N/B:
Premetto che le Baccanti non sono le creature a metà strada
tra donna e vampiro come ci hanno fatto credere i produttori della
serie, nell’episodio “Girls just wanna have fun”,
della II stagione. In realtà, la figura della baccante è
molto più complessa di come è stata trattata nel telefilm,
e trae origine da un fenomeno culturale molto diffuso nell’antica
Grecia: il ruolo estremamente marginale della donna in quella civiltà.
In molti paesi infatti, tra i quali anche Atene, la donna era considerata
solo un animale con il quale accoppiarsi per procreare; da questo
concetto, si evince che quella di Atene e province, era una cultura
di tipo androcentrica, che non dava alcun diritto alla donna.
Ogni due volte all’anno però, in occasione delle feste
Dionisiache, chiamate poi Baccanali, queste donne si allontanavano
dalla famiglia, e si appartavano su un monte o nel bosco, sotto l’influsso
della “possessione dionisiaca”. In questi luoghi davano
libero sfogo ai loro istinti più repressi dalla società,
e adoravano Dioniso, cadendo in trance, e perdendo ogni controllo
su loro stesse. Ecco spiegato il perché della natura orgiastica
e sanguinolenta della baccante, che tuttavia non si trasformava in
vampiro.
In questa ff, la baccante dunque, verrà intesa come tale, e
non come un surrogato al femminile di Dracula.
Questa ff è liberamente ispirata alla tragedia greca di Euripide:
“Le Baccanti”.
PROLOGO
<Figlio mio, non mi rimane più molto da vivere, me ne sto
andando e voglio che tu esaudisca un mio desiderio: voglio che porti
tua madre e le tue sorelline a Tebe; là ho dei parenti, che
non vi faranno mancare nulla, e riuscirete a sopravvivere…>
Il respiro dell’uomo sofferente, vecchio e canuto, si faceva
sempre più ansimante. Era dunque ben comprensibile per suo
figlio, seduto ai piedi del giaciglio del padre, con le proprie mani
strette in quelle dell’anziano genitore, che al suo papà,
ormai non rimaneva più molto da vivere. Nonostante ciò,
il ragazzo trovava ancora la forza di contraddirlo: <Ma padre,
sai benissimo che non posso portare la nostra famiglia a Tebe…Ti
sono giunte all’orecchio le voci degli scompigli che ci sono
in quella città? Le guardie reali lottano con un sempre più
crescente numero di ribelli, guidati da un certo Atteone…>
Il padre tossì profondamente, sputando un grumo di sangue uscito
dai suoi polmoni, poi con grande fatica prese fiato e disse al proprio
figlio: <Parmione, fa come ti ho detto. Dovete andare a Tebe, se
continuerete a vivere a Melandria, non avrete futuro. Mio cognato
Leucippo mi deve ancora un favore, senza contare che dopo la morte
di mia sorella Mila, e il trasferimento di sui figlio a Roma, è
rimasto solo: non si rifiuterà di prendersi cura di voi! Fa
come ti dico!> <Padre, mi spiace deludere le tue aspettative,
ma credo che sia impossibile andare a Tebe, sinceramente lo considero
un suicidio!> rispose risentendosi il giovane. L’uomo sospirò
pazientemente, cercando di sprecare gli ultimi respiri rimastigli,
in maniera opportuna: cercando di convincere Parmione a fare la sua
volontà; così gli disse: <Senti figlio mio, fidati
di me! Facciamo così: voglio che tu contatti due persone che
ti possono aiutare…> L’udire di quelle parole, rese
gli occhi di Parmione accesi di ritrovata speranza, poi con più
interesse chiese al padre: <Di chi si tratta? Devono essere due
guerrieri forti, astuti e vincenti! Oppure qualche semidio pronto
a correrti incontro perché debitore nei tuoi riguardi di un
favore…> Il giovane, accecato dall’orgoglio di avere
un simile padre, cominciò a volare con la fantasia, facendo
le più svariate congetture, finché fu interrotto dal
padre che lo ammonì: <Nulla di tutto ciò, figliolo,
sono soltanto due donne!> <Due donne?> rispose deluso Parmione.
Il padre gli sorrise bonario, intuendo che il giovane aveva soltanto
paura di affrontare una situazione più grande di lui completamente
solo, poi lo fissò e gli disse con una voce sottilissima, quasi
impercettibile, esalando gli ultimi respiri: <Cerca Xena e Olimpia,
siamo amici di vecchia data…La principessa guerriera mi deve
ancora un favore; dille che la manda a cercare Palemone, ella capirà
e correrà a darti una mano!> ed una smorfia di dolore si
stirò sul suo volto.Lo stupore del ragazzo fu tale che continuò
a ripetersi più volte: <Xe… Xena e O…Olimpia?
Quelle Xena e Olimpia?> Il padre gli dedicò l’ultimo
sorriso, avallando i suoi pensieri: non c’era dubbio, Parmione
avrebbe ricevuto l’aiuto migliore che potesse desiderare.
Il ragazzo allora disse con più sicurezza: <Va bene padre,
farò come tu mi hai detto!> A quelle parole, il padre gli
sorrise ancora, poi prima di spirare disse: <Parmione…mi
fido di te, ti voglio bene…> E subito la vita lo abbandonò:
il corpo si appesantì cadendo più mollemente sul giaciglio,
mentre gli occhi ancora aperti, avevano acquistato una velatura bianca
nell’iride. Il giovane cominciò a piangere la morte del
suo caro genitore, tenendogli ancora la mano che stava diventando
fredda e dura. Poi si liberò da essa e gli chiuse gli occhi,
dandogli un ultimo bacio sulla fronte rugosa. Uscì quindi da
quella camera nel quale si era chiuso poco prima col padre, che voleva
parlargli da solo.
Si recò dunque nella cucina e diede il triste annuncio all’anziana
madre, ed alle sue quattro sorelline, che corsero ad abbracciarlo
piangendo. Vinta la commozione, Parmione prese la più piccola
in braccio, e si diresse verso la madre che si era accasciata in un
angolo del focolaio, con le mani sul viso e il viso quasi in grembo.
Il giovane, cercando di essere forte, gli si rivolse allora con decisione:
<Non temere madre, ce la faremo!> La donna lo guardò
esterrefatta, tanto da non capire da cosa derivasse tutta quella tranquillità
del giovane, così gli disse: <Ma Parmione, cosa faremo ora?>
Egli con nuova decisione: <Madre, prepara i fagotti, andremo a
Tebe!> Una smorfia di terrore passò nel volto della donna
che rispose allarmata: <Ma hai forse perso il senno? Sai cosa sta
succedendo a Tebe?> <Certo che lo so..> rispose calmo Parmione
che aggiunse: < Queste sono le ultime volontà di babbo:
Trasferirsi a Tebe dallo zio Leucippo. Ed io intendo esaudirle, perciò,
considerato che sono il nuovo capo famiglia, si va a Tebe!> La
madre abbassò lo sguardo rassegnata dicendo: <Come vuoi
ma credo sia una pessima idea! Come faremo ad entrare nella città
se stanno chiudendo le frontiere per impedire che giungano seguaci
di Atteone da tutta la Grecia?> Il giovane rispose ottimista: <Ce
la faremo madre! Mi basterà solo mandare una missiva a due
persone!> <A che scopo? Ci servirebbe qualcuno che sappia farsi
valere, non so se…> rispose confusa la madre. Parmione allora,
poggiando la sorellina più piccola tra le braccia della secondogenita
incalzò: <Perché queste due persone sono fortissime,
sono state amiche di papà, e visto che aiutano sempre i più
deboli, ci daranno una mano ad essere felici!> <Chi sono?>
domandò la sorellina più grande. Egli rispose spensierato:<Xena
e Olimpia! e chi se non loro!?!>
I due nomi echeggiarono nella stanza mettendo un leggero sorriso soddisfatto
sulle labbra di quella povera famiglia.
CAPITOLO 1
La giornata stava volgendo al tramonto quando, nel crepuscolo, Xena
e Olimpia arrivarono con le loro cavalcature a Melandria. Le condizioni
climatiche erano state poco clementi con loro, difatti la giornata,
bella e soleggiata, si era ben presto mutata in tempestosa e fredda:
così, arrivarono a destinazione bagnate fradice. <Accidenti
che giornataccia!> esclamò Olimpia. <Si, è stata
una pessima idea decidere di mettersi in viaggio proprio oggi…Eppure
Zefiro non portava ad oriente nubi cariche di pioggia!> rispose
Xena. <Mah…sarà una delle stranezze del tempo che
avvengono di questi periodi…> concluse Olimpia. Xena la fissò
qualche attimo e poi sorridendole disse: <Credo tu abbia ragione
amore!> <D’altronde…> constatò poi più
solenne la guerriera: <La missiva parlava chiaro: “….Dovevamo
venire a Melandria per trovare un certo Parmione, figlio di Palemone
e aiutare la sua famiglia!”> <Palemone…> rimuginò
tra se Olimpia <Non mi pare nuovo questo nome, sai Xena?> La
guerriera rifletté ad alta voce: <Sarà una delle
tante persone che abbiamo incontrato sul nostro cammino…>
Olimpia, nonostante la pioggia continuava a fischiettare, non avendo
perso il suo buon umore, e di questo la principessa guerriera ne fu
felice. Xena le disse poi con tanto amore, poggiandole un mantello
sulle spalle: <Copriti per favore, altrimenti prenderai un malanno!>
Olimpia si strinse nella mantella che sapeva dell’odore di Xena
e ebbe un flashback della notte d’ amore che avevano appena
trascorso e disse: <Sai Xena, questa mantella profuma del cuoio
della tua armatura!> <E del profumo della tua ambrosia…>concluse
Xena e poggiandole una mano sulla spalla, così il bardo continuò:
<Per gli dei amore, come piove! Per fortuna che tra pochissimo
arriveremo nella piazza del mercato, spazio pullulante di vit…>
ma non finì neppure la sua frase, che giunte nella piazza del
mercato, immediatamente dovette ricredersi osservando lo spettacolo
che si profilava dinnanzi a loro: tutto era avvolto da una coltre
di immensa desolazione, il paesaggio era così spettrale...
Era un’atmosfera così inquietante, quasi da far rabbrividire;
le due notarono che non c’erano più venditori, che tutti
i bancali erano vuoti e che il mercato era come morto, e ad alitare
su di lui, solo il forte soffio del vento, e la pioggia battente che
cadeva inzuppando ogni cosa. Avvicinandosi a Xena, e cercando il suo
abbraccio, Olimpia le sussurrò nell’orecchio: <Ehi,
ma che è successo? Dove sono tutti?> <Non lo so Olimpia…non
ne ho la più pallida idea…> espose riflessiva con
un filo di voce la guerriera, che intanto la stringeva con fare protettivo.
<Strano, è da poco passato il tramonto, ma non pensavo che
la piazza del mercato a quest’ora fosse già deserta…
E’ il primo posto in cui ci rechiamo, che troviamo deserto subito
dopo il tramonto… E tutto così spettrale…> constatò
rabbrividendo Olimpia. Xena le disse ironica, cercando di sdrammatizzare:
<Meno male che il mercato era pullulante di vita!> Ma in realtà
si sentiva irrequieta, non era ancora in grado di capire cosa esattamente
fosse successo, perciò convenne che l’unica alternativa
per la quale potevano optare in quel momento, era mettersi al riparo,
perché in quell’alone di mistero, non poteva permettersi
di correre rischi, ne tanto meno di farne correre alla sua piccola
Olimpia che nonostante fosse una guerriera autonoma, molto spesso
le sembrava ancora solo la fanciulla strappata ai genitori nel villaggio
di Potidea. Da allora quella creatura per lei così soave meritò
sempre di essere amata e protetta, sempre, e quella volta non faceva
eccezione. Trasalì, quando all’improvviso, il rumore
di un sonoro starnuto di Olimpia le ricordò che entrambe erano
bagnate fradice, e che, se fossero rimaste ancora qualche attimo sotto
quell’acqua, avrebbero rischiato di beccarsi una bella influenza.
Xena le si rivolse ancora dunque, notando che Olimpia fissava la realtà
con occhi costernati: <Forza amore, cerchiamo una locanda dove
trascorrere la notte, dobbiamo metterci al riparo da questa pioggia
scrosciante! O ti buscherai un malanno…> Olimpia sorrise
al fare protettivo della sua donna, e senza dir nulla si lasciò
prendere per mano da ella.
Qualche istante dopo, le due arrivarono nei pressi di una bettola
che aveva le porte chiuse. Con molta sollecitudine, Olimpia bussò
al batacchio della porta, ma nessuno rispose loro. La bionda allora,
si voltò per fissare demoralizzata le iridi cerulee della guerriera,
che per tutta risposta si fece spazio tra lei e Argo II, e riprovò
con più decisione.
In quell’istante la porta si aprì timidamente, nascondendo
dietro di essa, una bambina che avendole notate stanche e bagnate
dalla finestra, si mosse a pietà e decise di aprirle. Subito
dietro di lei, fu il padre. Così Xena si rivolse all’uomo,
la cui figlia stava sgattaiolando fuori, e chiese: <Chiedo scusa
per la tarda ora, ma noi vorremmo poter avere un posto al caldo…siamo
appena giunte a Melandria, siamo bagnate, stanche… la mia amica
non riesce più a continuare il viaggio, credo non stia tanto
bene… per favore, ci accolga in casa sua, le pagherò
bene il prezzo di una stanza con due giacigli si ci vorrà ospitare…>
Nel frattempo, Olimpia era rimasta a giocherellare con la figlia dell’oste,
poco distante da Xena. L’oste gettò uno sguardo al di
fuori della taverna e vide che nonostante Olimpia fosse bagnata fradicia,
si tolse il mantello e lo usò per coprire la bimba per non
farla bagnare; anche Xena, fu portata a seguire lo sguardo dell’oste
e ad ammirare il gesto altruista della sua donna, fatto con tutto
l’istinto materno che ella possedeva. Rimase estasiata nel vedere
come la sua Olimpia si prendeva cura di quella creatura, nonostante
non fosse figlia sua. In un secondo pensò: <Eh si, è
proprio per questo che io amo da morire questa donna, per gli slanci
di incondizionata generosità che ha nei riguardi altrui!>
Fu però subito riportata dalla realtà, dallo schiarirsi
di voce dell’oste che quel gesto commosse tanto da farsi più
in là, ed esortare le guerriere ad entrare; egli prese poi
le briglie delle loro cavalcature per portarle nella stalla, ed intimò
le due donne di aspettarlo sull’uscio della taverna. Olimpia
teneva la piccola per mano, coprendola come meglio poteva.
Qualche istante dopo, i quattro furono al riparo nella mensa di quella
locanda. L’oste si avviò dietro al bancone e offrì
loro due boccali di sidro, la bimba fino ad allora attaccata ad Olimpia,
corse verso il padre e mise nei piatti due tozzi di pane e un po’
di minestra avanzata quella sera, poi avvicinandosi ad Olimpia gliela
porse con un timido:< Tieni…> Olimpia si chinò
verso di lei, le carezzò i capelli, e prese il tutto ringraziandola.
Poi portò sul banco e lì condivise la cena con Xena.
Mentre le due stavano rilassandosi, dal piano di sopra si udì
una voce stridula che urlava avvicinandosi sempre più: <Nico,chi
ha bussato a quest’ora?> ma l’oste non rispose; sicchè
dal fondo della scalinata, apparve una donna in abito da notte che
aveva un’aria piuttosto burbera e bisbetica, talmente brutta
da far invidia a medusa, sdentata e con i capelli arruffati dal sonno.
<Nico! Cosa diamine combini a quest’ora?> rispose furiosa
la donna. In quell’istante la piccola si mise dietro le gambe
di Xena per paura che accadesse qualcosa di brutto. L’oste,
molto seccato dall’atteggiamento di sua moglie la richiamò:
<Torna a dormire Esedra! Non sono affari che ti riguardano!>
<Tutto ciò che riguarda te, nostra figlia e la taverna mi
riguarda! Idiota!> strepitò la donna, che in quel preciso
istante roteò gli occhi di 180° e vide le due guerriere
sedute al banco sugli sgabelli e la sua figlioletta dietro di loro.
<Oh dei! E chi sarebbero queste due? Sgualdrine in cerca di lavoro?
Puttane? Ladruncole?> si avvicinò di più a loro e
le squadrò da capo a piedi: <Sei matto! Come hai osato far
entrare due sicari in casa nostra?> urlava con sempre più
fervore.
In quel momento Olimpia disse timidamente: <Ehm… veramente
signora, non siamo appena giunte da un lungo viaggio a Melandria e
abbiamo bussato alla vostra porta per trovare riparo dalla pioggia
battente…sa con questo tempo…> La donna la fissò
un attimo, e Olimpia fu certa che le sue parole l’avessero calmata,
ma all’improvviso esplose: <Avete fatto malissimo a venire
qui a Melandria, specialmente in questo periodo!> Olimpia si spazientì:
<Non siamo qui per un viaggio di piacere!> le rimbrottò,
alzando gli occhi al cielo in segno di resa, ed a quel punto intervenne
risoluta Xena: <Senti, non abbiamo tempo da perdere con te, siamo
venute qui solo per stanotte, per riposare, siamo stremate dal viaggio
quindi non ti ci mettere pure tu, che se mi arrabbio divento una poco
piacevole compagnia!> Poi imitando il gesto della compagna, accarezzò
un attimo i capelli della bambina e disse: <Sai che ti dico? Tu
sei solo una pazza isterica, le furie confrontate con te sono agnellini!
Dovresti prenderti più cura di tua figlia anziché fare
schiamazzi e disturbare gli altri!> Poi si rivolse a Nico e parlò:
<Grazie, ringrazio il cielo che non ci sia venuta ad aprire tua
moglie, a quest’ora forse saremo ancora sotto la pioggia!>
Così detto prese dal sacchettino che portava legato col chackram
vicino alla vita e vi pose venti denari sul bancone, poi sotto gli
occhi della moglie stupita chiese all’oste: <Per favore Nico,
puoi darci le chiavi della nostra stanza?> L’oste collaborò
affabilmente, restituendo a Xena l’intera somma e disse: <Prendi,
tu e la tua amica non avete alcun bisogno di pagare per sostare una
notte qui, casa mia è anche vostra!> La moglie starnazzò
ancora: <Ma che sei scemo?> Ed egli disse con piglio autoritario,
come mai fino ad allora aveva usato: <Esedra, taci! Io voglio che
Xena e Olimpia stiano a dormire qui stanotte, e non mi interessa che
paghino, mi interessa solo che loro si trovino bene! E porta rispetto
a due come loro, vecchia megera!> Olimpia pensò ironica
tra se e se : “Accidenti, si amano alla follia!”
Ma il corso dei suoi pensieri fu interrotto dalla voce di Xena che
chiese all’oste: <Ehi, un momento, che ne sai chi siamo noi?>
L’oste rispose alla domanda della guerriera con una tranquillità
disarmante: <Andiamo Xena, cosa pensi che non sia abbastanza conosciuta
qui a Melandria? Il buon vecchio Palemone, che gli Dei lo abbiano
in gloria, non faceva altro che parlare della sua avventura con te,
e poi il palomino… il chackram alla vita…la tua inseparabile
Olimpia…Solo i ciechi non si accorgerebbero della tua maestosa
presenza!>
Le due guerriere si guardarono con aria confusa, soprattutto perché
giunse di nuovo loro quel nome: Palemone che fece loro ricordare della
missiva. Senza aggiungere altro, e sotto gli occhi stupiti della vecchia
Esedra, Xena ringrazio di tutta quell’ospitalità, prese
le chiavi della stanza e si accinse a salire di sopra, seguita a ruota
da Olimpia, che prima però, salutò, la piccola bimba
bionda con gli occhi azzurri.
Appena riuscirono a chiudere la porta della stanza, dietro di loro,
le due si presero per mano e si portarono verso il letto, sul quale
si adagiarono mollemente.
<Sei stanca?> chiese Xena ad Olimpia. <Si, un poco.> rispose
la barda, accennando ad uno sbadiglio. La guerriera si avvicinò
sfiorandole il viso, e mettendole poi una mano sulla spalla. <Cosa
c’è?> sussurrò Olimpia, ma non fece neppure
in tempo a realizzare quello che stava accadendo, che si ritrovò
distesa a pancia sotto, con Xena a cavalcioni su di lei, e le mani
della guerriera che slacciavano il suo corpetto. <Xena…>
mugugnò Olimpia. La donna allora cominciò a far correre
le sue mani lungo la schiena dell’amica, massaggiandola vigorosamente.
Xena le rispose dunque: <Tranquilla tesoro, non voglio fare l’amore,
so che sei stanca e non mi permetterei mai di obbligarti a fare una
cosa contro voglia!> Olimpia mugugnò ancora: <Mhmm!>
<Ti sento tesa, rilassati, o rischio di farti male, hai i muscoli
contratti…Qualcosa non va?> chiese premurosamente Xena. <No,
va tutto bene, sei fantastica, sai? I tuoi massaggi hanno il potere
di farmi toccare il cielo con un dito!> incalzò Olimpia.
La donna guerriera andò avanti ancora per qualche minuto a
massaggiare la schiena della compagna, che intanto stava appisolandosi,
finché, quasi folgorata da un pensiero, con uno scatto repentino,
Olimpia si voltò verso Xena e la fissò negli occhi.
La principessa guerriera, sentì il cuore in gola: lo sguardo
della sua compagna era capace di provocarle intense emozioni ogni
volta. Sentiva che doveva baciarla, o sarebbe impazzita, ma il suo
idillio personale fu interrotto da un’Olimpia che esordì
serissima: <Ehi, Xe, forse ho capito chi era questo Palemone!>
Alla donna caddero le braccia, abbassò il capo in segno di
resa, poi lo risollevò, con occhi delusi. Solo allora Olimpia
la fissò e capì che forse aveva detto qualcosa di inopportuno,
così chiese: <Ehi, che c’è?> Xena scosse
il capo, si arrestò un attimo a pensare, poi cercando di ponderare
bene le parole disse: <Perché mi fissavi con quelli occhi
vogliosi?> <Io??> si stupì Olimpia. <Si, proprio
tu, e chi altri sennò, non c’è nessun altro in
questa stanza!> <Eh no, mia cara, io stavo solo pensando che
forse ho capito chi era Palemone!> Xena pensò tra se e se:
“Perfetto, mi è andata male! Va bene, è inutile
insistere per stasera, altrimenti rischio davvero di andare in bianco!”
Poi scacciando dalla testa quei pensieri, e tornando lucida, si rivolse
alla sua donna scherzosamente: <E va bene grande ed integerrima
illuminata! Chi sarebbe questo Palemone?> Olimpia le si avvicinò
abbracciandola con finto tono dispiaciuto: <Xena, perché
mi offendi sempre?> La principessa guerriera capì che in
realtà Olimpia voleva solo essere coccolata, e l’accontentò:
le tolse i calzari, la fece stendere sul letto, nel frattempo si tolse
l’armatura e scivolò al di sotto delle coperte vicinissima
alla donna che era rimasta a guardarla in silenzio col cuore in gola,
perché in quei momenti la sua compagna era imprevedibile..
Xena che però rispettava profondamente la sua amata, si fermò
ad un palmo da lei e disse: <Allora amore, vuoi dirmi chi è
questo Palemone?> mentre le passava un braccio sotto la testa,
attirando il corpo di Olimpia a se. La bionda si lasciò condurre
tra le sue braccia poi disse: <Ti ricordi quando mi rapirono per
farmi sposare quel re che in realtà il primo consigliere aveva
già ucciso?> <Ehm.. No!> rispose confusa Xena <Rifletti
bene, scava nella tua mente…> la esortò Olimpia. Allora
Xena si spazientì: <Per gli Dei, amore, è passato
davvero tanto e non credo di ricordare bene…> <Non ricordi
neppure che tu eri diventata cieca? E che avevi bisogno della segale
egizia per porre rimedio alla tintura di ortica che ti era finita
sugli occhi?> <Mhhm…> fece per pensare Xena per poi
continuare : <Dove vuoi arrivare?> <Nulla Xena, semplicemente
dirti che Palemone era quel ragazzo che ti aiutò ad infiltrarti
nel castello per salvarmi la vita, lo stesso che lo fece in cambio
di una sfida all’ultimo sangue con te!> Xena aggrottò
la fronte, alzò lo sguardo per fissarlo in un punto indefinito
della stanza, per poi dire: <Mi sembra di cominciare a mettere
a fuoco…> mentre Olimpia la fissava carezzandole il viso.
<Palemone!?! Ma certo! Quel biondino che poi andò via col
tipo che ti faceva da maestro di buone maniere, rinunciando al duello!>
<Brava amore, proprio quello!> rispose esultante Olimpia, per
poi correggere la sua amata: <E poi Euristeo non mi insegnava le
buone maniere! Capito?> concluse sorridendo il bardo, e Xena la
provocò dicendole: <Oh, certo, non ti insegnava le buone
maniere… A giudicare da come faceva la corte a Palemone, forse
ti stava insegnando a corteggiarmi….> Olimpia la fissò
negli occhi rassegnata, dicendole un semiserio: <Ma piantala!>
concludendo l’ affermazione con un sonoro colpo di tosse: <Tu
hai preso molto freddo oggi!> la rimproverò amorevolmente
Xena, stringendola sempre più a se e cercando di scaldarla
alla meglio col suo corpo. <Dai piccola, riposiamo che domani ci
aspetta una giornata lunga ed estenuante, dobbiamo cercare il figlio
di Palemone ed aiutarlo, dopotutto, ho ancora un debito con lui, ed
è giunto il momento di saldarlo!> constatò Xena <Ti
amo mia bella guerriera, perché sei sempre così piena
d’orgoglio ed onore!> la fissò sorridendo dolcemente
Olimpia, che si vide piombare la mora sulle sue labbra per un bacio
intenso e dolcissimo quanto mai.
<Buonanotte piccola!> salutò subito dopo Xena <Buonanotte
amore!> le rispose Olimpia avvolgendosi ancora di più in
quel caldo abbraccio. Xena spense la lampada e tutto piombò
nel buio…
CAPITOLO 2
Il sole indorava con i suoi primi caldi raggi, i corpi delle due donne
che giacevano ancora dormienti, strette l’una all’altra.
Dei gridolini gioiosi, provenivano dalla piazza del mercato adiacente
alla locanda, e proprio questi versi fecero svegliare di soprassalto
Xena, che si mise subito seduta al centro del letto brontolando. Appena
fu desta, si incantò fissando le bionde ciocche di Olimpia
che dormiva ancora, con le mani strette a pugno sul cuscino e la bocca
semiaperta. “Sembra proprio una bambina” pensò,
per poi posarle un lieve bacio sulla guancia. Olimpia si accorse di
essere stata sfiorata dalla compagna e chiese con la voce impastata
dal sonno:< Oh Xena, è già ora di alzarsi?> <Si
dormigliona mia!> le sussurrò Xena in un orecchio, e dopo
qualche mugugno anche Olimpia fu sveglia.
<Ehi, non mi dai il buongiorno?> le chiese interrogativa Xena,
ed in me che non si dica, Olimpia raggiunse le labbra di Xena baciandole
con un incredibile ardore, tanto che alla guerriera sembrava mancare
il fiato per un attimo. Appena furono separate, Olimpia le disse:
<Buongiorno amore!> Xena, ancora spiazzata da quel bacio, non
riuscì a dirle nulla. <Forza amore, chiudi quella bocca
altrimenti ti entreranno le mosche!> la scimmiottò Olimpia,
che alzandosi si accorse di essere completamente nuda. Si squadrò
per un attimo, sotto gli occhi sognanti di Xena, poi rivolse uno sguardo
malizioso alla guerriera, e fanciullescamente disse: <Ma come,
sono ancora nuda??? E certo! Dopo stanotte…> <Già...>
la osservò languida Xena, per poi riprendere: <Parli della
prima, della seconda, o della terza volta?> Olimpia la fissò
sorridendo, poi incurante della sua nudità, si sedette sulle
gambe della compagna.
E se ti chiedessi di amarmi ancora come mi hai amato stanotte? Lo
faresti?> le sussurrò Olimpia mordendole l’orecchio.
<Certo che lo farei, se solo tu me lo chiedessi…> rispose
già eccitata Xena. <Prendimi amore, prendimi come solo tu
sai fare…> e Olimpia pose le mani della principessa guerriera
sui suoi seni, e questi cominciarono ad essere massaggiati sapientemente
dalla donna che cominciò anche a succhiarli profondamente.
La passione tra le due si accese così tanto, che Xena si alzò
con ancora Olimpia in braccio, si voltò e la fece stendere
sul letto al di sotto di lei. Il dolce peso di Xena faceva impazzire
Olimpia che stava per essere esaudita nella sua richiesta… Dopo
qualche minuto, Olimpia fu colta da un potente orgasmo e Xena la abbracciò
stretta a se. <Ci sei riuscita anche stavolta, ci riesci sempre
tu!> esclamò Olimpia intrecciando le sue mani con quelle
di Xena. <E’ un mio privilegio!> le rispose amorevolmente
la donna, che continuò: <Sai, quando faccio l’amore
con te, sono completamente coinvolta…solo tu sei in grado di
farmi provare mille immense sensazioni quando mi guardi con quegli
occhioni amorosi mentre stai venendo…> <Ti amo piccola!>
le disse Xena <Sei la mia vita!> le sussurrò Olimpia.
Dopo qualche altro istante abbracciate, con i cuori sintonizzati l’uno
sulla frequenza cardiaca dell’altro, Xena si avvicinò
al suo orecchio e disse: <Forza…> mentre le baciava il
lobo: <Dobbiamo affrontare una giornataccia oggi!> <Mhmm…>
fu l’unica risposta di Olimpia.
Nonostante la fatica immane di rivestirsi controvoglia, Olimpia, sistemandosi
i capelli, andò verso la finestra dalla quale penetrava la
luce, e la spalancò, osservando lo spettacolo al di sotto i
se: La piazza del mercato pullulante di vita, con tantissime bancarelle,
luci, colori, suoni ed ogni sorta di merce.< Hai visto Xe? Non
mi potevo sbagliare, il mercato è il cuore attivo della città!>
parlava stupita Olimpia. <Sarà…> disse Xena sospettosa,
<…Ma ieri pomeriggio non era poi così pullulante di
vita questo mercato! Invece, stamattina sono stati proprio questi
schiamazzi a svegliarmi!> <Perché, stanotte hai dormito
poco?> rise beffarda Olimpia. Xena la fissò ancora una volta,
poi inarcò il sopracciglio e disse maliziosa: <Perché,
tu stanotte hai dormito?> Poi ritornando seria e pensierosa: <Dovrò
parlare un attimo con Nico, e poi ci metteremo alla ricerca di Parmione…>
concluse, appena in tempo per sentire i ripetuti brontolii dello stomaco
della sua donna, che la fissava desolata; così lasciandosi
andare ad un dolce sorriso Xena aggiunse: <Non prima di aver portato
la mia mangiona a fare colazione!>
Appena scese le scale, le due si accomodarono ad un tavolo poco distante
dal banco, ed in quel momento, Nico le notò. Dopo aver servito
del latte caldo con miele ad una donna, l’oste si avvicinò
a loro: <Ehi, come va?>
<Tutto bene, grazie!> rispose cordialmente Olimpia
L’oste si volto verso Xena, che come sempre tra le due era la
meno loquace, e le chiese: <Avete fame? Vi porto del latte di capra
e delle focacce?> La guerriera che stava pulendo la sua spada,
annuì, mentre l’oste si voltò verso Olimpia chiedendole
sottovoce: <Ma che ha? E’ arrabbiata?> <No!> sorrise
Olimpia che continuò: <E’ sempre poco loquace al mattino!>
L’oste si allontanò e Olimpia richiamò Xena: <Si
può sapere che ti prende?> Xena sollevò il capo dalla
spada meravigliata chiedendole: <Perché?> <Perché
hai trattato malissimo quel poveretto che ci ha ospitate senza prendersi
un soldo per di più, ti devo ricordare che gli siamo debitrici?>
Xena le sorrise e disse: <No, non c’è bisogno. Scusa,
ero soprapensiero, non ho udito molto di quello che dicevate…>
Mentre le due confabulavano, Olimpia si accorse che l’oste stava
riavvicinandosi con un vassoio in mano, così bisbigliò
alla compagna, schiacciandole il piede al di sotto del tavolo: <E
cerca di essere più affabile stavolta!>
< Eccovi qui un po’ di cibo per rimettervi in forze!>
disse giocondo l’oste, ed Olimpia notò che attaccato
alle sue vesti, c’era la bambina della sera precedente, che
le sorrideva timida, con un dito in bocca. <Vieni qua piccolina!>
le disse Olimpia spalancando le braccia ed accogliendo sulle sue gambe
la bimba, mentre allo stesso tempo Xena chiedeva all’uomo: <Per
favore Nico, potresti dedicarci qualche attimo? Vorremo parlarti…>
Così dicendo, scostò la sedia dal tavolo e fece cenno
all’oste di sedersi. L’uomo ubbidì senza batter
ciglio, e con molta cortesia le disse: <Di cosa si tratta?>
<Vedi…> cominciò Xena <..Siamo state convocate
qui per aiutare il figlio di Palemone, e fin qua, è tutto chiaro,
ma ci sono alcune cose che non mi riesco a spiegare!> <Si, hai
ragione!> continuò Olimpia che aveva fino ad allora ascoltato
attentamente. <Ad esempio…> riprese Xena: <Perché
stamattina il mercato è pullulante di vita, mentre ieri, appena
calato il sole era praticamente deserto?> <Oh…> sospirò
Nico abbassando il capo. <Perché sembri così turbato?>
La bimba che fino ad allora sembrava aver soltanto giocato con i laccetti
del corpetto di Olimpia disse spaventata: <Perché dopo il
tramonto le signore lupo vengono a cercare!> <Cosa?> chiese
Olimpia confusa e stupita. Xena, dopo l’iniziale sgomento
si rivolse all’uomo: <Cosa vuole dire la bambina? Parla per
gli Dei, o non potremo aiutarvi!> A quelle parole l’oste
fu scosso da un brivido e poi cominciò a raccontare: <Vedete,
tanti anni orsono, che proprio in questo paese, si formò il
primo nucleo di menadi; per un poco la gente convisse con loro, ma
era sempre più difficile starci a contatto, perché erano
veramente femmine strane, oscene, discinte, maleducate; insidiavano
le nostre donne e le nostre fanciulle e non potevano essere d’esempio
per la nostra società…> Nico si fermò un attimo
per riprendere fiato, ed osservò l’atteggiamento di minuziosa
attenzione che avevano le due guerriere nei riguardi di quel racconto,
così, si schiarì la voce e proseguì: <…Un
giorno, noi uomini, decidemmo di cacciarle da Melandria; il nostro
esempio fu seguito così anche dagli abitanti dei villaggi vicini.
Da allora, in questo periodo dell’anno, come rinnovo di un’antica
maledizione, le donne lupo scendono sempre nei villaggi dai monti,
o si spingono dalle foreste fino ai paesi vicini, per saccheggiare,
razziare e punire tutte le donne e le fanciulle che un tempo non si
unirono a loro, e che ancora oggi, fedeli alla loro famiglia ed alla
loro società, rifiutano di unirsi a loro, e non praticano il
culto di Bacco…> <Ma è semplicemente orribile!>
fu il commento di Olimpia subito dopo il racconto dell’oste.
<Bastardo!> Batté furiosa i pugni sul tavolo Xena. Si
alzò di scatto impugnando la spada ed uscì dalla locanda.
L’oste e la figlia fissarono costernati Olimpia, la quale a
sua volta dopo averli rassicurati, rincorse la compagna.
di
Bard and Warrior