episodio n. 16
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CAPITOLO 8

<Penteo!> <Penteo!> <Penteooo!> Le urla ansimanti delle guerriere si propagavano lungo tutto il corridoio, le loro voci rimbombavano respinte dalle pareti delle stanze vuote. Non vi era alcuna ombra di essere vivente ne al secondo ne al primo piano, e le donne cominciarono a preoccuparsi. La loro folle corsa non stava producendo gli effetti sperati, anzi sembrava che più loro corressero, più Penteo giocasse a non farsi trovare.
<Xena, dove sarà?> chiese stanca Olimpia fermandosi col fiatone davanti ad una finestra, ed osservando il paesaggio poco prima del tramonto. <Amore, non ti fermare, corriamo ancora, lo troveremo!>
<Xena è tutto inutile…> le rispose scoraggiata Olimpia <Non ti arrendere amore, vedrai, lo troveremo…> le disse Xena prendendole la mano ed esortandola a correre ancora. <Olimpia andiamo verso la sala del trono, se non c’è nessuno proveremo anche al pianoterra dove alloggia la servitù!>
Le guerriere spalancarono la porta della sala del trono, ma anche qui non vi trovarono nessuno.
<Dove diamine si sarà ficcato!> esclamò spazientita Xena, mentre Olimpia già fuori dalla sala, scendeva le scale che portavano al piano terra.
Xena scattò, riprese la corsa raggiungendo Olimpia e dicendole: <Sai la cosa che mi stupisce di più? E’ che non c’è segno neppure delle guardie reali, dove saranno finite?> <Sembra un palazzo fantasma, eppure non era così fino a stamattina! Quando non la vuoi, la gente è sempre nascosta dietro agli angoli pronta per impiccarsi dei fatti altrui, quando invece cerchi anche solo una povera anima che debba darti qualche informazione, non c’è mai nessuno!> rispose arrabbiata Olimpia.
Le cucine, le sala da pranzo, le camere delle guardie e della servitù erano tutte vuote o chiuse, nessuno osava sfidare la fortuna ed aprire quella porta per parlare con Xena e Olimpia; le due furono quasi fuori dal palazzo, quando sentirono un flebile <Psht…Phst…> provenire da dietro l’angolo.
Xena si avvicinò verso il muro con la spada sfoderata, mentre Olimpia aveva ancora in braccio la bambina, e rimase qualche passo più indietro. <Esci subito fuori dal tuo nascondiglio!> ordinò Xena, ma nessuno si presentò al suo cospetto, lanciò allora un fendente stendendo l’altra mano e tirando per la collottola un uomo, stanandolo dal suo nascondiglio. <Non farmi male, ti prego, non farmi male!> implorò spaventato l’uomo, con le mani verso il cielo in segno di resa. <Chi sei!> incalzò Xena puntandogli la spada alla gola: <Per gli dei parla o ti uccido!> continuò la guerriera. Anche Olimpia si avvicinò ai due, e improvvisamente disse: <Ma io quest’uomo lo conosco già…> fece un giro attorno ed esso per cercare di mettere bene a fuoco i suoi ricordi, per poi continuare:<Tu sei l’uomo che l’alta notte aveva aperto uno spiffero di porta della tua camera appena hai visto la regina Agave passare! Chi sei? Mi sembri insignito di titoli nobiliari…> osservò Olimpia rimirando un piccolo stendardo cucito sulla lussuosa seta della sua casacca. <Ti rispondo ma fa abbassare la spada alla tua amica: io sono disarmato!> le disse l’uomo,<Xena, abbassa la spada!> la fissò Olimpia <No, e se ci vuole fregare?> rispose con aggressività la guerriera. <Xena e se ci vuole aiutare?> replicò Olimpia ponendo una mano sull’avambraccio di Xena, che vinta dalle parole della compagna ripose la spada nel fodero. <Allora?> ribatté la guerriera. <Parlerò, parlerò, ma non qui dove orecchie indiscrete potrebbero sentirci… venite, vi prego, entrate nella mia stanza, almeno qui potrete poggiare qualche istante la bambina sul giaciglio!> disse indicando la bambina che aveva in braccio Olimpia.
La stanza era poco distante dal luogo del loro incontro; l’uomo le fece accomodare e le due si ritrovarono avvolte dal piacevole tepore del camino acceso, una lampadario lussuoso fatto di mille candele e dei tappeti di stoffa pregiata, non c’è dubbio, quell’uomo era uno raffinato. <Allora stiamo ancora aspettando!> esordì Xena, mentre Olimpia posò la bimba sul letto.
L’uomo si versò del sidro in un boccale e si sedette accanto a loro per poi dire: <Il mio nome è Ersius…Sono il primo consigliere del re Penteo, nonché erede al trono di Beozia!> <Perché hai attirato la nostra attenzione?> chiese Xena gironzolando nervosa per la stanza. <Perché avevo bisogno parlare con qualcuno…> rispose Ersius fissando il vuoto, passandosi il boccale tra una mano e l’altra. <Capisco, allora faresti bene a parlare e a dire quello che vuoi dire!> rispose conciliante Olimpia, che dopo aver fissato il suo interlocutore negli occhi, cominciò a seguire con lo sguardo i passi irrequieti di Xena, dicendo all’improvviso: <Xena, vuoi smetterla di girare in tondo? Mi innervosisci!> La guerriera ubbidì e si sedette sul letto vicino alla piccola che ancora dormiva, così Ersius cominciò: <Ho sentito che cercavate qualcuno…> <Si, ma il palazzo è vuoto!> constatò Olimpia <Non è vuoto, questo palazzo è pullulante di gente, solo che nessuno ha voluto correre il rischio di aprirvi la porta della sua camera e spiegarvi, specialmente le donne…> la corresse il dignitario di corte. <Hanno tutti paura delle baccanti, vero?> chiese Xena sfilandosi il chackram dalla cintola e facendolo roteare tra le mani. <Si, tutti hanno paura, uomini, donne, bestie…> rispose con tono contrito Ersius, per poi esordire con voce rotta dal pianto: <Voi mi dovete aiutare, dovete aiutare il mio re…> A quelle parole Xena si alzò di scatto, posando il chackram sul letto; prese l’ uomo per le spalle e lo scosse: <Per gli dei, se sai dov’è Penteo parla!> Ersius parlò: <Abbiamo parlato poco fa, mi ha spiegato durante la nostra breve riunione di revisione, che mentre chiedeva al capo delle guardie reali di serrare ogni accesso alla città, e di triplicare le guardie di turno, improvvisamente ha sentito una voce misteriosa e soave penetrare dalla finestra, che lo chiamava, lo invitava ad un lauto banchetto, con fiumi di vino e grandi libagioni… Il re è rimasto profondamente colpito da quella richiesta che ha deciso di accettare, quando io l’ho lasciato si era ritirato nei suoi appartamenti per prepararsi…> <Una voce dal nulla?> chiese stupita Olimpia <Si…> confermò il dignitario. <E tu cosa gli hai consigliato?> chiese preoccupata Xena <Beh non molto, gli ho detto di stare attento…> <Come? Ma che razza di consigliere sei se lasci che il re vada ad un banchetto da solo su invito di una voce misteriosa?> urlò Xena <Cosa potevo farci? Mi sembrava stregato, nessuno avrebbe potuto distoglierlo da quella decisione, neppure la madre…> <Già, la madre…> parlò Olimpia. L’ espressione del volto di Ersius mutò da contrita a disperata appena Olimpia nominò il nome di Agave, quindi chiese: <E’ per caso successo qualcosa alla cara Agave?> chiese Ersius <Come mai tutto questo interesse per Agave?> chiese sospettosa Xena <No, nulla ehm…sono preoccupato, si comporta stranamente…> Olimpia notò il disagio dell’uomo, lesse nel profondo del suo cuore, poi disse: <Tu sei innamorato di Agave vero?> Xena scattò di colpo, si voltò per cogliere l’espressione dell’uomo che non rispose, e pensò che forse Olimpia aveva visto giusto, così disse: <Chi tace acconsente?> ed Ersius annuì.<Allora mi sembra giusto informarti che ormai Agave è una baccante…> rispose più accomodante Xena quasi con un velo di dispiacere nel volto.
<Ed Atteone il ribelle?> chiese Ersius. <Non esiste nessun Atteone il ribelle, questo personaggio è solo frutto delle macchinazioni diaboliche di Bacco. Il ribelle che voi tanto temete, è in realtà egli stesso Bacco!> spiegò addolorata Olimpia.
Attonito da questa novella, Ersius si disperava, mentre Olimpia cercava di consolarlo, e Xena, quasi come se non riuscisse a sopportare il peso di quelle parole appena pronunciate, si appoggiò alla finestra, che subito dopo aprì per respirare una boccata d’aria.
Era ormai passato da poco il tramonto, e nell’iniziale penombra una figura alta agile e snella si aggirava per il cortile del palazzo. Camminava in punta di piedi, ben attento a non fare il benché minimo rumore che potesse suscitare l’attenzione di indiscreti.
Xena era affacciata alla finestra, quando ad un tratto, guardando verso il basso, riuscì a scorgere quella figura, che se dapprima appariva poco chiara, appena l’uomo ebbe acceso una fiaccola era più nitida. Subito la guerriera si voltò verso Olimpia, ancora seduta accanto ad Ersius e la incitò a venere a vedere. Olimpia corse ad affacciarsi, ed appena ebbe visto quello che Xena desiderava vedesse, esclamò: <E’ Penteo!> <Si, fece Xena, Penteo travestito da donna!> <Xena come è possibile che si sia travestito da donna?> le chiese Olimpia <E’ un tranello, me lo sento…> rimuginò Xena <E’ diretto al monte Parnaso…> le interruppe Ersius il quale continuò: <Il banchetto si terrà lì, e la voce poneva come unica condizione di partecipazione, il fatto che tutti i membri dovessero essere donne, e lui per adeguarsi si è vestito così!> concluse l’uomo. <Il baccanale di stasera si svolgerà proprio sul monte Parnaso..> rifletté a voce alta Olimpia portandosi una mano sotto il mento. <E’ un tranello!> esclamò come folgorata Xena per poi continuare ricostruendo il fatto: <Bacco indice un baccanale al quale parteciperanno tutte le baccanti, compresa Agave, sul monte Parnaso, e con i suoi poteri persuade Penteo, suo acerrimo nemico, nonché destinatario principale della sua vendetta, ad umiliarsi vestendosi da donna, per poter accedere al banchetto…un banchetto sontuoso, importante, degno dei più alti festeggiamenti, un banchetto per onorare un evento importante…un banchetto di cui in realtà Penteo non sarà commensale…ma cibo!> concluse atterrita la principessa guerriera.
<Ma è terribile!> aborrì Olimpia. <Olimpia, devo seguirlo, mi porterà sul monte con lui, tu cosa farai? Non temere, non ti biasimo se hai troppa paura…> Olimpia le prese la mano stringendola al suo cuore e disse: <No Xena, ti seguo, vengo con te, non ti lascerò correre il pericolo da sola... ma la bambina?> Xena pensò un attimo, si guardò intorno poi prese la bambina dal letto, la pose in braccio ad Ersius e disse: <Te la senti di badare per un po’ a lei? Qua con te sarà al sicuro se ti barrichi in camera…> <Certo, andate tranquilla, vostra figlia è in buone mani!> rispose l’uomo. Olimpia arrossì vistosamente per poi dire <Ehm… veramente questa creatura non è nostra figlia, ma ti prego comunque di usare molta attenzione nel badare a lei!> <Ops…Chiedo scusa…Comunque non temere, so badare molto bene ai bambini: sono stato padre di quattro figlie! Ora andate, altrimenti perderete le sue tracce!>
Sia Xena che Olimpia salutarono prima l’uomo, poi diedero un bacio alla bambina e scapparono via dalla stanza, sulle tracce di Penteo, con la speranza nel cuore di riuscirlo a salvare.
Il ragazzo travestito da donna, aveva abbastanza vantaggio su Xena ed Olimpia, un vantaggio che nonostante gli sforzi non riuscivano a recuperare, anche se ognuna, in cuoi suo sperava di poterlo fermare prima che accadesse l’irreparabile.
La loro marcia era ostacolata anche dal fatto che per quel bosco, pullulante di arbusti spinosi e altri pericoli alle due ignoti, era pressoché impossibile andare a cavallo, così le due furono costrette a lanciarsi all’inseguimento di Penteo a piedi; inoltre, i sentieri di quel bosco erano talmente sdrucciolevoli e pendenti, che neanche un esperto scalatore sarebbe riuscito nell’impresa con facilità.
<Dannazione, ma dove si sarà cacciato quello sciocco!> esclamò Xena <Spero solo, che dovunque esso sia usi per una volta tanto la testa!> rispose Olimpia mentre con difficoltà teneva il passo alla guerriera. Xena si voltò appena leggermente all’indietro per dirle: <Forza amore, ti prometto che dopo queste corse davvero ci prenderemo una bella pausa!> <Ci conto!> le strizzò l’occhio Olimpia. <Xena…> parlò di colpo preoccupata Olimpia <Ti confesso che ogni passo che ci avvicina alla vetta del monte Parnaso, mi fa sentire sempre più preoccupata ed irrequieta… Sembra che di punto in bianco possa uscire chissà quale bestia feroce da dietro un cespuglio per azzannarci alla gola e porre così fine ai nostri giorni… Tutto è così tetro, cupo, Bacco si è scelto la serata ideale per compiere la sua vendetta, si addice molto al suo stile meschino… In questi boschi, questa sera sembra che neppure la luce della luna basti ad illuminare i nostri passi… Le fronde di questi alberi non consentono che la luce filtri fin qui… O forse stasera la luna neppure c’è ad assisterci…> Xena si fermò di botto, seguita a ruota da Olimpia, spalancò le braccia e la accolse in un calorosissimo abbraccio, nel quale Olimpia si trovò leggermente confortata. <Bacco non ti farà del male, te lo prometto. Non avere paura amore, ci sono io con te e non permetterò a alcuno di sfiorarti neppure con un dito. Ti amo lo sai?> <Anche io, e tanto Xena, sei la mia vita!> esclamò la barda confortata appoggiando il capo sul petto della guerriera.
<Forza rimettiamoci in marcia, il baccanale non aspetta noi…Voglio poter fermare Bacco in tempo…> e così dicendo Xena prese la compagna per mano, ricominciando insieme la corsa contro il tempo e le loro paure.

CAPITOLO 9

Le due guerriere arrivarono con non poca fatica, all’ingresso dell’antro di roccia tufacea, illuminato con luci fioche.
Le due riuscirono chiaramente a percepire i rumori sinistri e le musiche cupe che provenivano da quella caverna, uniti ad urla strazianti di persone e ai ghigni malefici delle baccanti.
<E’ questo il posto vero?> sussurrò Olimpia che fu percorsa da un brivido di terrore lungo tutta la schiena, ed atterrita si strinse sempre di più a Xena. <Si, non ci sono dubbi, siamo in vetta, ma di Penteo nessuna traccia!> disse delusa la guerriera.
Qualche istante di silenzio piombò tra le due: Xena stava cercando di orientarsi meglio in quel posto, cosa abbastanza difficile data la poca luce. Olimpia la interruppe: <Xena guarda, Penteo è la!> Richiamò l’attenzione della guerriera, indicandole con un dito un meandro secondario nel quale il re, vestito da donna si intrufolò. <Fermo! E’ un suicidio!> disse Xena a gran voce, sperando di catturare la sua attenzione. La sua speranza però fu presto disattesa, e dopo essersi voltato dalla parte delle guerriere, il re disse: <Impicciatevi dei fatti vostri!> poi scomparve velocemente nella caverna.
<Xena dobbiamo fermarlo!> e le due si avviarono verso lo stesso meandro dal quale era entrato poco prima Penteo, ma con loro grande sorpresa, prima che potessero arrivare all’ingresso di quest’ultimo, furono fermate e trattenute da un gruppo di baccanti pronte a combattere contro di loro.
Le donne lupo con gli abiti strappati si avvicinarono minacciose alle due, avevano dei coltelli in mano, ed erano decise a voler prendere come vittime sacrificali per il dio Bacco, Xena ed Olimpia. Le due guerriere si trovarono in seria difficoltà, indietreggiarono e poi con uno scatto fulmineo estrassero le armi dai foderi.
<Xena, ancora una volta siamo in netta minoranza, e stavolta non verrà nessuno a salvarci!> le disse Olimpia mentre carica di tensione, studiava qualche tattica di difesa. <Lo so, ma se restiamo unite ce la faremo!> la incoraggiò Xena, che riuscì a sganciare il chackram dalla cintola ed a scagliarlo in aria.
Il chackram volteggiò nell’oscurità, rimbalzando su rocce e tronchi d’albero per poi andare a tagliare la testa alle due baccanti in posizione d’attacco, ma subito altre due si lanciarono contro di loro. Olimpia allora, prese la mira e lanciò uno dei suoi sais trafiggendo il cuore di una di quelle, mentre Xena affondò la spada nel petto dell’altra. <Tutto qui quello che sapete fare, sciocche?> le provocò Xena. Olimpia la richiamò dicendo: <Perché devi sempre fare la sbruffona? Il tuo parlare troppo, spesso complica le situazioni! Cuciti la bocca la prossima volta!> e corse a tirar fuori il suo sai, dal petto senza vita di una baccante.
Improvvisamente prima quattro, poi sei baccanti si avventarono contro di loro con i pugnali in mano: Olimpia ingaggiò una dura lotta con due di quelle, mentre Xena tenne testa a tre di loro con la spada, e permise al chackram di volteggiare ancora una volta nell’aria.
Anche se erano rimaste in poche, le baccanti erano un vero osso duro, e per qualche attimo sia Xena che Olimpia si trovarono a soccombere sotto di loro; poi, quando il duello sembrava ormai deciso ribaltarono la situazione.
Non passò inosservata, una fiammata che si sprigionò dal cono vulcanico del monte Parnaso, così le due capirono che qualcosa di atroce si stava compiendo lì dentro, ad opera di Bacco.
Cercarono di liberarsi delle rimanenti baccanti per accorrere in aiuto del re, ma da vere irriducibili quali erano, queste continuarono a combattere fino all’ultimo, o per lo meno finché Xena non ne uccise due, e lanciò i loro pugnali contro la terza che si beccò due coltellate in pieno petto, mentre stava correndo verso Xena.
La principessa guerriera, finalmente vittoriosa, si voltò per vedere se la sua compagna avesse bisogno di aiuto, ma non la vide più. Il suo volto si incupì, e presa da una tremenda paura; cominciò a chiamare a gran voce: <Olimpia! Olimpia!> finché non si accorse che nella lotta la sua compagna aveva sistemato una delle due baccanti, che giaceva riversa con un sai conficcato nella schiena, ma l’altra era finita con lei oltre il ripido ciglio del sentiero. La guerriera si accorse che poco più in là, esattamente dove le due avevano combattuto, c’era un crepaccio, e si avvicinò con molta cautela, ma anche con altrettanta paura: la paura di scoprire che la sua compagna avesse fatto una brutta fine.
Appena fu sull’orlo del crepaccio, si sporse e vide Olimpia penzolare nel vuoto, che stava cercando di reggersi il più possibile per non cadere nel profondo burrone. Tirando un sospiro di sollievo, la guerriera le disse: <Amore, afferra la mia mano, è tutto sotto controllo!> <Xena, sono felice di vederti, la baccante è precipitata!> <Ha fatto un bel volo certamente non può essere scampata al suo destino, coraggio ti tiro su!>
Le due donne poterono finalmente riabbracciarsi dopo che Olimpia fu tratta in salvo da Xena: <Grazie amore, hai mantenuto la promessa!> le sorrise Olimpia baciandola fugacemente per poi riprendere: <Forza non abbiamo ancora finito!> Con molto vigore risalì fin sul sentiero e subito dopo fu imitata da Xena, poi si avventurarono insieme nel meandro secondario, che ormai non aveva più nessuna luce accesa, e percorsero un lungo rettifilo.
Appena il corridoio fu finito, Xena tastò il muro avvertendo che questo si apriva a semicerchio, penso quindi, subito di essere giunta id una stanza, e cercò un fiaccola da accendere per illuminare un po’ il locale.
Appena la luce fu in grado di illuminare la stanza, seppure in modo molto tenue quel luogo, uno spettacolo agghiacciante si profilò dinnanzi ai loro occhi, tanto che Xena dovette parasi dinnanzi ad Olimpia per evitarle la visione di quegli scempi.
Nonostante le ripetute insistenze di Xena ad abbandonare quel posto ed aspettarla fuori, Olimpia decise di rimanere, così poté anch’ella vedere con i suoi occhi: C’era sangue schizzato ovunque sulle pareti, brandelli di vestiti e corpi dilaniati, mutilati e tartassati dalle baccanti, che ebbre dello spirito di Bacco, compirono questo massacro. Brandelli di carne umana erano anche fra i denti e nelle mani di quelle baccanti che poi ritrovarono morte perché sacrificarono la loro vita accoppiandosi con la divinità che abusò di loro, per poi lasciarle morire togliendogli la linfa vitale. <E’ abominevole!> fu l’unico commento di Olimpia, che profondamente scioccata dalla situazione, si sentì male, e fu costretta a reggersi aiutata da Xena. In un angolo di questa immensa stanza, vi era una sola figura vivente: era inginocchiata, stesa dinnanzi ad un corpo straziato e privo di vita. Aveva la testa del figlio appoggiata sul suo grembo, e nell’altra mano il suo cuore che grondava ancora sangue. Xena chiamò sperando di sbagliare persona: <Agave!> La donna appena le scorse, e le vide avvicinarsi, alzò gli occhi colmi di lacrime verso di loro e sussurrò: <Mio figlio… l’ho ucciso…Sono un’assassina!> <Bacco mi ha incantato con quella strana miscela che ho bevuto, dopodichè mi ha fatto credere che mio figlio fosse un’animale, ed io libera da ogni freno l’ho aggredito saltandogli alla gola. L’ho ucciso…> Strinse a se il corpo del figlio senza vita, come se con il suo calore cercasse di riscaldare ancora quella salma; Xena avendo pietà di lei le disse: <Non potevi sapere come sarebbe finita! Non eri tu, eri sotto l’influsso di un sortilegio, non potevi saperlo!> <No, il mio istinto di sopravvivenza è sopravvalso al mio istinto materno… Che madre inetta sono! Sono disperata!> <Disperata!!> urlò poi rafforzando il tono e battendo dei pugni sul corpo senza vita del figlio. Agave adocchiò un coltello poco distante da lei, lo stesso con cui aveva estratto il cuore del figlio, e ne fissò la lama ancora intrisa di sangue. <Agave!Agave, cosa vuoi fare, posa quel coltello!> la ammonì preoccupata Olimpia. <Non è doloroso, sai, basta un colpo, uno ben assestato, e poi via, nel Tartaro con mio figlio!> rispose fissando il vuoto Agave. <Ma hai perso il senno? Posa quel coltello!> le disse autoritaria Xena mentre Agave puntò la lama contro se stessa. Xena cercò di fermarla più volte, finché Agave la spinse via con una forza bruta dicendo: <Xena, anche tu sei madre, e sai meglio di me che un genitore non dovrebbe sopravvivere al figlio! Specialmente se il figlio lo ha ucciso lui…> e detto questo si trafisse il cuore, cadendo morta all’istante.
In un attimo la stanza si riempì di luce rossastra e dal fondo, una risata malefica rimbombò nell’aria <Ah haha haha! Hai visto Xena? Alla fine ho vinto io: la mia vendetta è compiuta! E voi povere comuni mortali non avete potuto assolutamente nulla contro i miei poteri!!> Xena ed Olimpia direzionarono lo sguardo verso di lui, e videro ancora una volta quell’essere informe, bruttissimo con il fisico scolpito all’esasperazione, la barba e gli occhi rossi, ed un paio di corna da caprone in testa, ancora più mostruoso della scorsa volta.
<Bacco, sei il più disgustoso di tutte le divinità dell’Olimpo!> gli urlò contro Xena. <Quelle che sono rimaste!> ironizzò il dio. <Ringrazia che non ho più il potere di uccidere le divinità altrimenti la prima cosa che ti staccherei dal corpo è la lingua!> continuò la guerriera estraendo la spada dal fodero. <Ah hahahaha! Voi sciocchi esseri umani siete il marcio di questo mondo, vi perseguiterò per l’eternità! Perché mi piace tormentarvi! E la prossima volta non sarò tanto clemente neppure con voi due!> e detto questo Bacco sparì nel nulla.
<E’ andato via?> chiese Olimpia. <Si, credo di si!> rispose Xena stringendola ancora e dicendole: <L’incubo è finito per adesso: siamo salve!> poi cercò di ricomporre i pietosi resti mortali del re e della regina. <Guardali, sembra che stiano dormendo!> esclamò Olimpia in lacrime.<Come e simbolica questa immagine, il figlio col capo appoggiato sul grembo della madre... il destino è crudele perché a volte la stessa persona che ci mette al mondo è padrona di decidere quando toglierci dal mondo. A lui è successo questo….>
<Xena per favore, fai presto, voglio andarmene di qua e dormire, dormire per dimenticare tutto questo!> la pregò Olimpia <Non temere, andremo via molto presto..> le rispose Xena, che non fece neppure in tempo a finire la frase che si sentì dire: <Xena corri a vedere…> La guerriera la raggiunse e nell’anticamera, fissando Olimpia negli occhi e leggendovi uno sguardo atterrito. Xena la scansò e vide anch’ella un’altra baccante morta. <E’ Esedra…la madre di Licia..> constatò Xena chiudendole gli occhi <Povera piccola…> rispose Olimpia <Non potrà più avere una mamma.> continuò ed il suo pianto si fece più libero e lamentoso. Xena la strinse al petto e la fece sfogare.
<Vieni, lasciamo questo posto di morte e desolazione, torniamo a Tebe e diamo il triste annuncio.> le fece coraggio Xena pulendole il viso dalle lacrime con un bacio.
Le prime luci dell’alba illuminavano di rosso poi di rosa il cielo terso di un’altra giornata a Tebe. Nella piazza del mercato tutto aveva ripreso a scorrere normalmente, o quasi, perché ancora una volta non vi erano ne bancali ne venditori ambulanti.
Nel palazzo del re la servitù aveva ripreso a lavorare.
Xena ed Olimpia arrivarono nella piazza del mercato e avendo radunato un po’ di guardie reali, mandarono a chiamare il consigliere Ersius, l’attuale reggente del regno, almeno finché non si fosse trovato il discendente della famiglia di Penteo al quale verrà affidata la sovranità.
Poco dopo Ersius con un corteo intero a suo seguito fu nella piazza del mercato. Il consigliere aveva per mano una bambina, e le due intuirono che quella bimba fosse Licia, inoltre, appena giunto da Melandria, scorsero anche Nico, mentre dal lato della porta del sole, stava arrivando in piazza l’intera famiglia di Parmione con lo zio Leucippo, prese parte a quel comizio qualunque cittadino volesse stare ad ascoltare quello che era accaduto. Xena si guardò intorno, per poi cominciare a parlare quando tutti furono fermi: <Amici... Il periodo del terrore è terminato sia per Tebe sia per Melandria. Non ci saranno più baccanti ad infestare le vostre terre per molto, moltissimo tempo… Ma sappiate che il riscatto da pagare è stato durissimo…Tante vite si sono perse nello scempio del monte Parnaso, tante vite innocenti, tanti giovani… Il re e la regina non sono più fra noi… e come loro anche altre persone…> parlò Xena fissando Nico il quale intuì che sua moglie non c’era più, così prendendo la bambina per mano si allontanò.
Xena che si era interrotta un attimo, allora continuò: <Ma questo scempio serva da esempio all’uomo, perché si possa comprendere ancora meglio valori come la libertà, l’indipendenza e la capacità di potersi scegliere le proprie divinità, che non sono sempre così maligne. Il mondo ha bisogno di pace, di unità, di collaborazione fra i popoli, ma se tutto questo non c’è è, molto più facile per esseri malvagi come Bacco di intrufolarsi nella vita di ognuno e di sconvolgerla. Meditate su queste parole e crescete i vostri figli nel rispetto, nell’amore verso il prossimo e la natura. Solo uniti si superano le difficoltà!> e poggiando una mano sulla spalla di Olimpia concluse: <Sul monte Parnaso ci sono le spogli mortali dei vostri cari, andate e rendete omaggio alla vittime di una insana follia omicida!>
Poi le due si avviarono verso la stalla per prendere i cavalli. Olimpia durante il tragitto era stata categorica:”Non voglio fermarmi un istante di più in questo posto!” così Xena aveva deciso di accontentarla, facendola riposare per un po’ a Cipro, dove tra qualche distrazione, Olimpia avrebbe potuto dimenticare presto quella brutta avventura.
I cavalli uscirono al trotto da Tebe mentre le persone che loro avevano aiutato le ringraziavano di cuore e le salutavano. Ben presto scomparvero all’orizzonte.
<Xena…> la chiamò Olimpia. <Cosa c’è amore?> le sorrise la guerriera voltandosi verso di lei. <Volevo ringraziarti ancora perché mi hai salvato la vita…> continuò Olimpia <L’unico lato positivo di questa brutta avventura è che sono riuscita a salvare almeno te…> si rimproverò Xena <Almeno?> controbatté Olimpia, per poi continuare: <Ma se hai salvato due intere città!> <Si, ma ho permesso che Agave Penteo ed Esedra morissero…> si crucciò Xena. <Una volta una donna molto saggia mi disse: “E’già tanto se ne siamo uscite vive, è gia tanto se riusciamo a salvare qualcun altro… Sinceramente credo che non potremo fermare questa spirale di odio…” Tu invece questa spirale d’odio l’hai fermata! Non sentirti in colpa per colpe che non hai. Le tue imprese riescono sempre perfettamente, indipendentemente dal risultato. Si, è vero, sono morte tre persone, ma se confrontiamo la cifra con quella di tutte le altre che hai salvato, queste sono una goccia d’acqua che si perde nell’oceano, perciò non rimproverare nulla a te stessa!> le disse con tanto amore Olimpia. <La verità è che il ritorno di Bacco mi ha lasciata più scossa di quanto abbia voluto far vedere… Dopo la morte di Belur ho sempre pensato che finalmente le persone si fossero liberate dalla pochezza, dai mille difetti di queste divinità pagane, e fossero state in grado di scegliere spontaneamente da che parte stare, quale divinità seguire, eppure in fondo non è così… ed il fatto che quando tutti meno se lo aspettavano Bacco è tornato, ma fa comprendere che in realtà non bisogna mai abbassare la guardia, perché non ci si può mai veramente liberare del proprio passato, e se non si è attenti a riconoscerlo, questo ripiomba nel tuo presente per distruggere il tuo futuro…> espose triste Xena. <Capisco il tuo stato d’animo, ma ora non pensiamoci più. Ha avuto la sua vendetta e non si farà più sentire ne vedere per molto tempo, quindi rilassiamoci e godiamoci la vacanza che mi hai promesso!> la rincuorò Olimpia.
Xena concluse: <E comunque, se le mie imprese riescono perfettamente è solo perché tu sei con me! Sempre con me: tu la mente ed io il braccio!> strizzandole l’occhio. Olimpia sorrise per poi dirle: <Ti amo, Dei se ti amo! Se sto con te sento di essere la persona più protetta di questo mondo!> <E mi fa piacere che tu ti senta così, perché allora almeno una cosa buona nella mia vita l’ho fatta! E comunque ti adoro piccola mia!>le disse Xena <Andiamo, sei sempre la solita modesta, tu fai sempre tante cose buone per tutti!> esclamò Olimpia, per poi continuare: <Ma forse tu neppure te ne accorgi tanto che sono insite in te!>
Dopo un istante di silenzio in cui le due contemplarono la lussureggiante natura che contrastava col verde un cielo azzurro terso e limpidissimo, Xena fece: <Passando ad altro, quando saremo a Cipro mi piacerebbe rivedere la tua voglia a forma di fragola…> le disse allusiva Xena che ebbe come risposta: <Certo, se tu mia bellissima principessa guerriera mi concederai di contemplare il tuo meraviglioso neo sul seno sinistro che mi fa impazzire!>
Le risate gioconde di Xena ed Olimpia si levarono alte nel cielo di quella splendida mattinata, che aveva restituito dopo tanto tempo la serenità alle due guerriere.

FINE

di Bard and Warrior

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