DEDICA:
A tutte le mie amiche ed amici che mi hanno sorretto e sopportato.
A Giusy, Elisabetta, Tonia, Lorella, Floriana, Giuseppe e Gaetano:
grazie di cuore, vi voglio bene!
INTRO
Le pareti della
cella erano buie e fredde. La schiena premuta contro di esse, Kao
Sin sedeva in meditazione. Era in quella posizione da ore ma non riusciva
a trovare la pace necessaria. Temeva, ed in maniera profonda. Una
paura che non accennava ad abbandonarla. “Se lui s’impadronirà
delle Perle di Saggezza di mia madre, per il Celeste Impero sarà
la fine! Non posso permetterlo, ma cosa posso fare da qui? La mia
sola speranza è Mao Su.” La luna era alta quando sentì
dei rumori alla base della fortezza dove si trovava. Una piccola ragazza
osservava la sua finestra con i profondi occhi scuri pieni di speranza.
<<Kao Sin, siano ringraziati gli dei! Ho qui il libro, l’ho
salvato!>> e le mostrò il prezioso volume.
<<Sei una ragazza forte Mao Su, avevo molte speranze in te.
Io non posso nulla da qui e tu sei troppo giovane perché gestisca
quel tipo di potere. Ho un’ultima richiesta da farti: trova
Xena, in terra di Grecia. È la più grande delle amiche
di mia madre e sono sicura che ti seguirà>>
<<La troverò, dovessi giungere in capo al mondo e la
porterò qui a tutti i costi!>>. Kao Sin sorrise teneramente
e le ricordò:
<<Portale il libro, ne sarà ottima custode>>. La
ragazza annuì velocemente e si voltò verso un boschetto.
Pochi attimi e si era dissolta nella vegetazione. Kao Sin si voltò
e tornò alla sua meditazione, sperando nell’aiuto dello
spirito di Lao Ma. Pochi attimi dopo il battente della porta si spalancò.
Un soldato di bassa statura, robusto e dallo sguardo truce si avvicinò
alla donna.
<<Il mio signore le vuole parlare, ora!>> e fece un cenno
brusco del capo. Con fare accondiscendente, Kao Sin si sollevò
da terra e seguì l’uomo oltre la soglia della sua cella.
Dopo aver attraversato un lungo corridoio, salirono una ripida rampa
di scale fino ad una zona lussuosa della fortezza. Il soldato la fece
entrare in una grande stanza e le richiuse la porta alle spalle, lasciandola
apparentemente sola. La sala era quella usata per le udienze e sulla
parente in fondo si vedeva il seggio principale occupato da un uomo
che Kao Sin non riconobbe in quel momento. Alle sue spalle troneggiava
un gigantesco arazzo che rappresentava un dragone verde dall’aria
minacciosa. L’uomo le fece segno di avvicinarsi. Passo dopo
passo il viso di lui si faceva più nitido e quando poté
vederne gli occhi, il cuore le si fermò nel petto. “No!
Non può essere possibile! Non posso crederci”.
<<Cosa c’è, donna? Ti ricordo qualcuno?>>
e rise, di una risata gelida e tenebrosa. Kao Sin non ebbe più
dubbi ed il suo cuore cadde nello sconforto e nella paura.
<<Non puoi essere tu! Lui è morto da anni, non puoi essere
tu!>>. Egli sorrise compiaciuto ma il suo aveva più l’aspetto
di un ghigno.
<<Non te l’aspettavi, vero? Il terribile e spietato predone
che aveva condotto la sua armata contro il Celeste Impero non è
altri che il suo erede legittimo. Mio padre mi tenne nascosto per
evitare che i suoi nemici mi usassero come bersaglio. Crebbi nelle
Terre Selvagge con un suo fedele servitore che quando seppe della
sua morte mi adottò. Divenuto uomo imparai ad odiare questa
terra e tutti coloro che la governano. Ti ho risparmiata solo perché
so che tu possiedi il potere di Lao Ma e quel potere deve essere mio!>>.
Nuovamente la sua risata glaciale riempì la sala.
CAPITOLO
I
<<Ahia!
Ma vuoi fare attenzione?>> sbottò Olimpia.
<<Non è colpa mia se ti fai ferire da un guerriero da
quattro soldi e poi hai bisogno di essere medicata!>> le disse
di rimando Xena. L’espressione imbronciata del bardo non resse
due secondi di fronte alla dolcezza dello sguardo preoccupato della
guerriera.
Xena: <<Ok, è colpa mia: non avrei dovuto lasciarti sola
ancora addormentata questa mattina>> si scusò. La mano
di Olimpia le sfiorò delicatamente la gota, provocandole un
brivido lungo la schiena.
Olimpia: <<Non è colpa tua,>> la voce del bardo
era dolcissima <<mi sono lasciata prendere alla sprovvista e
poi il taglio non è così profondo!>>.
“Per gli dei, ha un sorriso meraviglioso! Mi sembra di toccare
il cielo all’idea che quel sorriso è per me!”.
Xena le rivolse un timido sorriso e terminò la fasciatura sull’avambraccio
della compagna.
Era una giornata soleggiata, nonostante fosse autunno inoltrato, ed
il cielo era sgombro dalle nuvole.
Xena: <<Olimpia, qui vicino ho visto degli alberi di frutta
e ne vado a cogliere un po’. Aspettami qui, torno subito.>>
Olimpia: <<Come vuoi, ti aspetterò buona buona comodamente
distesa su quest’erba morbida!>>.
La guerriera le sorrise e si allontanò. Il tempo passava e
lei attendeva. Poi si soffermò a guardare il cielo e si sentì
invasa dall’ispirazione. Olimpia sospirò. Cercava di
delineare alcuni versi quando le balenò alla mente un frammento
di una poesia di Saffo. Subito recitò ad alta voce:
<<Ora là fra le donne di Lidia
spicca. Così la luna,
caduto il sole, rosea
sbianca le stelle, inonda, alta, di lume
la marina salmastra,
la fiorita campagna:…>>
Un’altra voce a lei nota l’anticipò:
<<In un manto lucente di rugiada, rigoglio
di rose, teneri caprifogli, fiori
di meliloto.>>
Olimpia rimase sbalordita e fissò Xena con gli occhi sbarrati.
La guerriera con aria indifferente posò la frutta che aveva
raccolto e le si sedette accanto. Olimpia: <<Non ci posso credere!
Come facevi a conoscere quel brano di Saffo?>>. La guerriera
la guardò dolcemente e le rispose:
Xena: <<Lo conosco perché, grazie a te, ammiro molto
il modo in cui si esprime, tutto qui. E poi non credere che sia completamente
insensibile!>>le sorrise e l’abbracciò.
Improvvisamente Xena s’irrigidì, lasciando Olimpia sorpresa.
Pochi secondi dopo uscì dalla boscaglia una donna dall’aspetto
orientale. Aveva il viso segnato dalla sofferenza ma appena vide Xena,
i suoi occhi s’illuminarono di gioia.
Si avvicinò alla Principessa Guerriera e le disse:<<Sei
Xena, vero?>> la guerriera annuì con il capo
<<Mi manda Kao Sin dal Celeste Impero: la sua vita è
in pericolo!>>. Xena impallidì e sgranò gli occhi.
<<Com’è possibile? Chi può volere la sua
morte?>> la precedette Olimpia.
<<Nessuno sa chi sia, l’unica cosa certa è che
si tratta di un predone delle Terre Selvagge che è disceso
dal nord per impadronirsi del nostro Impero. Ti supplico, Xena, aiutami
in nome dell’amicizia che ti legava a Lao Ma!>>. Un lampo
d’ira attraversò gli occhi della guerriera.
Xena: <<Domattina partiremo. Sono proprio curiosa di conoscere
questo predone.>>.
Mao Su iniziò a trafficare con i lacci della sacca che aveva
con sé. Ne tirò fuori il libro di Lao Ma e lo porse
a Xena.
<<Prendi questo libro, Kao Sin mi ha detto di consegnarlo nelle
tue mani.>>. Xena accettò il libro e, quando lo ebbe
tra le mani, percorse con le dita lungo la rilegatura i segni incisivi.
Le balenarono alla mente i ricordi del suo periodo nel Celeste Impero,
sotto l’ala protettrice di Lao Ma, poi il volto di Ming Tien
ed infine quello di Kao Sin. Erano passati molti anni da quando l’aveva
vista l’ultima volta. Anche se avrebbe preferito rivederla i
una situazione più lieta, non in bilico sulla lama di un rasoio
tra la vita e la morte. Era però altrettanto certa che neanche
tutti gli dei che ancora vivevano sull’Olimpo l’avrebbero
fermata.
Il cielo
volgeva all’imbrunire quando Xena iniziò a preparare
i giacigli. <<Domattina dovremo svegliarci molto presto.>>
si giustificò sintetica. Durante tutto il pomeriggio non aveva
proferito parola e più volte si era seduta in disparte, lontana
anche da Olimpia.
Il bardo osservava con apprensione lo stato della sua donna, notando
il suo turbamento. Ma preferì rimanere in silenzio: “Quando
Xena si chiude a riccio, è meglio lasciare che sia lei a decidere
di aprirsi.” aveva pensato la giovane.
Mao Su assisteva impotente alla situazione e, per quanto desiderasse
parlare di persona con Xena, si limitò a raccontare ad Olimpia
quello che stava accadendo nel suo paese a causa di quest’orda
barbarica.
A notte inoltrata,
quando ormai sia Mao Su che Olimpia erano addormentate, Xena si alzò
dal giaciglio e si avvicinò al fuoco ancora scoppiettante.
Osservò la sua armatura poggiata a terra e poi i biondi capelli
di Olimpia. Uno sguardo carico di tenerezza si fece largo negl’occhi
della guerriera.
“Come posso chiederle questo? Ha già perso una volta
la vita per me e questa storia non mi piace. Questa volta però
non penso ci saranno mele a salvarla. Non so…forse le chiederò
di rimanere a Mitilene, nella dimora che appartenne a Saffo. Lì
si troverebbe bene, anche se dubito che acc…”
<<Cos’hai, Xena?>> la voce di Olimpia irruppe nei
suoi pensieri.
<<Niente, non ho niente. Non preoccuparti.>>
<<Come fai a dirmi di non preoccuparmi? Per tutto il pomeriggio
non hai proferito parola ed ora, nel pieno della notte, ti alzi per
fissare il fuoco. Sono segnali che mi preoccupano e molto.>>
La dolcezza dello sguardo di Olimpia mosse Xena a dirle la verità.
<<Ho paura per te, Olimpia. Temo che possa accaderti qualcosa
di brutto, come in Scandinavia o in Egitto o dovunque ti abbia trascinata.
Per una volta devo ammettere che sono terrorizzata all’idea
di perderti ancora. Solo adesso posso capire che cosa hai provato
dopo la mia…>>. Olimpia le mise l’indice sulle labbra
fermandola.
<<Xena, non una parola di più. Non devi assolutamente
avere questo tipo di timori. So badare a me stessa e non potrà
accadermi nulla se sarai sempre al mio fianco.>> e le carezzò
una gota.
<<Sappi che nulla mi impedirà di seguirti, nulla.>>
<<Lo so, Olimpia, lo so. >>.
Qualche ora prima
che il sole sorgesse, Xena si destò e vide che Olimpia non
si era mossa dalla posizione in cui si era addormentata: la guerriera
si alzò cercando di non svegliarla. Rivestitasi della sua armatura,
si affrettò a raccattare le loro cose ed a rimetterle nelle
bisacce. Sellò Argo e la lasciò libera per un po’.
Non appena il sole fece capolino all’orizzonte, Xena andò
a svegliare Olimpia.
<<Forza, dormigliona, è l’alba. Dobbiamo partire!>>.
Il bardo si voltò lentamente, gli occhi semichiusi, le rispose:
<<Perché dobbiamo partire sempre all’alba? Non
si può verso il meriggio?>>. Si mise seduta e si stiracchiò
le membra ancora addormentate e si voltò verso Mao Su.
<<Mao Su, alzati. È ora di mettersi in viaggio!>>.
Non appena ebbe finito di parlare, la ragazza balzò in piedi
e ad una velocità impressionante piegò tutte le sue
coperte e le consegnò a Xena.
<<Spero solo di non aver perso troppo tempo. Avrei voluto parlarti
ieri ma non mi è stato possibile, desidererei rimediare durante
il viaggio!>>.
Xena fu felice delle parole della giovane e, prese le coperte, le
ripose con le sue nella bisaccia.
<<Il viaggio sarà lungo e ne avremo di tempo per parlare,
>> e lanciò un’occhiata ironica in direzione di
Olimpia. Il bardo non potè che assumere un’espressione
indifferente. La guerriera sorrise. Con un fischio acuto richiamò
Argo e, presse le briglie nella mano sinistra, iniziò a camminare.
<<Ci vorranno forse dieci giorni di viaggio. Dovremmo raggiungere
un porto domattina se camminiamo con un’andatura sostenuta e
con poche soste. Da lì c’imbarcheremo e sbarcheremo in
Cina.>> Mao Su annuì con il capo ed Olimpia scosse un
po’ la testa. “Come fa a ricordare tutto così non
lo capirò mai. Il bello è che non sbaglia mai, neanche
di mezza giornata.” Pensò il bardo e lanciò un’occhiata
verso Xena.
Il viaggio fu tranquillo e le tre donne parlarono della situazione
in cui si trovava il Celeste Impero. Xena fu disgustata da come questo
predone era riuscito a portare le cose in uno stato di desolazione.
Il lei crebbe una rabbia feroce che aumentò la sua volontà
di fargli pagare tutto il male che stava facendo a quella povera gente.
La sera si accamparono in una radura dove scorreva un torrente. La
mattina dopo giunsero al porto.
CAPITOLO
II
La marina salmastra
si stendeva placida e sfavillante. Era una giornata senza nubi ed
anche il mare era limpido e cristallino. Xena, Olimpia e Mao Su giunsero
al porto poche ore dopo l’alba. L’attività era
già nel pieno della sua rapidità. Un andirivieni di
gente affollava la zona e riempiva le botteghe. Lo scalpiccio di tanti
passi e l’infrangersi delle onde della banchina creavano un’atmosfera
dinamica e rilassante. Xena si mise alla testa e condusse il terzetto
vicino le banchine, dove erano ancore ancorate le navi.
<<Ehi, tu. Sai se qualche nave parte oggi per il Celeste Impero?>>
Un uomo alto e dal corpo ancora snello si voltò. I capelli
bianchi incorniciavano un volto bruciato dalla salsedine.
<<La mia galea salpa fra qualche ora. Sei sola?>> la sua
voce era profonda.
Xena: <<Siamo in tre, quattro con il cavallo. Quanto mi costerà?>>
Il capitano sorrise compiaciuto.
<<Vedo che non perdi tempo e che non mi hai riconosciuto, vero?
Anch’io avrei dubitato che fossi veramente tu se non avessi
visto anche Olimpia…ed Argo, naturalmente!>>
Xena aggrottò le sopracciglia cercando di capire che fosse
quell’uomo ma proprio non riusciva a ricordarlo. Olimpia era
stupita quanto lei.
Un flash back attraversò la memoria della Principessa Guerriera:
due figure che lanciavano dei giavellotti contro una robusta parete
in pietra.
Xena: <<Polissene! Non mi sarei mai aspettata di rivederti!
Quanto tempo è passato!>>.
Il sorriso dell’uomo le fece capire di aver fatto centro, nel
caso che ne fosse stato bisogno.
<<È quello che stavo per dirti anch’io! Per me
gli anni sono passati ma tu sei ancora come ti ricordavo…bellissima
come sempre>> pronunciò queste ultime parole a bassa
voce, quasi imbarazzato.
Xena gli sorrise amichevolmente, dopo aver colto lo sguardo che Olimpia
aveva rivolto al suo vecchio amico.
<<Non posso dire lo stesso di te, Olimpia. Sei così diversa,
sembri…cresciuta. Devo dire che se un uomo dovesse giudicare
quale fra voi due è la più bella, sarebbe nei guai più
di Paride!>>.
Le gote di Olimpia si tinsero di un rossore delicato che inutilmente
il bardo cercava di nascondere con un sorriso deliziato.
<<Allora, Xena, non mi presenti la fanciulla bruna?>>
<<Lei è Mao Su, un’emissaria del Celeste Impero.
Mao Su, lui è Polissene un mio vecchio amico>>.
Con galanteria, l’uomo sfiorò delicatamente con le labbra
la mano della ragazza che arrossì lievemente, non essendo abituata
a simili gentilezze.
<<Mie care, siete le benvenute sulla mia galea: l’Amazzone.
Vediamo un po’…Argo potrebbe alloggiare nella stiva, ci
sono delle belle stalle, un po’ piccole, ma ben tenute. Per
lei ci sarà del fieno fresco!>> il nitrito d’assenso
dell’animale fece sorridere tutti e quattro.
<<Mentre per voi, mie care ospiti ci sono delle cabine disponibili
sottocoperta. Non sono molto luminose ma sono provviste di candele
e lampade ad olio a sufficienza. C’è solo un piccolo
inconveniente: ce ne sono solo due libere. Due di voi dovranno condividere
la stessa cabina>>
<<Va benissimo così, non è affatto un problema
>> concluse la Principessa Guerriera.
L’uomo annuì compiaciuto e con un inchino fece cenno
alle tre donne di salire a bordo e le seguì. Chiamò
un mozzo e gli affidò Argo II, raccomandandolo di trattarla
con il massimo rispetto e la più minuziosa cura. Dopodiché
accompagnò Xena, Olimpia e Mao Su nei loro alloggi.
<<È davvero una bella galea, complimenti Polissene!>>
fu il commento di Olimpia quando varcò la soglia della sua
cabina.
La stanza non era molto grande ma ospitava comodamente un ampio letto
ed uno scrittoio con sgabello, tutti tenuti fermi con pesanti perni.
<<Ti ringrazio molto. Se ti va posso aiutarti al timone ed alle
vele, ne sarei molto felice!>> disse Xena.
<<Non dirlo neanche per scherzo. Siete mie ospiti e come tali
dovete comportarvi. E poi il mio è un equipaggio qualificato,
non sono i soliti marinai. Bene, devo tornare al mio lavoro, tra non
molto salpiamo. Vi aspetto nella mia cabina per il pranzo.>>.
Così dicendo l’uomo si voltò e fece ritorno in
coperta.
Le due stanze erano adiacenti e quando Mao Su fu andata via, Olimpia
si gettò comodamente sul letto.
<<È morbidissimo! Non mi sdraiavo su un letto così
da un bel po’ di tempo! Vieni a provarlo, Xena!>>
La Principessa Guerriera non si voltò neppure e continuò
a fissare un punto indefinito oltre un oblò.
<<Ehi, Xena, mi stai ascoltando? Posso avere l’onore di
avere l’attenzione della grande Principessa Guerriera o devo
compilare una richiesta scritta?>> le disse Olimpia, accentando
particolarmente la parola “grande”.
Xena si voltò sorridente e si sedette affianco al bardo, che
ne frattempo aveva assunto una posizione seduta.
<<Hai ragione, è molto comodo. Comunque ti stavo ascoltando,
ero solo troppo assorta nei miei pensieri per risponderti, non prendertela.>>
le disse di rimando con semplicità Xena. Olimpia si limitò
a scuotere la testa ed a gesticolare con la mano con fare vanitoso,
facendo scoppiare a ridere la guerriera.
Questa però dovette interrompersi quando le arrivò una
cucinata in pieno viso dal bardo, accompagnata da un’espressione
che voleva dirle “Così impari a non ascoltarmi”.
Dopo pochi secondi si scatenò una furiosa battaglia a suon
di cuscini e solletico.
Era passata quasi un’ora quando entrambe le donne decisero di
stipulare una tregua. Erano sdraiate sul letto ai due lati, Xena aveva
i capelli in uno stato pietoso mentre Olimpia aveva perso un bracciale.
Entrambe avevano le gote dolenti per il troppo ridere.
<<Adesso mi aiuti a trovare il mio bracciale>> esordì
Olimpia
<<Solo se mi darai una mano a rimettere a posto i miei capelli!>>
le rispose Xena. Olimpia annuì e le due iniziarono a cercare
il bracciale del bardo.
Lo trovarono sotto lo scrittoio nell’angolo più buio.
Poi le due cercarono di mettere ordine sulla testa di Xena con delle
spazzole che Olimpia portava con sé nonostante il suo taglio
non richiedesse una cura particolarmente attenta.
<<Ok, Xena, preparati a soffrire in modo atroce. Sai cosa mi
è venuto in mente, vedendoti? I pidocchi che hai preso quella
volta che Corilo ci aveva presentate in un villaggio come impavide
eroine!>> e cominciò a spazzolarle i capelli da dietro.
<<Non me lo ricordare neppure, al solo pensiero inizio a sentire
prurito!>> le rispose la guerriera che cercava di aiutare Olimpia
distendendo con le mani le ciocche più scapigliate.
Il resto del
giorno trascorse tranquillamente e le donne ebbero la possibilità
di visitare la nave che ormai era in mare aperto.
Lentamente, il
sole raggiunse lo zenit, illuminando d’oro tutta la prua. Xena
osservava il mare infrangersi al passaggio della carena della nave.
Mille spruzzi di cristallo si sollevavano ed imbiancavano l’azzurro
dell’acqua, simili alle nuvole in cielo. Il vento soffiava leggermente,
gonfiando le ampie vele triangolari e scostando appena la frangia
dalla fronte della guerriera.
“Mi chiedo chi possa essere così crudele da invadere
il Celeste impero e volere la morte di Kao Sin. Possibile che una
ragazza possa essere così importante in un impero così
vasto? Non so più a cosa pensare!”
<<Xena, a cosa stai pensando?>> la interruppe.
<<Niente di particolare, cercavo di capire cosa può aver
sconvolto il regno di Lao Ma>>
Olimpia fece spallucce e si volse a guardare anche lei il mare.
Olimpia: <<Sai, vorrei chiederti una cosa>> il silenzio
della Principessa Guerriera le fece capire che la stava ascoltando.
Olimpia: <<Quando saremo nel Celeste Impero vorrei che m’iniziassi
ai poteri delle Perle di Saggezza.>> aveva parlato tutto d’un
fiato ed il suo respiro era appena affannoso.
Xena: <<Non è facile gestire tale potere, altrettanto
difficile è non esserne corrotti. Ma sono sicura che il tuo
animo puro non verrà intaccato dalla bramosia>> abbassò
lo sguardo in un moto d’involontaria vergogna <<Se sei
veramente sicura, sarò la tua guida>>
Olimpia sorrise felice.
di
Nihal