N/B:
Premetto che le Baccanti non sono le creature a metà strada
tra donna e vampiro come ci hanno fatto credere i produttori della
serie, nell’episodio “Girls just wanna have fun”,
della II stagione. In realtà, la figura della baccante è
molto più complessa di come è stata trattata nel telefilm,
e trae origine da un fenomeno culturale molto diffuso nell’antica
Grecia: il ruolo estremamente marginale della donna in quella civiltà.
In molti paesi infatti, tra i quali anche Atene, la donna era considerata
solo un animale con il quale accoppiarsi per procreare; da questo
concetto, si evince che quella di Atene e province, era una cultura
di tipo androcentrica, che non dava alcun diritto alla donna.
Ogni due volte all’anno però, in occasione delle feste
Dionisiache, chiamate poi Baccanali, queste donne si allontanavano
dalla famiglia, e si appartavano su un monte o nel bosco, sotto l’influsso
della “possessione dionisiaca”. In questi luoghi davano
libero sfogo ai loro istinti più repressi dalla società,
e adoravano Dioniso, cadendo in trance, e perdendo ogni controllo
su loro stesse. Ecco spiegato il perché della natura orgiastica
e sanguinolenta della baccante, che tuttavia non si trasformava in
vampiro.
In questa ff, la baccante dunque, verrà intesa come tale, e
non come un surrogato al femminile di Dracula.
Questa ff è liberamente ispirata alla tragedia greca
di Euripide: “Le Baccanti”.
PROLOGO
<Figlio mio, non mi rimane più molto da vivere, me ne sto
andando e voglio che tu esaudisca un mio desiderio: voglio che porti
tua madre e le tue sorelline a Tebe; là ho dei parenti, che
non vi faranno mancare nulla, e riuscirete a sopravvivere…>
Il respiro dell’uomo sofferente, vecchio e canuto, si faceva
sempre più ansimante. Era dunque ben comprensibile per suo
figlio, seduto ai piedi del giaciglio del padre, con le proprie mani
strette in quelle dell’anziano genitore, che al suo papà,
ormai non rimaneva più molto da vivere. Nonostante ciò,
il ragazzo trovava ancora la forza di contraddirlo: <Ma padre,
sai benissimo che non posso portare la nostra famiglia a Tebe…Ti
sono giunte all’orecchio le voci degli scompigli che ci sono
in quella città? Le guardie reali lottano con un sempre più
crescente numero di ribelli, guidati da un certo Atteone…>
Il padre tossì profondamente, sputando un grumo di sangue uscito
dai suoi polmoni, poi con grande fatica prese fiato e disse al proprio
figlio: <Parmione, fa come ti ho detto. Dovete andare a Tebe, se
continuerete a vivere a Melandria, non avrete futuro. Mio cognato
Leucippo mi deve ancora un favore, senza contare che dopo la morte
di mia sorella Mila, e il trasferimento di sui figlio a Roma, è
rimasto solo: non si rifiuterà di prendersi cura di voi! Fa
come ti dico!> <Padre, mi spiace deludere le tue aspettative,
ma credo che sia impossibile andare a Tebe, sinceramente lo considero
un suicidio!> rispose risentendosi il giovane. L’uomo sospirò
pazientemente, cercando di sprecare gli ultimi respiri rimastigli,
in maniera opportuna: cercando di convincere Parmione a fare la sua
volontà; così gli disse: <Senti figlio mio, fidati
di me! Facciamo così: voglio che tu contatti due persone che
ti possono aiutare…> L’udire di quelle parole, rese
gli occhi di Parmione accesi di ritrovata speranza, poi con più
interesse chiese al padre: <Di chi si tratta? Devono essere due
guerrieri forti, astuti e vincenti! Oppure qualche semidio pronto
a correrti incontro perché debitore nei tuoi riguardi di un
favore…> Il giovane, accecato dall’orgoglio di avere
un simile padre, cominciò a volare con la fantasia, facendo
le più svariate congetture, finché fu interrotto dal
padre che lo ammonì: <Nulla di tutto ciò, figliolo,
sono soltanto due donne!> <Due donne?> rispose deluso Parmione.
Il padre gli sorrise bonario, intuendo che il giovane aveva soltanto
paura di affrontare una situazione più grande di lui completamente
solo, poi lo fissò e gli disse con una voce sottilissima, quasi
impercettibile, esalando gli ultimi respiri: <Cerca Xena e Olimpia,
siamo amici di vecchia data…La principessa guerriera mi deve
ancora un favore; dille che la manda a cercare Palemone, ella capirà
e correrà a darti una mano!> ed una smorfia di dolore si
stirò sul suo volto.Lo stupore del ragazzo fu tale che continuò
a ripetersi più volte: <Xe… Xena e O…Olimpia?
Quelle Xena e Olimpia?> Il padre gli dedicò l’ultimo
sorriso, avallando i suoi pensieri: non c’era dubbio, Parmione
avrebbe ricevuto l’aiuto migliore che potesse desiderare.
Il ragazzo allora disse con più sicurezza: <Va bene padre,
farò come tu mi hai detto!> A quelle parole, il padre gli
sorrise ancora, poi prima di spirare disse: <Parmione…mi
fido di te, ti voglio bene…> E subito la vita lo abbandonò:
il corpo si appesantì cadendo più mollemente sul giaciglio,
mentre gli occhi ancora aperti, avevano acquistato una velatura bianca
nell’iride. Il giovane cominciò a piangere la morte del
suo caro genitore, tenendogli ancora la mano che stava diventando
fredda e dura. Poi si liberò da essa e gli chiuse gli occhi,
dandogli un ultimo bacio sulla fronte rugosa. Uscì quindi da
quella camera nel quale si era chiuso poco prima col padre, che voleva
parlargli da solo.
Si recò dunque nella cucina e diede il triste annuncio all’anziana
madre, ed alle sue quattro sorelline, che corsero ad abbracciarlo
piangendo. Vinta la commozione, Parmione prese la più piccola
in braccio, e si diresse verso la madre che si era accasciata in un
angolo del focolaio, con le mani sul viso e il viso quasi in grembo.
Il giovane, cercando di essere forte, gli si rivolse allora con decisione:
<Non temere madre, ce la faremo!> La donna lo guardò
esterrefatta, tanto da non capire da cosa derivasse tutta quella tranquillità
del giovane, così gli disse: <Ma Parmione, cosa faremo ora?>
Egli con nuova decisione: <Madre, prepara i fagotti, andremo a
Tebe!> Una smorfia di terrore passò nel volto della donna
che rispose allarmata: <Ma hai forse perso il senno? Sai cosa sta
succedendo a Tebe?> <Certo che lo so..> rispose calmo Parmione
che aggiunse: < Queste sono le ultime volontà di babbo:
Trasferirsi a Tebe dallo zio Leucippo. Ed io intendo esaudirle, perciò,
considerato che sono il nuovo capo famiglia, si va a Tebe!> La
madre abbassò lo sguardo rassegnata dicendo: <Come vuoi
ma credo sia una pessima idea! Come faremo ad entrare nella città
se stanno chiudendo le frontiere per impedire che giungano seguaci
di Atteone da tutta la Grecia?> Il giovane rispose ottimista: <Ce
la faremo madre! Mi basterà solo mandare una missiva a due
persone!> <A che scopo? Ci servirebbe qualcuno che sappia farsi
valere, non so se…> rispose confusa la madre. Parmione allora,
poggiando la sorellina più piccola tra le braccia della secondogenita
incalzò: <Perché queste due persone sono fortissime,
sono state amiche di papà, e visto che aiutano sempre i più
deboli, ci daranno una mano ad essere felici!> <Chi sono?>
domandò la sorellina più grande. Egli rispose spensierato:<Xena
e Olimpia! e chi se non loro!?!>
I due nomi echeggiarono nella stanza mettendo un leggero sorriso soddisfatto
sulle labbra di quella povera famiglia.
CAPITOLO 1
La giornata stava volgendo al tramonto quando, nel crepuscolo, Xena
e Olimpia arrivarono con le loro cavalcature a Melandria. Le condizioni
climatiche erano state poco clementi con loro, difatti la giornata,
bella e soleggiata, si era ben presto mutata in tempestosa e fredda:
così, arrivarono a destinazione bagnate fradice. <Accidenti
che giornataccia!> esclamò Olimpia. <Si, è stata
una pessima idea decidere di mettersi in viaggio proprio oggi…Eppure
Zefiro non portava ad oriente nubi cariche di pioggia!> rispose
Xena. <Mah…sarà una delle stranezze del tempo che
avvengono di questi periodi…> concluse Olimpia. Xena la fissò
qualche attimo e poi sorridendole disse: <Credo tu abbia ragione!>
<D’altronde…> constatò poi più solenne
la guerriera: <La missiva parlava chiaro: “….Dovevamo
venire a Melandria per trovare un certo Parmione, figlio di Palemone
e aiutare la sua famiglia!”> <Palemone…> rimuginò
tra se Olimpia <Non mi pare nuovo questo nome, sai Xena?> La
guerriera rifletté ad alta voce: <Sarà una delle
tante persone che abbiamo incontrato sul nostro cammino…>
Olimpia, nonostante la pioggia continuava a fischiettare, non avendo
perso il suo buon umore, e di questo la principessa guerriera ne fu
felice. Xena le disse, poggiandole un mantello sulle spalle: <Copriti
per favore, altrimenti prenderai un malanno!> Olimpia si strinse
nella mantella dicendo: <Per gli dei Xena, come piove! Per fortuna
che tra pochissimo arriveremo nella piazza del mercato, spazio pullulante
di vit…> ma non finì neppure la sua frase, che giunte
nella piazza del mercato, immediatamente dovette ricredersi osservando
lo spettacolo che si profilava dinnanzi a loro: tutto era avvolto
da una coltre di immensa desolazione, il paesaggio era così
spettrale... Era
un’atmosfera così inquietante, quasi da far rabbrividire;
le due notarono che non c’erano più venditori, che tutti
i bancali erano vuoti e che il mercato era come morto, e ad alitare
su di lui, solo il forte soffio del vento, e la pioggia battente che
cadeva inzuppando ogni cosa. Avvicinandosi a Xena, e cercando il suo
abbraccio, Olimpia le sussurrò nell’orecchio: <Ehi,
ma che è successo? Dove sono tutti?> <Non lo so Olimpia…non
ne ho la più pallida idea…> espose riflessiva con
un filo di voce la guerriera, che intanto la stringeva con fare protettivo.
<Strano, è da poco passato il tramonto, ma non pensavo che
la piazza del mercato a quest’ora fosse già deserta…
E’ il primo posto in cui ci rechiamo, che troviamo deserto subito
dopo il tramonto… E tutto così spettrale…> constatò
rabbrividendo Olimpia. Xena le disse ironica, cercando di sdrammatizzare:
<Meno male che il mercato era pullulante di vita!> Ma in realtà
si sentiva irrequieta, non era ancora in grado di capire cosa esattamente
fosse successo, perciò convenne che l’unica alternativa
per la quale potevano optare in quel momento, era mettersi al riparo,
perché in quell’alone di mistero, non poteva permettersi
di correre rischi, ne tanto meno di farne correre ad Olimpia che nonostante
fosse una guerriera autonoma, molto spesso le sembrava ancora solo
la fanciulla strappata ai genitori nel villaggio di Potidea. Da allora
quella creatura per lei così soave meritò sempre di
essere amata e protetta, sempre, e quella volta non faceva eccezione.
Trasalì, quando all’improvviso, il rumore di un sonoro
starnuto di Olimpia le ricordò che entrambe erano bagnate fradice,
e che, se fossero rimaste ancora qualche attimo sotto quell’acqua,
avrebbero rischiato di beccarsi una bella influenza. Xena le si rivolse
ancora dunque, notando che Olimpia fissava la realtà con occhi
costernati: <Forza, cerchiamo una locanda dove trascorrere la notte,
dobbiamo metterci al riparo da questa pioggia scrosciante! O ti buscherai
un malanno…> Olimpia sorrise al fare protettivo ma alquanto
goffo di Xena, e senza dir nulla si lasciò condurre da ella.
Qualche istante dopo, le due arrivarono nei pressi di una bettola
che aveva le porte chiuse. Con molta sollecitudine, Olimpia bussò
al batacchio della porta, ma nessuno rispose loro. La bionda allora,
si voltò per fissare demoralizzata le iridi cerulee della guerriera,
che per tutta risposta si fece spazio tra lei e Argo II, e riprovò
con più decisione.
In quell’istante la porta si aprì timidamente, nascondendo
dietro di essa, una bambina che avendole notate stanche e bagnate
dalla finestra, si mosse a pietà e decise di aprirle. Subito
dietro di lei, fu il padre. Così Xena si rivolse all’uomo,
la cui figlia stava sgattaiolando fuori, e chiese: <Chiedo scusa
per la tarda ora, ma noi vorremmo poter avere un posto al caldo…siamo
appena giunte a Melandria, siamo bagnate, stanche… la mia amica
non riesce più a continuare il viaggio, credo non stia tanto
bene… per favore, ci accolga in casa sua, le pagherò
bene il prezzo di una stanza con due giacigli si ci vorrà ospitare…>
Nel frattempo, Olimpia era rimasta a giocherellare con la figlia dell’oste,
poco distante da Xena. L’oste gettò uno sguardo al di
fuori della taverna e vide che nonostante Olimpia fosse bagnata fradicia,
si tolse il mantello e lo usò per coprire la bimba per non
farla bagnare; anche Xena, fu portata a seguire lo sguardo dell’oste
e ad ammirare il gesto altruista della sua amica, fatto con tutto
l’istinto materno che ella possedeva. Rimase estasiata nel vedere
come la Olimpia si prendeva cura di quella creatura, nonostante non
fosse figlia sua. In un secondo pensò: <Eh si, è
proprio questo che la rende speciale: gli slanci di incondizionata
generosità che ha nei riguardi altrui!> Fu però subito
riportata dalla realtà, dallo schiarirsi di voce dell’oste
che quel gesto commosse tanto da farsi più in là, ed
esortare le guerriere ad entrare; egli prese poi le briglie delle
loro cavalcature per portarle nella stalla, ed intimò le due
donne di aspettarlo sull’uscio della taverna. Olimpia teneva
la piccola per mano, coprendola come meglio poteva.
Qualche istante dopo, i quattro furono al riparo nella mensa di quella
locanda. L’oste si avviò dietro al bancone e offrì
loro due boccali di sidro, la bimba fino ad allora attaccata ad Olimpia,
corse verso il padre e mise nei piatti due tozzi di pane e un po’
di minestra avanzata quella sera, poi avvicinandosi ad Olimpia gliela
porse con un timido:< Tieni…> Olimpia si chinò
verso di lei, le carezzò i capelli, e prese il tutto ringraziandola.
Poi portò sul banco e lì condivise la cena con Xena.
Mentre le due stavano rilassandosi, dal piano di sopra si udì
una voce stridula che urlava avvicinandosi sempre più: <Nico,chi
ha bussato a quest’ora?> ma l’oste non rispose; sicchè
dal fondo della scalinata, apparve una donna in abito da notte che
aveva un’aria piuttosto burbera e bisbetica, talmente brutta
da far invidia a medusa, sdentata e con i capelli arruffati dal sonno.
<Nico! Cosa diamine combini a quest’ora?> rispose furiosa
la donna. In quell’istante la piccola si mise dietro le gambe
di Xena per paura che accadesse qualcosa di brutto. L’oste,
molto seccato dall’atteggiamento di sua moglie la richiamò:
<Torna a dormire Esedra! Non sono affari che ti riguardano!>
<Tutto ciò che riguarda te, nostra figlia e la taverna mi
riguarda! Idiota!> strepitò la donna, che in quel preciso
istante roteò gli occhi di 180° e vide le due guerriere
sedute al banco sugli sgabelli e la sua figlioletta dietro di loro.
<Oh dei! E chi sarebbero queste due? Sgualdrine in cerca di lavoro?
Puttane? Ladruncole?> si avvicinò di più a loro e
le squadrò da capo a piedi: <Sei matto! Come hai osato far
entrare due sicari in casa nostra?> urlava con sempre più
fervore.
In quel momento Olimpia disse timidamente: <Ehm… veramente
signora, non siamo appena giunte da un lungo viaggio a Melandria e
abbiamo bussato alla vostra porta per trovare riparo dalla pioggia
battente…sa con questo tempo…> La donna la fissò
un attimo, e Olimpia fu certa che le sue parole l’avessero calmata,
ma all’improvviso esplose: <Avete fatto malissimo a venire
qui a Melandria, specialmente in questo periodo!> Olimpia si spazientì:
<Non siamo qui per un viaggio di piacere!> le rimbrottò,
alzando gli occhi al cielo in segno di resa, ed a quel punto intervenne
risoluta Xena: <Senti, non abbiamo tempo da perdere con te, siamo
venute qui solo per stanotte, per riposare, siamo stremate dal viaggio
quindi non ti ci mettere pure tu, che se mi arrabbio divento una poco
piacevole compagnia!> Poi imitando il gesto della compagna, accarezzò
un attimo i capelli della bambina e disse: <Sai che ti dico? Tu
sei solo una pazza isterica, le furie confrontate con te sono agnellini!
Dovresti prenderti più cura di tua figlia anziché fare
schiamazzi e disturbare gli altri!> Poi si rivolse a Nico e parlò:
<Grazie, ringrazio il cielo che non ci sia venuta ad aprire tua
moglie, a quest’ora forse saremo ancora sotto la pioggia!>
Così detto prese dal sacchettino che portava legato col chackram
vicino alla vita e vi pose venti denari sul bancone, poi sotto gli
occhi della moglie stupita chiese all’oste: <Per favore Nico,
puoi darci le chiavi della nostra stanza?> L’oste collaborò
affabilmente, restituendo a Xena l’intera somma e disse: <Prendi,
tu e la tua amica non avete alcun bisogno di pagare per sostare una
notte qui, casa mia è anche vostra!> La moglie starnazzò
ancora: <Ma che sei scemo?> Ed egli disse con piglio autoritario,
come mai fino ad allora aveva usato: <Esedra, taci! Io voglio che
Xena e Olimpia stiano a dormire qui stanotte, e non mi interessa che
paghino, mi interessa solo che loro si trovino bene! E porta rispetto
a due come loro, vecchia megera!> Olimpia pensò ironica
tra se e se : “Accidenti, si amano alla follia!”
Ma il corso dei suoi pensieri fu interrotto dalla voce di Xena che
chiese all’oste: <Ehi, un momento, che ne sai chi siamo noi?>
L’oste rispose alla domanda della guerriera con una tranquillità
disarmante: <Andiamo Xena, cosa pensi che non sia abbastanza conosciuta
qui a Melandria? Il buon vecchio Palemone, che gli Dei lo abbiano
in gloria, non faceva altro che parlare della sua avventura con te,
e poi il palomino… il chackram alla vita…l’ inseparabile
Olimpia…Solo i ciechi non si accorgerebbero della tua maestosa
presenza!>
Le due guerriere si guardarono con aria confusa, soprattutto perché
giunse di nuovo loro quel nome: Palemone che fece loro ricordare della
missiva. Senza aggiungere altro, e sotto gli occhi stupiti della vecchia
Esedra, Xena ringrazio di tutta quell’ospitalità, prese
le chiavi della stanza e si accinse a salire di sopra, seguita a ruota
da Olimpia, che prima però, salutò, la piccola bimba
bionda con gli occhi azzurri.
Appena riuscirono a chiudere la porta della stanza, dietro di loro,
le due si portarono verso il letto, sul quale si adagiarono mollemente.
<Sei stanca?> chiese Xena ad Olimpia. <Si, un poco.> rispose
la barda, accennando ad uno sbadiglio. La guerriera si avvicinò
mettendole poi una mano sulla spalla. <Cosa c’è?>
sussurrò Olimpia, ma non fece neppure in tempo a realizzare
quello che stava accadendo, che si ritrovò distesa a pancia
sotto, con Xena a cavalcioni su di lei, e le mani della guerriera
che slacciavano il suo corpetto. <Xena…> mugugnò
Olimpia. La donna allora cominciò a far correre le sue mani
lungo la schiena dell’amica, con molta forza, massaggiandola
vigorosamente. Xena le rispose: <Ti sento tesa, rilassati, o rischio
di farti male, hai i muscoli contratti…Qualcosa non va?>
chiese premurosamente Xena. <No, va tutto bene, sei fantastica,
sai? I tuoi massaggi hanno il potere di farmi toccare il cielo con
un dito!> incalzò Olimpia.
La donna guerriera andò avanti ancora per qualche minuto a
massaggiare la schiena della compagna, che intanto stava appisolandosi,
finché, quasi folgorata da un pensiero, con uno scatto repentino,
Olimpia si voltò verso Xena e la fissò negli occhi.
La principessa guerriera, sentì il cuore in gola: lo sguardo
della sua compagna era capace di provocarle intense emozioni ogni
volta, purtroppo però Olimpia esordì serissima: <Ehi,
Xe, forse ho capito chi era questo Palemone!> Alla donna caddero
le braccia, abbassò il capo in segno di resa, poi lo risollevò,
con occhi delusi. Solo allora Olimpia la fissò e capì
che forse aveva detto qualcosa di inopportuno, così chiese:
<Ehi, che c’è?> Xena scosse il capo, si arrestò
un attimo a pensare, poi cercando di ponderare bene le parole disse:
<Perché mi fissavi con quelli occhi da cerbiatta?> <Io??>
si stupì Olimpia. <Si, proprio tu, e chi altri sennò,
non c’è nessun altro in questa stanza!> <Eh no,
mia cara, io stavo solo pensando che forse ho capito chi era Palemone!>
Xena allora disse scherzosamente: <E va bene grande ed integerrima
illuminata! Chi sarebbe questo Palemone?> Olimpia le si avvicinò
abbracciandola con finto tono dispiaciuto: <Xena, perché
mi offendi sempre?> La principessa guerriera capì che in
realtà Olimpia voleva solo essere coccolata, e l’accontentò:
le tolse i calzari, la fece stendere sul letto, nel frattempo si tolse
l’armatura e scivolò al di sotto delle coperte vicinissima
alla donna che era rimasta impassibile, a vedere tutta la scena.
Xena, si fermò ad un palmo da lei e disse: <Allora, vuoi
dirmi chi è questo Palemone?> mentre le passava un braccio
sotto la testa, attirando il corpo di Olimpia a se. <Ti ricordi
quando mi rapirono per farmi sposare quel re che in realtà
il primo consigliere aveva già ucciso?> <Ehm.. No!>
rispose confusa Xena <Rifletti bene, scava nella tua mente…>
la esortò Olimpia. Allora Xena si spazientì: <Per
gli Dei, amore, è passato davvero tanto e non credo di ricordare
bene…> <Non ricordi neppure che tu eri diventata cieca?
E che avevi bisogno della segale egizia per porre rimedio alla tintura
di ortica che ti era finita sugli occhi?> <Mhhm…> fece
per pensare Xena per poi continuare : <Dove vuoi arrivare?>
<Nulla Xena, semplicemente dirti che Palemone era quel ragazzo
che ti aiutò ad infiltrarti nel castello per salvarmi la vita,
lo stesso che lo fece in cambio di una sfida all’ultimo sangue
con te!> Xena aggrottò la fronte, alzò lo sguardo
per fissarlo in un punto indefinito della stanza, per poi dire: <Mi
sembra di cominciare a mettere a fuoco…> mentre Olimpia la
fissava carezzandole il viso. <Palemone!?! Ma certo! Quel biondino
che poi andò via col tipo che ti faceva da maestro di buone
maniere, rinunciando al duello!> <Brava, proprio quello!>
rispose esultante Olimpia, per poi correggere la sua amica: <E
poi Euristeo non mi insegnava le buone maniere! Capito?> concluse
sorridendo il bardo, e Xena la provocò dicendole: <Oh, certo,
non ti insegnava le buone maniere… A giudicare da come faceva
la corte a Palemone, forse ti stava insegnando a corteggiare qualcuno….>
Olimpia la fissò negli occhi rassegnata, dicendole un semiserio:
<Ma piantala!> concludendo l’ affermazione con un sonoro
colpo di tosse: <Tu hai preso molto freddo oggi!> la rimproverò
amorevolmente Xena, cercando di coprirla alla meglio. <Dai, riposiamo
che domani ci aspetta una giornata lunga ed estenuante, dobbiamo cercare
il figlio di Palemone ed aiutarlo, dopotutto, ho ancora un debito
con lui, ed è giunto il momento di saldarlo!> constatò
Xena <Ti voglio bene, perché sei sempre così piena
d’orgoglio ed onore!> la fissò sorridendo dolcemente
Olimpia, così Xena le accarezzò il viso prima di voltarsi
dall’altra parte per dormire.
<Buonanotte!> salutò subito dopo Xena <Buonanotte!>
le rispose Olimpia avvolgendosi ancora di più nelle coperte.
Xena spense la lampada e tutto piombò nel buio…
CAPITOLO 2
Il sole indorava con i suoi primi caldi raggi, i corpi delle due donne
che giacevano ancora dormienti, strette l’una all’altra.
Dei gridolini gioiosi, provenivano dalla piazza del mercato adiacente
alla locanda, e proprio questi versi fecero svegliare di soprassalto
Xena, che si mise subito seduta al centro del letto brontolando. Appena
fu desta, si incantò fissando le bionde ciocche di Olimpia
che dormiva ancora, con le mani strette a pugno sul cuscino e la bocca
semiaperta. “Sembra proprio una bambina” pensò,
per poi posarle un lieve bacio sulla guancia. Olimpia si accorse di
essere stata sfiorata dalla compagna e chiese con la voce impastata
dal sonno:< Oh Xena, è già ora di alzarsi?> <Si
dormigliona!> le sussurrò Xena in un orecchio, e dopo qualche
mugugno anche Olimpia fu sveglia.
<Ehi, non mi dai il buongiorno?> le chiese interrogativa Xena,
ed in me che non si dica, Olimpia raggiunse le diede un pizzicotto
sulla guancia dicendo: <Buongiorno guerriera!> Xena, la fissò
interdetta, con la bocca aperta, era abituata alle stranezze di Olimpia,
ma questa le superava tutte, così Olimpia scimmiottandola le
disse: <Forza, chiudi quella bocca altrimenti ti entreranno le
mosche!>
Finalmente decise di alzarsi, si guardò per un attimo nel piccolo
specchio su un mobile e crcò di aggiustarsi i capelli per poi
prendere i suoi vestiti e rivestirsi. Xena la fissava mentre compieva
tutti quei gesti estremamente vanitosi, così le prese in giro:
<Ci stiamo facendo belle per qualcuno?> Olimpia si voltò,
strabuzzò gli occhi e disse: <Xena, ma sai da quanto tempo
non mi tocca nessuno in quel senso?> <Secondo me son tutti sciocchi
gli uomini, non si accorgono di quanto tu sia bella…> rispose
Xena per poi avvicinarsi al suo orecchio e dire: <Forza…>
mentre la allacciava da dietro: <Dobbiamo affrontare una giornataccia
oggi!> <Mhmm… Non ci voglio pensare!> fu la risposta
di Olimpia.
Nonostante il sonno e la stanchezza che aveva accumulato, Olimpia
cerco di rendersi presentabile anche con l’aiuto di Xena, poi,
andò verso la finestra dalla quale penetrava la luce, e la
spalancò, osservando lo spettacolo al di sotto i se: La piazza
del mercato pullulante di vita, con tantissime bancarelle, luci, colori,
suoni ed ogni sorta di merce.< Hai visto Xe? Non mi potevo sbagliare,
il mercato è il cuore attivo della città!> parlava
stupita Olimpia. <Sarà…> disse Xena sospettosa,
<…Ma ieri pomeriggio non era poi così pullulante di
vita questo mercato! Invece, stamattina sono stati proprio questi
schiamazzi a svegliarmi!> <Come hai dormito stanotte?> le
chiese Olimpia. Xena accennò ad uno sbadiglio dicendo: <Non
tanto bene, sai benissimo che risento del cambiamento di letto…>
<Certo, perché tu chai un letto fisso in una casa fissa
vero?> la prese in giro Olimpia. Xena le disse: <Già,
effettivamente sono anni che non dormo per tre notti di fila sempre
sullo stesso letto!> e risero entrambe. Poi ritornando seria Xena
pensò ad alta voce: <Dovrò parlare un attimo con
Nico, e poi ci metteremo alla ricerca di Parmione…> concluse,
appena in tempo per sentire i ripetuti brontolii dello stomaco della
sua amica, che la fissava desolata; così lasciandosi andare
ad un sorriso Xena aggiunse: <Non prima di aver portato questa
mangiona a fare colazione!>
Appena scese le scale, le due si accomodarono ad un tavolo poco distante
dal banco, ed in quel momento, Nico le notò. Dopo aver servito
del latte caldo con miele ad una donna, l’oste si avvicinò
a loro: <Ehi, come va?>
<Tutto bene, grazie!> rispose cordialmente Olimpia
L’oste si volto verso Xena, che come sempre tra le due era la
meno loquace, e le chiese: <Avete fame? Vi porto del latte di capra
e delle focacce?> La guerriera che stava pulendo la sua spada,
annuì, mentre l’oste si voltò verso Olimpia chiedendole
sottovoce: <Ma che ha? E’ arrabbiata?> <No!> sorrise
Olimpia che continuò: <E’ sempre poco loquace al mattino!>
L’oste si allontanò e Olimpia richiamò Xena: <Si
può sapere che ti prende?> Xena sollevò il capo dalla
spada meravigliata chiedendole: <Perché?> <Perché
hai trattato malissimo quel poveretto che ci ha ospitate senza prendersi
un soldo per di più, ti devo ricordare che gli siamo debitrici?>
Xena le sorrise e disse: <No, non c’è bisogno. Scusa,
ero soprapensiero, non ho udito molto di quello che dicevate…>
Mentre le due confabulavano, Olimpia si accorse che l’oste stava
riavvicinandosi con un vassoio in mano, così bisbigliò
alla compagna, schiacciandole il piede al di sotto del tavolo: <E
cerca di essere più affabile stavolta!>
< Eccovi qui un po’ di cibo per rimettervi in forze!>
disse giocondo l’oste, ed Olimpia notò che attaccato
alle sue vesti, c’era la bambina della sera precedente, che
le sorrideva timida, con un dito in bocca. <Vieni qua piccolina!>
le disse Olimpia spalancando le braccia ed accogliendo sulle sue gambe
la bimba, mentre allo stesso tempo Xena chiedeva all’uomo: <Per
favore Nico, potresti dedicarci qualche attimo? Vorremo parlarti…>
Così dicendo, scostò la sedia dal tavolo e fece cenno
all’oste di sedersi. L’uomo ubbidì senza batter
ciglio, e con molta cortesia le disse: <Di cosa si tratta?>
<Vedi…> cominciò Xena <..Siamo state convocate
qui per aiutare il figlio di Palemone, e fin qua, è tutto chiaro,
ma ci sono alcune cose che non mi riesco a spiegare!> <Si, hai
ragione!> continuò Olimpia che aveva fino ad allora ascoltato
attentamente. <Ad esempio…> riprese Xena: <Perché
stamattina il mercato è pullulante di vita, mentre ieri, appena
calato il sole era praticamente deserto?> <Oh…> sospirò
Nico abbassando il capo. <Perché sembri così turbato?>
La bimba che fino ad allora sembrava aver soltanto giocato con i laccetti
del corpetto di Olimpia disse spaventata: <Perché dopo il
tramonto le signore lupo vengono a cercare!> <Cosa?> chiese
Olimpia confusa e stupita. Xena, dopo l’iniziale sgomento
si rivolse all’uomo: <Cosa vuole dire la bambina? Parla per
gli Dei, o non potremo aiutarvi!> A quelle parole l’oste
fu scosso da un brivido e poi cominciò a raccontare: <Vedete,
tanti anni orsono, che proprio in questo paese, si formò il
primo nucleo di menadi; per un poco la gente convisse con loro, ma
era sempre più difficile starci a contatto, perché erano
veramente femmine strane, oscene, discinte, maleducate; insidiavano
le nostre donne e le nostre fanciulle e non potevano essere d’esempio
per la nostra società…> Nico si fermò un attimo
per riprendere fiato, ed osservò l’atteggiamento di minuziosa
attenzione che avevano le due guerriere nei riguardi di quel racconto,
così, si schiarì la voce e proseguì: <…Un
giorno, noi uomini, decidemmo di cacciarle da Melandria; il nostro
esempio fu seguito così anche dagli abitanti dei villaggi vicini.
Da allora, in questo periodo dell’anno, come rinnovo di un’antica
maledizione, le donne lupo scendono sempre nei villaggi dai monti,
o si spingono dalle foreste fino ai paesi vicini, per saccheggiare,
razziare e punire tutte le donne e le fanciulle che un tempo non si
unirono a loro, e che ancora oggi, fedeli alla loro famiglia ed alla
loro società, rifiutano di unirsi a loro, e non praticano il
culto di Bacco…> <Ma è semplicemente orribile!>
fu il commento di Olimpia subito dopo il racconto dell’oste.
<Bastardo!> Batté furiosa i pugni sul tavolo Xena. Si
alzò di scatto impugnando la spada ed uscì dalla locanda.
di
Bard and Warrior