Olimpia le domandò
allora: <Xena, e se le buone maniere non funzionassero?> Senza
dir nulla la guerriera fissò la compagna negli occhi, poggiandole
una mano sulla spalla, poi la tolse facendola correre lungo la sua
cintola, e con due dita andò a sfiorare il chackram. Osservando
tutta la scena Olimpia si limitò a rispondere: <Capisco…>
Tutto il gruppo si avviò lentamente verso l’ingresso
a Tebe, ma quasi come se il presagio di Xena si stesse avverando,
i soldati li fermarono all’ingresso di Tebe.
<Perché siete venuti a Tebe?> tuonò la voce di
un soldato che interloquì con Xena. Cercando di mantenere calma
e lucidità, la guerriera rispose: <Abbiamo accompagnato
questi nostri parenti perché hanno perso il capofamiglia, è
qui c’è un nostro zio che potrà ospitarli, ma
la zia è vecchia, i suoi figli piccoli, e il ragazzo da solo
ragazzo non riusciva a condurre la sua famiglia qui…> recitò
Xena per impietosire il soldato che rispose invece: <Capisco!>
poi continuare: <Ma non potete entrare! Dobbiamo bloccarvi qui
e chiedervi di tornare indietro, perché siete un gruppo troppo
numeroso ed abbiamo avuto disposizione dal re che non più di
dieci gruppi di due persone, possono entrare in una giornata a Tebe.>
<Ma vi prego non fateci tornare indietro, la zia malata e molto
stanca, le figliolette molto piccole, non riuscirebbero ad affrontare
il viaggio di ritorno…> esclamò prontamente Olimpia
cogliendo al volo l’interpretazione di Xena e portandola avanti.
Un terzo soldato domandò: <Da dove venite?> <Da Melandria…>
rispose esitante la madre di Parmione. <Non è tanto distante
da qui, potete tranquillamente tornare indietro e andare a casa prima
di sera…> <E prima che le baccanti trasformino i vostri
corpicini in carne da macello!> esclamò ironico un quarto
uomo, mentre in coro tutti gli altri ridevano.
La rabbia afferrò la mente di Xena, che cercò tuttavia
di calmarsi, per il buon esito della missione, ma oltre a lei, anche
Parmione si era infuriato, e purtroppo a differenza di Xena, non riuscì
a controllarsi, difatti a gran voce urlò: <Sporchi e sudici
idioti, cosa avete tanto da ridere?> I quattro si fermarono di
botto, guardando verso Parmione, poi l’ultimo dei quattro che
aveva parlato, continuo: <Stai zitto lurido pidocchio, o ti strappo
la lingua dalla bocca e me la appendo come trofeo in garitta!>
<Sei solo un pallone gonfiato dal cervello bacato!> urlò
con voce forte Parmione, che si avvicinò di due passi al soldato,
che a sua volta stava perdendo la pazienza.
In quel preciso istante, Xena e Olimpia si guardarono negli occhi
rassegnate, così Olimpia sussurrò: <Va bene, non
abbiamo scelta…Vada per le maniere forti!> E Xena le rispose:
<Quanto dovremo aspettare ancora prima che due uomini dalla diversa
cultura, dai diversi modi di fare possano parlare in pace, senza attaccarsi,
o farsi la guerra?> <Tanto, tantissimo tempo ancora, amore…>
sospirò Olimpia dirigendo le mani verso i calzari.
Proprio mentre stava perdendo le staffe, il soldato sguainò
la spada e menò per l’aria un fendente, diretto verso
il braccio di Parmione, ma prima che l’arma potesse ferire il
ragazzo, un rumore di ferraglia risuonò nell’aria sotto
gli occhi sgomenti della famiglia del ragazzo. Parmione che chiuse
gli occhi dalla paura gli riaprì, e si accorse di essere stato
protetto da Xena che aveva parato il fendente con la sua spada.<Mi
opponi resistenza, donna?> <Beh, mi sembra che puoi vederlo
da te!> parlò ironica Xena, riacquistando tutta la sua maestosa
grinta. <Sei una sciocca, la pagherai cara!> ed il soldato si
menò in un duello, quasi un corpo a corpo con Xena. Gli altri
soldati cominciarono anche loro a sfoderare le armi, ed ovviamente
Olimpia che fino ad allora era stata solo spettatrice di quel duello,
cominciò anch’ella a prepararsi per il suo impegnativo
duello. Due soldati si lanciarono in aiuto del loro compagno, ma Xena
prima di rendersi conto di quello che stava accadendo, si trovò
subito le spalle coperte dalla compagna, che aveva ingaggiato lotta
con i due, il quarto uomo, si gettò nella mischia, ma non prima
di aver attirato l’attenzione di altre guardie, che corsero
in loro aiuto, mentre le due guerriere riuscirono a liberarsi dal
loro duellante, videro subito arrivarsi contro altri dieci o forse
quindici uomini… <Entrate ora che la porta non è sorvegliata!>
gridò Xena a Parmione ed alla sua famiglia, tenendo testa nel
frattempo, a delle guardie. Il ragazzo, e la sua famiglia, non riuscivano
ad andare via, erano così vicini alla porta che li avrebbe
condotti alla salvezza, eppure non riuscivano a varcarla, rimanevano
impietriti ad osservare il destino delle due donne.
<Non posso lasciarvi qui a combattere da sole contro tutti questi
soldati!> urlò Parmione.
Olimpia si voltò distraendosi un attimo ed urlò:<
Non fare lo sciocco, vai via: la legge di Tebe dice che sei intoccabile
e sotto la protezione del re Penteo, se attraversi come scampato ad
un combattimento la porta del sole… Porta la tua famiglia in
salvo, ora!>
Convinto dalle parole del bardo, il giovane prese l’anziana
madre sotto braccio, e le sorelle più piccole, e le condusse
entro Tebe. Olimpia fu compiaciuta che il giovane una volta tanto
aveva ubbidito, e poté concentrarsi nel suo combattimento.
Xena e Olimpia erano ormai stanche, piene di lividi e graffi…venti
uomini tutti in una volta erano troppi anche per loro, così
le due furono accerchiate, e si misero spalle contro spalle. <Xena,
è la fine, vero?> sussurrò il bardo. <Venti uomini
cominciano ad essere troppi anche per noi! Stiamo invecchiando!>
scherzò, la Principessa Guerriera sorridendole, poi cercando
di infonderle coraggio, le disse: <Dai, ci siamo trovate in situazioni
peggiori… Ce la caveremo!>
La lotta sembrava già aver segnato i destini dei vinti e dei
vincitori, quando dal bosco attiguo alla città, uscì
un gruppo di uomini armati fino ai denti, che si fiondò contro
i soldati, combattendoli arditamente.
Xena e Olimpia, rimasero attonite, non si aspettavano assolutamente
dei soccorsi, così si guardarono chiedendosi: <E da dove
sbucano questi?> E stettero per un attimo a guardare, mentre quegli
uomini subito misero in ritirata, ad una ad una le guardie.
In poco tempo il combattimento fu finito, e le due guerriere salve.
Xena era alquanto incredula, inoltre la comparsa di questi uomini
infittiva ancora di più il mistero; improvvisamente un uomo
di bell’aspetto, con lunghi capelli neri ricci, ed una barba
incolta, occhi neri e fisico statuario, si avvicinò alle guerriere
e si presentò: <Lieto di fare la vostra conoscenza signore,
io sono Atteone!> <Atteone?> urlò Olimpia, per poi
rivolgersi a Xena: <E’ il capo dei ribelli, vero?> Xena
annuì rispondendo all’amica, e fissando i suoi negli
occhi del ribelle. Non sapeva perché, ma osservandolo cresceva
in lei un sempre maggiore senso di inquietudine. Atteone dal canto
suo, era perfettamente in grado di reggere lo sguardo inquisitorio
della donna, tanto da dirle: <Almeno potreste presentarvi..>
Xena che continuava ad avere i suoi strani presentimenti, si chiuse
sulla difensiva e rispose poco entusiasta: <Io sono Xena di Anfipoli
e lei è Olimpia di Potidea, ti ringraziamo per averci aiutato,
ma ora scusaci, abbiamo altro da fare!> Detto questo fece per scansarsi
seguita a ruota da Olimpia, ma si arrestò quando sentì
che Atteone le afferrò il braccio e le disse: <Due forti
guerriere insomma! Perchè non vi unite a noi?> Xena lo fissò,
e sentì di non potersi fidare di lui, così con tutta
la sua fierezza rispose: <Ti ho già ringraziato per averci
aiutate, ma non ti aspettare altro da noi, tu e i tuoi seguaci siete
dei ribelli fuori legge, dei fanatici, e non voglio condividere alcun
tipo di esperienza con voi!> <Ne sei proprio sicura?> rispose
Atteone fissandola intensamente. In quel momento la guerriera sentì
che il suo corpo veniva pervaso da mille brividi di piacere, un intenso
calore la avvolgeva tutta, si sentiva forte, e poi un secondo dopo
confusa, quasi come se fosse ubriaca. Quella stranissima sensazione,
finì nel momento in cui Olimpia la strattonò e la riportò
alla realtà, così poggiando una mano sulla spalla della
compagna, Xena disse al ribelle: <Non mi unirò mai a voi,
sappilo, e non tentare più di persuadermi delle mie decisioni!>
E così dicendo si recarono entro Tebe, per controllare che
Parmione e la sua famiglia fossero sani e salvi.
<Metterò anche questo affronto sul tuo conto: me la pagherai
Xena, ti distruggerò senza pietà, ed insieme a te anche
la tua amica…Benvenuta nel peggiore dei tuoi incubi!> disse
sottovoce Atteone, ghignando maligno mentre le vedeva andare via.
CAPITOLO 5
<Xena, ti sei accorta che anche qua c’è la stessa
aria spettrale che si respirava a Melandria?> constatava Olimpia,
mentre insieme alla Principessa Guerriera passeggiava quietamente
per le strade deserte di Tebe nel crepuscolo.
<Si, ho notato…ma forse ci stiamo solo sbagliando, forse
qui le cose sono diverse, dopotutto se c’è una banda
di ribelli in giro, che solitamente agisce per devastare specialmente
nella notte, è normale che tutti siano al sicuro…>
rispose Xena quasi come se volesse convincere più se stessa
che Olimpia, della normalità dalla situazione. <Si fa sempre
più strana la situazione, vero?> chiese Olimpia preoccupata
intuendo il senso implicito di quella risposta. Xena si soffermò
un attimo a riflettere sulla situazione, a parte l’aver accompagnato
la famiglia di Parmione a Tebe, tutto il resto era strano: La reazione
di Nico a Melandria, le guardie reali con un eccesso di zelo, i ribelli
che sbucano dal nulla, la scomparsa degli abitanti delle due città
nelle ore del crepuscolo…“Tutto è così enigmatico…
sembra quasi che tutti noi, nel nostro piccolo, stiamo cercando di
combattere contro qualcosa di più grande di noi, contro una
minaccia incombente…contro una divinità, che agisce con
un potere immensamente esteso…” Poi ripensò subito
alle sensazioni di poco prima, quando Atteone le aveva stretto il
braccio e concluse: “Cosa mi avrà mai fatto quell’uomo
per farmi sentire in quel modo? Cos’era magia, illusione, o
che altro…” Olimpia interruppe il corso dei pensieri di
Xena dicendo: <Xena, e ora cosa facciamo?> Xena la osservò,
le prese la mano, e frenando il passo, la strinse forte a se; Olimpia
rimase inizialmente spiazzata dal comportamento della compagna. Xena
pensò: “Come ho potuto anche solo per un momento dubitare
dei suoi sentimenti nei miei riguardi quando Atteone mi ha stretto
il braccio e mi ha mostrato il potere?” Olimpia anche se inconsapevole
di quello che stava pensando Xena si lasciò trasportare dall’
abbraccio per poi sentire la sua amica sussurrarle: <Non temere,
ci sono io con te, non ci accadrà nulla di male! Non ti lascerò
in pericolo come quando feci l’ultima volta in Scandinavia…
Non ti permetterò di rischiare come quando affrontasti Asterione…Io
ti voglio bene, e non saprei più che fare se ti perdessi, senza
di te sono niente!> Olimpia fissandola le sorrise dolcemente per
poi dirle: <E’ indubbio che anche io ti voglia molto bene!>
Rendendosi conto che il crepuscolo stava ormai cedendo il posto alle
tenebre, Xena propose: < Olimpia, voglio vederci chiaro, e chi
meglio del re può dirci quello che sta succedendo a Tebe?>
<Mi stai dicendo che dopo che abbiamo messo le sue guardie ko,
adesso ci tocca andare fin dentro la tana del leone?> rispose allarmata
Olimpia. <Certo! Ormai ho deciso...> <Ah… Ormai hai
deciso…> disse Olimpia ironizzando su quelle parole per poi
continuare: <E posso esprimere la mia opinione o devo star zitta
ed ubbidire?> <No! Non puoi esprimerla, perché già
so che è un dissenso!> sorrise Xena replicando: <Mi stai
dicendo che da adesso oltre ad essere messa sempre in secondo piano
perché non sono alta, bella, mora e con gli occhi di ghiaccio,
devo subirmi anche l’onta di non essere presa in considerazione?
Ti ricordo che lo hai già fatto ieri a casa di Parmione e la
cosa non mi è piaciuta neppure un po’…> esordì
melodrammatica Olimpia. <A proposito, scusami per ieri , ma ero
troppo impegnata a capire…> rispose la guerriera. <E che
hai capito? Ad ogni modo, tornando a noi, cara Xena, ti ricordo che
da quando viviamo insieme, tu hai sempre fatto il braccio ed io la
mente…> disse con tono sufficiente il bardo <Sempre!?!>
domandò pungente Xena <Va bene non sempre… diciamo
quasi sempre?> e notò una smorfia nella faccia di Xena,
che aveva umoristicamente cominciato a prenderla in giro con lo sguardo:
<Va bene, qualche volta!> concluse Olimpia <Ahahhh!> rispose
la guerriera, contenta di averla spuntata ancora una volta sulla sua
compagna. Poi facendosi seria, e concludendo la messa in scena che
avevano volutamente creato per divertirsi, concluse: <Olimpia ti
ripeto: ormai ho deciso, rechiamoci da lui e chiediamogli un’udienza!>
<Sei sicura?> rispose ancora perplessa il bardo. Xena la fissò
negli smeraldi preoccupati dicendo: <Si…> e si addolcì
nel tono, per poi continuare: <Olimpia, ti sei accorta che stanno
calando le tenebre? Non ci conviene rimanere senza riparo… Se
offriamo il nostro aiuto a Penteo, vedrai che non si lascerà
scappare un occasione del genere, ci ascolterà, e noi saremo
al riparo almeno per questa notte dalle b… ehm… dall’ignoto!>
disse Xena, stando ben attenta a non tradirsi e a non accennare minimamente
ad Olimpia il suo più grande timore. <Va bene Xena, lo sai
che ho una fiducia incondizionata nei tuoi riguardi…> approvò
il bardo le cui ciocche bionde cominciarono a sollevarsi dalla fronte
a causa del venticello pungente che stava cominciando aspirare. <Lo
so mio prezioso bardo!> rispose Xena cercando di non pensare troppo
alle sue paure.
<Mhm… Xena, ma non dovevamo recarci a casa dello zio di Parmione
per controllare che lui e la famiglia siano riusciti ad arrivare interi?>
domandò Olimpia <Certo! Non preoccuparti, l’ho messo
sulla lista di cosa da fare, ma se permetti, ora l’udienza con
il re ha la priorità assoluta!> rispose Xena. <Allora,
quante guardie ci attendono fuori al palazzo?> si informò
ancora il bardo <Mah, otto, dieci… nulla che due prodi guerriere
come noi non possano affrontare!!> rispose Xena strizzandole l’occhio.
<Sarà…> concluse dubbiosa Olimpia, mentre i torrioni
del castello erano ormai a pochi passi da loro.
Le grandi porte della sala del trono si aprirono ed illuminarono il
corridoio, che fino a poco prima possedeva solo la tenue luce di qualche
fiaccola.
Il giovane con i primi accenni di barba, vestito in abiti regali,
con lo scettro e la spada appuntata alla cintola, che era seduto ad
un tavolo pieno di vivande, si voltò verso la porta con ancora
una coscia di pollo in mano: <Chi osa disturbare la mia cena? Avevo
dett…> ma rimase sconcertato nel vedersi di fronte due donne.
Gettò con alterigia il pollo nel piatto, su pulì le
mani e disse infastidito: <E voi chi siete? Come avete fatto ad
entrare?> <Stai calmo, e risponderemo a tutte le tue domande!>
rispose Xena. <Allora? Sto aspettando!> incalzò il re,
per poi continuare: <E vi prego di rivolgervi a me usando i miei
attributi reali!> Xena lo guardò spazientita, poi guardò
Olimpia e si manifestò alquanto alterata. Il bardo capì,
così anticipandola e cercando di essere diplomatica disse:
<Sire ci scusi per l’ora tarda; noi siamo Olimpia e Xena…>
<Xena di Anfipoli ed Olimpia di Potidea?> domandò riflettendo
il re, per poi realizzare la risposta da solo: <Certo, e chi sennò?>
Si alzò di scatto dalla sedia e con tutto il fiato che aveva
in gola urlò: <Guardieee!> ma nessuno sembrò accorrere
in suo aiuto. Sbuffando Xena gli disse: <Puoi continuare a chiamare
quanto vuoi, tanto non ti risponderà nessuno!> Il re la
fissò confuso, ma Xena continuò: <Le tue guardie
sono andate tutte a farsi un riposino…> <Tu! Tu ti sei
permessa di entrare nel mio palazzo, ti sei permessa di affrontare
le mie guardie stamattina assieme ai ribelli…Ti farò
marcire in una cella insieme alla tua amica!> tuonò il re.
<Marcire in cella? Io? E saresti tu a mandarmici? Ma guardati,
non hai neppure un filo di barba che ti cresca più lungo di
un fagiolo, e già pretendi di sbattermi in cella assieme ad
Olimpia? E un’ultima cosa: non osare burlarti di lei, altrimenti
ti faccio pentire di essere venuto al mondo moccioso sbarbato!>
urlò furiosa Xena. Gli animi stavano decisamente cominciando
a surriscaldarsi, Penteo sfoderò la spada puntandola contro
la gola di Xena, che a sua volta aveva la mano posizionata sul gancio
che teneva appuntato il chackram alla cintola. Per placare i due,
subito Olimpia si frappose fra loro ed urlò: <Smettetela
voi due! E possibile che non si riesca a parlare civilmente?> <Tu
sei un re troppo frettoloso nel giudicare, non sei saggio! Ascolta
prima quello che abbiamo da dirti almeno!> continuò Olimpia
togliendogli la spada da mano, e lanciandola qualche passo più
indietro sul pavimento, per poi riprendere: <E tu sei sempre la
solita attaccabrighe!> rivolgendosi a Xena, che intanto aveva già
abbandonato l’idea di utilizzare il chackram. <Re Penteo,
ascoltaci, prima di trarre le tue conclusioni… Potresti scoprire
che in realtà noi siamo qui solo per darti il nostro aiuto…>
concluse con più calma Olimpia. <Aiuto? L’aiuto di
due donne schierate con i ribelli? Pensavo foste guerriere valorose
ed oneste, ma evidentemente la vostra fama giunge fin qui in maniera
un po’ distorta!> rispose cinico Penteo. Con tutta la poca
pazienza di cui ancora disponeva Olimpia gli disse: <Un buon re
dovrebbe sempre essere lento all’ira e prudente nel giudizio…
Ascolta Penteo, non stiamo dalla parte dei ribelli, anzi, per la verità
neppure li conosciamo!> Olimpia si fermò un attimo per guardare
il re negli occhi, poi si voltò e notò che Xena stava
cercando di calmarsi, quindi continuò: <La storia è
questa: abbiamo aiutato un ragazzo di Melandria, a venire qui a Tebe
dopo la morte del padre, ma questo ragazzo aveva con se la sua famiglia:
madre anziana e sorelline più piccole. Quando siamo giunti
alla porta est della tua città, abbiamo chiesto alle tue guardie
di farci entrare, loro prendendosi gioco di noi, ci hanno negato il
permesso; il ragazzetto ha perso la testa, e la tue guardie hanno
sguainato le loro spade contro l’adolescente inerme, quindi
noi lo abbiamo difeso e lo abbiamo fatto entrare a Tebe come superstite
con tutta la famiglia. Nel frattempo però, c’eravamo
messe contro un intero plotone delle tue guardie che ci hanno attaccate…>
Olimpia si arrestò un attimo per riprendere fiato, mentre il
re cominciò a seguire con più interesse quel racconto
reso ancor più affascinante dalle abilità evocative
della poetessa; cominciò a capire cosa realmente fosse accaduto,
ed iniziò a riflettere sulla cattiva condotta osservata anche
dalle sue guardie. Olimpia riprese: <Stavamo per soccombere quando
dal bosco adiacente la porta del sole sono sbucati questi uomini che
ci hanno aiutato…Questo e tutto!> terminò Olimpia
<E dopo?> questionò il re. <Dopo il combattimento
ci hanno proposto di unirci a loro, ma Xena ed io, avendo intuito
che erano i ribelli, abbiamo rifiutato categoricamente!> Penteo
guardò contrito per la prima volta oltre Olimpia, ed incontrò
lo sguardo di Xena, alla quale chiese: <E’ tutto vero quello
che mi ha raccontato?> <Si, è la verità.> rispose
Xena incrociando le braccia al petto. Il re allora senza aggiungere
altro, prese due sedie che pose intorno al tavolo e disse: <Vi
chiedo umilmente scusa, vi prego, unitevi a me per cenare qualcosa,
dovrete essere molto stanche…> Xena rimase sbalordita di
quel repentino cambiamento di atteggiamento, da cinico e spietato,
a caloroso ed ospitale, così lo fissava mentre divideva la
sua sontuosa cena in tre parti. <Non dare tutto a noi, mangia qualcosa
anche tu!> esclamò Olimpia che lo stava aiutando a razionare
il cibo. “E’ appena finita la discussione ma sembra esserci
entrata addirittura in sintonia con il re!” notò infastidita
Xena. I due si accorsero di avere gli occhi della guerriera puntati
addosso, quindi il re chiese: <Cosa c’è?> La guerriera
non perse tempo a parlare: <Sinceramente non capisco il tuo atteggiamento:
un attimo prima quasi vuoi ucciderci, un attimo dopo ci inviti alla
tua mensa?> <Vedi Xena, ho sbagliato me ne rendo perfettamente
conto… sono un re giovane ed impulsivo, forse non sono pronto
a gestire una città grande come questa… la tua amica
ha ragione, giudico la gente con troppa facilità; avrebbe tanto
da insegnarmi. So che non è molto, ma voglio ripagarvi in questo
modo dei maltrattamenti che avete subito dalle mie guardie, con la
promessa che domattina, appena si sveglieranno dal loro riposino,
le farò punire per la loro insubordinazione!> rispose sorridente
Penteo. Xena non lesse malizia nei suoi occhi, forse quello era davvero
un giovane re confuso che troppo presto aveva dovuto imparare a cimentarsi
con situazioni molto più grandi di lui, così cercò
di rilassarsi e di non fare la scontrosa per tutto il resto della
serata, almeno per ricompensare l’aiuto prezioso che Olimpia
aveva saputo darle in quel frangente.
I tre cominciarono a banchettare, in silenzio, quando ad un tratto
quasi come se sbucata dal nulla, accanto a loro compare una donna
alta, coi capelli lunghi neri e gli occhi scuri, che interruppe il
silenzio della stanza schiarendosi la voce per poi parlare: <Penteo!
Ho sentito delle urla, è successo qualcosa? Chi sono queste
donne che cenano con te, hai deciso di spassartela stasera?> chiese
la donna che sembrava essere molto in confidenza col re. Il re sollevò
gli occhi dal piatto e disse: <Madre! Che sorpresa, non ti abbiamo
sentito arrivare…> Anche le due guerriere sollevarono gli
occhi dal piatto e videro la donna di bell’aspetto, del tutto
somigliante nelle fattezze, al figlio. Il re si alzò, prese
la mano della madre, la baciò, ed accompagnò quest’ultima
vicino al tavolo esclamando: <No madre, hai frainteso, queste due
donne sono due guerriere con le quali penso di poter stringere un’alleanza…>
<Capisco! E non ci presenti?> chiese la madre, fissando con
sguardo ammiccante Xena. <Certamente! Stavo per farlo.. Ti presento
Xena di Anfipoli ed Olimpia di Potidea! Sono le due eroine più
famose del mondo conosciuto!> parlò infervorato Penteo.
Le due si alzarono per salutare la donna, ma appena furono dritte
sulle loro schiene, la donna fece un giro completo attorno a loro,
squadrandole ripetutamente da capo a piedi, per poi fermarsi a toccare
il fondoschiena e le spalle di Xena e dire: <Che muscoli, che possenza,
hai tutta l’aria di essere una forte guerriera!> E fece uno
slancio verso Xena per annusare il profumo del suo corpo. <E che
profumo eccitante!> aggiunse. <Calma, calma madre!> disse
Penteo afferrandola per un braccio e tirandola verso di se, consapevole
che la situazione venutasi a creare era del tutto normale per lui,
abituato ormai a quei comportamenti quando si trattava di presentare
donne alla madre, notoriamente amante delle donne. Intuendo però
anche l’imbarazzo delle guerriere, ed il fastidio che provava
Olimpia nel vedere un’altra donna che molestava la sua compagna
disse: <Mi spiace ragazze… Mia madre a volte è un
poco strana, ma in fondo è molto buona! Comunque, ve la presento:
lei è Agave, la regina di Tebe!> <Piacere di conoscerti
regina Agave!> disse sarcastica Olimpia, intuendo fin dall’inizio
che la donna aveva mire sulla sua compagna. <E tu piccolina sei
l’accompagnatrice di questa splendida guerriera?> Intervenne
allora Xena, dispiaciuta della situazione in cui Olimpia era capitata,
in cui ancora una volta, era stata posta in ombra rispetto a lei,
così disse con molta fermezza e molto garbo: <Si da il caso
mia regina, che Olimpia non è solo la mia accompagnatrice,
ma è anche la mia compagna, la mia famiglia…> Agave
guardò Xena confusa e la guerriera continuò risoluta:
<Insomma, lasciamo perdere, tu non puoi capire ed io odio cimentarmi
in questi ridicoli discorsi, ti basti sapere che lei è tutta
la famiglia che ho!> <Va bene, va bene! Ho afferrato il concetto!
Stai dicendo di starti alla larga, ma non c’è mica bisogno
che diventi rossa come il colore del mantello di mio figlio!> rispose
Agave ridacchiando.
Il re che si era affacciato un attimo alla finestra intanto, si schiarì
la voce e riprese dunque parola: <Allora, possiamo affrontare discorsi
seri adesso?> <E’ molto tardi per affrontare discorsi
seri, non credi?> osservò Xena <Me ne rendo perfettamente
conto, ma devo mettervi al corrente di quello che sta succedendo ultimamente
qui!> Olimpia richiamò qualche istante Xena in disparte
e disse: <Dai Xena, ascoltiamo cosa ha da dirci, può darsi
che riusciamo a far in parte luce sul mistero di questi ribelli, e
poi non dimenticarti che c’è ancora Melandria da salvare:
se abbiamo ben presente il quadro degli avvenimenti, con un azione
congiunta potremo fare anche tutte e due le cose, non trovi?> <D’accordo..>
le sussurrò Xena per poi continuare carezzandole il viso: <Ma
dimmi quando ti stanchi, perché andiamo a dormire, va bene?>
Olimpia annuì, quindi Xena si diresse verso il tavolo per sedersi,
mentre disse: <Allora Penteo, chi sono questi ribelli? Che vogliono?>
Olimpia si sedette accanto a lei afferrando qualche chicco d’uva
da mangiare mentre ascoltava quei discorsi. Sia Penteo che Agave si
sedettero di fronte a Xena ed Olimpia, poi la regina fu la prima a
parlare: <Sai Xena, è difficile capire chi siano questi
ribelli e da dove vengono… Agiscono nell’ombra, di notte,
senza alcuna pietà per chi si oppone a loro…> <Si,
ma qualcosa dovranno pur volere no?> rispose la guerriera per poi
continuare: <Nessuna persona con un minimo di senno diventa brigante
se non vuole che cambi la situazione politica in cui si trova…>
<Hai perfettamente ragione!> osservò Penteo, per poi
continuare: <Un po’ di tempo fa, si presentò alla
mia corte, chiedendo un’udienza personale, un uomo con lunghi
capelli neri ricci, ed una barba incolta, occhi neri e fisico statuario.
Diceva di chiamarsi Atteone. Io accolsi la sua richiesta così
accorata, quindi lo ricevetti e parlò con me…> <E
dunque?> chiese Olimpia <…Dall’aspetto sembrava
un vero e proprio aristocratico, uno di quei patrizi benestanti e
potenti…Insomma uno importante. In realtà era soltanto
un borioso arrogante che voleva impormi la propria volontà
anche con la forza. Mi picchiò, mi insultò, finché
le mie guardie non riuscirono ad allontanarlo dal castello…>
<D’accordo Penteo, ma cosa voleva?> rispose Xena cercando
di andare al sodo. <Mi aveva chiesto di far abbattere il tempio
di Giove, e di farmi erigere al suo posto un tempio per Semele, per
iniziare un nuovo culto. Io gli risposi che il tempio di Giove era
sacro più di tutti gli altri, e che pertanto non potevo assolutamente
abbatterlo, per far erigere un tempio in onore di una comune mortale,
per di più!> <Semele?> chiese Olimpia <Questo nome
non mi è nuovo!> mugugnò poi tra se e se. <Tu
cosa rispondesti?> chiese poi Xena. <Risposi che non potevo
esaudire questa sua richiesta e che neppure per tutto l’oro
di questo mondo avrei deciso di fare abbattere quel tempi per rimpiazzarlo
con uno dedicato a mia zia!> <Semele tua zia?> risposero
in coro Xena ed Olimpia sgranando gli occhi. <Si, Semele era mia
sorella!> Parlò Agave. Prese fiato e continuò: <Molto
tempo fa, Semele e Giove diventarono amanti…Il dio la ingravidò,
e lei cominciò ad insistere con egli, per avere una relazione
più stabile, voleva che lasciasse Giunone, per sposarsi con
lei, ma siccome per uno strano scherzo del destino se sei dio puoi
premetterti tutto, fuorché le nozze fra un comune mortale ed
il re degli dei, Semele ebbe un rifiuto secco da parte del dio, il
quale dopo aver ascoltato mille e più volte la stessa richiesta,
e conscio del pericolo che correva se qualche volta per caso Giunone
avesse ascoltato le loro discussioni, si annoiò di avere ancora
tra i piedi mia sorella e la fulminò, nonostante ormai mancasse
poco alla nascita del bambino…> <Che storia triste!>
dichiarò Olimpia che poi concluse: <La leggenda narra che
quando Semele morì, Goive salvò il figlio che da lei
aspettava, e se lo fece cucire all’interno della sua coscia,
finché la gestazione non fosse finita, Giusto?> <Giusto!>
rispose Agave stupita della profonda cultura che aveva Olimpia. <E
si sa, che fine ha fatto poi quel bambino?> andò sul concreto
Xena. Penteo rispose: <Sappiamo solo che è diventato una
divinità come gli altri…> prese fiato e sospirò:
<Il figlio di mia zia è Bacco!> Quel nome risuonò
gelido fra i presenti nei cui occhi serpeggiava il timore. Le facce
di Xena ed Olimpia si imbiancarono, le loro bocche segnavano smorfie
di profondo stupore, e forse per la prima volta da quando tutto era
cominciato, Xena ebbe la giusta intuizione: “Il filo conduttore
di tutta questa storia è Bacco sia per Melandria, sia per Tebe.
Forse Atteone è uno dei sacerdoti di Bacco… o peggio
ancora lo stesso Bacco… in tal caso, dobbiamo agire subito…siamo
in pericolo!” pensò. Olimpia strinse forte il suo braccio
mentre rifletteva, così Xena fu ridestata. Ad un certo punto
una folata di vento entrò dalla finestra e spense tutte le
candele che illuminavano la stanza.
Prendendo il coraggio a due mani, Xena si alzò portando Olimpia
con se, e riaccese tutte le candele. Quando la stanza fu di nuovo
illuminata, trovò Penteo ed Agave normalmente seduti al tavolo.
<Forse Atteone ed i suoi ribelli sono seguaci di Bacco, per questo
volevano l’erezione di un tempio qui a Tebe per Semele…>
si pronunciò il re <In ogni caso non sono allarmato più
di tanto, perché sono molto ben difeso. Non rappresentano minaccia
alcuna per me!> concluse il re. <Xena prese un attimo per calmare
i battiti del suo cuore che ormai erano avviati all’extrasistole
poi disse: <Non sottovalutare il nemico Penteo, ti prego non commettere
questo errore! Stasera e nelle sere a venire, rafforza il numero di
guardie per ogni stanza del palazzo, serra le porte e barrica la città!
Nessuno, dico nessuno deve essere in grado di espugnare le mura di
questa città.> impose Xena. I suoi ordini furono immediatamente
eseguiti, così vista l’ora tarda, decisero di andare
a riposare.
Xena aveva fatto esplicita richiesta di una stanza senza finestre
ne aperture verso l’esterno, il re la accontentò, anche
se l’unica stanza disponibile, con quelle peculiarità,
era nei pressi della torre nord, posta proprio sull’armeria,
quindi fece accompagnare le due in stanza personalmente dalla madre.
Le due si barricarono in stanza mentre Agave stava incamminandosi
per raggiungere la sua stanza dal lato opposto del palazzo. All’improvviso
una voce dal nulla la chiamò, attirando la sua attenzione:
<Agave…Agave… Tu farai parte del mio esercito! Tu sarai
una delle mie predilette!> La donna si voltò senza tuttavia
riuscire a scorgere nessuno; ad un tratto vide una nube di fumo giallo
avvolgerla, accusò un momentaneo fortissimo mal di testa, si
accasciò al suolo e si rialzò dopo qualche attimo. Si
sorresse alla porta della stanza di Xena ed Olimpia, e con le nuove
unghie che le erano spuntate, incise dei profondi graffi su questa,
per poi gettarsi giù dalla finestra e cadere agilmente sul
pagliericcio per scappare via verso il bosco, nel cuore della notte.
Olimpia fu spaventata dal rumore stridulo prodotto da quelle unghiate,
e nel giaciglio, si avvicinò sempre più a Xena, che
avendo capito la sua paura, la strinse forte a se per tutta la notte,
carezzandole i capelli e la fronte per farla rilassare.
di
Bard and Warrior