PROLOGO
La
taverna era immersa nella penombra: solo il fuoco di un camino gettava
sulle pareti dell'unica stanza bagliori rossastri e provvedeva a riscaldare
l'ambiente. Accanto al focolare, accoccolata su una seggiola, Olimpia
si accingeva a terminare il proprio racconto. Tutto intorno a lei,
gli avventori ascoltavano assorti, protesi in avanti, in religioso
silenzio. Qualcuno, già crollato sotto gli effetti dell'alcool,
s'era addormentato appoggiando la testa al tavolo ed emettendo a tratti,
come rinvenendo, un suono basso e gutturale, per riprendere poi a
dormire beatamente.
Olimpia non sembrava accorgersene affatto: il resto del pubblico si
mostrava attento, dietro il bancone anche il gestore aveva terminato
di trafficare con le stoviglie e l'ascoltava rapito, segno certo che
il racconto aveva fatto presa e che la camera, anche stavolta, sarebbe
stata "pagata" dall'esibizione.
Scorrendo lo sguardo tra il suo pubblico, mentre teneva in sospeso
il racconto con una pausa ad effetto, Olimpia individuò l'unico
viso capace di attrarre la sua attenzione anche in mezzo ad una battaglia.
La ragazza sorrise ai due occhi azzurri che non si spostavano da lei
e, dopo che un fugace brivido le fu corso per la schiena, riprese
la narrazione, ormai giunta al suo termine.
-
E così, l'Oro del Reno fu restituito alle legittime
proprietarie, con loro immenso stupore. L'amore aveva trionfato sopra
tutto ciò che aveva tentato di soffocarlo, riconquistando di
diritto il proprio posto nel cuore di uomini e dei
L'amore non
è una magia: noi lo creiamo, noi lo nutriamo
L'amore
è parte di noi. - .
Terminata la frase, Olimpia abbassò lo sguardo, aspettando
la reazione del pubblico, che non si fece attendere: l'applauso scoppiò
fragoroso, alcuni avventori si alzarono per congratularsi di persona
col bardo. Il gestore della taverna si avvicinò alla ragazza
tendendole la mano.
- Mia cara, ne avessimo sempre di spettacoli così! Ho esaurito
le scorte di vino da quanta gente c'è stata! - il viso bonario
dell'uomo si fece ancora più compiacente, - Considerate pagata
per tre giorni la camera che avete richiesto, compresi bagno caldo
e pasti completi: stasera ho fatto affari d'oro, grazie a voi
-.
Così dicendo le strinse forte la mano e, sorridendo soddisfatto,
s'avviò verso il bancone, sparendo tra gli avventori.
Olimpia, allontanandosi dal camino, s'avvicinò all'angolo più
buio della stanza dove, seduta a ridosso del muro, poteva intravedere
Xena.
- Bene, - disse la ragazza allegramente, - anche stasera il tuo bardo
preferito ha guadagnato un letto morbido, un bagno caldo e, soprattutto,
un pasto completo! -. Come ad enfatizzare le ultime parole, lo stomaco
di Olimpia brontolò rumorosamente: la ragazza sorrise un po'
imbarazzata, passandosi una mano sul ventre. - Sarebbe anche ora di
mettere qualcosa sotto i denti: sto letteralmente morendo di fame!
E tu non vuoi che la tua migliore amica muoia di fame, vero? Vero?
-.
Xena s'era tenuta in silenzio, lo sguardo penetrante fisso in quello
della compagna, le gambe accavallate e le mani intrecciate dietro
la nuca. L'unica cosa che di lei s'era mossa era stato un sopracciglio,
improvvisamente inarcatosi di fronte alla rumorosa "dichiarazione
d'appetito" del bardo.
Visto che la situazione non pareva sbloccarsi, Olimpia si sentì
in dovere di proseguire. Il silenzio di Xena aveva la capacità
di mandarla letteralmente in confusione, a volte
- Ah, ehm, sì
La cosa più importante, e interessante,
sta nel fatto che tutte queste meraviglie il tuo bardo le ha guadagnate
garantite per tre giorni: parola di gestore! -. Parlando, la ragazza
si era avvicinata alla guerriera, allungando una mano sul tavolo di
legno grezzo.
Xena, senza interrompere il contatto visivo, sciolse le mani da dietro
la testa e, con una, coprì quella della donna.
- Non avevo dubbi, Olimpia. - disse, mentre picchiettava dolcemente
sul dorso della mano della ragazza, - Il tuo racconto è stato
travolgente
-.
La poetessa, dapprima, fissò basita la guerriera di fronte
a lei: incredibile! Xena s'era sciolta in un commento! Poi, sorrise
soddisfatta alla compagna, certa che non avrebbe ricevuto altri complimenti
da lei: Xena era sempre stata di poche parole. "Poche ma buone
"
disse tra sé Olimpia. Invece, con grande sorpresa della ragazza,
Xena riprese a parlare.
- Non si poteva far a meno di "sentirsi" in quei luoghi,
insieme con te, provare le tue sensazioni, lo sconforto, le paure
- la guerriera abbassò lo sguardo, incerta su come procedere.
- Le certezze
- concluse per lei Olimpia, stringendole la mano
e rivolgendole un sorriso pieno, - La certezza che saresti tornata
da me, Xena. Chiunque qui dentro, stasera, ha capito che il legame
che ci unisce ti avrebbe fatta tornare da me. E' troppo forte: non
ti avrebbe permesso di lasciarmi su quella pietra per sempre
- gli sguardi intensi delle due donne s'incontrarono per un lunghissimo
momento, fino a perdersi l'uno nell'altro. - Quel rampicante avrebbe
finito per soffocarmi! E pensa che mal di schiena avrei avuto, se
fossi rimasta stesa per anni su quella roccia, Xena!! - entrambe risero
alla battuta del bardo. - Davvero tutto è sembrato così
palpabile? - Olimpia moriva dalla voglia di sentire nuovi commenti
dalla sua amica.
- Mmm
Sì, direi proprio di sì. - Xena guardò
intensamente la ragazza di fronte a lei, - si riusciva persino a percepire
il profumo dello stufato di renna servito nella locanda in cui incontrammo
Berowolf! Mmm
Ricordi? -.
Olimpia storse il naso al pensiero. - Come potrei non ricordare! Bleah!
E tu che mangiavi con tanto gusto, che roba! Preferisco di certo le
focacce che fanno qui: forse meno sostanziose, per carità,
ma di gran lunga più gustose!! -. Come se rispondesse al richiamo
delle parole della giovane, lo stomaco di Olimpia borbottò
per la seconda volta, con l'irruenza di chi non accetta ulteriori
ritardi. Il bardo alzò il braccio per attirare l'attenzione
dell'inserviente ed ordinare del cibo. - Eh sì, ha ragione
a brontolare! E' ora di dar soddisfazione al mio povero stomaco, Xena...
Mi fai compagnia, o mia Principessa Guerriera? - Olimpia caricò
con espressione farsesca l'ultima parte della frase e Xena sorrise
all'appellativo e al comportamento della compagna: le piaceva assaporare
quei rari momenti in cui erano libere di ridere e scherzare. Dopo
il Giappone e ciò che Olimpia aveva passato prima che lei tornasse
tra i vivi, Xena desiderava che la sua compagna trascorresse molto
più tempo a fare ciò che più le piaceva: narrare
i suoi poemi e comporre versi. Per questo si erano avventurate fin
nell'Italia Settentrionale, nei pressi del lago dove aveva dimora
un famoso poeta latino. Xena pensava che, fra persone con i suoi stessi
interessi, Olimpia avrebbe trovato la serenità che cercava.
Inoltre, e l'ammetterlo le era costato ore ed ore di meditazione notturna,
la guerriera sperava di poter in qualche modo rimediare alla gaffe
di Tebe, quando aveva clamorosamente sbagliato giorno e aveva fatto
perdere all'amica la possibilità di assistere all'esibizione
di Saffo. Sorridendo, alzò il calice colmo: - Certo che sì,
o mio Bardo: mangerò le focacce e berrò questo buon
vino, decisamente migliore del sidro, direi. -.
Per un po', dopo aver ricevuto le pietanze, nessuna delle due proferì
parola. Entrambe perse nei propri pensieri, sbocconcellavano le focacce
fumanti e lucide d'olio, sminuzzandole con gesti meccanici. Fu Xena
la prima a parlare.
- Olimpia, devo dirti una cosa
Importante
- Olimpia distolse
lo sguardo dal nodo scuro di un'asse del tavolo.
- Dimmi, Xena. -
- Ho
Una cosa per te
- improvvisamente la guerriera si
era fatta timida. Il bardo la osservò seriamente, alzando un
sopracciglio. - Beh, senza tirarla per le lunghe
Tieni! - la
mano della donna si era infilata nella sacca di pelle e ne aveva estratto
una pergamena, ancora sigillata con la ceralacca, sulla quale era
impresso, nitido, il simbolo della famiglia
Olimpia sgranò gli occhi per la sorpresa. Dimenticò
di masticare e il tentativo di inghiottire il boccone intero le causò
una violenta tosse, che divertì non poco la guerriera dall'altra
parte del tavolo.
- Oh dei, oh dei! - fu tutto ciò che riuscì a dire tra
un colpo di tosse e l'altro.
- Calmati Olimpia, o finirai per soffocarti davvero e allora non potrai
neppure scoprire cosa c'è scritto lì dentro
Sarebbe
un peccato, no? - Xena ammiccò sorridendo e aspettò
che Olimpia riprendesse fiato.
La ragazza si schiarì più di una volta la gola poi,
rigovernato il ritmo concitato del cuore, si accinse con trepidazione
a rompere il sigillo scarlatto.
- Xena, dimmi che non sto sognando
- gli occhi della poetessa
non si staccavano dall'interno della pergamena che, lentamente, si
srotolava sotto il suo sguardo. - Dimmelo
-
- No, non stai sognando, Olimpia. - La guerriera sorrise soddisfatta:
era riuscita nell'intento di stupire l'amica e procurarle sicuramente
un enorme piacere.
- Un invito PERSONALE ad un certamen alla villa di Catullo
Xena,
come hai fatto? - la ragazza portò al petto la pergamena, stringendola
come per tastarne la concretezza. Due occhi verdi, scintillanti d'eccitazione,
si posarono sulla guerriera.
- Ehi, lo sai
Sono una donna dalle molte risorse
- disse
ammiccando Xena.
- Lo so, - ribatté Olimpia ancora incredula, - è per
questo che non smetterai mai di stupirmi! E' per questo che non smetterò
mai di seguirti
- la ragazza allungò una mano, accarezzando
quella della compagna - ti sono debitrice, Xena. Debitrice di tutta
la felicità che sai darmi. - un sorriso imbarazzato si disegnò
sul volto della guerriera.
- Allora siamo in due
- le dita di Xena si strinsero attorno
alla mano della giovane poetessa - Ci vuole così poco per farti
felice: vederti sorridere rende felice anche me
- la guerriera
sfoderò uno sguardo malizioso - Certo, visto che vuoi sdebitarti
a tutti i costi
Vediamo
Potresti, per prima cosa, massaggiarmi
la schiena in tutte le sere che passeremo qui e ne prevedo molte,
data la gara a cui devi partecipare
Poi, dato che il favore
che t'ho fatto è veramente grande, potresti "offrirti"
per strigliare Argo II
Mmm, fammi pensare
- Xena si passò
teatralmente una mano sul mento, nell'atto di chi sta pensando profondamente,
mentre Olimpia la osservava, incerta se prenderla sul serio e preoccuparsi
o stare allo scherzo. - Ah, certo! Inoltre, cosa più importante,
potrai farmi leggere in anteprima il poema che comporrai per il certamen.
E accettare, senza batter ciglio, tutte le critiche che ti vorrò
muovere. Che dici, ti sembra equo? -.
Olimpia sorrise, - Più che equo! E mi pare il minimo
Anzi, sarai tu il soggetto della mia composizione
- Xena si
fece seria.
- Olimpia, basta. Mi hai già dedicato tanti di quei componimenti!
Prova a parlare di te, questa volta. Delle tue esperienze, dei tuoi
sentimenti
Non potrebbe uscirne nulla che non sia un capolavoro.
Tu sai usare le parole così bene
-
Fu la poetessa, stavolta, a divenire seria. - E sia, parlerò
di me. Come vuoi tu
Anche se
- un guizzo furbo attraversò
lo sguardo della ragazza, che incurvò le labbra in un sorriso:
Xena non faticò a capire che un'idea si era già accesa
nella testa della sua compagna e che da quel momento in poi Olimpia
si sarebbe dedicata ad oltranza al "lavoro".
Soddisfatte, entrambe le donne tornarono a dedicarsi alle focacce.
Improvvisamente, la porta della locanda fu aperta con violenza. Nel
locale si fece silenzio, tutti si voltarono stupiti verso l'uscita,
mentre il gestore s'allontanava con fare preoccupato dal bancone e
s'accingeva a raggiungere la porta.
Istintivamente, dopo essersi scambiate un veloce sguardo d'intesa,
Xena e Olimpia portarono le mani alle armi.
Un uomo, piuttosto giovane, stava sulla soglia: un braccio appoggiato
allo stipite per reggersi, l'altro premuto contro un fianco. Aveva
il fiato grosso ed il viso stravolto dalla fatica
Gli abiti,
imbrattati di fango, sembravano pendergli addosso come stracci: fu
subito chiaro a tutti i presenti che doveva trattarsi di un messaggero,
probabilmente assalito dai briganti o, ancor peggio, un fuggitivo
Vistosi accerchiato da tante persone il giovane tentò di ricomporsi
e, schiarendosi la gola, iniziò a parlare, seppur faticosamente.
- Scusate
Cerco
Io cerco due donne
- si guardò
intorno, perlustrando l'area con occhi stanchi, - due guerriere
- deglutì a fatica, poi riprese. - Le ultime notizie che ho
di loro le davano dirette qui
Vengo dalla Gallia. -
La mandibola di Xena si contrasse: a Olimpia la cosa non passò
inosservata
- Sai il nome delle donne che cerchi, ragazzo? - chiese il gestore,
mentre porgeva al poveretto una tazza d'acqua.
Il giovane bevve avidamente, rovesciando nella fretta parte dell'acqua,
che andò ad inumidire il pavimento ai suoi piedi. Terminata
l'acqua e col fiato grosso, il ragazzo riprese, non prima d'aver rivolto
con lo sguardo un muto ringraziamento all'oste per la gentilezza dimostratagli.
- Xena da Amphipoli e Olimpia da Potidea
Sono passate da qui?
- la folla mormorò sommessamente ed oscillò, poi si
divise in due ali, lasciando passare le due donne che, dal fondo della
stanza, si stavano facendo largo velocemente.
- Siamo qui! - la voce di Xena si udì chiara e distinta, -
Perché ci cerchi? -
- Sia lodato Belur! - esclamò il giovane inginocchiandosi,
- Vengo per Eve: è stata fatta prigioniera. Temiamo per la
sua vita! - ciò detto, il ragazzo si coprì il viso con
le mani ed iniziò a singhiozzare.
Xena rimase impietrita di fronte al giovane: un nugolo di domande
confuse si era formato improvvisamente nella sua mente. Il pensiero
della figlia nelle mani di sconosciuti del tutto intenzionati a farle
del male ronzava fastidiosamente nella sua testa: conosceva Eve e
la sua ansia d'espiazione. Era pronta a scommettere che sua figlia
non aveva opposto alcuna resistenza agli assalitori
Lo sguardo
tagliente della guerriera si era ostinatamente fissato sul giovane
in singhiozzi. Rapita nelle sue congetture, Xena non si accorse neppure
della mano che Olimpia aveva posato sulla sua spalla, in un estremo
tentativo di conforto.
ATTO
1
-
Alzati e vieni a sederti accanto al fuoco: hai bisogno di riposarti,
si vede benissimo. Penso anche tu sia a stomaco vuoto da un bel pezzo,
ragazzo. Sbaglio? - l'oste rivolse un sorriso benevolo al giovane
ancora inginocchiato sulla soglia. Olimpia si avvicinò al ragazzo
chiedendosi quanti anni potesse avere. A giudicare dagli accenni di
barba, al massimo venti. La poetessa sospirò: vent'anni, e
chissà quali esperienze sconvolgenti doveva aver vissuto, soprattutto
negli ultimi giorni.
- Vieni, - allungò la mano verso il giovane, che l'afferrò
debolmente - ti aiuto io. Sono Olimpia. Tu? - Gli occhi chiari del
giovane assunsero un'espressione fiera, anche se subito mascherata
dal repentino abbassamento del capo - Il mio nome è Fiachra,
signora. Vengo dalla Britannia meridionale
-.
Un pensiero fastidioso punse, per un attimo, l'animo di Olimpia. "Britannia
",
ponderò sospirando. La ragazza ricacciò il malessere
nel profondo dei propri pensieri e si dedicò di nuovo al giovane
che le stava di fronte.
- Bene, Fiachra, piacere di conoscerti. Vieni accanto al fuoco, l'oste
porterà presto qualcosa con cui nutrirti: fanno una zuppa di
legumi ottima, da queste parti. - fece accomodare il ragazzo su una
panca e poi si avvicinò con passo deciso a Xena, che era rimasta
in piedi in un angolo, lo sguardo ostinatamente fisso su un punto
non precisato del pavimento.
- Xena, vieni a sederti anche tu. - Olimpia, dolcemente, cinse con
un braccio i fianchi della compagna - Forse, parlando col ragazzo,
riusciremo a ricavare altre informazioni utili
- la guerriera
guardò l'amica: il suo sguardo si era intenerito. Si staccò
dal posto che s'era incaponita ad occupare fino a quel momento e s'avvicinò
al camino.
- Sono Xena, - si presentò allungando una mano verso il ragazzo
- la madre di Eve
-.
- Xena
- il giovane abbozzò un debole sorriso, che però
bastò ad illuminargli lo sguardo. - Sono onorato di fare la
tua conoscenza. Io sono Fiachra, figlio di Erin, figlio di Boar
- s'interruppe, imbarazzato. - Scusate: so che da queste parti non
si usa declinare l'albero genealogico
Provengo dalla Britannia
meridionale: qualche mese fa mi sono unito al gruppo dei seguaci di
Belur di cui tua figlia è la profetessa. Le sue parole, i suoi
insegnamenti, sono di conforto e d'aiuto per molti di noi. Non a torto
molti la considerano la paladina dei deboli
Xena, - proseguì
guardando la guerriera direttamente negli occhi, - Eve ci ha parlato
molto di te. E anche di Olimpia
Quando cinque giorni fa siamo
stati aggrediti e dispersi e Eve è stata catturata
-
il terrore ed il raccapriccio al ricordo di ciò che aveva vissuto
si dipinsero sul suo volto - L'unica cosa che mi ha dato la forza
di andare avanti è stata la speranza di trovarvi: solo voi
potete salvarla. Solo voi
Perché lei è del tutto
intenzionata a
a
- Fiachra non riuscì a terminare
la frase: grosse lacrime gli solcavano il viso, mentre feroci sussulti
gli scuotevano il petto.
Xena gli appoggiò benevola una mano sulla spalla, - Non sforzarti,
Fiachra, sei stremato
Ora devi nutrirti e riposarti per riacquistare
le forze. Partiremo per la Gallia questa notte stessa
- sospirò,
- Non voglio obbligarti ad affrontare di nuovo un viaggio, sei libero
di scegliere se restare qui o essere dei nostri
-.
Il ragazzo alzò il viso e puntò fieramente gli occhi,
ancora imbrattati di lacrime, in quelli della guerriera - Certo che
verrò, fosse l'ultima cosa che faccio
-
Xena gli sorrise, poi spostò lo sguardo su Olimpia e si fece
seria. Gentilmente, fece cenno all'amica di allontanarsi dal giovane:
Olimpia afferrò al volo la richiesta e si portò con
discrezione vicino ad un tavolo libero.
- La faccenda è grave e va risolta in tempi celeri, Olimpia.
- iniziò Xena - Nella sua ultima lettera Eve accennava alla
sua visita in Gallia, in un territorio dov'era già stata ai
tempi in cui comandava le legioni di Ottaviano
- lo sguardo
preoccupato della donna spaziò per la locanda, come in cerca
di consolazione, - Definiva quel viaggio un compito che accettava
"di buon grado" e, scioccamente, ho pensato che si riferisse
al fatto di testimoniare la parola di Belur tra popoli sconosciuti
e, con ogni probabilità, ostili ai suoi insegnamenti
- la tensione accumulata si manifestò sottoforma d'improvvisa
ira, negli occhi della guerriera. - Invece, sapeva di andare incontro
a
Oh, Eve
Eve! - Xena batté i pugni con forza contro
il piano del tavolo davanti a lei. Olimpia guardò con tenerezza
l'amica e le passò un braccio intorno alle spalle.
- La troveremo, Xena. Arriveremo in tempo e la salveremo, ne sono
certa. Abbiamo distrutto gli dei dell'Olimpo, sconfitto perfino la
morte, - sorrise agli occhi che la fissavano sgomenti - non ci fermerà
di certo una tribù barbara
- prese fiato e proseguì.
- Riporteremo a casa nostra figlia, sana e salva. Non preoccuparti
-.
Xena si voltò e sorrise alla ragazza che le stava di fronte.
Le passò dolcemente il dorso della mano sulla guancia: - Non
mi preoccupo, finché restiamo insieme ogni ostacolo è
superabile, Olimpia
Forse, sto diventando troppo vecchia, troppo
debole e suscettibile
- Olimpia la interruppe, - Forse, Xena,
sei semplicemente una madre e agisci come tale. - accarezzò
lievemente l'avambraccio dell'amica, - Ora andiamo a riposare un po':
questa notte ci aspetta un lungo viaggio. -.
Le due donne si avvicinarono a Fiachra che, nel frattempo, aveva letteralmente
divorato la zuppa di legumi portatagli dall'oste.
- Dimmi solo una cosa, poi ti lascerò riposare. - iniziò
Xena, puntando uno sguardo penetrante sul giovane, - Voglio il nome
della tribù che intende giustiziare mia figlia. -.
Non era una richiesta, bensì un ordine e Fiachra reagì
come al comando di un capitano: alzò fieramente il viso verso
la guerriera - E' una tribù che vive nel Nord della Gallia.
Anche Cesare faticò ad assoggettarli: sono ribelli alle regole
che non appartengano alle loro tradizioni
-.
Xena gli si avvicinò - Il nome, Fiachra. -
Il ragazzo deglutì, poi rispose - Glancoir - ciò detto,
abbassò gli occhi, aspettando la reazione della donna di fronte
a lui. Xena indietreggiò: il suo volto ora esprimeva, se possibile,
ancora più preoccupazione di prima.
- Glancoir
- mormorò.
- Li conosci? - Olimpia le si era portata accanto, alquanto preoccupata
dalla reazione della compagna.
- Sì
Non sono mostri assetati di sangue, Olimpia. Sono
più simili ad una setta
E forse per questo, nel loro
zelo, più pericolosi di un'orda. Sono maledettamente ligi alle
loro tradizioni ed hanno il massimo rispetto per la giustizia, secondo
il loro punto di vista. Farebbero qualsiasi cosa pur di veder ripagato
un torto, grave o lieve che possa essere. - Xena guardò intensamente
l'amica, prima di riprendere, - Praticano l'ordalia
- fece vagare
lo sguardo tra i palmi delle proprie mani, che stava tormentando con
gesti nervosi delle dita: un piano d'azione si stava già formando
nella sua mente, Olimpia ne era certa.
Fu Fiachra a riprendere il discorso - Affidano il destino del condannato
"nelle mani degli dei". Salvo rare eccezioni, chi è
sottoposto all'ordalia muore: gli "dei" hanno sempre la
meglio
- sospirò e si alzò faticosamente dalla
sedia, avvicinandosi alle due donne. - Voi partirete stanotte ed io
voglio far parte della spedizione: anche per me Eve è molto
importante. Non permetterò che le facciano del male: ha già
scontato i suoi crimini. -.
Xena e Olimpia gli sorrisero simultaneamente. - Considerati già
dei nostri, Fiachra. - gli rispose Olimpia. - La partenza è
fissata tra quattro ore: il tempo per preparare i cavalli, il necessario
e riposare un po'. - terminò Xena.
I tre si avviarono alle loro stanze, sicuri, in cuor loro, che le
quattro ore prima della partenza sarebbero state difficili e tormentate,
come effettivamente accadde.
Con
la luna ancora alta in cielo, sellati i cavalli e predisposte nelle
sacche le scorte per il viaggio, il trio aveva preso la strada per
il valico alpino. Allo spuntar del sole, la giornata si era presentata
serena e, in cuor suo, Xena aveva sperato di non incappare in qualche
improvvisa bufera, una volta giunti in alta quota: conosceva quelle
montagne e i trabocchetti che vi si potevano celare. Aveva comunque
scelto la strada più breve che, anche se notevolmente più
ripida, li avrebbe portati in poco tempo al di là delle Alpi
e condotti ad una delle grandi strade che Roma aveva fatto costruire,
nell'estremo tentativo di tenere unito il proprio Impero. La mattinata
era trascorsa velocemente: ciascuno dei tre s'era perso nelle proprie
congetture, ed avevano cavalcato fino a quando i morsi della fame
non si erano fatti evidenti. Allora, scelto un posto tranquillo ed
appartato, avevano diviso del pane e formaggio e qualche mela.
Il viaggio era poi ripreso: Xena aveva fretta di raggiungere il valico
prima che si facesse buio. Non che fosse preoccupata per probabili
incursioni di briganti: lei e Olimpia se la sarebbero cavata egregiamente,
lo sapeva. Piuttosto, la impensieriva l'ultimo tratto di sentiero,
più adatto alla forza testarda dei muli che agli scatti nervosi
dei cavalli. Un sentiero troppo ripido era sempre pericoloso per le
cavalcature, che potevano rallentare di molto la loro marcia, se non
fermarla del tutto.
E questo Xena non poteva permetterselo.
Fiachra e Olimpia cavalcavano silenziosi, uno accanto all'altra. Il
giovane sembrava assorto, completamente perso in pensieri profondi.
A tratti, il capo gli ciondolava pesantemente: il sonno prendeva il
posto dei pensieri, cullato dal passo cadenzato del cavallo. Olimpia
lo guardò sorridendo: la stanchezza per il viaggio non era
stata sconfitta dalle poche ore di riposo forzato a cui s'era sottoposto
prima di ripartire per una nuova, quanto estenuante, missione. Eppure,
aveva trovato la forza di mettersi in marcia, nonostante gli acciacchi
dolorosi che dovevano sicuramente affliggerlo. Olimpia notò
che la forte preoccupazione, amplificata dalla spossatezza, gli aveva
disegnato una profonda ruga sulla fronte: nel giro di una notte aveva
assunto le sembianze di un uomo maturo, avvezzo alla brutalità
del destino, abbandonando quelle del ragazzo ancora aperto a tutte
le esperienze della vita. Sospirando, la ragazza accelerò il
passo della propria cavalcatura e si portò accanto a Xena.
- Tra poco dovremo smontare e proseguire a piedi: i cavalli non resisterebbero
allo sforzo. Fortunatamente, se la memoria non m'inganna, appena passato
il valico dovremmo trovare un posto di ristoro: li faremo riposare
lì e vedremo di arrangiare qualcosa per il pasto. - Xena fece
scorrere lo sguardo all'orizzonte, - Se il tempo si mantiene così,
entro due giorni al massimo saremo nel territorio dei Glancoir. Spingersi
a nord non dovrebbe essere difficile, le strade da quelle parti sono
relativamente sicure
- sospirò profondamente, poi riprese
- L'Impero romano sta tentando il tutto per tutto per assoggettare
quelle popolazioni, ma ho un brutto presentimento: il giorno della
fine di Roma si avvicina a grandi passi, Olimpia
- finalmente
spostò gli occhi sulla sua compagna, che ricambiò sguardo
e sorriso.
La guerriera riprese, cambiando radicalmente discorso - Mentre cavalcavo
da sola, poco fa, pensavo al certamen al quale avresti dovuto partecipare
C'è sempre qualcosa che devia i nostri piani, c'è sempre
qualche ostacolo non preventivato, qualche problema che spunta all'improvviso
Mi chiedo se riusciremo mai a prenderci un po' di tempo per noi, a
riposarci un po'. Pensavo che, dopo il certamen, saremmo potute tornare
a casa, prima da Lila, poi da Toris, e prenderci una meritata vacanza.
Invece
Niente Catullo, niente casa, ancora in viaggio
- rivolse uno sguardo preoccupato alla compagna che, invece, le sorrise
benevolmente.
- Catullo non deciderà di avventurarsi oltre le Colonne d'Ercole
proprio in questi giorni, Xena: al nostro ritorno lo ritroveremo dove
l'abbiamo lasciato! - gli occhi della ragazza s'illuminarono al pensiero
di incontrare il grande poeta, - E poi, pensa che grande occasione
per me: potrò discorrere da sola con lui di poesia, senza avere
una miriade di persone attorno! - guardò ancora l'amica, -
Avrò molte cose da raccontargli, da inserire nei miei poemi
E tu, naturalmente, ci farai compagnia per tutto il tempo
-
enfatizzando l'ultima parte della frase ammiccò maliziosamente
ai due occhi azzurri che, in quel momento, s'erano sgranati davanti
a lei.
Xena tossicchiò rumorosamente - Ehm, anch'io presente? Discorrere
di poesia? Ah
Bene, non so
Ehm, io avevo pensato di dedicarmi
alla pesca nel lago
Dicono meraviglie dei pesci di laggiù!
- Olimpia rise di fronte all'imbarazzo della guerriera: conosceva
bene l'avversione di Xena per le disquisizioni poetiche e aveva portato
il discorso su quelle per distrarre l'amica dal pensiero di averle
"rovinato", in qualche modo, la sorpresa fattale la sera
prima.
In realtà, Olimpia non aveva alcuna intenzione di trascinare
Xena ad un dibattito su metrica e figure retoriche: desiderava che
la sua amica si distraesse facendo ciò che più le piaceva,
pescare e andare a caccia.
Dal canto suo, Xena era grata a Olimpia per l'indefesso ottimismo
che sapeva dimostrare in ogni occasione: riconosceva all'amica lo
sforzo continuo di trovare lati positivi anche nelle situazioni più
problematiche.
Il rumore della cavalcatura di Fiachra che si avvicinava, distolse
entrambe le donne dal discorso che stavano affrontando e le riportò
drasticamente alla realtà.
- Il mio cavallo dà segni di stanchezza, Xena. - affermò
il giovane con voce roca e lievemente seccata. - Forse non è
ben allenato, certo è un peso: rallenta di molto la nostra
marcia
Si meriterebbe d'essere lasciato qui, tanto sta diventando
lento. -.
La guerriera sorrise, - No, non è il cavallo. E' la strada
che aumenta sempre di più la sua ripidezza in salita: tra un
po' dovremo smontare e proseguire a piedi. Sarà più
faticoso, ma impedirà ai cavalli di azzopparsi. - s'interruppe
un attimo, osservando la strada che svoltava e spariva all'orizzonte,
- Un cavallo stanco si riposa e riparte, Fiachra. Uno azzoppato si
deve sopprimere
-. Ciò detto, arrestò Argo II
e smontò da sella. Olimpia e Fiachra l'imitarono subito.
Il ragazzo, che era arrossito, lievemente imbarazzato, si riprese
subito. - Mentre cavalcavo, - un sorriso gli si disegnò sulle
labbra, - nei momenti in cui
non dormivo
- d'improvviso
si fece serio - pensavo a Eve. Arriveremo in tempo a salvarla, vero?
- nella sua voce suonava distinta una nota di sgomento. - Sempre che
lei si lasci salvare
- sospirò sommessamente, lanciando
lontano, con un calcio, un sasso trovato sulla via.
Xena e Olimpia si guardarono, poi fu la guerriera a parlare - E' giunta
l'ora per noi di sapere come sono andate le cose, Fiachra. Ieri sera
eri troppo sconvolto e stravolto e costringerti a parlare sarebbe
stato crudele da parte nostra. Ma abbiamo il diritto di sapere
- i suoi occhi, ora, erano due freddi punti azzurri nel volto teso:
Xena era tornata ad essere la Principessa Guerriera, pronta alla battaglia.
Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di riavere la figlia e Fiachra l'aveva
capito bene.
- Eravamo poco distanti da un accampamento romano. - iniziò
il giovane, - Benché protetti dalla foresta, sapevamo di essere
in costante pericolo: Roma non vede di buon occhio la parola di Belur,
ci accusa di portare scompiglio tra le popolazioni assoggettate e
di destabilizzare, così, il potere dell'Imperatore. In realtà
Eve predica solo l'amore incondizionato e l'uguaglianza tra tutti
gli uomini della terra
- i suoi occhi si chiusero e, per un
attimo, alle due donne sembrò che il ragazzo stesse pregando,
prima di cominciare a parlare di nuovo.
- Naturalmente, tutti sapevamo del passato di Eve. Di quando si chiamava
Livia ed era il Campione di Roma. - sospirò, - Eve non ha mai
omesso i particolari della sua vita e ce la portava come esempio:
l'amore può cambiare anche l'animo più crudele. Lei
ne era
ne è la prova vivente. - rivolse uno sguardo fiero
alle due donne che l'ascoltavano. - Una sera, mentre stavamo preparando
la cena, dopo una giornata d'intensa, quanto segreta predicazione,
un uomo fece irruzione nel nostro accampamento. La cosa che colpì
tutti al suo arrivo fu la sua stazza, incredibilmente possente, quasi
fosse nato dall'incrocio tra un gigante ed un essere umano
Non
avendo l'abitudine di giudicare i nostri simili dall'aspetto, tentomeno
di cacciare chi spontaneamente viene a cercarci, accettammo la sua
presenza e lo invitammo ad unirsi a noi. Disse di chiamarsi Daon,
di essere fuggito da un possedimento romano dov'era stato costretto
a lavorare come schiavo. Cercava protezione ed aiuto. Tutti noi lo
accogliemmo come un fratello. - A questo punto Fiachra s'interruppe
e fu scosso da un lungo brivido.
Xena e Olimpia si fermarono: la poetessa appoggiò la mano sulla
spalla del giovane, in un gesto protettivo e d'incoraggiamento.
Faticosamente avevano raggiunto il valico e, in lontananza, si poteva
intravedere il bivacco dove avrebbero potuto riposare e sistemare
i cavalli per la notte.
Forse la vista di un luogo in cui fermarsi rincuorò il ragazzo
che, raddrizzate le spalle e strettosi ancora di più nel mantello,
proseguì il racconto.
- Restò con noi per molti giorni, accettando di buon grado
tutti i compiti che gli venivano assegnati. La sera, accanto al fuoco,
ascoltava rapito le parole di Eve e si mostrava curioso di conoscere
la storia della sua vita e di come fosse riuscita a redimersi dalle
sue azioni inique. - Fiachra si fermò ancora e corrucciò
la fronte. - Una mattina non si presentò alla meditazione
Lo cercammo in lungo e in largo, setacciando la foresta e chiedendo
nei villaggi vicini sue notizie. Niente: era sparito nel nulla. O,
almeno, così pensavamo
- strinse con forza le redini
del suo cavallo, finché le nocche delle dita non divennero
bianche.
- Era una spia. - intervenne Xena.
- Già, - ammise il giovane con un moto di stizza - tornò,
eccome, ma solo per scaraventarci addosso tutta l'ira del suo popolo:
aveva individuato Livia ed era pronto a fare "giustizia".
- il tono amaro della sua voce non lasciò dubbi alle due donne:
avrebbero potuto sostituire la parola "giustizia" con "vendetta"
senza intaccare minimamente il significato della frase.
Nel frattempo erano giunti in prossimità del bivacco.
Non era che un piccolo capanno di legno, ma serviva egregiamente allo
scopo di proteggere i viandanti dal rigore delle notti sulle montagne.
I tre sistemarono i cavalli nella stalla e diedero loro un po' di
biada poi, entrati nel rifugio, accesero il fuoco, stesero le coperte
sulla terra battuta e s'accinsero a consumare una cena frugale.
di
Dori
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il racconto