Nota
dell'autrice: A coloro che nei miei vari e frequenti
momenti di smarrimento mi hanno sempre riportata “a casa”.
Con affetto
GxP
CAPITOLO
I
- Credo che tra
poco inizierà a piovere, meglio trovare un riparo- disse Olimpia
arricciando il naso stuzzicato da una breve folata di vento freddo.
- Ma brava la mia barda, stai proprio imparando bene!- rispose Xena
mentre con lo sguardo scrutava già l’orizzonte per cercare
un riparo e con la mano destra stringeva la spalla della compagna
in segno di compiacenza.
- Certo però che un bagnetto non farebbe male, specialmente
a te!- constatò il bardo con fare disinvolto mentre i suoi
occhi fingevano di trovare scampo dall’acquazzone che il suo
naso pronosticava.
-Che intendi dire? Che io forse…?- sbottò Xena voltandosi
con sguardo stupito verso la compagna e chiudendole la spalla in una
morsa non più cosi compiacente come prima.
- No, no dico solo che la tua pelle...beh...ecco...è un po’
appiccicosa ecco…insomma, prima ti ho dato quel bacio sulla
guancia per ringraziarti della mela e…cara mia, c’è
di meglio!- disse con finta stizza la barda dai gusti difficili.
Xena arrestò il suo passo sicuro. Si voltò lentamente
con gli occhi sgranati, la bocca aperta in una smorfia di incredulità
e un bel insulto sulla punta della lingua.
-Dico sul serio, sai- continuò Olimpia dopo un momento di insicurezza
di fronte a quello sguardo in bilico tra il folle e l’omicida
- Emani strani odori e la tua pelle…- ma non riuscì a
concludere la frase perché la principessa guerriera, autocensurandosi,
rispose a tono alle illazioni sulle sue flatulenze - parli tu che
emani lo stesso odore della tinca al forno di stamani- non che fosse
una gran risposta, ma era comunque un ribattere deciso.
- Stai forse dicendo che puzzo di pesce?- chiese stupita la barda
puntandosi un dito al petto e inspirando a pieni polmoni con naso
inclinando un poco la testa verso la sua spalla sinistra.
- No! Dico che quell’oste era un ottimo cuoco!- controbatté
la guerriera sollevando con un dito il mento della compagna.
Ovviamente la piccola disputa era stata chiusa dal complimento velato
che Xena aveva rivolto all’amica, ma qualcosa andava ancora
chiarito infatti le due si guardarono con aria divertita, poi, scrutata
bene la zona circostante e appurato che non ci fosse nessuno, si annusarono
a vicenda.
- Eh si, meglio approfittare della pioggia!- sentenziò mestamente
Xena.
- Oh, non ci vorrà molto- annunciò la nuova meteorologa
Olimpia e difatti, pochi istanti dopo, un lampo squarciò il
cielo della cupa sera che le avvolgeva mentre l’aria frizzante
divenne più fredda e forte insinuandosi con violenza nelle
capigliature delle due eroine.
Con un cenno del capo entrambe decisero di affrettare il passo ma
proprio nella loro direzione, qualche metro più in là,
un fulmine cadde al suolo incendiando delle sterpaglie secche. La
luce delle fiamme, illuminò una grotta poco distante.
-Ma tu guarda! Giaciglio, fuoco e acqua per lavarsi! Puzzone ma fortunate!-esclamò
contenta Olimpia.
Appurato che la piccola insenatura fosse disabitata, domato abilmente
e poi circoscritto il fuoco con delle pietre, le due si accamparono.
-Giaciglio caldo caldo in arrivo!- urlò Olimpia mentre lanciava
una coperta pelosa all’amica, coperta che atterrò direttamente
su di una accucciata principessa guerriera ancora intenta sistemare
il fuoco.
-Certo che è proprio confortevole qui- continuò la bionda
- Se solo ci fosse qualcosa da mangiare…- suggerì.
-Eh no!- disse seccamente Xena mentre si rialzava.
-Non dirmi che un bel coniglietto al fuoco non starebbe comodo nel
tuo pancino- civettò la barda.
-Si magari posseduto dagli spiriti eh?- commentò sarcastica
Xena
-Xena, non deridermi ancora su quella faccenda, dai! Ancora me lo
sogno! Piuttosto vedi di uscire e racimolare qualcosa, dai!- piagnucolò
Olimpia.
-No!- ribattè Xena
-E daiiiiiiiiiii, suuuuuuuuuu- supplico in ginocchio la barda avvicinandosi
trottolando sulle ginocchia e stringendo le mani sotto al mento.
-Olimpia ti ho detto che non ci vado; nella sacca delle coperte ci
sono delle carote e credo dei fagioli o del farro, non ricordo, facci
una zuppa!-
-Ma che zuppa e zuppa…con i fagioli poi...mi vuoi uccidere?
E daiiii, prometto che poi ti faccio un bel massaggio alla schiena!-
Xena voltò rapidamente gli occhi in direzione dell’amica:
aveva deciso.
Olimpia era sola
nella grotta e si rivestiva dopo il breve bagno rimediato usando l’acqua
piovana.
Come le aveva detto prima Xena, i suoi sensi si erano sviluppati notevolmente
e nonostante lo scrosciare dell’acqua, il crepitio del fuoco,
il vento che muoveva le fronde degli alberi circostanti, qualche animale
che ancora cercava rifugio, e il suo naso raffreddato, sentiva nitidamente
dei passi nel fango. Si…ne era certa, lei li sentiva, lei ora
era come Xena, era una guerriera e si accorgeva del pericolo in ogni
circostanza, e lei sentiva quei passi; dovevano essere dei calzari…probabilmente
dalla suola bucata. Lo capiva dallo scoppiettio di qualche bolla.
Si… sentiva anche quelle perché quei passi le erano vicini
e continuavano a dirigersi verso di lei.
Afferrò i sais e si mise furtivamente in posizione d’attacco.
Eccoli, erano a pochissima distanza dall’ ingresso della grotta.
Doveva agire. Contrasse i muscoli per attaccare.
-Per gli dei, ma cosa fai?sono io!- disse una irriconoscibile Xena.
La principessa guerriera le si presentò davanti completamente
fradicia con alghe intrecciate ai capelli arruffati grondanti melma
marroncina-verdognola, le ginocchia gocciolanti e le caviglie infangate.
gli stivali in mano.
-Ti ho portato la cena- continuò Xena dalla voce stanca, sventolando
gli stivali in faccia all’amica che disgustata si ritraeva tre
passi indietro.
Xena poggiò i calzari a terra ed Olimpia ci sbirciò
dentro.
-Non vorrai mica farmi mangiare dei pesci che sono stati in un lago
con dentro quella robaccia che hai in testa e soprattutto dopo che
sono stati nei tuoi calzari!!-
-Se non vuoi morire di fame ti mangi questi cari pesciolini altrimenti
te ne esci e vai tu a cercare la cena, ma fa attenzione. Poco più
in là la vegetazione è fitta e nasconde fossi e…piccoli
stagni- disse la principessa mentre si guardava le caviglie ed iniziava
a levarsi qualche alga di dosso.
-E sia- sentenziò la barda -Tu ora lavati mentre io pulisco
il pesce- continuò.
-Bene- concluse Xena mentre già si dirigeva verso l’esterno
per lavarsi.
-Xena?- chiese Olimpia prima che fosse fuori -Non stai perdendo i
colpi vero? Insomma…era proprio impossibile non vedere quello
stagno oppure è l’età che avanza e quella che
sento non è puzza di pesce ma sei tu che ti stai deteriorando?
–
-Sei simpatica come una freccia nel…-
-Va bene, va bene, vai pure a lavarti, qui ci penso io-
Detto ciò raggiunse la bisaccia delle magie come la chiamava
Olimpia visto che Xena riusciva sempre a farci stare di tutto, e ne
estrasse una pentola.
-Come siamo profumate-
commentò Olimpia intenta a controllare la cottura del pesce.
-Merito di quella ampollina che ti ho preso dalla sacca poco fa, ha
proprio un buon odore-
Olimpia si girò di scatto verso l’amica che la stava
raggiungendo alle spalle asciugandosi i capelli come meglio poteva.
Olimpia la guardò in stato confusionale e chiese -Non l’ampolla
rosa vero?- Xena annui dandosi una bella strizzata ad una robusta
ciocca nera.
-Xena! Quella me l’ha regalata Venere e si usa a gocce!!- esclamò
allarmata la barda agitando il bastoncino con cui girava il pesce.
Xena porto immediatamente le mani sulle spalle dell’amica stringendole
fortemente e chiedendo con tono preoccupato -Non..,non ha effetti
collaterali vero? Non… non tornerò ad essere… la
dea dell’amore vero? Dimmi di no!-
-Niente di tutto ciò…forse ti riguarderai un po’
più le unghie, capelli e sicuramente…attirerai molte
persone - disse sorridendo l’amica, ma Xena non era convinta.
-Sono rovinata…se durante un combattimento mi metto a strillare
“ hei mi hai spezzato un unghia, ora te la farò pagare
con il mio cerchietto rotante” per gli dei non ci posso neanche
pensare…che imbarazzo, che figura!!- disse roteando gli occhi
in un vortice di auto commiserazione.
-Aah, Xena, ma che dici! Quella è più una frase che
direbbe Danae, Venere è più da “hei, mi hai spezzato
un unghia, brutto maschione sudato e muscoloso” e poi ti immagini
già il resto no?-
-Olimpia, ti prego cerca di non farmi star male…sono già
provata a sufficienza…se devo pensare a Venere in certe condizioni…oooooooh,
non mi ci fa pensare!-
-Ma è la cosa che sicuramente potrebbe accadere visto che quello
che ti sei spalmata in quantità titaniche è in realtà
un prodotto afrodisiaco!-
Xena, che fino a quel momento continuava a borbottare sotto voce gesticolando
come un mercante in piazza, arrestò ogni suo movimento. Osservò
la bionda che nel frattempo aveva assunto il colore di una pesca matura.
La sua testa cominciò a formulare mille ipotesi sul perché
l’amica potesse aver chiesto un prodotto simile; non capiva
e nel suo volto traspariva l’alone del dubbio. Olimpia si sentì
in dovere di chiarirsi.
-Xena…- disse arricciando il naso -mi capisci no?- chiese pizzicandone
nuovamente la punta. Fece l’occhiolino all’amica e non
poté contenere un sorriso carico di auto ironia.
Xena la guardò un’ attimo ancora nel dubbio poi i suoi
occhi si sgranarono e zoommarono sul gesto della compagna: aveva capito.
Cosi disse- Mi piaci anche se non sai proprio di rose sai?- e le accarezzò
il volto rispondendo all’occhiolino con un ammiccamento.
Olimpia, con tono un po’ deluso replicò -Tu la delicatezza
la usi solo nel torturare gli avversari vero?- e si mise a ridere
pensando all’amica durante un combattimento mentre chiede, in
modo garbato e femminile, delle informazioni.
Il suo sorriso, lentamente, assunse un’ espressione dolce. Gli
occhi si illuminarono tra le guance purpuree e le palpebre socchiuse.
Il naso si arricciò timido mentre le mani si protesero sicure…la
barda afferrò la mano della compagna che le massaggiava la
guancia sinistra e la baciò sul palmo inumidendolo… poi,
lente le labbra accarezzarono la pelle fin sulle punta delle dita…scivolarono
adagio sulle nocche e infine sul dorso sul quale si soffermò
imprigionando debolmente lembi di carne tra i denti…Senza fretta
condusse quella mano sulla propria pelle del volto, facendola scorrere
sul suo mento e raggiungendo l’altra guancia. Se la premette
contro e ne odorò il profumo di fragola e miele con cui era
fatto l’intruglio amoroso.
-Xena?-chiese a bassissima voce. La principessa le si avvicinò
e le poggiò la fronte sulla tempia destra -Dimmi- sussurrò
lievemente. Olimpia rispose con un filo di voce -Che ne faccio delle
interiora di pesce?- si voltò rapidamente, schioccò
un veloce bacio sulla fronte di una delusissima mora che replicò
-Ma Olimpia? Non si fa così!! Ho addosso un filtro d’amore,
sono sensibile il doppio ora!-
-Ben ti sta!- disse la bionda mentre si spostava da seduta con piccoli
sobbalzi -Così impari a darmi della tinca al forno! Insomma
potevi dirmi : mi piaci cosi come sei o mi piaci perché sei
tu…quello che hai detto tu corrisponde ad un “ mi piaci
anche se puzzi” e visto il tipo di filtro, beh, sembri una che
hai solo una cosa in testa-
-Ma tesoro, sei tu il bardo- disse Xena ridendo e avvinghiando l’amica
per il ventre prima che fosse troppo lontana; la strascinò
verso di se’ e la strinse chinandosi sul suo busto con la propria
testa.
-Xena, dai mi scompigli tutti i capelli!-protestò Olimpia tutta
rannicchiata sotto il mento dell’amica.
-Dove credi di andare? – disse ridendo Xena mentre con una mano
le solleticava i fianchi.
-Dai, Xena, per favore..uah aha auaha ah!!- Olimpia scoppiò
in una risata da solletico contagiosa che investì anche Xena,
autrice del misfatto. Da brava amazzone riuscì a liberare un
braccio e con la mano cercò di pizzicare il ventre della amica
per liberarsi dalla morsa di ferro. Dopo una quindicina di pizzichi,
Xena si decise ad allentare la presa ma non perché fosse infastidita
dalla difesa della compagna, bensì perché non aveva
più fiato a forza di ridere e si era messa a tossire per la
mancanza d’aria.
Olimpia, ridendo, si srotolò come una pergamena sulla coperta
che aveva steso prima. Respirava affannosamente e qualche volta le
scappava una piccola risata.
Xena, che intanto cercava di riprendere fiato, si voltò verso
il fuoco e controllò che il pesce fosse ancora commestibile.
Poi disse -Guarda cosa ti insegno: prendi le interiora cosi, poi isoli
il fegato e lo strizzi nella pentola finché hai forza. Bene.
vedi quel liquido?- Olimpia si alzò dal giaciglio riassettandosi
i capelli. Si inginocchiò accanto alla compagna ed osservò-
Xena cosa stai facendo?-disse indicando con un dito la pentola.
-Guarda, ora il liquido si scalda e farà delle bolle…Aspetta
ancora un po’- infilò un bastoncino nella pentola e questo
comincio a riempirsi di bollicine tutto intorno alla parte immersa.
-Bene, ora togliamo i 2 pescioni, incliniamo un po’ la pentola…ecco
qui. passami il resto delle frattaglie per favore. Brava…Ed
ecco qui, guarda come si cuociono velocemente!-
Olimpia guardò con espressione di sgomento l’amica, raccolse
fiato e le chiese – non sei di nuovo incinta vero? Cosa è
questa roba, come si mangia? Io pensavo di buttarle le interiora e
tu? Le spremi e le cuoci…bleah!-
- Senti non fare la bambina, è una cosa che ho appreso in uno
di miei viaggi quando, con mio fratello Linceo, riuscivamo a sfuggire
ai lavori alla locanda e ci ritiravamo a pescare. Una volta “fuggii”
da sola e conobbi un uomo, un vecchio con mille rughe al viso e la
forza di un fanciullo. Lo trovai che tentava di sollevare un enorme
pesce che non avevo mai visto prima. Mi chiese di aiutarlo, ed io
lo feci. In compenso mi ospitò per il pranzo e mi fece assistere
a questo trucchetto. Mi disse che lui, quel liquido, se lo beveva
alla mattina perché dava sollievo al corpo, mentre la sua cara
moglie, lo usava per cucinare. Mi ricordo ancora il gusto di quelle
frattaglie croccanti…mmm che bontà. Certo ora questo
è poco e non è lo stesso pesce, ma credo che otterremo
qualcosa di simile. Dai, dovrebbero essere pronte. Proviamo!-
- Per gli dei
Xena, che bontà, avevi ragione! Avevi proprio ragione!- esclamò
Olimpia mentre si ripuliva la bocca.
-Aaaaaaah, ci voleva proprio eh? Ora ci starebbe bene anche un bel
massaggio alla schiena… - rispose Xena stiracchiando le braccia
al cielo.
-Ho capito, è giusto. Pulisci qui che io intanto preparo tutto
per il tuo meritato massaggio alla schiena- disse Olimpia marcando
l’ultima parte della frase.
-Dovrei pulire dopo tutto quello che ho passato per trovare qualcosa
che riempisse quel pozzo che ti ostini a chiamare “stomachino
mio bello bu bu”?-
Olimpia si scostò una ciocca dalla fronte. Era già diretta
verso la bisaccia per prendere gli unguenti, ma si voltò per
osservare l’espressione di Xena che se ne stava seduta di spalle
con le gambe incrociate e la testa volta il più possibile per
guardarla. Con un cenno del capo ed una smorfia, che voleva essere
un sorriso, fece capire all’amica di spostarsi sul giaciglio
e che al resto ci avrebbe pensato lei. E cosi fu. Rassettò
la zona intorno al fuoco, si ripulì le mani e si avvicino alla
compagna.
Le si sedette accanto, la guardò con gli occhi piccoli di chi
è stanco ma resiste per dedizione e le disse -E adesso spogliati,
come sai fare tu. E non illuderti, io non ci casco più…
tu mi rimpiangerai…bella senz’anima!-
- Amore non stai esagerando? Ti ho solo fregato mezza fiala ma ho
ripagato con la cena, io non ci ricaverei una tragedia…-
- sono punti di vista- disse Olimpia mentre aiutava Xena a privarsi
del corpetto in pelle, e continuò – quella fiala ti rende
la pelle del corpo lucida-
-ora mi fai i complimenti Olimpia? Eeeeeh, lo dicevo io : prendi una
donna, trattala male…e vedrai che ti amerà. È
una teoria appena dimostrata!-
-Che teoria! E chi sarebbe lo studioso di questo teorema stupido?
Mah, dai ora stenditi che inizio a massaggiarti le spallone da scaricatore
di porto che ti ritrovi- ribatté la barda posizionandosi seduta
sulle gambe dell’amica, che nel frattempo, si era sdraiata sul
ventre.
Iniziò a massaggiarla facendo cadere lungo la colonna vertebrale
due gocce di unguento freddo.
Xena sibilò divertita.
-Dove stiamo andando Xena? Perché siamo finite in questo posto?-
- Uhm? Ah, siamo qui perché ho sentito dei tizi,all’ultima
taverna dove siamo state, che dicevano che qui c’era un mostro
terribile che faceva cose che neanche gli dei potevano creare-
-Stai scherzando vero? Cioè, noi siamo qui in una foresta dentro
una grotta profonda una scodella di zuppa con un mostro di indefinita
forza?-
-No, non scherzo e si siamo parte della zuppa, ma credo che il mostro
non sia poi quello che dicono. Nessuno l’ha visto e le cose
che si pensa abbia creato beh, più che mostruose avevano l’aria
di essere scherzi della natura. Diciamo che siamo qui per fare un’
ispezione-
-Per fare un’ispezione- ripeté la barda mentre si concentrava
sul collo dell’amica protendendosi verso di lei. continuò
con voce sensuale– vorrà dire che tu stai davanti, grande
e grossa come sei mi proteggerai da cavalli volanti o uccellini…Auch
Xena! Perché questo calcio?-
Xena aveva alzato una gamba colpendo col tallone il sedere dell’amica
-Cosi impari a darmi della scaricatrice di porto e a dirmi che sono
grande e grossa! Sono alta, e sta bene, ma sono ben proporzionata!-
-Ah, questo lo so bene- disse Olimpia ripiegandosi su di lei e baciandole
il retro del collo - Hai freddo Xena? Hai la pelle d’oca- disse
la barda con le labbra che sfioravano ancora la pelle della compagna
-O è il filtro d’amore che fa effetto?- sussurrò
mentre la punta del suo naso accarezzava la pelle all’ altezza
delle spalle.
Facendo perno con una mano, Xena si sollevò leggermente da
terra. Anche Olimpia ritornò alla posizione seduta; la principessa
guerriera voltò tutto corpo e si trovò distesa sulla
schiena nuda a contatto con la coperta di pelle riscaldata dal tepore
che si era creato in quella grotta.
Osservò l’amica. Come era bella. Con quegli occhi cerulei
che la guardavano colmi di amore, fratellanza, stima. Lei l’amava.
E tutto quell’ amore le scaldava l’anima. Che grande fortuna
averla accanto. Era la sua anima gemella.
-Ti amo Olimpia…- disse tremante con un filo di voce. -Sei l’unica
essenza di cui ho bisogno; sei il mio nutrimento, con i tuoi occhi
disseti il mio spirito, con la tua voce sfami il mio cuore. Tu, solo
tu…Sei la follia che mi anima. Sei il fuoco che circola nelle
mie vene. Sei il tremore della mia voce. Ti amo, ti amo…-
-Hei- bisbigliò Olimpia chinandosi su di lei -Sono io il bardo-
e detto ciò le chiuse il volto tra le mani e la baciò
castamente.
Il rumore della pioggia, per quanto forte, non sotterrava, in volume,
quello dei due respiri tesi che si cercavano.
Le due si guardarono. Gli occhi sprofondavano gli uni negli altri
cercando di cogliere l’anima dell’altra per poterla fondere
con la propria.
E quando l’ ebbero trovata, ci fu solo un fiato.
CAPITOLO
II
Un fascio di raggi
di sole penetrava tra le fronde degli alberi vicino alla piccola grotta;
il rumore delle foglie mosse dal vento ricordava il canto di Orfeo,
quando accompagnava con un fischio la melodia della sua cetra.
Una fresca aria, aromatizzata di pesco invadeva la piccola concavità
dove le due guerriere avevano trovato riparo la notte prima.
Le ceneri del fuoco, ormai spento, danzavano tra i sassi che le imprigionavano
in quel cerchio di solida roccia. Ma un pezzetto, uno proprio piccolo,
grazie alla complicità di un guizzo d’aria nella grotta,
riuscì ad evadere e volteggiò leggiadro per il piccolo
spazio finché il vento, ritratto il respiro, lo fece atterrare
delicatamente sulla guancia sinistra della giovane Olimpia, ancora
assopita tra le braccia di Xena.
L’amazzone sospirò attirando a se il curioso evasore
cenerino che si avvicinò troppo però alla narice della
donna, la quale, infastidita,starnutì destandosi dal sonno
tenero che Morfeo le aveva concesso.
Il piccolo pezzetto di cenere si ritrovò a piroettare nuovamente
col rischio di essere scoperto e distrutto. Ma così come il
vento l’aveva liberato, ancora una volta lo abbracciò
conducendolo fuori dalla grotta, dove una volta atterrato, iniziò
a roteare nell’erba iniziando una nuova avventura.
-Mmm, ma che? È già giorno inoltrato!- disse Olimpia
mentre si destava faticosamente. Con un occhio aperto cercava di intuire
quale momento della giornata fosse, ma le era impossibile capirlo
perché la luce era talmente raggiante tra la boscaglia da farle
perdere ogni cognizione.
Scrollò la testa ancora un po’ stordita. Che fosse stato
il pesce o peggio le frattaglie a farla svegliare cosi malamente?
Non lo sapeva, l’unica cosa che sapeva era che nelle vicinanze
c’era un mostro e se non aveva agito di notte, poteva anche
darsi che l’avrebbe fatto di giorno.
Si voltò verso l’amica e la trovo sprofondata in una
quiete insolita. Erano rari i casi in cui Olimpia si svegliava prima
di Xena, praticamente nulli. Eppure quella mattina qualcosa era cambiato
e Olimpia lo sentiva, anche nell’aria.
- Xena?- sussurrò -Xena, dai alzati. Ci siamo addormentate,
dovremmo spostarci per cercare informazioni, forza- Ma Xena continuava
a riposare con un placido sorriso in viso.
-Certo svegliarla proprio ora che è cosi tranquilla sarebbe
un vero peccato- pensò tra se la barda. Sapeva che a Xena piaceva
dormire e sapeva che spesso si negava questa piacevole esperienza
per adempiere ai suoi doveri di principessa guerriera -se per un giorno
si sveglia tardi, non cascherà di certo il cielo- pensò
ancora la bionda -e se mi rimetto a dormire pure io, non cambierà
molto se effettivamente dovesse cascare il cielo- e constata la veridicità
di questa palese verità, si riaccucciò nel suo cantuccio
preferito: tra le braccia di Xena.
Qualcosa però non le tornava, non riusciva a riprendere sonno,
cosa anomala per lei.
Si sentiva come osservata ma era anche certa che, eccetto lei e Xena,
nessun altro fosse li con loro. Qualche divinità di loro conoscenza
che non sapeva farsi i fatti suoi? No, non era quella la sensazione.
Era turbata. Risistemò la testa vicino al petto della compagna
e cercò di concentrarsi sul respiro di lei per poter conciliare
il sonno.
La regolarità di quel flusso d’aria tiepida era ipnotica
e trascinante. Ce la stava facendo, si stava addormentando nuovamente.
Socchiuse gli occhi, respirò profondamente l’ odore della
pelle dell’amica e…
TAP
Un rumore infastidì il suo orecchio destro, quello poggiato
più al suolo. Le pareva di aver sentito un suono simile ad
una mela caduta sul terreno. Ma non aveva visto alberi di mele la
sera prima.
TAP TAP
Ancora quel suono.
Olimpia si decise ad alzarsi dal letto con tutto il busto. Lo fece
con un movimento non troppo brusco ma sufficiente per far scivolare
la coperta con cui si era scaldata la notte prima.
Rimase nuda di fronte a qualcosa che non si aspettava di vedere: sul
lato dove giaceva Xena, un piccolo coniglietto paffuto bianco con
un orecchio nero ed uno a macchie leggermente piegato, la stava fissando.
Olimpia rimase stupita e impietrita. A sbloccarla fu una leggera folata
di vento che le fece rabbrividire la pelle.
In coniglio lo notò e, drizzate le orecchie, iniziò
a battere velocemente la zampa posteriore destra sul terreno.
-Ecco cosa avevo sentito. È solo un coniglietto! Per gli dei,
un coniglio!!- Olimpia entrò nel panico -Un coniglio…Perché
non scappa? Perché mi guarda...Per Giove pluvio!! Che vuole
da me?- iniziò a scrollare la spalla sinistra di Xena che ancora
dormiva -Xena, forza svegliati, dai, c’è un coniglio
qui!! Hai capito? Un coniglio!-
-Strizzagli il fegato e mangiamocelo a pranzo- farfugliò Xena
in un dormiveglia più dormi che veglia.
Olimpia si guardò attorno per cercare un modo di testare la
docilità della graziosa bestiola. Certi precedenti non si dimenticano.
Solo allora si accorse di essere a dorso nudo e con scatto repentino,
si portò la coperta fino alla gola.