CAPITOLO
8
<Penteo!> <Penteo!> <Penteooo!> Le urla ansimanti
delle guerriere si propagavano lungo tutto il corridoio, le loro voci
rimbombavano respinte dalle pareti delle stanze vuote. Non vi era
alcuna ombra di essere vivente ne al secondo ne al primo piano, e
le donne cominciarono a preoccuparsi. La loro folle corsa non stava
producendo gli effetti sperati, anzi sembrava che più loro
corressero, più Penteo giocasse a non farsi trovare.
<Xena, dove sarà?> chiese stanca Olimpia fermandosi col
fiatone davanti ad una finestra, ed osservando il paesaggio poco prima
del tramonto. <Amore, non ti fermare, corriamo ancora, lo troveremo!>
<Xena è tutto inutile…> le rispose scoraggiata
Olimpia <Non ti arrendere amore, vedrai, lo troveremo…>
le disse Xena prendendole la mano ed esortandola a correre ancora.
<Olimpia andiamo verso la sala del trono, se non c’è
nessuno proveremo anche al pianoterra dove alloggia la servitù!>
Le guerriere spalancarono la porta della sala del trono, ma anche
qui non vi trovarono nessuno.
<Dove diamine si sarà ficcato!> esclamò spazientita
Xena, mentre Olimpia già fuori dalla sala, scendeva le scale
che portavano al piano terra.
Xena scattò, riprese la corsa raggiungendo Olimpia e dicendole:
<Sai la cosa che mi stupisce di più? E’ che non c’è
segno neppure delle guardie reali, dove saranno finite?> <Sembra
un palazzo fantasma, eppure non era così fino a stamattina!
Quando non la vuoi, la gente è sempre nascosta dietro agli
angoli pronta per impiccarsi dei fatti altrui, quando invece cerchi
anche solo una povera anima che debba darti qualche informazione,
non c’è mai nessuno!> rispose arrabbiata Olimpia.
Le cucine, le sala da pranzo, le camere delle guardie e della servitù
erano tutte vuote o chiuse, nessuno osava sfidare la fortuna ed aprire
quella porta per parlare con Xena e Olimpia; le due furono quasi fuori
dal palazzo, quando sentirono un flebile <Psht…Phst…>
provenire da dietro l’angolo.
Xena si avvicinò verso il muro con la spada sfoderata, mentre
Olimpia aveva ancora in braccio la bambina, e rimase qualche passo
più indietro. <Esci subito fuori dal tuo nascondiglio!>
ordinò Xena, ma nessuno si presentò al suo cospetto,
lanciò allora un fendente stendendo l’altra mano e tirando
per la collottola un uomo, stanandolo dal suo nascondiglio. <Non
farmi male, ti prego, non farmi male!> implorò spaventato
l’uomo, con le mani verso il cielo in segno di resa. <Chi
sei!> incalzò Xena puntandogli la spada alla gola: <Per
gli dei parla o ti uccido!> continuò la guerriera. Anche
Olimpia si avvicinò ai due, e improvvisamente disse: <Ma
io quest’uomo lo conosco già…> fece un giro
attorno ed esso per cercare di mettere bene a fuoco i suoi ricordi,
per poi continuare:<Tu sei l’uomo che l’alta notte
aveva aperto uno spiffero di porta della tua camera appena hai visto
la regina Agave passare! Chi sei? Mi sembri insignito di titoli nobiliari…>
osservò Olimpia rimirando un piccolo stendardo cucito sulla
lussuosa seta della sua casacca. <Ti rispondo ma fa abbassare la
spada alla tua amica: io sono disarmato!> le disse l’uomo,<Xena,
abbassa la spada!> la fissò Olimpia <No, e se ci vuole
fregare?> rispose con aggressività la guerriera. <Xena
e se ci vuole aiutare?> replicò Olimpia ponendo una mano
sull’avambraccio di Xena, che vinta dalle parole della compagna
ripose la spada nel fodero. <Allora?> ribatté la guerriera.
<Parlerò, parlerò, ma non qui dove orecchie indiscrete
potrebbero sentirci… venite, vi prego, entrate nella mia stanza,
almeno qui potrete poggiare qualche istante la bambina sul giaciglio!>
disse indicando la bambina che aveva in braccio Olimpia.
La stanza era poco distante dal luogo del loro incontro; l’uomo
le fece accomodare e le due si ritrovarono avvolte dal piacevole tepore
del camino acceso, una lampadario lussuoso fatto di mille candele
e dei tappeti di stoffa pregiata, non c’è dubbio, quell’uomo
era uno raffinato. <Allora stiamo ancora aspettando!> esordì
Xena, mentre Olimpia posò la bimba sul letto.
L’uomo si versò del sidro in un boccale e si sedette
accanto a loro per poi dire: <Il mio nome è Ersius…Sono
il primo consigliere del re Penteo, nonché erede al trono di
Beozia!> <Perché hai attirato la nostra attenzione?>
chiese Xena gironzolando nervosa per la stanza. <Perché
avevo bisogno parlare con qualcuno…> rispose Ersius fissando
il vuoto, passandosi il boccale tra una mano e l’altra. <Capisco,
allora faresti bene a parlare e a dire quello che vuoi dire!> rispose
conciliante Olimpia, che dopo aver fissato il suo interlocutore negli
occhi, cominciò a seguire con lo sguardo i passi irrequieti
di Xena, dicendo all’improvviso: <Xena, vuoi smetterla di
girare in tondo? Mi innervosisci!> La guerriera ubbidì e
si sedette sul letto vicino alla piccola che ancora dormiva, così
Ersius cominciò: <Ho sentito che cercavate qualcuno…>
<Si, ma il palazzo è vuoto!> constatò Olimpia
<Non è vuoto, questo palazzo è pullulante di gente,
solo che nessuno ha voluto correre il rischio di aprirvi la porta
della sua camera e spiegarvi, specialmente le donne…> la
corresse il dignitario di corte. <Hanno tutti paura delle baccanti,
vero?> chiese Xena sfilandosi il chackram dalla cintola e facendolo
roteare tra le mani. <Si, tutti hanno paura, uomini, donne, bestie…>
rispose con tono contrito Ersius, per poi esordire con voce rotta
dal pianto: <Voi mi dovete aiutare, dovete aiutare il mio re…>
A quelle parole Xena si alzò di scatto, posando il chackram
sul letto; prese l’ uomo per le spalle e lo scosse: <Per
gli dei, se sai dov’è Penteo parla!> Ersius parlò:
<Abbiamo parlato poco fa, mi ha spiegato durante la nostra breve
riunione di revisione, che mentre chiedeva al capo delle guardie reali
di serrare ogni accesso alla città, e di triplicare le guardie
di turno, improvvisamente ha sentito una voce misteriosa e soave penetrare
dalla finestra, che lo chiamava, lo invitava ad un lauto banchetto,
con fiumi di vino e grandi libagioni… Il re è rimasto
profondamente colpito da quella richiesta che ha deciso di accettare,
quando io l’ho lasciato si era ritirato nei suoi appartamenti
per prepararsi…> <Una voce dal nulla?> chiese stupita
Olimpia <Si…> confermò il dignitario. <E tu
cosa gli hai consigliato?> chiese preoccupata Xena <Beh non
molto, gli ho detto di stare attento…> <Come? Ma che razza
di consigliere sei se lasci che il re vada ad un banchetto da solo
su invito di una voce misteriosa?> urlò Xena <Cosa potevo
farci? Mi sembrava stregato, nessuno avrebbe potuto distoglierlo da
quella decisione, neppure la madre…> <Già, la madre…>
parlò Olimpia. L’ espressione del volto di Ersius mutò
da contrita a disperata appena Olimpia nominò il nome di Agave,
quindi chiese: <E’ per caso successo qualcosa alla cara Agave?>
chiese Ersius <Come mai tutto questo interesse per Agave?> chiese
sospettosa Xena <No, nulla ehm…sono preoccupato, si comporta
stranamente…> Olimpia notò il disagio dell’uomo,
lesse nel profondo del suo cuore, poi disse: <Tu sei innamorato
di Agave vero?> Xena scattò di colpo, si voltò per
cogliere l’espressione dell’uomo che non rispose, e pensò
che forse Olimpia aveva visto giusto, così disse: <Chi tace
acconsente?> ed Ersius annuì.<Allora mi sembra giusto
informarti che ormai Agave è una baccante…> rispose
più accomodante Xena quasi con un velo di dispiacere nel volto.
<Ed Atteone il ribelle?> chiese Ersius. <Non esiste nessun
Atteone il ribelle, questo personaggio è solo frutto delle
macchinazioni diaboliche di Bacco. Il ribelle che voi tanto temete,
è in realtà egli stesso Bacco!> spiegò addolorata
Olimpia.
Attonito da questa novella, Ersius si disperava, mentre Olimpia cercava
di consolarlo, e Xena, quasi come se non riuscisse a sopportare il
peso di quelle parole appena pronunciate, si appoggiò alla
finestra, che subito dopo aprì per respirare una boccata d’aria.
Era ormai passato da poco il tramonto, e nell’iniziale penombra
una figura alta agile e snella si aggirava per il cortile del palazzo.
Camminava in punta di piedi, ben attento a non fare il benché
minimo rumore che potesse suscitare l’attenzione di indiscreti.
Xena era affacciata alla finestra, quando ad un tratto, guardando
verso il basso, riuscì a scorgere quella figura, che se dapprima
appariva poco chiara, appena l’uomo ebbe acceso una fiaccola
era più nitida. Subito la guerriera si voltò verso Olimpia,
ancora seduta accanto ad Ersius e la incitò a venere a vedere.
Olimpia corse ad affacciarsi, ed appena ebbe visto quello che Xena
desiderava vedesse, esclamò: <E’ Penteo!> <Si,
fece Xena, Penteo travestito da donna!> <Xena come è
possibile che si sia travestito da donna?> le chiese Olimpia <E’
un tranello, me lo sento…> rimuginò Xena <E’
diretto al monte Parnaso…> le interruppe Ersius il quale
continuò: <Il banchetto si terrà lì, e la
voce poneva come unica condizione di partecipazione, il fatto che
tutti i membri dovessero essere donne, e lui per adeguarsi si è
vestito così!> concluse l’uomo. <Il baccanale di
stasera si svolgerà proprio sul monte Parnaso..> rifletté
a voce alta Olimpia portandosi una mano sotto il mento. <E’
un tranello!> esclamò come folgorata Xena per poi continuare
ricostruendo il fatto: <Bacco indice un baccanale al quale parteciperanno
tutte le baccanti, compresa Agave, sul monte Parnaso, e con i suoi
poteri persuade Penteo, suo acerrimo nemico, nonché destinatario
principale della sua vendetta, ad umiliarsi vestendosi da donna, per
poter accedere al banchetto…un banchetto sontuoso, importante,
degno dei più alti festeggiamenti, un banchetto per onorare
un evento importante…un banchetto di cui in realtà Penteo
non sarà commensale…ma cibo!> concluse atterrita la
principessa guerriera.
<Ma è terribile!> aborrì Olimpia. <Olimpia,
devo seguirlo, mi porterà sul monte con lui, tu cosa farai?
Non temere, non ti biasimo se hai troppa paura…> Olimpia
le prese la mano stringendola al suo cuore e disse: <No Xena, ti
seguo, vengo con te, non ti lascerò correre il pericolo da
sola... ma la bambina?> Xena pensò un attimo, si guardò
intorno poi prese la bambina dal letto, la pose in braccio ad Ersius
e disse: <Te la senti di badare per un po’ a lei? Qua con
te sarà al sicuro se ti barrichi in camera…> <Certo,
andate tranquilla, vostra figlia è in buone mani!> rispose
l’uomo. Olimpia arrossì vistosamente per poi dire <Ehm…
veramente questa creatura non è nostra figlia, ma ti prego
comunque di usare molta attenzione nel badare a lei!> <Ops…Chiedo
scusa…Comunque non temere, so badare molto bene ai bambini:
sono stato padre di quattro figlie! Ora andate, altrimenti perderete
le sue tracce!>
Sia Xena che Olimpia salutarono prima l’uomo, poi diedero un
bacio alla bambina e scapparono via dalla stanza, sulle tracce di
Penteo, con la speranza nel cuore di riuscirlo a salvare.
Il ragazzo travestito da donna, aveva abbastanza vantaggio su Xena
ed Olimpia, un vantaggio che nonostante gli sforzi non riuscivano
a recuperare, anche se ognuna, in cuoi suo sperava di poterlo fermare
prima che accadesse l’irreparabile.
La loro marcia era ostacolata anche dal fatto che per quel bosco,
pullulante di arbusti spinosi e altri pericoli alle due ignoti, era
pressoché impossibile andare a cavallo, così le due
furono costrette a lanciarsi all’inseguimento di Penteo a piedi;
inoltre, i sentieri di quel bosco erano talmente sdrucciolevoli e
pendenti, che neanche un esperto scalatore sarebbe riuscito nell’impresa
con facilità.
<Dannazione, ma dove si sarà cacciato quello sciocco!>
esclamò Xena <Spero solo, che dovunque esso sia usi per
una volta tanto la testa!> rispose Olimpia mentre con difficoltà
teneva il passo alla guerriera. Xena si voltò appena leggermente
all’indietro per dirle: <Forza amore, ti prometto che dopo
queste corse davvero ci prenderemo una bella pausa!> <Ci conto!>
le strizzò l’occhio Olimpia. <Xena…> parlò
di colpo preoccupata Olimpia <Ti confesso che ogni passo che ci
avvicina alla vetta del monte Parnaso, mi fa sentire sempre più
preoccupata ed irrequieta… Sembra che di punto in bianco possa
uscire chissà quale bestia feroce da dietro un cespuglio per
azzannarci alla gola e porre così fine ai nostri giorni…
Tutto è così tetro, cupo, Bacco si è scelto la
serata ideale per compiere la sua vendetta, si addice molto al suo
stile meschino… In questi boschi, questa sera sembra che neppure
la luce della luna basti ad illuminare i nostri passi… Le fronde
di questi alberi non consentono che la luce filtri fin qui…
O forse stasera la luna neppure c’è ad assisterci…>
Xena si fermò di botto, seguita a ruota da Olimpia, spalancò
le braccia e la accolse in un calorosissimo abbraccio, nel quale Olimpia
si trovò leggermente confortata. <Bacco non ti farà
del male, te lo prometto. Non avere paura amore, ci sono io con te
e non permetterò a alcuno di sfiorarti neppure con un dito.
Ti amo lo sai?> <Anche io, e tanto Xena, sei la mia vita!>
esclamò la barda confortata appoggiando il capo sul petto della
guerriera.
<Forza rimettiamoci in marcia, il baccanale non aspetta noi…Voglio
poter fermare Bacco in tempo…> e così dicendo Xena
prese la compagna per mano, ricominciando insieme la corsa contro
il tempo e le loro paure.
CAPITOLO 9
Le due guerriere arrivarono con non poca fatica, all’ingresso
dell’antro di roccia tufacea, illuminato con luci fioche.
Le due riuscirono chiaramente a percepire i rumori sinistri e le musiche
cupe che provenivano da quella caverna, uniti ad urla strazianti di
persone e ai ghigni malefici delle baccanti.
<E’ questo il posto vero?> sussurrò Olimpia che
fu percorsa da un brivido di terrore lungo tutta la schiena, ed atterrita
si strinse sempre di più a Xena. <Si, non ci sono dubbi,
siamo in vetta, ma di Penteo nessuna traccia!> disse delusa la
guerriera.
Qualche istante di silenzio piombò tra le due: Xena stava cercando
di orientarsi meglio in quel posto, cosa abbastanza difficile data
la poca luce. Olimpia la interruppe: <Xena guarda, Penteo è
la!> Richiamò l’attenzione della guerriera, indicandole
con un dito un meandro secondario nel quale il re, vestito da donna
si intrufolò. <Fermo! E’ un suicidio!> disse Xena
a gran voce, sperando di catturare la sua attenzione. La sua speranza
però fu presto disattesa, e dopo essersi voltato dalla parte
delle guerriere, il re disse: <Impicciatevi dei fatti vostri!>
poi scomparve velocemente nella caverna.
<Xena dobbiamo fermarlo!> e le due si avviarono verso lo stesso
meandro dal quale era entrato poco prima Penteo, ma con loro grande
sorpresa, prima che potessero arrivare all’ingresso di quest’ultimo,
furono fermate e trattenute da un gruppo di baccanti pronte a combattere
contro di loro.
Le donne lupo con gli abiti strappati si avvicinarono minacciose alle
due, avevano dei coltelli in mano, ed erano decise a voler prendere
come vittime sacrificali per il dio Bacco, Xena ed Olimpia. Le due
guerriere si trovarono in seria difficoltà, indietreggiarono
e poi con uno scatto fulmineo estrassero le armi dai foderi.
<Xena, ancora una volta siamo in netta minoranza, e stavolta non
verrà nessuno a salvarci!> le disse Olimpia mentre carica
di tensione, studiava qualche tattica di difesa. <Lo so, ma se
restiamo unite ce la faremo!> la incoraggiò Xena, che riuscì
a sganciare il chackram dalla cintola ed a scagliarlo in aria.
Il chackram volteggiò nell’oscurità, rimbalzando
su rocce e tronchi d’albero per poi andare a tagliare la testa
alle due baccanti in posizione d’attacco, ma subito altre due
si lanciarono contro di loro. Olimpia allora, prese la mira e lanciò
uno dei suoi sais trafiggendo il cuore di una di quelle, mentre Xena
affondò la spada nel petto dell’altra. <Tutto qui
quello che sapete fare, sciocche?> le provocò Xena. Olimpia
la richiamò dicendo: <Perché devi sempre fare la
sbruffona? Il tuo parlare troppo, spesso complica le situazioni! Cuciti
la bocca la prossima volta!> e corse a tirar fuori il suo sai,
dal petto senza vita di una baccante.
Improvvisamente prima quattro, poi sei baccanti si avventarono contro
di loro con i pugnali in mano: Olimpia ingaggiò una dura lotta
con due di quelle, mentre Xena tenne testa a tre di loro con la spada,
e permise al chackram di volteggiare ancora una volta nell’aria.
Anche se erano rimaste in poche, le baccanti erano un vero osso duro,
e per qualche attimo sia Xena che Olimpia si trovarono a soccombere
sotto di loro; poi, quando il duello sembrava ormai deciso ribaltarono
la situazione.
Non passò inosservata, una fiammata che si sprigionò
dal cono vulcanico del monte Parnaso, così le due capirono
che qualcosa di atroce si stava compiendo lì dentro, ad opera
di Bacco.
Cercarono di liberarsi delle rimanenti baccanti per accorrere in aiuto
del re, ma da vere irriducibili quali erano, queste continuarono a
combattere fino all’ultimo, o per lo meno finché Xena
non ne uccise due, e lanciò i loro pugnali contro la terza
che si beccò due coltellate in pieno petto, mentre stava correndo
verso Xena.
La principessa guerriera, finalmente vittoriosa, si voltò per
vedere se la sua compagna avesse bisogno di aiuto, ma non la vide
più. Il suo volto si incupì, e presa da una tremenda
paura; cominciò a chiamare a gran voce: <Olimpia! Olimpia!>
finché non si accorse che nella lotta la sua compagna aveva
sistemato una delle due baccanti, che giaceva riversa con un sai conficcato
nella schiena, ma l’altra era finita con lei oltre il ripido
ciglio del sentiero. La guerriera si accorse che poco più in
là, esattamente dove le due avevano combattuto, c’era
un crepaccio, e si avvicinò con molta cautela, ma anche con
altrettanta paura: la paura di scoprire che la sua compagna avesse
fatto una brutta fine.
Appena fu sull’orlo del crepaccio, si sporse e vide Olimpia
penzolare nel vuoto, che stava cercando di reggersi il più
possibile per non cadere nel profondo burrone. Tirando un sospiro
di sollievo, la guerriera le disse: <Amore, afferra la mia mano,
è tutto sotto controllo!> <Xena, sono felice di vederti,
la baccante è precipitata!> <Ha fatto un bel volo certamente
non può essere scampata al suo destino, coraggio ti tiro su!>
Le due donne poterono finalmente riabbracciarsi dopo che Olimpia fu
tratta in salvo da Xena: <Grazie amore, hai mantenuto la promessa!>
le sorrise Olimpia baciandola fugacemente per poi riprendere: <Forza
non abbiamo ancora finito!> Con molto vigore risalì fin
sul sentiero e subito dopo fu imitata da Xena, poi si avventurarono
insieme nel meandro secondario, che ormai non aveva più nessuna
luce accesa, e percorsero un lungo rettifilo.
Appena il corridoio fu finito, Xena tastò il muro avvertendo
che questo si apriva a semicerchio, penso quindi, subito di essere
giunta id una stanza, e cercò un fiaccola da accendere per
illuminare un po’ il locale.
Appena la luce fu in grado di illuminare la stanza, seppure in modo
molto tenue quel luogo, uno spettacolo agghiacciante si profilò
dinnanzi ai loro occhi, tanto che Xena dovette parasi dinnanzi ad
Olimpia per evitarle la visione di quegli scempi.
Nonostante le ripetute insistenze di Xena ad abbandonare quel posto
ed aspettarla fuori, Olimpia decise di rimanere, così poté
anch’ella vedere con i suoi occhi: C’era sangue schizzato
ovunque sulle pareti, brandelli di vestiti e corpi dilaniati, mutilati
e tartassati dalle baccanti, che ebbre dello spirito di Bacco, compirono
questo massacro. Brandelli di carne umana erano anche fra i denti
e nelle mani di quelle baccanti che poi ritrovarono morte perché
sacrificarono la loro vita accoppiandosi con la divinità che
abusò di loro, per poi lasciarle morire togliendogli la linfa
vitale. <E’ abominevole!> fu l’unico commento di
Olimpia, che profondamente scioccata dalla situazione, si sentì
male, e fu costretta a reggersi aiutata da Xena. In un angolo di questa
immensa stanza, vi era una sola figura vivente: era inginocchiata,
stesa dinnanzi ad un corpo straziato e privo di vita. Aveva la testa
del figlio appoggiata sul suo grembo, e nell’altra mano il suo
cuore che grondava ancora sangue. Xena chiamò sperando di sbagliare
persona: <Agave!> La donna appena le scorse, e le vide avvicinarsi,
alzò gli occhi colmi di lacrime verso di loro e sussurrò:
<Mio figlio… l’ho ucciso…Sono un’assassina!>
<Bacco mi ha incantato con quella strana miscela che ho bevuto,
dopodichè mi ha fatto credere che mio figlio fosse un’animale,
ed io libera da ogni freno l’ho aggredito saltandogli alla gola.
L’ho ucciso…> Strinse a se il corpo del figlio senza
vita, come se con il suo calore cercasse di riscaldare ancora quella
salma; Xena avendo pietà di lei le disse: <Non potevi sapere
come sarebbe finita! Non eri tu, eri sotto l’influsso di un
sortilegio, non potevi saperlo!> <No, il mio istinto di sopravvivenza
è sopravvalso al mio istinto materno… Che madre inetta
sono! Sono disperata!> <Disperata!!> urlò poi rafforzando
il tono e battendo dei pugni sul corpo senza vita del figlio. Agave
adocchiò un coltello poco distante da lei, lo stesso con cui
aveva estratto il cuore del figlio, e ne fissò la lama ancora
intrisa di sangue. <Agave!Agave, cosa vuoi fare, posa quel coltello!>
la ammonì preoccupata Olimpia. <Non è doloroso, sai,
basta un colpo, uno ben assestato, e poi via, nel Tartaro con mio
figlio!> rispose fissando il vuoto Agave. <Ma hai perso il senno?
Posa quel coltello!> le disse autoritaria Xena mentre Agave puntò
la lama contro se stessa. Xena cercò di fermarla più
volte, finché Agave la spinse via con una forza bruta dicendo:
<Xena, anche tu sei madre, e sai meglio di me che un genitore non
dovrebbe sopravvivere al figlio! Specialmente se il figlio lo ha ucciso
lui…> e detto questo si trafisse il cuore, cadendo morta
all’istante.
In un attimo la stanza si riempì di luce rossastra e dal fondo,
una risata malefica rimbombò nell’aria <Ah haha haha!
Hai visto Xena? Alla fine ho vinto io: la mia vendetta è compiuta!
E voi povere comuni mortali non avete potuto assolutamente nulla contro
i miei poteri!!> Xena ed Olimpia direzionarono lo sguardo verso
di lui, e videro ancora una volta quell’essere informe, bruttissimo
con il fisico scolpito all’esasperazione, la barba e gli occhi
rossi, ed un paio di corna da caprone in testa, ancora più
mostruoso della scorsa volta.
<Bacco, sei il più disgustoso di tutte le divinità
dell’Olimpo!> gli urlò contro Xena. <Quelle che
sono rimaste!> ironizzò il dio. <Ringrazia che non ho
più il potere di uccidere le divinità altrimenti la
prima cosa che ti staccherei dal corpo è la lingua!> continuò
la guerriera estraendo la spada dal fodero. <Ah hahahaha! Voi sciocchi
esseri umani siete il marcio di questo mondo, vi perseguiterò
per l’eternità! Perché mi piace tormentarvi! E
la prossima volta non sarò tanto clemente neppure con voi due!>
e detto questo Bacco sparì nel nulla.
<E’ andato via?> chiese Olimpia. <Si, credo di si!>
rispose Xena stringendola ancora e dicendole: <L’incubo è
finito per adesso: siamo salve!> poi cercò di ricomporre
i pietosi resti mortali del re e della regina. <Guardali, sembra
che stiano dormendo!> esclamò Olimpia in lacrime.<Come
e simbolica questa immagine, il figlio col capo appoggiato sul grembo
della madre... il destino è crudele perché a volte la
stessa persona che ci mette al mondo è padrona di decidere
quando toglierci dal mondo. A lui è successo questo….>
<Xena per favore, fai presto, voglio andarmene di qua e dormire,
dormire per dimenticare tutto questo!> la pregò Olimpia
<Non temere, andremo via molto presto..> le rispose Xena, che
non fece neppure in tempo a finire la frase che si sentì dire:
<Xena corri a vedere…> La guerriera la raggiunse e nell’anticamera,
fissando Olimpia negli occhi e leggendovi uno sguardo atterrito. Xena
la scansò e vide anch’ella un’altra baccante morta.
<E’ Esedra…la madre di Licia..> constatò
Xena chiudendole gli occhi <Povera piccola…> rispose Olimpia
<Non potrà più avere una mamma.> continuò
ed il suo pianto si fece più libero e lamentoso. Xena la strinse
al petto e la fece sfogare.
<Vieni, lasciamo questo posto di morte e desolazione, torniamo
a Tebe e diamo il triste annuncio.> le fece coraggio Xena pulendole
il viso dalle lacrime con un bacio.
Le prime luci dell’alba illuminavano di rosso poi di rosa il
cielo terso di un’altra giornata a Tebe. Nella piazza del mercato
tutto aveva ripreso a scorrere normalmente, o quasi, perché
ancora una volta non vi erano ne bancali ne venditori ambulanti.
Nel palazzo del re la servitù aveva ripreso a lavorare.
Xena ed Olimpia arrivarono nella piazza del mercato e avendo radunato
un po’ di guardie reali, mandarono a chiamare il consigliere
Ersius, l’attuale reggente del regno, almeno finché non
si fosse trovato il discendente della famiglia di Penteo al quale
verrà affidata la sovranità.
Poco dopo Ersius con un corteo intero a suo seguito fu nella piazza
del mercato. Il consigliere aveva per mano una bambina, e le due intuirono
che quella bimba fosse Licia, inoltre, appena giunto da Melandria,
scorsero anche Nico, mentre dal lato della porta del sole, stava arrivando
in piazza l’intera famiglia di Parmione con lo zio Leucippo,
prese parte a quel comizio qualunque cittadino volesse stare ad ascoltare
quello che era accaduto. Xena si guardò intorno, per poi cominciare
a parlare quando tutti furono fermi: <Amici... Il periodo del terrore
è terminato sia per Tebe sia per Melandria. Non ci saranno
più baccanti ad infestare le vostre terre per molto, moltissimo
tempo… Ma sappiate che il riscatto da pagare è stato
durissimo…Tante vite si sono perse nello scempio del monte Parnaso,
tante vite innocenti, tanti giovani… Il re e la regina non sono
più fra noi… e come loro anche altre persone…>
parlò Xena fissando Nico il quale intuì che sua moglie
non c’era più, così prendendo la bambina per mano
si allontanò.
Xena che si era interrotta un attimo, allora continuò: <Ma
questo scempio serva da esempio all’uomo, perché si possa
comprendere ancora meglio valori come la libertà, l’indipendenza
e la capacità di potersi scegliere le proprie divinità,
che non sono sempre così maligne. Il mondo ha bisogno di pace,
di unità, di collaborazione fra i popoli, ma se tutto questo
non c’è è, molto più facile per esseri
malvagi come Bacco di intrufolarsi nella vita di ognuno e di sconvolgerla.
Meditate su queste parole e crescete i vostri figli nel rispetto,
nell’amore verso il prossimo e la natura. Solo uniti si superano
le difficoltà!> e poggiando una mano sulla spalla di Olimpia
concluse: <Sul monte Parnaso ci sono le spogli mortali dei vostri
cari, andate e rendete omaggio alla vittime di una insana follia omicida!>
Poi le due si avviarono verso la stalla per prendere i cavalli. Olimpia
durante il tragitto era stata categorica:”Non voglio fermarmi
un istante di più in questo posto!” così Xena
aveva deciso di accontentarla, facendola riposare per un po’
a Cipro, dove tra qualche distrazione, Olimpia avrebbe potuto dimenticare
presto quella brutta avventura.
I cavalli uscirono al trotto da Tebe mentre le persone che loro avevano
aiutato le ringraziavano di cuore e le salutavano. Ben presto scomparvero
all’orizzonte.
<Xena…> la chiamò Olimpia. <Cosa c’è
amore?> le sorrise la guerriera voltandosi verso di lei. <Volevo
ringraziarti ancora perché mi hai salvato la vita…>
continuò Olimpia <L’unico lato positivo di questa
brutta avventura è che sono riuscita a salvare almeno te…>
si rimproverò Xena <Almeno?> controbatté Olimpia,
per poi continuare: <Ma se hai salvato due intere città!>
<Si, ma ho permesso che Agave Penteo ed Esedra morissero…>
si crucciò Xena. <Una volta una donna molto saggia mi disse:
“E’già tanto se ne siamo uscite vive, è
gia tanto se riusciamo a salvare qualcun altro… Sinceramente
credo che non potremo fermare questa spirale di odio…”
Tu invece questa spirale d’odio l’hai fermata! Non sentirti
in colpa per colpe che non hai. Le tue imprese riescono sempre perfettamente,
indipendentemente dal risultato. Si, è vero, sono morte tre
persone, ma se confrontiamo la cifra con quella di tutte le altre
che hai salvato, queste sono una goccia d’acqua che si perde
nell’oceano, perciò non rimproverare nulla a te stessa!>
le disse con tanto amore Olimpia. <La verità è che
il ritorno di Bacco mi ha lasciata più scossa di quanto abbia
voluto far vedere… Dopo la morte di Belur ho sempre pensato
che finalmente le persone si fossero liberate dalla pochezza, dai
mille difetti di queste divinità pagane, e fossero state in
grado di scegliere spontaneamente da che parte stare, quale divinità
seguire, eppure in fondo non è così… ed il fatto
che quando tutti meno se lo aspettavano Bacco è tornato, ma
fa comprendere che in realtà non bisogna mai abbassare la guardia,
perché non ci si può mai veramente liberare del proprio
passato, e se non si è attenti a riconoscerlo, questo ripiomba
nel tuo presente per distruggere il tuo futuro…> espose triste
Xena. <Capisco il tuo stato d’animo, ma ora non pensiamoci
più. Ha avuto la sua vendetta e non si farà più
sentire ne vedere per molto tempo, quindi rilassiamoci e godiamoci
la vacanza che mi hai promesso!> la rincuorò Olimpia.
Xena concluse: <E comunque, se le mie imprese riescono perfettamente
è solo perché tu sei con me! Sempre con me: tu la mente
ed io il braccio!> strizzandole l’occhio. Olimpia sorrise
per poi dirle: <Ti amo, Dei se ti amo! Se sto con te sento di essere
la persona più protetta di questo mondo!> <E mi fa piacere
che tu ti senta così, perché allora almeno una cosa
buona nella mia vita l’ho fatta! E comunque ti adoro piccola
mia!>le disse Xena <Andiamo, sei sempre la solita modesta, tu
fai sempre tante cose buone per tutti!> esclamò Olimpia,
per poi continuare: <Ma forse tu neppure te ne accorgi tanto che
sono insite in te!>
Dopo un istante di silenzio in cui le due contemplarono la lussureggiante
natura che contrastava col verde un cielo azzurro terso e limpidissimo,
Xena fece: <Passando ad altro, quando saremo a Cipro mi piacerebbe
rivedere la tua voglia a forma di fragola…> le disse allusiva
Xena che ebbe come risposta: <Certo, se tu mia bellissima principessa
guerriera mi concederai di contemplare il tuo meraviglioso neo sul
seno sinistro che mi fa impazzire!>
Le risate gioconde di Xena ed Olimpia si levarono alte nel cielo di
quella splendida mattinata, che aveva restituito dopo tanto tempo
la serenità alle due guerriere.
FINE
di
Bard and Warrior