella sera, così si lasciò sfuggire di bocca: - Stai benissimo vestita così! - Victoria imbarazzatissima ringraziò, per poi chiederle: - Da dove si entra? - - Qui, la prima porta a destra! - le disse Helen recuperando la distanza di qualche passo che la separava dalla sua amica. - Dove c’è scritto “Cantina Italiana”? - disse Victoria indicandole con un dito l’insegna luminosa. - Si, proprio qui! - le disse Helen mantenendole la porta per lasciarla entrare per prima. - Buonasera: in cosa posso esservi utile? - chiese cordialmente il cameriere appena furono dentro. - Vorremo un tavolo sulla veranda, e mi raccomando in un punto panoramico! - parlò Helen. Il cameriere fece cenno di seguirlo e le sistemò in un posto paesisticamente molto suggestivo. Helen si fermò nei pressi della sedia di Victoria, la spostò da vicino al tavolo, e con molta galanteria la invitò a sedersi, accostandola nuovamente al tavolo, poi si andò a sedere sul lato opposto a quello di Victoria. - Posso portarvi i menù? - chiese loro il cameriere. - Si, certo: ci porti anche una bottiglia di Corvo nero per favore! - parlò gentilmente Helen. - Vedo che se ne intende di vini italiani signora! - constatò il cameriere annuendo con il capo ed andando verso il frigorifero. - Allora, dimmi come hai fatto a scoprire questo posto stupendo! - le chiese Victoria incantata dal paesaggio, ed ancor di più dall’atmosfera intima e romantica che si respirava. Helen sospirò mentre si poggiava come voleva il bon ton, il tovagliolo sulle ginocchia, quindi raccontò: - Beh, nulla di particolare, i miei genitori me ne parlavano sempre, quando erano vivi e me lo descrivevano come il miglior posto per un primo appuntamento… specialmente mia madre; sai, è qui che i miei genitori si conobbero! Mia madre faceva la cameriera in questo locale ed una sera un giovane ed avvenente uomo d’affari dell’Arizona, di passaggio qui a Los Angeles, le si avvicinò e la invitò a prendere un bicchiere di vino con lui, poi da cosa nacque cosa e…- - Si sposarono e nascesti tu! - le disse sorridendo Victoria, guardandola negli occhi e scorgendovi in essi un velo di malinconia; così le disse: - Ok, non parliamo di cose tristi questa sera! Altrimenti ci roviniamo la serata con inutili bagni di malinconia! - e così dicendo, le prese la mano per qualche istante. Il cameriere arrivò stappando la bottiglia di vino e servendolo nei calici delle due signore. - Desiderano? - chiese poi, prendendo un block notes ed una penna per annotarvi l’ordine.
- Boh, non so…Sono veramente indecisa! - parlò perplessa Victoria osservando prima il menù, poi Helen. - Lascia fare me allora! - le consigliò la mora, che in seguito si rivolse al cameriere: - Allora: ci porti due fritture di pesce come antipasto; due linguine allo scoglio; due porzioni di dentice al cartoccio con contorno di insalatina mista; un sorbetto al limone; un filetto alla wellingthon con patate duchessa; frutta fresca di stagione e millefoglie al cioccolato! - Il cameriere segnò tutte le ordinazioni e disse: - Ottima scelta signora, cena molto ben studiata dall’antipasto al dolce! Si vede che è una persona di classe! - ed andò verso la cucina. - Ma sei pazza, hai ordinato cibo per un esercito! - le disse Victoria a bassa voce, appena il cameriere fu lontano. - Ehi, quante altre possibilità avrai nella tua vita di mangiare in un ristorante italiano con una esperta di cucina italiana? - scherzò cercando di metterla a proprio agio Helen. - Beh… pochissime effettivamente! - constatò Victoria. - Allora mangia, e non preoccuparti di null’altro: stasera offro io! - le disse tranquilla ma seria Helen, girandosi il bicchiere di vino tra le mani. - Eh? Ma scherzi? Hai visto quanto costa ogni singola pietanza qui? - incalzò Victoria sfogliando a casaccio il menù. - Ho detto che non ti devi preoccupare! - la rassicurò Helen. - Si, ma non vorrei finire la serata lavando i piatti nella cucina per ripagare il cibo che ho mangiato! Ti ricordo che dopodomani iniziano i campionati, e prima proprio non posso stancarmi! - parlò con tono sarcastico Victoria. - Stai mettendo in dubbio le mie capacità economiche? Non temere, stasera dormirai a casa e non su uno scomodissimo lavandino di una cucina industriale, e per quanto riguarda dopodomani… arriverai per tempo alla cerimonia di apertura: sana, scattante e riposata! Ora pensiamo solo a goderci la serata! - concluse Helen guardando al di fuori dell’immensa vetrata della veranda.
Le due cominciarono a cenare quasi subito dopo la loro ordinazione, e tra un piatto e l’altro ridevano e scherzavano ritornando spesso a dibattere anche sullo strano rapporto creatosi tra Alex e Marissa, finché inaspettatamente Victoria le chiese d’improvviso: - Allora cosa dovevi dirmi stamattina, che hai detto che mi avresti spiegato con più calma stasera? - la guardò la bionda impaziente di sapere. Helen alzò gli occhi dal suo sorbetto al limone, il suo sorriso sparì di colpo, lasciando il posto ad un espressione molto seria; la guardò leggermente imbarazzata, e le disse: - Ah… beh, non so come dirtelo, mi risulta difficile, molto difficile spiegartelo.. - - Di che si tratta? - insistette curiosa Victoria per poi continuare implorandola: - Ti prego, non tenermi sulle spine! - Helen arrossì visibilmente, e giocherellando nervosa con il cucchiaino d’acciaio, le si rivolse con lo sguardo basso: - Vedi, volevo dirti che fin dal primo momento in cui ti ho vista, il cuore ha cominciato a battermi più forte… quella sera, in quel bagno del Bait Shop… eri un sogno che si stava realizzando per me! Un’illusione diventata miracolosamente realtà e… io credo di essermi innamorata fin dal primo istante in cui il mio sguardo si è posato su di te… - Victoria sbiancò lasciando cadere rumorosamente il cucchiaino nella coppetta con il sorbetto: non si aspettava una dichiarazione d’amore tanto intensa e delicata da parte di una donna apparentemente così dura e restia ai sentimenti, quale si presentava Helen; così con estremo imbarazzo le disse: - In che senso scusa? Cosa vuoi dirmi? - - Mi è difficile spiegarti con la sola forza delle parole quello che provo per te, ma credo che tutto si possa ridurre a due sole, semplici parole: ti amo… - le sussurrò Helen. - Stai scherzando vero? - la fissò Victoria dubbiosa. - Non sono mai stata più seria in vita mia… ma se tu non ricambi o non vuoi sentirti sotto pressione… ti prometto che saprò restare al mio posto: non voglio che con quello che ti sto dicendo stasera il nostro rapporto possa cambiare! Era semplicemente una cosa che mi portavo dentro da un po’, e stasera ho voluto condividerla con te… Ora mi rimetto ad una tua decisione…qualunque essa sia, non smetterò mai di sostenerti e di restarti accanto! - le disse Helen abbassando lo sguardo, sperando che, data la reazione poco entusiasta di Victoria le sue parole cadessero presto nel dimenticatoio, salvando così parzialmente la serata.
Dopo la rivelazione di Helen, il tono della serata si smorzò un po’: Victoria infatti, solitamente sempre molto loquace, fu zittita da quello sconvolgente annuncio; la donna che da un po’ di tempo spadroneggiava nei suoi sogni, le si era finalmente dichiarata, e lei? Non aveva saputo fare nulla di meglio che rimanere muta come un pesce a causa del tremendo imbarazzo. Helen d’altra parte, intese quel gesto come una cosa negativa, e si limitò a finire la sua cena, rispettando la posizione di silenzio adottata da Victoria.
Appena la cena si concluse, Helen si alzò dal suo posto ed andò a pagare il conto; porgendo poi la giacca a Victoria: - Andiamo? Si è fatto tardi e domani devi alzarti presto… - Victoria si alzò e silenziosamente, ed uscì con Helen dal locale. Si fermò a mirare per qualche istante il mare poco lontano da loro poi si schiarì la voce e propose all’altra: - Facciamo due passi sul lungomare per concludere la serata? In questo modo avviamo anche la digestione! - quella fu l’unica richiesta di Victoria, esaudita tra l’altro da Helen; dopodichè, le due si rimisero in auto e tornarono a casa.
L’orologio segnava le 22.30 quando le due rimisero piede in casa dei genitori di Victoria; li salutarono dando loro la buona notte, e lasciandoli in salotto a guardare un film in tv. Salirono insieme le scale per recarsi nelle loro camere da letto; nessuna delle due aveva più proferito parola per tutto il tempo.
Le loro strade si divisero ad un certo punto, quando Victoria si fermò, due stanze prima di Helen; la mora continuò il suo cammino, mentre la ragazza stette ad osservarla mentre mesta entrava nella sua camera, richiudendo piano la porta dietro di se, e se ne dispiacque sinceramente, perché non era riuscita a farle capire che lei ricambiava pienamente i suoi sentimenti.
Dopo una decina di minuti, Helen bussò alla porta della camera di Victoria che le diede il permesso di entrare. - Sono solo venuta per darti la buonanotte, e per scusarmi di averti messa in imbarazzo stasera… - le disse Helen mortificata sull’uscio della porta. Victoria che era seduta sul suo letto davanti al suo pc portatile, scattò con un balzo in piedi; la fissò a lungo nei suoi occhi cerulei, poi le si avvicinò, alzandosi leggermente sulle punte dei piedi per eguagliare l’altezza di Helen, e chiudendo gli occhi sfiorò con le sue le labbra dell’altra. Helen inizialmente rimase spiazzata da quel gesto, poi lasciandosi andare di più, abbattendo ogni sorta di barriera o di freno inibitorio che ancora la conteneva, e accortasi di essere praticamente sul pianerottolo, spinse delicatamente Victoria dentro la stanza richiudendo la porta dietro di se, e continuando quella dolce effusione per lunghi ed interminabili minuti. Quando ebbero saziato la loro fame atavica di baci, le due si guardarono negli occhi con uno sguardo tenero ed intenso, poi abbracciandola Victoria le disse: - Scusami tu… sono stata una frana: ho pensato per tutto il tempo alle parole da dirti, senza accorgermi che non vi era bisogno alcuno di parole… - poi riprese a parlare carezzandole il volto: - Ora ne sono più che sicura: ti amo anche io! - Le due si fissarono qualche istante prima che Helen lasciasse ricadere le sue labbra sulle labbra di Victoria, e si scambiarono un nuovo e più passionale bacio, ricco di emozioni, e suggestioni; mentre erano strette l’una all’altra, Helen sussurrò portando le sue labbra vicinissime all’orecchio di Victoria: - Avevo una voglia matta di sfiorare le tue labbra… - - A chi lo dici! - rispose Victoria sospirando, stringendola sempre più a se. - Beh, ora vado perché è tardi, e tu domani devi svegliarti presto! - le disse Helen salutandola con un bacio sulla fronte. - Buonanotte! - rispose Victoria osservandola avvicinarsi all’uscio. Helen alzò la mano per salutarla nuovamente, poi fece per uscire dalla stanza, ma la sua attenzione fu nuovamente calamitata da Victoria che le disse sorridendo: - Buonanotte… ti amo! E grazie mille per l’ottima cena! - - Ti amo anche io! Non ringraziarmi, è stato un onore essere in tua compagnia stasera! - disse ricambiando il sorriso Helen, poi andò via.
Victoria non poteva credere alla meravigliosa situazione venutasi a creare con Helen quella sera, e mettendosi nel letto, sperò in cuor suo di non star sognando ad occhi aperti, di non aver fatto un altro di quei suoi voli pindarici di fantasia. Spense la luce e sorridendo si addormentò, pensando alla ragazza che dormiva nella stanza accanto alla sua.

La musica dei Killers imperversava ormai da più di due ore al Bait Shop, ed Alex era completamente assorbita dal suo duro lavoro. I ragazzi infatti, erano accorsi in molti per sentir cantare i loro idoli, ed Alex era alle prese con i preparativi di decine e decine di vassoi da distribuire in giro per il locale.
Quella sera era completamente sola al Bait Shop, poiché la cameriera Mandy, non era potuta venire, a causa dell’influenza che aveva contratto da ormai tre giorni, e ad Alex toccò lavorare il doppio rispetto a tutte le altre sere.
Mentre era intenta nella preparazione di una pinãcolada, cocktail richiestogli da un cliente al banco, fu colta alla sprovvista da Seth, che arrivato, si sedette al di fuori del bancone. - Ciao, come va? - chiese il ragazzo, prendendo dal bancone un limone e cominciando a farlo volteggiare in aria per poi farlo ricadere tra le sue mani - Che ci fai qui! - rispose Alex, con un tono misto di sorpresa e di seccatura, immergendo un bastoncino da cocktail nel drink che era pronta a servire al suo cliente. - Che accoglienza entusiasmante! - ironizzò il ragazzo che continuò: - Ero passato solo a trovarti comunque, non sei contenta? - Alex fece una cenno di dissenso con il capo, alzò gli occhi per fissare il suo interlocutore con spietata freddezza e rispose: - No! Per niente! - e gli strappò il limone di mano, come fa una mamma con suo figlio, quando non vuole che questo tocchi quello che non deve. - Ma che significa: non posso neppure venire a trovare la mia ragazza sul posto di lavoro? - chiese Seth alterandosi - Ragazza? - ripeté Alex adirata, per poi continuare: - Ma dico ti sei bevuto il cervello? - - Perché? - chiese smarrito Seth. - Ti rendi conto di quante siano le cavolate che stai sparando? Eppure è solo da 10 minuti che sei qui! Allora la scorsa volta non sono stata abbastanza chiara? - parlò Alex con l’ormai consolidato tono arrabbiato. - Si che ho capito! Hai detto che ci dovevamo lasciare, ma poi sei venuta al ballo e mi hai portato via con te! Mi hai medicato e… Sbaglio o la mia fervida immaginazione mi suggerisce che c’è stato anche un bacio tra noi!?! Più chiaro di così? - raccontò Seth con sarcasmo. - Sei uno stupido! Non hai capito perfettamente nulla! - disse Alex, battendo violentemente il coltello sul tagliere, facendo cadere a terra le fette di arancia che aveva nel frattempo tagliato. - Ah si? Allora spiegamelo tu, dai! Forza! - parlò Seth alzandosi violentemente dallo sgabello e facendolo cadere a terra, mentre cercava di afferrare il braccio di Alex stringendoglielo, per impedirle di andare via. - Toglimi le mani di dosso! - gli disse Alex guardando prima lui poi la sua mano stretta intorno al suo polso, ed ancora Seth negli occhi con atteggiamento fiero. Si divincolò violentemente e disse minacciosa: - E non urlare nel mio locale! - - Tuo? Ti ricordo che tu ci lavori solo qui! - rispose Seth. - Ti ricordo che posso farti sbattere fuori in qualsiasi momento! - incalzò vendicativa Alex. Seth a quelle parole si calmò un attimo, respirò profondamente e smorzando i toni della discussione le disse: - Che c’è, hai la luna di traverso stasera? - - No! Ti ho chiesto solo di lasciarmi in pace! - lo trattò con freddezza Alex. - Non posso, finché non avrò delle spiegazioni! - incalzò Seth. - Spiegazioni negate per stasera! Perciò, tornatene a casa e lasciami lavorare in santa pace! Non vedi che ho molto da fare? - Seth la guardò negli occhi scosse il capo dissenziente e disse: - Sai che ti dico? Buonanotte, chiamami solo quando ti sarai calmata! - Alex lo osservò sparire tra la folla, ed in parte se ne dispiacque, perché Seth era per lei, in quel momento, solo un capro espiatorio sul quale però ella non voleva continuare a far pesare i dubbi, le paure e le incertezze che le procuravano la vita ed il suo rapporto con Marissa, oltre che lo stress della sua attività lavorativa. Seth doveva tirarsi fuori dalla sua vita, perché era la cosa più giusta che Alex potesse fare per lui: garantirgli in un futuro, una persona migliore di lei, più accomodante e disponibile nei suoi riguardi, perché il ragazzo non era tagliato per stare con delle tipe, in un certo qualmodo così stoiche, da rasentare quasi l’autolesionismo come lei. Il prototipo di ragazza ideale per Seth secondo Alex, era Summer: una ragazza tranquilla, di buona famiglia, sua coetanea e senza particolari grilli per la testa.
Al termine di questa riflessione, Alex riprese dunque il proprio lavoro da dove aveva interrotto; nel momento in cui stava portando due birre ad un privé, vide passare Ryan e Lindsday mano nella mano; anche loro quella sera, erano andati a sentire i Killers; la bionda li seguì per un po’ con lo sguardo, cercando inconsciamente di trovare una spiegazione al fatto che Ryan preferisse Lindsday a Marissa, nonostante quest’ultima fosse dichiaratamente ancora bendisposta nei suoi riguardi. Certo, non metteva in dubbio il fatto che Lindsday fosse bella, intelligente, carismatica, ma preferirla a Marissa quello proprio no… o forse era solo la sua mente ed il suo cuore, che trascinandola ogni qualvolta c’era in giro qualcosa che riguardasse Marissa, la convinceva di queste cose, rendendola irrazionale.
La sua attenzione però, si spostò quasi immediatamente da tutt’altra parte, quando dal fondo del locale, una gran folla si accalcava per vedere cosa stesse accadendo. Alex, si recò immediatamente verso la grande folla, e facendosi largo tra essa, poté scorgere due ragazzi che avevano cominciato a picchiarsi: - Perché hai offerto da bere alla mia ragazza? - diceva uno a gran voce. - Non mi ha detto che era fidanzata! - rispose l’altro. - Ma questo non ti autorizza a flirtare con lei! - ribatté il primo - Tienila più stretta la prossima volta la tua fidanzata, visto che non ha esitato un solo istante ad andare con un altro! - gli disse provocandolo il secondo, ed i due si azzuffarono. - Basta finitela! - strillò Alex che assistette a tutta la scena, per poi continuare: - Se dovete litigare, fatelo fuori da qui! - - Non rompere! Impicciati degli affari tuoi! - gli disse uno dei due contendenti. Alex allora, vedendo che i due avevano ripreso a menarsi, si gettò nella mischia cercando di dividerli, a quel punto intervennero anche il cantante del gruppo musicale, e lo stesso Ryan, che cercarono di separarli, mentre nella calca, Alex si beccò un poderoso pugno sul sopracciglio che prese immediatamente a sanguinare.
Quando i due furono allontanati dai buttafuori, Alex ringraziò i ragazzi che l’avevano aiutata, compreso Ryan, che invece notò allarmato il taglio sull’occhio di Alex. - Dovresti andare in ospedale! - le si rivolse Lindsday avvicinandosi. - Non posso, non ho nessuno che mi sostituisca qui al locale! - rispose Alex. - Quel taglio sembra molto profondo: va in ospedale, può darsi che occorrano dei punti… - disse Ryan. - No, non vi preoccupate, sto bene! - incalzò Alex - Ma se non smette di uscire sangue! - constatò Lindsday. - Non vi preoccupate vi ho detto: è solo un graffio! - tagliò corto Alex. - Non insistere, se dice che non è nulla, torniamo pure a casa! - si rivolse Ryan verso Lindsday, poggiando un braccio sulle sue spalle e stringendola forte a se. I due quindi, salutarono ed uscirono dal locale.
A causa della ressa, il Bait Shop in poco tempo si svuotò, e Alex dovette medicarsi e rassettare prima di poter ritornare a casa.
Mentre era alle prese con acqua ossigenata e ovatta, intenta a curarsi la ferita dalla quale continuava a sgorgare ancora sangue, Alex sentì un trillo di telefono; in un primo momento fu tentata di non rispondere, ma alla fine riuscì a prendere, nonostante le mani occupate, il telefono dalla borsa e lo portò all’orecchio:
- Pronto? - disse Alex. - Ciao, sono Marissa, come va? - disse tremula e rotta dall’emozione la voce dall’altra parte. - Potrebbe andare meglio… A che devo una tua chiamata? - le chiese incuriosita di quel gesto Alex. - Appena è tornata a casa Lindsday, mi ha raccontato quello che è successo stasera al Bait Shop: Come stai? - le chiese con molta apprensione Marissa. - Non male! In fondo ho solo un taglio sul sopracciglio che non smette di sanguinare, ma passerà! - scherzò Alex. - Non riesci ad essere seria neppure se ti fai male tu, eh? - disse abbozzando un sorriso Marissa, che continuò: - Vuoi che faccia venire un medico a casa tua? Posso chiederlo a Caleb e sono sicura che lui.. - disse Marissa cercando di aiutare in qualsiasi modo Alex. - No grazie! - rispose secca ma gentile Alex. - Allora vuoi compagnia per tornare a casa? Immagino che sia un po’ difficile guidare nelle tue condizioni… - incalzò Marissa. - Guarda che non sono una cerebrolesa! E neppure una con problemi motori! Ho solo un graffio, un microscopico graffio di due centimetri sull’occhio! - le disse Alex, cercando in parte di rassicurarla, ed in parte di dissuaderla dal suo tentativo di incontrarla. Poi la bionda continuò: - Scusa se taglio corto, ma ho bisogno di riagganciare: sono stanca, devo finire di rassettare il locale, e vorrei poter ritornare a casa… ti spiace se ci si sente domani mattina? - - Ok, allora… ti lascio andare! Buonanotte e stammi bene! - concluse Marissa - Buonanotte e grazie del pensiero! - le rispose gentilmente Alex chiudendo la conversazione.

Non appena il locale fu risistemato da cima a fondo, Alex uscì dal retro, per arrivare alla sua jeep con la quale sarebbe ritornata a casa. Cominciò ad avere un gran mal di testa, ma nonostante il dolore, riuscì ad arrivare a casa sana e salva; entrò nel suo appartamento velocemente, richiudendo la porta dietro di se, poi si andò a spaparanzare sul divano ed accese la televisione, dato che tutta la stanchezza e l’adrenalina di quella sera, le avevano annullato il sonno. Aveva in mano una bottiglia di birra, che sorseggiava lentamente ad intervalli quasi regolari.
In breve tempo il pensiero di Alex ritornò alla telefonata ricevuta da Marissa poco prima e cominciò a meditare nuovamente sul suo rapporto con la giovane: -“ Sento di aver fatto bene a non farla venire, non perché non desiderassi la sua presenza, anzi è proprio perché sento che mi sto ogni giorno sempre più invaghendo, è meglio che io e lei si stia per un po’ lontane… I miei sentimenti per Marissa stanno mutando ed anche troppo velocemente: ho paura che se un giorno di questi non riesco a trattenermi, mi ritroverò a baciarla senza neppure accorgermene; senza neppure poterle spiegare perché…e brucerei le tappe giocandomi tutto ciò che ho costruito qui… Inoltre c’è Seth al quale devo fare un discorso molto serio a quanto pare…” - Si portò istintivamente una mano sul suo taglio, coperto temporaneamente da un po’ di garza, che fungeva da tampone, e si accorse che aveva smesso di sanguinare. Per cercare di conciliare il sonno, decise quindi di uscire a prendere una boccata d’aria, sul lungomare antistante casa sua, così si mise il giubbino, abbottonandoselo fino all’ultimo bottone, ed uscì.

Si recò con passo svelto e sicuro verso le basse recinzioni di ferro che costeggiavano il lungomare, ed una volta arrivata, facendo attenzione a non sporgersi eccessivamente, si fermò a respirare a pieni polmoni l’aria marina, mentre una leggera brezza le scompigliava i capelli. L’immensa distesa marina, era così limpida e pulita da riflettere come uno specchio che rilascia riflessi argentei, il cielo notturno sovrastante: aveva smesso solo durante il pomeriggio di piovere, e le nubi cupe avevano lasciato il posto a qualche stella sparsa qua e la per la volta celeste, e ad un chiaro quarto di luna dalla luce pallida e smorta. L’unica cosa che distingueva il mare dal cielo, era la luce rossa del faro, guida luminosa che girava incessante per indicare ai natanti la presenza di un porto.
Alex si voltò verso la sua abitazione: gli inquilini degli appartamenti a schiera erano tutti addormentati, tranne una ragazza che si attardava a studiare con la luce accesa nella sua camera, il cui riverbero oltrepassava la finestra uscendo. Alex sapeva bene che si trattava di Carol, una ragazza che aveva l’abitudine di studiare di notte poiché l’oscurità favoriva la sua massima concentrazione. La via era poco illuminata: vi erano pochi lampioni, per giunta neanche tutti in funzione: - “Certo questo non è il posto migliore dove fermarsi a passeggiare la sera…” - costatò tra se e se, decidendo di rincasare.
Mentre stava avviandosi verso casa, gettò uno sguardo veloce alla strada sgombra: una piccola precauzione prima di attraversare, ma fu proprio in quel frangente che scorse in lontananza una figura a lei familiare, una sagoma che si muoveva nella luce fioca, e che appena si avvicinò, distinse come la figura di Marissa. Alex però si accorse anche di un’altra cosa, che subito pensò molto strana, a tratti addirittura sospettosa: a debita distanza da Marissa, camminava, quasi a passo d’uomo, una macchina nera, di grossa cilindrata, con a bordo due uomini, che sembrava seguire la ragazza, studiandone tutti i suoi movimenti. Alex vedendo quella scena si allarmò molto, e mille oscuri presentimenti si fecero largo dentro lei, che non riusciva a spiegarsi come Marissa potesse essere invece così tranquilla, nel camminare di notte da sola in una brutta strada di periferia: era pura incoscienza, o semplicemente la consapevolezza che quella macchina non seguiva lei?
Alex vide che i due uomini nell’auto confabulavano tra di loro, indicando più volte con il dito Marissa, poco dinnanzi a loro, poi ad un certo punto la macchina si fermò. Non potendo più stare a guardare, e tormentandosi per la stranezza della situazione in cui era incappata, Alex chiamò l’amica a gran voce, che era dall’altra parte della strada: - Marissa! Marissa! - e la giovane si voltò verso di lei sorridendo. Alex ricambiò il sorriso e attraversò velocemente, e quando le fu vicina la prese a braccetto, poi le sussurrò nell’orecchio circospetta: - Che ci fai qui? - - Ero passata a trovarti, ero molto preoccupata! Ma perché bisbigli? - rispose Marissa con tono di voce normale - Ti sei accorta che ti stanno seguendo? - continuò Alex sottovoce. - Ma dai, piantala di dire scemenze: chi vuoi che mi segua? - incalzò Marissa. - L’auto nera cento metri più dietro di te! - continuò Alex. Marissa si guardò attorno sospettosa, poi guardò Alex interrogativa; Alex dunque continuando a bisbigliare le disse: - Entra in casa con me e fa finta di niente! - Appena le due furono in casa, il primo istinto di Alex fu quello di chiudere la porta a chiave posizionandovi dietro un pesante mobile, ed abbassare le serrande di tutte le finestre. - Non ti sembra di esagerare ora? - le si rivolse Marissa. - Sei libera di non credermi, ma ti dico che quei due ti stavano seguendo! - le disse Alex voltandosi verso di lei. - Alex, piantala! Non possiedo nulla che loro possano volere! - rispose serena Marissa. Il discorso di Marissa, non sortì l’effetto desiderato su Alex il cui nervosismo, arrivò quasi a rasentare la paranoia: difatti, ogni due minuti, la ragazza si recava vicino alle finestre, e controllava se l’auto appostata fosse andata via. - Sono ancora lì? - chiese Marissa osservandola passeggiare nervosamente avanti e indietro per la camera. - Si, sono proprio davanti casa in questo momento… - parlò Alex, spiando dai fori della serranda. - Ti stai solo impressionando! - tornò alla carica Marissa.
- No ti dico! - esclamò Alex andandosi a sedere sul divano scompostamente. Marissa la fissò facendo caso solo in quel momento alla garza che Alex aveva sul sopracciglio; le si avvicinò, inserendosi alzata, nello spazio tra le gambe leggermente allargate di Alex, le sfiorò leggermente il volto sollevandoglielo verso l’alto, e incontrò il suo sguardo. Marissa la fissò negli occhi azzurro mare, smarrendosi per un istante; anche Alex nonostante l’imbarazzo, fu calamitata verso lo sguardo di Marissa. In seguito Marissa le scoprì delicatamente la ferita: - Accidenti! Saresti dovuta correre in ospedale! Altro che taglietto di due centimetri! - la rimproverò, per poi continuare: - Hai del mercuro cromo e delle bende pulite? Questa ormai è da buttare! - e gettò sul tavolino di fronte al divano, la garza sporca. - Lascia stare, non è nulla di grave! - le disse scostante Alex. - Perché ti ostini a non capire che può provocarti un infezione? - la ammonì Marissa.
Convintasi della sensatezza del discorso dell’amica, Alex le dette indicazioni su dove trovare il kit di pronto soccorso, così Marissa prese tutto l’occorrente per medicarla nuovamente. - Sta buona! Anche se potrebbe bruciarti un poco! - le parlò Marissa, cercando di distrarla dal dolore che avrebbe potuto sentire. Marissa passò sulla ferita il mercuro cromo, facendo attenzione a non imbrattarle la fronte di rosso, le applicò un cerotto che manteneva uniti tra loro i due lembi di pelle separatisi nell’impatto con le nocche del tipo al Bait Shop, e vi applicò un quadratino di garza, fissato con un cerotto. - Ecco! Così potrebbe andare! - le disse poi soffermandosi a scrutarle ogni singolo particolare delle fattezze del suo volto. La ragazza quindi si soffermò con il suo viso, esattamente sopra il viso di Alex, la quale cercava di ritrarsi sempre più, per non lasciarsi tentare dalle labbra di Marissa. Ma a quel punto accadde una cosa inaspettata: Alex, favorita dalla posizione, e da quella pericolosa vicinanza di Marissa, sentì un impulso irrefrenabile di baciarla, e dovette combattere duramente contro se stessa per reprimere questo desiderio, quindi ritraendosi definitivamente concluse: - Basta così, va bene! - - Ti ho fatto molto male? - le chiese preoccupata Marissa non capendo perché era stata respinta così bruscamente. Alex, d’altra parte, aveva un imbarazzo sempre crescente nei riguardi della situazione e di Marissa stessa, così cercando di non lasciarlo trapelare, per eludere ulteriori domande dell’amica, si alzò di scattò e tornò a fare la ronda vicino alla finestra, quindi le rispose: - No. Infilati il pigiama e avverti i tuoi: stanotte dormi qui; quei tipi loschi non ne vogliono sapere di andare via! - - Ma che cos’hai? Ti sento molto tesa stasera… - constatò Marissa sistemando il kit per il pronto soccorso dove lo aveva preso prima. - Nulla! - esclamò Alex affannandosi a preparare per la notte, il divano sul quale avrebbe dormito.
- Non ti capisco! Non sei la Alex di tutti i giorni… - insistette Marissa avvicinandosi nuovamente a lei. - Sono solo stanca, tutto qui! - rispose Alex spegnendo la luce del lampadario, ed accendendo la lampada sul comodino. - Sicura che non ci sia altro? - parlò nuovamente Marissa. - Si! - le disse secca Alex stendendosi sul divano e tirandosi addosso le coperte. Marissa intuì che per quella sera non tirava aria, così andò nella stanza a prepararsi per la notte, poi, spinta dal rimorso di non essere riuscita a far sfogare l’amica, tornò nel salotto avvicinandosi ad Alex, ed esordì dicendo: - Ascolta, mi spiace se ti ho procurato tanto fastidio stasera, ma giuro che non era… - ma non finì neppure la frase, che notò che Alex aveva già gli occhi chiusi. Si fermò a guardarla qualche istante, notando che si era addormentata sul lato destro, con le mani chiuse a pugno sul cuscino. Si chinò intenerita verso di lei, le rimboccò le coperte delicatamente, facendo attenzione a non svegliarla, poi d’istinto le diede un leggero e fugace bacio sulla fronte, poco lontano dalla ferita, augurandole la buonanotte. Quando Marissa spense l’abatjour del salotto, e si recò in camera accostando la porta dietro di se, Alex riaprì di nuovo gli occhi: in realtà, non si era mai addormentata; aveva avvertito nitidamente, tutto ciò che l’amica le aveva detto e fatto, ma se aveva finto in quel modo, era solo perché voleva evitare, per quella sera di continuare a sentirsi in imbarazzo con Marissa. Fu in quel preciso istante che realizzò un pensiero a cui dovette per forza sottomettersi: - “E’ troppo tardi per tornare indietro: sento già di amarla… Helen aveva perfettamente ragione!”- Alex sospirò rassegnata, poi concluse: -“ Al diavolo il mondo: se il destino vuole che vada così, prima o poi ci finirò insieme… perciò, senza troppi se e troppi ma; senza ulteriori sforzi e indugi, studierò le sue mosse, e se è il caso, le dirò la verità, o quanto meno gliela lascerò intuire...” - concluse ammettendo a se stessa che al cuor non si comanda; chiuse quindi gli occhi, abbandonandosi rasserenata ad un lungo sonno rigenerante.


CAPITOLO 9: PAURA DI…

Erano già trascorsi una decina di giorni da quando Marissa rimase a dormire a casa di Alex, e nel frattempo, le due avevano continuato a vedersi con assiduità.
Una bella ma gelida mattina di inizio febbraio, Marissa avendo marinato la scuola, decise di andare a trovare Alex al Bait Shop, per aiutarla nei preparativi del concerto di quella sera, ma anche per chiederle il permesso e la riserva di un privé, per attuare un progetto studiato con Summer e Lindsday.
Appena entrò al Bait Shop, Marissa si recò accanto al bancone del bar, nel retro del quale scorse Alex voltata di spalle, illuminata dalla tenue luce del sole che penetrava dalle finestre.
Poté in quel modo vedere che Alex era intenta a lucidare dei bicchieri; così pensando di farle una sorpresa le si posizionò dietro, mettendole delicatamente entrambe le mani sugli occhi per coprirglieli. - Chi sei? - le chiese Alex allarmata; Marissa non rispose, si limitò solo a farle annusare il profumo sul suo polso. - Ho capito che sei una donna! Ma chi sei? - rispose Alex, riconducendo la delicata e floreale fragranza che aveva annusato, ad un odore a lei famigliare. - Jodie, sei tu? - disse poi tentennante. All’udire di quelle parole, Marissa si sentì smarrita per un attimo: chi era questa Jodie? E perché Alex aveva ricondotto il suo inconfondibile profumo ad un’altra persona? Un fremito di gelosia la scosse; le tolse dunque le mani dagli occhi, e le permise di voltarsi. - Marissa! - esclamò Alex quando capì chi era la persona in questione, e realizzando di aver fatto una gaffe continuò a parlare per non dare a vedere il suo impaccio: - Che ci fai qui? Non sei andata a scuola? - - N...no! - le rispose perplessa Marissa che quando si riprese dal momento di stand-by in cui era piombata improvvisamente, le chiese con tono incuriosito: - Chi è questa Jodie? - - Jodie? E chi la conosce? - esclamò imbarazzata Alex tossendo nervosamente più volte. - Adesso oltre che vedere dappertutto uomini che si appostano per seguirmi, parli anche di gente che non conosci? - le chiese preoccupata del suo stato psichico Marissa che continuò: - Non è che sei un po’ troppo stressata? - - Ma no! - rispose Alex, cercando di essere quanto più disinvolta possibile, poi continuò: - Allora, come mai questa improvvisata? Non mi aspettavo assolutamente di vederti qui… non stamattina! - le chiese Alex sviando appositamente la conversazione. Marissa intuì perfettamente che in quelle parole vi era l’implicita richiesta da parte di Alex di non continuare quel discorso, così guardandola negli occhi e percependo il suo disagio, si limitò a rispondere alla domanda che le aveva appena posto: - Lo so! Ma visto che non sono andata a scuola, ed a casa mi annoiavo tremendamente a stare da sola, ho pensato passare di qui per darti una mano! - rispose Marissa, afferrando un panno dal cassetto, e cominciò ad aiutare Alex a ripulire i bicchieri. - Dai, lascia stare che ti sporchi! - le disse Alex sfiorandole la mano e guardandola negli occhi intensamente; si accorse solo allora dell’inquietudine dell’amica, che traspariva attraverso il suo sguardo: - Marissa, qualcosa mi dice che tu non sei venuta qui solo per aiutarmi a ripulire una sconfinata pila di piatti e bicchieri: hai qualcosa da chiedermi? - le disse quindi con tono serio. - No, nulla! - rispose subito Marissa distogliendo lo sguardo da Alex che invece, la guardava con due immensi punti interrogativi negli occhi. - Ehm.. veramente si! - parlò poi Marissa guardando nuovamente Alex, ma solo con la coda dell’occhio. - Ascolta: in questi giorni a scuola io e Summer abbiamo parlato a lungo della sua situazione amorosa a dir poco catastrofica con Zack, e dato che si è aggiunta al gruppo anche Lindsday, volevo chiederti il permesso di occupare un privé questa sera… sai, stiamo organizzando una serata per sole ragazze! - parlò Marissa tutto d’un fiato. Alex la fissò sorridendo, e le chiese giocosa: - Cosa c’è: il sesso forte vi ha stufate? - - Beh, proprio io sono quella che non dovrebbe avere voce in capitolo, dato che un fidanzato neppure ce l’ho! Ma per solidarietà femminile nei riguardi delle mie amiche, parteciperò! Senza contare che mi sembra una buona occasione per tirare un po’ su il morale di Summer e far integrare Lindsday nel gruppo!- constatò Marissa. - Aspetta, aspetta! Mi sono persa un capitolo della tua via? Non eri quella che non sopportava la tua sorellastra, che per giunta ti ha rubato pure il fidanzato? - le chiese Alex interrompendo un istante il suo lavoro di pulizia e guardandola nuovamente. - Si, ma mi sono accorta che forse l’ho giudicata un po’ troppo superficialmente, in fondo ha diritto pure lei ad avere delle amiche no? - le spiegò Marissa ricambiando il suo sguardo. - Certo… - rispose Alex, per poi riflettere e continuare, esponendole la sua perplessità: - Ma mi sembra strano che proprio tu voglia giocare questo ruolo così delicato! Voglio dire in fondo è la tua sorellastra, la tua rivale in amore e tu, vuoi fare l’amicona? Non è che hai secondi fini in mente per caso? - le parlò Alex. - Quali secondi fini? - le chiese Marissa, ignara su dove Alex volesse andare a parare - Ad esempio plasmare Lindsday a tuo piacimento per arrivare a stare di nuovo con Ryan… - le disse Alex dandole delle delucidazioni. - Mi offendo così… - le disse alterata Marissa gettando il panno sul bancone e guardandola arrabbiata. - Mi credi davvero capace di azioni del genere? - continuò poi calmandosi. - No, hai ragione… scusami! - le disse Alex fissandola, sinceramente pentita di ciò che aveva detto qualche istante prima risorgendole il panno per farla continuare a lavorare. Marissa le sorrise, le tirò giocosa il panno dalle mani e riprese il lavoro. - E in che consiste questa novità della serata tra ragazze? - le chiese Alex. - Semplice: l’intento è quello di far trascorrere a Summer e Lindsday una serata lontano dai loro morbosi ed asfissianti fidanzati! - disse Marissa. - E’ così che consideri il tuo ex ragazzo? - le disse scherzando Alex per poi continuare con maggiore serietà: - Per come la vedo io potete venire qui, ma l’unica cosa che ti chiedo è quella di non cacciarvi nei guai! - - E cosa mai potrebbe accadere? - le disse Marissa. - Non lo so, ma qualsiasi situazione poco piacevole incontri, stanne lontana perché non avrei proprio il tempo di tirarti fuori dai guai; oltretutto devo risolvere anche io dei miei problemi… - parlò Alex con tono molto serio. - Di natura personale? - chiese indiscretamente Marissa. - All’incirca… - disse Alex mantenendosi appositamente sul vago. - Fammi indovinare, il tuo problema è legato a questa Jodie? - la punzecchiò Marissa. - E tu che ne sai? - domandò sorpresa Alex. - Hai cambiato tono di voce quando hai considerato l’ipotesi che potesse essere lei prima… Ma chi è? - le disse Marissa - Ehm…E’ la mia ex ragazza… - sussurrò imbarazzata Alex. - La tua cosa? Ex ragazza? - le chiese Marissa strabuzzando gli occhi, con espressione mista tra sollievo e rammarico, nell’apprendere che Alex era bisessuale. - Anzi, teoricamente lo è ancora, perché non vi è stata rottura alcuna tra di noi, ma… - parlò imbarazzata Alex, quasi riflettendo ad alta voce. - Ma? - chiese Marissa malcelando un pizzico di gelosia nei riguardi della sconosciuta. - …Ma praticamente non ho più interesse a stare con lei… solo che non so come dirglielo! - disse Alex gesticolando nervosa con le mani, e sorridendo esasperata. - Brutta storia! Com’è questa Jodie? - chiese maliziosa Marissa. Alex la fissò negli occhi confusa, quindi Marissa continuò cercando di essere meno ambigua: - Intendo dire: che tipo è?- - E’ una pedante ragazza di Los Angeles, gelosa fino alla paranoia, la cui morale di vita sposa il connubio droga sesso e rock and roll! - parlò Alex enfatizzando all’inverosimile gli aspetti negativi del carattere di Jodie. - Micidiale! Dimmi: le tue ragazze le scegli tramite selezione, o le trovi “per caso” sempre così complicate? - le disse Marissa prendendola in giro, per poi continuare: - No, perché se le scegli per selezione mi candido anche io! Temo che potrei addirittura piacerti tanto è incasinata la mia via! - ultimò sempre sullo scherzoso andante Marissa, riconoscendo però, in cuor suo, una briciola di verità in quel che aveva appena detto all’amica. - Si, scherza pure! Intanto ho un bel grattacapo! - le disse Alex seriosa, ignorando appositamente quello che Marissa aveva appena finito di dirle, per cercare di non illudersi di un eventuale svolta amorosa nel loro rapporto. - Perché? - le rispose seria l’altra. - Perché vuole convincermi a ritornare a Los Angeles con lei… A casa nostra. - le spiegò Alex - E tu? - le chiese ansiosa e preoccupata della risposta Marissa. - Certo che non voglio tornarci: non la amo più! Ti sembra logico che torno a casa nostra se non mi sento più legata a lei? - ragionò Alex - Ma lei questo non lo sa ancora: dovresti dirglielo! - constatò Marissa. - Tu non conosci Jodie, questi argomenti con lei vanno affrontati con le pinze! - disse Alex, prefigurandosi già nella mente la reazione di Jodie. - Inoltre ti ricordo che c’è sempre Seth di mezzo! - parlò ancora Marissa. - Hai ragione! Vedi, almeno per adesso non deve sapere che la mia ex è qui! Devo trovare il modo e le parole giuste per poter spiegare anche a lui questa incresciosa situazione…anche se non mi sento in colpa, perché con Seth sono stata chiara e sincera fin dall’inizio della nostra pseudo storia! - parlò decisa Alex. - Pseudo storia? Vedo che anche tu non hai alta considerazione del sesso forte in questo momento della tua vita! - la scimmiottò Marissa. - No, infatti! Anzi: per cortesia aiutami a mantenere il segreto! - le disse Alex in via del tutto confidenziale. - Naturalmente… ma sbrigati a trovare le parole prima che la situazione si ingarbugli ancora di più e tu ne perda il controllo! - le consigliò Marissa. Alex sospirò annuendo, poi l’amica le si rivolse ancora: - E se hai bisogno di aiuto chiamami che ti compro un bel vocabolario! Con quello puoi trovare tutte le parole che vuoi! - le disse ridendo. Alex si voltò verso di lei e disse: - Non è affatto spiritosa questa battuta! - ma Marissa le fece una smorfia, e finirono col ridere a crepapelle entrambe.
Nel frattempo la lunga pila di bicchieri da pulire era finita e Marissa le disse: - Ora vado, ci vediamo stasera e grazie per il permesso! - Alex la salutò con la mano alzata, seguendola con lo sguardo finché non uscì dal locale .
Mentre era ancora distratta a guardare nella direzione dove Marissa era appena uscita, una ragazza di bell’aspetto: mora, con gli occhi neri, piombò dietro di lei stringendole i fianchi e abbracciandola forte a se: - Ti va di fare due passi? - le disse Jodie scostandole una ciocca di capelli dal volto e lasciandole un tenero bacio sulla guancia. Alex si sentiva in tremendo imbarazzo perché da un lato provava fastidio ogni volta che Jodie si lasciava andare ad effusioni di quel tipo, dall’altro lato, non sapeva come fare per rompere definitivamente con lei. La bionda dunque, si divincolò dall’abbraccio della ragazza e le disse con tono distaccato: - Si, ma aspetta un attimo: fammi ultimare il lavoro… -

Il tramonto sul pontile era spettacolare, e Marissa e Summer ritrovatesi per l’appuntamento della sera, si fermarono ad osservarlo appoggiate ai parapetti, in attesa di Lindsday. Solo quando il trio sarebbe stato al completo infatti, sarebbero entrate al Bait Shop. Ad un certo punto però, si udì risuonare nell’aria: - Ehilà! Ragazze - era Lindsday, che richiamava l’attenzione di Summer e Marissa. La ragazza scese dalla macchina di Ryan, che aveva deciso di accompagnarla per farle gli ultimi avvertimenti sulla serata, dandogli un bacio sulla guancia, poi chiuse la portiera e si diresse verso le altre due. - Mi raccomando: sta attenta a Lindsday! - parlò Ryan affacciandosi dal finestrino, rivolgendosi a Marissa. - Ok… - disse Marissa, accennando ad un saluto con il capo. - Mamma mia che stress! - disse Lindsday alle ragazze, infastidita dall’atteggiamento troppo morboso di Ryan nei suoi riguardi, mentre l’ auto spariva dalla loro vista. - Allora ragazze: siete pronte per una serata in rosa? - disse Marissa posizionandosi al centro tra Summer e Lindsday e prendendo entrambe a braccetto. - Viva le donne! - esclamò Summer.
Le tre entrarono nel locale accompagnate dalla musica dei Thrillers; appena dentro, Summer e Lindsday aspettarono in un angolo poco chiassoso Marissa, che invece andò a chiedere ad Alex quale fosse il loro privé.
Alex nel frattempo, era intenta preparare delle bottiglie di liquore, che costituivano la base per un cocktail, ma vide sott’occhio Marissa avvicinarsi al bancone. - Ciao Alex! - le disse gioviale Marissa poggiandosi con le braccia sul bancone. - Ciao! Pronta per la serata al femminile? - le domandò Alex. - Si; anzi qual’è il privé destinato a noi?- chiese Marissa. - Attendi un secondo per favore… Jim, accompagna la signorina al cinque: sono tre persone: è prenotato con il cognome Cooper! - parlò a gran voce Alex rivolgendosi all’inserviente.
Un ragazzo alto ed aitante si avvicinò a Marissa e la invitò a seguirlo. - Grazie Alex, sei un tesoro! - le urlò Marissa andando via.
Nonostante la musica alta, Alex sentì chiaramente quella frase, le sorrise fugacemente e continuò a miscelare liquori per un cocktail.
- E così saresti un tesoro? - Alex udì improvvisamente una voce alle sue spalle, che si burlava di lei e della frase. La bionda non si voltò neppure verso la sua interlocutrice, perché tanto già sapeva di chi si trattava, e chiudendo lo shaker si limitò a dirle: - Jodie piantala di fare la gelosa e di mettere becco nella mia vita! - - No, dimentichi che è anche la mia vita! - le disse Jodie avvicinandosi e tirandola per un braccio, costringendo Alex a voltarsi. - Non lo è più! Io non ti amo più! - le disse Alex esasperata della morbosità di Jodie. - Cosa dici? - continuò minacciosa Jodie. - Quello che hai appena udito! E se vuoi te lo scandisco meglio: Non ti amo più! - le disse pacata Alex, serena e soddisfatta di aver trovato il coraggio che occorreva per poter scaricare la tenace Jodie, che per lei era ormai solo un peso. - Non finisce qui! - le urlò Jodie furiosa sbattendo nell’uscire la bassa porta che permetteva l’accesso al bancone. Jodie si recò poi verso l’ufficio di Alex. La bionda non diede troppa attenzione al comportamento isterico dell’altra, dato che ormai vi ci era abituata.
Il più totale imbarazzo era calato all’interno del privé occupato da Marissa e le altre due: erano tutte e tre mute con gli sguardi bassi, incapaci di spiaccicare una parola o di prendere l’iniziativa di fare qualsiasi cosa; d’altronde ognuna di loro era abbastanza intelligente da poter capire che tra Marissa e Summer e Lindsday non vi era nulla in comune di cui parlare tanto erano diversi i loro modi di vedere, e ciò incise molto, sul loro modo di porsi nei riguardi delle altre. Per rompere il ghiaccio, esasperata dalla situazione venutasi a creare, Lindsday propose: - Ci vuole qualcosa di molto forte per scaldare l’ambiente! - - Marissa entusiasta dell’idea, estrasse dalla borsetta una bottiglia con della vodka e disse: - Ho giusto quello che ci serve per ingranare! - poi ci ripensò un attimo e continuò seriamente: - Ma non credo che tu debba… - - Dai, passa qua! Un goccetto per avviare la serata non ci farà male! - le disse Lindsday, apparentemente sicura di se. Marissa le porse la bottiglia col liquore, e Lindsday ne bevve un primo sorso, passandola poi a Summer; la vodka fece più volte il giro tra le tre: - Bevi piano che non sei abituata a questa roba! - le disse Summer cercando di toglierle la bottiglia di mano per farla smettere; ma Lindsday era già praticamente alticcia, e cominciò a dire molte cose prive di significato, o in realtà trovò solo il coraggio grazie all’alcool di dire a Marissa quello che pensava di lei: - Lo sai? Ora che mi sei di fronte e ti ho vista per quello che sei, non mi fai più paura! Non temo più il tuo confronto, mi sono liberata della tua pesante ombra che incombeva sul mio rapporto con Ryan! - poi si rivolse a Summer: - Non ti preoccupare, se lo ha retto bene lei l’alcool per tutto questo tempo, posso riuscirci tranquillamente anche io! - Summer e Marissa si guardarono negli occhi, spaesate; dolorosi ricordi riaffiorarono nella mente di Marissa, che la riportarono al tempo in cui cercava di disintossicarsi dall’alcool; così, sentendo un nodo alla gola, disse a Summer: - Tienila occupata per qualche minuto, vengo subito! Ho bisogno di fare un giro - - Ok.. Sarà un’impresa ardua! - disse ingurgitando rumorosamente la saliva Summer, prevedendo che avrebbe dovuto lottare molto.
Il primo istinto di Marissa, fu quello di andare dall’unica persona che in quel momento potesse considerare davvero sua amica, e quindi si recò nuovamente vicino al bancone per farsi confortare da Alex, ma non vi riuscì, perché vide l’amica litigare con una ragazza; Marissa la squadrò bene, accorgendosi che corrispondeva almeno caratterialmente alla descrizione che le aveva fatto Alex della sua ex: - “Quella deve essere Jodie!” - pensò dunque tra se e se, soffermandosi ad ascoltare per sommi capi la conversazione: - Tu non mi puoi abbandonare così! - disse Jodie ad Alex. - Io non ti sto abbandonando! Ti sto solo dicendo che non provo più amore nei tuoi riguardi! Non puoi costringermi a sentire qualcosa che non c’è più! - le spiegò alterata Alex - Quando mi portavi a letto allora lo sentivi eccome! - parlò atteggiandosi da vittima Jodie. - Sei ridicola! Ti rendi conto che non ti tocco più da sei mesi? - alzò il tono di voce Alex. - Tu hai un’altra! - esordì Jodie saltando di palo in frasca. - No! - le disse arrabbiata Alex. - Si invece! - continuò Jodie. Alex sospirò cercando di calmarsi, e esortandola a finire la conversazione disse: - Senti, pensa ciò che vuoi, sono stufa di… - Ma Marissa a quel punto intervenne rivolgendosi ad Alex: - Scusami Alex, ma nel bagno delle donne non c’è più carta igienica! - - Arrivo subito! - rispose con garbo la bionda, accogliendo l’ancora di salvezza gettatale dall’amica, e dileguandosi alla chetichella con lei, sotto gli occhi sbigottiti di Jodie. - Grazie! Non la sopportavo più! E’ un vero tormento quando attacca con le sue lagne! - disse Alex mettendole una mano sulla spalla. - Ho un problema…- esordì all’improvviso Marissa . Alex la condusse in un angolino tranquillo del locale, dove poter parlare qualche attimo, senza troppe interruzioni e senza dover urlare a causa della musica alta; poi la fissò e le chiese: - Di che si tratta? - - Lindsday è completamente ubriaca, e non vorrei che se venisse a prenderla, Ryan la trovasse in quello stato… - sospirò Marissa. - Come ha fatto ad ubriacarsi se non siete venute neppure una volta al bancone del bar? - le chiese Alex intuendo che Marissa aveva introdotto di nascosto i suoi alcolici nel locale, e fu infastidita dalla situazione venutasi a creare. - Veramente ho portato io un po’ di vodka… - rispose Marissa abbassando lo sguardo, perfettamente consapevole di essere nel torto. - Ma lo sai che è illegale quello che hai fatto? E poi voglio dire, che bisogno c’era di portarlo da casa, se me lo avessi chiesto un bicchierino tre lo avrei offerto io, a te e le tue amiche! Meno male che ti ho pregato di non cacciarti nei guai! - le disse pacata, ma con tono deluso Alex. - Mi dispiace… ma giuro, non volevo che andasse a finire così! Sai temo che avevi ragione: io e Lindsday non potremo mai essere amiche… - disse mortificata Marissa. Alex si intenerì nel vedere esternata tutta la fragilità dell’amica, e con tono più accomodante, quasi come fosse una sorella maggiore pronta a capire e perdonare le disse: - Almeno ci hai provato! Comunque portale un bicchiere di latte freddo e faglielo bere tutto, è un toccasana per le sbornie! - le consigliò Alex adocchiando Jodie che usciva dal locale. - Scusami, ma ora devo tornare a lavorare! - continuò Alex facendo per ritornare dietro al bancone.
Marissa ritornò nel privé, dando il cambio a Summer che invece andò a prendere una bibita al banco. Improvvisamente però, un ragazzo richiamò la sua attenzione, e con una invidiabile tecnica di abbordaggio, adescò Summer e la convinse a passare la serata con lui.
Dopo circa un paio d’ore dal loro arrivo al Bait Shop, successe però qualcosa che destinò la serata a degenerare: le ragazze si ritrovarono i loro amici alle calcagna, stufi di una serata senza le loro fidanzate; il pretesto per andare al Bait Shop, fu scatenato da Seth che voleva dirgliene quattro ad Alex circa il fatto di avergli tenuto nascosto che a Newport vi era il suo ex, che per di più era anche una donna.
Tutte le aspettative e le speranze di Alex, di poter tenere nascosta la cosa a Seth, per il momento caddero di colpo, a causa di qualcuno che aveva tradito il suo segreto.
Il primo a dover affrontare un mare di problemi, fu Zack che appena entrato, vide Summer parlare con il tipo dall’abbordaggio facile, e incollerito con la ragazza la insultò prima di lasciare da solo il locale; poi tocco a Ryan, che recatosi nel privé delle ragazze, trovò con sua somma sorpresa Marissa sobria, ma Lindsday ubriaca fradicia, così, capendo che Lindsday aveva bevuto con Marissa e Summer, si arrabbiò, e prese Lindsday in braccio portandola via dal locale; appena Alex vide in lontananza Seth, si andò a rifugiare nel suo studio.
- Alex so tutto! Aprimi! Tanto tutto quello che c’era da sapere già lo so! Certo, non grazie alla tua sincerità… - parlò Seth, mentre i colpi delle nocche delle sue mani, alla porta dello studio di Alex, si facevano sempre più insistenti, tanto che la ragazza non fu costretta ad aprirgli per affrontarlo.
- Basta così! Dai, vieni dentro e sbattimi in faccia una volte e per tutte che diavolo ti ho fatto di male! - gli disse alterata Alex. - Ok… Per iniziare mi hai mentito! - cominciò a parlare Seth con atteggiamento di sufficienza, cercando di camuffare tutta la rabbia che in quel momento era in lui. - Perché? Perché non ti ho parlato fin dall’inizio della persona con cui stavo prima di te? O perché non ti ho detto che era qui? O perchè non ti ho detto che era una donna? Che importanza poteva avere, rivangare il passato! Sappi comunque che l’ho fatto a fin di bene: sapendo la tua reazione, che adesso mi stai confermando, ho preferito non dirtelo subito perché volevo prima prepararti a questa situazione! E non mi sbagliavo visto che pur non sapendo, ci hai costruito un dramma sopra! - gli spiegò Alex irritata dal suo comportamento. - L’ho costruito sulle tue omissioni! Insomma… è tipico della tua tattica; va sempre a finire così: ti sei calata nei panni dell’irregolare fino alla morte e ti costringi a mantenerli, e tenermi costantemente a distanza fa parte della tua recita!- parlò Seth risultando alquanto provocatorio. - Quindi adesso recito? - disse arrabbiata Alex. - Per disperazione: il look alternativo, i tatuaggi, birra e sigarette a colazione… L’ho visto anch’io Thelma e Louise, che credi… - parlò offensivo Seth, interrompendosi un attimo, per poi continuare cercando di smorzare la tensione: - … A pezzi le repliche in tv, e so come finisce la storia! - - Beh, allora ti regalo il dvd, cos’ te lo vedi tutto di fila, e prendi altri spunti per la tua teoria! - ultimò Alex sarcastica andandosi a sedere. Seth si ritrovò messo k.o dalla risposta di Alex, ma per non fare la parte del patetico sfigato disse: - Brava, non vedo l’ora! - poi aggiunse con molta più calma: - Giuro che mi sono divertito a stare con te, però… così non ne vale più la pena! Quindi tante care cose… - e fece per andare via. - Aspetta: dove vai? - gli chiese Alex smorzando a sua volta il tono di voce. - A cercarmi un'altra! Di ragazze felici di umiliarmi è pieno il mondo, però… magari stavolta la trovo normale! - rispose Seth mentre uscì chiudendo la porta dietro di se, lasciando sola Alex nel suo studio, amareggiata dalla situazione, e pensierosa su chi avesse potuto spifferare tutto a Seth, dato che non ne aveva parlato con nessuno; nessuno tranne Marissa… ed arrivò a sospettare di lei.
La porta dello studio di Alex si aprì e Marissa si affacciò all’interno per vedere se vi fosse Alex. Appena la trovò, le disse entrando e richiudendo la porta dietro di se: - Ehi, cosa ci fai qui tutta sola? - poi continuò: - Ho un serio problema, e mi devi aiutare a risolverlo per cortesia, sei l’unica alla quale posso rivolgermi! - Alex era ancora seduta sulla poltrona dietro alla scrivania, e non salutò neppure Marissa che le si posizionò di fronte ignara di tutti i cattivi pensieri che in quel momento stava facendo Alex sul suo conto. - Mi stai ascoltando? Per favore, dobbiamo recuperare Lindsday, Ryan l’ha portata fuori e… - Marissa si interruppe accorgendosi che qualcosa non andava e fissò il suo sguardo nello sguardo di Alex: scorse in esso tanta rabbia e tristezza. - Cosa c’è? - le chiese quindi, per poi continuare: - Qualcosa non va? - - Dovresti saperlo! - le rispose glaciale Alex. - Ma dai! Sei ancora arrabbiata con me per la vodka? Credevo mi avessi perdonata… - le disse Marissa - No, non è per la vodka! - le disse Alex, facendole un sorriso cinico e canzonatorio. - Scusa, ma proprio non capisco allora! - le rispose Marissa confusa. - Ah, non capisci? Sei così poco intelligente o smemorata da non ricordarti quello che hai fatto nel corso del pomeriggio? - la insultò Alex. - Parla chiaro Alex, di cosa mi stai accusando? - le disse Marissa indurendo il tono di voce. - Non hai visto? E’ appena andato via Seth da qui… E sai cosa mi ha detto? Sapeva tutto! - le disse Alex spietata, fissandola negli occhi e colpevolizzandola dell’accaduto. Un’idea balenò nella mente di Marissa che le fece aprire gli occhi e cominciò a ragionare sul discorso che Alex le stava facendo: - Ehi, aspetta, non starai mica insinuando che… - - Non occorre insinuarlo: lo so! - le disse Alex. - Alex giuro che non ho detto nulla! Non ho tradito il tuo segreto! - cercò di giustificarsi Marissa. - A chi vuoi darla a bere! Si vedeva lontano un miglio che non eri d’accordo con il mio modo di gestire la situazione stamattina, e così hai pensato: ora gliela risolvo io a modo mio! Grazie tante! Che bella amica che sei! - parlò furiosa Alex. Marissa le si avvicinò con tono minaccioso: - Ti ripeto per l’ultima volta che non sono stata io: libera di non credermi ma è come ti sto dicendo e calmati: il tuo tono furioso non mi fa paura! - le disse Marissa picchiandola più volte con la punta delle dita nella spalla. La prima reazione di Alex, che si alzò dalla sedia per respingere Marissa, fu quella di toglierle le mani di dosso a modo suo, magari spezzandole un braccio, ma era pur sempre di Marissa che si stava parlando, e davvero non si sentì di essere manesca e violenta con la persona che sentiva di amare. Alex ebbe così un momento di ravvedimento dunque disse più pacata: - Mi risulta difficile crederlo dato che eri l’unica a saperlo, ma se non sei stata tu allora chi... - ma si interruppe subito, quando una folgorazione le diede la giusta chiave di lettura della situazione, ed i pezzi mancanti per ricostruire quell’intricato puzzle. - Cosa c’è? - le chiese preoccupata della sua reazione Marissa. Alex tornò a sedersi sulla poltrona della scrivania e rifletté ad alta voce: - Stamattina sono andata a fare una commissione, ed è rimasta per un po’ Jodie a badare al locale; quando sono tornata, mi ha detto che era venuto un ragazzo a riscuotere il salario dell’amico…. - - E allora? - chiese Marissa, ancora confusa per la vicenda. - Poi stasera prima di aprire il Bait Shop, Jim l’inserviente mi viene vicino e mi dice: “guarda che è venuto il biondino amico di Seth…” - Alex si fermò nuovamente, per poi riprendere certa di quello che stava per dire: - Vuoi vedere che in realtà è stata proprio Jodie a scatenare tutto questo putiferio? - Marissa cominciò a capire cosa effettivamente Alex volesse dire e ragionandoci su rispose: - In fondo non è poi tanto complicato: basta dire le cose giuste al momento giusto ed alla persona giusta e la trappola scatta… Così si spiegherebbe come Seth abbia fatto a saperlo, dato che Ryan gli dice sempre tutto… - parlò, sedendosi sulla scrivania accanto ad Alex.
- Scacco matto! Hai chiuso la partita! - disse Alex, approvando totalmente il discorso dell’amica; poi la fissò negli occhi contrita per come l’aveva trattata prima, e le disse soltanto: - Perdonami! - Marissa le prese la mano e le sussurrò dolcemente: - Siamo pari per stasera! - Alex le sorrise, poi si alzò di scatto e con grinta ritrovata le disse: - Forza, risolviamo quest’altro problema adesso! - - Quale? - chiese Marissa completamente dimentica che Lindsday era là fuori completamente sbronza. - Scusa, non hai detto che ti serviva recuperare Lindsday? Andiamo a prenderla, altrimenti Ryan chi lo sente! - parlò Alex imitando l’ atteggiamento da bullo di periferia di Ryan. Marissa sorrise divertita, poi la guardò riconoscente e le disse - Grazie! - Alex fece un cenno con il capo e disse: - Sai dov’è? - - Prima di uscire Summer l’ha vista sulla spiaggia! - parlò Marissa alzandosi dalla scrivania. - Andiamo allora!- concluse Alex, che uscì dallo studio, recandosi dritta filata verso la spiaggia, seguita a ruota da Marissa.

Alex e Marissa corsero a perdifiato sulla spiaggia, setacciando ogni più piccolo angolo entro il quale si potesse essere nascosta Lindsday, ma prese dalla stanchezza della corsa si fermarono un attimo, per cercare di riprendere fiato. D’improvviso però, Marissa ebbe espressione angosciata, nel vedere una scarpa sepolta per un quarto dalla sabbia, e preoccupandosi, si rivolse all’amica: - Guarda Alex, queste sono le scarpe di Lindsday! - - Cosa? - disse Alex con voce tremula ed una punta di terrore negli occhi, pronta ad aspettarsi anche al peggio a quel punto. Fu in quell’istante però, che nell’oscurità, entrambe videro una figura esile aggirarsi barcollante, nei dintorni del pontile, proprio sulla riva del mare. - E’ lei? - chiese Alex speranzosa a Marissa, indicandole la figura con il dito. - Si, è proprio lei! - disse Marissa tirando un sospiro di sollievo mentre si voltava nella direzione indicatagli dall’amica, poi cercando di richiamare l’attenzione di Lindsday le urlò: - Lindsday, vieni qui! E’ pericoloso andare laggiù! - Ma la ragazza a pochi metri da loro, sembrò non percepire minimamente il grido di Marissa. Alex allora, senza dir nulla, riprese a correre, in direzione di Lindsday, sotto lo sguardo ancora confuso di Marissa.
Appena fu abbastanza vicina, Alex le si gettò addosso bloccandola ed atterrandola sulla sabbia. - Lasciami stare! - le urlò ubriaca fradicia, con l’alito ancora impregnato di vodka Lindsday, per poi continuare: - Non ti permettere di violentarmi, perché giuro che il mio ragazzo non te la farà passare liscia! - Marissa intanto era riuscita a raggiungere le due, ma si sentiva talmente impacciata da non sapere cosa fare; così Alex sospirò pazientemente, le prese il viso tra le mani e sforzandosi di farle fissare il suo sguardo le disse: - Lindsday: non voglio farti nulla: guardami, sono Alex! - - Alex? Chi? Quel maschiaccio con i tatuaggi? Un po’ di tempo fa Marissa ti definiva così…- Alex guardò Marissa delusa, così la giovane tentò di discolparsi: - Mi spiace non… - parlò Marissa tentando di giustificare se stessa più che Lindsday. Alex la guardò negli occhi, rassegnandosi al fatto che se Marissa aveva esternato quel tipo di opinione sul suo conto, non sarebbero mai finite insieme, quindi le rispose tentando a sua volta di giustificarla: - Lascia stare, non occorra tu dica nulla… inoltre lei non è lucida… - Marissa si sentì più o meno un verme nell’aver pensato cose così cattive dell’unica persona che in quel periodo stava provando ad aiutarla sul serio, l’unica che si sforzasse di capirla, e senza riuscire a trovare parola alcuna per scusarsi, si limitò solo a chinarsi mortificata verso Lindsday, prendendole il viso tra le mani cercando di farla uscire dalla sua fase di delirio; quando dopo molti tentativi vi riuscì, le disse: - Vuoi che ti riporto a casa? - - Si, per favore ho un grande mal di testa… - le rispose Lindsday, ma non finì neppure la frase che si addormentò tra le braccia di Alex, che nel frattempo aveva continuato a sostenerla. - Che succede ora? - le chiese Marissa spaventata. - Nulla, si è solo addormentata! Presto l’effetto dell’alcool sparirà! - parlò Alex tranquilla. - Come facciamo adesso a portarla dentro? - parlò irrequieta Marissa, constatando che Lindsday non sarebbe potuta arrivare al Bait Shop con le sue gambe per quella sera. Alex rifletté un istante sul da farsi, poi senza dire nulla, si caricò Lindsday sulle spalle e con molta fatica riuscì a portarla al coperto, nel suo studio. Appena passata l’emergenza, Alex bevve un bicchiere d’acqua poi si mise poggiata alla scrivania, ad osservare Marissa che si prendeva cura della sorellastra, stesa supina sul divano, rinfrescandole il capo con un panno umido, dato che il suo cervello era ancora sotto i vapori dell’alcool; se non fosse stato per il qui pro quo successo sulla spiaggia, Alex l’avrebbe considerata una scena tenerissima e toccante, in cui Marissa si mostrava in cerca di un riscatto e di un perdono per i suoi errori, che forse nella vita, troppe volte le era stato negato.
All’improvviso si aprì violentemente la porta dello studio, e Ryan e Seth fecero il loro ingresso nella stanza.
Il primo pensiero del ragazzo, fu quello di controllare che Lindsday fosse al sicuro ed appena la vide stesa sul divano, si rincuorò, poi si accertò delle condizioni di salute della fidanzata: - Come sta? - chiese dunque serio rivolto a Marissa. - Tranquillo: deve solo smaltire la sbornia! - gli spiegò Alex. Ryan si avvicinò quindi a Lindsday per carezzarle la fronte, sospirando per lo scampato pericolo; rivolse solo in seguito lo sguardo alle due amiche dicendo seccato: - L’ho cercata dappertutto, pensavo fosse annegata, dato che ho visto le sue scarpe sulla spiaggia! - - Ma non lo è! - disse perentoria Alex.
- La riporto a casa! - continuò Ryan. - Ci penso io, se vuoi! - prese parola Marissa, mortificata anche nei confronti di Ryan, in quanto la quella sera stessa gli aveva promesso che avrebbe badato lei a Lindsday. - Hai già fatto abbastanza! - parlò sorridendo sarcastico Ryan. Marissa alzò lo sguardo e fissò Ryan diritto negli occhi; sapeva che il ragazzo proprio su quel discorso voleva andare a parare, e gli disse alterata: - Ah, e ti pareva! Ma che pensi scusa, che la colpa e mia? - - Tu che dici? Gli è venuta a lei l’idea di scolarsi un litro di vodka? Che c’è, ti senti meglio se non ti sbronzi da sola? - urlò furioso Ryan - Si, l’idea è stata sua! Cioè… è vero, la situazione ci è sfuggita di mano… - disse Marissa cercando di difendersi alla meglio dalle accuse fattegli dal ragazzo. - Ci hai provato per un anno intero a trascinarmi a fondo con te, e adesso ti aggrappi a lei? - Ryan le rinfacciò arrabbiato, sotto gli occhi sgomenti di Seth e quelli arrabbiati di Alex, poi continuò, sempre con lo stesso tono di voce: - Vuoi incasinarti la vita: Affari tuoi! Sei gia ad un buon punto se vuoi saperlo… - - Peccato però che non te lo abbia chiesto! - intervenne Alex parandosigli dinnanzi, profondamente infastidita dal fatto che Ryan infierisse più e più volte su una situazione che non era dipesa da Marissa, cercando a tutti i costi di volerla colpevolizzare per quanto accaduto alla sua fidanzata. - Che cosa hai detto? - si voltò Ryan minaccioso a parlarle, con tono di sfida nei suoi riguardi. - Non mi fai paura sbruffone! E ringraziala perché se non ci fosse stata lei, a quest’ora la tua fidanzata stava già facendo compagnia ai pesci di fondale! - rispose Alex fissandolo dritto negli occhi ed accogliendo la sfida.
- Buoni! - disse Seth smorzando l’atmosfera di tensione creatasi, per poi aggiungere: - Ryan torniamo a casa! - - No, non la lascio qui! - insistette ulteriormente il ragazzo. - Ci penso io: andatevene! - disse categorica Alex, indicando con il capo la porta; mentre Marissa, umiliata dalla situazione, rimase ammutolita. - Sta tranquillo, non è niente di grave! - incalzò Seth, cercando di persuadere l’amico ad andare via. Ryan pensò qualche istante, poi prese il giubbino, che nel frattempo aveva scaraventato su una sedia, e guardando consapevole di aver esagerato, Marissa con la coda dell’occhio, si avviò con Seth verso l’uscita. Alex guardò Marissa che le parve distrutta dal dolore, a causa di tutte le cattiverie che si era sentita dire, e se ne dispiacque molto, ma Seth interruppe il corso dei suoi pensieri dicendo: - Ciao, fateci sapere come va a finire.. - quindi si voltò per annuire col capo, ed i due richiusero la porta dietro di loro.
Appena andarono via Marissa sospirò demoralizzata, mentre Alex si soffermò a pensare che ancora una volta non era riuscita ad essere distaccata dalla situazione: non era stata sufficientemente lucida da non cacciarsi nei guai assumendo una posizione di schieramento molto esplicita, ma ciò le derivò dal fatto che ancora una volta, notò l’incompreso desiderio di Marissa di riscatto e di perdono per i suoi errori, desiderio che naturalmente neanche allora fu esaudito. La bionda la interpellò dunque con austerità: - Sai il suo indirizzo? - - Si… - disse Marissa grattandosi nervosamente la nuca, seguendo attentamente con lo sguardo i movimenti di Alex, che nel frattempo aveva cominciato a caricarsi la ragazza dormiente in groppa; Marissa recuperò la borsetta e diede una mano all’amica a caricare Lindsday in auto per riportarla a casa.
Alex e Marissa rimisero piede in casa di Alex, solo a notte fonda; nonostante tutto però trovarono ancora le luci e la televisione accesa, poiché Jodie rimase sveglia ad aspettare Alex sul divano. - Finalmente di ritorno! Com’è andata stas… - parlò Jodie, interrompendosi bruscamente quando si accorse che Alex era in compagnia di Marissa. - Che ci fai ancora sveglia? Sono le due! - le rispose sorpresa, ma anche alquanto seccata Alex. Jodie si incupì e disse: - Ti aspettavo, ma ora capisco perché hai fatto così tardi: eri in ottima compagnia… - parlò squadrando Marissa da capo a piedi, fermandosi poi qualche istante per enfatizzare il fatto che le due stessero praticamente sempre insieme negli ultimi tempi, e dunque continuò: - Mi spiace, ma per stasera dovrete fare le “cose vostre” sul divano, dato che il letto l’ho già occupato io! - disse fraintendendo la natura del rapporto fra Alex e Marissa, dunque si alzò andandosene in camera. - Sicura che non do fastidio? - chiese allora Marissa, parecchio imbarazzata dalla vicenda. - No, non temere, tanto comunque avrei dormito sul divano per stasera…Ti immagini me e Jodie nel letto insieme? Avrei dormito agli antipodi del talamo, pur di non farmi sfiorare da lei! - scherzò Alex suscitando un sorriso di Marissa, per poi aggiungere: - Dammi il tempo di cenare qualcosa e ti riaccompagno a casa! - parlò cambiandosi d’abito e indossando un jeans al posto della gonna. - Ok allora! Sta qui: per stasera preparo io la cena! - disse Marissa recandosi in cucina. - Mi devo preoccupare di rimanere digiuna? - scherzò ancora Alex dal salotto. - Non sono una cima in cucina, ma visto che il tuo frigorifero è sempre ben fornito, non credo ci metterò molto a farcire qualche tramezzino! - rispose Marissa facendo capolino dalla cucina. - Wow: cena da ristorante allora! - ironizzò Alex. - Se non ti va puoi sempre andare a prendere delle pizze! Non vorrai mica farmi morire di fame!?! - ribatté Marissa, accorgendosi che il loro battibecco, era molto simile ad uno di quelli di una coppia sposata da tanti anni, che ancora provava gusto a punzecchiarsi e a stimolarsi a vicenda, dopo anni d’amore; questo la inquietò un poco, e cercando di essere indifferente al pensiero, tornò alle sue faccende.
Alex rimase sola davanti alla TV, quando d’un tratto un colpo cortese alla porta di casa, le fece intuire che la serata non era ancora finita. Andò dunque ad aprire e si ritrovò Seth e Ryan fuori casa: - Ma sei una persecuzione! - parlò seccata Alex appena li vide, riferendosi in special modo a Seth. - Giuro che stavolta un buon motivo ce l’ho per davvero: sono venuto a scusarmi… - le disse dispiaciuto il ragazzo. - Anch’io…- incalzò subito Ryan. Alex in un primo momento fu tentata di non farlo entrare; ebbe l’istinto di proteggere Marissa da quell’individuo che un tempo era stato il suo ragazzo, ma poi ripensò alle considerazioni che aveva maturato durante la serata, ed anche al fatto che forse Marissa aveva diritto a delle scuse, così il suo buon senso prevalse: - Marissa è in cucina… - disse spostandosi leggermente, per consentire a Ryan di entrare in casa. Poi continuò rivolta verso Seth: - Tu invece mi farai le scuse qui fuori, dato che in casa c’è anche Jodie.. -
Marissa tornò dalla cucina con in mano un grosso piatto di tramezzini, mentre si leccava le dita ancora sporche di maionnaise dell’altra mano, e credendo che Alex fosse in casa parlò: - Sai che il panino con tonno insalata e maionnaise e proprio buon… - ma si interruppe bruscamente nel constatare che dinnanzi alla TV non era seduta Alex ma Ryan. - Che ci fai qui? - gli disse indurendo il tono di voce. - Sono venuto a scusarmi per cattiverie che ti ho detto stasera…- disse mortificato Ryan, per poi continuare: - Mi dispiace davvero, pensavo potesse essere più facile per te e Lindsday andare d’accordo… essere delle buone amiche, ma mi sa che non ho avuto un gran bella idea… - - No, infatti! Come puoi credere che io e Lindsday saremmo diventate amiche così facilmente? Voglio dire, non che abbia nulla contro Lindsday, ma hai dimenticato qualche piccolo dettaglio: io e lei siamo sorellastre, ed inoltre abbiamo avuto entrambe legami affettivi con te: lei è la tua ragazza attuale, io ormai solo la tua ex… anche se per me nulla è cambiato: eri importante e lo sei tuttora! Ci ho provato, giuro che l’ho fatto, ma non è così semplice; non si può cancellare ciò che provo per te con un colpo di spugna; l’amore non è un meccanismo a comando! - parlò Marissa amareggiata. - Scusami per l’imbarazzante situazione…- parlò Ryan, evitando appositamente di dar corda a Marissa sul discorso circa il loro rapporto. - Ora vado: è tardi e vi lascio riposare! - ultimò Ryan, imboccando l’uscita, mentre Marissa lo fissava perplessa a causa del suo comportamento.
Ryan aspettò che Seth finisse di parlare con Alex, poi andarono via, mentre la ragazza si fermò a guardarli appoggiata alla ringhiera al di fuori di casa sua.
Marissa era sul divano e la televisione stava trasmettendo un film horror, che la ragazza guardava di tanto in tanto, quando le risultava più facile non pensare alla sua vita incasinata. Alex aprì la porta entrandovi e Marissa le disse: - Ciao! Jodie è andata a letto. - Alex la guardò sollevata, ma disse con tono seccato: - Ok! Anche i ragazzi a quanto pare…- - Non ne sarei così sicura: la serata senza di loro non è ancora finita, e visto com’è andata… potrebbero spuntare di nuovo! - obiettò Marissa , mentre Alex stappò una birra e cominciò a berla. - Ne ho abbastanza di ragazze… e ragazzi! - aggiunse rassegnata la bionda sorseggiando la sua bevanda preferita. - In TV c’è un film horror! - le propose Marissa, e l’attenzione di Alex fu richiamata dagli strilli provenienti dal televisore della vittima nel film; la ragazza si fermò qualche istante a guardare quella scena, per poi andarsi a sedere sul divano accanto a Marissa dicendole: - Mi ci voleva! - Alex sospirò dunque, e si sistemò sul divano,di fianco a Marissa, quindi d’improvviso le chiese: - Hai freddo? - La giovane annuì, così, Alex protese il suo corpo di lato passandole davanti, afferrando una coperta blu dall’estremità opposta del divano. Marissa la osservò minuziosamente mentre compiva quel gesto, e qualche cosa in lei cominciò a smuoversi grazie a quella vicinanza così incombente eppure così discreta, quindi pensò: - “Questa bellissima persona è l’unica che in pochissimo tempo sia stata in grado di starmi vicino, di coccolarmi e proteggermi dal mondo intero, come nessuno ha mai fatto prima in vita mia… Anche stasera, nonostante la mia ingiusta cattiveria nei suoi riguardi, è stata pronta a difendermi senza risparmio, senza temere confronto alcuno con Ryan… quanto importante e speciale per me stai diventando Alex; come sta bene il mio cuore quando ti sono vicino: il senso di tristezza che ho provato lungo tutta la mia vita, di fronte a te scompare d’incanto…” -
Alex si dedicò per qualche istante, ad aggiustare la coperta addosso ad entrambe, scorgendo fugacemente lo sguardo di Marissa, finché i loro sguardi non si incontrarono per un breve ed intenso momento, rispecchiandosi l’uno nell’altro, ed in quel momento, Alex fissò prima gli occhi di Marissa, poi la sua bocca e di nuovo i suoi occhi. Marissa accorgendosi che tutto stava precipitando troppo velocemente, si diede un contegno ritirandosi imbarazzata, mentre Alex, che non aveva intenzione alcuna di abusare di lei dandole un bacio magari non desiderato, si sistemò il capo sulla spalliera del divano,cercando di concentrarsi sul film; Marissa tornò più volte ad osservarla sott’occhio avendo ad ogni sguardo la conferma che i suoi sentimenti nei riguardi dell’amica stavano realmente mutando. Si posizionò anch’ella con il capo sulla spalliera del divano, cercando di farsi quanto più vicina all’amica, senza tuttavia dare troppo nell’occhio.


CAPITOLO 10: UN WEEK END PER DUE

Erano trascorsi circa cinque giorni, dagli ultimi avvenimenti; giorni che misero a dura prova la pazienza di Alex, che alla fine ebbe una rottura definitiva con Jodie.
La ragazza dai lunghi capelli neri infatti, decise che sarebbe tornata a Los Angeles con o senza Alex, dandole un ultimatum per quanto riguardava la sua decisione.
Quella mite e soleggiata mattina del 10 febbraio dunque, si preparò per sgomberare da casa di Alex, con grande piacere dell’altra.
l’orologio segnava le 8.55 di mattina, e mentre Jodie era sotto la doccia, il telefono cominciò a suonare con insistenza nell’appartamento di Alex, provocando il suo risveglio. In un primissimo momento la bionda fu tentata di non rispondere, poi però, si decise a farlo, quando tra se e se pensò che magari poteva essere Helen che non sentiva da una settimana; così ancora tutta assonnata, strusciando le pantofole in terra, andò a rispondere: - Pronto… - disse con la voce ancora impastata dal sonno.
- Allora? Che si fa oggi? - rispose una voce a lei ben nota dall’altro capo del telefono. Alex sorrise riconoscendo Marissa e le disse: - Ma che ne so!?! Dormo in piedi… - - No, svegliati in fretta! Facciamo colazione insieme poi shopping selvaggio! - rispose solare Marissa, sperando in una risposta affermativa da parte di Alex. - Non devi andare a scuola? - Alex chiese sorridendole divertita, e si sdraiandosi sul divano. - Si, ma mia madre è in Europa ed il mio patrigno me lo rigiro come mi pare. Pensa: gli ho appena fatto credere di avere un’influenza in corso, tale da non potermi muovere di casa neppure per andare a scuola! Sto diventando una brava attrice, e tutto solo per avere una giornata da trascorrere con te; quindi approfittane! - le disse Marissa spiritosa.
- Non ti sei ancora rotta di me? Ci siamo viste spesso questa settimana… - constatò impensierita Alex. - No! Perché? Tu di me? - rispose Marissa. - No! Che dici, figurati! E’ solo che… - parlò Alex interrompendosi per passarsi un braccio dietro al capo, per poi riprendere con voce più seria: - …Jodie è ancora qui… - - Ma non doveva tornare a Los Angeles? - le chiese Marissa infastidita dalla notizia. - Si, ha anche parecchio da fare, però… - rispose Alex, facendo ad un tratto ancora silenzio, per ponderare le sue parole, poi convintasi del fatto che fosse giusto sfogarsi con la sua amica le confessò: - …Ieri abbiamo litigato di brutto e così…- - E così avete passato tutta la notte a fare pace! - concluse ingelosita Marissa. - Chi diavolo bussa alla porta alle 9.00 di mattina - disse Alex distratta dal vigoroso colpo di nocche sulla sua porta d’ingresso. - Come balla per scaricarmi è pessima! - rispose ironica Marissa, credendo che Alex stesse inventando solo una scusa per interrompere la conversazione. Ma Alex le disse accomodante: - Non sarà che mi chiami da qui fuori per puro caso? Ti conosco, e sei sempre piena di sorprese… per questo te lo dico, perché ti giuro che sarebbe… - parlò alzandosi per andare ad aprire. - …Mostruoso! - concluse distruggendo il suo entusiasmo Alex, me momento in cui appurò che al di fuori della porta vi era Seth. - Che calorosa accoglienza! - commentò il ragazzo al termine “mostruoso”. -Seth… - disse Alex mettendo al corrente l’amica sull’identità dello scocciatore mattutino. - Seth? - chiese Marissa. -Ti richiamo io! - tagliò corto Alex chiudendo la conversazione.
- Ma dico: A scuola non ci va più nessuno? - si rivolse poi alterata a Seth - Scusa, non volevo svegliarti… - le disse Seth percependo uno scroscio d’acqua e chiedendole: - C’è l’acqua che scorre? - - Si.. - disse imbarazzata Alex, per poi aggiungere con ancora maggiore imbarazzo: - Jodie è sotto la doccia… - - Ah, certo! Jodie! E’ ancora qui da te? Magnifico! Davvero fantastico: almeno non la fate insieme la doccia! - parlò Seth geloso marcio. Alex sospirò spazientita poi gli disse: - Guarda che… - - No, guarda tu: devo sapere qual è il mio ruolo! - la interruppe arrabbiato Seth. - Seth… io te l’ho gia detto: non ho interesse ad una cosa seria! - concluse Alex prendendo il coraggio a due mani. - Con Jodie però, è seria eccome! Se si può dire… - incalzò Seth. - Si! E guarda però come è finita! - - Perché? Come è finita? - le parlò da dietro Jodie con aria interrogativa, che era nel frattempo era sopraggiunta, nonostante fosse appena uscita in asciugamano dal bagno. - Jodie! - esclamò Seth appena vide la mora. - Seth… - rispose infastidita Jodie. - E’ singolare che vi siate conosciuti così, però… non vi volevo presentare! Io me ne torno a letto! - esordì Alex per poi continuare voltata verso Seth: - Spiacente! - poi si girò verso Jodie e ripeté: - Spiacente! - dunque innervosita dalla situazione, fece per tornare in camera da letto, gettando il telefono sul divano, mentre Jodie e Seth si scrutavano minacciosi al di fuori della porta.

Erano le 11.30 ed il cellulare di Marissa squillò ripetutamente. La giovane in principio non lo sentì, dato che era occupata a parlare con Summer al telefono, ed Alex si preoccupò, arrivando ad ipotizzare che l’amica si fosse offesa per la brusca interruzione telefonica della mattina. Dopo molti tentativi, quando Alex stava per gettare la spugna, udì finalmente una voce dall’altro lato del telefono: - Pronto? - Alex riconobbe nitidamente la voce di Marissa e le disse: - Ciao! Scusa se non ti ho richiamato prima, ma ho perso molto tempo: innanzitutto mi sono riaddormentata a causa della stanchezza accumulata in questi giorni, e poi non è stata una mattinata facile per me! - le disse Alex tentando di giustificarsi della sua mancanza nei riguardi dell’amica. - Cominciavo a pensare che davvero ti fossi rotta di me! - ironizzò Marissa. - No, è solo che ho preferito aspettare che andasse via Jodie per richiamarti; sai, per non avere ulteriori rogne… - le spiegò Alex. - Capisco… - rispose Marissa tirando un sospiro di sollievo, per poi incalzare: - Così Jodie è andata via? - - Si, proprio 10 minuti fa… - parlò Alex guardando l’orologio, poi continuò: - Ha preso la sua auto e dopo avermi salutato con un bacio sulla guancia, ed avermi invitato a ripensarci, è sfrecciata via verso Los Angeles…- - E perché noto un pizzico di tristezza nella tua voce? - le chiese morbosamente curiosa Marissa. - No, è solo l’amarezza di non essere riuscita a far funzionare una storia nella quale ho creduto.. tutto qui! - rispose Alex demoralizzata, che prese a fare svogliatamente zapping, cambiando i canali della televisione alla quale aveva abbassato tutta la voce. - Aspetta allora che mi vesto e ci vediamo! - le propose Marissa. - Passi per di qua? Guarda però che verso le 16.00 devo andare a lavorare perciò se in programma di fermarti molto, non credo che potrò accontentarti…- le disse Alex spegnendo la televisione e gettando il telecomando sul divano, con il solito atteggiamento flemmatico che l’aveva contraddistinta anche poco prima. - No, non temere, arrivo subito! - le disse Marissa. - Ok allora, e ricordati di ricordarmi che volevo farti una proposta… - le disse Alex mantenendosi molto sul vago. - Di cosa si tratta? - le chiese Marissa. - Dai tiratardi, vediamoci al pontile e te la dico! - la canzonò Alex. - Ok a fra poco allora! - rispose Marissa, e riagganciò il telefono.
Alex era seduta su una delle tante panchine che costeggiavano il pontile, e si stava godendo la bella e tiepida giornata, quasi un preannuncio di primavera, in maniche di camicia. Solo di tanto in tanto, gettava qualche sguardo verso la sua destra e la sua sinistra, per vedere se riusciva a scorgere Marissa all’orizzonte. Il caldo, unito alla presenza mitigatrice del mare, ad un certo punto, la costrinsero a tirar su le maniche della sua attillata camicia bianca a quadretti azzurri; mentre a causa dell’intensa illuminazione solare, dovette abbassarsi sugli occhi, gli occhiali da sole che portava a mò di cerchietto sul capo. Qualche istante dopo, vide l’amica passeggiare tranquilla verso di lei con un jeans che le fasciava il corpo, un top azzurro con gli orli neri, ed in giubbetto blu, dello stesso colore delle scarpe.
Appena Marissa le fu vicino, le chiese: - Ciao, come stai? - - Bene grazie e tu? - rispose Alex alzandosi gli occhiali da sole per guardarla negli occhi. - Una favola ora che sono praticamente sola a casa mia! - sospirò Marissa sedendosi, poi aggiunse: - E tu? - Alex distolse lo sguardo da lei, fissò per qualche istante l’immensa distesa oceanica che si stagliava al di sotto di loro, poi parlò schiarendosi la voce: - Bene ora che mi sono tolta un peso dalla coscienza! - - Ti riferisci a Jodie? - parlò Marissa con ancora il tono morboso. - In parte, ma anche a Seth! - esplicò Alex. - Allora è così che hai trascorso la mattina: scaricandoti la coscienza? - la prese in giro Marissa. - Non è dipeso da me ma… si, proprio così! - disse Alex tornando a guardarla, per poi continuare: - Ma non mi va di parlare di loro ora! - Marissa capì che Alex aveva creato un off-limits all’argomento che invece a lei tanto interessava, ma rispettò la decisione dell’amica; quindi si limitò solo a chiederle: - Parlando d’altro: che proposta volevi farmi così top-secret da non potermela dire per telefono? - - Ti va di andare a trovare Helen e Victoria a Los Angeles? Gli facciamo una sorpresa! - esordì pacata Alex. - Ma tu non devi lavorare? - osservò Marissa. - Veramente avevo pensato di andarci da sola, quindi ho già chiesto un paio di giorni di permesso… poi ho pensato che a te avrebbe fatto piacere poter rivedere Victoria, dato che i campionati stanno andando talmente bene che forse si fermerà a Los Angeles fino alla loro chiusura… - si interruppe un attimo per sospirare e riprese: - Ovviamente sempre se non hai da fare con la scuola, e sempre ammesso che ti faccia piacere! - - E quando si partirebbe? - le chiese elettrizzata dall’idea Marissa. - Dopodomani, per il fine settimana… - ultimò Alex. Marissa rifletté qualche istante, vagliando a fondo la fattibilità della proposta, poi le rispose: - Sai una cosa? Conta pure sulla mia presenza! Ho proprio voglia di evadere per un po’ da Newport: qua è sempre tutto così monotono, così patetico come le persone che abitano ad O.C! - concluse esaltata Marissa. - Hai una strana considerazione del tuo luogo natio! - scherzò Alex, che si soffermò a sentir mugugnare il suo stomaco, e si ricordò che non aveva ancora pranzato. - E’ ora di pranzo, hai fame? - chiese dunque a Marissa. - Si, un po’… ti va di andare al Mc Donald? - le propose la giovane. - Ehm non amo tanto le porcherie che ti passa quel locale… ho un’idea migliore: che ne dici di un po’ di buona cucina messicana? Conosco un posticino per niente male…- propose a sua volta Alex. - Ok, per me va bene: basta che si mangi… che non si entri con i sombreri in testa e che non si ordinino fagioli alla messicana perché giuro che il mio povero stomaco implorerebbe pietà! - parlò scherzosa Marissa suscitando anche l’ilarità di Alex. - Dai vieni: è qui vicino, dobbiamo solo svoltare angolo. Oggi offro io! - concluse Alex alzandosi di scatto dalla panchina. - Hai qualcosa da farti perdonare? - scherzò ancora Marissa. - No credo… anzi si: solo una colazione ed una mattina di shopping andata buca! - si mantenne Alex sullo scherzoso. - E’ stata dura sopravvivere senza shopping, ma ti perdono lo stesso, anche se non mi offri il pranzo! - parlò Marissa esordendo con tono melodrammatico ed aggiustando poi con più serietà il tiro della conversazione. - So che è stata molto dura… Per te lo shopping è peggio di una droga! - la scimmiottò Alex, per poi riprendere: - Comunque ho voglia di portarti a mangiare da qualche parte! - -Ti ringrazio allora! - ultimò Marissa, e le due si avviarono verso il ristorante.
Un paio di ore dopo, Alex fu riaccompagnata a casa da Marissa, che si intrattenne ulteriormente in sua compagnia.
Alex si cambiò dunque gli abiti, prediligendo a quelli che aveva, altri molto più pratici, poiché di lì a poco sarebbe cominciato il suo turno di lavoro.
Marissa era invece comodamente seduta sul suo letto, con in mano una rivista di musica che sfogliava molto svogliatamente, distratta dall’idea fissa che le aveva tarlato il cervello per tutta la giornata: - “Come sarà andata a finire tra lei e Jodie? Ho qualche possibilità di darle ad intendere che mi trovo molto bene con lei, o sarò costretta a tacere e vedermela sfuggire per sempre?” - La giovane fissò Alex più volte con la coda dell’occhio, indecisa se chiederle o no quale fosse stato l’esito della vicenda, poi prendendo il coraggio a due mani esordì dicendole: - Posso chiederti una cosa? - - Dimmi pure! Anche se credo di sapere già dove vuoi andare a parare… - le disse seria Alex, mentre frugava nel cassetto per trovare una felpa nera con la zip, da abbinare ai suoi pantaloni verde militare. - E’ una domanda personale, per cui non ti biasimo se non vorrai rispondermi… - concluse Marissa abbassando lo sguardo imbarazzata. - No! Credo invece che sia corretto darti delle spiegazioni, visto che in parte ne sei coinvolta! - intuendo il desiderio smodato di Marissa di sapere a tutti i costi come stesse realmente la situazione. - Quindi tu e Seth siete…- parlò Marissa. - Amici! Spero… se capirà! - le spiegò dubbiosa Alex. Marissa risollevò lo sguardo e le chiese allora: - E tra te e Jodie c’è… - - Niente! E’ finita! Per sempre… - concluse concitata e gesticolante Alex, cercando di convincere della cosa più se Stessa che Marissa. - Ah, davvero? E lei che dice? Che ne pensa? - chiese Marissa cercando di nascondere il suo anomalo interesse dietro le sottili pagine del giornale che finse di leggere. Alex si sedette dinnanzi al suo portagioie e comincio a scavare in esso per prendere qualche ciondolo da indossare come abbellimento.- Mah… adesso mi strozzerebbe, però c’è sempre un bel feeling tra di noi quindi… - parlò Alex per poi interrompersi sconvolta quando realizzò che quel che cercava non c’era quindi posò i suoi gingilli in malomodo, di nuovo nel cofanetto esclamando: - Che bastarda! Mi ha rubato la catenina! - L’attenzione di Marissa si spostò immediatamente sull’amica, dunque le chiese: - Quale sarebbe? - Alex prese fiato e le raccontò: - L’anno scorso avevamo comprato due catenine uguali con un ciondolo fatto a cuore e… la mia è sparita: Ma come diavolo s’è permessa? - rimbrottò quindi innervosita Alex. - Come fai a sapere che è stata lei? - le chiese Marissa, incredula che un amore non corrisposto portasse perfino al trafugamento di alcuni oggetti dall’indubbio significato affettivo, ma senza necessariamente alcuna valenza simbolica. - Perché avrà pensat5o che la portavo perché sono ancora innamorata di lei: ma non è vero! E’ solo che mi piaceva: era carina! - disse Alex lamentandosi della perdita che aveva subito, mentre fissava assente il portagioie. Marissa la fissò ancora, con un misto di perplessità e piacere, poi le disse: - Allora andiamo a riprendercela! - disse alzandosi dal letto. - Vuoi andare a Los Angeles? Adesso? - le disse Alex strabuzzando gli occhi. Marissa la guardò, fece spallucce ed in seguito annuì col capo. - Ma attacco tra mezz’ora… - obiettò Alex. - Allora ci andremo domani! - concluse Marissa. Alex la fissò grata per il suo gesto d’amicizia ma parlò: - Io domani lavoro: è solo giovedì! Ed il mio permesso entra in vigore da venerdì mattina! - - Ma scusa: giorno più, giorno meno cosa cambia? E poi ci troviamo di strada per Los Angeles e ci avviamo un po’ prima da Helen e Victoria! Che dici? - rispose Marissa. - Ma tu salteresti ancora la scuola? - obiettò Alex. Perché no! Mia madre è in un centro benessere in Europa, ed il mio patrigno pensa esclusivamente a se stesso… Dai: non puoi lasciarle il tuo cuore! - Alex rifletté sulla sensatezza dell’obiezione di Marissa: - “Quel ciondolo ha per me solo un valore estetico: è ben lontano dell’esprimere l’impegno del mio cuore nei riguardi di una persona, tant’è che ora è a Los Angeles… ma io sento che il mio cuore, il mio amore, è qui di fronte a me…e che i battiti del mio cuore, battono all’unisono con quelli del cuore di Marissa…Eppure… Ma si! Andiamo pure a riprenderlo questo ciondolo: chi se ne frega, sarà l’occasione buona per riprendermi anche il resto delle mie cose da casa di Jodie, e per trascorrere un po’ di tempo in più con Marissa!” - La giovane però, la riportò alla realtà schiarendosi volutamente la voce in maniera rumorosa: era in evidente attesa di risposta, e Alex si voltò a guardarla intensamente; Marissa capì subito da quello sguardo, che l’amica stava accondiscendendo alla sua idea; poi la bionda le confermò: - Mi hai convinta e sia per domani! Passo a prenderti domattina a casa tua con la geep! - Marissa, presa dall’entusiasmo, le strinse la mano dicendole: - Wow non vedo l’ora! -

Il sole di una nuova e tiepida mattina di febbraio, si insinuò prepotente nella camera di Marissa, irradiandola completamente, attraverso la finestra che affacciava sul giardino di villa Nicol. La ragazza stava preparandosi per l’odierna gita fuori porta, con la sua amica: destinazione Los Angeles. Chiuse dunque il borsone che aveva riempito in precedenza, e si infilò una camicia al di sopra di una canotta lilla che a sua volta faceva pendant con la gonna a balze larghe che indossava. Mentre si truccava, ascoltava musica con il volume decisamente troppo alto, tanto da non percepire neanche l’arrivo del suo patrigno, che irrompendo nella stanza, fu costretto a moderare il volume dello stereo. Solo a quel punto Marissa si voltò e senza scomporsi minimamente chiese: - E tu che ci fai qui? - - Dove stai andando? - le chiese di rimando Caleb, con tono secco ed autoritario avendo assistito alle fase di preparazione della ragazza. - Ho forse perso il diritto di libera uscita? No, perché se è così, nessuno mi aveva avvertita! - rispose ironica Marissa, sottintendendo a Caleb che doveva stare al posto suo evitando di fare mille inutili domande. - Cosa ci fa questo borsone pieno di vestiti sul letto? - continuò insistente l’uomo sballottando in malomodo il borsone avanti e indietro. - Sta fermo col mio borsone mi fai rompere la trousse! Cosa posso fare secondo te, se ho preparato la valigia? Te lo dico io visto che non ci arrivi: sto fuori tre giorni a casa di amiche! - disse sgarbatamente Marissa, tornando a guardarsi nello specchio, per passarsi l’ombretto sulle palpebre. - E perché non me lo hai detto prima? - disse infastidito il padrone di casa. - Mi è sembrato di avertelo detto… Che strano, non è così? Ops…scusa: ora lo sai! - parlò con lo stesso tono beffardo di poco prima la ragazza. - E dove vai? - rispose spazientito del trattamento riservatogli Caleb. - A casa di amiche ti ho detto! - incalzò Marissa - Si ma dove! - insistette l’uomo con una punta di preoccupazione. - Per caso sei affetto da sordità incipiente? - si burlò di lui Marissa. La loro conversazione cominciò a degenerare in una discussione molto animata, finché la ragazza non tagliò corto, sentendo il clacson della jeep di Alex suonare prolungatamente, segno che la stava aspettando al di fuori dal cancello della villa di Caleb. - Ti vedi con quel maschiaccio della tua amica tatuata? - chiese intuendo Caleb, che associò il suono del clacson alla jeep, con la bionda ragazza che aveva spesso visto sostare sotto casa. - Chi frequento non mi pare sia un tuo problema! Comunque torno domenica sera! - lo liquidò Marissa, prendendo velocemente il borsone dal letto e infilando di corsa le scale per recarsi all’uscita. Caleb d’altronde, rimase spiazzato dalla spudoratezza della figliastra, quindi cercò di avere almeno l’ultima parola dicendole: - Tre giorni? Ma non ti sembra di abusare della fiducia accordatati? Tu devi andar a scuol… - ma non finì neppure di parlare che già Marissa si era dileguata alla chetichella, sbattendo forte l’uscio di casa.
Marissa attraversò a passo svelto e deciso il giardino della villa, mentre Caleb dalla finestra della sua stanza, la osservava inerme allontanarsi; la cosa non passò inosservata agli occhi dell’attenta e meticolosa Alex, che appena vide Marissa aprire la portiera della vettura e sedersi di fianco a lei, scaraventando la borsa sul sedile posteriore, le chiese perplessa: - Cosa succede? Ti marcano a vista adesso? - Marissa la fissò, sbalordita; rimase incredula del fatto che Alex avesse previsto il suo alterco con il patrigno; ma la bionda la smentì subito, indicandole con lo sguardo, la finestra della sua camera. Marissa si voltò e vide che Caleb la stava ancora osservando con aria truce dalla camera, poi voltò il viso verso Alex e disse: - Oh si, lascialo pure perdere! La sua immensa brama di potere, gli fa credere di poter controllare tutto e tutti nella sua vita, ma non ha capito che non è così… almeno per quanto mi riguarda! - - Forse saresti dovuta andare a scuola stamattina… - constatò pensierosa ed alquanto preoccupata Alex. - Non esiste al mondo! Io faccio quello che mi pare, quando mi pare e con chi mi pare! E non sarà certo un uomo dall’aria minacciosa affacciato alla finestra a fermarmi! - disse Marissa alterandosi leggermente per la situazione venutasi a creare. Alex sospirò dinnanzi a tanta testardaggine e poté solo concludere dicendo: - Ok, ok! Ma non ti innervosire adesso, stiamo andando a fare un week-end di relax, non un viaggio senza ritorno ad Auschwitz! Allaccia la cintura che si parte! - - Ausc… che? - disse Marissa preplessa. - Auschwitz! E’ il più tristemente famoso campo di sterminio tedesco della seconda guerra mondiale! Ma forse tu non lo puoi sapere perché non lo hai studiato! - le spiegò Alex alludendo al fatto che Marissa ultimamente marinava troppo spesso la scuola, perdendo talvolta delle lezioni fondamentali come quelle di storia. La bionda si beccò scherzosamente, un pugno sul bicipite da parte dell’amica, quindi le disse schiacciandole l’occhio: - Mi hai elevato a grado di tuo punch ball personale? - Le due risero di cuore, poi Alex mise in moto la jeep, accese lo stereo, e sfrecciarono insieme sulla statale diretta a Los Angeles.
Era verso le 12.00 in punto e le due si trovavano già sulla litoranea, a metà tragitto: Los Angeles si avvicinava sempre più. Il sole dell’ora di punta avvolgeva con i suoi caldi e luminosi raggi, i loro corpi, che data la meravigliosa giornata, erano leggermente scoperti: Alex infatti, nonostante fosse solo febbraio, aveva una t-shirt a mezze maniche che lasciava scoperto il suo tatuaggio a forma di farfalla sul braccio, abbinata ad un jeans; anche Marissa, d’altronde rimase in canottiera lilla. Lo stereo, costantemente acceso, ad un tratto cominciò a diffondere le note della canzone Suddenly I see di Kt Tunstall, così, prese dal ritmo frenetico ed incalzante di quella musica, Alex cominciò a picchiettare le mani sul volante battendo il tempo, mentre Marissa cominciò a canticchiare. - Noto con piacere che ti piace la musica di Kt Tunstall? - le disse interrompendo la sua performance Alex. - Si, è una delle mie cantanti preferite, anche se non l’ascolto spesso perché alcune sue canzoni mi mettono tristezza! - constatò Marissa. - Capisco… Non c’è cosa peggiore che ascoltare canzoni tristi quando hai l’umore sotto alle scarpe, rischi di deprimerti ancora di più! - concluse Alex. - Esatto! sai, che è irlandese come i Cranberries, chissà perché, ma ho un debole per le band irlandesi! - le confidò Marissa. - Certi ritmi, certe melodie ti entrano dentro e ti segnano profondamente, molto più velocemente e facilmente di altri… - rispose Alex. Le due finirono di ascoltare il brano in silenzio, e quando Alex tese un braccio per abbassare il volume, il tatuaggio con la farfalla balzò prepotentemente sotto lo sguardo di Marissa attirandone l’attenzione: - Ci conosciamo da un po’ ormai, eppure non mi hai mai parlato di questo… - constatò Marissa fissando la farfalla tatuata sul braccio di Alex, e nacque in lei un improvviso ed imperversante desiderio, quasi una smania, di voler toccare i contorni ed i lineamenti di quel disegno: così perfetto, così marcato, libero nello spazio e nel tempo, come la persona che lo sfoggiava, e la sua mente si perse in mille confuse congetture: delle mani che si stringevano tra loro, due corpi che si carezzavano dolcemente a vicenda, labbra calde e frementi che si sfioravano… Ed in fondo la paura: due occhi spaventati davanti ad uno specchio, che si interrogavano dubbiosi sulla moralità di un sentimento per la maggior parte della gente considerato vergognoso; un sentimento capace però, di smuovere in lei qualcosa di bellissimo e profondo, con la sola forza dello sguardo…
La bionda si voltò verso Marissa, appena in tempo per vedere il suo sguardo perso nel vuoto, ed intuì che la sua mente meditava qualcosa di molto profondo. - Ehi, che hai? Stai bene? - le chiese premurosa Alex, interrompendo delicatamente il corso dei suoi pensieri. Marissa trasalì, accorgendosi che Alex la fissava interrogativa, poi parlò: - Ne hai altri? - continuò chiedendo riferendosi ai tatuaggi. - Si, un tribale sul fondoschiena… - rispose Alex. - E cosa rappresenta? - incalzò curiosa Marissa. - Un sole che sorge! - le spiegò Alex. Marissa guardò per qualche istante il paesaggio, respirando la brezza marina a pieni polmoni, poi tornò a guardare nuovamente la farfalla, dunque chiese: - E questa? - si interruppe Marissa indicando il braccio dell’amica. - Che cosa vuol dire questa farfalla? - concluse la ragazza. Alex si guardò per un istante il tatuaggio e ricordandosi dell’occasione in cui l’aveva fatto, cominciò a raccontarle: - Mhm… Niente! Me la sono fatta che ero ubriaca! - Le due presero a sorridere di gusto, poi Marissa continuò: - Dai, scherzi? - - No! Te lo giuro! - le rispose Alex, che continuò con maggiore veemenza: - Mi ero appena emancipata dai miei genitori e la scritta mamma e papà cancellati da una grossa x costava troppo! - - Ti sei emancipata? Però… ma non lo fanno solo i piccoli divi? - constatò Marissa. - Si: io, Ilary Duff , Lil Bow Wow … - scherzò Alex. Marissa sorrise nuovamente, per poi chiederle con maggiore interesse: - Aspetta: ma come hai fatto? - - Ho presentato un’istanza e i miei hanno firmato senza batter ciglio: figurati avevano appena scoperto che mi ero messa con Jodie… Cinque minuti e arrivederci… ed ero libera… - spiegò Alex con una punta di malcelata tristezza causata dalla sua infausta situazione familiare. - Accidenti… vorrei farlo anche io… - parlò sognante Marissa. - Falli arrabbiare quanto basta! - le consigliò giocosa Alex. - Ci ho provato, non sai quanto… - rispose la ragazza. - Beh, allora direi che ti vogliono davvero bene… - ultimò Alex imbarazzata, con un pizzico di gelosia, perché nessun membro della sua famiglia era stato tanto premuroso da correggerla se stava sbagliando, o da tirarla fuori dai guai se ne era rimasta coinvolta, cosa che invece per un motivo od un altro non era capitata a Marissa, che aveva alle spalle una famiglia molto più forte e stabile. Marissa dal suo canto, si ravvide, pensando a quanto immensa fosse stata la sua fortuna rispetto alla povera Alex: era vero, i suoi genitori non poteva sopportarli, ma erano sempre stati presenti quando lei ne aveva avuto bisogno, cosa che non si poteva dire per i genitori di Alex che non l’avevano mai amata davvero. - Non ti mancano mai? - chiese poi timidamente Marissa schiarendosi la voce, quasi con la paura di risultare inopportuna. - Qualche volta… però ci sono gli amici che li rimpiazzano! - fu l’unica risposta di Alex, che cercò di concludere quella conversazione che altrimenti avrebbe acquisito toni troppo melensi. - Lo so! - le rispose Marissa sorridendole, e continuò: - Sappi comunque che io per te ci sarò sempre! - - Così come io per te! - incalzò Alex guardandola per un attimo negli occhi. - Ti ho mai detto che ti voglio bene? - le chiese Marissa ricambiando il suo sguardo. Alex fu estremamente felice di udire che la persona che sentiva di amare più di qualsiasi altra cosa al mondo, le stava dichiarando di provare affetto per lei, ma allo stesso tempo si eclissò preoccupata, riflettendo sul fatto che Marissa aveva parlato di affetto, non amore, e ciò le diede da pensare che probabilmente con lei non aveva altre chance, al di fuori dell’amicizia. Alex dunque le parlò: - No… veramente questa è la prima volta che lo fai, però… - si interruppe un attimo per riflettere tra se e se: - “ Però un ti voglio bene a questo punto della nostra amicizia, mi sta molto stretto… vorrei poterti dire che provo qualcosa di forte nei tuoi riguardi; vorrei poterti dire che forse è amore ma sono costretta a chiudermi dietro un muro di falsità ed ipocrisia, perché sono confusa e non riesco a capire cosa tu realmente ti aspetti da me; è tanta la paura di deluderti, di fraintendere il tuo comportamento, e devo dirti solo…” - prese dunque fiato, e senza staccare gli occhi dalla strada, per paura di essere letta dall’altra, nel più profondo dell’anima, disse con un nodo in gola: - … Anche io te ne voglio molto! - Alex deglutì faticosamente, cercando di mandare giù quel boccone troppo amaro da digerire; cercando di ricacciare dentro di se l’amore sentiva crescere giorno dopo giorno, nei riguardi di Marissa.
- La strada da fare è ancora tanta? - le domandò poi Marissa iniziando ad accusare la stanchezza del viaggio. - No, siamo quasi arrivate: basta svoltare in fondo a destra e imboccare una via periferica: la troveremo la casa di Jodie! - le rispose Alex. - Facciamo quel che dobbiamo, poi però solo ed esclusivamente vacanza per tre giorni! Ok? - parlò Marissa sorridendole. - Sei una scansafatiche nata! - parlò Alex ridendo a causa della smorfia grottesca di Marissa.
- Sta attenta: visto che da oggi sei diventata il mio punch ball personale avrei tutto il diritto di menarti! - concluse Marissa con tono finto arrabbiato pizzicandole l’avambraccio.

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