CAPITOLO
6
La stanza delle due era immersa ancora nell’oscurità,
ma Xena fu svegliata dai primi canti del gallo.
La principessa guerriera capì subito che nonostante l’oscurità,
era gia soggiunta la mattina, ed alzandosi a fatica dal giaciglio,
camminò a tentoni, si avvicinò ad una lampada, su un
tavolo poco distante dal letto, e la accese per cercare di illuminare
alla meglio la stanza. La luce era tenue ma le bastava rivestirsi
e per mirare come la sua piccola Olimpia si fosse addormentata.
Si sciacquò la faccia con l’acqua che aveva portato la
sera precedentemente in una giara; prese un panno e si asciugò.
Si guardò attorno, squadrando ogni singolo mattone di quella
stanza senza nessun buco che permettesse il ricambio d’aria,
senza le finestre che le davano la possibilità illuminare bene
la camera, e le sembrò per un attimo opprimente, ma era sempre
più convinta di aver fatto bene a chiedere al re, una stanza
del genere, che isolava chi la abitava dal resto del mondo. Si appoggiò
al tavolo, e mentre si sistemava il corpetto, ripensò più
volte agli ultimi avvenimenti. In particolare le arrivò alla
mente, vivido come un flashback, la mattina del giorno prima, quando
il ribelle Atteone la sfiorò e le fece vedere cosa significava
essere potenti… “Temo che Penteo si sbagli…Quel
ribelle non può essere un umano, era troppo potente per essere
uno di noi!” pensò tra se e se, ed ebbe ormai la certezza
di avere a che fare con Bacco, sia per Tebe che per Melandria. Decise
dunque di tornare a Melandria per chiarire la questione con Nico,
e per informarsi se le baccanti erano già state lì;
lo aveva promesso ad Olimpia che avrebbe fatto qualcosa per aiutare
quella gente così ospitale, ed ella stessa voleva poter fare
qualcosa, anche se in realtà c’era ben poco da fare:
“Abbiamo a che fare con la più imprevedibile delle divinità,
che più di tutte quante le altre è un abile tessitore
di trame e vendette…A ben poco serviranno i nostri sforzi. Io
ed Olimpia siamo ormai giunte in questi posti quando la situazione
era già precipitata, non potrò fare molto, ci saranno
inevitabili perdite, ma il mio più grande impegno sarà
difendere Olimpia da tutto e da tutti!” ragionò Xena,
mentre si diresse verso il giaciglio nel quale, tutta rannicchiata,
riposava Olimpia, e le si sedette accanto per vederla dormire.
<Olimpia, non voglio che ti accada nulla, so che non capirai ne
condividerai la scelta che ho fatto, ma saperti segregata in questa
fortezza mentre io non ci sono, mi rende più sicura e consapevole
che non sei lì fuori a compiere qualche atto eroico che comporterebbe
un tuo sacrificio…> le sussurrò, mentre la barda dava
i primi cenni di risveglio. Olimpia aprì gli occhi, e si ritrovò
tra le braccia della compagna. Richiuse di nuovo gli occhi per qualche
istante, ne riaprì uno solo e disse: <Mhm…E’
già ora di alzarsi?> Xena le sorrise annuendo, e lei aprì
anche l’altro occhio, sospirò e disse: <E va bene,
ma dammi almeno il tempo di rodare!> Olimpia si stiracchiò
con le braccia verso l’alto, e si stropicciò gli occhi
ancora assonnati. La pantomima non passò inosservata agli occhi
di Xena che le disse carezzandole i capelli: <Povera fanciulla,
hai ancora tanto sonno?> ed Olimpia rispose: <Si…ho ancora
tanto sonno…> <Lo so, ho notato che ti sei addormentata
tardissimo stanotte…> le disse amorevolmente Xena <Avevo
paura… ma poi mi sono accoccolata tra le tue forti braccia e
mi sono tranquillizzata, e quando ti ho sentito cullarmi dolcemente,
come facevi con Evi quando era piccola, ho cominciato a chiudere gli
occhi, perché mi sentivo protetta, come un bimbo fra le braccia
della madre…>
Xena rimase profondamente colpita da quelle parole così cariche
d’amore nei suoi riguardi, ma fece una battuta, per spingere
Olimpia a dimenticare la notte appena trascorsa quindi disse: <C’è
un solo particolare, però: se fossi stata tua madre ti avrei
avuta a tre anni… insomma è biologicamente impossibile!>
Olimpia guardò divertita Xena negli occhi, le cominciò
ad accarezzare il viso, ed una piccola ruga che a malapena spuntava
al di sotto dei suoi occhi: <La verità mia cara è
che stiamo invecchiando…> constatò Olimpia <Parla
per te! Io sono ancora fresca e giovane come una rosa in boccio!>
<Ah si?> dubitò Olimpia per poi continuare <Mhm…
Xena mi passi il corpetto dal tavolo?> Chiese con voce angelica
Olimpia <Certo!> disse Xena alzandosi di scatto dal letto, ma
subito bofonchiò; <Ohi Ohi Ohi, la mia schiena!> <Veramente
mi sembri più una rosa appassita!> rise Olimpia <Ah Ah!>
la scimmiottò Xena per poi dirle: <Il mal di schiena non
è sintomo di vecchiaia, ma di tutte le esercitazioni che faccio
per mantenermi giovane!> le strizzò l’occhio prima
di gettarsi sul giaciglio sopra di lei e cominciare a farle il solletico.
Passarono molti minuti prima che le due finissero di giocare fra di
loro, e quando finalmente terminarono, tutte e due stanche e con le
lacrime agli occhi dal troppo ridere, giacquero abbracciate sul letto.
<Grazie Xena, mi hai restituito il sorriso!> le sussurrò
Olimpia <Grazie a te, mi hai fatto dimenticare per un po’
i pensieri che mi crucciavano…> rispose Xena riflettendo.
<Sei preoccupata, vero?> le chiese Olimpia. Il silenzio calò
per lunghi attimi in quella stanza, ingombra di pensieri che aleggiavano
invisibili nell’aria, Xena stava cercando un modo per parlare
ad Olimpia, sapeva che se non avesse trovato le parole giuste, Olimpia
avrebbe potuto prendere la sua decisione come un tradimento, ma non
poteva neppure tacere e tenerla all’oscuro dei suoi piani, così
schiarendosi la voce ed esordendo seriamente, interruppe Olimpia si
stava rimettendo apposto gli abiti: <Volevo dirti…> Olimpia
si arrestò immediatamente, e la fissò intuendo che in
quel momento Xena avrebbe cominciato a fare un discorso veramente
serio. Xena si schiarì ancora la voce, bevve un sorso d’acqua
e disse: <Oggi mi recherò a Melandria. Voglio controllare
di persona se le baccanti si sono spinte fin lì…>
<Xena, ti recherai?> domandò Olimpia sottolineando l’espressione
singolare e non plurale che aveva usato la compagna. <Si, mi recherò
da sola Olimpia, tu non puoi venire con me…> rispose contrita
Xena <Ci risiamo…> disse con voce alterata Olimpia alzandosi
dal letto, e cominciando a rivestirsi, per poi continuare: <Non
capisco perché ogni tanto sei così egoista da pensare
solo a te stessa! Certo, è facile dire “mi recherò”
ed io? Cosa farò? Che ruolo avrò in questa storia? Sono
stufa di fare sempre la spettatrice, di rimanermene coperta dalla
tua ombra, e di prendermi i tuoi stessi onori e le tue stesse glorie,
non perché ho combattuto, ma solo perché sono la tua
compagna! A volte nonostante tutto il tempo che abbiamo passato insieme,
mi sento trattata da te ancora come quando ero la fanciulletta di
campagna che tu raccattasti a Potidea! Xena, sono passati trenta anni
da allora! Sveglia, non sono più la tua bambina! Sono una donna
forte, autonoma ed indipendente. Non ho più bisogno di qualcuno
che si frapponga tra me ed i miei problemi, perché mi sembra
di aver imparato a risolverli già da un pezzo!> si sfogò
urlando Olimpia. Xena le corse vicino, le tappò la bocca con
la mano e le sussurrò nell’orecchio: <Abbassa la voce,
qui anche i muri hanno le orecchie!> <Ascoltami bene, spalanca
le tue orecchie, perché questo discorso temo che non potrò
fartelo più!> Ed allentò la presa liberando Olimpia,
che la fissava confusa. Xena allora continuò: <Forse tu
non hai capito che abbiamo a che fare con una divinità, ma
non una semplice divinità: qui si sta parlando di Bacco, la
più perfida la più disumana tra tutte le divinità!>
<Ho capito benissimo invece con chi ho a che fare!> rispose
con tono secco ma calmo Olimpia. <Va bene, allora ne parliamo una
volta e non ne parliamo più, perché rischiamo che anche
l’aria che respiriamo possa tradirci!> Olimpia si sedette
sul giaciglio, il suo gesto fu accompagnato, poi imitato da Xena.
<Sono arrivata alla conclusione che sia Melandria che Tebe, sono
infestate dalle baccanti…ricordi i rumori sinistri di questa
notte?> parlò Xena. Olimpia rispose: <Si li ricordo…>
<Bene, ricordi che altri rumori del genere li sentimmo anche l’altra
notte a Melandria?> continuò Xena. Olimpia annuì
e la principessa guerriera continuò: <Sembra che chiunque
sia l’autore di quei rumori, li abbia fatti appositamente per
spaventarci. Olimpia, se fossero baccanti, vuol dire che sanno chi
siamo, sanno le nostre mosse ed è per questo che ti sto dicendo
che per noi è un rischio affrontare questi discorsi…
Ogni cosa che ci diciamo, ogni discorso che affrontiamo potrebbe essere
interpretato e bloccato da una loro prossima mossa..> Olimpia si
rilassò perché finalmente stava cominciando a capire
i discorsi di Xena, finalmente tutti quei misteri stavano trovando
una soluzione, certo per quanto brutta potesse essere, ma era pur
sempre una soluzione, così Olimpia disse: <Dunque tu mi
stai dicendo che Bacco potrebbe nascondersi dovunque e percepire comunque
i nostri discorsi anticipando le nostre mosse?> <Perfetto, ci
siamo!> esclamò Xena <Xena, credi davvero che il protagonista
di tutti questi misteri sia Bacco?> <Temo di si…> rispose
rassegnata Xena <Ma Penteo…> aggiunse Olimpia <Penteo
sta seriamente sottovalutando la situazione…> <Perché?>
<Perché non credo che Atteone sia un semplice sacerdote
o un seguace di Bacco..> Olimpia sgranò gli occhi poi si
illuminò in volto: <Dunque vediamo se ho capito: Penteo
ha detto che Atteone, il capo dei ribelli è andato da lui e
lo ha obbligato ad erigere un tempio in onore di Semele, sull’altura
della città dove attualmente sorge il tempio di Giove…
Il re ha rifiutato, ed ha ammesso che Semele era sua zia, la sorella
della madre…> <Che prima di morire ha concepito un figlio:
Bacco, e che oggi ha fama di essere il dio del caos e della vendetta!>
Esclamò Xena ricostruendo con Olimpia il filo logico. <Non
si può distruggere il tempio del re degli Dei per introdurre
il culto di una sconosciuta…Così Penteo lo fece cacciare
dal castello e rifiutò di assecondarlo…> aggiunse
Olimpia. <Bacco è una divinità, e sa benissimo che
la madre è morta per mano di Giove, e allora quale occasione
migliore per uno come lui di imporre appena sa di poterlo fare, la
propria volontà sui tebani? Il gioco è molto facile:
basta corrompere il loro re… Attraverso la distruzione del tempio
di Giove e con l’erezione di un tempio in onore della madre,
Bacco avrebbe così realizzato la sua personale vendetta contro
Giove… ma c’è stato un piccolo imprevisto: l’opposizione
di Penteo. Così giurando odio eterno contro il cugino, Bacco
ha lasciato per un po’ le vesti dell’immortale, e sotto
sembianze umane ha raccolto alcuni suoi seguaci presso Tebe e…si
è trasformato nel ribelle Atteone!> concluse Xena. <Quindi
se il nostro ragionamento valido, Atteone e Bacco sono in realtà
la stessa persona!> esclamò Olimpia <Esattamente!>
incalzò Xena. <Ma siamo sicure o abbiamo fatto un enorme
volo di fantasia?> si preoccupò Olimpia, <C’è
un’altra cosa che non ti ho detto a tal proposito…>
aggiunse Xena <Cosa?> chiese Olimpia. <Ti ricordi quando
ieri mattina Atteone ci propose di allearci con lui?> parlò
Xena. <Certo che lo ricordo!> affermò Olimpia. <Quando
mi ha preso il braccio, una stranissima ma intensa energia si è
impadronita di me… mi ero smarrita per qualche attimo, sentivo
che il mio corpo veniva pervaso da mille brividi di piacere, un intenso
calore mi avvolgeva tutta, mi sentivo forte, e poi un secondo dopo
confusa, quasi come se fossi ubriaca. Quella stranissima sensazione,
finì nel momento in cui tu mi strattonasti…Olimpia, quelle
sensazioni non te le può far provare un comune mortale…>
raccontò Xena. <Capisco… Ti sei sentita come quando
Marte mi mostrò il potere che avrei avuto se ti avessi deposta
come guerriera?> rifletté Olimpia <Esattamente! Tanto
che mi ha fatto anche dubitare dell’autenticità dei tuoi
sentimenti per me…Capisci ora perché voglio che tu stia
al sicuro? Bacco sa che il mio punto debole sei tu, e cercherà
in tutti i modi di colpirmi proprio attraverso di te. Per questo voglio
che tu rimanga qui, segregata in questa stanza senza incontrare nessuno.
Non possiamo fidarci di nessuno, nessuno!> <Ma Xena, qui comincia
a diventare viziata l’aria, non c’è una finestra,
non un’apertura…> si lamentò Olimpia <Ehi,
ti fidi di me?> la barda annuì.<Credimi, questa porta
che fatica ad aprirsi, questi mattoni così spessi, l’assenza
totale di finestre saranno la tua salvezza…Senza contare che
ho il pensiero più tranquillo se so che tu sei qua in questa
stanza che paradossalmente è la prigione più sicura
di questo mondo.> <Non so se resisterò…> constatò
Olimpia <Ma è questione di qualche ora o massimo un giorno,
il tempo che vado a Melandria a scoprire qualcos’altro…Ti
prego accontentami: ho letto la paura nei tuoi occhi quando hai appreso
che stavamo mettendoci contro il dio Bacco, ed hai ben ragione di
averla, considerato che l’ultima volta ha trasformato anche
te in una baccante, quindi te lo chiedo supplicandoti: non uscire
da questa stanza! Almeno finché non sarò tornata io!>
la implorò Xena. Finalmente Olimpia capì che se Xena
si comportava in quel modo era solo perché voleva difenderla
da una battaglia, forse l’unica che non si sentiva ancora in
grado di affrontare, e poi tutta l’insistenza, la premura di
difenderla indussero Olimpia a dire: <E sia Xena! Ma non più
di un giorno, sennò giuro che entro in azione senza di te!>
e si avvicinò Dandole un affettuoso pizzicotto sulla guancia.
<Allora, io vado, disse Xena, così più presto vado
più presto torno, o rischio di perdermi la tua vittoria!>
Le strizzò l’occhio mentre si aggiustava la spada nel
fodero ed il chackram alla cintola. Poi si avvicinò ad Olimpia
e la salutò con un affettuoso bacio sulla guancia. <Guarda
il positivo, per tutto il tempo che stai da sola puoi sbizzarrirti
a creare nuovi componimenti poetici con i quali tartassarmi nel viaggio
di ritorno!> la provocò Xena mentre stava uscendo dalla
porta. Olimpia le sorrise e le disse: <Xena, ti voglio bene! Per
favore, torna presto!> <Certo, e tu fai la brava nel frattempo!>
<E con chi vuoi che possa litigare se sono completamente sola?>
la prese in giro Olimpia. <Olimpia, sei la mia vita!> Le disse
Xena ormai sull’uscio della porta. <E tu la mia!> rispose
Olimpia prendendo la rincorsa e gettandosi un’ultima volta tra
le sue braccia. <A presto Olimpia!> Concluse Xena richiudendo
la porta dietro di lei. Mentre si sentì dire: <Sta attenta!>
Ma non fece neppure in tempo a risponderle, che notò subito
quei profondi graffi vicino alla porta. Il suo umore mutò repentinamente
e preoccupata pensò: <Questi non sono segni umani, nessun
uomo ha delle unghie così lunghe e taglienti sembrano le unghiate
di un animale… un lupo…> Il suo pensiero subito andò
alla sera precedente: <Anzi…una donna lupo…Agave è
una baccante ormai!> constatò amaramente, per poi urlare
ad Olimpia dal di fuori della porta: <Olimpia non aprire a nessuno,
neppure se ti viene a bussare il re o la regina! Sta calma, verrò
al più presto!> <Sono calmissima!> Esclamò
Olimpia, che sentì Xena allontanarsi dalla stanza a passi svelti,
e sospirò: <Torna presto Xena…>
“Neanche qui Olimpia è al sicuro! Devo sbrigarmi, ho
pochissimo tempo!” pensò Xena, che nonostante il fiatone,
continuò a correre fino alla stalla, dove prese Argo II e volò
via come il vento alla volta di Melandria.
CAPITOLO 7
Nella stanza in cui si trovava chiusa Olimpia, il tempo sembrava non
passare mai; la guerriera non sapeva più come ingannare il
tempo: aveva provato a canticchiare, ma poi pensò che forse
avrebbe attirato l’attenzione di indiscreti, e si ricordò
anche la frase di Xena: <…Qui anche i muri hanno le orecchie…>;
aveva provato a scrivere, ma senza la contemplazione di uno dei suoi
bei paesaggi rurali o marittimi, non aveva l’ispirazione; aveva
provato ad affilare i suoi sais, ma neanche questa distrazione si
rivelò soddisfacente.
Tutto al di fuori di quella porta taceva, tutto aveva un’aria
così spettrale, e la barda non sapeva se essere contenta o
triste di essere in quella stanza così sperduta, che nessuno
sembrava ricordarsi che esistesse.
<Dove sei Xena? Quanto tempo ancora impiegherai? Comincio a sentirmi
sola, a desiderare di uscire… Accidenti a me ed alla promessa
che ti ho fatto…> rimuginò sottovoce Olimpia.
Improvvisamente sentì bussare alla porta, ed il suo cuore accelerò
notevolmente i battiti; non voleva rispondere, e si allontanò
da questa, fece qualche passo indietro e prese i sais, la bussata
si fece più insistente finché non fu accompagnata da
una voce: <Olimpia, sono io, sono Agave, apri per favore vorrei
parlarti un attimo a proposito di Xena!> Appena udì il nome
Xena, Olimpia fu tentata di aprire, difatti si avvicinò alla
porta e pensò: <Magari ha qualcosa di importante da dirmi
su Xena, le ha lasciato qualche messaggio per me…> Ma un
secondo dopo gli ritornarono alla mente alcuni suggerimenti che Xena
le aveva dato nel discorso fatto qualche tempo prima: <Ti fidi
di me?> <Non possiamo fidarci di nessuno…> <Olimpia
non aprire a nessuno, neppure se ti viene a bussare il re o la regina…>
Olimpia si arrestò di colpo e pensò: “Ammetto
che a volte mi risulta difficile capirti, ma se mi hai fatto tutte
queste raccomandazioni un motivo ci sarà…” indietreggiò
dunque e sentì dal di fuori della porta: <Apri questa porta
Olimpia, sto perdendo la pazienza… Apri questa porta o la butto
giù!> urlò quella voce femminile. Olimpia corse a
nascondersi sotto al pesante giaciglio fatto di legno e paglia, le
cui coperte sfioravano il pavimento di legno; si accoccolò
in un angolo e si fece piccola piccola mentre dal di fuori le urla
della donna: <Apri questa porta bastarda! Sei solo una troia, apri
questa porta!> la spaventavano sempre di più. “Agave
si comporta in un modo stranissimo, non sembra in lei…”
pensò la barda che fece appena in tempo a tirarsi i sais sotto
al giaciglio, che subito la donna con una forza disumana, aprì
la porta. Il battito del cuore di Olimpia accelerava sempre di più,
sembrava che il suo cuore galoppasse come un puledro selvaggio libero
per le praterie, ma doveva controllarsi, o l’agitazione avrebbe
finito col farla scoprire. La donna entrò nella stanza, vide
che non era rimasto nulla, nessuna traccia delle due guerriere. Si
avvicinò al letto, e da lì Olimpia poté intravederla,
quanto era diversa nei tratti del volto dalla donna che aveva conosciuto
la sera prima… Agave sollevò le lenzuola, si chinò
per vedere se ci fosse qualche traccia sotto al letto, ma un soffio
di vento, spense provvidenzialmente la lucerna e la stanza ripiombò
nell’oscurità. Agave si apprestò ad uscire dalla
stanza dicendo: <Ti troverò maledetta bastarda!> richiudendo
la porta dietro di se.
Olimpia poté tirare finalmente un sospiro di sollievo, ma si
guardò bene dall’uscire dal suo nascondiglio.
Xena imboccò il corridoio del palazzo per arrivare alla stanza
dove aveva lasciato Olimpia; aveva il cuore che le scoppiava dalla
gioia, finalmente dopo due giorni poteva riabbracciare la sua amata
Olimpia, <Olimpia!> <Olimpia!> <Dai, aprimi, sono io,
Xena!> chiamò ripetutamente la guerriera dal di fuori della
porta, ma non ebbe nessuna risposta. Ricordandosi delle raccomandazioni
che aveva fatto ad Olimpia allora, bussò più volte e
chiamò la compagna ripetutamente, ma ancora cenni di risposta
tardavano ad arrivare. “Cosa sarà successo? Perché
non mi risponde?” si cominciò a preoccupare Xena, che
decise di sfondare la porta. Appena mise a terra il grande cesto che
aveva trasportato con molta fatica su per la stretta scala a chiocciola,
si accorse di un lembo di veste strappato, proprio ai piedi della
porta della sua camera, si chinò e lo raccolse per poi annusarlo:
<Odore di essenza di zenzero mischiata al profumo del vino nuovo
ed all’erba del bosco…> analizzò la guerriera
per poi riflettere: <Agave aveva indosso l’essenza di zenzero
la sera che ci ha condotte qui…Ma non profumava di vino ne di
erba…> Nei suoi occhi si disegnò uno sguardo atterrito,
quando tremando giunse alla conclusione: <Agave, è stata
qui!> E con tutta la forza che aveva in corpo, mentre chiamava
il nome della compagna sfondò con qualche spallata la porta.
La porta cadde con un tonfo sordo, rivelando l’oscurità
in cui era avvolta la stanza, Xena prese la cesta, la trasportò
frettolosamente dentro e si avviò verso il lume per riaccenderlo.
Appena la stanza fu di nuovo illuminata, Xena notò che le loro
bisacce non c’erano più: <Le bisacce! Che fine hanno
fatto le nostre bisacce? E la sacca dove Olimpia teneva le sue pergamene
dov’è sparita?> si interruppe un attimo per riflettere
e concludere: <Olimpia dove ti hanno portata!>.
Xena si inginocchiò per terra disperata ed urlò: <No!!!Olimpia
perché non ti ho portata con me?> e iniziò a piangere,
ma sentì subito un fruscio, e mise i suoi sensi in allerta:
<Non sono sola…> bisbigliò, per poi recarsi alzarsi
da terra, con la mano sull’acciaio del chackram appeso alla
cintola, e cominciò a scrutarsi guardinga attorno, finché
non vide uscire una delle loro pesanti bisacce da sotto al letto.
“Cosa diamine significa tutto ciò” si chiese la
guerriera, che con molta prudenza si avviò verso il giaciglio,
del quale sollevò le coperte che penzolavano fin sul pavimento.
Improvvisamente sbucò fuori Olimpia che felice di vedere la
sua compagna disse: <Xena, che bello, sei proprio tu?> Xena
sobbalzò spaventata per un attimo, ma fu subito felice, di
constatare che Olimpia era sana e salva, e disse: <Certo che sono
io, ma hai perso il senno? Cosa ci fai sotto al letto?> <Guarda
non me ne parlare…> affermò Olimpia, per poi cambiare
repentinamente atteggiamento e dire ostile: <Sei proprio sicura
di essere Xena?> <Ti sei beccata una botta in testa per caso?>
le disse la guerriera tendendole la mano per aiutarla a rialzarsi.
<Dammi prova che sei tu la vera Xena, sennò ti infilzo le
mani con i miei sais…> tuonò minacciosa Olimpia, quasi
come se avesse avuto per un attimo, il dubbio che qualcuno che si
era presentato a lei sotto mentite spoglie, la volesse ingannare <Santa
pazienza…E va bene, Hai una voglia a forma di fragola proprio
sotto l’ascella destra> disse Xena rassegnata. Olimpia ragionò
un secondo e disse: <Sei proprio tu…Chi altri se non te poteva
sapere che ho una voglia a forma di fragola sull’….>
poi realizzò ciò che aveva appena finito di dire la
guerriera e disse imbarazzata: <Ma Xena! Sono cose da dirsi queste?>
ed afferrò la sua mano per aiutarsi a mettersi in piedi dicendo:
<Meno male che siamo sole, altrimenti avrei fatto proprio una gran
bella figuraccia!>
Appena conquistò la posizione eretta, si trovò di fronte
alla principessa guerriera; i loro sguardi si scrutarono amorevolmente
per qualche attimo; Olimpia non aveva più dubbi: quella di
fronte a lei era l’unica, vera, originale Xena, ed abbracciandola
le disse: <Bentornata, mi sei mancata da morire!> Anche Xena
la strinse forte a se, sussurrandole: <Ho temuto tanto per la tua
vita! Sono felice di vederti salva!> rasserenandosi ormai perché
il pericolo di averla persa era scongiurato.
<Mi sei mancata anche tu!> le continuò Xena nel suo orecchio
per poi continuare: <Ti ho portato un piccolo regalino per farmi
perdonare di averci impiegato tre giorni per tornare…> <Tre
giorni? Mi hai lasciato tre giorni sola?> strillò Olimpia
ma fu subito ammonita da Xena: <Non urlare altrimenti la svegli!>
ed indicò la cesta che aveva poggiato sul tavolo. <La svegli?>
chiese Olimpia dirigendosi curiosa verso la cesta togliendo il velo
nero che la proteggeva. Con sua grande sorpresa Olimpia si accorse
che Xena le aveva portato la bambinetta dell’osteria, la figlia
di Nico, così disse: < Ma è Licia…cosa ci fa
qui?> <Vedi, è il momento di fare due chiacchiere serie…>
le disse Xena esortandola a starla a sentire perché urgeva
necessario il punto della situazione.
Olimpia prese la bambina ancora addormentata in braccio, se la sistemò
e raggiunse Xena che nel frattempo si era seduta sul letto. <E’
così piccola, così fragile…>
La principessa guerriera accarezzò il capo della bambina poi
fissò Olimpia e disse: <Ascolta, questa bambina è
scampata alle baccanti, l’ho portata qua perché dobbiamo
proteggerla…> <Ma la mamma? Non la reclamerà?>
<Olimpia…> soggiunse Xena: <La madre? No, è
proprio da lei che l’ho salvata: Esedra è una baccante!>
Olimpia rimase impietrita da quella rivelazione, così Xena
cominciò a raccontarle: <Ricordi la folle paura che aveva
Nico al solo pensiero che noi andassimo via? Ebbene, come avevo intuito,
Nico non ha mai affrontato una baccante, le ha viste qualche volta
nel suo villaggio, ma in famiglia non ne ha mai avuta nessuna. Circolava
voce, che quest’anno le baccanti cercassero anche sua moglie,
inutili sono stati i tentativi di quel povero uomo di assicurare alla
moglie il più completo isolamento…Così la notte
prima che arrivassimo noi, Esedra fu rapita dalle baccanti che la
mattina dopo la riportarono a casa…Nico la controllò
accuratamente, sembrava non avere segni sul corpo della sua attività
da baccante, ne una metamorfosi nel carattere, ne una nei tratti del
viso, così l’uomo si convinse che non era stata posseduta
da Bacco… in realtà sbagliava: Esedra era già
una baccante del potente esercito di Bacco…> <Quindi quei
rumori che avevamo sentito per il corridoio nella taverna era quella
povera anima che cercava altre adepte da arruolare nell’esercito
di Bacco?> domandò Olimpia <Con più precisione
cercava noi, ma sapeva che non sarebbe potuta entrare nella nostra
stanza…> concluse Xena. <E adesso dov’è?>
domandò intimorita Olimpia <Adesso? E chi può dirlo…Anche
se si mormora qui a Tebe che stanotte la baccanti si incontreranno
sul monte Parnaso…Credo che se le vogliamo, le troveremo tutte
lì…> meditò Xena <E questa povera bambina?>
disse Olimpia accarezzandole le ciocche. <La madre vuole venirla
a prendere perché vuole trasformarla in baccante, allora Nico
me la affidata chiedendomi di proteggerla come se fosse nostra figlia,
dato che lui non ci sarebbe riuscito…> disse col cuore in
gola Xena. <Che crudeltà…> parlò con disprezzo
Olimpia. <Ora che ci penso…> aggiunse Xena <Anche Parmione
aveva una sorellina all’incirca dell’età di Licia,
se non sbaglio… Forse è per questo che aveva così
fretta di Tebe, credeva di poter proteggere così la sorellina
dall’attacco a Melandria, ma non sapeva che anche qua ci sarebbe
stata l’invasione…> disse Xena <Vuoi la verità
Xena? Spero proprio che ci sia riuscito a proteggerla…Voglio
dire, può anche andare bene per vendetta prendersela con gli
adulti, ma con questi bambini innocenti…> rispose Olimpia
i cui occhi si velarono di lacrime. Xena strinse lei e la bambina
forte a se, dicendo mentre accarezzava i capelli della sua barda:
<Ehi, sai bene che è il prezzo che si paga in qualsiasi
guerra quello delle vite innocenti…E stato sempre così
e lo sarà sempre perché il mondo è marcio, corrotto,
e nonostante gli sforzi di una vita, temo che non riusciremo mai a
sradicare il male dal mondo, a dalla nostra società almeno…
> <Dimmi la verità, non riusciremo a fare nulla per fermare
Bacco e le baccanti, vero?> parlò sconsolata Olimpia. <Sai,
è già tanto se ne siamo uscite vive, è gia tanto
se riusciamo a salvare qualcun altro…Sinceramente credo che
non potremo fermare questa spirale di odio…> disse Xena <La
vendetta lascia sempre un retrogusto amaro, specialmente se coinvolge
persone innocenti!> sentenziò Olimpia <Cara, sai qual
è il dramma di tutto ciò? E’ che stiamo parlando
di una divinità, e non capirà mai il significato del
perdono dell’amore e della pace, dei valori umani… perché
egli odia l’uomo, lo odia con tutte le sue forze, e brama la
sua distruzione…> constatò Xena.
di
Bard and Warrior