episodio
n. 4
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A
metà pomeriggio Xena rallentò l'andatura dei cavalli nei
pressi di una sorgente e permise alla compagnia di fermarsi per riposare
un poco. La marcia forzata a cui erano state sottoposte aveva affaticato
non poco le cavalcature: in particolare, il cavallo di Fiachra dava
segni di stanchezza. Il ragazzo, infatti, più di una volta aveva
faticato non poco a governare il proprio baio, che portava legato alla
sella il cavallo di Olimpia
Fiachra sentiva di aver bisogno di una pausa, tanto quanto il proprio cavallo: avevano così fretta di raggiungere il territorio dei Glancoir che Xena aveva distribuito il pasto mentre si cavalcava ed era smontata da cavallo solo per passare il cibo a Olimpia ed aiutarla a sistemare meglio alcune pelli distese sull'intelaiatura della slitta. Il giovane sentiva di aver bisogno di raddrizzare le gambe almeno per qualche istante, prima di tornare in sella, ed accolse di buon grado l'idea della guerriera di fermarsi alla sorgente, mentre lei cambiava la medicazione alla ferita di Olimpia. Decise di fare un giro di perlustrazione ai bordi del piccolo laghetto nei pressi del quale i cavalli si stavano abbeverando. Il bosco era invitante e, infondo, non sarebbe stato via a lungo. - Non ti allontanare troppo. - disse Olimpia in tono materno, mentre le mani di Xena s'affaccendavano veloci attorno alle bende, ne scioglievano il nodo e cominciavano a districare la fasciatura. - Non sappiamo chi possa esserci nelle vicinanze Ahi, Xena! ... E neppure se chi ci ha assalito ieri notte avesse richiesto dei rinforzi, o fosse solo una parte di una gruppo più numeroso, o - - Non preoccuparti, - la interruppe Xena, - Fiachra sa esattamente cosa fa. - Guardò il giovane, che la osservava con l'aria stupita, - Non si metterà nei guai: è in gamba e ha sale in zucca - Fiachra arrossì violentemente. - Anzi, se ti capitasse di trovare qualche fungo mangereccio raccoglilo pure: meglio fare scorta, non ti pare? - sorrise benevola al ragazzo, che chinò lievemente la testa accennando un assenso e s'avviò verso gli alberi poco distanti. - Xena, ci sarà da fidarsi? - Olimpia guardò seriamente preoccupata la compagna. - Potrebbe esserci chiunque nei paraggi e lui è disarmato E' così giovane E poi, non è certo un guerriero - - Non preoccuparti, Olimpia. Quel ragazzo sa badare a se stesso. Questa mattina, pensando che ci fossero ladri nella stalla, non ha esitato un attimo, prima di entrare in azione. - sorrise, guardando dolcemente l'amica negli occhi. - Bene, bene La tua ferita si sta sgonfiando. - trasse dalla bisaccia un'urna contenente l'unguento preparato la notte precedente e ne spalmò in abbondanza sopra la carne ricucita con precisione. - Xena Non ti ho ancora ringraziata per quanto hai fatto per me - La ragazza teneva lo sguardo fisso verso il basso. Il bardo si sentiva in colpa: "Ho messo a rischio la mia e la sua vita per non aver calcolato la gravità della situazione Ancora una volta non ho agito da guerriera." sospirò sommessamente, "Ho usato il cuore, non la testa ". - Non dire altro: il solo fatto che tu sia viva è il miglior ringraziamento che potessi desiderare - Xena, con la punta delle dita sotto il mento di Olimpia, fece alzare lo sguardo della ragazza, finché le due si ritrovarono a quattr'occhi. - Sono stata sciocca, ho dato poca importanza alla ferita. Pensavo di potercela fare: non ho valutato bene le mie possibilità. E poi, anziché ritirarmi nel bivacco, ho tentato di raggiungerti, mentre sapevo benissimo che ce l'avresti fatta da sola - di nuovo, il bardo abbassò lo sguardo. Xena le appoggiò un lieve bacio sulla fronte e, alzandosi, le rispose: - Hai usato il cuore. E quello ti suggeriva di venirmi in aiuto, comunque tu stessi. - si voltò ed andò ad appendere la bisaccia alla sella di Argo II, - Non è una colpa amare, Olimpia -. La ragazza non afferrò le ultime parole di Xena ed aspettò pazientemente che la guerriera ritornasse da lei. - Ad ogni modo, grazie. - Sorrise agli occhi azzurri che la fissavano attentamente, - Soprattutto perché hai ricucito la ferita a punti piccolissimi: non resterà che un piccolo segno - la giovane imitò scherzosamente l'atteggiamento di Aphrodite - Ah, la mia bellezza è salva, ragazze! - entrambe le donne si misero a ridere. Poi Xena aiutò Olimpia a sdraiarsi e, mentre l'amica si riposava, accese un piccolo fuoco, per preparare la cena. Nel frattempo, addentratosi tra i larici e gli abeti, Fiachra camminava lento, prestando attenzione al tappeto di aghi secchi e muschio su cui posava i piedi. Aveva già raccolto qualche fungo dall'odore buono, con la cappella frastagliata e gialla, e che sapeva non essere velenoso, anzi. Le donne della comunità di seguaci di Eve avevano l'abitudine di cucinarli insieme alle carni di lepre o di capriolo, quando c'era la fortuna di averne. Il ragazzo si lasciò trascinare dai ricordi, la malinconia prese il sopravvento ed egli spaziò con la mente nel passato, ai giorni felici in cui consumava pasti e preghiere con la comunità, meditando e crescendo, convincendosi che l'amore vince ogni sorta di soppressione ed ingiustizia Ancora era convinto che le parole di Eve avessero un fondo di verità, ma in cuor suo meditava alcuni cambiamenti allo stile di vita dei seguaci della Via dell'Amore. " Proteggere ciò in cui si crede. " pensò tra sé, " E' l'unico modo per preservarsi dalla distruzione Prima il dialogo, sì, ma mai cedere alla sottomissione. Bisogna reagire Sì, bisogna reagire ". Il richiamo di un Regolo lo riscosse dalla sua meditazione. Si guardò intorno: s'era addentrato parecchio nella foresta. La luce passava filtrata attraverso i rami frondosi degli alberi. La sera si avvicinava a grandi passi, era meglio ritornare: col buio cercare l'accampamento delle sue due amiche sarebbe stata un'impresa ardua. " Cerca di evitare che Xena ti consideri uno sciocco " si rimproverò mentalmente, "Ha appena dichiarato la sua fiducia in te Fa che non se la rimangi!". Osservò attentamente il bosco che lo circondava, alla ricerca di segni già visti al suo passaggio e perciò stessi conosciuti Nulla. Più si muoveva, più aveva la sensazione di girare in tondo, ricapitando sempre nello stesso punto. Gli vennero in mente i vecchi racconti della nonna, quelli in cui si narrava di foreste stregate, in cui esseri misteriosi, non sempre così benevoli, si divertivano a far smarrire gli umani, facendoli vagare in eterno senza mai trovare la strada del ritorno. Il bosco si tingeva di strane colorazioni, cupe e brillanti allo stesso tempo. Le ombre degli alberi s'allungavano sempre di più, facendo massa anche laddove poco prima la luce del sole era riuscita ad infiltrarsi Gli strani richiami degli uccelli, che in precedenza avevano incuriosito il ragazzo per i loro timbri squillanti, ora s'erano trasformati in improvvisi lamenti lugubri, amplificati dalla tensione. "Sono solo regoli e rampichini alpestri Sì sì Non fanno male a nessuno Solo regoli e rampichini ". I sensi di Fiachra erano tesi fino allo spasimo. - Mah! Spettri! Solo fandonie per terrorizzare i bimbi - si disse a voce alta, per riempire quel silenzio che sapeva d'innaturale. - Eli, nel tuo amore, aiutami! - d'improvviso sentì l'inquietante sensazione d'essere osservato: un formicolio insistente alla base del collo, la precisa certezza che due occhi fossero fissi su di lui Accelerò il passo, incerto su quale fosse la direzione giusta da prendere: intorno a lui, solo il buio e i rami degli alberi, tesi come dita scheletriche a sbarrargli la via. Alle sue spalle udì un rumore secco: come di rami spezzati dal peso di qualcuno. O qualcosa - Eli, nel tuo amore, aiutami Eli, nel tuo amore, aiutami - il cuore del giovane tamburellava insistentemente nel petto: Fiachra aveva la sensazione che da un momento all'altro sarebbe scoppiato. - Eli, nel tuo amore, aiutami! - l'esclamazione uscì forte dalle sue labbra, senza che lui ne avesse la minima intenzione. - Fiachra! - la voce di un uomo arrivò distinta alle sue orecchie, da dietro un cespuglio, subito seguita da un altro timbro maschile: - Fiachra, figliolo! -. Il giovane si voltò di scatto, riconoscendo le voci: - Voi -. All'improvviso l'adrenalina accumulata esplose in una miriade di puntini neri, che occuparono di prepotenza tutto il suo campo visivo. L'ultima cosa di cui ebbe la percezione, furono due braccia accorse a sorreggerlo, mentre scivolava nel buio. -
Quel ragazzo tarda troppo. - La voce secca di Xena riscosse Olimpia
dal sonno placido in cui era caduta. La
compagnia, terminata la cena, s'era ritirata per il riposo notturno:
il giorno seguente si sarebbe messa in cammino per arrivare al villaggio
dei Galncoir che, secondo le indicazioni di Flavio e dei suoi, non distava
molto dall'accampamento.
Xena stava affilando la spada, seduta su una pietra, poco lontano dal fuoco. Olimpia si riscosse dal sonno e, vista la compagna ancora sveglia, si alzò e le si avvicinò. - Beh, che fai? Non vieni a dormire? - la guerriera non alzò lo sguardo dalla lama della sua arma e rispose con un monosillabo. - Ripeto: non vieni a dormire? Xena Tu ti stai crucciando per un pericolo che non c'è Fiachra è felice, siamo nei paraggi del villaggio dei Glancoir, libereremo Eve: che vuoi ancora? - sospirò - Non sempre la gente deve nascondere qualcosa di male Ed esistono i lunatici, a questo mondo. - s'accucciò ai piedi dell'amica e mise le sue mani su quelle dell'altra donna: - Senti. Ti prometto che anch'io terrò d'occhio Laceno, d'accordo? Appena noterò qualcosa di storto te ne parlerò. Però ora vieni a dormire Sei stanca tu come lo sono tutti. - - Qualcuno deve fare la guardia. - rispose asciutta la guerriera. - Ci sono già degli uomini appostati tutt'intorno. Si sono organizzati proprio per darci l'opportunità di riposare: sanno cosa ci è successo e da quanto non chiudiamo occhio come si deve. - si alzò e, tenendo la mano della donna, la invitò ad alzarsi. - Dai Xena Sotto quelle pelli non c'è verso che io riesca a scaldarmi. Tu sei un camino vivente: non vorrai lasciare che la tua migliore amica muoia assiderata, vero? - rise piano, mentre conduceva Xena alle pelli stese per terra. - Prometto che non scalcerò! - e disegnò con le dita una croce invisibile sul petto. - E sia - s'arrese la guerriera sorridendo, sganciandosi l'armatura e appoggiandola accanto al giaciglio - Se però cominci ad imitare i centauri, come al tuo solito, ti mando a dormire sull'isolotto in mezzo al laghetto. Donna avvisata - - Sì, sì Fidati! - Olimpia guardò l'amica seriamente preoccupata, - I bagni "solitari-e-notturni" non mi sono mai piaciuti Soprattutto perché "notturni". - - Strano. - ammiccò maliziosamente Xena, - Avrei detto che non ti piacessero soprattutto perché "solitari" - - Ah. Ah. Ah. Spiritosa come una Baccante con la luna storta - rispose di rimando il bardo, - Non me la prendo perché sei stanca e straparli, Xena. E poi perché - sbadigliò rumorosamente, - Perché ho troppo sonno per prendermela. Ora vieni qui e scaldami: ho preso freddo mentre tentavo di convincerti a dormire. Mi merito una ricompensa, non trovi? -. - Certo, mio bardo - sussurrò la guerriera, mentre le mani si avvicinavano al corpo della compagna. - Come desideri -. Il tono non piacque affatto a Olimpia, che però preferì ignorarlo, sperando d'aver interpretato male le intenzioni dell'amica. Le dita forti si posizionarono sui fianchi della giovane e risalirono lungo le braccia. Poi, cominciarono a muoversi - Ah, no! No! Xena! Il solletico no! No! Accidenti! Ah, ah, ah! - - E così io sarei stanca, eh? Ah sì? E straparlerei, vero? Non dirmi - - Xena! Basta! Sveglieremo gli altri! Ah, ah - - Macché! Dormono tutti come sassi! - Ambedue scosse dalle risate non si accorsero che qualcuno, da dietro i cespugli, stava spiando la scena, individuava ad uno ad uno gli uomini di guardia e si preparava ad agire. Un
rumore improvviso destò contemporaneamente Xena e Olimpia dal
sonno. Non albeggiava ancora anche se il cielo stava prendendo colorazioni
tenui. Del fuoco acceso al centro dell'accampamento, non restava che
sparuti involti di fumo, che si sollevavano lievi dalle ceneri. di Dori |