-Xena, va tutto
bene?- domandò Tanus con ansia, bagnandole il volto con uno
straccio umido. Xena si guardò intorno, si trovava fuori delle
mura, accanto ai cammelli e ormai era quasi ora di rientrare per cena.
Non capiva però come poteva stare lì… poco prima
si trovava immersa nei suoi ricordi, e prima ancora nelle rovine…
- chi mi ha portato qui?-
Tanus rispose fiero:-io… mi sono preoccupato non vedendoti arrivare
e ti ho trovata svenuta a terra…. E in questo stato… ma
chi ti ha ridotto così?- domandò l’uomo notando
lo zigomo rosso, il labbro rotto e una ferita all’altezza del
sopracciglio.
Xena si alzò a sedere e notò con curiosità le
ferite che riportava… evidentemente quando credeva che qualcuno
la colpiva, ciò accadeva sul serio.. e purtroppo lei sapeva
chi era. –non lo so…- mentì.
-non lo sai?- domandò anche un po’ impaurito Tanus.:
- hai affrontato qualcuno?-
Xena si rialzò completamente e ritrovò un po’
di forza e vigore, cosa che all’interno di Asyut, sembrava aver
perso. –se avessi affrontato qualcuno me ne ricorderei. Invece
tutto ciò che so è che, mi sono sentita male e sono
svenuta.-
Tanus si accorse che l’aveva trattata da stupida e si affrettò
a scusarsi:-scusami… ma questo posto è maledetto.. rende
cattivi e strani chiunque ci si presenti-
Xena mise una mano sulla spalla di Tanus e ringraziò:-grazie
Tanus, senza di te forse sarei morta. Sentivo come se la pressione
mi stesse schiacciando. Grazie ancora-
Tanus la guardò negli occhi:-allora ho fatto bene a seguire
l’istinto e accompagnarti.-
Xena montò in groppa del suo cammello:-diciamo di si-
Entrambi si diressero verso casa da Murel e da Olimpia.
-casa tua è
bellissima Murel.. dico sul serio… io visto solo una casa, in
tutto l’Egitto, più bella di questa..- disse Olimpia
mentre passeggiavano nei corridoi della casa di Murel. La ragazza
incuriosita domandò:- di chi?-
-di Cleopatra-
-tu hai conosciuto la grande Cleopatra???- domandò l’Egiziana
con immenso stupore e anche un po’ d’invidia.
-si… fu un po’ di tempo fa…- disse Olimpia con aria
sognante e piena di ricordi.
-e…com’era?- domandò Murel, con la curiosità
tipica di una ragazza ancora molto giovane. Olimpia rispose:-bellissima.
Sai, faceva persino il bagno nel latte per rendere la sua pelle più
morbida… era incantevole…-
Murel l’interruppe:-e… che mi dici di Marco Antonio? Pare
che sia stato molto bello pure lui!- Olimpia, rispose leggermente
più triste:-non era un gran che…-
-e Cleopatra lo amava molto?- chiese Murel. Olimpia deglutì
e disse:-non lo so… -
-si dice che sia stata una delle più belle storie d’amore
della storia…- continuò Murel, sognando ad occhi aperti.
Olimpia rimase in silenzio, annebbiata e triste tra i ricordi.
Arrivarono in fondo ad un corridoio, nel quale c’era un ultima
stanza, dalla quale proveniva un profumo strano, Olimpia guardava
incuriosita in quella direzione e si chiese per quale motivo Murel
non gli avesse fatto visitare anche quel locale..
Murel capì il corso dei suoi pensieri e disse:-Olimpia…
ora tu e Xena sarete mie ospiti, almeno finché non dovremo
spostarci e potrete utilizzare il mio palazzo a vostro piacimento…
tranne che in quella stanza. Ti chiedo di non metterci mai piede,
Olimpia.-
Olimpia fissò negli occhi Murel e capì che quel locale
doveva per forza centrare con quello che stava accadendo in Egitto,
ma non investigò, anzi si limitò a dire:-certo Murel,
faremo come desideri-
In quell’istante arrivò una serva che annunciò
l’arrivo di Xena e Tanus.
Olimpia cercò subito con gli occhi Xena e quando la vide le
corse in contro, abbracciandola, anche Xena ricambiò l’abbraccio.
Staccandosi la poetessa notò le strane ferite che Xena portava
al viso e disse preoccupata:-Xena.. che ti è successo??-
La principessa guerriera avrebbe voluto dire cosa o meglio chi, credeva
l’avesse colpita ma preferì tacere anche con lei:-non
lo so, Olimpia. Non so,sono solo svenuta-
Olimpia annuì, ma capì subito che mentiva, tuttavia
credette che l’avesse fatto solamente perché presenti
anche Murel e Tanus.
-vuoi che ti faccia medicare?-domandò Murel ansiosa. Ma Xena
negò dicendo che non era nulla di importante e che aveva già
provveduto lei a disinfettarsi le ferite.
I quattro si recarono a cena, se cena si poteva definire. La carestia
in tutto l’Egitto era così grave che era quasi impensabile
di poter mangiare poco più di una minestrina riscaldata.
Xena sedeva accanto ad Olimpia, gli occhi fissi ed inespressivi sul
suo piatto ancora pieno di minestra, mentre ancora reggeva il cucchiaio
in mano. Olimpia la scosse dal torpore:-Xena. Va tutto bene?-
La principessa guerriera annuì, ma disse che si sentiva molto
affaticata e se ne sarebbe andata subito a dormire; Olimpia preoccupata
si congedò pure lei e seguì a ruota la principessa guerriera.
Olimpia e Xena si diressero in una stanza, semplice ma molto raffinata
come,del resto, era tutta la casa di Murel. Per terra un bellissimo
tappeto, mentre alle pareti dei papiri dipinti con evidente raffinatezza
e minuziosità. Poi due giacigli di semplice lino bianco.
Olimpia si sdraiò sul suo e chiese :-cosa ti è successo??-
Xena si sdraiò pure lei,poi prese forza e lentamente spiegò:-quello
che sta accadendo in Egitto, è colpa mia. È a causa
mia che ogni giorno perdono la vita decine di persone, tra terremoti,
rapine e assassini -
Olimpia la guardò negli occhi. Xena lesse in quegli occhi smeraldini,
tanta ansia e preoccupazione, tanta comprensione e al contempo voglia
di capire.
–cosa?-
-sono io, quella guerriera di cui ha parlato Murel, quella che trenta
anni fa trovò il talismano. Ho commesso io, lo scempio.-
-come…- ripeté ancora Olimpia, incredula. –capisci,
Olimpia? Sono io la guerriera che sfidò Seth, la guerriera
maledetta. Oggi, credo sia stato lui a ridurmi così. –
si portò una mano sulla fronte e chiuse gli occhi.
Olimpia si alzò e corse ad abbracciare Xena, cercava le parole
per confortarla e rassicurala, ma non sapeva spiegarselo, in quel
momento non le riusciva di dire nulla,se non abbracciarla e darle
tutto il conforto della loro amicizia. Xena apprezzò molto
quel gesto, più esplicito di mille parole, e abbracciando la
sua amica, continuò a dire:-dovrò dirlo a Tanus e Murel?
Pensi che si lasceranno aiutare da me?-
-non lo so, ma credo sia giusto dir loro tutta la verità. Perché
non me ne hai mai parlato?-
-è difficile ammettere il male commesso, e poi avevo come dimenticato
la vicenda. Ora ho solo una paura: che la sfida che feci a Seth sia
ancora valida e le conseguenze ricadano …….-
-… ma no… non pensarci. comunque domani andremo dalla
sacerdotessa, ponile i tuoi quesiti, lei saprà risponderti-
-hai ragione-
-ma ora dormiamo Xena!- disse poi Olimpia ritornando al suo giaciglio
e chiudendo gli occhi. Xena l’imitò e poco giacevano
entrambe nelle braccia di Morfeo.
Lo strisciare
impercettibile del serpente si diffondeva nella stanza avvolta nella
penombra ed illuminata solo dalla fioca luce di una candela. L’animale
incauto si aggirava nell’enorme salone ove al centro spiccava
la figura di una donna avvolta nell’oscurità e che sedeva
su un divanetto alla maniera egizia.
Riposava, forse dormiva. Indossava un leggerissimo abito di lino bianco
che lasciava leggermente trasparire le sue forme. La candela era su
un tavolinetto di fronte ad ella ed illuminava a stento i lineamenti
della giovane. Il serpente si avventurava nella stanza in direzione
della donna. Un serpente non sarebbe dovuto stare lì.
Nei giorni precedenti non c’erano state tempeste di sabbia,
cambiamenti di clima. Eppure lui si trovava nel grande salone di una
casa egizia.
Non si poteva neppure capire come fosse entrato. Lui c’era e
basta.
E da sola la sua presenza pareva un sicuro presagio di morte.
La ragazza era sveglia, gli occhi aperti e fissi, insicuri sulla candela,
guardavano il volteggiare delle fiamme.
Il cobra salì sulla sponda del divanetto, inseguiva una meta
precisa.
Fu a quel punto che la donna lo vide. Fiero e tranquillo il velenoso
annuncio del male si avventurava accanto alla gamba della donna. I
suoi occhi fissavano quelli dell’animale come se si guardassero
veramente ognuno nelle pupille dell’altro. La lingua del cobra
era leggermente in fuori, le fauci pronte a mordere, a punire.
La donna deglutì. Poi respirò profondamente e senza
muovere la testa cercava con gli occhi l’unica persona che avrebbe
potuto aiutarla, ma invano.
Perché lei sapeva che non c’era.
Tuttavia la paura cieca infonde anche cieca ed immotivata speranza.
Dalla bocca spalancata dall’orrore uscì un debolissimo
ed appena percettibile
-Xena…- Olimpia.
Olimpia sapeva che la cosa più sbagliata sarebbe stata muoversi.
Anche volendo non avrebbe potuto. Si rese conto che ogni muscolo era
immobilizzato dal terrore e che niente avrebbe potuto, ora, schiodarla
da quel divano. Niente oramai avrebbe potuto. E lei non aveva scampo.
Chiuse i verdi occhi. “se ne andrà” sperò.
Ma il suo cuore sapeva che non se ne sarebbe mai andato. Ed ora era
sempre più vicino.
Camminando sulle sue gambe distese o leggermente piegate, l’animale
arrivò fino al suo ventre. Si eresse, mostrando il suo muso
alla donna. Gli occhi assetati di sangue, le fauci aperte ove mettevano
mostra di due canini imbevuti di sangue e veleno che miravano sicuri
al suo braccio sinistro. Olimpia, in un ultimo barlume di speranza
urlò con tutto il fiato che aveva :-Xena!-
Ma nessuno sarebbe arrivato. Lei era sola. E dinnanzi a lei, la morte.
E la morte non tardò. Quasi a rispondere al richiamo di Olimpia,il
cobra la morse con impeto al polso sinistro. Poi si staccò.
Olimpia si teneva il polso, dove già comparivano i due solchi
del morso del serpente da cui uscivano pus e materia mischiata a sangue.
Poi senza quasi badare a quello che faceva, prese un sai e tagliò
il serpente a metà.
Ma la morte non si può uccidere. Il male non si può
sconfiggere.
Dalla parte tagliata del serpente, ricrebbero presto le sue spire
ma molto più grandi e lunghe delle precedenti e perfino la
testa era più grande e imponente.
Il cobra si avvicinò velocemente al collo di Olimpia e lo avvolse
con le potenti spire,
-lasciami!- urlò Olimpia in preda a soffocamento mentre con
le mani cercava di costringere il serpente a mollare la presa. Ma
inutilmente.
Il cobra le si parò con il muso proprio di fronte a lei e spalancò
la bocca che ormai stava diventando enorme e sembrava inghiottirla…
-sei tu la prescelta!-
-NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO.-
fu l’ultima cosa che Olimpia disse, poi il buio.
Freddo e gelido avviso della morte.
Olimpia si svegliò
di soprassalto, saltando con un balzo dal letto.
Credette d’aver urlato ma, era evidente, dalla sua bocca non
era uscito alcun suono.
Si passò una mano tra i capelli sudati, cercò la presenza
di Xena e la trovò esattamente dove l’aveva lasciata,
addormentata nel suo letto. Olimpia si sentì la testa, come
se qualcuno la stesse martellando con un bastone e convenì
con se stessa che aveva bisogno d’acqua, anche se si trattasse
di quell’acquaccia gialla che aveva visto a pranzo, quella che
tanto la disgustava.
“sei tu la prescelta” questa frase le rimbombava ancora
nella mente, mentre il suo corpo era ancora scosso da brividi e paura,
non sapeva che volesse dire..
Non svegliò Xena, era così rilassata quando era addormentata
e sembrava così serena.
Ancora tremante ed insicura Olimpia scese dal letto e presa una candela,
si avventurò nella casa di Murel, completamente nel buio e
nel silenzio. Avanzò passi ansiosi e, cercando di camminare
il più silenziosamente possibile, si inoltrò nel corridoio.
Uno strano vento gelido la invase e le passò attraverso, ella
fu scossa da un brivido e la candela si spense.
Iniziò ad avere paura… come se sentisse una presenza
intorno a sé, inevitabilmente il suo pensiero corse al sogno
e a quel cobra, che altro non era che un presagio di morte.
Sentì una seconda volta lo strano vento: ormai era certa che
non si trattava di un vento notturno, proveniva infatti da quella
stanza che Murel le aveva vietato di visitare. Qualcosa le diceva
di entrare.
Olimpia si convinse che doveva dare un’occhiata ed iniziò
ad udire delle piccole e flebili grida… provenienti dalla misteriosa
stanza. Istintivamente, mise mani ai suoi sais e li impugnò
con forza, cercando di non avere paura. Arrivò alla stanza
e tremando leggermente scostò il velo bianco che ne copriva
l’entrata.
Appena entrata Olimpia, convenì che avrebbe dovuto consultare
Xena e decise di andarsene, scostò il telo bianco, ma dietro
d’esso, inaspettatamente c’era un muro.
Era in trappola. S’appiattì con la schiena contro il
muro, e posizionò i sais in postura di difesa, mentre i suoi
occhi viaggiavano con orrore, perlustrando la stanza.
Il pavimento era completamente coperto di sangue, che era leggermente
condensato, mentre in parte sembrava addirittura fresco, centinaia
di ossa erano depositate per tutta la stanza, anch’esse imbrattate
di sangue.
Teschi, graffi e sangue sporcavano le pareti assieme a dipinti che
raffiguravano uno scheletro seduto su un trono con in mano un muscolo..forse
un cuore.
Sul pavimento oltre a quello già descritto, c’era uno
strano portale nero con una scritta in copto. Olimpia si sporse leggermente
per leggere, forse troppo, camminando tra le immonde cose che inondavano
tutto. Al suo passaggio, Olimpia non se ne accorse, le ossa sembravano
muoversi in uno spasimo, poi ritornavano ferme.
-Seth..- lesse la donna e subito, colta da paura, ritornò suoi
propri passi, ma fu trattenuta da qualcosa. Una mano scheletrica e
in avanzato stato di decomposizione, le afferrò la sua caviglia.
Olimpia si sentì gelare, e fu presa da terrore.
-lasciami- urlò strattonando la caviglia,ma ben presto un’altra
mano le prese l’altro piede. Olimpia era terrorizzata ma cercò
di reagire, con il sais tagliò le ossa della mano; velocemente
si ricomposero e ripresero a strattonarla.
E lentamente la trascinavano a terra. Olimpia iniziò a sudare
freddo.
Le ossa erano così affilate che tagliarono i suoi calzari e
s’infilzarono nella morbida carne. Olimpia cercò ancora
di più di liberarsi, era certa che sarebbero arrivate all’osso.
Camminò con evidente sforzo, cercando di svincolarsi e lottando
contro la resistenza imposta dalle ossa.
S’aggrappò al telo bianco ove c’era la porta, tenendosi
forte con le dita; il telo, come prevedibile, si strappò..
Olimpia perse l’equilibrio.
-XENNNAAAAAA!- urlò mentre le mani morte la trascinavano a
terra, dove altre centinaia di ossa, non attendevano altro che afferrarla
e affondare le loro spire nelle sue carni.
Improvvisamente
gli occhi blu di Xena si spalancarono e la donna si svegliò,
colta improvvisamente da un presentimento. Guardò velocemente
nel giaciglio e Olimpia non c’era; si alzò velocemente
e prendendo una candela, iniziò a cercarla per casa.
-Olimpia- la chiamava,e anche se tutto era in un completo silenzio,
si sentiva inquieta e percepiva ancora un volta il pericolo; ancora
uno strano vento gelido.
-Olimpia..- ripeté questa volta con la certezza che le stesse
accadendo qualcosa.
Iniziò a correre per casa, la girò tutta ma di Olimpia
non c’era traccia, così andò a svegliare Murel.
Entrò nella stanza di Murel, dove la ragazzina dormiva serenamente.
Xena la strattonò con poca poesia,e la donna spalancò
gli occhi impaurita.-ma cosa..??-
-calma Murel, sono Xena… non riesco a trovare Olimpia, sento
che le è successo qualcosa…- farfugliò velocemente
la guerriera.
l’egiziana fissò lo sguardo, pensierosa...poi si riscosse,
come se avesse capito cosa stava accadendo.
-la stanza di Rehusi…..-sussurrò , poi s’alzò
bruscamente e scostò Xena con braccio, si fece spazio per correre
meglio verso la stanza ove stava accadendo quel trambusto. Nella confusione,
si svegliò pure Tanus, che anche se non capiva ciò che
stava accadendo, seguì a ruota Xena che andava dietro a Murel.
L’Egiziana corse fino ad arrivare alla stanza di sua sorella
Rehusi e disse agli altri due di zittirsi. Xena aveva il cuore in
gola, aveva paura per Olimpia.
-Olimpia…- chiamò lentamente Murel, poi scostò
il velo bianco e notò il muro che si era formato. Dall’altra
parte, chiare le grida di dolore di Olimpia.
Xena iniziò ad agitarsi, s’avvicinò al muro e
urlò:-Olimpia.. mi senti???- ma nessuno rispose. L’egiziana
si girò, verso di loro e disse:-temo sia troppo tardi.-
Xena le mise le mani al collo e la sbatté al muro, colma d’ira:-troppo
tardi.. per cosa?- si rese conto che la sua voce vibrava anche e soprattutto,
di paura.
Murel impaurita s’affrettò a dire:-tenterò di
salvarla Xena, ma io l’avevo avvertita-
Olimpia gridava, mille morse taglienti, si erano infilzate nel suo
corpo e il suo sangue si era mischiato a quello immondo che ricopriva
il pavimento.
Cercò ancora una volta di liberarsi e quando, finalmente, decise
di abbandonarsi alla morte, vide il telo bianco di lino che si era
strappato poco fa, volteggiare come se ci fosse vento. Subito dopo
vide che il muro si stava aprendo lentamente come se si sciogliesse
e piano piano iniziava a vedere i lineamenti di una donna che entrava
nella stanza. Olimpia riconobbe Murel e senza chiedersi molte spiegazioni,
urlò:-Murel…. Aiutami! Mi stanno uccidendo!!!!!-
L’egiziana non sapeva che fare, subito alcune lacrime si fecero
strada sul suo viso,con l’ansia nel cuore, cercò di staccare
le mani ossute dal corpo di Olimpia.
Ma non ce la faceva, erano strette in una morsa fortissima.
-non ce la faccio, Olimpia non ce la faccio!!!- urlò la ragazza,
piangendo per non riuscire ad aiutarla ed impotente di fronte all’amica
che soffriva.
-Murel.. di a Xena che…..- disse Olimpia, rantolando dal dolore,
non riuscì a finire la frase, le parole le morirono in bocca,
mentre le labbra si contorcevano in una smorfia di dolore. A Murel
venne un’idea: prese con entrambe le mani un sai di Olimpia
e lo alzò verso il soffitto della stanza.
Poi disse con voce solenne, anche se impastata dal pianto:- Osiride
dammi la forza, scaccia il male!-
E gettò il sai ,con forza ,su una delle mani: le ossa della
mano si scomposero e come quelle anche le altre che tenevano imprigionata
Olimpia. La poetessa non riusciva a credere d’essere libera
e dai suoi occhi uscirono lacrime di gioia e gratitudine.
Murel notò che Olimpia era molto provata e non riusciva ad
alzarsi… prese le sue armi e prendendola in braccio, sorretta
dalla forza di Osiride, riuscì ad attraversare di nuovo il
muro, che nuovamente si era chiuso.
Xena vide sbucare Murel con in braccio Olimpia poco dopo e s’affrettò
ad aiutarla. La prese in braccio e con dolcezza la portò nella
stanza assegnata a loro, ma prima si girò e disse a Murel e
Tanus:-raggiungeteci tra qualche minuto, credo che dobbiamo parlare.-
entrambi annuirono.
Xena adagiò Olimpia sul suo letto, dove però aveva messo
un asciugamano per non sporcare di sangue il lino celeste che fungeva
da coperta. La poetessa aveva perso i sensi, Xena le accarezzò
le guance bagnate di lacrime e s’accorse che anche nei suoi
occhi si stavano facendo strada… -che paura che ho avuto Olimpia..-
disse accarezzandole i capelli –una paura cieca di perderti….noi
non possiamo separaci, non lo permetterò mai a nessuno.. abbiamo
così tante cose ancora da fare insieme. Tanti posti da visitare….
Io non posso vivere senza di te, mi senti?.. ti voglio bene, amica
mia. -
Lentamente la poetessa aprì gli occhi verdi, ancora colmi d’orrore.
-che è successo?- domandò Xena tenendole la mano ed
iniziando ad esaminare le ferite che la donna riportava quasi su tutto
il corpo. Olimpia rispose:- in quella stanza c’è il demonio,
Xena. C’è Seth.-
la principessa e la poetessa si fissarono negli occhi:-raccontami
ogni particolare-
Olimpia avrebbe voluto raccontarle anche del suo sogno e dell’ansia
che aveva avuto. Quella sensazione di vuoto, confermata dal fatto
che lei non c’era nel momento del bisogno, ma tralasciò
tutto, pensando che si trattasse solamente di un orrendo sogno.
Quindi incominciò col raccontare :-avevo sete, mi sono alzata
per andare alle cucine, ma poi ho sentito.. non so, qualcosa…mi
ha attirato verso quella stanza, ed io sono entrata…-si agitò
improvvisamente –ho cercato di fuggire ma il muro si è
chiuso dietro alle mie spalle, poi all’improvviso..-
-calmati, Olimpia.- disse Xena in tono rassicurante. –che c’era
là dentro?-
-l’inferno.- disse Olimpia tremante – A terra sangue,
ossa di mani, piedi, braccia, teschi, sangue e graffi alle pareti,
un ritratto del demonio e un portale con scritto: Seth-
-poi che è accaduto?-
-mi sono sporta un po’ troppo per leggere la scritta e qualcosa
mi ha afferrato: una mano.- Olimpia le fece notare i suoi calzari
con cinque tagli che giungevano fino all’interno. Olimpia se
lo tolse e con una smorfia di dolore, fece notare all’amica
che le ossa avevano orrendamente tagliato anche la sua pelle.
di
Diomeche