<Xena! Xena!!>
e fece uno scatto repentino.<Si può sapere che ti è
preso!> urlò affannando Olimpia, stringendo forte il polso
fuggente della compagna. <Lasciami stare!> le intimò
Xena. <No, non sperare di cavartela così mia cara, voglio
sapere cosa ti prende, e voglio un risposta adesso, immediatamente!>
Le strinse quindi il polso quasi fino a farla male, tanto che Xena
dovette girarsi e fu costretta a guardarla nei suoi occhi preoccupati
e fieri allo stesso tempo. <Nulla Olimpia, credimi, nulla!>
disse placando un istante la rabbia. <Qualunque cosa tu abbai,
sappi che ti sei comportata da maleducata alla taverna!> La principessa
guerriera tacque per qualche istante, così Olimpia continuò:
<Oltretutto hai spaventato a morte la bambina!>Xena chinò
il capo, per poi rialzarlo e specchiarsi nella verde limpidezza di
quelle iridi. Fu quasi in un bisbiglio che le disse: <Scusa, sapere
che Bacco è ancora in giro a fare del male, mi ha turbata molto…>
<Capisco..> soggiunse Olimpia accomodante, che la abbracciò
a se.
<Abbiamo un’altra faccenda da sbrigare noi due!> disse
Xena subito dopo essersi ripresa, così si divincolò
dall’abbraccio e si diresse verso la taverna mentre Olimpia
la fissava. <Non preoccuparti, non ho intenzione di fare altre
scenate! Voglio scusarmi con Nico e farmi dire dove possiamo trovare
Parmione!> Xena abbozzò un tirato sorriso. Olimpia pensò
che il comportamento della compagna era alquanto strano, passava da
attimi di sconforto ad attimi di spietata lucidità. “Darei
tutto il denaro di questo mondo, in cambio della conoscenza dei pensieri
che ora le passano per la mente!” pensò tra se e se prima
di avviarsi verso la taverna e raggiungere l’amica.
Un uomo e tre donne, seguiti da un piccolo corteo, tornavano con delle
fiaccole accese dal greto del fiume, una donna intonava una nenia
funebre, accompagnata da pianti e singhiozzi.
Xena ed Olimpia, in sella ad Argo II, intanto, girovagavano in cerca
della famiglia di Parmione, per la periferia del villaggio: Nico fu
chiaro: “…Abitano in una casetta, alla periferia nord
di Melandria, poco prima dell’imbocco del bosco, nel quale scorre
un fiumiciattolo che porta l’acqua fino in centro!…”
<Xena, non ti sembra incredibile tutto ciò?> parlò
Olimpia interrompendo il silenzio che si era creato da ormai troppo
tempo fra le due. <Cosa?> trasalì Xena.
<Non trovi strana tutta questa situazione? Voglio dire, siamo a
Melandria!> esclamò Olimpia incredula. <Olimpia, non
vorrei contraddirti…> le rispose poco entusiasta Xena, per
poi riprendere: <Ma so benissimo dove ci troviamo!> <No,
Xena, non intendevo questo!> Xena si voltò scrutandola con
aria interrogativa. Olimpia afferrò al volo il significato
di quell’occhiata e pazientemente continuò: <Le leggende
hanno sempre indicato Melandria come luogo di inizio del fenomeno
del menadismo… Hanno sempre raccontato la crudeltà con
la quale queste “donne lupo” infierivano sulle loro prede…
Parlavano di queste donne come figlie predilette del caotico Bacco…>
Xena la fissava muta, <…Pensavo fossero solo racconti per
spaventare i bambini particolarmente vispi, o magari quelli che non
volevano andare a letto quando i genitori li strillavano, ed invece…>
<Non capisco, a cosa ti riferisci?> le chiese Xena. <Un momento…>
le rispose Olimpia <…Vuoi forse dire che vuoi lasciare questo
villaggio in balia delle baccanti?><Ho capito: sta cominciando
ad intrigarti questa nuova avventura?> le rispose poco meravigliata
Xena per poi riprendere: <Stavolta non ci ficcheremo nei guai:
Aiuteremo Parmione e torneremo a casa nostra!> <Xena da quanto
in qua io e te abbiamo una casa?> la punzecchiò Olimpia
per poi continuare: <Ti faccio presente, cara la mia Principessa
guerriera, che abbiamo rinunciato ad una vita sedentaria ormai molto,
moltissimo tempo fa!> <Ad ogni modo, abbiamo una priorità:
quella di aiutare Parmione!> ribatté Xena. Olimpia diventò
di colpo seria e disse: <E lasceresti questa povera gente al loro
destino?> <Olimpia lo hai detto stesso tu: Melandria è
il luogo della nascita delle baccanti, questa gente ha sempre convissuto
con loro, se la saprà cavare anche senza di noi, vedrai…Basta
non fare uscire per qualche giorno donne e bambini di casa!> rispose
la guerriera seccata, distogliendo lo sguardo. <Xena, ma se qualche
momento fa quasi sembrava che se avessi avuto Bacco tra le mani lo
avresti massacrato… spiegami ora: Cosa è cambiato?>
la rimproverò amorevolmente Olimpia <Nulla! Ma già
so che se devo affrontare Bacco, devo farlo da sola. E siccome ci
sei tu non sono nella condizione di affrontarlo: lui sa qual è
il mio punto debole! Chiederti di andare via, o di aspettarmi altrove
non mi servirà, perciò non lo farò!> <Sei
uscita fuori di senno? Quanti pericoli abbiamo corso insieme fianco
a fianco; perché questa situazione dovrebbe essere diversa?
Perché vuoi che vada via?> Xena rallentò la galoppata
di Argo II, scese al volo, e tenne il cavallo per le redini, mentre
Olimpia la fissava, esterrefatta da quel comportamento.
Qualche istante dopo, le due udirono un placido scroscio d’acqua,
era il fiume di cui parlava Nico. <Ecco, credo che siamo quasi
arrivate!> esclamò Xena non curante che Olimpia aspettava
una risposta. La barda allora riprese: <Ehi, ti ho fatto una domanda,
abbi almeno la compiacenza di rispondermi!> <Senti Olimpia,
io vorrei aiutare gli abitanti di Melandria ad allontanare le baccanti
e a sconfiggere Bacco, ma se ti permettessi affrontare Bacco insieme
a me, non combatterei bene, perché avrei una costante preoccupazione
per te! Lui sa che tu sei il mio punto debole, e farebbe di tutto
pur di colpirmi dove sa che crollo! Ecco perché non so che
fare!> <Ma per chi mi hai preso, per una bambina?> le strillò
Olimpia che nel frattempo scese da cavallo. <No! Non fraintendermi…>
Xena la fissò negli occhi, il suo atteggiamento di sufficienza
avuto fino a qualche attimo fa, sparì. Arrestò la camminata
di Argo II e arrivò vicino alla compagna che intanto, qualche
passo più avanti si era fermata davanti al placido specchio
d’acqua. <… Piccola, io so benissimo quanto tu valga
come guerriera! Stai con me da tanti anni ormai, e ti ho visto fare
cose che neppure pensavo tu ne fossi capace… So benissimo che
tu vuoi che affrontiamo ancora una volta Bacco, perché vuoi
liberare Melandria da questa piaga, ma dobbiamo stare molto attente…>
Le disse bisbigliandole dolcemente all’orecchio Xena, per poi
continuare, cingendole i fianchi da dietro: <Amore, io ti vorrei
sempre con me, anche durante le battaglie più difficili, ma
non posso essere così egoista da coinvolgerti in qualcosa che
forse non è neppure alla mia portata…E se c’è
anche solo una piccolissima, remota possibilità che tu possa
perire in battaglia, allora non sono più così forte,
perché è da te che deriva tutta la mia forza…Ti
prego, non arrabbiarti con me solo perché ho il desiderio di
saperti viva solo per me!>
La bionda si voltò di scatto congiungendo le sue labbra con
quelle della guerriera, e lasciandosi stringere ancora di più
in quel caldo abbraccio.
<Qualsiasi cosa tu farai, ti seguirò. Non mi importa se
sarà un’impresa difficile: promettimi che aiuteremo gli
abitanti di Melandria!> le sussurrò poi Olimpia.
Mentre si rimisero in cammino, Xena le disse soltanto un incerto:
<Tenteremo di aiutare Parmione ed il resto degli abitanti di Melandria…>
Dopo poco tempo, le due si trovarono davanti all’uscio di casa
della famiglia del giovane.
Un uomo che da lontano urlava a gran voce: <Xena! Olimpia!>
attirò subito la loro attenzione. Le due si voltarono, ed in
breve tempo, l’uomo alto, snello, con capigliatura corta bionda
e i primi segni di barba sul volto, fu ben visibile alle due.
Il giovane si parò dinnanzi a loro, con un sorriso gioviale,
e disse: <Finalmente! Era da un po’ che vi attendevo, come
state belle guerriere?> E mentre disse questo, si chinò
per fare un baciamano, prima ad Olimpia, poi a Xena, ma la guerriera
ritirò la mano imbarazzata. Il giovane allora si ritirò
di buon grado.
<Posso sapere chi sei?> rispose infastidita Xena. <Sono Parmione,
il figlio di Palemone e vi ho mandate a chiamare perché so
che dovete un favore a mio padre!>
<E dov’è tuo padre adesso?> incalzò pungente
Xena.
Gli occhi del giovane mutarono in un attimo espressione, e la cosa
non passò inosservata alle due guerriere, così Olimpia
chiese: <Che hai?> Il giovane dallo sguardo perso nel vuoto,
in un punto indefinito dell’orizzonte, si schiarì la
voce e disse: <Vedete… mio padre è stato seppellito
poche ore fa… E’ morto…> L’atteggiamento
di Xena si fece repentinamente meno duro, quasi compassionevole, nei
suoi riguardi, perciò bisbigliò: <Condoglianze…>
Nello stesso momento, per cercare di infondere forza al ragazzo poco
più che fanciullo, Olimpia poggiò una mano sulla sua
spalla rompendo il silenzio: <Allora, ragazzo, perché ci
hai cercato?>
Il giovane indicò loro l’uscio di casa e concluse: <Entriamo
in casa, preferisco parlarvi privatamente, lontano da eventuali occhi
ed orecchie indiscrete…>
Parmione dunque si avviò, seguito a ruota da Xena e Olimpia
che fissandosi negli occhi, quasi con una sorta di telepatia, si chiedevano:
<Che strana situazione, cosa avrà voluto intendere?>
La porta di casa si spalancò, lasciando intravedere il resto
della famiglia di Parmione: la madre, e le sue quattro sorelline riunite
nella cucina che si affaccendavano a bollire verdure e lessare cereali
per il pranzo.
I tre entrarono, ma prima di richiudere la porta dietro di se, Parmione
si affacciò guardingo, per assicurarsi che nessuno fosse nei
dintorni.
CAPITOLO 3
<Quindi mi stai dicendo che ci hai cercato perché vuoi che
io e Xena ti aiutiamo ad andare via da Melandria alla volta di Tebe?>
concluse Olimpia dopo aver ascoltato quello che Parmione aveva da
dire. Il giovane la fissò durante tutto il suo monologo, poi
annuì deciso. <Incredibile!> disse spazientita Olimpia
per poi continuare: <E cosa vorreste che facessimo, io e Xena,
aiutarvi a fare il trasloco?> Poi Olimpia si voltò verso
Xena dicendole: <Xena, non possiamo, abbiamo ben altre priorità,
ti ricordi che giorno è oggi?> Alludendo al fatto che di
lì a poco le baccanti sarebbero tornate a Melandria.
Olimpia fu molto sorpresa, quando nel silenzio generale, ingombro
di attesa, notò che Xena era davvero soprapensiero. Olimpia
la scosse leggermente con la mano sul suo braccio dicendo: <Xena?
Xena! Cosa c’è?> Improvvisamente la principessa guerriera
si pronunciò a Parmione, ignorando la compagna: <Dunque,
volete andare a Tebe? Ma se non sbaglio in questo periodo ci sono
delle tremende lotte tra il re Penteo e un gruppo di ribelli guidati
da un certo Atteone…> <Esattamente!> esclamò
Parmione, surclassando qualsiasi eventuale risposta di Olimpia che
guardava i due spaesata. <Sarà difficile riuscire a farvi
entrare, lo sai?> continuò Xena <Certo che lo so!>
rispose risoluto il ragazzo, mentre Olimpia sempre più confusa
intervenne: <Andiamo Xena, ma è di Tebe che stiamo parlando!
Tutto il mondo sa che Tebe è la città occidentale più
liberale in assoluto, perché ora dovrebbe impedire a Parmione
e alla sua famiglia di entrarvi?> Ma la sua considerazione fu completamente
ignorata ancora una volta da Xena e tutti i presenti, che a loro volta
fissavano Xena con occhi speranzosi.
<Sappiamo bene che è difficile, e per questo mio marito,
che aveva previsto tutto, ha detto a Parmione che avevamo bisogno
di aiuto; è un’impresa difficile, ci servivano le persone
giuste e leali,e voi siete le migliori per garantire la libertà,
non a me povera vecchia, ma i miei quattro figlioli! Vi prego, aiutateci!>
intervenne la vecchia donna tenendo strette a se le due figliolette
più piccole. Quell’appello risultò così
accorato, tanto da riuscire ad intenerire Olimpia, la cui espressione
facciale, passò repentinamente dal sarcasmo alla compassione;
la bionda strinse la sua mano in quella di Xena, poi bisbigliò
nell’orecchio alla principessa guerriera: <Forse possiamo
aiutarli, non credi? Dopotutto è sempre più facile combattere
contro un gruppo di ribelli piuttosto che contro Bacco…avremo
di sicuro più possibilità…che ne pensi?>
<E gli abitanti di Melandria?> le rammentò flebilmente
Xena stringendole di più la mano.
<Mi dispiace dirlo, perché avrei voluto davvero che Melandria
si liberasse da questa tremenda calamità…ma a questo
punto…beh, un favore è pur sempre un favore, specialmente
e si tratta di un defunto! Non credi?> <Hai ragione…Penso
glielo dobbiamo al vecchio Palemone… Dai, non disperare vedremo
cosa riusciamo a fare!> le rispose accomodante Xena.
Poi le due guerriere comunicarono la loro decisione alla famiglia:
<E sia! Vi aiuteremo a penetrare a Tebe ma ad una condizione, che
tutto ciò avvenga nel più breve tempo possibile!>
<Abbiamo fretta quanto voi di andarcene da qui, che credi?>
rispose Parmione. <Perché?> rispose incuriosita Olimpia.
Il giovane stette qualche secondo a pensare quello che doveva dire,
poi farfugliò: <Perché a Tebe ci aspetta zio Leucippo..>
Xena osservò la reazione del giovane con molta attenzione,
e fu per un attimo insospettita da qualcosa, poi scrutando al di fuori
della finestra ed accorgendosi che si era fatto tardi, concluse: <Ascoltatemi!
Domani mattina di buon ora ci incontriamo nella piazza del mercato;
portate poche cose, giusto l’indispensabile per il viaggio!
E’ meglio viaggiare leggeri, perché non si sa mai quello
che si trova lungo il cammino… Dato che a Tebe si dirige solo
la strada oltre porta nord della città!> Tutti i membri
della famiglia ascoltavano con una luce di ritrovata gioia negli occhi,
la gioia che presto avrebbero abbandonato quel posto, con la speranza
di una nuova e meno stentata vita, e tutti furono felici che le due
avessero deciso di aiutarli. Tutti i loro pensieri passarono nitidamente
nella mente di Olimpia che riuscì a leggerli, e provò
comprensione per quella sfortunata famiglia. Poi Parmione fissando
Xena rispose: <Ci saremo domani, non temere!>
Concluso il discorso, le due si avviarono verso l’uscita della
casa, e mentre Xena aprì la porta Parmione le disse: <State
attente mi raccomando, specialmente quando attraversate il bosco…
E tornate a casa prima che faccia buio!>
Le donne si voltarono, salutarono ed andarono via.
Xena ed Olimpia ritornarono alla taverna poco dopo il tramonto e furono
ben accolte da Nico, il quale in parte per ospitalità, in parte
per interesse, cercava di far trattenere il più possibile le
donne a Melandria.
Quella stessa sera però, l’oste apprese con suo sommo
disappunto, che le due guerriere l’indomani mattina sarebbero
partite. <Ma non potete andare via! Come faremo senza di voi? La
nostra gente ha bisogno di voi! Non potete respingere prima le baccanti
e poi accompagnare Parmione e la sua famiglia a Tebe? Tanto Tebe è
vicina…> espose preoccupato Nico.
<Non possiamo perché se non accompagniamo Parmione entro
il prossimo zenit a Tebe, per loro potrebbe essere troppo tardi; sai,
che Tebe ha chiuso tutte le porte della città e non permette
di entrare a nessuno?> chiese Xena per poi continuare nel suo ragionamento:
<Se noi accompagniamo Parmione a Tebe, entro lo zenith, sarà
più facile eludere i controlli dei soldati! Altrimenti i tuoi
amici possono anche dire addio a Tebe!> concluse autoritaria Xena.
<Suvvia, Nico…> rispose più accomodante Olimpia
poggiando una mano sulla spalla dell’uomo per poi ultimare:
< …In fondo siete sempre riusciti a respingere le baccanti
anche senza il nostro aiuto, vedrete che ci riuscirete anche stavolta!>
<E poi non è detto che non si riesca a fare tutte e due
le cose!> esclamò Xena alzandosi dal tavolo e prendendo
la spada ed il chackram fino ad allora posati sul tavolo. Fu il chiaro
segno per Nico, che la guerriera stava chiudendo la conversazione,
così esclamò ironico: <Buonanotte Xena!> La guerriera
sollevò il braccio e salutò senza dir nulla dirigendosi
nella sua camera.
<Forse quando parlo dico cose sbagliate?> si crucciava l’oste,
cercando di sfogarsi con Olimpia, la quale era ancora impegnata a
seguire con lo sguardo la sua compagna finché non scomparve
al di sopra della gradinata.
<Ehi, posso avere almeno la tua attenzione se non quella di Xena?>
la sollecitò l’oste, e nel frattempo sua figlia poggiò
una manina sul ginocchio di Olimpia. La donna sembrò ridestarsi
dal torpore che l’aveva avvolta fino a quel momento, e accortasi
della bambina la prese in braccio. <Come ti chiami piccolina?>
<Io Licia!> <Licia! Bel nome!> disse Olimpia dandole un
pizzicotto così leggero sulle guance, quasi come fosse solletico,
che suscitò la reazione ilare della bambina.
<Ehi sto parlando con te!!> Irruppe spazientito Nico rompendo
l’atmosfera di armonia creatasi tra le due. <So benissimo
con chi stai parlando!> rispose Olimpia facendosi seria, per poi
continuare: <Ma a cosa ti serve agitarti in questo modo? Forse
se ti comporti così riesci a scacciare le baccanti? Queste
situazioni vanno affrontate con calma!> Nico incalzò: <Ma
io cerco solo un po’ di aiuto!> <E lo avrai!> Le voci
dei due si alterarono, così Nico urlò: <Si ma Xena…>
<Ma Xena che?> rispose urlando a sua volta Olimpia. <Senti…>
riprese a parlare con più calma Nico, consapevole che avevano
degenerato abbastanza per quella sera<… Quando vi ho visto
arrivare ho pensato che voi sareste state la salvezza delle nostre
fanciulle, delle nostre donne, insomma, la salvezza di Melandria!
Ed invece scopro che nelle priorità di Xena c’è
solo quella di far raggiungere sani e salvi a Tebe, la famiglia di
Parmione!> <Se ha deciso così, è perché
forse è davvero più importante permettere che Parmione
raggiunga Tebe!> Nico strabuzzò gli occhi esclamando incredulo:<Importante!?!>
Olimpia inspirò un attimo, aveva capito che l’uomo aveva
bisogno di spiegazioni, così con pazienza cominciò a
parlare all’oste: <Ascolta, Xena è una donna molto
saggia, sa sempre quello che fa, e se ha deciso così rispetta
la sua decisione, ed abbi fiducia: Se ha detto che vi aiuterà,
lo farà! Non ti resta che fidarti!>Nico colpì violentemente
il tavolo e disse sardonico: <Incredibile!> <Non lamentarti
Nico, dopotutto noi siamo accorse qui, solo perché è
stato Parmione a mandarci una missiva, se davvero come dite voi, questo
problema vi affligge da sempre, perché non ci avete chiamato
prima? Io tengo a liberare Melandria dalle baccanti quanto te, oltretutto
con quelle sciacalle abbiamo ancora un conto in sospeso, ma ammetti
che effettivamente dobbiamo aiutare prima chi ci ha cercato, perché
è più giusto.> <Ma…> <No Nico, anche
io non ero d’accordo all’inizio con il modo di fare di
Xena, ma mentre tornavamo qua, ci ho pensato a lungo! E’ giusto
aiutare Parmione!> <E’ evidente che abbiamo opinioni diverse,
ma so che tu sei una persona saggia e non permetterai che Xena compia
un’ingiustizia simile! Deve aiutare Melandria!> puntualizzò
Nico. Olimpia lo fissò contrariata da quell’affermazione,
così l’uomo, rendendosi forse conto che non poteva imporre
la propria volontà a nessuno, tanto meno alle due guerriere,
addolcendosi nel tono disse: < Almeno prova a parlarle tu, visto
che tra di noi non c’è un ottimo dialogo! Cerca di convincerla,
sono sicuro che a te darà ascolto…> <Mi spiace
Nico…> iniziò categorica Olimpia alzandosi dal tavolo
e lasciando scendere dalle sue gambe la bambina, che osservava la
loro discussione in silenzio giocando con il ciondolo che Olimpia
portava al collo; poi Olimpia continuò: <Conosco Xena,e
se ha preso una decisione, ne tu, ne io, ne nessun altro essere vivente
di questa terra potrà farle cambiare idea! Ed ora scusami,
sono stanca: Buonanotte!> Ed anche Olimpia si ritirò nella
stanza per riposare.
Aprì la porta della loro stanza, ed il bardo si immerse nella
penombra che avvolgeva quel locale. Richiuse la porta dietro di se,
ed accese una piccola lanterna.
Quando la stanza fu illuminata un po’, il bardo si diresse verso
il giaciglio che condivideva con la sua donna, e si accorse che Xena
era ancora sveglia: <Ehi, notte insonne?> domandò il
bardo avvicinandosi al viso di Xena per consegnarle un tenerissimo
bacio sul viso. La guerriera che aveva gli occhi chiusi rispose :
<Già…>
Calò qualche istante di silenzio tra le due; Olimpia allora,
cominciò a svestirsi di tutto ciò che era superfluo
e rimase solo con la gonnella e il bustino, poi, a piedi nudi si stese
sul giaciglio di fianco alla compagna, intrecciando le sue gambe a
quelle di Xena, ed avvicinandosi a lei, cominciò a carezzarle
il viso per poi sprofondare le mani nelle ciocche corvine; avvicinò
la bocca all’orecchio della guerriera e sussurrò: <A
cosa stai pensando amore?> e le cosparse il viso di tanti leggeri
bacetti, fino ad arrivare a sfiorare con le sue le labbra della compagna,
la quale rispose con un semplice mugugno.
Olimpia si accoccolò col viso sul petto della sua donna, poggiando
una mano all’altezza del suo seno sinistro, e la sua mano fu
subito coperta da quella di Xena, che ancora con gli occhi chiusi,
disse: <Non lo so amore, ma c’è qualcosa di questa
storia che non mi convince…> <Cosa?> chiese il bardo
che adorava ascoltare la lenta ritmicità con la quale batteva
il cuore di Xena. <E’ tutto troppo ingarbugliato…Voglio
dire, Parmione vuole a tutti i costi andare via da Melandria, mentre
Nico, vuole a tutti i costi che noi rimaniamo a Melandria per proteggere
la sua gente dalle baccanti, qualcosa non mi convince…> <Amore,
non riesco ad afferrare il ragionamento. Non capisco…> le
disse Olimpia titubante.Xena rispose con una serietà quasi
aulica: <Sinceramente amore, credo che la famiglia di Parmione
non vada via da Melandria solo perché a Tebe hanno il parente
che può concedergli un’esistenza più agiata…Ci
deve essere dell’altro sotto, ma no riesco a spiegarmelo, o
per lo meno non ancora…> <Quanto a Nico, non si comporta
come uno che è sempre stato abituato a respingere le baccanti,
sembra avere un terrore folle di loro…Quasi come se corresse
un pericolo certo… come se in casa sua se ne aggirasse una!>
<Ah ha!> rise Olimpia <Ma che sciocchezze stai pensando!
Amore, tu hai bisogno di riposo!> continuò spensierata Olimpia
la cui risata le si smorzò in gola, non appena a pochi passi
dal di fuori della loro porta sentì un rumore sinistro, e quasi
rabbrividì.
Olimpia si alzò di scatto a sedere sul letto, Xena fece ugualmente,
poi osservò la sua compagna scendere dal letto e cominciare
frettolosamente a barricarsi in camera.
<Non servirebbe a nulla, e lo sai…> le disse pacatamente
la guerriera fissando la mobilia messa davanti alla porta da Olimpia,
<Si, ma è una protezione in più, almeno!> affermò
la barda, che una volta compiuto il lavoro, chiuse bene la finestra
e ritornò nel letto tra le braccia della guerriera. <Amore,
ma cosa c’è, hai paura?> <Io..N…no!> disse
incerta e tremante Olimpia, che in cambio ricevette il caldo abbraccio
di Xena, nel quale cominciò a rilassarsi. <Comunque sia,
cerchiamo di dormire, tutti i nostri dubbi saranno chiarirti soltanto
vivendo questa avventura… Domani ci aspetta una lunga giornata…>
Poi Xena le posò un lieve bacio sulle labbra augurandole la
buonanotte, mentre un pesante silenzio calava in quella stanza.
CAPITOLO 4
I primi raggi di sole, illuminavano il cielo verso est, l’aria
di prima mattina era gradevole ma pungente.
Xena e Olimpia, avvertirono l’arietta fredda di prima mattina,
e si coprirono le spalle con una stola, mentre uscivano furtivamente
dalla locanda.
Olimpia fu rattristata dal gesto che stavano compiendo: <Non è
educato, scappare via come delle ladre, beffandosi del loro benefattore..>
pensava; così, prima di uscire, nonostante le ripetute sollecitazioni
di Xena a sbrigarsi, ella scrisse un biglietto all’oste, nel
quale indirizzava anche un affettuoso saluto alla figlioletta, e lasciò
venti denari sul banco della sala mensa, quasi come se avesse voluto
in un qualche modo riparare al torto che sapeva di star facendo a
quella famiglia.
Dopo pochi passi, le due furono al luogo dell’appuntamento,
ed incontrarono la famiglia di Parmione.
<Mettiamoci subito in viaggio!> sollecitò solerte la
Principessa Guerriera, che salutando appena i presenti, prese le briglie
di Argo II, mentre si voltò per vedere cosa facesse Olimpia.
Xena vide che la sua compagna stava sistemando sul suo cavallo la
vecchia madre di Parmione e la piccola Mila, e sorrise di fronte a
quel gesto di grande tenerezza ed umanità, che sembrò
spalancarle per un attimo le porte del cuore, e che rese Olimpia allora
più splendente ai suoi occhi.
Xena fu raggiunta da Parmione, che distogliendola dai suoi pensieri
le disse: <Ti ringrazio anticipatamente di quello che stai facendo
per noi!>
Assumendo un tono più freddo la donna rispose: <Non ringraziarmi,
hai ancora tante cose da spiegarmi, e ti assicuro che prima o poi
lo farai!> la sua risposta fu così chiaramente e volutamente
scostante, che Parmione si ritirò di buon ordine, per cedere
il posto di fianco a Xena ad Olimpia. <Cosa ti ha detto?> chiese
curiosa il bardo che aveva sentito i due confabulare sottovoce. <Nulla
di importante amore…> tagliò corto Xena. Per poi sprofondare
in qualche attimo di meditazione: <Fino a quando non farò
luce sui misteri in cui ci stiamo via via immergendo, non voglio allarmare
Olimpia, oltretutto non so se fidarmi di chi ho attorno, e se poi
fossero le persone sbagliate? Non posso rischiare così tanto,
non ora che c’è Bacco in giro, e nel caso Olimpia da
difendere…>
Il viaggio fu molto breve, e taciturno, col silenzio intercalato solo
da qualche breve battuta tra i membri della famiglia di Parmione,
per lo più.
Olimpia più volte notò, la crescente ansia di Xena,
nonostante la guerriera cercasse di apparire ai suoi occhi calma e
serena.
Il bardo sapeva benissimo che dietro al fischiettare spensierato della
guerriera, che talvolta imitava il canto degli uccellini, talaltra
lo scroscio del torrente, si nascondeva una malcelata preoccupazione
per la situazione che dovevano affrontare, e spesso per confortarla,
le cingeva le spalle abbracciandola.
Il breve viaggio, condusse la comitiva ai piedi della maestosa porta
del sole di Tebe, la principale via d’accesso alla città,
che però appariva pullulante di soldati.
La marcia del gruppo si arrestò poco distante da questa, presso
l’uscita del boschetto.
<Dannazione, come faremo? Hanno già bloccato gli ingressi
a Tebe, non entreremo mai!> esclamò Parmione. <Entreremo,
vedrai!> esclamò Olimpia, fissando Xena colma di speranza.
<La situazione è più complicata del previsto…Sarà
difficile, ma cerchiamo di risolverla con le buone maniere…
Altrimenti a Tebe ci entriamo, si, ma per farci un giretto nelle prigioni
del palazzo reale!> disse Xena.
Olimpia le domandò allora: <Xena, e se le buone maniere
non funzionassero?> Senza dir nulla la guerriera fissò la
compagna negli occhi, poggiandole una mano sulla spalla, poi la tolse
facendola correre lungo la sua cintola, e con due dita andò
a sfiorare il chackram. Osservando tutta la scena Olimpia si limitò
a rispondere: <Capisco…>
Tutto il gruppo si avviò lentamente verso l’ingresso
a Tebe, ma quasi come se il presagio di Xena si stesse avverando,
i soldati li fermarono all’ingresso di Tebe.
<Perché siete venuti a Tebe?> tuonò la voce di
un soldato che interloquì con Xena. Cercando di mantenere calma
e lucidità, la guerriera rispose: <Abbiamo accompagnato
questi nostri parenti perché hanno perso il capofamiglia, è
qui c’è un nostro zio che potrà ospitarli, ma
la zia è vecchia, i suoi figli piccoli, e il ragazzo da solo
ragazzo non riusciva a condurre la sua famiglia qui…> recitò
Xena per impietosire il soldato che rispose invece: <Capisco!>
poi continuare: <Ma non potete entrare! Dobbiamo bloccarvi qui
e chiedervi di tornare indietro, perché siete un gruppo troppo
numeroso ed abbiamo avuto disposizione dal re che non più di
dieci gruppi di due persone, possono entrare in una giornata a Tebe.>
<Ma vi prego non fateci tornare indietro, la zia malata e molto
stanca, le figliolette molto piccole, non riuscirebbero ad affrontare
il viaggio di ritorno…> esclamò prontamente Olimpia
cogliendo al volo l’interpretazione di Xena e portandola avanti.
Un terzo soldato domandò: <Da dove venite?> <Da Melandria…>
rispose esitante la madre di Parmione. <Non è tanto distante
da qui, potete tranquillamente tornare indietro e andare a casa prima
di sera…> <E prima che le baccanti trasformino i vostri
corpicini in carne da macello!> esclamò ironico un quarto
uomo, mentre in coro tutti gli altri ridevano.
La rabbia afferrò la mente di Xena, che cercò tuttavia
di calmarsi, per il buon esito della missione, ma oltre a lei, anche
Parmione si era infuriato, e purtroppo a differenza di Xena, non riuscì
a controllarsi, difatti a gran voce urlò: <Sporchi e sudici
idioti, cosa avete tanto da ridere?> I quattro si fermarono di
botto, guardando verso Parmione, poi l’ultimo dei quattro che
aveva parlato, continuo: <Stai zitto lurido pidocchio, o ti strappo
la lingua dalla bocca e me la appendo come trofeo in garitta!>
<Sei solo un pallone gonfiato dal cervello bacato!> urlò
con voce forte Parmione, che si avvicinò di due passi al soldato,
che a sua volta stava perdendo la pazienza.
In quel preciso istante, Xena e Olimpia si guardarono negli occhi
rassegnate, così Olimpia sussurrò: <Va bene, non
abbiamo scelta…Vada per le maniere forti!> E Xena le rispose:
<Quanto dovremo aspettare ancora prima che due uomini dalla diversa
cultura, dai diversi modi di fare possano parlare in pace, senza attaccarsi,
o farsi la guerra?> <Tanto, tantissimo tempo ancora, amore…>
sospirò Olimpia dirigendo le mani verso i calzari.
Proprio mentre stava perdendo le staffe, il soldato sguainò
la spada e menò per l’aria un fendente, diretto verso
il braccio di Parmione, ma prima che l’arma potesse ferire il
ragazzo, un rumore di ferraglia risuonò nell’aria sotto
gli occhi sgomenti della famiglia del ragazzo. Parmione che chiuse
gli occhi dalla paura gli riaprì, e si accorse di essere stato
protetto da Xena che aveva parato il fendente con la sua spada.
di
Bard and Warrior